Il miracolo di Firenze, i giorni dell'alluvione e gli “angioli del fango”

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Piero Bargellini

Il miracolo di Firenze I giorni dell’alluvione e gli “angioli del fango” con un testo di

Lelia Cartei Bargellini

Società

Editrice Fiorentina


Con il patrocinio del Consiglio di Quartiere 1 del Comune di Firenze

I diritti di autore di questa pubblicazione saranno devoluti all’Associazione Amici dei Musei Fiorentini

© 2006 Società Editrice Fiorentina via G. Benivieni 1 - 50132 Firenze tel. 055 5532924 fax 055 5532085 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn-13 978-88-6032-022-3 isbn-10 88-6032-022-4 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata © Vallecchi spa, su gentile concessione dell’Editore, pp. 3-61 Referenze fotografiche Le foto di pp. xiv, 18, 34, 62 sono di Roberto Giannuzzi Si ringraziano Domenico Di Costanzo e Roberto Giannuzzi per la preziosa disponibilità In copertina Lungarno Armando Diaz (foto di Roberto Giannuzzi, particolare)


Indice

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Prefazione di Leonardo Domenici

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Premessa di Stefano Marmugi

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piero bargellini Il diluvio del 1966

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Il diluvio del 1966 Gli angioli del fango I poveri cristi Il miracolo di Firenze

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lelia cartei bargellini Ritorno a casa



Prefazione

Nei ricordi dell’alluvione di Firenze, nelle immagini conservate nella memoria di chi quei giorni li ha vissuti o di chi, perché troppo giovane, le ha solo viste riprodotte nei tanti filmati dell’epoca, un posto speciale lo occupa Piero Bargellini. Bargellini è eletto sindaco il 29 luglio 1966. I suoi legami con la città sono stretti e consolidati per la sua precedente esperienza di amministratore nella giunta La Pira. È conosciuto e popolare. Un rapporto con la città cresciuto anche sulla feconda esperienza della rivista «Il Frontespizio» di cui Bargellini fu animatore e direttore per dieci anni. Un progetto che cercava di aprire una strada nuova tra la generazione dei Soffici, dei Papini, dei Manacorda e la generazione dei giovani intellettuali: Lisi, Bo, Betocchi, Luzi, Gatto, Parronchi. Degli artisti Manzù, Birolli, Rosai. E, ancora, di Michelucci e del giovane La Pira. Le elezioni amministrative di giugno sanzionano con un altissimo numero di preferenze questa popolarità. Nel suo diario Bargellini ci dice delle difficoltà a comporre la giunta, delle trattative tra i partiti, delle complesse mediazioni. E mentre si intrecciano i giochi della politica, riproducendo su scala locale le tensioni e vii


le aspettative che si vivono a livello nazionale con le rinnovate esperienze dei governi di centrosinistra, il sindaco da poco eletto racconta del lavoro quotidiano e colpisce soprattutto la quantità di incontri, di inaugurazioni, di iniziative alle quali partecipa. Il diario termina il 1° di ottobre. Il giorno prima, in Consiglio comunale Bargellini aveva rassegnato le dimissioni da sindaco, restando in carica solo per l’ordinaria amministrazione. È in questa specie di limbo istituzionale che si apre la pagina più drammatica, ma forse anche la più ricca di ricordi e di soddisfazioni del Bargellini politico. La notte del 4 novembre la piena dell’Arno è già minacciosa; il sindaco prima raggiunge il prefetto sul Ponte Vecchio e poi decide di andare in Palazzo Vecchio per avvertire la popolazione e dirigere le operazioni. L’Arno nel corso della notte fino alle prime ore dell’alba travolge gli argini e inonda i quartieri della città. Da quel momento, in una città affamata, senza luce, senza acqua, senza mezzi di trasporto, inizia l’opera di soccorso. Bargellini darà prova di grandi doti organizzative, di capacità di coordinamento, di raffigurare – con la sua tenacia – lo spirito di una città che non vuole piegarsi alla catastrofe, che vuole risollevarsi chiamando a raccolta tutte le proprie energie e mobilitando, in una gara di entusiasmante e irripetibile generosità, l’opinione pubblica mondiale. «Gli aiuti che ci giunsero – sono parole di Bargellini – con una spontaneità e una generosità veramente comviii


moventi... non erano soltanto d’umana solidarietà. Per Firenze e per i fiorentini ci fu qualcosa in più e diremmo anche qualcosa di diverso. Non si trattò di assistere moralmente e materialmente una popolazione colpita da una calamità, ma di mantenere a quella popolazione il proprio carattere. Non si volle soltanto salvare o soccorrere una città, ma si volle soprattutto che quella città risorgesse con la propria fisionomia». Dal fango che ricopriva le vie e le piazze, che aveva oltraggiato chiese e musei, Firenze seppe risollevarsi. La forza di volontà dei suoi abitanti, la solidarietà manifestata da tanti giovani provenienti da paesi diversi, spinti qui dal desiderio di dare un aiuto e di salvare un patrimonio d’arte che appartiene al mondo, resero possibile il miracolo. Di quel miracolo Bargellini ne è stato l’interprete più autentico. Nella sua incessante attività di coordinamento dei soccorsi, di instancabile propagandatore delle necessità e dei bisogni della città, di determinato interlocutore del governo nazionale nelle richieste di aiuti e di finanziamenti, di sindaco vicino alla sua gente, partecipe ai loro timori, alle loro speranze, si fonda l’ammirazione e il rispetto che in Italia e all’estero Bargellini seppe conquistarsi e che, a distanza di quaranta anni, restano immutati. In quei drammatici giorni, nelle ore scandite dall’emergenza e da mille problemi concreti da affrontare, Bargellini riuscì in un compito arduo: a tutti fece comprendere che solo condividendo le difficoltà sarebbe stato possibile superare gli ostacoli e che solo la coesione dei suoi abitanti avrebbe consentito alla città di risorgere. ix


Non più divisioni, non più pregiudizi: Firenze si ritrovò unita in uno dei suoi momenti più dolorosi. Fu così per l’alluvione, è stato così per la strage mafiosa di via dei Georgofili, è così tutte le volte che la città è messa di fronte a prove difficili. Questo è il carattere dei fiorentini. Leonardo Domenici Sindaco di Firenze

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Premessa

Se volessimo sottolineare, tra gli uomini che hanno segnato la storia del cattolicesimo fiorentino del secolo scorso, ai primi posti – seppur distinti dai diversi ruoli: un santo sacerdote e un uomo d’alta caratura culturale e politica – troverebbero rilievo i nomi di don Giulio Facibeni e del prof. Piero Bargellini. Entrambi testimoniarono uno specchiato spirito di servizio alla città: il primo abbracciando, oltre le migliaia di orfani che raccolse, nelle sue numerose case di Rifredi, provenienti da tutt’Italia, anche tutte le altre povertà cittadine che a Rifredi trovavano un naturale epicentro d’amore; il secondo – Piero Bargellini, appunto – che come fiorentino doc, innamoratissimo della sua città, la amò come uomo d’alta levatura culturale, come scrittore, come profondo conoscitore d’arte, e come cattolico impegnato soprattutto in politica… (non a caso fu chiamato “il Sindaco dell’alluvione”). Tra loro furono legati da indelebile amicizia al punto che Piero Bargellini dopo la morte del fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa, volle scrivere due lapidi che significarono sinteticamente la figura di don Facibeni. La prima lapide apparve sulla porta della xi


cattedrale di Santa Maria del Fiore il giorno del funerale di don Giulio Facibeni, la seconda “in marmo” è fissata nella casa natale del Padre a Galeata. Ho volutamente iniziato questo mio spazio dedicato al sindaco Bargellini rievocando la sua profonda amicizia con don Facibeni proprio perché queste due figure sono state, per così dire, troppo importanti per Firenze e soprattutto troppo importanti per me. L’uno perché mi accolse fra i suoi figli all’Opera, l’altro, Bargellini, prima come assessore con La Pira e poi come sindaco, ci ha dato la possibilità di crescere con quei valori che indirettamente ci venivano trasmessi dal suo operato, formandoci le coscienze di noi allora ragazzi e oggi uomini che non si sono dimenticati queste figure. Allora, negli anni ’60, ricordo quest’uomo elegante e con il cappello, io lo guardavo e pensavo ma questo deve essere quel cantante fiorentino… Spadaro, che non ho conosciuto ma che tutti ricordano per la canzone La porti un bacione a Firenze. Non voglio sminuire la figura del prof. Bargellini, ma quel sorriso e quell’amore che lui ci donava non poteva non far volare la nostra fantasia di ragazzini. Poi, come tredicenne di allora, anche io sono stato chiamato ad aiutare Firenze, ho spalato in un bar in via sant’Egidio, ho liberato alcuni appartamenti sempre nella stessa zona, poi abbiamo spalato in via del Castellaccio e infine, visto che eravamo troppo piccoli, fui assegnato alla distribuzione dell’acqua potabile in città, al fianco degli autisti delle autobotti inviate dal Comune di Milano e, prima che le scuole si riaprissero, ho accompagnato questi autisti in giro per le strade a portare l’acqua potabile. xii


Concludo questo mio breve contributo ricordando ancora Piero Bargellini come autore e promotore delle assemblee per la pace che il sindaco La Pira realizzò. Da allora questo insegnamento ha lasciato un segno indelebile a Firenze e, ancora oggi, la nostra città è sempre in prima fila per la pace, la fratellanza, l’accoglienza. Un seme importante, che un uomo come Bargellini ha contribuito a seminare in ogni momento della sua vita. Grazie signor Sindaco! Stefano Marmugi Presidente del Consiglio di Quartiere 1 Centro Storico di Firenze

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Ponte Vecchio


Piero Bargellini Il diluvio del 1966


I testi che seguono sono giĂ stati pubblicati in Piero Bargellini, La splendida storia di Firenze. Dal diluvio del 1870 al diluvio del 1966, Firenze, Vallecchi, 1979, pp. 249-287.


Il diluvio del 1966

Che piova in autunno non fa meraviglia, e gli ultimi giorni d’ottobre del 1966 furono insistentemente piovosi; addirittura diluvianti i primi di novembre. Il 3, sotto la pioggia, erano stati fatti i preparativi della vigilia, per il giorno celebrativo della Vittoria italiana e delle Forze armate. Bandiere nazionali, tricolori, s’alternavano, lungo le vie e sulle piazze, con bandiere comunali, bianche gigliate. I militari avevano montato, sulla piazza della Signoria, un palco di ferro e di legno, mentre un altissimo pennone metallico si drizzava dal lastricato, per l’alza bandiera, da farsi la mattina del giorno dopo. Sui piazzali delle caserme, perfettamente allineati, sostavano, lucidi, i carri armati, le camionette e le campagnole in attesa della sfilata in rivista. Scendeva la sera e pioveva. S’accendevano i primi lumi e pioveva. Faceva notte e pioveva. L’acqua scrosciava dentro le gronde, sgorava i palazzi, lavava i marciapiedi, facendo specchio alle vetrine illuminate, ma la circolazione delle automobili lustreggianti di pioggia e dei pedoni con impermeabili e ombrelli sgocciolanti, non accennava a diradarsi. 3


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