MARIO BERTINI
DON PIERO
PACISCOPI Storia di un “santo” prete di campagna
Mario Bertini
Don Piero Paciscopi Storia di un “santo” prete di campagna prefazione di
Andrea Zorn
Società
Editrice Fiorentina
© 2018 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice isbn 978-88-6032-458-0 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Referenze fotografiche Le foto inserite nel presente volume sono state concesse dagli amici e dai familiari di don Piero Si ringrazia la sig.ra Rosalba Milli per l’aiuto redazionale
Indice
7
Prefazione: Don Piero, un uomo di Dio andrea zorn
9 Presentazione
prima parte don piero, uomo di dio
15
Allevato a carezze e sculaccioni
18
Il seminario, l’ordinazione, le sue prime esperienze di parroco
27
L’arrivo a Scandicci e la Casa-Famiglia
35
La nuova chiesa di San Bartolo in Tuto e il cammino neocatecumenale
42
Incidente a Taiwan in un viaggio missionario
44
Alla Madonnina del Grappa a tempo pieno
48
Il Cantuccio su «il focolare» per lunghi anni diario della sua anima
54
Attratto da don Facibeni
59
Il suo amore ai poveri
67
La rete di famiglie per l’accoglienza dei minori
70
Parroco a tempo pieno e part-time
77
La passione per la montagna: sua seconda vocazione
81
Don Piero scrittore
86
Quasi un martirio
91
I suoi funerali
seconda parte. testimonianze 97
«Egli è stato veramente povero con i poveri» silvano piovanelli
99
«La sua è stata una sofferenza molto feconda» gabriele cecchini
102
«Comprese che doveva rivolgersi ai più umili e ai meno dotati» don corso guicciardini
106 «Don Piero, uomo di Dio» roberta meacci 109 «Hai saputo prevedere e progettare la tua morte…» giovanna landi 110
«Ha vissuto nella povertà, ma ha donato tanta ricchezza» raffaele riccardi
114
«Sei stato un arcobaleno per la nostra famiglia» gisella riccardi
115 Un aneddoto dal Convitto ettore 116
«Al Convitto la sua stanza era un cenacolo di riflessione» andrea e vanna zorn
119 «Grazie per averci donato tutto te stesso» serena 120
«Continuatore infaticabile dell’Opera di don Giulio Facibeni» massimiliano g. rosito
123
«Eravamo come due fratelli» don angelo stefanini
128
«Dire un prete santo è dir poco» nedo e piera papini
133
Cinque domande a don Marco Calamandrei
136
Omelia di don Corso Guicciardini alla messa per il primo anniversario della morte di don Piero Paciscopi
139
Da Montespertoli, dalla parte della famiglia: il ricordo del nipote Paolo Paciscopi
prefazione: Don Piero, un uomo di Dio andrea zorn
Piero da sempre ha preso sul serio il Vangelo quale parola di Dio. Ai costanti inviti, alle molteplici chiamate la risposta di Piero pronta mente e senza titubanze è sempre stata «Eccomi Signore». Il libro scritto da Mario Bertini è paragonabile a un album foto grafico dell’intera vita di don Piero che riesce a mettere in evidenza la costante coerenza di questo uomo che nessuna difficoltà ha saputo piegare. Le molte fatiche e difficoltà da lui sostenute per scelte tanto impe gnative gli hanno permesso tuttavia di assaporare la bellezza e l’amo re della paternità putativa indirizzata verso tutti gli uomini, ma con particolare predilezione, affetto e attenzione ai più deboli e poveri, ai più soli ed emarginati che ha amato e aiutato fino alle estreme conseguenze e proprio per questo da qualcuno fu definito “angelo dei poveri”. L’autore è riuscito a ricomporre, anche attraverso gli scritti auto biografici di don Piero, non solo le molteplici attività, opere, incon tri, episodi e persone incontrate nella sua vita ma anche il pensiero, l’umanità, la spiritualità, la fede di un “uomo prete” che fattosi po vero, umile e semplice ha fatto l’esperienza di Dio attraverso la sua donazione agli uomini. Claudio, uno dei miei ragazzi di Cercina, quando gli viene chiesto chi lui sia, si presenta rispondendo con una serie di appellativi per le infinite attività a cui si dedica: «io sono un vivaista, un artista, un ceramista, un falegname, pittore, ortolano, fabbro…».
don piero paciscopi
Allo stesso modo, per tentare di inquadrare don Piero, come emerge da questo scritto di Mario Bertini, servono un insieme di termini, di appellativi, di aggettivi… perché tante cose don Piero è stato, tante cose ha fatto: uomo di carne con tutto ciò che di bel lo, brutto, gioioso e doloroso comporta; prete e missionario sempre in prima linea; testimone e annunciatore instancabile della parola di Dio, del suo amore e della sua misericordia; uomo estremamente semplice, buono, generoso che ha intuito la bellezza della povertà e si è fatto povero in mezzo ai poveri; uomo d’azione, di preghiera, di contemplazione. Persona che ha sofferto fino all’ultimo nello spirito e nel corpo a causa delle non sempre facili relazioni umane e del corpo soggetto alla caducità, ma che ha saputo accettare di buon grado le sue sofferenze fino a innalzarle al cospetto del Crocifisso. Creatura che gioiva delle meraviglie della natura e gustava il piacere dello stare insieme ancor più se intorno a una tavola apparecchiata. Uomo che ha saputo amare, amare senza limiti, e, proprio per questo, siamo certi di non esagerare nel definirlo con una sola parola uomo di Dio. Per far comprendere meglio al lettore qual era la forza e l’idea le che ha mosso l’intera vita di don Piero voglio terminare questa mia breve nota introduttiva con le parole di un altro grande uomo di fede, fratel Carlo Carretto, che don Piero conosceva, ammirava, ascoltava. Carretto in un suo scritto afferma: «non chiedetevi più se credete o non credete in Dio, chiedetevi se amate o non amate. E se amate non pensate ad altro, amate. E amate sempre di più fino alla follia, quella vera e che porta alla beatitudine: la follia della croce, che è cosciente dono di sé e che possiede la più esplosiva forza di li berazione per l’uomo […]. E pur coscienti della nostra incapacità di amare ci affideremo alla potenza creativa di Dio che ci dice: “toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36,26)». Ringrazio infine Mario Bertini perché sono certo che la stesura di questo libro rende un grande servizio alla Chiesa fiorentina e a ogni lettore credente o non credente che può così rendersi conto che in mezzo a noi vivono creature tanto candide, piene di fede e amore che silenziosamente collaborano all’opera redentrice di Dio.
8
Presentazione
La voglia, ma meglio sarebbe dire il dovere, di scrivere queste pagine dedicate all’amico don Piero Paciscopi, nasce dall’esigenza di mette re insieme, cercando di farne sintesi, una storia, peraltro già scritta in una decina di piccoli volumi autobiografici, che l’autore mi ha vo luto far leggere, spesso in anteprima, esprimendo nei miei confronti tanta amicizia e forse immeritata fiducia. Gli sono stato amico da sempre, e ogni sua avventura è sempre stata per me forte motivo di compiacimento. Come prete della Madonnina del Grappa (anche se fu incardina to come tale soltanto dopo il suo servizio in Corea a fianco di don Nesi), l’ho sempre considerato il più facibeniano di tutti; e non se ne abbiano gli altri sacerdoti, perché la sua attrazione verso l’Ope ra, fortemente nata e ufficializzata, alcuni anni dopo la morte di don Facibeni, fu frutto di una chiamata a un servizio verso i poveri, sull’esempio del fondatore dell’Opera stessa. Un giorno la santa Madre Teresa di Calcutta raccomandò ai suoi collaboratori che «la santità non è un privilegio per pochi, ma un dovere per tutti». Un’esortazione evidentemente non indirizzata a pochi eletti, ma allargata semmai a tutti i battezzati e principalmente a coloro – sa cerdoti, religiosi e religiose – che hanno fatto della loro vita una totale donazione alla sequela di Cristo. E fra quest’ultimi mi piace elencare anche questo umilissimo sa cerdote, nato nella campagna fiorentina, don Piero, appunto, il pro
don piero paciscopi
tagonista di queste pagine che amò Gesù per tutta la sua vita facendo suo l’invito della santa di Calcutta. Del resto lo stesso don Piero in età più adulta e nella pienezza del suo ministero sacerdotale, un giorno, in Albania, incontrando di persona Madre Teresa ebbe da lei la seguente raccomandazione scritta: «Don Piero, ami tanto Gesù e solo Gesù. Madre Teresa». Ma quale Gesù ha amato, don Piero, nella pienezza dei suoi quasi novant’anni di vita? L’interrogativo mi sollecita una risposta che, per quel poco di teo logia che mi è dato di sapere – chiedendo scusa a chi conosce a fondo questa scienza delle cose di Dio –, mi costringe a scrivere che nella scelta di don Piero, ci sia stata, prima di tutto, l’ultima delle tre di mensioni lasciateci in eredità dal Figlio di Dio. Dico questo nel senso che, se tra le tre componenti ereditarie del Gesù da amare, c’è il Gesù Parola incarnata («E il Verbo si è fatto carne»); primo grande mistero del Figlio di Dio ancora presente nel le Scritture che parlano di Lui; in questo senso, don Piero, molto ha pregato e molto ha letto di quella Parola di Dio fattasi carne nel suo Figlio. Il secondo Gesù amato da don Piero è quel Gesù Eucarestia che ogni giorno si è fatto per lui misterioso Pane, consacrato dalle sue mani, per un quotidiano nutrimento, come divina alimentazione: «Chi mangia di questo pane e beve di questo vino avrà la vita eter na…». C’è poi la terza dimensione, quel Gesù, meno misterioso e perciò meglio avvertibile anche se scomodo, presente in ogni povero spe cialmente se ultimo. E proprio in questa terza dimensione ci sta tutta la scelta di vita privilegiata di don Piero: un amore a Gesù fattosi povero, avendo incarnato appieno, e per tutta la sua esistenza, quella pagina del ca pitolo 25 dell’evangelista Matteo, laddove Gesù ricorda a tutti noi: «Avevo fame… avevo sete… ero nudo… ero malato… ero forestie ro… ero carcerato…». E questo Figlio di Dio, ancora presente nel povero privilegiato da don Piero, non è forse quel medesimo Gesù raccomandato a don Piero da Madre Teresa? A conferma di questo interrogativo, chi scrive queste pagine, 10
presentazione
dopo aver praticato per anni Madre Teresa e le sue suore, crede di poter affermare che la stessa Madre dei più poveri tra i poveri abbia sempre considerato questa esortazione dell’evangelista Matteo la no stra scommessa per l’Aldilà. Se poi, a questa paginetta di presentazione, volessi aggiungere la peculiarità di don Piero che lo accompagnò per tutta la vita, que sta non potrebbe che essere il suo smisurato abbraccio ai poveri, a tutti i poveri, insieme a due altre virtù, che ben si addicono al don Piero prete di Cristo: obbedienza e umiltà, seguite dall’attributo “evangeliche”. M.B.
11
prima parte don piero, uomo di dio
ALLEVATO A CAREZZE E SCULACCIONI
Don Piero Paciscopi nacque il 21 luglio 1928 nel casolare “Virgilio” all’altezza di Poppiano nel Comune di Montespertoli. Insieme alla sua sorella maggiore e al fratello, di due anni più piccolo, perse la mamma Primetta alla tenera età di quattro anni, ma per fortuna trovò l’affetto della zia Bianca la quale – sono sue parole – «fece conto di avere quattro figli suoi e, con molto sacrificio e tanto spirito di generosità, si accollò le due famiglie». Allergico alle suore – fin dal suo primo approccio con l’asilo mostrò molta determinazione, piangendo molto e rifiutando di andarci – fino ad appellarle «le pulci nere». Quando si dice la legge del contrappasso, perché da adulto di suore ne frequenterà molte. Per sua fortuna, però, sempre da bambino, in alternativa alle “pulci nere” dell’asilo, trovò calda accoglienza presso una vicina contadina di nome Italia. Già da questi primi episodi, il piccolo Piero dimostrò vivacità e irrequietezza che però contrastavano con le sue prime attenzioni al sacro, specialmente durante la Novena di Natale: «Noi ragazzi facevamo a gara per arrivare primi per vestirci con la tonachina… Tutto sapeva di poesia, la tanta gente, i canti natalizi, l’incenso». Però, oltre questi momenti mistici, rileggendo la sua infanzia, ver rebbe voglia di scrivere che il giovane orfano non fu mai un santino, anzi fu allevato a carezze e sculaccioni. Da più grandicello, lo troviamo infatti a rubare susine acerbe nei campi altrui, ma il contadino Bianchi lo raggiunse e, mentre gli altri
don piero paciscopi
I ragazzi di casa Paciscopi
scapparono, al piccolo Piero gli appiopperà due frustate nelle gambe alle quali, la sera tornando a casa, si aggiunsero gli sculaccioni del babbo, avvertito dal Bianchi. E anche a sei anni, servendo messa dal vecchio pievano di Monte spertoli, per la sua vivacità, ebbe pochi elogi e molti nocchini. Ciò nonostante ogni domenica si faceva svegliare dal babbo per andare a fare il chierichetto alla messa delle 6 del mattino. In aggiunta alla sua vivacità, non mancò qualche forca a scuola con gli immancabili scapaccioni del babbo, e perfino un’assenza alla messa domenicale, scoperta dal babbo e pagata a duro prezzo: «Sarà 16
allevato a carezze e sculaccioni
l’unica Liturgia festiva saltata in tutta la mia vita». Sono parole sue. Era ancora piccolo ma anche molto originale e accanito, e un giorno, per avere in regalo una pecora viva, si ostinò a fare scenate: ancora una volta ottenne sculaccioni dal babbo, dopo che aveva ri cevuto dalla sorella – per consolazione – delle pecorine di gesso del presepio che spaccò con rabbia. Risultato finale: ancora una volta molti sculaccioni e nessuna pecora! Di quella giovane età don Piero ricorda molte amicizie che non vuol cancellare, perché secondo lui: «Tutto è dono di Dio e il ritro varsi è sempre motivo di gioia». Fu cresimato a sei anni e passò a Comunione a otto, ma di quel periodo ha dei ricordi sbiaditi anche se in lui «è ancora viva la com mozione per aver ricevuto il Corpo di Cristo». Le sue vacanze d’allora? Un po’ malinconiche: a Pulica, con fra tello e sorella, dalla nonna Amelia e dalla zia, confortati però dal mangiare molta frutta di stagione. Un altro simpatico aneddoto di quando era chierichetto: la sua grande mortificazione per aver preparato il calice con altro vino, be vuto poi dal celebrante che aveva consacrato un’amara medicina, perché il piccolo Piero aveva sbagliato fiaschetto. Per tutte queste sue disavventure infantili, la sera si rifugiava a piangere nell’angolo speciale della grande cucina di casa laddove si era creato una sorta di personalissimo Muro del Pianto. Un ultimo, simpaticissimo episodio della sua infantile crisi mistica: a soli sette anni inventò di dire messa in casa sua consacrando acqua e noci, e vestito con pianeta di carta, costringendo alla parte cipazione altri ragazzi e, a volte, perfino la zia.
17