Oligoelementi e Naturopatia Manuale pratico di terapia biocatalitica
FARE NATUROPATIA
Margherita Faccio
Fare Naturopatia
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OLIGOELEMENTI E NATUROPATIA Manuale pratico di terapia biocatalitica
Margherita Faccio
edizioni
Š Copyright 2012 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl I edizione novembre 2012 ISBN 978-88-6773-001-8 Edizioni Enea Sede Legale - Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano Sede Operativa/Magazzino - Piazza Nuova 7, 53024 Montalcino (SI) www.edizionienea.it edizioni.enea@gmail.com Progetto grafico Lorenzo Locatelli Disegno in copertina Federica Aragone Stampato e rilegato da Graphicolor, Città di Castello I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, informatica, multimediale, riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo, compresi microfilm e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.
Io sono un piccolo mondo fatto abilmente di elementi e uno spirito angelico. John Donne
INDICE 11
Prefazione
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Introduzione
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1. GLI OLIGOELEMENTI
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Gli elementi chimici Il ruolo biologico degli oligoelementi Catalizzatori ed enzimi Enzimi e cofattori: gli oligoelementi Carenza di oligoelementi: deficit quantitativo e deficit qualitativo La chelazione I tre indirizzi terapeutici dell’oligoterapia Un po’ di storia
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2. LA MEDICINA FUNZIONALE O BIOCATALITICA
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40 45 47
Come funziona l’organismo umano: la rete psico-neuroendocrina e immunitaria (PNEI) L’asse dello stress: sistema adrenergico (o sistema nervoso simpatico) e asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) Individualità dell’assetto PNEI: dalla ricettività al terreno, alla diatesi La medicina delle funzioni Riassumendo
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3. LE DIATESI
50 59 68 81 88
Prima diatesi: iperstenica o allergica, Manganese (Mn) Seconda diatesi: ipostenica, Manganese-Rame (Mn-Cu) Terza diatesi: distonica o neuroartritica, Manganese-Cobalto (Mn-Co) Quarta diatesi: anergica, Rame-Oro-Argento (Cu-Au-Ag) Quinta diatesi: diatesi del disadattamento, Zinco-Rame (Zn-Cu), Zinco-Nichel-Cobalto (Zn-Ni-Co)
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4. GLI OLIGOELEMENTI BIOCATALITICI
94 95
Preparazione degli oligoelementi Oligoelementi diatesici e oligoelementi complementari
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Oligoelementi e Naturopatia
96 98 98 99
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Somministrazione dei rimedi: modalità d’assunzione e posologia Tossicità e controindicazioni Limiti dei biocatalizzatori Associazioni e sinergia d’azione
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5. I BIOREGOLATORI COMPLEMENTARI
102 103 104 106 107 109 112 113 116 118 119 122 124 125 128 130 133 135
Alluminio (Al) Bismuto (Bi) Bromo (Br) Cobalto (Co) Cromo (Cr) Ferro (Fe) Fluoro (F) Fosforo (P) Iodio (I) Litio (Li) Magnesio (Mg) Manganese-Rame-Cobalto (Mn-Cu-Co) Nichel-Cobalto (Ni-Co) Potassio (K) Rame (Cu) Selenio (Se) Silicio (Si) Zolfo (S)
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6. COME TRATTARE LE SINDROMI DIATESICHE
139 145 149 155 158
Prima diatesi: iperstenica o allergica, Manganese (Mn) Seconda diatesi: ipostenica, Manganese-Rame (Mn-Cu) Terza diatesi: distonica o neuroartritica, Manganese-Cobalto (Mn-Co) Quarta diatesi: anergica, Rame-Oro-Argento (Cu-Au-Ag) Quinta diatesi: diatesi del disadattamento, Zinco-Rame (Zn-Cu), Zinco-Nichel-Cobalto (Zn-Ni-Co)
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7. LE EVOLUZIONI DELLE DIATESI
165 171 176 177
Fasi transizionali e possibili evoluzioni del soggetto iperstenico Fasi transizionali e possibili evoluzioni del soggetto ipostenico Sovrapposizione diatesica apparente Manganese/Manganese-Rame Fasi transizionali ed evoluzioni del soggetto distonico
180 183
Diatesi del disadattamento ed evoluzioni cicliche Conclusione
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8. LINEE GUIDA DEL TRATTAMENTO BIOCATALITICO
185 187
Primo colloquio Impostazione del trattamento
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9. COME ASSOCIARE GLI OLIGOELEMENTI COMPLEMENTARI: ESEMPI DI TRATTAMENTO SINTOMATICO
211
10. MEDICINA DELLE FUNZIONI E MEDICINA TRADIZIONALE CINESE
211 216
Aspetti generali Corrispondenze fra le diatesi e il Ciclo dei Cinque Movimenti
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Allegato 1 – TABELLA SINOTTICA DELLE DIATESI
265
Allegato 2 – SCHEDA DI OSSERVAZIONE
271
Riferimenti bibliografici
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Prefazione Divulgo e insegno da trent’anni fitoterapia e oligoterapia e, dopo tanti articoli, platee di conferenze e classi di studenti, per la prima volta mi capita di scrivere la prefazione al libro di una mia allieva, diventata nel tempo una collega e soprattutto un’amica. Molte volte nel mio percorso professionale mi sono chiesta che cosa, di tutto quello che scrivo e racconto, rimanga nella testa, ma soprattutto nel cuore e nella vita dei lettori e degli uditori che ho davanti: se spargo semi che germogliano o seduzioni intellettive fugaci, destinate a confondersi nel mare di notizie e informazioni che sollecitano il nostro tempo. Scopro con uno stupore gratificante, leggendo queste pagine, che davvero gli allievi possono superare i maestri: ed è un regalo enorme, dà significato al mio lavoro che, per quanto svolto con inestinguibile coinvolgimento, dopo tanto tempo a volte è mestiere. Apprezzo nel libro di Margherita la palpabile padronanza di un’esperienza fatta propria, il generoso desiderio di condividerla, il rigore dello studio e della ricerca e l’attitudine allo scambio e al confronto, il talento di una visione interdisciplinare che converge in una conoscenza aperta e dinamica. Ma soprattutto ammiro la competente capacità di cogliere e introdurre alla complessità del vivente, evitando le omologazioni concettuali, praticando la semplicità senza la semplificazione, come solo un divulgatore innamorato della materia che tratta e ricco di dedizione può fare. Le auguro lettori che, oltre ad apprendere le ampie potenzialità intrinseche all’oligoterapia grazie alle nozioni tecniche offerte da questo libro, percepiscano in ogni pagina di Margherita la sua (la nostra) passione e ne siano contagiati. Lina Suglia
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Introduzione Senza gli oligoelementi nessuna forma di esistenza sarebbe possibile. Ferro, Calcio, Magnesio, Potassio, Fosforo, Iodio: sono alcuni dei minerali (forse i più noti) che, insieme alle vitamine, permettono a un organismo di funzionare correttamente. Presenti in tracce in tutta la materia vivente, secondo proporzioni costanti e precise, da essi dipende non solo l’integrità strutturale del corpo, ma anche e soprattutto l’infinito numero di processi chimici, essenziali alla vita, che avviene ininterrottamente all’interno delle cellule. Una carenza o un impedimento della loro attività altera il corretto svolgimento delle funzioni biologiche. Lo squilibrio è all’inizio silente, poi compaiono i primi disturbi: ansia, insonnia, stanchezza, allergie, difficoltà digestive, problematiche circolatorie e così via. Sono segnali di un disordine interno che, se trascurato o sottovalutato, progressivamente si estende e apre la strada alla patologia vera e propria. Ma prima che la malattia si manifesti è ancora possibile intervenire, aiutando l’organismo a ritrovare il proprio equilibrio per mezzo dei rimedi che lo fanno funzionare “naturalmente”: gli oligoelementi. Il loro utilizzo sistematico a scopi terapeutici fu ideato e sperimentato per la prima volta dal medico francese Jacques Ménétrier, negli anni Trenta del secolo scorso. Da allora l’oligoterapia “funzionale” o “biocatalitica” (in riferimento al ruolo biologico degli elementi-traccia) si è ampiamente sviluppata, trovando largo consenso anche tra molti medici, d’oltralpe in particolare. L’intento principale di questo libro è quello di contribuire alla conoscenza di tale metodica preventiva e curativa, dall’azione dolce e profonda insieme, in grado di riportare ordine e armonia tra le funzioni fisiologiche alterate e così attivare la capacità intrinseca dell’organismo di autodifendersi, ritrovando il proprio stato di salute. Dopo aver precisato l’attività biologica degli oligoelementi e introdotto il concetto di “terreno” individuale, che per Ménétrier costituisce la “parte umana delle malattie”, nel testo si analizzano le tipologie diatesiche (o modalità reattive) da lui identificate, cui corrisponde un determinato oligoelemento o combinazione di elementi regolatori. Alcune linee-guida suggeriscono come contestualizzare all’interno dei diversi quadri sindromici i disturbi somatici e psicologico-comportamentali più comuni e quali rimedi catalitici è opportuno associare, per ridurli o risolverli. Infine, qualche esempio concreto chiarisce le modalità per impostare uno schema terapeutico e definire correttamente tempi d’assunzione, posologia e sinergia d’azione.
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Oligoelementi e Naturopatia
Ringraziamenti Prevenire è meglio che curare. È anche la filosofia di Fitomedical, che qui ringrazio per i corsi di aggiornamento altamente formativi, a cui mi sono ispirata nella stesura di questo libro. In proposito, un grazie particolare e di cuore a due persone che ho avuto la fortuna di incontrare e di conoscere: Massimo Rossi, i cui consigli in corso d’opera sono stati preziosi, e Lina Suglia, mia prima docente, a cui devo l’amore per la fito-oligoterapia e che, con pazienza e dedizione, ha revisionato l’intero testo.
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1 Gli oligoelementi
Con gli oligoelementi siamo veramente nell’infinitamente piccolo e nel flusso perennemente variabile degli scambi di energia, materia e informazione. Dupouy Oligoelemento è una parola composta: “oligo”, termine che deriva dal greco oligos, significa piccolo, poco, in modesta quantità; “elemento”, così come definito dalla chimica, designa una sostanza semplice, cioè una porzione di materia omogenea, costituita da atomi della stessa specie e per questo scomponibile in frazioni più piccole solo con procedimenti nucleari. Attualmente si conoscono 118 elementi (di cui 92 presenti in natura, gli altri sintetizzati artificialmente), catalogati nella Tavola del Sistema Periodico, che il chimico russo Dimitrij Mendeleev aveva ideato già nella seconda metà dell’Ottocento. Gli oligoelementi sono dunque “sostanze semplici presenti in piccola quantità” e caratterizzano tutta la materia vivente. Gli elementi chimici L’uomo, come ogni altra specie esistente sulla Terra, è un discendente delle prime cellule che, oltre 3,3 miliardi di anni fa, abitavano e prosperavano nel “brodo” nutritivo degli oceani primordiali. All’interno del suo corpo ha conservato alcune caratteristiche di quel fluido organico, tra cui, per esempio, una soluzione di sali minerali che costituisce la base del plasma e del liquido intracellulare. Ogni organismo vegetale e animale, infatti, rispecchia la composizione chimica del pianeta. Ciò che cambia è la distribuzione quantitativa dei diversi elementi di base e la loro disposizione in strutture più o meno complesse e ordinate. A seconda della differente concentrazione, nel corpo umano si distinguono elementi chimici plastici, elementi maggiori e oligoelementi. • Gli elementi plastici, detti anche strutturali o primari, costituiscono i cosiddetti
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Oligoelementi e Naturopatia
“mattoni” del mondo organico e sono il Carbonio, l’Ossigeno, l’Azoto e l’Idrogeno. Presenti in quantità notevoli, si combinano in una vasta gamma di composti diversi, dando origine alle macromolecole della vita, cioè alle strutture delle nostre cellule: glucidi, lipidi, aminoacidi e acidi nucleici. • Gli elementi maggiori (tra cui Sodio, Fosforo, Potassio, Calcio, Magnesio, Zolfo, Silicio e Fluoro) si trovano sotto forma di elettroliti, ossidi e sali minerali. Anche questi elementi sono piuttosto abbondanti: alcuni hanno un ruolo di sostegno ed entrano, per esempio, nella costituzione di denti e ossa oppure del citoscheletro; altri, sotto forma di ioni, intervengono in tutti i fenomeni elementari della fisiologia cellulare (trasmissione degli impulsi nervosi, contrazione muscolare, permeabilità di membrana, viscosità del plasma, ecc.). Da soli, questi due gruppi rappresentano il 99% di tutti gli elementi chimici del corpo umano e per questo sono definiti “macroelementi”. • Il restante 1% è composto dagli oligoelementi, chiamati così, oppure “elementi traccia”, proprio perché sono il gruppo meno rappresentato dal punto di vista quantitativo. Nel corpo umano, ad esempio, la loro concentrazione totale è inferiore allo 0,01% del peso corporeo (meno di 7 g su 70 kg), ma per la maggior parte di essi scende ad alcuni milligrammi o decimilligrammi, se considerati singolarmente. D’altra parte, però, è l’insieme più rilevante sul piano qualitativo perché, come vedremo, è fondamentale per l’ordinato realizzarsi dei fenomeni vitali. Da un punto di vista chimico, quindi, sono considerati oligoelementi tutti gli elementi la cui concentrazione nell’organismo, vegetale o animale, non supera la quantità di 1 su 10.000. Il ruolo biologico degli oligoelementi Gli oligoelementi, benché presenti in misura molto ridotta, svolgono funzioni essenziali per la vita. Nell’organismo umano si ritrovano come componenti di strutture ormonali (per esempio, lo Iodio è un costituente fondamentale degli ormoni tiroidei; lo Zinco di quelli ipotalamici, gonadici e pancreatici); formano il centro chimicamente attivo di alcune importanti molecole (il Ferro è presente nell’emoglobina, il Cobalto nella vitamina B12); ma in particolare interagiscono con moltissimi enzimi: questo è il loro ruolo biologico più specifico ed è la funzione che a noi interessa maggiormente, perché ad essa è legata l’azione terapeutica degli oligoelementi. Per coglierne appieno la rilevanza vitale, cerchiamo allora di capire cos’è un enzima e cosa fa.
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1. Gli oligoelementi
Catalizzatori ed enzimi I catalizzatori Gli enzimi appartengono a un particolare ed eterogeneo gruppo di sostanze chimiche definite catalizzatori, ovvero dei composti in grado di attivare, accelerare e controllare una reazione chimica, senza prenderne veramente parte: infatti non modificano il risultato conclusivo del processo, ma ne migliorano le modalità di svolgimento e alla fine si ritrovano intatti. Un catalizzatore, dunque, agisce “per presenza” esterna e non “per integrazione” e rimane distinto rispetto alle nuove combinazioni che lui stesso induce. Per capire l’importanza di questa funzione catalitica, è però opportuno ricordare molto brevemente che cos’è una reazione chimica. Semplificando al massimo, è una ridistribuzione di atomi di materia: gli atomi che compongono le sostanze iniziali, dette reagenti, sono dapprima separati e poi ricombinati in modo differente a formare composti nuovi, chiamati prodotti. Perché tutto ciò avvenga, è necessario che si verifichino contemporaneamente tre condizioni: 1) che abbia luogo un certo numero di collisioni fra le molecole dei reagenti in modo tale da provocare la rottura dei legami che, all’interno delle molecole, uniscono gli atomi tra loro. Questa frequenza di collisione è direttamente proporzionale sia alla concentrazione dei reagenti (quanto maggiore è il numero di molecole per unità di volume, tanto maggiore sarà, in quel volume, il numero di urti al secondo), sia alla temperatura (un aumento di temperatura equivale a una maggiore agitazione termica delle molecole e quindi a un maggior numero di collisioni); 2) che gli urti avvengano con un orientamento appropriato: in caso contrario la reazione non avviene; 3) che l’energia con cui le molecole si scontrano sia superiore a un certo valore minimo, che è tanto più elevato quanto più forti sono i legami tra gli atomi: se l’urto è insufficiente, si ha un semplice rimbalzo tra molecole e i legami non si rompono. Questa soglia minima, diversa per ogni reazione, prende il nome di “energia di attivazione”. La funzione del catalizzatore è proprio questa: combinandosi temporaneamente con i reagenti, ne dispone le molecole nel giusto orientamento e alla distanza ottimale, oppure le deforma in maniera da indebolire sensibilmente i legami. In tal modo l’energia di attivazione necessaria viene notevolmente diminuita e un numero maggiore di molecole può reagire nella stessa unità di tempo: ciò si traduce in un aumento della velocità di reazione. Questo effetto è detto catalisi, termine mutuato dal greco katalysis che significa, appunto, “dissoluzione”.
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Oligoelementi e Naturopatia
Gli enzimi Gli enzimi, presenti in tutti gli organismi viventi, sono i catalizzatori biologici altamente specifici del metabolismo cellulare, cioè di quell’insieme di trasformazioni chimiche di energia e materia da cui dipende, in definitiva, la vita. Processi catabolici e anabolici avvengono costantemente all’interno delle cellule e sono strettamente interdipendenti. I primi “scompongono” nei loro componenti più semplici le sostanze introdotte con l’alimentazione e la respirazione, ricavandone costituenti vari ed energia (quest’ultima è racchiusa nei legami chimici che tengono uniti tra loro sia gli atomi delle complesse molecole iniziali sia le molecole stesse). I secondi utilizzano l’energia e le particelle semplici così ottenute, per accrescere, mantenere, riparare l’organismo e permettergli di riprodursi. Quando queste funzioni si arrestano, si arresta la vita. Tuttavia in vitro, quindi fuori dal corpo, nessuna reazione chimica potrebbe svolgersi in modo spontaneo a una velocità compatibile con l’esistenza e simultaneamente ad altre se le condizioni di temperatura, pressione e pH fossero quelle che caratterizzano l’ambiente cellulare: per realizzarsi avrebbe bisogno di una temperatura e di una pressione molto più elevate e di un pH ben lontano dalla neutralità. Eppure nella materia vivente avviene costantemente e contemporaneamente un’infinità di processi chimici diversi. Ciò che rende possibile questo evento è proprio la presenza degli enzimi, molecole in grado di creare, in un loro spazio determinato, le condizioni necessarie a ciascuna specifica reazione, “isolandola” dal contesto. La struttura degli enzimi Dal punto di vista strutturale, gli enzimi sono delle grosse proteine globulari, caratterizzate da lunghe catene di aminoacidi ripiegate e avvolte su se stesse. Sono sintetizzati in base alle istruzioni geniche fornite da una cellula in un dato momento e attivati o disattivati dalla stessa. Ciascuna cellula ne contiene in genere circa 3000 differenti tipi, ognuno dei quali in numerose copie. La sostanza su cui l’enzima esercita la propria azione catalitica si chiama substrato; aggiungendo al nome del substrato il suffisso -asi, normalmente si ottiene il nome del biocatalizzatore stesso: così, per esempio, “saccarasi” e “maltasi” sono gli enzimi che scindono rispettivamente il saccarosio e il maltosio in zuccheri più semplici. La maggior parte di essi presenta dimensioni decisamente più grandi dei substrati su cui agiscono, ma l’area coinvolta nella reazione è relativamente ridotta. Tale regione, che si trova sulla superficie ed è denominata sito attivo, è una sorta di ripiegatura, o tasca, con gruppi chimici a elevata reattività, posti in determinate posizioni. L’enzima si lega al substrato esattamente a livello di sito attivo e in questo modo crea quel particolare ambiente fisico-chimico responsabile della vera e propria attività catalitica. Il resto della superficie enzimatica, invece, è implicato nella regolazione dello stesso evento tramite il legame con altre molecole: costituisce
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1. Gli oligoelementi
una specie di impalcatura, adatta a favorire il reciproco orientamento enzimasubstrato. Così agevola l’ingresso di quest’ultimo nel sito attivo e il suo contatto con i gruppi catalitici. Proprio la particolare conformazione del sito attivo crea la specificità dell’enzima, che si può legare a una sola o a poche specie molecolari e catalizzare un solo tipo di reazione biochimica. Per quanto riguarda la relazione strutturale tra sito attivo e substrato, sono ipotizzate due modalità. 1) La prima è il meccanismo definito “chiave-serratura”: in questo caso, enzima e substrato possiedono una forma esattamente complementare, che ne permette un incastro perfetto, proprio come la chiave nella propria serratura. 2) La seconda è detta “variazione indotta”: quando non c’è complementarietà, l’enzima, in presenza del substrato, modifica leggermente la struttura del proprio sito attivo per adattarsi alla sua forma.
Substrato + Sito attivo
Enzima
Complesso ES (enzima-substrato)
Fig. 1 – Gli enzimi si legano ai substrati con una relazione chiave-serratura.
Fig. 2 – Enzima e substrato si adattano in seguito al loro incontro.
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Oligoelementi e Naturopatia
Substrato S Sito attivo
Ingresso del substrato S nel sito attivo dell’enzima E
L’enzima cambia conformazione man mano che il substrato si lega
Complesso ES Complesso EP (enzima-substrato) (enzima-prodotti)
Prodotti
Prodotti della reazione enzimatica
Fig. 3 – Meccanismi della catalisi enzimatica. Una generica reazione catalizzata da un enzima (E), può essere così schematizzata: E + S = ES = ES*
EP
E+P
• Dapprima l’enzima libero E si lega reversibilmente al substrato S, formando il complesso enzima-substrato (ES). • A questo punto inizia la reazione chimica: ES* è il complesso intermedio attivato e isolato, in cui avviene la rottura dei legami presenti nelle molecole del substrato e la loro conversione in prodotti. • EP è il complesso enzima-prodotti della reazione, ottenuti grazie alla ricostruzione di nuovi legami e alla liberazione di energia. • Al termine del processo catalitico si formano E + P: i prodotti si separano dall’enzima che non è più complementare al substrato del prodotto e l’enzima, intatto, è pronto per un nuovo atto catalitico. In genere il prodotto di una reazione, catalizzata da un enzima, diventa a sua volta reagente di una reazione successiva catalizzata da un altro enzima e così via. Tutti i processi che avvengono a livello cellulare comportano un articolato chimismo, perché sono sequenze di reazioni diverse, ognuna delle quali rappresenta una tappa metabolica. Così, per esempio, glicolisi e ciclo di Krebs, le vie fondamentali del catabolismo glucidico, si svolgono rispettivamente in 10 e 9 tappe differenti. È impossibile isolare una reazione biologica dal suo contesto: affinché si realizzi una trasformazione chimica è indispensabile che prima, parallelamente e dopo, abbiano luogo altre reazioni concomitanti, ciascuna nel proprio spazio fisiologico isolato, nel proprio specifico tempo e secondo ritmi precisi. Ogni funzione cellulare quindi e, a cascata, ogni funzione di tessuti, organi e apparati, è il risultato armonico e coordinato di complessi fenomeni catalizzati, dalla cui sinergia dipende l’alto grado di organizzazione necessario alla vita.
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1. Gli oligoelementi
Approfondimento 1) La catalisi enzimatica è un processo mediante il quale l’enzima, come un qualsiasi altro catalizzatore, influenza la velocità di una reazione chimica senza essere distrutto o alterato, grazie all’interazione tra il substrato (la molecola o le molecole reagenti) e il proprio sito attivo. In questo modo riduce l’energia necessaria per dare inizio all’evento e ne accelera in maniera consistente lo svolgimento, mantenendo inalterati l’equilibrio chimico della reazione e i prodotti finali della stessa. La maggior parte dei fenomeni biologici catalizzati da enzimi ha una velocità di 1010-1020 volte superiore a quella che avrebbe senza alcun catalizzatore.
Energia
In assenza dell’enzima
Reagenti In presenza dell’enzima
Energia di attivazione in presenza dell’enzima
Energia di attivazione in assenza dell’enzima Energia complessiva rilasciata durante la reazione
Prodotti
Coordinate di reazione
Fig. 4 – Diagramma di una reazione catalitica che mostra l’energia richiesta a vari stadi lungo l’asse del tempo. Normalmente i substrati necessitano di una notevole quantità di energia per giungere allo stato di attivazione che permette loro di reagire e formare il prodotto. L’enzima crea un microambiente nel quale i substrati possono pervenire a quello stato di attivazione più agevolmente, riducendo così la quantità d’energia richiesta. Essendo più facile arrivare a un livello energetico minore, la reazione può avere luogo più frequentemente e di conseguenza la stessa velocità complessiva è maggiore. Gli enzimi sono in grado di attivare alcuni milioni di reazioni al secondo. Per esempio, quella catalizzata dalla orotidina-5-fosfato decarbossilasi per la sintesi della piramidina (componente del DNA), impiega circa 25 millisecondi per processare la stessa quantità di substrato che, in assenza dell’enzima, verrebbe convertita in circa 78 milioni di anni. In questo modo consentono lo svolgimento di attività cellulari che altrimenti sarebbero impossibili per l’organismo oppure troppo dispendiose: sul piano biologico ciò significa incompatibili con la vita.
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Oligoelementi e Naturopatia
2) Avvenuta la reazione, il prodotto viene allontanato dall’enzima, che rimane disponibile per iniziarne una nuova. 3) Come tutti i catalizzatori, gli enzimi agiscono in concentrazioni estremamente basse. 4) A differenza degli altri catalizzatori, però, hanno un’elevata specificità nei confronti sia del substrato sia del tipo di reazione attivata. Ciò vuol dire che ciascun enzima si lega a una sola o a poche specie molecolari e catalizza un solo tipo di reazione biochimica o tutt’al più pochi tipi affini. Questa grande selettività è correlata alla struttura molecolare tridimensionale: il sito attivo interagisce con i substrati in modo stereospecifico (è sensibile anche a piccolissime differenze strutturali) e stereochimico (agisce solo su specifici gruppi chimici). Per esempio, uno stesso aminoacido può legarsi a enzimi diversi, che ne catalizzano la deaminazione o la decarbossilazione, oppure la transaminazione. D’altra parte un medesimo tipo di reazione catalitica, come la rottura del legame peptidico, può essere mediata da enzimi diversi, che però riconoscono, ciascuno, solo legami peptidici tra particolari residui aminoacidici. Pertanto, per la regolazione di reazioni complesse (e il biochimismo è sempre articolato e composito) è richiesta l’attività coordinata e interdipendente di più tipologie di enzimi. Nell’uomo, non a caso, sono presenti migliaia di catalizzatori biologici differenti e alcuni di quelli che mostrano maggiore specificità sono coinvolti nella replicazione e nell’espressione del genoma. 5) Altra particolare proprietà degli enzimi è la perfetta autoregolazione, basata su un sistema di doppio flusso continuo: uno afferente, che apporta nel sistema l’energia e i reagenti necessari; l’altro efferente, che allontana i prodotti finali (se i prodotti derivati da una reazione chimica non sono progressivamente asportati, la reazione si blocca). Ciò che rende possibile l’equilibrio ritmico tra i due flussi è un sofisticato sistema di fenomeni di trasporto, che determina le esatte concentrazioni sia dei precursori sia dei prodotti finali: questo processo è garantito, a sua volta, da specifici enzimi. Quindi attività catalitica, equilibrio dei flussi e regolazione stessa di questi meccanismi dipendono completamente dai biocatalizzatori. Il numero infinitamente grande di reazioni chimiche, che si svolge in modo ordinato e continuo nello spazio cellulare così infinitamente piccolo, si può realizzare solo grazie alla specificità, all’efficacia e alla precisione dell’azione enzimatica.
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1. Gli oligoelementi
Enzimi e cofattori: gli oligoelementi Salvo qualche eccezione, gli enzimi allo stato puro sono praticamente inerti e necessitano di un attivatore, o cofattore, per essere efficaci. I cofattori sono particelle a basso peso molecolare. Possono essere di natura organica (molte vitamine, ad esempio, sono cofattori o precursori di cofattori) e in questo caso sono anche detti coenzimi; oppure si tratta di oligoelementi in forma ionica (come l’atomo di Cloro presente nell’amilasi, l’atomo di Zinco nell’anidrasi carbonica, ecc.); in alcune situazioni possono coesistere entrambi. Mentre gli enzimi a tutt’oggi individuati sono numerosi (circa 15.000), i cofattori hanno un numero più limitato: agiscono su molti substrati diversi allo stesso modo, ma l’unione con l’enzima li rende specifici per un determinato reagente. In generale intervengono nei processi enzimatici secondo modalità diverse: • possono staccarsi dalla parte proteica ed essere trasferiti al substrato con cui reagiscono in molteplici modi; • possono cedere al substrato solo un frammento della propria struttura; • possono conservare la propria integrità, limitandosi a favorire il trasferimento di elettroni, atomi o gruppi funzionali da un composto donatore al substrato accettore, permettendo l’azione catalitica. Tra i diversi enzimi, la classe di quelli che necessitano di un oligoelemento per funzionare è la più rilevante dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo, per via dell’importanza delle reazioni che dipendono da loro. Grazie alla biofisica quantistica si conosce anche l’esatta funzione dell’atomo metallico, il cui ruolo di attivatore enzimatico non è di tipo solamente stereochimico (favorire il legame tra enzima-substrato), ma anche “energetico”, dato che trasferisce elettroni: in questo senso l’oligoelemento è il vero soggetto bioenergetico della reazione catalitica. In base al tipo di legame che si instaura tra enzima ed elemento, si distinguono i “metallo-enzimi” e gli enzimi “metallo-dipendenti”. • Nei metallo-enzimi, l’oligoelemento è parte integrante della molecola proteica. In questo caso l’intero complesso enzimatico è anche detto proteina coniugata o oloenzima, distinguendo l’apoenzima (la parte proteica) dal gruppo prostetico (la parte non proteica). Per esempio i citocromi, enzimi che permettono l’utilizzo dell’ossigeno a livello cellulare, contengono il gruppo prostetico eme, con al centro un atomo di Ferro. A seconda dell’oligoelemento, si distinguono quattro tipi principali di metalloenzimi: 1) ferrici (come il NADPH, che interviene soprattutto nelle reazioni di biosintesi di lipidi e acidi nucleici); 2) rameici (tra cui gli enzimi MAO, fondamentali a livello di sistema nervoso centrale perché inattivano alcuni neurotrasmettitori quali la serotonina, la dopamina o l’adrenalina); 3) zinceici (ad esem-
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Oligoelementi e Naturopatia
pio l’anidrase carbonica, enzima importantissimo per l’equilibrio acido-base del corpo); 4) metalloflavinici (enzimi in cui coesistono ioni metallici e vitamine). • Negli enzimi metallo-dipendenti, l’oligoelemento non è incluso nella molecola enzimatica, ma è a disposizione nell’ambiente intracellulare sotto forma ionica, ossia come atomo carico positivamente (catione) o negativamente (anione), pronto a combinarsi con altre specie chimiche, cedendo o acquisendo elettroni. Solo quando è strettamente necessario lo ione si fissa con legame debole, quindi facilmente dissociabile, secondo due diverse modalità: - si può legare al reagente, permettendogli di raggiungere la conformazione ideale per entrare nel sito attivo. Il complesso reagente + oligoelemento diventa così il vero substrato dell’enzima. Dopo la reazione, la coppia cofattore-prodotto si separa e lo ione-metallo è libero per essere utilizzato in altre attivazioni; - si può fissare sull’enzima, spesso nelle vicinanze del sito attivo, facendogli assumere una conformazione tale da permettere al substrato di inserirsi nella serratura enzimatica e si libera una volta catalizzata la reazione. Poiché la maggior parte dei catalizzatori biologici ha bisogno di uno ione metallico per funzionare, il ruolo strategico degli oligoelementi appare del tutto evidente. Una loro carenza causa un’alterazione funzionale dell’enzima e quindi un rallentamento o un arresto di talune reazioni chimiche cellulari, con conseguente compromissione di determinate attività. All’inizio la perturbazione metabolica è localizzata, ma se questa carenza non viene corretta provocherà a cascata altri squilibri, creando una disfunzione che progressivamente evolve: nel tempo, dal piano cellulare si estende a livello di tessuto, poi di organo, successivamente di sistema e apparato, coinvolgendo infine l’organismo intero. Il disordine è in principio silente e inavvertito, quindi compaiono i primi disturbi, diversi a seconda del distretto interessato, e alla lunga si sviluppano delle vere e proprie lesioni organiche. La vita è scambio e comunicazione, è un network in cui tutto è coordinato e interattivo col tutto: se un anello della rete rallenta o si blocca, è l’insieme a risentirne. Carenza di un oligoelemento deficit enzimatico alterazione funzionale malattia organica
squilibrio metabolico
Al di là della pura definizione quantitativa, l’oligoelemento quindi è una sostanza minerale vitale che risponde a quattro precisi criteri: 1) è presente nei tessuti sani di tutti gli organismi viventi (piante, animali, uomo); 2) la sua concentrazione tissulare è relativamente costante e dell’ordine di alcuni milligrammi o decimilligrammi, quantità sufficiente a far funzionare tutti gli
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enzimi da esso dipendenti (è dimostrato che una percentuale maggiore provocherebbe una diminuzione dell’azione enzimatica); 3) una sua carenza o interruzione di attività determina diversi tipi di problemi fisiologici; 4) un suo specifico apporto esterno può risolvere turbe funzionali e contenere tendenze lesionali. Poiché le due ultime proprietà qualificano anche le vitamine, alcuni ricercatori hanno definito gli ioni minerali “vitamine inorganiche”. Allo stato attuale delle conoscenze in ambito enzimologico, sono circa quindici quelli ritenuti indispensabili alla vita. Oltre agli oligoelementi in senso stretto, ci sono alcuni elementi maggiori (Calcio, Magnesio, Fosforo, Zolfo, ecc.) che possono funzionare da catalizzatori enzimatici: dipende dal tipo di molecola a cui si legano. Se la struttura biologica partner è una sostanza organica non enzimatica, svolgono un’azione strutturale; se invece entrano, in modo fisso o temporaneo, a far parte di un enzima, hanno un ruolo biocatalitico. È il motivo per cui, come vedremo in seguito, questi macroelementi sono compresi nel repertorio dei rimedi suggeriti dall’oligoterapia catalitica di Ménétrier. Carenza di oligoelementi: deficit quantitativo e deficit qualitativo Allo stesso modo delle vitamine (a parte alcune), anche gli oligoelementi devono essere introdotti dall’esterno: essendo sostanze minerali, l’organismo non è in grado di sintetizzarli da solo. La loro fonte naturale, quindi, è il cibo: dalla terra, dove le piante li assorbono, arrivano a noi grazie alla catena alimentare. Di conseguenza se l’alimentazione è insufficiente in termini di quantità e/o varietà, si può creare una carenza quantitativa. Tuttavia l’abbondanza e l’ampia gamma di alimenti di cui l’Occidente dispone, garantiscono la totalità dei minerali essenziali, tanto più che la quantità fisiologicamente necessaria è, come visto, davvero minima. Difficile, quindi, soffrire di deficit d’apporto; ma se da noi il problema non sussiste, è pur sempre presente in altre parti del mondo, dove intere fasce di popolazioni sottonutrite soffrono di patologie carenziali anche gravi. Eppure un oligoelemento può essere introdotto con l’alimentazione, ma diventare inattivo e quindi non essere biodisponibile (cioè in grado di esercitare il suo ruolo biologico), benché presente nell’organismo. Si parla allora di “deficit qualitativo”, oppure di “carenza funzionale o di attività dell’elemento”. Per capire come ciò sia possibile, è opportuno precisare il concetto di assimilazione. Etimologicamente assimilare significa “rendere simile”. Perché questo processo avvenga, ogni alimento deve essere digerito, ovvero convertito in molecole
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semplici, le uniche in grado di penetrare nel livello più intimo dell’organismo (le cellule) e di diventarne parte integrante, cioè essere assimilate. La forma più semplice, e dunque assimilabile, degli oligoelementi è quella ionizzata. Perciò gli elementi assunti con il cibo entrano nei processi digestivi e metabolici, dove vengono dissociati dalle molecole organiche o dai sali minerali in cui si trovano e ridotti a ioni (atomi polarizzati positivamente o negativamente). Solo così sono in grado di attraversare le membrane del canale digerente (per osmosi oppure per trasporto attivo, in base alla loro liposolubilità o meno) e penetrare nei capillari. Qui si associano a proteine di trasporto che possono essere aspecifiche oppure specifiche (ad esempio l’Ossigeno si lega all’emoglobina, il Ferro alla transferrina), per essere infine riversati, attraverso il sistema vascolare, nell’ambiente extracellulare. Da lì, per via osmotica, entrano all’interno delle cellule e si integrano nei siti specifici, pronti a svolgere il loro ruolo funzionale di cofattori. In altre parole, sono “bio-disponibili”. Tuttavia, in un momento qualsiasi di questo lungo percorso attraverso i vari distretti del digerente (metabolismo epatico compreso), oppure nella corrente ematica o nel citoplasma stesso della cellula, l’atomo dell’elemento può andare incontro a eventi che lo rendono biologicamente indisponibile: si parla allora di “chelazione”, inattivazione o sequestro. La chelazione Kelat in greco significa “pinza biforcuta”, in riferimento alle chele dei granchi. Nella chelazione lo ione metallico (catione o anione che sia) viene captato da molecole organiche con due radicali liberi all’estremità, in grado di legarsi chimicamente a lui, bloccandone gli elettroni non appaiati. Si forma così un composto metallo-organico molto stabile, con al centro l’oligoelemento stretto a tenaglia dal chelante. H2C
CH2
H2N
NH2 M
Fig. 5 – Chelazione di un atomo metallico M da parte di una molecola di etilendiammina.
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1. Gli oligoelementi
In base al tipo di molecola chelante, i composti che si creano sono reversibili oppure irreversibili e in tal caso possono insorgere dei problemi anche rilevanti. La chelazione è un processo che si incontra frequentemente in natura: tramite questa reazione chimica, ad esempio, l’emoglobina lega il Ferro e la clorofilla il Magnesio; proteine carrier trasportano ioni e piccole molecole attraverso le membrane cellulari nei siti attivi. In medicina, molecole sintetiche chelanti vengono utilizzate per trattare le intossicazioni da metalli pesanti o per eliminare altre tossine che si accumulano pericolosamente nell’organismo. Di tutt’altro genere è la chelazione indiscriminata e irreversibile dell’oligoelemento. In tale circostanza lo ione è bloccato e reso inutilizzabile dai circuiti enzimatici abituali, perché privato della sua capacità di formare legami, sia con l’enzima di riferimento sia con il substrato. A seconda del tipo di chelazione, ne derivano tre diverse situazioni. 1) Se la chelazione avviene quando l’elemento è già parte integrante di un gruppo prostetico, a essere inattivato è l’intero enzima. 2) Se è coinvolto anche il substrato, si costituiscono chelati detti tripartiti: in questo caso sono bloccati o rallentati non solo l’enzima e il suo cofattore metallico, ma i prodotti stessi della reazione. 3) Un altro possibile evento è la formazione di un complesso chelato tra il sito attivo dell’enzima e un metallo estraneo non attivatore. Si parla allora di “agonismo cofattoriale” e ancora una volta allo ione, pur essendoci, è impedito di partecipare alla reazione enzimatica. Proprio l’irreversibilità del fenomeno, che rende inutilizzabili gli oligoelementi, costituisce il fattore eziologico della loro carenza funzionale: sebbene quantitativamente presenti, non sono biodisponibili. Ma c’è di più. Il complesso metallo-organico così prodotto è tutt’altro che inerte e molte sostanze che si formano dall’associazione chelante-chelato hanno un’attività biologica potenzialmente tossica: questo fatto può favorire l’instaurarsi di una condizione infiammatoria cronica a bassa intensità. Tale situazione, a sua volta, alimenta uno stato intossicatorio che sul lungo periodo riduce la capacità reattiva del soggetto e apre la strada alla cronicizzazione dei disturbi. Molecole chelanti si trovano lungo tutto il canale digerente, altre lo possono diventare: sostanze sia endogene (saliva, secrezioni enteriche, prodotti delle flore batteriche e così via), sia esogene (additivi alimentari, metaboliti di farmaci, ecc.). Sono tanti gli inibitori irreversibili a cui siamo esposti e il loro numero è in costante aumento, frutto dell’incrementata polluzione ambientale e di uno stile di vita sempre più lontano dalle leggi naturali. Il nostro organismo è fatto per assorbire una certa quantità e una certa qualità di nutrimento. Invece ci alimentiamo con cibi scadenti per qualità biologica e nutrizionale: concimi chimici e fitofarmaci, uso indiscriminato di diserbanti e pestici-
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di, tecniche di estrazione e raffinazione, sterilizzazione termica e mediante raggi gamma, alterano l’equilibrio tra le varie componenti alimentari, impoveriscono i fattori vitali, aumentano le scorie metaboliche prodotte e con esse i possibili chelanti. Consumiamo cibi insaccati, inscatolati, omogeneizzati, precotti, dove abbondano conservanti, coloranti e aromatizzanti. Residui chimici, polveri sottili, rifiuti tossici diffondono nell’acqua e nell’aria sostanze che sono dei veri e propri inibitori enzimatici. Abusiamo di antibiotici, ipotensivi, antinfiammatori e così via: tutti medicinali che, al di là delle proprietà farmacologiche che possono giustificare il loro impiego terapeutico, hanno un alto potere di chelazione secondario, evidente quando la molecola è stata degradata nei suoi costituenti. Abbiamo dunque un contatto quotidiano con queste sostanze, i cui residui chelanti possono ritrovarsi dopo un cammino anche lungo. Non sorprende, quindi, che il vero problema degli oligoelementi sia una carenza qualitativa, che riguarda tutti e che altera il perfetto sincronismo delle attività cellulari con inevitabili reazioni incrociate e a catena. Perciò la semplice presenza, all’interno della cellula o del sangue, di una concentrazione di oligoelementi entro valori fisiologici, non dà in alcun modo informazioni sulla loro potenziale attività. Le stesse analisi del sangue ne possono rilevare in alcuni casi una carenza quantitativa, ma l’effettiva biodisponibilità rimane una grande sconosciuta, che si rende manifesta solo quando il rallentamento o l’inattivazione di alcuni circuiti enzimatici producono i loro effetti. I tre indirizzi terapeutici dell’oligoterapia Primo indirizzo: oligoterapia catalitica È la prima forma di oligoterapia e si sviluppa negli anni Trenta del secolo scorso. Basa i suoi presupposti sul ruolo fisiologico degli oligoelementi come sostanze “informatrici” che, in virtù della loro natura fisico-chimica, agiscono in concentrazione minima e non in quanto “massa”. Per riattivare le vie enzimatiche bloccate, utilizza perciò apporti minimi (dosi appunto “catalitiche” dell’ordine dei gamma, cioè di millesimi di milligrammo) di oligoelementi ionizzati e quindi già pronti per essere assimilati. In questo modo, se assunti per via sublinguale gli ioni possono entrare fin da subito nelle reti di trasporto emato-linfatiche presenti a livello orale ed evitando il circuito enteroepatico ricco di chelanti, guadagnano in rapidità d’azione ed efficacia perché immediatamente biodisponibili. Tale apporto non modifica in alcun modo la concentrazione tissutale degli ele-
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menti, ma ne ristabilisce la corretta funzionalità, migliorando le performances dell’organismo. Infatti, a riprova delle intuizioni di Ménétrier, il padre dell’oligoterapia catalitica, sono stati individuati degli enzimi, a loro volta metallo-dipendenti, in grado di attivare la dechelazione: l’introduzione nell’organismo di quantità minime di ioni “liberi” dello stesso metallo chelato induce, come reazione, un meccanismo liberatorio dissociativo che ne sblocca la chelazione. Un numero rilevante di questi enzimi si trova in alcuni tessuti del sistema endocrino (nel complesso ipotalamo-ipofisario, nella tiroide e nelle gonadi), ma si suppone siano presenti anche a livello epatico, pancreatico e renale, laddove è più probabile il sequestro degli oligoelementi in entrata nell’organismo. Detta anche “oligoterapia funzionale” o “terapia catalitica dechelante”, ottimizza l’assimilazione degli elementi assunti con l’alimentazione e migliora il funzionamento dei circuiti enzimatici, ripristinando il corretto svolgimento delle attività biologiche cellulari: è l’oligoterapia a cui fa riferimento questo testo. Secondo indirizzo: oligoterapia nutrizionale Sviluppatasi a partire dagli anni Cinquanta grazie ai progressi della scienza dell’alimentazione, cerca di ristabilire i livelli ottimali dell’oligoelemento carente per deficit di apporto o per aumentato fabbisogno, oppure perché inattivato. La correzione si attua mediante l’integrazione alimentare con capsule o compresse, che ovviamente seguono la via di assorbimento digestiva. La supplementazione consigliata dipende dal tipo di elemento e dalla situazione: è comunque un quantitativo relativamente elevato, nell’ordine di qualche milligrammo o sua frazione. In questo modo, aumentando la quantità dei cofattori a disposizione, si cerca di stimolare e amplificare l’attività enzimatica. Anche in questo caso, tuttavia, se l’oligoelemento introdotto non è qualitativamente disponibile, non serve allo scopo; anzi, come abbiamo visto, può essere chelato a sua volta e favorire uno stato di subtossicità cronica. Quindi l’integrazione alimentare può avere senso solamente se la carenza è di tipo quantitativo (e anche allora si dovrebbe consigliare soltanto per brevi periodi), ma non è in grado di risolvere una carenza funzionale. Un esempio può chiarire la differenza tra terapia catalitica e nutrizionale. Se per curare un’anemia sideropenica si somministra del Ferro a dosi ponderali, si attua un intervento integrativo che aumenta le riserve organiche di questo elemento: qualora la carenza sia di natura quantitativa, la supplementazione può anche migliorare la situazione. Se invece di una quantità relativamente elevata di Ferro, per un certo periodo si somministrano una microdose di Rame e una di Cobalto in forma ionica e poi una microdose (sempre ionizzata) di Ferro, si pratica un intervento catalitico: come vedremo più avanti, il Rame agisce sull’enzima ossidasi che modula il metaboli-
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Senza gli oligoelementi nessuna forma di esistenza sarebbe possibile.
Margherita Faccio, naturopata diplo-
Ferro, Calcio, Magnesio, Potassio, Fosforo, Iodio: sono alcuni dei mi-
mata presso la Scuola SIMO (Scuola Ita-
nerali (forse i più noti) che, insieme alle vitamine, permettono a un
liana di Medicina Olistica), è specializ-
organismo di funzionare correttamente. Presenti in tracce in tutta la materia vivente, secondo proporzioni costanti e precise, da essi dipende non solo l’integrità strutturale del corpo, ma anche e soprattutto l’infinito numero di processi chimici,
zata in fito-oligoterapia con esperienze professionali in ambito di floriterapia, reflessologia plantare e iridologia.
essenziali alla vita, che avvengono ininterrottamente all’interno delle
Svolge l’attività di consulente olistico.
cellule. Una carenza o un impedimento della loro attività altera il
È coautrice del libro Pronto soccorso
corretto svolgimento delle funzioni biologiche. Lo squilibrio è all’inizio
naturopatico (Urra).
silente, poi compaiono i primi disturbi: ansia, insonnia, stanchezza, allergie, difficoltà digestive, problematiche circolatorie e così via. Sono segnali di un disordine interno che, se trascurato o sottovalutato, progressivamente si estende e apre la strada alla patologia vera e propria. Ma prima che la malattia si manifesti è ancora possibile intervenire, aiutando l’organismo a ritrovare il proprio equilibrio per mezzo dei rimedi che lo fanno funzionare “naturalmente”: gli oligoelementi. L’intento principale di questo libro è quello di contribuire alla conoscenza di tale metodica preventiva e curativa, dall’azione dolce e profonda insieme, in grado di riportare ordine e armonia tra le funzioni fisiologiche alterate e così attivare la capacità intrinseca dell’organismo di autodifendersi, ritrovando il proprio stato di salute.
ISBN 978-88-6773-001-8
EDIZIONI
29,00 € 9 788867 730018
www.edizionienea.it www.scuolasimo.it