Perché il senso abbia vita

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Perché il senso abbia vita Antologia poetica

Perché il senso abbia vita Antologia poetica

a cura dell’Associazione Amici di Nicco

Poesie di Alexandra Bastari, Stefano Damato, Manuele Iorio, Ruben Londero, Gennaro Madera, Irene Mignone, Giuseppe Pipino, Luca Pulignano, Giacomo Stigliano

vincitori della prima edizione del Concorso di poesia Niccolò Bizzarri

Introduzioni di Sauro Albisani, Rosalba De Filippis, Daniele Mencarelli, Davide Rondoni

Editr ice F iorent ina Soc ietà

www.amicidinicco.it

© 2022 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn 978-88-6032-671-3

Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata

Crediti fotografici

La foto di copertina è di Giuditta Carrai La foto di p. 40 è di Camilla Poli Copertina a cura di Studio Grafico Norfini (Firenze)

indice

7 Messaggi ricevuti in occasione della pubblicazione Dario Nardella, Alessandra Petrucci, Luigi Salvadori

13 Premessa. «Che cosa importa? Tutto è grazia» Maria Elisabetta Carrai, Filippo Ungar

17 Vivere «è avere dentro una fiamma che brucia» Carolina Ponzalli, Angelo Bizzarri 23 A mo’ di introduzione Marco Biffi antologia poetica 41 Alexandra Bastari

(Introduzione di Davide Rondoni) 51 Stefano Damato

(Introduzione di Daniele Mencarelli) 59 Manuele Iorio

(Introduzione di Davide Rondoni) 69 Ruben Londero

(Introduzione di Sauro Albisani) 79 Gennaro Madera

(Introduzione di Davide Rondoni)

91 Irene Mignone

(Introduzione di Daniele Mencarelli)

99 Giuseppe Pipino

(Introduzione di Sauro Albisani)

109 Luca Pulignano

(Introduzione di Rosalba de Filippis)

119 Giacomo Stigliano

(Introduzione di Daniele Mencarelli)

131 Gli autori

Èperme un grande piacere salutare e introdurre brevemente questa antologia poetica. È sempre una buona notizia quando dei giovani (ben 338 da tutta Italia!) si dedicano alla scrittura poetica, mettendoci testa e cuore.

Di tutte le arti, la poesia è forse quella più delicata, abita un confine, procede per illuminazioni, fa fiorire sogni e visioni, come ci ha insegnato Niccolò Bizzarri, per gli amici Nicco.

Di lui ci restano mirabili versi, attraversati dalla grazia, e il suo meraviglioso esempio che continua a ispirarci, grazie anche a questo concorso di poesia e all’esperienza di formazione per giovani letterati voluta dai suoi amici.

Chi era Nicco? Un ventenne innamorato della vita, malgrado la fragilità fisica lo avesse costretto su una sedia a rotelle. Un giovane dallo sguardo attento e affabile, concentrato sui libri, testimone di una fede reale e mai formale, capace di “abitare” il suo limite e di trasformarlo in poesia.

Questo libro è nato in una stagione dolorosa, sfidante per ognuno di noi, un tempo sospeso che però forse – così mi ritrovo a pensare sfogliandone le pagine – ci ha allenato a una consapevolezza aumentata, a vivere più da vicino l’esperienza del limite, a maneggiare con cura le parole così da superare il silenzio e la frattura della lontananza, per ritrovarci.

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Il 7 ottobre 2019 Niccolò scriveva: «un bagliore tremolante / si fa strada nel buio del cuore». Non solo il periodo storico che viviamo – segnato dalla guerra e da un’emergenza sanitaria e climatica senza precedenti –ma il cuore di ciascuno di noi può essere attraversato dal «buio» della solitudine o del dolore; eppure un «bagliore tremolante» lo può illuminare, e da lì possiamo sempre ripartire per tornare «a riveder le stelle» .

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Tratante suggestioni, una delle parole più forti che ricorrono nella presentazione di questa antologia, a firma di Maria Elisabetta Carrai e Filippo Ungar, è “speranza”. Speranza come luce nel quotidiano e in ciò che verrà, come atteggiamento, come postura, ma anche come privilegio: «Noi possiamo sperare, perché abbiamo avuto la grazia di conoscere testimoni come Niccolò…».

Niccolò aveva fatto della speranza la chiave di lettura del quotidiano: la «speranza mai sopita» è ciò che lo ha reso “martire”, nella valenza storica del termine.

La parola “martire” ha in sé, infatti, una grande forza pacifica: ha il senso letterale di “testimone” e va al di là della sfera forense o religiosa, per accendere la sua antica radice indoeuropea. È un termine pesante, penetrante: Niccolò è stato testimone, e quindi martire, di un’esperienza di vita profonda, vissuta nella limitazione fisica e nella luminosa certezza della Fede.

Questo dono straordinario posseduto da Niccolò, per essere tale, doveva, però, essere condiviso e questo è anche il senso dell’Associazione Amici di Niccolò e di questo concorso di poesia, che rende positivamente “virale” il suo esempio.

Non si tratta, infatti, soltanto di individuare dei giovani talenti e di offrire loro la possibilità di pubblicare le loro liriche: questa iniziativa costituisce una bella lezione di vita, da riprodurre e moltiplicare, come

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il vino di Canaan o i pani d’orzo e i pesci sul Lago di Tiberiade.

In un momento difficile come quello che stiamo attraversando, in cui la povertà affligge tanti settori della nostra vita, assumendo le sembianze della malattia, della guerra, della solitudine e dell’egoismo, l’esempio di Niccolò diventa, quindi, un “segno” da condividere, da passarsi come “testimone”. Di nuovo questa parola, così ricca e generosa di significati.

Dal piano sportivo alla metafora: se, in una corsa a staffetta, il “testimone” è il bastone che un atleta consegna al compagno, in modo che sia documentata la continuità dei cambi, l’espressione figurata indica che, dopo aver concluso la parte di propria competenza, è necessario lasciare ad altri quanto si è conquistato, gestito, governato.

In questa prospettiva, questa silloge di componimenti poetici è in se stessa una ulteriore dimostrazione della forza, dell’efficacia del messaggio di Niccolò, che non si è esaurito nello spazio della sua vicenda terrena, ma continua a esercitarsi e alimentarsi attraverso le parole, i gesti, le relazioni. Attraverso la poesia.

Grazie, quindi, agli organizzatori e ai sostenitori di questa iniziativa. Grazie a chi ha partecipato come concorrente o come giurato. Grazie alla famiglia di Niccolò e a Niccolò.

Sono certa che questi testi poetici sapranno essere spunto di riflessione e vivificare quella speranza, che attende silenziosamente, pronta ad accendersi, «…creatura alata / che si annida nell’anima / e canta melodie senza parole…» (E. Dickinson)

Alessandra Petrucci

Rettrice dell’Università degli Studi di Firenze

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Sono

rimasto subito molto colpito dalla personalità di Nicco e dalla fortissima emozione che la sua scomparsa ha destato in città. Ma ancora di più mi ha stupito la risposta, davvero straordinaria, che ha avuto da tutta Italia il concorso che si avvia felicemente alla seconda edizione. Evidentemente ha toccato il cuore di molti giovani il messaggio di questo ragazzo solare e positivo che, pur vivendo una condizione di tanta sofferenza, ha trovato nella poesia la sua dimensione. Mi commuove pensare che tanti giovani sono riusciti, in questo mondo così rumoroso e caotico, a trovare uno spazio di silenzio per stare con sé stessi e riuscire a comporre dei versi.

E ciò mi ha ancora più sorpreso in questi mesi di angoscia diffusa dove siamo tutti travolti prima dalla pandemia, poi dalla guerra, quindi dalle devastazioni ambientali e ora da previsioni economiche che stanno minacciando la nostra vita quotidiana. È davvero illuminante scorgere nei testi che, molto opportunamente è stato deciso di pubblicare, degli squarci di luce che dimostrano che nei giovani c’è una lettura anche positiva della realtà.

Merito certo anche del messaggio che Nicco ci ha lasciato, costellato di quella speranza testimoniata magistralmente dal tema della seconda edizione del concorso, anch’esso legato a una sua poesia intitolata Fessura che apre il nostro cuore a un «bagliore tremolante» da cui ri-

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partire e che attraversa il vuoto, il male e il dolore nostro e del prossimo.

È questo, secondo me, il ruolo del poeta soprattutto oggi, come richiama una bellissima frase di Grace Paley, scrittrice e poetessa statunitense, i cui testi capaci di condensare la quotidianità faticosa delle persone sono ormai diventati patrimonio comune di molte generazioni di lettori: «È la responsabilità del poeta – scrive – tenere un occhio su questo mondo, gridare come Cassandre, ma essere ascoltato questa volta».

La grande partecipazione al concorso e la nascita della bellissima comunità attorno agli amici di Nicco dimostrano che il suo messaggio e quelli dei poeti sono ascoltati. Per questo motivo siamo davvero molto lieti, come Fondazione CR Firenze e come Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, di essere compagni di viaggio, assieme al Comune e all’Università di Firenze, di questa bellissima esperienza. Un segno tangibile e fecondo di un comune desiderio di affrontare le sfide della vita avendo ancora fiducia nell’uomo e nelle sue infinite risorse che spesso sfuggono, in primo luogo, a noi stessi.

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premessa. «che cosa importa? tutto è grazia»

Un bagliore tremolante si fa strada nel buio del cuore una speranza mai sopita che torna a farsi vedere nei meandri delle viscere.

Con questi versi, in Fessura, Niccolò voleva esprimere lo stupore per il risorgere della speranza, virtù «mai sopita / che torna a farsi vedere» dentro la ferita aperta dell’esistenza. La ferita che Niccolò ha fronteggiato era palpabile e dolorosa: la distrofia muscolare di Duchenne lo ha progressivamente costretto alla disabilità motoria quasi completa, obbligandolo a vedere il proprio corpo bloccarsi pian piano, un muscolo alla volta – prima le gambe, poi il bacino, e negli ultimi anni sempre più anche le braccia. Come la vita di Nicco, l’esistenza di ciascuno, in forme e con sfide diverse dalla sua, presto o tardi mette alla prova la consistenza della propria speranza, chiedendo una verifica di cosa la sorregga. Ed è in queste circostanze che si può riconoscere l’essenza del percorso di crescita umana fatto sino a quel momento.

Anche nella storia globale stiamo attraversando un momento di forte rottura. In due anni abbiamo visto le conseguenze drammatiche di una pandemia e il ritorno della guerra alle porte dell’Europa; assistiamo ai primi effetti tangibili della crisi climatica; la nostra società è segnata dai

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mutamenti e dagli strappi profondi provocati dal vorticoso progresso tecnologico. La difficoltà di accettarsi per come si è, l’ansia da prestazione che invade ogni ambito della vita, la paura che non ci sia un posto per sé nel mondo lavorativo sono solo alcune delle battaglie che soprattutto le generazioni più giovani combattono quotidianamente.

Davanti a queste sfide storiche, ma soprattutto dentro le più piccole difficoltà quotidiane e personali, come la speranza può essere sorretta? Cosa permetteva a Nicco di tenere viva la sua speranza?

Noi possiamo sperare, perché abbiamo avuto la grazia di conoscere testimoni come Niccolò, guardando i quali era evidente che non c’è alcuna circostanza che possa impedire di essere felici; anzi, di più: che ciascuna circostanza non solo non è ostacolo, ma è la strada offertaci per la realizzazione dell’esistenza. Questa coscienza è riassunta nel motto che Niccolò aveva scelto per il proprio profilo di WhatsApp, una frase di Georges Bernanos nel Diario di un curato di campagna: «Che cosa importa? Tutto è grazia».

Se portiamo avanti l’Associazione Amici di Nicco dopo due anni e mezzo dalla scomparsa di Niccolò è soprattutto perché custodiamo (ancora, come quando l’abbiamo fondata) il profondo desiderio che anche altri possano ricevere quella testimonianza che ha raggiunto noi attraverso di lui e che costituisce un mattone sempre più decisivo per la consistenza della nostra speranza di fronte alle sfide della vita. Il segno più evidente che il nostro desiderio sia stato soddisfatto risiede nei profondi legami di amicizia nati in questi due anni: tra noi organizzatori, con i membri della giuria, con i vincitori del seminario, con le autorità cittadine.

Abbiamo anche scelto il titolo di questo libro, Perché il senso abbia vita, proprio perché ci sembra che descriva

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con grande precisione questo nostro desiderio e la ragione del nostro impegno. È tratto da una poesia di Niccolò che si intitola Nuovo inizio – scritta il 25 settembre 2019 all’inizio di un nuovo anno sociale e accademico all’Università – che dice:

Ascolto la musica nelle viscere mi strugge di triste dolcezza soltanto eppure unicamente umana.

Come sono io, umana fino a far male. Tutto il dolore che serve perché il senso abbia vita, perché la mia sofferenza sia pari soltanto al mio destino.

Come Niccolò, anche noi ci siamo accorti che il nostro «dolore» – cioè l’impegno e la tenacia necessari perché l’Associazione possa vivere – sono strumenti «perché il senso abbia vita», cioè perché possa esistere un luogo in cui qualcuno possa fare esperienza di un senso, del senso delle cose, come noi nella condivisione della vita di Niccolò. Allora «la mia sofferenza», dice Niccolò –che viveva di certo un dolore ben più profondo e quotidiano del nostro –, può essere «pari / soltanto al mio destino»: solo allora, accogliendo quel dolore, si scopre la grandezza della vita, il destino per cui la vita è fatta. L’antologia che presentiamo propone cinque poesie dei vincitori della prima edizione del concorso, introdotti ciascuno da uno dei poeti membri della giuria, che li hanno selezionati e conosciuti nel seminario poetico svoltosi il 18 e 19 settembre 2021 a Villa Bardini: sono nove e non dieci perché la decima vincitrice, Zsofia Chiara, non ha potuto partecipare al progetto.

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L’intento dell’antologia è far conoscere al pubblico appassionato di poesia e alla critica alcune nuove voci del panorama poetico nazionale. Con questo volume portiamo a compimento l’idea centrale del nostro concorso, ovvero permettere ad alcuni giovani di maturare nella propria passione per la poesia – motivo della scelta di premiare soprattutto con la partecipazione a un’esperienza di formazione. Come la frequentazione di maestri, infatti, anche la pubblicazione è una possibilità che offriamo ai vincitori del concorso di poter approfondire la loro espressione poetica.

Ringraziamo il sindaco di Firenze Dario Nardella, la rettrice dell’Università di Firenze prof.ssa Alessandra Petrucci, il presidente della Fondazione CR Firenze Luigi Salvadori, per la sentita presentazione che hanno voluto inserire in questo volume.

Ringraziamo il Centro di Studi Aldo Palazzeschi, nella persona del direttore prof. Simone Magherini, per il prezioso aiuto nell’impostazione e per il contributo economico che ha permesso la realizzazione di questo volume. Ringraziamo anche il prof. Marco Biffi e i poeti membri della giuria, Sauro Albisani, Rosalba De Filippis, Daniele Mencarelli e Davide Rondoni per aver generosamente accettato di introdurre i dieci vincitori.

A ciascuna e ciascuno di loro va il nostro augurio di poter scoprire, in ogni circostanza futura, che la felicità non dipende mai dall’esito delle proprie iniziative, ma dall’energia con cui si risponde all’amore di cui la vita di ciascuno è oggetto.

Maria Elisabetta Carrai Filippo Ungar amici di Niccolò

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vivere «è avere dentro una fiamma che brucia»

All’origine di questa antologia c’è un giovane poeta, ancora acerbo, come lo ha definito un critico letterario, che, dalla sua posizione di disabile, con le sue poesie ha guardato alla vita fin nel profondo della sua contraddittorietà o, meglio, fin nel profondo della sua drammaticità.

Affetto da una malattia degenerativa, aveva smesso di camminare a dieci anni e la sua carrozzina era diventata segno del dramma della vita. Ma non per questo si era mai sentito “di meno”. Non lo sosteneva una forza di volontà che tira dritto stoicamente nonostante le difficoltà, ma uno sguardo ampio, realista e profondo sulla realtà.

Tutte le cose si offrono come indizio di una bellezza e di una felicità addirittura superiori ai nostri desideri. Perché dunque la fatica, il dolore, le incomprensioni, si frappongono al compimento di questo anelito? E perché, peggio ancora, quando anche si possa dare compimento a un desiderio, subito dopo un’ombra di disincanto fa apparire tutto effimero e inutile? È possibile che il dolore e la disillusione abbiano la meglio sulla promessa di bellezza e di felicità?

Accettare questa ipotesi significa chiudersi alla categoria della “possibilità”, fondamentale risorsa della ragione, e la vita del giovane poeta Niccolò era permeata dall’idea della “possibilità” che la vita avesse senso ben

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oltre le circostanze contraddittorie e dolorose in cui tutti siamo immersi.

«Tutto il dolore che serve / perché il senso abbia vita», scriveva nella poesia Nuovo Inizio.

C’è quindi una risposta al mistero della vita, al mistero dell’“essere”, per noi chiamati, come siamo, a vivere senza aver dato un assenso preventivo?

Potente è la tentazione di affogare tutto nel nulla, in un oblio taumaturgico che ci liberi dal desiderio di felicità.

Non è stato così per Niccolò. Nei versi della sua poesia DMD risuona forte l’eco della “battaglia” quotidiana che tiene desta la possibilità di un compimento:

Mi muovo sotto la pioggia l’ombrello come scudo, lo zaino che grava sulla mia mano. Privo di un tetto, ogni tuono mi ricorda chi è il vero nemico: contende palmo a palmo la mia autonomia, guadagnata e sofferta con armi prive di senso che non dovrebbero esserci, inventate costruite di sogni con l’unica gloria di vedermi vivo. Ogni giorno vinco una guerra senza che nessuno se ne accorga.

La vita come “battaglia”, cui si può anche rinunciare deliberatamente con un estremo atto di rifiuto. Ma la domanda resta inevasa!

Posso censurare tutti i fattori che provocano il dolore e la sofferenza, posso innalzare una barriera di precauzioni tutta intorno a me, per non essere investito dalla

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disillusione1, ma perché il grido resta? Perché la vita irriducibilmente aspetta un senso?

Cosa mi manca, chiede Mario Luzi in questi versi tratti da Sotto specie umana:

Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno? di che? Rotta la diga t’inonda e ti sommerge la piena della tua indigenza…

Mantenere viva questa domanda, farla riemergere dalla massa di distrazione sotto cui è spesso sepolta, questo è lo scopo del concorso di poesia per under 25 indetto da un gruppo di amici di Niccolò, che quest’anno si è presentato nella seconda edizione. Il premio per dieci vincitori offre la possibilità di vivere un fine settimana

1 Gennaio 1961, settimanale «Epoca»: un signore, gravemente ammalato di TBC, scrive alla rubrica di Ricciardetto (pseudonimo di Augusto Guerriero), autorevole opinion leader del momento: «ll male fa progressi, e io sento che mi sta trascinando verso la fine. Di giorno mi distraggo, cercando di vivere intensamente. Ma, di notte, non riesco a dormire, e il pensiero che tra poco non sarò più mi fa sudare freddo. A volte mi sembra di impazzire. Se avessi il conforto della fede, potrei rifugiarmi in essa e, in essa, troverei la necessaria rassegnazione. Ma la fede, purtroppo, l’ho perduta da tempo. […] Sono rimasto, in definitiva, spoglio e inerme... Ed è perciò che mi rivolgo a lei. Ammiro la sua serenità. […] Sono certo che una sua lettera mi sarebbe di grande sollievo e mi renderebbe più forte». Questa la risposta di Ricciardetto: «Mi dica: che cosa posso fare per lei? Scriverle una lettera? E a che può servirle una mia lettera? Io non scrivo che di politica, e a che servirebbe che le scrivessi di politica? A lei bisognerebbe parlare di altre cose, e io non scrivo mai di quelle altre cose, anzi, non ci penso, e, appunto per non pensarci, scrivo di politica e di faccende, di cui, in fondo, non mi importa niente. Così riesco a dimenticare me stesso e la mia miseria. E questo è il problema: trovare il modo di dimenticare se stessi e la propria miseria». Citazioni tratte da: A. Savorana, Vita di Don Giussani, Milano, Rizzoli, 2013, p. 253.

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con dei poeti “di mestiere”, per imparare, confrontarsi, approfondire l’arte della poesia, quell’arte particolarmente preposta a manifestare, rendere tangibile quel mondo di cose invisibili che sono più reali delle cose visibili: l’amore, il dolore, la gioia, la tristezza. Ma soprattutto la domanda di senso che ci rode il cuore. Col vigore dei versi di Florbela Estanca, Ser poeta (Essere poeta):

È avere dentro una fiamma che brucia, è avere artigli e ali di condor! È avere fame e sete dell’infinito! Per elmo, mattinate di oro e raso. È condensare il mondo in un solo grido!

È amarti così perdutamente, è che tu sia anima, sangue e vita dentro di me, e dirlo cantando a tutta la gente!

Niccolò, di fronte alle difficoltà quotidiane dovute alla sua condizione, e i suoi amici, di fronte alle conseguenze prima di una epidemia e ora di una guerra così vicina a noi, non si sono raccolti in un movimento politico. Non hanno promosso celebrazioni per chiedere l’intervento di entità soprannaturali. Non si sono immobilizzati, invocando il potere di turno perché “togliesse”, “eliminasse” la difficoltà e garantisse il quieto vivere in quella “comfort zone” dove ci siamo rinchiusi per silenziare le urla di insoddisfazione del cuore.

Niccolò, con l’arte della poesia, e i suoi amici, con l’idea del concorso, hanno “vissuto” la difficoltà. L’hanno cavalcata. L’hanno vinta!

Nelle lezioni dei poeti, nei dialoghi di confronto, nella serata di canti sulla scalinata di Piazzale Michelangelo, lì, nei giorni della premiazione che hanno trasformato in

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amicizia l’antagonismo fra concorrenti di una competizione, lì, proprio lì, si è manifestata la bellezza della vita. Non è stata ideologicamente costruita, la bellezza della vita è stata semplicemente vissuta: nella curiosità per la realtà, nell’approfondimento di una passione, nell’ascolto di chi in quella passione è più avanti di me, nella condivisione di quel grido del cuore.

Questa antologia raccoglie le poesie dei nove vincitori della prima edizione del concorso svoltasi nel 2021. Sono presenti, oltre alle poesie premiate, anche altri versi liberamente scelti da ogni vincitore nel proprio repertorio.

Un grazie a Niccolò, un grazie ai suoi amici: forse è proprio vero che la vita val la pena di essere vissuta: perché può mantenere le sue promesse!

Carolina Ponzalli Angelo Bizzarri genitori di Niccolò

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antologia poetica

Alexandra Bastari, 22 anni, nata ad Ancona ma cresciuta a Senigallia, da qualche anno vive a Bologna, dove si è laureata in Storia. Sempre nella stessa città, sta proseguendo gli studi in Scienze storiche.

Stefano Damato, 25 anni, vive e risiede a Torino, dove dopo la laurea in Matematica frequenta la M.Sc. in Stochastics and Data Science.

Manuele Iorio, 20 anni, nato e residente a Prato, è studente di Statistica presso l’Università degli Studi di Firenze.

Ruben Londero, 21 anni, nato a Tolmezzo (UD), è studente di Filosofia presso l’Alma Mater Studiorum –Università di Bologna.

Gennaro Madera, 24 anni, è cresciuto a Cariati e ora vive a Ferrara, dove si è laureato in Scienze filosofiche e dell’educazione. Ha pubblicato tre libri: Come Le Onde Del Mare; Crescere; Hai vent’anni.

Irene Mignone, 20 anni, torinese, è studentessa all’Università degli Studi di Torino nel corso di laurea Culture e Letterature del Mondo Moderno.

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Giuseppe Pipino, 25 anni, nato in provincia di Matera e domiciliato a Milano, lavora come freelance editor, storyteller e drammaturgo.

Luca Pulignano, nato nel 1997 a Cassano allo Ionio (CS), si è laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Siena nel 2022. Attualmente vive ad Alessandria, dove insegna nelle scuole secondarie di secondo grado.

Giacomo Stigliano, 24 anni, è nato a Ostuni. Cresciuto a Nova Siri, in Basilicata, vive a Roma. È studente di Letteratura italiana, filologia moderna e linguistica.

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