Artenatura

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PROGETTO

ARTENATURA con Stefano Benatti e Francesco Veroni


UNA PREMESSA... Documentare il progetto svolto quest'anno da Stefano è particolarmente difficile, poiché i “fili rossi”, gli stimoli, le metodologie messi in campo sono molteplici. Ci siamo accorte che riportare la cronologia degli incontri non avrebbe restituito ai bambini, e ai genitori, il vero senso di ciò che è successo. Come quando si fa una torta: da una parte ci sono gli ingredienti, ci sono un sapere e un'esperienza che dosano certi alimenti di base, poi c'è un procedimento e ci sono metodi e strumenti di lavoro: impastare, mescolare, montare, infornare. E alla fine c'è una torta, qualcosa di buono e di molto diverso dagli ingredienti iniziali. Come sia avvenuto il cambiamento, la trasformazione, come e dove e quando il composto è lievitato e si è solidificato e cotto... è cosa che non si riesce a descrivere dettagliatamente: semplicemente accade. Così abbiamo pensato di mettere in fila, come nella ricetta di un abile pasticcere, ingredienti e procedimento, e infine di darvi qualche “assaggio” di ciò che abbiamo visto e gustato a scuola. Il resto è accaduto... Paola e Annalisa

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STRUTTURA DEGLI INCONTRI CON STEFANO La maggior parte delle volte Stefano ha lavorato con metà gruppo alla volta; all'inizio ci si saluta seduti in cerchio e dicendo il proprio nome a turno, con la “regola del 4”: i bambini battono le mani e Francesco dà il tempo col tamburello: 1, 2, Stefano, Stefano, 1, 2, Francesco, Francesco, 1, 2... ecc Stefano racconta un pezzo della STORIA DI MORETTO, un gattino nero segue quasi sempre una CONVERSAZIONE a partire dalla storia di Moretto poi c'è un'ATTIVITÀ (disegno, manipolazione, drammatizzazione, ecc) legata al tema del giorno infine ci si saluta nel cerchio come all'inizio, al ritmo di 1, 2, nome, nome, … 1, 2, 3, ciao! 2


LA STORIA DI MORETTO 20 ottobre C'era una volta un gattino di nome Moretto, si chiamava così perché aveva il pelo nero. Questo gattino aveva una sorella che si chiamava Lilla, che viveva con Moretto in una bella casa di campagna. Un giorno i padroni di casa dovettero andare a stare in un'altra casa. Come si fa il trasloco? Matteo: “si mette tutto nel camion e si porta nell'altra casa. Si prendono i giochi e quello che c'è in casa, si chiudono dentro gli scatoloni, arriva il camion e carica tutto”. Lilla e Moretto parlavano: Lilla: “io sono contenta di cambiare casa, conoscerò gente nuova, vivrò nuove avventure”. Moretto: “io sono felice qui, conosco tutti gli anfratti, perché devo andarmene?” Lilla salì sul camion, Moretto nonostante i padroni lo chiamassero, restò lì. Arrivano i nuovi inquilini “viaggiatori”, che avevano un cane. Moretto se ne andò, si mise a vagare, diventò un gatto randagio. Cosa vuol dire randagio? Viola: “che non ha un padrone e una casa”. Eleonore: “gira per la strada”. Moretto pensa: “eh! Persa una casa, se ne trova un'altra” ma si rese conto che non era così. Cominciò ad avere una gran fame, ma nessuno gli dava da mangiare, lo mandavano via. Dalla fame mangiò, in un pollaio, il pastone delle galline. Non aveva mica i croccantini, ma aveva una gran fame! Mangiò il pastone e si addormentò. La mattina successiva è un altra storia, la racconterò la prossima volta. 27 ottobre Vi ricordate dov'era rimasto Moretto? Era nel pollaio, aveva mangiato la pappa delle galline ed era molto stanco. Allora va nella stia, dove c'è la paglia morbida e calda, si accoccola e sta per addormentasi ma... AHI! Qualcosa lo punge. Scova e trova dei pezzi di uova tutte rotte. Le galline dicono: “Eccole le uova che avevamo perso!”. E in un angolo si sentì fischiettare il gallo Speronfiero, e quando si fischietta vuol dire che si nasconde qualcosa... Speronfiero era un po' vecchiotto, e aveva bisogno di papparsi un uovo per tirarsi un po' su. Al mattino arriva il contadino, un bambino di quasi 5 anni di nome Dario, e dice: “Mamma! C'è un gattino nel pollaio, e ha fatto le uova!” 3


La mamma arrivò e vide anche i cocci di uova, e capì che non era stata la gallina Nerina a rompere le uova: “Povera Nerina, ho capito che non sei stata tu. Avevo proprio bisogno di un gatto! Nel fienile ci sono sempre tanti topi”. Ora Moretto ha trovato una famiglia. 10 novembre Vi ricordate Moretto? Un giorno, mentre era in casa da solo, arrivò una volpe. Il nostro amico Moretto capì che il suo compito poteva essere quello di fare il gatto da guardia nel pollaio. Dario (il suo padrone, il bimbo) lo vedeva sempre uscire dalla sua porticina, tutti i giorni, e fare un girettino davanti al pollaio. Una mattina in città era arrivato un personaggio molto, molto particolare. In Italia vengono anche le persone che non sono nate in Italia, vengono ad abitare qua per tanti motivi. Tra queste persone era venuta una persona dall'India, dal Pakistan, con la sua famiglia. Si chiamava Mustafà Alì Karim. Aveva un cestino, dentro nessuno sapeva cosa ci fosse. Tutte le mattine si metteva davanti alla piazza, suonava e incantava il suo serpente. Una mattina Mustafà Alì Karim apre il cesto e dentro il serpente non c'era più. “Sono rovinato! È fuggito! Aladino è fuggito!!” Moretto una mattina sentì un fruscio e tutte le galline che co...co...co... Da un angolo del pollaio il serpente uscì con un uovo in bocca. Moretto: “Ma tu chi sei? Metti giù quell'uovo! È delle mie galline, non tuo!” Aladino: “Ma io ho fame! Posso mangiare un uovo?” Moretto: “Io non potrei lasciartelo mangiare”, ma vide che di uova ce n'erano 30 e 40 e disse: “Va beh, fa finta che io non ti abbia visto”. Così lui tornò dal suo padrone. 17 novembre Quel giorno c'era molto freddo e Moretto era vicino al caminetto. Dario portò Moretto al piano superiore perché la nonna aveva messo tutti i panni ad asciugare. Moretto trovò la finestra aperta e andò sul tetto a vedere il fumo che usciva dal camino e usciva anche la fuliggine. Moretto cominciò a giocare con la fuliggine e mentre giocava cadde nel camino e cadde sul fuoco e si bruciò la coda. La stanza era tutta sporca di fuliggine. La mamma di Dario si arrabbiò, prese Moretto e lo portò nella stanza degli attrezzi dopo averlo lavato.

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24 novembre Moretto aveva fatto una birichinata, la mamma di Dario aveva dovuto pulire la fuliggine per tre giorni! E allora Moretto era stato chiuso in un capanno degli attrezzi. Era solo, seduto nel buio lì dentro. Mentre stava per addormentarsi sente un rumore... un altro... inizia a tremare, e pensa a tanti pensieri paurosi: che sia il muccicone? Il gruffalò? Il jabbernocco? ...tutta la notte. Per fortuna poi si fece l'alba e il mattino. Moretto allora si fece coraggio ed esplorò tutto il capanno. E in un angolino trovò una cosa un po' pelosa... lo toccò e... AHI! Era un porcospino. Pino il porcospino. Era lui che aveva fatto tutti quei rumori mentre russava. Dario aveva un'amica, Tea, e tutte le sere prima di andare a letto si raccontavano delle storie di paura. Vanno sul letto, mettono un telo bianco, accendono una pila e lì si raccontano le storie di mostri... 1 dicembre A casa di Moretto sta succedendo qualcosa di strano: Dario con il nonno è andato a comprare un grosso albero, un PINO. Dario e il nonno avevano messo il pino vicino al camino, nell'angolo. Era grosso grosso, toccava il soffitto. Dario andò con Moretto e la nonna a prendere una scatola piena di addobbi: le luci, le palline, le ghirlande, i festoni. C'erano palline dorate, argentate, alcune a forma di Babbo Natale, altre a forma di renna, altre a forma di bastoncini di zucchero colorati, candele, angioletti. Erano tutte di vetro, molto fragili. In una scatola c'era la punta, era la cosa più importante per il nonno!! Poi misero dei cordoncini di filo argentato e una fila di lucine. Vicino al camino, con il fuoco, le palline si muovevano e cambiavano colore. Moretto non aveva mai visto un albero di Natale. I suoi vecchi padroni avevano l'azienda agricola da mandare avanti e non avevano mai addobbato l'albero. Ma la casa di Dario diventava una specie di luna park. Alla notte, con le braci, le palline avevano un riflesso bellissimo. La prima notte resiste alla tentazione, la seconda anche, la terza però prese di mira una pallina rossa e al primo bagliore...ZAC! E tirò giù tutto! Con questo frastuono svegliò tutta la famiglia! Tutti scesero dalle scale e trovarono Moretto tutto avvolto nel filo argentato. La mamma si arrabbiò, chiamò Dario e disse: “Non possiamo più tenere Moretto in famiglia. È abituato ad un'altra vita, non sa stare in casa”. Dario scese solo per mangiare per una settimana, Moretto intanto venne messo fuori in giardino. 5


12 gennaio Moretto scappa di casa e arriva in un prato e si dimentica di Dario. Si addormenta e la mattina viene svegliato da tanti rumori (sirene di navi, macchine che lavorano, grida di uomini...) e si nasconde dietro un cassonetto. Ad un certo punto suona una sirena, è mezzogiorno e tutti vanno a mangiare. Moretto prende un ascensore che porta delle robe ed arriva su una nave, poi vuole scendere ma la nave parte e lui pensa a Dario. Lui scende giù e un marinaio di nome Beppe lo trova e lo chiamò Fanfurla. Passarono giorni e notti e la nave era sempre in mezzo al mare. Alla sera gli davano poco da mangiare per poi fargli mangiare i topini. Un giorno arrivarono in un porto, Moretto si affacciò dalla nave e vide che c'erano delle persone con una pelle più scura e Moretto decise di andare a fare un giro di esplorazione. 19 gennaio Moretto scende dalla nave e si trova in una foresta. Attraversa un villaggio fatto di capanne. Era arrivato in un posto che si chiama AFRICA. L'Africa è un grandissimo Paese, è un continente. Siccome lì c'è molto caldo, non servono delle case con i muri e i vetri. Moretto vede che le persone girano tutte nude, sono tutti allegri, lavorano, alcuni vanno a caccia. Donne che raccolgono frutta, radici... poi li pestano e cantano canzoni. Moretto si accorge che c'è molta differenza tra la casa di Dario e questo posto. Arriva un bambino, che si chiama Henri, lo porta nella sua capanna, prende una ciotolina e la riempe di latte. Come aveva fatto Dario! Arriva a casa il papà di Henri e dice: “Oh, un gatto! L'ultima volta che hai trovato un gatto, quando è sparito hai pianto per una settimana. Ma un gatto ci serve, tiene lontano i serpenti”. Moretto viene adottato da un bambino africano esattamente come aveva fatto Dario in Italia. Il papà di Henri faceva il pastore. Aveva 20 pecore, 10 capre, e 10 mucche. Aveva anche un “mucco”, che si chiama TORO. Le mucche fanno il latte, e con il loro latte il papà di Henri faceva anche un buonissimo formaggio. 6


2 - 9 - 16 febbraio Dove abbiamo lasciato Moretto? Moretto è andato ad abitare in un villaggio in Africa con un bambino che si chiama Henri. Era stato adottato da Henri (non si diventa padroni degli animali: li si adotta). Henri viveva col papà, la mamma e una sorella del papà, che è una... Viola: “ZIA!” Il papà di Henri fa il pastore, e abbiamo visto come fa il papà a fare il for... FORNAIO! Il FORMAGGIO! ...mentre la mamma di Henri fa la ca... la casa... LA CASALINA! La casalinga. Si occupava delle galline, delle anatre, delle oche, che fanno le uova. E poi, aiutata dalla zia di Henri, curava l'orto. Nell'orto c'è anche il grano. Nella spiga del grano, dentro ogni pelino, c'è un semino. Si taglia con la falce, o con un falcetto, e poi davanti a casa lo battono per terra e ne fanno uscire tutti i semini. Poi i semini si mettono a seccare, poi si schiacciano e si fa uscire la farina. Questo è grano saraceno. Viola: “sembrano dei sassolini piccoli piccoli. È caldo, piacevole. Non lascia le mani sporche”. Eleonore: “sa un odore buono”. La mamma di Henri passa questa farina in un setaccio, così rimane tutta bianca. Il villaggio di Henri era al centro della foresta. La foresta era piena di grandi alberi. (I bambini fanno gli alberi) Era molto fitta, e molto buia. Di giorno c'era molto silenzio. Gli uomini andavano a pascolare il bestiame e a caccia. Nel villaggio di Henri tutti gli animali che si uccidono servono per dare da mangiare alle persone del villaggio. E ne uccidono pochi, solo quelli che servono. E fanno un rituale, una specie di preghiera, perché le anime degli animali uccisi vadano nel paradiso degli animali. 23 febbraio Andiamo avanti con la storia di Moretto... Il papà e lo zio di Moretto dovevano andare a caccia. Moretto aveva visto, alla sera, nel villaggio dello zio di Henri, che era un villaggio vicino, il RITUALE DELLA CACCIA. In questo rituale ci si mette tutti seduti in cerchio, con le gambe incrociate. C'è un personaggio che si chiama GRIOT: è uno che racconta le favole, le storie, accompagnato 7


dal DJEMBÉ, il Re dei Tamburi. Ecco come si costruisce il Djembé: si sega un ramo di un albero gigantesco che si chiama baobab. Si scava via l'interno del ramo con un martello e uno scalpello, lo si svuota tutto. Poi si prende la pelle di una capra e la si lega da una parte con delle corde. Per suonare il Djembé servono le mani, ma anche l'aria: se non entra l'aria dal basso, il suono non è bello vibrante e potente. I bambini del villaggio non possono partecipare al rituale della caccia: solo i ragazzi che hanno compiuto 15 anni, che sono considerati già uomini. Allora al pomeriggio il Griot arriva con una grande maschera, chiama i bambini, e racconta loro questa storia:

Nella foresta gli animali avevano deciso di ribellarsi all'uomo. L'elefante diceva: “Basta! L'Uomo non ci lascia andare al lago a bere, a lavare noi e i nostri piccoli: è sempre lì a pescare, e a lavare i suoi panni!”. Anche la Pecora si lamentava: “Ci toglie tutta la lana e noi rimaniamo al freddo!”, e il Topo: “non abbiamo più niente da mangiare, lui ci prende tutto!”. Il Leone: “Ci rinchiude dentro delle gabbie e dei recinti, uccide i nostri cuccioli!”, e la Scimmia: “E a noi, che siamo solo un po' curiosone e vorremmo entrare nel villaggio e nella sua casa per dare un'occhiata, ci scaccia!”. La Tigre: “Io ero la regina qui, mentre ora devo vivere confinata nei posti dove vuole lui”. Il Galletto: “ mi ha rinchiuso nel pollaio!”. Il Gatto Selvatico: “mi ha scacciato, perché dice che mangio troppo!” - e la Gatta Selvatica: “Hai ragione, ci scaccia sempre!”. L'Asinello: “io vivevo nella foresta, libero... ora invece devo stare nella sua stalla e portare dei pesi grandissimi per lui!” E il Gufo: “Anche a me, l'Uomo mi caccia!” E l'Uomo? L'Uomo, al sentire gli animali, se la rideva!” Il Griot fece così capire ai bimbi che il rituale della sera era rivolto agli animali. Nel rituale si danza e si suona: imitando i versi degli animali al ritmo di 4 nel rituale si urla la protesta degli animali. I bimbi come Henri imparano così che gli animali non rispettavano più l'uomo, perché lui non li trattava bene. Per avere ancora il rispetto degli animali, l'uomo deve fare questo rituale. Il rituale serve anche per chiedere scusa agli animali e per ringraziarli, perché all'uomo la caccia serve per nutrirsi, per tenersi in vita, ma agli animali non piace essere cacciati! Nelle tribù come quella di Henri però si caccia poco, pochi animali, e di quegli animali si usa tutto: la carne, gli zoccoli, la pelle... Solo quando di un animale non si spreca nulla se ne può cacciare un altro. Un rituale sono regole, e ha inizio col suono del tamburo. Il Griot, solo per quel giorno, permette ai bambini di suonare il djembé. 8


Anche il Carnevale è un rituale: l'inverno sta per finire, e inizia un periodo di carestia o digiuno, prima che si risvegli la natura. Adesso siamo molto ricchi, abbiamo sempre da mangiare, e abbiamo perso questi rituali. Ma nei popoli più poveri questo periodo di carestia è necessario per riuscire poi a mangiare un po' di più. 2 marzo: Questa è l'ultima puntata della storia di Moretto... Allora, gli adulti alla sera avevano fatto il rituale della caccia. Il mattino tutti gli uomini erano partiti per andare a caccia; Moretto, che era molto curioso come tutti i gatti, li aveva seguiti. Ad un certo punto trovarono nella foresta un grosso bufalo, molto vecchio. Era rimasto imprigionato in una pozza di fango, era lì da giorni, senza bere né mangiare, e stava morendo. Moretto vide che gli uomini lo circondavano, e il più anziano disse al bufalo: “Povero Bufalo. Oggi è una giornata triste: è arrivato il tuo momento. Noi dobbiamo ucciderti, siamo tristi per questo, ma i nostri bambini devono mangiare. Ti uccideremo senza farti soffrire”. Dopo avere ucciso il bufalo, gli uomini lo trasportarono al villaggio e alla sera tutti lo mangiarono. Ma Moretto era rimasto molto male nel vedere quello che avevano fatto gli uomini. Rimase in disparte e alla sera tardi andò nella stanza dove dormiva Henri, lo salutò dandogli una leccatina in faccia e poi si incamminò, allontanandosi dal villaggio. Tornò al porto, e salì su una nave. Lo trovò un marinaio che lo prese in simpatia e gli diede da mangiare per tutto il viaggio. Così Moretto tornò in città. Non era più abituato alla città: mentre camminava per la strada rischiò prima di finire sotto a un camion, poi di fare un incidente con un motorino. Girando trovò una strada che gli ricordava qualcosa, dove gli sembrava di essere già stato. Nel mezzo di un cantiere dove stavano costruendo tanti palazzi, dove era pieno di gru e camion, vide una casetta gialla, e si avvicinò. La riconobbe: era la casa di... Tutti: DARIO!!! Sì, era proprio la casa di Dario! E nella porta c'era ancora quello sportellino che, vi ricordate?, aveva fatto mettere la mamma di Dario perché Moretto potesse entrare e uscire come voleva. Lo sportellino c'era ancora: allora forse lo stavano ancora aspettando? … O forse avevano preso un altro gatto, si chiese Moretto, e a quell'idea si mise a piangere. Poi decise di entrare. Non si vedeva nessuno. Guardò la casa: era tutto uguale a quando se ne era andato. Miagolò, e per fortuna non rispose nessun miagolio. 9


Dopo poco... “TRIC-TRAC!”, si aprì la porta. Lui svelto si nascose sotto il divano. Era entrata la mamma di Dario. Arrivarono le 5 del pomeriggio, si sentì ancora la porta che si apriva e la voce di Dario: “Mamma, sono a casa!”. Moretto allora non riuscì più a resistere: fece un gran balzo da sotto il divano e si buttò in braccio a Dario, che si spaventò un po' ma lo riconobbe subito, e cominciò a gridare: “MORETTO!! MAMMA, È TORNATO MORETTO!!!” E la mamma? La mamma era ancora più contenta di Dario! Alla sera fecero una grande festa per il ritorno di Moretto, che da quel momento vive con Dario e la sua famiglia.

CONVERSAZIONI 20 ottobre Stefano: “dove ci siamo visti l'anno scorso l'ultima volta?” Angelo: “a casa tua.” Andrea L.: “sul muro c'era il leone e la tigre grossa grossa!” Stefano spiega a Riccardo e Denise cosa viene a fare qui. “Lo raccontiamo ai nostri amici?” Andrea L.: “arrivate qui con degli oggetti... una volta avevi preso anche i tamburi che li suonavi, e poi chiamavi i bambini che ci salivano sopra e poi tamburavamo.” Stefano: “da oggi il filo conduttore dei nostri incontri sarà raccontare. Lavoreremo sul racconto, sull'utilizzo della nostra voce e delle nostre capacità. Cosa vuol dire capacità?” Andrea L.: “vuol dire provare a fare le cose per farle.” Stefano: “ognuno di noi ha una impronta vocale, come quella delle dita. Se c'è buio (chiudiamo tutti gli occhi) riconosciamo dalla voce gli amici. Non esiste una voce uguale ad un'altra, perché le corde vocali sono diverse. Cosa sono?” “Per parlare”. “Sono dentro, nella gola, nella trachea”. “Servono per parlare e per raccontare”. Stefano: “Cosa vuol dire raccontare?” Silvia: “l'importante è mangiare tanta pappa” Jessica: “poi si diventa forti” Stefano: “io ho chiesto: cosa vuol dire raccontare?” 10


Harrison: “leggere” Andrea L.: “vuol dire che uno legge il racconto e dopo un po' di parole c'è la storia” Stefano: “Raccontare vuol dire con le parole dire una storia, vera o inventata. Però con il racconto possiamo imparare ad es. come vivono i bambini di un altro paese.” Stefano: “Cos'è il teatro?” Denise: “è quando dipingono gli uomini per fare delle pitture”. Federica: “ci sono tante sedie”. Harrison: “e un palco”. … “È in alto!” Angelo: “là si canta”. 27 ottobre – L'UOVO Primo gruppo: Stefano: “Cos'è un uovo?” Federico L. M: “si può mangiare”. Andrea L: “e fare la frittata”. Stefano: “Com'è fatto?” Federico L. M: “è rotondo”. Stefano: “Rotondo rotondo?” Federico L. M: “no, è un po' ovato”. Stefano: “Di che colore sono le uova?” Andrea L: “bianche”. Stefano: “No, non proprio”. Matteo: “rosa”. Stefano: “Quando raccontiamo, noi ci immaginiamo. Matteo ha fatto finta nella sua mente di aprire il frigorifero e poi le ha viste di che colore erano”. Stefano: “Cosa c'è fuori, nell'uovo?” Carmen: “la scorza”. Angelo: “la pancia”. Stefano: “ il gu...” Tutti: “guscio!” Federico L. M: “come quello della tartaruga”. Stefano: “Quello della tartaruga si chiama carapace. Il guscio delle uova è fatto di un minerale che si chiama calcio”.

I bambini toccano un uovo. Francesca: “è liscio – ma non del tutto perché deve respirare”. Eleonore: “è duro”. Angelo: “è pesante”. Stefano: “Da dove esce?” Andrea L: “dal sederino della gallina!” Stefano: “Proviamo a romperlo. Dentro al guscio c'è una pellicina, che evita che il contenuto dell'uovo esca da quei buchini. Il contenuto: questa roba bianca/e giallina e molliccia, che sembra colla, fa sì che dentro rimanga invischiata l'aria. Dentro c'è una pallina,vedete? Questa pallina si chiama albume. Questi sono fili che tengono stretto l'albume all'uovo. Poi questo giallo è il tuorlo. Qui c'è una “macchietta”, un puntino, di che colore è?” Tutti: “È rosso!” Stefano: “Adesso che abbiamo capito com'è fatto un uovo, possiamo raccontarlo”.

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Stefano: “Cos'è questo?” Federico L.M: “il frullo!” Stefano: “si chiama frullino o frustino”. Se faccio così, butto dentro l'aria nell'albume e faccio una schiumetta... Il tuorlo ha un puntino rosso, che è l'inizio del pulcino. Perché l'uovo è una grossa, grossa cellula. Noi siamo fatti da tante piccole, piccole cellule. Secondo gruppo: Stefano: “Che oggetto c'è in questa storia, che fanno le galline?” Harrison: “l'uovo”. Stefano: “Cos'è un uovo?” Jessica: “in un uovo ci sono dentro i piccoli delle galline”. Stefano: “Quindi è da dove nascono i pulcini”. Stefano: “Com'è fatto? Di che forma?” Riccardo: “ovale”. Stefano: “Di che colore è?” “Bianco! Giallino!”

Jacopo: “è un po' morbido”. Viola: “no, liscio”. Stefano: “È liscio liscio?” “No, è un po' ruvido”. Stefano: “È duro o tenero?” “Duro!” Lo rompe. “Adesso non è più duro, è diventato fragile. Questa cosa giallina e trasparente, sapete come si chiama?” “AL-BU-ME!” “E la pallina gialla?” “TUORLO”. Stefano: “Chi lo conosce questo?” Viola: “è un frullino”. Stefano: “A cosa serve?” Viola: “a mescolare”. Stefano: “a montare. Diventa bianco come la neve, infatti si dice “montare a neve”. E questa schiuma si chiama...” Viola: “zabaglione!”

I bambini toccano un uovo. 10 novembre – I SERPENTI STEFANO: “Da dove nascono i serpenti?” “Dall'erba! Dagli alberi! Dalla terra!” Riccardo: “dalle uova”. Federica: “io ho visto gli uccellini che stavano partendo”. STEFANO: “Perché le rondini mangiano gli insetti, in inverno gli insetti ci sono? NO, allora per non morire di fame le rondini vanno dove c'è caldo e ci sono gli insetti. ...l'uovo che fa nascere il serpente è diverso. Dalle UOVA nascevano anche i dinosauri, come questo, il TRICERATOPO. Erano uova grossissime! Come l'uovo di Pasqua. Con che cosa mordono i serpenti che mordono? Angelo: “Coi denti azucchi!” Stefano: “con quelli qui sopra, che si chiamano ca... Andrea L: “canicoli!” (canini) 12


24 novembre – LE COSE CHE CI FANNO PAURA Alessia: il ragno con le zampe nere. Matteo: ero a casa. Ho sognato un mostro. Dopo avevo visto un ragno. Piccolo. Aveva 6 zampe. Andrea L: i ragni hanno 8 zampe. Matteo: aveva le ragnatele e mi faceva paura. Poi l'ho visto ed era sotto il letto. Eleonore: io avevo sognato che un gigante voleva buttare giù un bimbo da una chiesa. Era grande, aveva la faccia tutta fatta di sabbia. È arrivata la sua mamma con l'aereo e l'ha salvato. Il gigante gli hanno legato i piedi ed è caduto giù. Wasif: un bimbo, il mostro: AAAAH! Aiuto!!! È arrivata sua mamma. Stefano: Come può essere un mostro? Andrea L: gigante, più grosso di quella casa. Una testa, rotonda, con due gambe. È un uomo. C'ha la barba marrone chiaro, la pelle rosa. I denti davanti sono grossi. Francesca: io mi sono sognata che ero in macchina da sola. La strega aveva preso una vecchietta usando la sua magia. La macchina andava, non guidava nessuno. Dicevo alla mamma: “Non voglio più sognare quel sogno”. Andrea B: c'era un mostro che mi aveva attaccato. Gigantesco più di quella casa, aveva 9 zampe e 9 bocche. Correva velocissimo. Mangiava l'erba e anche le case. Giorgia: mi sono sognata che c'era un mostro di sangue, che ha mangiato un bambino: “Aiuto, mi mangia!” era partito dal corpo. Angelo: ho sognato un vampiro. Aveva i denti “arti”. Giorgia: i vampiri morsicano il sangue. Andrea L: lo succhiano. Stefano: Sono delle zanzare? Federico L. M: sono pipistrelli. Angelo: e poi stava per uccidere un bambino, voleva succhiargli il sangue. Stefano: Ma i mostri sono tutti cattivi? Andrea L: no, qualcuno no. Alice: io ho paura del lupo. Federico L. M: io ho pura dei vampiri. Nel mio episodio c'è un pollaio. Il vampiro voleva ammazzare un bambino e succhiargli il sangue. Federico L. M: ma poi sono venuto io con l'aglio e ho ammazzato il vampiro. Arvin: TASUAN – è il mostro di cui ha paura Arvin. Giorgia: c'era un mostro gigante che si chiamava il GGG. Viveva in una caverna. Federico C: io ho visto un film dei militari, che facevano delle battaglie. 13


Stefano: Cosa sono i fantasmi? Denise: hanno i denti più grandi. Jessica: hanno un lenzuolo bianco. Nicolò: erano persone, poi si sono trasformati. Lara: nei miei sogni ci sono la mia mamma e il mio papà. Harrison: una storia di fantasmi, li ho visti in un cartone. Viola: c'era una volta un vampiro che voleva amici, ma nessuno voleva giocare con lui perché sembrava cattivo. Così viveva di notte, perché così incontrava gli altri vampiri e perché così poteva fare quello che voleva senza che gli altri gli dicevano sempre "No, no”. Si chiamava DENTINO. Jacopo: è bianco. Federica: io non le sogno le storie paurose. Ho sognato che la mamma e il papà mi facevano tante coccole. Denise: io ho sognato degli alieni che volevano mangiarci. Sono dei mostri, si chiamano così perché tra cinque anni si distruggono. E sono scheletri. Quell'alieno è saltato dal corpo. Alessandro: c'era una volta un bambino che aveva paura dei mostri. Ogni giorno a casa sua quando era notte sognava dei “SCLERITI”. Federico C: fanno paura gli scheletri perché sono degli “UNALIENI”. Jessica: io non li faccio dei sogni brutti, faccio solo quelli belli. 1 dicembre – L'ALBERO DI NATALE primo gruppo Stefano: A casa di Moretto Dario e il nonno sono andati a comprare un grosso albero, un PINO. Che cos'è il pino? Angelo: fa le mele. Andrea L: le banane. Stefano: fa le pigne! Ma cosa si fa con un pino? Il nonno di Dario ha comprato un pino, ma non vero, finto. È fatto a punta. Andrea L: come un albero di Natale! Stefano: l'albero di Natale è un pino.

Una volta prendevano un pino nel bosco, lo tagliavano. Adesso è meglio non tagliarli e ci sono i pini finti. Federico L.M: io lo faccio quando è ora, prima che arrivi Babbo Natale. Eleonore: io lo devo fare oggi. Francesca: l'ho fatto dai miei nonni. È un po' basso, è sopra al mio tavolino. Ha le luci arancio, le palline con i brillantini d'oro, verdi e arancio. Silvia: l'ho fatto, è vicino alla T.V. Ci sono tante palline, cento. Le lucine sono di tutti i colori, le spegne il mio papà. Andrea L: lo faccio quando è Natale. Giorgia: l'ho fatto già. È grande. Il papà 14


mi faceva mettere delle lucine e anche delle altre cose. La mia mamma ha messo le palline rosse. Federico C: io l'albero di Natale non l'ho fatto, lo faccio con la mamma, i miei fratelli e il papà. Ce l'ho già, è su in soffitta. Lo faccio a dicembre. Matteo: io l'ho fatto fuori in giardino, ho messo le luci, gialle e azzurre. Rimangono accese di notte e poi di giorno le spegniamo. Al giorno dell'otto facciamo l'albero in casa. Angelo: io ho un albero finto. Aspettiamo quando arriva Babbo Natale. È verde scuro. Arvin: è grande. Wasif: blu, rosso, verde, giallo, blu, le luci! Ha comprato papà. Alice: io lo fare, mia sorella non lo fare. Mia mamma non c'è la luce. Stefano: ma voi non tirate giù le palline come ha fatto Moretto, vero? Eleonore: Bastien ha tirato giù le palline! Matteo: mio fratello ha tirato giù la fila di palline.

Secondo gruppo Stefano: Cos'è un pino? Jacopo: un albero di pino!

Stefano: Com'è fatto? Jacopo e Nicolò: è a punta. Stefano: A cosa serve? Nicolò: a pungere! Denise: come un albero di Natale. Carmen: c'è già il presepe, Gesù lo mettiamo a Natale. Viola: il mio albero è medio. È verde, è finto. Abbiamo dovuto buttare via gli scatoloni perché puzzavano. Le palline sono bianche... marroni... anche quelle della mia gatta c'è ... è di cartapesta... Lara: lo faccio. Salima: vedo le luci. Nella piazza. Mi danno il gioco. Nicolò: lo faccio più avanti. Faccio il presepe. Jacopo: lo farò più avanti. È medio, è finto. Denise: non ancora. Riccardo: l'ho fatto. La mamma ci mette i biscotti. Mi fa felice. Andrea B: ho fatto l'albero di Natale. È vero. La mamma ha comprato una stella d'argento per metterla sopra l'albero. La mamma ha aperto la scatola rotonda con una collana grossissima. Ci sono le lucine e anche le campanelle. Harrison: ho fatto l'albero. È nel giardino. Le luci sono blu, verdi, rosse e un po' gialle, col telecomando. Suonano solo quando viene Babbo Natale. Federica: io c'ho un albero di Natale. È piccolo così. È pieno di palline rosse con le strisce argento. Con le lucine rosse, è fuori sul giardino. C'ho anche le stelline.

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19 gennaio – LA PELLE CHIARA E LA PELLE SCURA Stefano: Abbiamo visto che Moretto è arrivato in Africa, che è una terra lontana, lì le persone hanno la pelle più scura. È più scura della pelle delle persone dove stava prima, ma lì avere la pelle scura è normalissimo. Perché hanno la pelle scura? Perché c'è più ... - Caldo. C'è più... - Sole. Cosa fa la mamma quando c'è tanto sole? Angelo: la mamma mi ha messo la crema. - Si abbronza. Si corica sul lettino, si spalma la crema, poi diventa... - rossa E poi? - Nera. Federico C.: Appiccicosa 26 gennaio – LA MUCCA, IL LATTE, IL FORMAGGIO D: Quante zampe ha la mucca? Tutti: quattro! Stefano: quindi è un quadrupe... - ...lo. - ...le. Stefano: ...de. Quadrupede. La mucca è anche un mammifero, cosa vuol dire? Angelo: fa il latte! Federico L.M: lo fa per i suoi bambini. Da cosa esce il latte? - Dalle tette! Stefano: le tette si chiamano “mammelle”. Sono ghiandole. Cosa sono le ghiandole? Matteo: sono quelle che mangiano i maiali. Stefano: le mammelle producono del cibo, il latte. È fatto da acqua, da grassi (lipidi), che sono la pappa, e zucchero. Poi delle altre cose: proteine, vitamine, sali minerali... Salima: quando sono andata dalla nonna lei ha un caballo con due bimbi e prendevano il latte. Stefano: Cosa mettete nel latte? - Biscotti... cereali... cacao... caffè... Cosa si fa col latte? 16


- Le torte, il pane, il burro. - Il formaggio: tanti formaggi. Stefano fa vedere col proiettore delle immagini con mucche e strumenti per la produzione di formaggi. Questa, bimbi, si chiama mungitrice. Eleonore: respira il latte! Guardate questi formaggi: il parmigiano reggiano... il provolone... Andrea L: io mangio quello dolce. Stefano: Con il latte si fa anche lo yogurt. È cremoso. La bestiolina che lo fa è un PROBIOTICO, un fermento. Mettiamo i fermenti lattici vivi e li mescoliamo. Per fare il formaggio nel latte mettiamo gli ENZIMI che si chiamano CAGLIO. Ogni enzima prende un po' di grasso e se lo porta via, lo divide dall'acqua (che si chiama SIERO).

2 febbraio – LE VERDURE Stefano: Cos'è un orto? Andrea L: dove si spuntano le verdure. Matteo: dove si semina. Stefano: prima di seminare, cosa si fa? - Si fa una buca! Stefano: e prima ancora si zappa, per rendere la terra morbida. Solo dopo si mettono i semi. Di che colore sono i semi? Sono colorati? - NOOO! Stefano: e lo sapete perché non sono colorati? Per non attrarre gli uccellini. Se fossero rossi, arancioni, azzurri... gli uccelli li vedrebbero da lontano, li troverebbero subito e se li mangerebbero. Eravamo nell'orto. Nell'orto crescono le verdure. Perché si chiamano verdure? - Perché sono verdi! Stefano: sì. Ma sono proprio tutte verdi le verdure? Riccardo: le carote sono arancioni. Jessica: i pomodori sono rossi. Stefano: Adesso ne vediamo un po' e poi faremo un'attività sfruttando le loro forme e i loro colori...

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9 e 16 febbraio – LA CACCIA Stefano: abbiamo visto che nel villaggio africano dov'è adesso Moretto gli uomini vanno a caccia: cosa significa?. Federico L.M: vuol dire a trovare un serpente cattivo. Angelo: e cucinarlo. Viola: anche le lepri anche le lumache, le mangiava da piccola mia madre! Harrison: le rane! Jessica: le tigri! Stefano: no, le persone non vanno a caccia di tigri e leoni. Non sono buoni da mangiare. Federico L.M: i lombrichi! Tanti: I vermi! gli uccelli! gli scoiattoli! i pappagalli! Andrea B: i camaleonti. Viola: si possono mimetizzare! Diventano invisibili. Eleonore: passano nei colori e diventano di tutti i colori e spariscono. Silvia: Ci sono anche i cacciatori di funghi? Stefano: I cacciatori cacciano gli animali. Invece quelli che cercano le more, le fragole, la frutta, la verdura... i funghi, … non sono cacciatori, ma cercatori. Stefano: Nel villaggio facevano il rito della caccia. Tutti gli animali del villaggio stavano nascosti. Cos'è un rito, un rituale? Federico C: è un animale. Federico L.M: è da caricare la pistola. Stefano: avete mai sentito parlare della danza della pioggia degli indiani? Viola: io l'ho ballata una volta. Federico L.M. e Viola ballano. Stefano: Ci sono persone che danzano e suonano per fare piovere. Per la caccia si fa una danza per propiziare la caccia: per fare arrivare tanti animali da catturare per darli da mangiare a tutti i bambini del villaggio. OLÈ OLÀ … i bambini fanno la danza

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2 marzo Stefano: Stiamo finendo i nostri incontri. Siccome siamo stati insieme tanto tempo, ci siamo conosciuti meglio. Ma voi, tra di voi, vi siete conosciuti meglio? Viola, c'è un bimbo che prima non conoscevi tanto bene e adesso conosci meglio? Viola: Sì, Riccardo e Denise. Nicolò: Anche io adesso conosco tutti. Stefano: Jessica, quando non conoscevi nessuno, c'era qualcuno che non ti piaceva? Jessica: La Federica, ma adesso la conosco. I bambini, a coppie, parlano dei litigi che hanno avuto: Federica: Ho litigato con Jacopo, perché una volta mi ha dato un calcio. Jacopo: Non è vero! Riccardo: Alessandro mi fa arrabbiare perché tutte le volte che lo guardo mi fa le linguacce. Silvia: Io delle volte litigavo con la Lara, ma adesso ci siamo calmate! 9 marzo – IL TEMPO primo gruppo Stefano: Vi ricordate che cosa abbiamo fatto fino ad ora? Carmen: Abbiamo fatto le facce con le verdure... e quando abbiamo fatto pace con il bastone della pioggia. Giorgia: Raccontavamo la storia di Moretto, che dopo si perse e poi trova un altro bambino. Era un gatto che stava bene anche da solo. Silvia: E rompeva tante cose. Andrea L.: Il suo padrone si chiamava Dario. Stefano: Chi si ricorda le prime volte cosa abbiamo fatto? Andrea L.: Nessuno perché era tanto passato! Stefano: Cosa era passato? Wasif: Tempo! Stefano: Che cosa è il tempo? Federico L.: Sabato, venerdì. Stefano: Questi sono? Tutti: La settimana! Stefano: Guardiamo l'orologio, cosa

indicano i numeri? Andrea L.: Indicano che ore sono. Stefano: Indica il tempo. Ma il tempo passa solo per noi o anche per animali e piante? Andrea L.: Anche per animali e piante. Silvia: Tanto tempo ci vuole per vedere che le piante nascono. Stefano: Il tempo è scandito dalle stagioni: primavera... Federico L.: Inverno, primavera, estate... secondo gruppo Stefano: Cos'è il tempo? Jessica: È quello che passa sempre. Stefano: E ci fa diventare più? Alessandro: Grandi. Lara: La mia nonna è tipo in una casa dove ci sono tanti altri nonni con i capelli bianchi. Stefano: Da che cosa è scandito il tempo? Jessica: L'orologio. Stefano: Che cosa sono le ore? Jessica: Le ore sono i numeri. 19


18 febbraio 2010: CONVERSAZIONE SUL PANE D: Che cosa abbiamo fatto l'ultima volta con Stefano? Federico L.M: il pane! D: E cosa serviva per fare il pane? Cosa abbiamo fatto? Eleonore: c'era la farina. D: Ma prima della farina? Eleonore: i semini, e li abbiamo schiacciati. Matteo: prima i semini erano interi, poi li abbiamo schiacciati e poi c'è venuta la farina. Viola: erano semini di grano. D: Con cosa li abbiamo schiacciati? Jessica: con quella cosa che usavano per schiacciare la pelle, la pelle di maiale... Giorgia: con il coso rotondo. Viola: con il tritura-semi. Wasif: tutti mangiano il pane, lo fa la mamma. Arvin: anche io! Lara: quando la mamma fa il pane io la aiuto! Jessica: la mamma fa dei panini rotondi, anzi, prima taglia la pasta, poi la fa diventare rotonda e la mette nel forno e diventano molto alti. Viola: la mia mamma per il suo compleanno ha fatto la torta di pavesini, di fragole e panna montata. Silvia: ha fatto il formaggio. Federica: anche l'acqua. Viola: il sale, il lievito, e poi la stavamo impastando. Federico L.M: l'abbiamo impastato

come volevamo per mangiarlo. D: Com'era la pasta? Tutti: morbida!!! Viola: un po' tirolona, un po' morbida. D: Cosa abbiamo messo sul tavolo? Viola: la carta velina perché non si attaccasse al tavolo. Giorgia: era appiccicosa. Francesca: per farla diventare meno umida abbiamo messo della farina sulla pasta. Jessica: così si ammorbidiva un po'. D: Dopo averla lavorata, cosa abbiamo fatto? Tanti: Tante formine! Jacopo: l'abbiamo messa nelle tagliere. Denise: l'abbiamo portata nel forno. D: E com'è uscito dal forno? Jessica: un po' tirato su, gonfio. D: Di che colore era quando l'abbiamo messa nel forno? Harrison: gialla. Jessica: poi era un po' marroncina ma ancora bianca nelle parti. Matteo: era beige. D: L'avete fatto assaggiare a casa? Tutti: Sììì!!! Eleonore: avevo messo dei piatti e avevo dato il pane a tutti.

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ALCUNE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO FATTO CON STEFANO...

drammatizzazioni e “scenette”

buffe facce con gli ortaggi

dipinto e creato con materiali diversi

indossato maschere e provato burattini

fatto il pane, lo yogurt e il formaggio

suonato strumenti da tutto il mondo

I disegni utilizzati sono stati presi dal sito www.midisegni.it che ringraziamo

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