Sonia Fioravanti Leonardo Spina
Dall’Homo sapiens all’Homo ridens Una proposta per la ri-evoluzione della specie
Gli autori, partendo dalla loro personale esperienza di autoguarigione, analizzano criticamente la vita del moderno Homo sapiens, osservandolo mentre si sta confrontando con la sua ri-evoluzione, un salto quantico necessario che gli permetterà di affermare quel progetto d’amore scritto nel suo cuore. L’unione di arte e scienza, che nasce dalle rispettive professionalità degli autori, avviene attraverso il filo rosso del ridere, della gioia, intesi come portatori di una vibrazione potentissima, oggi necessaria per la liberazione dell’essere umano dalla condizione di schiavitù mentale e materiale nella quale è immerso. Il volume spazia dalla PNEI alla gelotologia dall’antropologia alle neuroscienze e alla nuova biologia, dalla psicologia energetica alla fisica dei quanti e presenta numerosi strumenti pratici di autoguarigione.
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Sonia Fioravanti Leonardo Spina
Dall’Homo sapiens all’Homo ridens Una proposta per la ri-evoluzione della specie
© 2019 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl Prima edizione: gennaio 2019 ISBN 978-88-6773-075-9 Art Direction: Camille Barrios / ushadesign Stampa: Graphicolor (Città di Castello) Edizioni Enea Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano info@edizionienea.it - www.edizionienea.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.
Questo libro è stampato su carta riciclata FSC
Ridere è il linguaggio dell’anima. PABLO NERUDA
Un sentito grazie ai nostri Maestri e a tutti coloro che hanno sognato con noi, poiché la forza della visione condivisa sta creando una nuova realtà. In particolar modo un dolce pensiero va alla memoria di Francesco Basaglia, Teresa Zambrotta, Dario Fo, Ettore Scola.
Indice
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Premessa
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Introduzione: storia di una guarigione annunciata
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Interludio
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Parte prima – La relazione 1. Il Paradigma della Valle di Lacrime 2. Dal sorriso al riso 3. La risata grassa 4. Ma perché si ride? 5. Meglio ridere in compagnia che piangere da soli
71 73 85
Parte seconda – Il pensiero 6. Il lume della ragione è proprio un faro? 7. L’inconscio? Davvero un capolavoro
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Parte terza – Le emozioni 8. A spasso tra i neuroni 9. Il cervello enterico e la svolta della PNEI 10. Il terzo cervello
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Parte quarta – Il corpo 11. Corpo, psiche e coscienza 12. Corpo e credenza
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Parte quinta – Lo spirito 13. “Navighiamo in un oceano di luce” 14. La coscienza degli “altri”
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
175 183 187 201
Parte sesta – Curarsi e guarire nel PaDiGiò (paradigma della gioia) 15. Ryke Geerd Hamer, un personaggio scomodo 16. Popp: il nome buffo di un grande scienziato 17. La lezione di un grande italiano 18. La malattia come ologramma
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Epilogo
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Appendice 1 – Meditazione secondo il metodo olistico “Comicità è salute PERCS” Appendice 2 – Il giuramento (moderno) di Ippocrate Appendice 3 – La Terra del Sorriso Appendice 4 – Suggestioni di ricerca
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Note
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Premessa
Si inoltrò nella giungla, dove la mano dell’uomo non aveva mai messo piede… EMILIO SALGARI
Nel 3019, quando si studierà la storia dell’Homo sapiens ci si chiederà come sia stato possibile, per una specie così intelligente, trascorrere più di ottomila anni nella sofferenza e nella privazione. Gli archeologi ritroveranno il lavoro della collega lituana Marija Gimbutas (1921-1994), relativo al millennio precedente, riscoprendo un paradigma di vita straordinario, probabilmente la cosiddetta Età dell’Oro. In questo tempo, una volta considerato mitico, ma oggi ben documentato, esisteva, certamente in una grande area nel centro-est Europa, con propaggini ovunque anche nel Mediterraneo e nel vicino Oriente, un’organizzazione sociale a guida femminile, che privilegiava – nel vivere – la cooperazione, le relazioni pacifiche (città senza mura di difesa). In questa civiltà non venivano evidenziate disparità sociali (le abitazioni ritrovate erano tutte più o meno uguali); essa possedeva un sapere di tipo sciamanico (aderenza a tutte le forze della Natura, visibili e invisibili), avanzate conoscenze agricole, un sapere medico e persino tecnologico – per l’epoca – impressionante. Collante di tutto: un monoteismo assai interessante, l’unica Dea era la “signora della fertilità” cioè la Grande Madre. Quella che nel mondo greco sarà chiamata Demetra. Era il riso di Demetra a dare fertilità al mondo, come ci racconta il mito.
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
L’urlo di Achille A un certo punto della storia felice dell’umanità è successo qualcosa che ha stravolto tutto, spingendo il genere umano verso l’abisso nel quale ancora si trova. Chissà, forse un cataclisma (il diluvio?), forse un cambiamento climatico, c’è chi dice l’arrivo dominante di esseri non terrestri, oppure il ribellarsi degli adolescenti nerboruti e con gli ormoni fuori posto. Fatto sta che il paradigma muta completamente, il buio cala sull’umanità. Il grido di guerra di Achille sotto le mura di Troia diviene l’unica comunicazione possibile tra gli uomini. L’atto di Caino diviene normalità. La divinità non è più alleata, ma giudice e carnefice assieme. Gli uomini iniziano a vivere la separazione: la natura diventa ostile, forza incomprensibile da cui difendersi e possibilmente arginare e dominare. L’essere si separa dall’avere, il corpo dall’anima. Il pensiero diverge dall’emozione; l’uomo sente nemica la donna e la rende succube, forse perdiamo la telepatia, comunque la lingua unica. Il concetto di ferrea gerarchia si basa su quella separazione: gli uomini si dividono in categorie, in basso i sub-umani, gli schiavi, i piccoli; in alto i figli degli dei, i nobili, i grandi. E c’è dell’altro. In certe parti del globo si è un po’ addolcito, ma sostanzialmente Achille, simbolo di maschile brutalità, domina ancora il genere umano. Le uniche società e culture che a questo modello non potevano aderire, quelle Native (Nord e Sud Americane, Australiana) sono state quasi completamente distrutte. Chiameremo tutto questo – per sintetizzare e sdrammatizzare – Paradigma della Valle di Lacrime (giocosamente PaVaDiLà), sottolineando come già nella Genesi biblica l’essere umano veniva maledetto dalla divinità e costretto a vivere un’esistenza all’insegna della paura, del senso di colpa e del dolore. Così il PaVaDiLà è la parte più recente (diremmo interpretativa) di una matrice principale (di primo grado), più grande (o Matrix, prendendo a prestito una definizione cinematografica) completa e onnicomprensiva. All’atto della nascita della Matrix/PaVaDiLà ognuno di noi riceve il suo imprinting attraverso la continua opera di acculturazione/addestramento (familiare e sociale). Il PaVaDiLà diviene pervasivo e totale. Viviamo delle sue credenze, delle sue certezze, delle sue contraddizioni. E tutto ci sembra perfettamente normale. Nella Matrix è normale la solidità degli oggetti; è normale affidarsi completamente ai cinque sensi, pur sapendo che sono incompleti e quindi fallaci;
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Premessa
è normale parlare di passato e futuro come fossero presenti; nella Matrix/ PaVaDiLà è normale considerare la morte come fine della vita. Normale è la guerra, normali sono certe cure disumane, normale è considerare l’avere più dell’essere. Il jack nella pelle Immaginate che ognuna di queste credenze/convinzioni sia un cavo che via via ci viene infilato nel corpo, mediante un jack, dietro la nuca, proprio come nel film citato. Cosa succede se ne estraiamo uno? Immaginiamo di scollegarne uno basilare, quello della solidità della realtà: il senso del tatto. “Se lo tocco il tavolo so che esiste, è solido ed è fatto così”. In realtà sappiamo (addirittura dalla scienza dello stesso PaVaDiLà) che questo è falso. Il tavolo è molto più vuoto che pieno, è frutto dell’interazione atomica invisibile, dove il pieno è infinitesimale rispetto al vuoto. Ma il fatto è che Matrix ce lo descrive così, quindi noi ci crediamo, cioè aderiamo all’interpretazione tattile e visiva, in modo così profondo da considerare assolutissimamente impossibile penetrare, con un solido, la materia solida. Se poi ci narrano che Milarepa, un monaco tibetano vissuto nel X secolo, ha lasciato le impronte delle sue mani nel granito di una grotta del Nepal, gridiamo subito al falso, oppure smettiamo immediatamente di occuparcene. Non possiamo credere, siamo congelati dentro Matrix che non ne consente la credenza. Il jack inesorabilmente torna al suo posto. Milarepa e il suo “non prodigio” scivola via, senza lasciar traccia. Ma quelle impronte sono là. Esiste un altro paradigma? L’umanità, nei millenni, ne ha elaborato un altro? Abbiamo visto, storicamente parlando, come l’Età dell’Oro sia stata una realtà, nella società della Grande Madre. Quella Matrix, pur comprendendo la realtà per come ci si presenta, era purtuttavia in risonanza con la vita, con la natura, con la Terra, quindi era amorevole. Potremmo chiamarlo PaDiGiò (Paradigma della Gioia). Possiamo tornare a essere felici, anche noi, in coerenza con la vibrazione del PaDiGiò o a una simile, magari più moderna?
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
Saulo, Saulo perché mi perseguiti? Qualcuno, prima e dopo la via tracciata da Gesù Cristo, provò a far nascere un nuovo paradigma. Furono gli Esseni, la cui eredità fu raccolta in qualche modo anche dai Cristiani Gnostici, seguaci del fratello maggiore di Gesù, san Giacomo. Non tutti sanno (perché il PaVaDiLà tramanda le cose secondo modi propri) che il Cristianesimo, inizialmente, vide la competizione di due grandi figure: l’una, legata strettamente a colui che chiamiamo il Cristo (Unto, Benedetto), cioè, appunto san Giacomo, suo fratello; l’altro, l’antagonista-vincitore, fu Saulo di Tarso, un funzionario, cittadino romano, che non aveva conosciuto Gesù, e che prese il nome di Paolo, iniziando una predicazione tutt’affatto diversa da quella di Giacomo. Questi fu persino ucciso a causa delle azioni di Paolo. I seguaci di Giacomo presero in seguito il nome di cristiani gnostici (una filosofia assai simile si sviluppò subito dopo tra i non cristiani, la corrente dei neo-platonici). Entrambe le scuole erano unite nel sostenere come “mondo illusorio” quello concepito dalla nostra mente, negativo, quasi una sorta di inferno, nel quale le anime, incarnandosi, fanno esperienza. È evidente, e – per i Paolini – assai spiazzante, l’importanza che questa visione affida a ogni singola anima, destinata all’incontro con Dio, attraverso l’amore, senza intermediari. La storia, cioè le persecuzioni subite, hanno poi conferito a tutto questo un forte carattere esoterico. Come si capisce ne deriva una concezione sociale, una via alla conoscenza, una predisposizione alla sacralità della Persona e del Creato che mal si confaceva alla Matrix/PaVaDiLà, già ferreamente installata sull’umanità al tempo di Paolo. Non fu difficile, ricorrendo a ogni possibilità, compresa la violenza, estirpare quasi completamente questa eresia. Nel XVII secolo l’indomito Giordano Bruno, estimatore e divulgatore del pensiero gnostico, sul rogo di Campo de’ Fiori, lo constatò fin troppo bene. Il PaVaDiLà non si fa mettere in discussione. Però, la storia ce lo insegna, le cose umane hanno tutte un epilogo e ora ci siamo vicini: sarà nel senso di una catastrofe, un’evoluzione di compromesso oppure una ri-evoluzione completa?
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Premessa
All’inizio del terzo millennio Tre lustri dopo l’inizio del terzo millennio dell’era cristiana (forse 13.000 dalla società della Grande Madre) c’è finalmente una grande novità: un movimento di pensiero, che assieme è spirituale e scientifico, politico ed economico, filosofico e antropologico, inizia a farsi strada proponendo un modello radicalmente diverso da Matrix/PaVaDiLà. Se non siamo al PaDiGiò, poco ci manca. Le avanguardie scientifiche (ormai da quasi un secolo) spingono i loro studi nella direzione di una nuova fisica, la quantistica, in grado di interpretare in modo completamente diverso la realtà. Le neuroscienze concordano con questo modello olografico ed esso non è lontano dalla spiritualità orientale e dal senso della vita e della natura che i Nativi non hanno mai smesso di propugnare. Non c’è futuro per la separazione, per la dominanza culturale del pensiero occidentale. Questo è basato principalmente su quattro pensatori/scienziati: Cartesio, Galileo Galilei, Isaac Newton, Charles Darwin (CaGaNeDa). Useremo – rispettosamente – questo acronimo, vagamente scatologico e un poco irriverente. Vedremo perché. Ma di ridere ci occupiamo e di vita, e dobbiamo farlo in modo serio, non certo serioso. Ma chi siamo noi per occuparci di tutto questo? Unendo i rispettivi saperi (Sonia in ambito scientifico, Leonardo in ambito artistico e antropologico), nel nostro primo volume, La terapia del ridere. Guarire con il buonumore, uscito nel 1999, davamo conto della nostra ricerca, che aveva incrociato le acquisizioni scientifiche della PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) con gli antichi saperi dell’umanità, ricavandone la certezza che non solo ridere fa bene, ma che questo potesse essere modulato come una vera e propria terapia (e prevenzione, riabilitazione, formazione). Nasceva la gelotologia italiana. Nel nostro secondo volume, Anime con il naso rosso. Conquiste e prospettive della gelotologia, uscito nel 2006, formalizzavamo meglio il nostro metodo (Comicità è salute-PERCS: pensiero-emozioni-corpo-spirito-relazioni) e narravamo come gli operatori così formati avevano operato con grande successo in tutti i contesti del disagio sociosanitario, a scuola e in azienda. Nel terzo volume, Sarà una risata che ci guarirà, del 2011, e nel DVD, Enciclownpedia scientifica, intendemmo formalizzare la gelotologia e la clowntera-
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pia affinché fosse condiviso e divulgato non solo il nostro metodo, ma anche moltissime informazioni di quel che concerne la materia in questione. Da queste esperienze è nato – un quarto di secolo fa – un enorme lavoro sul campo, nostro e di moltissimi operatori in ricerca e applicazione sociosanitaria e scolastica di questi saperi. Oggi a sei anni dall’ultimo volume, ci sembra necessario condividere le altre nostre ricerche, quelle nel campo delle nuove scienze e delle medicine olistiche, per cercare di dimostrare se e come il ridere – nell’incontro con esse – possa essere ancora uno strumento valido, necessario e sufficiente per avviare e aiutare le persone verso quel cambiamento epocale che è richiesto alla nostra Specie se vuole sopravvivere: il salto ri-evolutivo dall’Homo sapiens all’Homo ridens. Il futuro si biforca: o la fine del PaVaDiLà (magari verso un orrido PaDiSchiaMà, Paradigma della Schiavitù alle Macchine), oppure l’inizio del PaDiGiò, versione quantica. Il punto di svolta È incredibile, ma nella ricerca succede spesso. Un biologo dimentica le sue culture batteriche, torna dalle vacanze e scopre che la muffa ha mangiato i batteri: il biologo era Alexander Fleming e la muffa sarebbe diventata la penicillina. Succede anche nella vita di tutti i giorni. Vuoi scovare nell’armadio quel maglioncino che tanto ti piace, ma mentre scartabelli, ti imbatti in un altro maglioncino, che quasi non ricordavi di aver comprato, ma che ora ti piace, e lo indossi. Si chiamano “punti di svolta” e se li riconosci, magari effettui un salto quantico. Quel maglioncino ti sta talmente bene che potresti attirare l’attenzione di qualcuno. Potrebbe diventare tuo partner o potrebbe ucciderti, entrambe sono possibilità quantiche. È quello che è successo a noi, quando – ricercando sul fenomeno del ridere sia da un punto di vista scientifico che antropologico e artistico – abbiamo trovato un filo di Arianna che ci ha portato a conoscere la realtà delle cosiddette Nuove Scienze: non un “maglioncino”, ma un bellissimo vestito, che non potevamo non indossare: il Vestito da Festa del PaDiGiò! Fuor di metafora, si sta affrontando un vero e proprio nuovo paradigma, che manda in soffitta quel che il PaVaDiLà ci ha raccontato di Cartesio, Galileo, Newton e Darwin. Negli ultimi cent’anni i ricercatori più curiosi, avanzati, indipendenti e interdisciplinarmente preparati hanno reso fruibili una serie di saperi (non) nuovi:
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Premessa
Saperi in grado di spiegare l’inspiegabile. Saperi in grado di farci vivere laddove si muore. Saperi che ci rendono liberi, laddove siamo schiavi. Saperi che mutano in positivo l’assetto del pianeta. Saperi in grado di innescare la ri-evoluzione della specie umana.
Si tratta di una nuova realtà che pian piano si fa strada, nella fisica, nella scienza, nella medicina, nella politica, nell’economia, nella considerazione stessa dell’essere umano. Ormai a portata di tutti vi sono seri manuali di crescita personale: manuali di guarigione, di alimentazione, di sviluppo del potere personale, manuali su “come essere felici” con una serie di precetti, consigli e spiegazioni… Attraverso la divulgazione di quei (non) nuovi saperi e forme spirituali, molte persone si sono incamminate verso un cambiamento individuale importante, preludio a quello generale, la ri-evoluzione dell’essere umano, imminente e necessaria. Per andare dove? Questo tipo di persone, coloro che “camminano tra i mondi” per dirla con Gregg Braden, sono ancora una minoranza, ma forse già massa critica; essi sentono di dover/voler fare qualcosa per cambiare il mondo, per salvare la vita sul Pianeta Terra e molti hanno iniziato da tempo, in ordine sparso, poi in modo sempre più coordinato a influenzare lentamente stili di vita, credenze, tendenze. Verso un PaDiGiò possibile. Ci sono poi coloro che – pur avendo applicato consigli e tecniche, curandosi bene e alimentandosi meglio – non riescono comunque a rendere stabile il loro cambiamento o non mutano la loro condizione di sofferenza… sono delusi; vivono una situazione paradossale: sanno che queste metodologie e, in un certo senso, ritualità sacre liberano, ma il cambiamento non arriva, perché? Il loro senso di colpa, di inadeguatezza, di paura può ampliarsi, così, ulteriormente. Cosa c’è che non quadra? La sofferenza è davvero solo responsabilità di chi soffre? Oppure tutti quei manuali sono incompleti e forse un po’ bugiardi? Ci sono altri fattori in campo? Nel frattempo la sofferenza del pianeta, il PaVaDiLà, non accenna a diminuire, anzi si incattivisce e minaccia guerra nucleare. Non sguazziamo certo nella felicità.
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
Il rimbecillimento planetario Dopo tanti anni di esperienza passati nel campo della salute e della malattia, dei processi di guarigione, nello smuovere coscienze e saperi, ci siamo resi conto dell’indubitabile esistenza di un “fattore di instabilità oggettivo”, di un elemento ancora troppo poco considerato. Nel mondo contemporaneo esiste un agente di rimbambimento generale… una specie di velo, in grado di addormentare le coscienze e di “estraniare” le persone, anche le più avvedute, dalla propria vera identità, il proprio Io Animico. Questo velo è il responsabile della non-azione, della paralisi in cui spesso ci troviamo a vivere. Questo velo è coscienziosamente tessuto e approntato e si avvale di molte tecniche di controllo mentale sperimentate e verificate storicamente; e poi sostanze biochimiche nell’atmosfera, additivi alimentari, residui neurotossici, onde elettromagnetiche, televisione, ecc. Tutto questo, contribuisce efficacemente a rovinare la salute del sistema nervoso, quindi ottundere le coscienze e farci restare nell’ignoranza. Guaritori e guru Su di un altro versante, a nostro modesto avviso, c’è un errore, un residuo del passato a non consentirci uno “scatto” di liberazione. Sappiamo che un modo consapevole per ottenere vere guarigioni/evoluzioni è quello di prendere in considerazione, e far funzionare all’unisono, le funzioni dell’essere umano: corpo, emozioni, pensiero (le ultime due assieme, divengono credenze/convinzioni), spirito e relazioni. Per guarire/evolvere è necessario averne coscienza, affrontarle, coinvolgerle, nutrirle, vezzeggiarle, scuoterle contemporaneamente, nella consapevolezza che tale metodologia olistica debba essere praticata soprattutto da chi si pone nella posizione di facilitatore della guarigione. La concezione del guaritore, cioè di chi si occupa professionalmente dei nostri problemi, è, infatti, da mettere meglio a fuoco e in certi casi da rivedere completamente; fino a oggi il potere del medico (e di quasi tutti quelli che paghiamo per farci stare meglio) si è basato sull’assunto: io conosco come funziona il corpo (o la mente, o lo spirito, o le relazioni) e quindi ho potere di guarigione (per estensione, vita-morte) su di te. Nel caso del medico chirurgo, ad esempio, egli sa (si spera che sappia) come funziona un corpo e non il tuo corpo (caliamo un velo pietoso sulla conoscenza delle altre componenti).
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Premessa
Il cosiddetto paziente, nella relazione con il terapeuta e la cura, in genere, per guarire, ci mette molta energia, mobilita, cioè – sebbene in modo variabile – la sua nuova attitudine alla salute attraverso reazioni di guarigione, integrate alle cure prestate, di qualsiasi sia la loro natura (la salute, poi dipende anche, naturalmente, dal loro grado di tossicità, sul quale il paziente dovrebbe spazientirsi moltissimo). Chi guarisce (compie la guarigione) è sempre la persona in difficoltà, la quale fa tutto quello che serve in prima persona, solo stimolata e aiutata – da colui che se ne prende cura – ad auto guarirsi. Il guaritore è dunque, solo un medium, uno strumento della persona che vuole risanarsi o stare meglio. Un facilitatore, appunto. Evidentemente questo discorso vale anche per le persone che si definiscono – o vengono assimilati – ai guru. Costui – a nostro avviso – è un vero maestro solo se anela di liberarsi al più presto del potere che comporta, appunto, l’essere Maestro. In caso diverso egli esercita solo potere, nel pieno rispetto del PaVaDiLà e, in qualche modo, ruba energia all’allievo. Le separazioni del PaVaDiLà Quando, in epoca positivista, si strutturarono le facoltà di medicina, venne operata “la grande separazione”. Al campo della “scienza” medica apparteneva tutto ciò che è materiale, ponderabile, misurabile, osservabile con strumenti o senza. Tutto ciò che di immateriale l’essere umano esprime venne separato e “affidato” alla religione o alle altre forme di “spiritismo” o “spiritualità”, ambiti senza dignità di ricerca scientifica. L’esoterismo è visto ufficialmente con sospetto, sebbene, nelle sfere del potere, sia ampiamente conosciuto e agito. Solo agli inizi del Novecento il dottor Sigmund Freud e i suoi discepoli riuscirono a dare una certa dignità “scientifica” allo studio della mente umana e delle sue espressioni: si perfezionava così la psicologia, una disciplina che – nonostante alcuni forti tentativi di esprimersi autonomamente – è tutt’oggi fortemente subordinata alla medicina. Oggi, l’uso della statistica psicometrica e dei test psicologici in psicologia soddisfa l’esigenza delle misurazioni “oggettive”, metodologie “matematiche” che di fatto garantiscono l’affermazione nel paradigma culturale dominante medico. La quantificazione del non quantificabile, serve alla psicologia ortodossa
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
per inquadrare la coscienza in categorie diagnostiche, proprio come fa la medicina con le malattie. L’uso della parola “inquadrare” (dare una cornice) ricorda molto l’impossibile quadratura del cerchio, visto che, simbolicamente, la psiche è certamente qualcosa di più circolare che spigoloso. Attualmente, la nascita della PNEI, le ricerche indipendenti delle nuove scienze, e l’affacciarsi delle discipline olistiche stanno portando al superamento della frammentazione dei saperi, e a una maggiore “comuni-c-azione”, cioè, a una “azione comune”. Vedremo in seguito cosa è e cosa rappresenta realmente una malattia. Per ora prendiamo ad esempio una persona con una diagnosi di cancro. Essa difficilmente può guarire completamente se i medici, ma spesso anche gli omeopati (o gli agopuntori, osteopati, shiatsu terapisti ecc. che pure considerano olisticamente la persona), sono in grado di offrire soltanto una cura valida per quel corpo. E… il resto? Come affronterà, quella persona, i problemi delle proprie relazioni umane? A quali circuiti emotivi è legata? Cosa pensa della realtà? Cosa mangia? Crede di poter guarire? Crede di poter guarire proprio con quella modalità di terapia? Esiste, e se sì, a che punto è il suo risveglio spirituale? La riunificazione È questo modo di pensare, certamente non nuovo, che riaffermiamo nel campo delle cosiddette medicine dolci. È con questo spirito che affrontiamo una nuova divulgazione di esperienze. Cercheremo, così di nutrire la mente razionale, il pensiero del lettore, poiché non vi è cambiamento se l’Homo occidentalis non se lo può spiegare. Daremo esempi e testimonianze di vita vera, storie che colpiranno l’emotivo e forniranno – speriamo – coraggio, fiducia e speranza. Chiederemo al lettore di ri-conoscere i programmi di auto guarigione di cui il corpo è dotato e la condivisione di modalità di cambiamento; vedremo assieme come è possibile dare strumenti di comprensione non fideistica della moderna spiritualità, anche in modo operativo. Infine, spingeremo al “controllo della qualità” delle relazioni della persona, poiché se nessuno di noi può esistere da solo… figurarsi guarire!
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Premessa
Il PaDiGiò che abbiamo scoperto essere esistito – e comunque è immaginabile – ci parla delle possibilità infinite e della potenza dell’essere umano; ci apre a prospettive sociali, politiche, sanitarie inimmaginabili, di cui – molti saggi, nella storia dell’umanità – ci hanno già parlato. Nel PaDiGiò il fisico quantistico dialoga con il Nativo Americano; il nuovo biologo fraternizza con Giordano Bruno; l’epigenetista forma il chirurgo; lo psicoterapeuta dà una spintarella agli ologrammi disfunzionali, mentre prende il tè con il clown e il medico abbraccia l’artista. Così, il viaggio/party che vi proponiamo, dunque, avrà sempre come filo conduttore il fenomeno della risata, misconosciuto ed enorme, i cui effetti sono impensabili e forse in gran parte ancora da comprendere. Partiremo dalla nostra esperienza personale per giungere alle frontiere di quello che noi abbiamo conosciuto, al fine di restituire il senso di una vita (anzi di due) dedicate alla ricerca del miglior modo per essere: amare l’umanità e il creato, essere d’aiuto. John Hadfield, professore di etica presso l’Università di Cambridge dice: “Il riso: non c’è nessuna emozione umana, a parte l’amore, che sia così potente e universale. Eppure, per la scienza, esso è misterioso come un buco nero”. Gli fa Eco, Umberto, secondo cui: “Il comico è una faccenda difficile. A capirlo si è risolto il problema dell’uomo su questa terra”. Siamo in ottima compagnia. Ridere è, infatti, una cosa assai seria A vederlo nella giusta prospettiva, a indagarne le riposte più profonde, questo fenomeno – esclusivamente umano – ci porta pian piano in una dimensione altra, ai confini con lo Spirito. Perché si dice, infatti, che chi fa ridere è “spiritoso”. Non desta forse curiosità questa parola – così vicina al concetto di Divino – messa in relazione con la cosa apparentemente più futile, senza importanza, rozza, bassa… la risata? E perché, allora, il fenomeno (e chi se ne faceva interprete), è sempre stato perseguitato dal potere? Vuoi vedere che la coscienza, la libertà, la consapevolezza… persino la guarigione e la fertilità stanno in embrione in questo atto così denso di piacere?
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Introduzione: storia di una guarigione annunciata
Faccia a faccia con la malattia, nel buio di un lungo tunnel, abbiamo compreso come non sia tanto necessario contrastare il male, quanto operare per il bene (essere) e ampliare la sfera della co(no)scienza attraverso l’intuito e il “sentire”, verso la realizzazione piena dell’essere umano in tutte le funzioni del suo esistere, il corpo, le emozioni, il pensiero, le relazioni, lo spirito. SONIA FIORAVANTI
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
Non c’era niente da ridere Alla fine dell’estate del 1990 sembravamo finalmente uscire dal buco nero che ci aveva inghiottito circa tre anni prima. Nel 1987 uno di noi aveva avuto una diagnosi precoce di tumore ed era stato pressantemente invitato dagli oncologi di un ospedale romano a subire un intervento, da effettuarsi immediatamente presso l’Istituto Tumori di Milano. Per giungere a questa diagnosi (certificata da prove istologiche) e a questi “suggerimenti” terapeutici, i medici – in perfetta buona fede – non sembravano affatto all’altezza del nostro problema; il loro atteggiamento, routinario e spersonalizzante, sembrava improntato esclusivamente a un violento attacco alla malattia, nel tentativo psicologicamente terroristico di estirparla, prima che fosse troppo tardi. Nell’ambito professionale di Sonia (che è una psicoterapeuta), c’era da tempo un grosso interesse per la medicina psicosomatica, e una delle nostre prime riflessioni fu chiederci il perché di questa malattia che, colpendo uno di noi, ci danneggiava entrambi, nel momento in cui stavamo progettando di sposarci e avere un bambino. Individuammo, come avvenimento significativo che poteva aver dato avvio al grave squilibrio, un trauma psicofisico avvenuto circa un anno prima della drammatica scoperta, affrontato da noi, purtroppo, solo razionalmente e mai sufficientemente rielaborato dal punto di vista emotivo. Quando, durante una visita medica, mettemmo in relazione questo fatto con la calamità che ci era toccata, l’oncologo che ci seguiva – dal cognome poco rassicurante, il mammifero più furbo – poco mancò che scoppiasse a ridere. Poi cortesemente disse che pure se fosse stata quella la causa, aveva poca importanza: ora dovevamo pensare a risolvere il problema del corpo. Nel dirlo, non aveva una bella faccia. Tumore = Tu muori Entrambi, in gioventù, per storie diverse, generazionali, avevamo imparato a ribellarci, a saper stare nelle righe e nelle forme del vivere sociale e, disinvoltamente, anche fuori; davamo grande valore all’esperienza soggettiva, anche quando, attorno, ci si chiedeva un allineamento, la conformità. Esercitammo quello che una volta si chiamava pensiero critico. Anche da questo derivò l’autonomia di pensiero, molto coraggio e una grande alleanza tra di noi: morbida, amorevole e granitica assieme.
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Introduzione:
In effetti eravamo gli unici a sapere della malattia, che, appunto, non era stata condivisa con le nostre famiglie. Eravamo infatti convinti che, nel bilancio tra avere solidarietà e amore e proiezioni di paura e morte, sarebbero state più forti le seconde, con il risultato anche di indebolire (tra dubbi e paure) le decisioni “diverse” che andavamo prendendo. La parola “tumore”, infatti, significa praticamente “tu muori”. Si tratta di un messaggio subliminale potentissimo al quale – chi pronuncia la parola – non pensa neppure. La visita medica che abbiamo raccontato fu il momento in cui iniziammo a perdere qualsiasi fiducia nella medicina tradizionale, il cui approccio era orientato tutto verso l’assalto alla malattia, ingiustificato in quel momento, dalle condizioni cliniche generali: un approccio completamente avulso dalla nostra storia personale, dalla nostra soggettività. Ci si presentava una scelta drammatica. Iniziare a pensare al tu vivi. Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che lascia… e forse di meglio trova Chiameremo così, tuvivi, d’ora in avanti, quella malattia cosiddetta “degenerativa”. Fu la trasferta al Centro Tumori di Milano che ci convinse ad abbandonare definitivamente (e da allora per sempre!) la via allopatica alla guarigione. Nel tempio dell’esimio prof. Umberto Veronesi venne effettuata una visita formale, la proposta di un protocollo preciso: anche in quella situazione il nesso tra causa psicologica e malattia veniva ignorato, non lo si considerava collegato allo stato fisico, non si prevedeva alcun trattamento per esse: eccoci in lista per l’operazione, con annesso ciclo di chemioterapia (e chissà, ipotizzavano, radioterapia in aggiunta). Tutto questo ci respingeva profondamente. Seguimmo il nostro “sentire”, che ci spinse a fuggire il più lontano possibile. Cercando tra le nascenti terapie cosiddette alternative trovammo un (benedetto) medico di Milano che, convalidando appieno tutte queste nostre intuizioni, dopo una visita molto accurata e un lungo colloquio con entrambi, prescrisse una cura a base di ascorbato di potassio (sostanzialmente vitamina C con aggiunta di bicarbonato di potassio), vitamina C ad altissimi dosaggi, minerali, altre vitamine, una serie di rimedi omeopatici, tra cui Colchicum e Vinca Rosea; poi, a seguito di un consulto con un medico antroposofico, assumemmo il Viscum Album (vischio).
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Naturalmente ci fu consigliato di mutare completamente alimentazione e ne assumemmo una vegetariana, ricca di cereali integrali, legumi, frutta e verdure biologiche (alimentazione che da allora non abbiamo più lasciato). In più, apprendendo dei nostri quotidiani esercizi di training autogeno, il medico ci esortò ad approfondirli. Iniziammo a vivere più intensamente i momenti della vita, il nostro amore, quasi assaporandoli sempre nella loro pienezza e sentendoci pieni di energia. Cominciammo a rilevare delle coincidenze significative e a dare molta più retta alle sensazioni e alle emozioni. Facevamo spesso l’amore; ridevamo appena possibile e usavamo il riso per ridimensionare le paure, appena si presentavano, sdrammatizzando e rimanendo padroni della nostra vita… era come se avessimo deciso di restare centrati nelle emozioni positive di gioia e forza, senza lasciare spiragli a sentimenti negativi. La guarigione e il servizio Dopo un paio di anni (nei quali provammo la gioia di sposarci, cosa che forse non sarebbe potuta avvenire se avessimo scelto la via chirurgica e chemioterapica), nel 1990, aspettavamo un bambino: alla nascita di Francesco il male era completamente scomparso. Fuori da questo tunnel, dicevamo in principio, la vita sembrò più leggera, c’erano tutti i motivi per sorridere e fare smorfie e boccacce all’avversa fortuna, da noi gabbata e sconfitta. Ci mettemmo a studiare e fare ricerca addentrandoci nello studio del coinvolgente mondo delle medicine olistiche, incontrando emozionanti testimonianze di processi di auto guarigione; ri-scoprivamo e sostanziavamo cosa effettivamente significasse unità tra corpo e mente – cui oggi persino la ricerca scientifica tradizionale ha dato il nome quasi impronunciabile di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (abbreviata d’ora in avanti in PNEI). Scoprimmo, da agnostico e atea, quanto la spiritualità abbia fondante importanza nella vita. Poiché siamo sempre stati entrambi uomini d’azione (Sonia un po’ meno. uomo, s’intende!) decidemmo di fare qualcosa per portare fuori dalla nostra famiglia, al servizio degli altri, il bagaglio di esperienza che stavamo accumulando. Ma non era tutto… Come avremmo potuto farlo? Ci voleva una buona idea.
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Introduzione:
“Solo il riso, l’uomo dall’animal distingue” Se di Sonia, professionalmente, abbiamo detto, dal canto suo Leonardo si occupava da anni, a vario titolo, di teatro e cinema e, nell’ambito di questi, aveva sempre prediletto il comico, la commedia. Realizzammo (mediante una “coincidenza”) che proprio qui poteva esserci “la buona idea”: utilizzare il riso, proprio quel riso, anche un po’ folle, persino un po’ disperato con cui ci eravamo difesi nei momenti drammatici del periodo nero. Quel riso vitalistico che nasceva spontaneo. Così, alla luce di questa sconvolgente esperienza, mettemmo insieme le rispettive professionalità (pomposamente, facemmo incontrare scienza e arte) e inventammo il Laboratorio di ricerca vitale “Comicità & salute”, che ebbe inizialmente come sottotitolo “Il riso come tecnica di sopravvivenza” e che con il trascorrere degli anni mutò la “&” di congiunzione in “è” di asserzione, a sottolineare il carattere non più sperimentale del lavoro, divenuto un vero e proprio metodo. Oggi aggiungiamo la sigla: PERCS (pensiero-emozioni-corpo-spiritorelazioni). Due marziani Quando iniziammo, non sapevamo ancora che stavamo seminando ciò che in futuro sarebbe sbocciata come una vera e propria disciplina, la gelotologia. Ci buttammo nel lavoro, ma… A dirla tutta, non è che fosse così facile andare a parlare di ridere nell’ambito del disagio scolastico. Figurarsi negli ospedali! Poi, qualcuno comprese il messaggio: iniziava una fertile stagione di lavoro nelle scuole, dalle elementari ai licei, sia con i bambini e ragazzi (facevamo prevenzione primaria e secondaria) che con gli insegnanti (aggiornamento). Il metodo funzionava benissimo, bastava modulare le parti di cui è composto per avere riscontri positivi, molto empatici, molto rapidi, molto utili ai gruppi sociali. Nove anni dopo, con una cospicua esperienza già maturata, venne il nostro primo ospedale, il CPO di Ostia, a due passi da Roma. Adulti con mielolesione: paraplegici, tetraplegici, alcuni allettati. Un luogo niente affatto semplice. Trovammo collaborazione e funzionò. Era nata, nel frattempo, “Ridere per Vivere!” un’associazione, poi Fede-
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razione, che operava (e opera) non solo in ospedali pediatrici, ma in tutto il settore sociosanitario. Il successivo film sulla storia di Hunter Patch Adams, interpretato da un Robin Williams in gran forma, toccò il mondo. Ne traemmo forza anche noi. Abbiamo sperimentato il metodo Comicità è salute-PERCS e gli operatori, con esso formati, in situazioni diversissime: ospedali di tutti i tipi, persone con handicap, anziani con demenza, carceri, campi nomadi, famiglie con pazienti in coma, nell’emergenza terremoto de L’Aquila, all’estero, in alcuni teatri di guerra. Capivamo che non vi sono limiti all’impiego delle figure del clown dottore e del gelotologo, sia nel volontariato che a livello professionale, qualora mantenga saldi i suoi presupposti e sia adeguatamente formato. Centinaia di operatori che cercavano una nuova via. Poi, con l’Istituto Homo ridens iniziammo la ricerca: da una parte sempre la gelotologia, dall’altra le nuove scienze. Tutto questo trovava sintesi, in un luogo fisico, La Terra del Sorriso, una Comunità Ospitale che da dodici anni si sviluppa come una realtà assai particolare nella verde Umbria. La gelotologia tra le nuove scienze Troverete tale sostantivo solo in alcuni dizionari di italiano e su Wikipedia, mentre negli USA circola da tempo; la gelotologia risulta essere un ponte tra la biologia, la psicologia, l’antropologia, la medicina (e il mito, la storia, le religioni, la spiritualità, ecc.) poiché il sorriso/riso resta inafferrabile se studiato in una sola di queste prospettive, come è stato in passato. Spesso è impossibile incasellarne compiutamente tutte le implicazioni, gli esiti, le variabili: ridere è un fenomeno che appartiene certamente di più all’immaginario che all’esattezza scientifica, anche se, contraddittoriamente, nel crearsi assume valenze addirittura matematiche. Così, è stato necessario uno sforzo interdisciplinare per indagare (e non certo del tutto esaurientemente) su di un fenomeno così complesso, articolato, ambiguo e contraddittorio della cui importanza, però, quasi nessuno ha precisa coscienza. Come abbiamo detto, dalla gelotologia pian piano la nostra ricerca si è ampliata, incontrando le discipline che indagano come la mente e le emozioni influiscano sulla materia, approdando così a una concezione olografica della realtà. Questo volume, dunque, è il risultato dell’insieme del vecchio e del nuovo percorso e di come tutto ciò non sia solo filosofia, ma realtà quotidiana per tutti.
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L’unico fascino del passato è che è passato. OSCAR WILDE
CaGaNeDa Prima di procedere nella visione di un possibile nuovo paradigma, dobbiamo ringraziare e salutare qualcuno. Vedremo come la guarigione, la vera guarigione, deve avvenire su tutti i piani dell’esistenza, deve coinvolgere tutte e cinque le funzioni costitutive dell’essere umano. La medicina occidentale, nonostante voglia accreditarsi come sistema assoluto, è pur sempre una costruzione socio-culturale relativa, che ha strutturato il suo sapere in epoca positivista, quindi piuttosto recentemente. Esistono infatti altre “medicine” (millenarie), come l’ayurveda, con la quale si curano quasi un miliardo di Indù, oppure quella cinese, ancor più praticata. Malgrado ciò l’atteggiamento della medicina occidentale rispetto a queste è di scettica sufficienza, nella migliore delle ipotesi. Il motivo sta nella presunta supremazia delle basi culturali dell’Occidente (antica e coloniale), che si basano, nel campo scientifico, sui quattro pilastri Renè Descartes (Cartesio), Galileo Galilei, Isaac Newton e Charles Darwin. Di tutti e quattro, per la verità, quel che ci è dato – comunemente – di sapere deriva da ciò che di essi la cultura dominante ha voluto riprendere, sottolineare e in qualche caso strumentalizzare. All’inizio del III millennio, mentre la scienza vera ci illumina sulla “struttura della realtà” in modo radicalmente diverso dai “quattro pilastri”, le nostre vite sono succubi delle teorie e delle acquisizioni dei Quattro, non solo obsolete, ma per certi versi sbagliate. 27
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Per essere semplici e sintetici: dal francese Cartesio, abbiamo ricavato la certezza della separazione tra la mente (res cogitans) e “tutto il resto” (res extensa). Secondo Cartesio, ciò che pensiamo non ha alcuna relazione con ciò che esiste, la materia, con il mondo esterno. Dal pisano Galilei abbiamo ricevuto il metodo scientifico, l’unificazione della modalità scientifica della conoscenza, l’attitudine all’oggettività, all’oggettivazione. Del britannico Newton ricordiamo il meccanicismo universale, la certezza che l’Universo sia come un immenso flipper dove le interrelazioni tra i corpi sono determinate esclusivamente dalla legge della gravitazione (di cui, tra l’altro, Newton non fu il solo “padre”). Infine, l’altro britannico Darwin, naturalista, teorico dell’evoluzione attraverso la competizione biologica, cui dobbiamo il concetto di “vince il più forte”, quello che meglio sa adattarsi, Non è questa, evidentemente, la sede per un’accurata disamina di quel che davvero questi quattro scienziati hanno scoperto e divulgato: quel che ci interessa sottolineare – e mandare in soffitta – sono i dogmi che da loro derivano. “Certezze” che ci attanagliano e ci costringono in un materialismo inesistente, in un Universo di separazioni competitive, non rispondente a ciò che davvero ormai sappiamo sulla realtà: concezioni certamente assai funzionali ai rapporti sociali e di potere esistenti. In pensione! Quel che ci dicono di Cartesio è superato, poiché è davvero molto semplice dimostrare oggi come, ad esempio, il corpo è in stretta relazione con la res cogitans, la mente, e si trasforma al mutare di essa. Quel che dicono di Galilei, e sul quale battono e ribattono, non è più considerato corretto dal momento in cui si è dimostrato come lo sperimentatore influenza direttamente l’esperimento che sta compiendo (Principio di Indeterminazione di Heisenberg). L’oggettività scientifica è dunque un concetto da rivedere completamente, nell’ottica della moderna fisica quantistica. Vi sono, poi, fenomeni che, non essendo spiegabili immediatamente con il principio di causa-effetto non possono stare nei confini, assoluti e universali, del metodo galileiano e quindi vengono negati, nascosti, oggetto di scherno. Uno dei più famosi e discussi è la diluizione omeopatica. Vedremo su quali principi si basa e come essa sia un fenomeno assolutamente reale, seppure non rispondente al canone galileiano. Per concludere dobbiamo occuparci di Charles Darwin.
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Lo studioso inglese, come è noto, postulò – in estrema sintesi – che le specie sottostanno a un principio evolutivo. Esse sono portate avanti e migliorate dagli individui più adattivi, resistenti, forti. Questo principio che esaspera l’aspetto competitivo, non tiene conto di un altro fattore fortemente presente in natura, che è quello cooperativo. Questa idea, appartenuta all’amico rivale di Darwin, Jean Baptiste de Lamarck, trova oggi autorevoli sostenitori. Si parla di Gaia come organismo multiforme vivente e senziente che, come tutti gli organismi, è vivo poiché all’interno del suo sistema complesso, individui diversi operano funzioni diverse che contribuiscono al mantenimento dell’equilibrio vitale, unico fine della natura. I Nativi di tutti i continenti hanno ben chiaro, nel loro animismo, questa complessa cooperazione, e la ritengono sacra. Nel romanzo E venne chiamata due cuori di Marlo Morgan, un aborigeno australiano spiega la cattura di una preda sostenendo che essa si è fatta trovare dal cacciatore, si è offerta per placarne la fame, poiché sa, nell’ordine universale, di dover sublimare la sua energia per lo sviluppo di una energia “più alta”, quella umana. Questa è una cooperazione assai intelligente. La competizione tra individui e specie, certamente esistente, è però funzionale a un disegno più complesso. Viene da chiedersi, in questo disegno, quale sia il ruolo dell’uomo moderno, se questo ruolo sia rispettato o se, invece, l’umanità (le élite che la guidano) abbiano irrimediabilmente compromesso l’equilibrio generale di Gaia. Ripensiamo alla famosa frase di Einstein: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo all’universo ho ancora dei dubbi”. Io Animico e Io Cosciente Siamo giunti a credere, e pian piano, nello svilupparsi del testo, cercheremo di spiegare questa nostra credenza, che ogni essere umano nato su questo piano di realtà (Io Cosciente), derivi da un Io Animico (l’anima) che – prima di incarnarsi – ha preordinato – e non da sola – un progetto di sviluppo, di crescita cui è possibile sottrarsi solo a costo di grandi sofferenze. L’Io Cosciente, lo abbiamo enunciato e lo vedremo meglio tra poco, si estrinseca in cinque funzioni: pensiero, emozione, relazioni, corpo e spirito. Più l’Io Cosciente è allineato con l’Io Animico, più questa coerenza genera una vita felice. L’Io Animico usa tre sensi diversi per rivelare all’Io Cosciente quale sia la giusta vibrazione, potremmo dire la giusta via da seguire verso la felicità/coerenza.
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• Il senso dell’istinto connette l’Io Animico alla funzione corpo. Ne abbiamo
un esempio evidente negli animali, quando essi sono in grado di scegliere – tra le migliaia di erbe esistenti – proprio quella che li può curare. Questo è possibile perché l’istinto porta a riconoscere proprio in quell’erba la frequenza necessaria a mantenere l’equilibrio della vita (risonanza nella coerenza). L’essere umano può anch’egli sentire per istinto come curare il proprio corpo, quale fiore di Bach può essergli d’aiuto, quale cibo può essere adatto, quale scelta effettuare fra diversi metodi terapeutici. Quanto dice l’istinto dovrebbe essere preso in attenta considerazione nella costruzione di un progetto personalizzato di auto guarigione: il medico dovrebbe essere un facilitatore di tale dialogo. • Il senso dell’intuito connette l’Io Animico alle funzioni psichiche. Permette l’insight, l’illuminazione. Di fronte a una scelta, a un bivio, l’intuizione collega con la soluzione animica. Esso serve a far sì che la parte razionale (pensiero ipotetico deduttivo, nessi logici di causa ed effetto, memoria, attenzione) sia connessa all’anima, cosicché l’atto creativo o il problem solving siano frutto oltreché della ragione anche di una forma di conoscenza altra. Lo scopo è sempre lo stesso: allineamento con il progetto dell’Io Animico (la verità di quella persona). • Il senso del sentire connette direttamente l’Io Animico alla funzione delle emozioni e offre il riferimento fondamentale a esse: riferimento (positivo o negativo) che è necessario considerare come essenziale per l’equilibrio della vita (quel che il progetto originario ammette o non ammette). Le funzioni dell’Essere: una e quintupla L’originalità del nostro metodo di lavoro (Comicità è salute-PERCS) si basa sull’aver preso “alla lettera” il concetto di olismo. Fino al 2006, anno della stesura di Anime con il naso rosso, prendevamo in considerazione tre “funzioni” dell’essere umano, le sfere di cui esso è composto: pensiero (P), emozioni (E), corpo (C). Come abbiamo detto, la nostra ricerca ci portò più avanti, e oggi abbiamo inserito, nel nostro schema di riferimento (schema che seguiamo in tutti i nostri progetti e interventi, e anche nella stesura del volume che avete tra le mani), la considerazione delle relazioni (R), in cui l’uomo è immerso e dello spirito (S), quella forza vitale che ne è l’Essenza. Consideriamo il nostro corpo: esso è un insieme di individui autonomi, triliardi di cellule, che si sono aggregate per permettere un livello di vita complesso e che, a saperlo leggere, rappresenta un saggio insegnamento. Le
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cellule sono dotate di una forza vitale primigenia, intelligente, che le culture di molti paesi hanno chiamato in modo diverso, ma che pervade ogni essere. La nostra vita si regge così su di un delicato e potente meccanismo di differenziazione e identificazione: le cellule che formano gli occhi sono molto differenti da quelle che formano il fegato, ma è il “sentimento di cooperazione”, di coscienza di appartenere a un insieme, l’organo/il corpo, che permette la vita! Essa è possibile perché questa enorme moltitudine di creature collabora intelligentemente in pace e serenità all’esistenza dell’“insieme” di cui fanno parte: l’organismo. Senza intelligenza primigenia e sentimento di cooperazione, di appartenenza, di pace, non ci sarebbe un solo essere vivente in salute. Aggiungiamo pure che il nostro organismo ospita, in una vitale simbiosi, altri miliardi di esseri, batteri per lo più, senza i quali non potremmo vivere; il nostro organismo, così, esiste in una relazione interiore e costante con altre forme di vita che, a loro volta, senza di noi non potrebbero vivere. Il concetto di “corpo”, come si vede, è già molto più ampio. A questo punto spieghiamo ancora meglio. L’essere umano, dunque, si articola in funzioni: 1. Il pensiero, inteso come capacità ideativa, nessi causa effetto, logica, pensiero ipotetico deduttivo, attenzione, memoria, apprendimento, creazione di “forma” (opinioni e convinzioni). Il pensiero non è esclusivo dell’essere umano: molti animali pensano in modo simile (o in alcuni casi, come i Cetacei, in modo probabilmente più complesso). 2. L’emozione, è una funzione adattiva, un’informazione che in-forma con rapidità e in modo incisivo l’Io Cosciente della necessità di mantenere, cambiare o ripristinare l’equilibrio tra ambiente interno e ambiente esterno attraverso azioni nella realtà. Tali azioni possono essere reali o simboliche. Anche gli animali vivono le emozioni, proprio come noi. Vi sono studi scientifici che provano come le piante sentano intenzioni ed emozioni. Le emozioni, dunque, fanno ugualmente parte della nostra possibilità di comprensione e cambiamento della realtà. Il pensiero unito all’emozione genera la credenza, cioè la nostra adesione fiduciosa a un fenomeno, a un fatto, a un’idea. La credenza rappresenta la base per qualsiasi azione intesa come cambiamento dello status quo. 3. Il corpo, intelligente di per sé, possiede tutti i “saperi” per stare bene, in
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omeostasi; possiede propri programmi di auto guarigione, vive in connessione con la natura, in indissolubile coerenza con essa. Quello che il corpo esprime è assolutamente veritiero, laddove il pensiero può essere menzognero e le emozioni mal interpretate o non decodificate. Attraverso il corpo, il pensiero e l’emozione, lo Spirito (che si individualizza nell’Io Animico) agiscono sul pianeta: questa è la sua funzione principale. 4. Lo spirito, forza vitale, è un campo energetico (posseduto anche da ciò che è apparentemente inanimato), che si articola nell’anima individuale (Io Animico), la quale a sua volta possiede memoria del Progetto Originale di reincarnazione. L’Io Animico come abbiamo visto si esprime attraverso tre propri sensi: l’istinto, l’intuizione e il sentire. Le quattro funzioni appena descritte vivono continuamente in relazione, con gli altri esseri umani, animali, vegetali e minerali, con la Terra, l’Acqua, l’Aria e il Fuoco, con il Cosmo, insomma, con tutto ciò che esiste. Tra queste funzioni non può esservi incoerenza, contraddizione, ma solo unità: indichiamo questo come “legge dell’allineamento”. Non possiamo provare emozioni positive e contemporaneamente pensieri negativi, avere il corpo malato e l’energia vitale intatta: queste funzioni sono permanentemente allineate. Se c’è un disallineamento, un evento che sposta una di queste funzioni, la disarmonizza, tutte le altre saranno quindi chiamate a seguire quel nuovo allineamento patologico. È molto importante rilevare che tra queste funzioni, in realtà, non vi è una parte fisica, materiale, concreta e una parte immateriale e astratta: tutte sono contemporaneamente materiali e immateriali, e articolazioni di una unità. Le emozioni, ad esempio, sono contemporaneamente immateriali, frutto di una relazione, e materiali, sostanze chimiche. Lo spirito, forza vitale, agisce nel corpo, dal quale fluisce in continuazione, attraverso i chakra. La relazione, poniamo, con un figlio è immateriale (amore), ma anche molto materiale (accudimento, carezze, ecc.). Il corpo è certamente materiale, ma alcune parti di esso (ad esempio l’encefalo) sviluppano immaterialità (pensiero). Il pensiero sembra immateriale, ma si sviluppa attraverso l’elettricità, forza fisica, materiale.
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Esercizio Per comprendere meglio queste inter-relazioni vi proponiamo un’esperienza, una breve visualizzazione. Siete seduti comodamente, con entrambe le piante dei piedi poggiate sul pavimento, le braccia morbidamente poggiate sulle cosce. Chiudete gli occhi e fate due o tre profondi respiri. Immaginiamo… di essere nella cucina di casa nostra… di fronte al frigorifero. Aprite il frigo… Sul secondo ripiano c’è un limone. Prendetelo... Sotto i polpastrelli delle dita sentite… la rugosità della buccia. Osservatene il colore intenso. Ne annusate il profumo… Con una coltello, tagliatelo a metà… Qualche schizzo fuoriesce… Il profumo è molto più forte… Guardate la polpa… Assaggiatelo, gustatene il sapore… Ora contate mentalmente da 3 fino a 0… Aprite gli occhi. È molto probabile che abbiate un aumento della salivazione. Questo piccolo esperimento dimostra che un’esperienza richiamata alla memoria, attraverso immagini e sensazioni ha le stesse caratteristiche sensoriali della realtà e attiva la materia, il corpo (ghiandole salivari, saliva) e assieme a essa ricordi ed emozioni. Così, se immaginiamo un bel momento trascorso con la persona amata, un abbraccio, un bacio, accendiamo immediatamente le emozioni e le sensazioni fisiche provate, come se le stessimo vivendo in questo momento. Così se immaginiamo una discussione, una litigata, possiamo immediatamente “risentire” rabbia e risentimento, a livello emozionale e fisico. Possiamo fare altri esempi di funzioni diverse che influenzano istantaneamente il corpo. 1. Dall’emozione al corpo: se sono timido e devo parlare in pubblico: arrossirò; cioè l’emozione timidezza/vergogna si traduce (veritieramente) nel corpo in modo che il sangue andrà a riempire i capillari esterni del viso, la parte che più espongo al pubblico. 2. Dal corpo all’emozione: se vivo un’intensa emozione di ira, posso usare il corpo (la respirazione) per abbassare questa tensione emotiva. Lo yoga, ad esempio, compie questo allineamento.
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3. Dallo spirito al corpo: nella stessa situazione di ira, posso calmarmi operando sul mio campo energetico, concentrando la mia capacità immaginativa (imagery) sul visualizzare il mio corpo di luce di un certo colore dominante, l’azzurro o il violetto. 4. Dalla relazione al corpo: se una relazione è molto problematica, ad esempio un rapporto conflittuale irrisolto madre/figlia, potrà tradursi ben presto nel corpo (disturbi dell’alimentazione). L’interconnessione delle funzioni dell’umano è stata molte volte “fotografata” dai detti popolari. Quella saggezza antica ci dice che “non dobbiamo farci cattivo sangue, o sangue amaro”; che quella certa cosa “non la possiamo digerire, resta qua” (e il gesto fisico indica o la gola o la bocca dello stomaco), “non se ne scende”, oppure che quella certa persona “ha una luce particolare”, oppure ancora che certe persone “le sentiamo a pelle”. La lingua (sedimentazione di conoscenza) è piena di richiami all’olismo della natura. Abbiamo accennato al fatto che la guarigione, la vera guarigione, deve avvenire su tutti i piani dell’esistenza, deve coinvolgere tutte e cinque le funzioni costitutive dell’essere umano. Per chiarezza, divideremo il nostro lavoro in cinque parti più una, sebbene, essendo noi esseri olistici, questa suddivisione potrà appare meccanica. Ovvieremo a questo inserendo continui rimandi alla concezione del “tutto è Uno”, in modo da evitare che la mente del lettore torni all’idea, ancora molto radicata, di divisione tra il corpo, la mente, le emozioni, l’energia vitale e le relazioni. Partiremo senz’altro da queste ultime.
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Prima parte La relazione
Noi siamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’autocoscienza. Abbiamo incominciato a comprendere la nostra origine: siamo materia stellare che medita sulle stelle. CARL SAGAN
1 Il Paradigma della Valle di Lacrime
Lavoro batte riposo 6-1. Ma l’arbitro era di parte. LEONARDO SPINA
Io sono… in relazione L’Essere, quella “voce interiore” che ci consente di pensare “Io Sono”, il nostro Io Animico (o, se volete semplicemente la nostra anima) trova il suo immediato complemento con… tutto il resto. L’aria, la temperatura, le persone, gli alberi, gli animali, il Sole, la galassia Andromeda, ecc. Questo continuo essere in relazione determina la nostra vita e il nostro destino. La relazione è sempre con una cultura, che è una sorta di eredità: si nasce italiani cattolici o boscimani animisti, giapponesi scintoisti o indiani induisti; con tutto quel che ne consegue, comprese le credenze, le abitudini, i cibi, i panorami, la lingua, ecc. Grazie alla ricerca sul ridere ci siamo resi conto di quanto sia assolutamente relativo il paradigma occidentale, diremmo giudaico cristiano, spacciato per il migliore. Scopriamo perché. Siamo tutti figli della Bibbia O almeno lo sono tutti i cristiani, gli ebrei, i musulmani e gli atei, figli di tutte le civiltà fiorite in Europa, Vicino Oriente, Nord e Sud America, Africa colonizzata. Nello sviluppo della storia umana, per varie e complesse ragioni, queste civiltà dell’Occidente, sono divenute predominanti nella mentalità collettiva 37
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del mondo, grazie a un modello economico (apparentemente) vincente, il capitalismo, oggi sempre più in versione neoliberista/globalista. Questo modello deriva direttamente dall’Antico Testamento (o meglio dall’interpretazione che ne è stata data a partire dalla fine del 1400 in Europa), e si è sovrapposto con la violenza anche ad altri importanti culture, come quella indù, cinese o giapponese: possiamo dire così che la mentalità biblica influenza il comportamento di quasi tutti gli uomini del pianeta. Così tutti siamo profondamente imbevuti del messaggio “primo” dell’Antico Testamento: l’Universo è stato creato dal lavoro di Dio. Riflettiamoci sopra. Questa concezione lavorista della creazione appare chiara soprattutto quando, dopo aver “sudato” sei giorni, Dio – il settimo – si riposa, santificando questo riposo come sacro; si stabilisce cioè, che il lavoro è la cosa che più deve impegnare chi intende modificare la realtà (come pare sia il destino dell’uomo). Un’altra cosa è il riposo (sacro e quindi benedetto). Il rapporto è 6 a 1. Se ne potrebbe dedurre che il lavoro è attività non benedetta, e in effetti, quando Adamo ed Eva furono cacciati dal paradiso (dove non lavoravano) ricevettero un viatico che ha più della maledizione che della profezia. Leggiamo un passaggio tratto da Genesi 3, 16 riferito a Eva: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”. […] All’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie […] maledetto sia il suolo per causa tua! […] Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”.
Ma questo è il punto di vista di Dio. Il lavoro nobilita l’uomo(?) In realtà sappiamo che, al contrario – nell’ottica della morale protestante – soprattutto calvinista, che sta alla base del moderno capitalismo – la prosperità economica, figlia del lavoro, rappresentava la benedizione di Dio. Il ricco è benedetto. Come sia, maledetto o benedetto, nella Genesi il lavoro risulta assolutamente centrale. Infatti, tornando al “lavoro di Dio”, potremmo dire che il destino degli uomini era già segnato prima della disobbedienza poiché, per logica, se Dio
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avesse faticato tanto per creare l’Universo (al punto da essere così stanco, Lui che può tutto, da doversi riposare), per quale motivo la sua creatura… sua immagine e somiglianza… avrebbe potuto oziare? E infatti la trappola era pronta: alla prima modifica della realtà stabilita (in pratica un furto) gli uomini vengono precipitati nell’abisso del lavoro, che, in altre lingue e dialetti viene paragonato al più forte dei dolori fisiologici: il travaglio (trabajar in spagnolo, travallier in francese, ‘u travagghiu del nostro sud, ecc.). Qualcosa di spaventoso. Ben si comprende che tutto questo ragionamento è metaforico. Il testo del Vecchio Testamento (proveniente da una millenaria tradizione orale, passato per più mani, messo per iscritto – nella versione da cui la maggior parte dei traduttori attingono – molto più tardi) può essere letto, in realtà, in molti differenti modi tra i quali segnaliamo come meno ortodossi e per certi versi rivoluzionari, quelli di Zecharia Sitchin e Mauro Biglino. Ai fini del nostro discorso quel che realmente importa è la nascita e la creazione della mentalità collettiva lavorista, incline al dolore, correlato alla fatica del vivere, o, diremmo meglio, della vita che gli uomini sono stati costretti a vivere. Dal canto Suo, nel momento più alto della stessa Esperienza Divina, la Creazione, la massima emozione positiva che il Dio biblico esprime, stando al testo è: “E vide che tutto questo era buono” (Genesi 1, 29). Un po’ pochino, non credete? Il piacere del creare Chiunque abbia mai creato una qualsiasi cosa nella sua vita (da una semplice buona idea a un grattacielo di 200 piani) sa bene che al creare, è immediatamente correlato il piacere. A partire dall’atto della riproduzione, atto creativo principe, che avviene poiché è attività assai piacevole. La natura, infatti, ha provveduto a offrire il piacere (l’orgasmo) come ricompensa dello sforzo (consumo di energia vitale) di riprodursi. Potremmo dunque ben dire che alla base della vita c’è sì un lavoro, ma compiuto solo per piacere! Potremmo anche ben riaffermare, dunque, che non c’è o non dovrebbe esserci “lavoro” (creazione, arte, mestiere) senza piacere. Se per un attimo immaginassimo qualsiasi lavoro come creativo (liberato da quel famoso surplus che serve a qualcun altro per accumulare ricchezza) potremmo anche dire che lavorare è un piacere.
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E allora, perché il piacere (e le sue estensioni: l’amore, il bello, il buono, il soddisfacente, il rilassante, ecc.) non albergano costantemente nella nostra vita, anzi, vengono sempre considerate delle eccezioni? Una risposta a questa epocale domanda l’abbiamo sviluppata: la cultura occidentale, fin dal primo vagito, si è immedesimata ed è rimasta prigioniera del Paradigma della Valle di Lacrime, come discende dalla concezione lavorista della cosmogonia che ci è stata insegnata, con conseguente maledizione ai progenitori. Insomma, non c’è niente da recriminare! Nel PaVaDiLà, nasciamo peccatori, lavoratori (e ultimamente anche ben indebitati). E la domenica si ozia (o si guarda la partita). Dio batte uomo 6 a 1. L’intristimento globale e il Papiro di Leida Questo paradigma (che è dunque culturale e quindi relativo) ci accompagna dalla prima manifestazione di vita che viene richiesta: (piangere e se non piangiamo, veniamo percossi) fino all’ultima cosa che facciamo (avere paura della morte). In mezzo… una vita fragile, fatta spesso di patimenti, in cui il piacere è negato, colpevolizzato oppure mercificato. Quante sofferenze, quante vite spezzate. Se va bene, è una vita in cui tutte le sere, davanti alla “scatola magica”, “per distrarci” siamo bombardati di cattive notizie e di violenza; una vita in cui la speranza è diventata un lusso per scemi e sognatori, in cui la paura predomina e si è fatta categoria politica (il terrorismo di persone e di Stato) e malattia (attacchi di panico), e ci consuma l’esistenza. Ci specchiamo mai, la mattina, ripetendo a noi stessi questa incontrovertibile verità: “Siamo figli del piacere?”. No, mai. Non ci si pensiamo neppure. Neghiamo l’evidenza, pur di restare nel PaVaDiLà, cui siamo strettamente legati, un po’ come le persone depresse, che spesso si affezionano al loro male oscuro. Nel 1999, mentre ci accingevamo a completare il volume La terapia del ridere venimmo folgorati dalla notizia dell’esistenza di un’antica fonte documentale, il Papiro di Leida, dal quale alcuni autori avevano estrapolato il seguente brano.
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Il Paradigma della Valle di Lacrime
Dal riso di Dio nacquero sette dei che governarono il mondo. Non appena scoppiò a ridere apparve la luce. Scoppiò a ridere per la seconda volta e fu acqua dappertutto. Alla terza risata apparve Ermes; alla quarta la generazione; alla quinta il destino; alla sesta il tempo. Poi, prima di scoppiare a ridere per la settima volta, Dio inspirò profondamente, aveva riso tanto da farsi uscire le lacrime. Da queste nacque l’anima.
Non sentite lo splendore intrinseco di questa immagine? Un Dio così coinvolto dal godimento di creare da sbellicarsi come un bambino davanti a un cucù! Ci venne subito in mente che, se fosse stata questa la Genesi da tutti noi appresa al catechismo, tutto il paradigma culturale sarebbe stato diverso, con riflessi impensabili sul nostro status di passeggeri del pianeta Terra! Appare qui l’Universo non più come lavoro di Dio, ma come gioco dell’Altissimo. Un gioco sorprendente, un mettersi alla prova irresistibile, un divertimento galattico, una burla cosmica, uno scherzo fatto a se stesso, nel quale Egli si prova e si ri-conosce… Meraviglia! Un teologo francese, Francois Euvè, ha abbracciato questa straordinaria ipotesi, mediante la quale poter finalmente dare un posto autentico, nella vita di tutti i giorni, al piacere, alla gioia, al sorriso, al riso. Per inciso, e in qualche modo a conferma dell’intuizione dell’anonimo cristiano gnostico, le tradizioni religiose ci tramandano come l’Universo sia stato creato mediante un suono/vibrazione (il Verbo, l’om, l’aum, ecc.); alcuni mistici offrono come spiegazione agli stati dimensionali più o meno densi, il fatto che l’Universo (Multiverso) si sviluppa vibratoriamente su 99 ottave. La realtà, così come la conosciamo, secondo il pensiero platonico è una illusione, gli indù la chiamavano “maya” e fu creata, appunto, con l’OM. La realtà vera, il mondo di cui platonicamente scorgiamo solo l’ombra, venne creato – sempre secondo la cultura indiana – con la sillaba “AH”(!). Proprio il vocalizzo della risata. Dal canto loro gli scienziati immaginano quel suono come frutto di un’esplosione incommensurabile, the Big Bang (letteralmente, il grande rumore).
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DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO RIDENS
La relazione tra uomo e universo C’è un modo diverso, dunque, di immaginare la creazione e di vederla in azione. Un modo che ci parla di piacere, gioia, gioco, sorriso, riso e amore. Un modo che delinea un mondo completamente diverso. Un mondo in cui l’uomo non vive il peccato originale della costrizione al lavoro, ma si armonizza con il creato, collabora con esso, in una società di timidi, eguali, cooperanti, sorridenti e generosi. Nella prima lettera di Cristoforo Colombo dalle “Indie”, al Cancelliere e al Tesoriere dei regnanti di Spagna, il navigatore ci descrisse esattamente questo “universo”: 15 febbraio 1493. Signore, poiché so che avrete gran piacere della Gran Vittoria che Nostro Signore mi ha concesso nel mio viaggio […] (nel quale) ho scoperto moltissime isole popolate da genti innumerevoli […] senza il minimo indizio di ordinamenti politici. Gli abitanti (di queste isole) vanno tutti nudi, uomini e donne, così come le loro madri li mettono al mondo. […] Non hanno ferro, né acciaio, né armi e non vi sono tagliati, non già perché non siano gente robusta […] ma per il fatto che sono incredibilmente paurosi. Non osano servirsi delle loro armi (delle canne con un bastoncino aguzzo in cima) perché sono paurosi senza rimedio. La verità è che dopo che si sono rassicurati […] sono tanto privi di malizia e tanto liberali di quanto posseggono che non lo può credere chi non l’ha visto. […] Non dicono mai di no […] e si mostrano tanto amorevoli che darebbero il cuore stesso. Essi non professavano credenza o idolatria di sorta: tutti stimano che la potenza e il bene stiano nel cielo. Uomini e donne […] portavano qualcosa da mangiare e da bere e ce lo offrivano con meravigliosa amorevolezza. […] Non ho potuto accertare se posseggono beni personali, ma mi sembrò di capire che ogni cosa fosse comune.
Non vogliamo tornare al mito del buon selvaggio tanto caro a Rousseau (che tanto mito, come abbiam visto, non è). Vogliamo solo sottolineare una possibilità culturale che, da almeno 8000 anni, è stata preclusa a quei popoli/culture/mentalità che oggi (purtroppo) governano il pianeta. La cultura dei Nativi torna oggi di moda e risulta plausibile e utile poiché, da un lato, le loro profezie si stanno avverando, in termini di distruzione del pianeta, e dall’altro la scienza, quella indipendente, converge verso essa e ci descrive un universo intelligente, interconnesso, sensibile e reattivo, in cui l’Uomo trova un posto congruo, felice e costruttivo solo se si immerge completamente nel divenire intelligente.
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Il Paradigma della Valle di Lacrime
Egli si libera dalle catene delle convinzioni errate di pensatori (CaGaNeDa), utili fino a oggi, ma ormai sostanzialmente obsoleti. Nel divenire intelligente l’uomo futuro (che a noi piace chiamare Homo ridens) troverà una giusta dimensione cooperando con i simili e con il resto del Creato; abbatterà la barriera tra materiale e immateriale; costruirà un sapere misto logico/analogico, dando all’intuizione, al sentire lo stesso spazio del ragionamento; guardando attraverso maya, l’illusione, per conoscere la realtà vera.
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Dal 2005 Edizioni Enea collabora insieme a Scuola SIMO con un obiettivo preciso: fornire contenuti di qualità per promuovere la salute di corpo, mente e spirito. Pubblichiamo libri destinati a naturopati e operatori della salute, ma anche a semplici appassionati e curiosi. Ci occupiamo di scienza ma anche di spiritualità, integrando i più grandi insegnamenti di Oriente e Occidente. Guardiamo alle grandi tradizioni mediche del passato e ci apriamo alle più innovative proposte nel campo della medicina olistica.
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Sonia Fioravanti è psicoterapeuta, specializzata in ipnosi clinica ericksoniana. Saggista e ricercatrice nel campo della psicologia energetica e delle nuove scienze, tiene conferenze e laboratori sul potere dell’autoguarigione. Dirige la comunità ospitale “La Terra del Sorriso”. Leonardo Spina, laureato in scienze politiche, è sceneggiatore, attore e autore teatrale. Si è formato con Dario Fo ed Ettore Scola. È pioniere della gelotologia (comicoterapia) e opera come formatore del personale scolastico e sociosanitario. I due autori, marito e moglie, hanno anche fondato a Roma l’associazione “Ridere per vivere”, creato il metodo di approccio al disagio PERCS e l’Istituto di Ricerca Homo Ridens. Hanno scritto: La terapia del ridere (Red Edizioni), Anime con il naso rosso (Armando), Una risata vi guarirà (Stampa Alternativa) e realizzato il dvd Enciclownpedia.
Illustrazione: © Ramona Iurato / da un’idea grafica di Francesco Spina Art Direction: Camille Barrios / ushadesign
€ 19,90
Quando ridiamo avviene dentro di noi un profondo cambiamento psico-fisico: ne giova l’intero organismo compreso il nostro io profondo. Quando tali cambiamenti diventano stabili, si giunge a una sorta di sorriso interiore che noi avvertiremo come serenità e benessere e gli altri come disponibilità e amore. Gli autori, con il loro metodo ormai sperimentato dal 1990, ci insegnano che è possibile imparare ad assumere una forma mentale nuova, che ci permette di guardare la realtà da altri punti di vista, prima di tutto quello umoristico.
ISBN 978-88-6773-075-9
9 788867 730759