Avventura la vita

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Enio Lucherini

AVVENTURA LA VITA



Enio Lucherini

AVVENTURA LA VITA ARTBOOK


Š 2019 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice

Credits

isbn: 978-88-6032-533-4

Foto: Gabriele Lucherini

ProprietĂ letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata

Allestimento mostre: Mario Pennati Consulenze artistiche: Mauro A. Perini

In copertina Cynara, Olio e tempera su legno, 2018

Galleria di riferimento: Giardino del the - Prato


Alla mia adorata figlia Caterina Lucherini


DEL CREARE ARTISTICO

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avanti al tribunale ateniese Socrate cercò di spiegare la propria particolare sapienza. Se sapienza era, concluse, essa consisteva nella scoperta di sapere di non sapere, sapere che la conoscenza è un compito infinito e continuamente perfettibile, consapevolezza acquisita indagando il tipo di saggezza che gli altri possedevano. Socrate, come afferma nell’«Apologia», quando si recò ad interrogare gli artisti, per carpire il “quid” della loro sapienza, si accorse che molto più ne sapevano gli astanti, sulla loro arte, che gli autori stessi. Il grande ateniese, che di mestiere ufficialmente era un artista, uno scultore, concluse drasticamente che non c’è merito personale nell’arte, trattandosi di un invasamento ad opera di Apollo, il dio di Delfi, che entra nell’animo dell’artista con un atto di illuminazione, una scintilla della sua divinità, a creare l’ispirazione. L’artista è un ispirato dal Dio. Ma il bravo Platone, che agisce Socrate come personaggio letterario, era ancor più prevenuto sull’arte, tanto da bandirla dalla sua Repubblica ideale, perché la considerava copia della natura, quindi fotocopia di una copia del mondo delle idee. Nella sua filosofia è già iniziata la morte dell’arte come conoscenza. Il buon Platone non si rendeva conto che, ammessa per buona la teoria dell’invasamento, come fonte della grande arte, allora il Dio non opera a caso: essere baciati da Apollo e dalle Muse segna del crisma della straordinarietà. L’artista nel suo operare esce dalla propria ordinarietà. Una volta che il suo spirito è

fecondato dalla folgorazione divina si trova in uno stato di orgasmo interiore fecondo come le doglie del parto. L’operare dell’artista diventa un compositum di ispirazione e tecnica, ideazione ed esecuzione. Senza l’intuizione metafisica illuminante, la “poiesis” (produzione) si riduce a maniera, magari a virtuosismo, ma non chiude realmente la sintesi tra forma e contenuto in un capolavoro esemplare. Quando si esprime il talento senza ispirazione «non si sente il respiro del mare» ebbe a dire Dalì. Il capolavoro, secondo il filosofo Schiller, è una forma vivente, che scaturisce dalla libera sinergia delle facoltà umane, dal libero gioco di intelletto, volontà e sentimento. Nella sua filosofia, ispirata dalla frequentazione del Circolo di Jena, il romantico Schelling rivendica all’artista il ruolo di profeta metafisico, più vicino al Principio dello stesso filosofo. L’artista è colui che ascolta la voce dell’Assoluto. Nel dare Forma alla Materia crea una nuova realtà che è armoniosa fusione di Natura e Spirito, per cui l’una si spiritualizza facendosi immateriale, l’altro prende corpo divenendo sensibile. Il rilucere dello Spirito nella Forma artistica innesca il grandioso processo di Ritorno al Principio, che gli Stoici avevano denominato “epistrophè”. Le fasi dialettiche di questo processo descrivono l’azione del Geist, quando riesce a liberarsi dall’esilio dell’Esseraltro-da-sé, nella Natura, secondo il pensiero di Hegel. Ma l’arte come forma suprema dello spirito, organo più avanzato della metafisica, nel periodo del moderno fallisce il suo compito. La sospensione metafisica che produce è solo


del secolo appena trascorso. Nell’arco di tre generazioni si è passati dal lento fluire stagionale del Medioevo contadino alla comunicazione elettronica e all’intensità della vita metropolitana. Siamo cavie di un processo storico senza demiurgo, senza “telos”, senza progetto né anima, permeato da profonda follia. Il continuo rapido mutare delle condizioni di esistenza rende sempre più problematico mantenere la coerenza dell’Io, come quella del suo orizzonte culturale e dei suoi progetti. Soprattutto allontana come un miraggio la finalità di ogni umana esistenza: realizzare il teorema della propria personale felicità (Freud). Ripartire dalla complessità dei percorsi di significato e di senso che il Novecento ci ha imposto è l’unico modo per indicare alla Comunità umana la strada per avviare un processo di rigenerazione centrato sulle energie dei singoli cuori, dei singoli sentimenti, dei singoli individui (Rousseau). Il compito che si prospetta alla cultura è quello che prende coscienza di ogni forma di miseria materiale e di alienazione spirituale per combatterle e debellarle, dando vita ad un nuovo Umanesimo, volto all’espansione delle vive energie conoscitive, etiche ed estetiche, per le quali la nostra specie si distingue nel creato.

momentanea, dice Schopenhauer. Fallisce il suo compito, non coglie il Logos, afferma Hegel. In questo senso si parla di morte dell’arte: essa non ha più l’aura del primato metafisico. Alla luce della modernità l’Odissea dello Spirito è incerto e periglioso viaggio, tra tempeste e rocce aguzze, naufragi e lunghe stasi, pericoli mortali e prigionie che inibiscono il ritorno. L’esito del percorso non è scontato, non ci sono marce trionfali o prese di possesso di territori dovuti, non ci aspetta una immancabile ed invincibile teofania salvifica. Il risultato effettivo, salvezza e luce o, per contro, tragedia, scacco e perdita totale, stanno davanti agli uomini come angoscia della possibilità, cifre opposte della opacità del futuro. L’arte, come la vita, non ammette un salvataggio parziale: tutto vive o tutto perisce. Non c’è riuscita a metà. O la cultura è alleata della vita e ne è la linfa, l’energia che dà più-vita, pienezza che potenzia l’individuo, oppure se ne distacca e si estrania, come più-che-vita che alimentando l’alienazione fa sentire il soggetto straniero sia alla propria vita che al proprio sapere (Entfremdung). Rotta l’alleanza con la Vita, tramonta l’aura dell’Arte ed irrompono la serialità, lo stereotipo, la riproducibilità tecnica. Per questo occorre un forte ripensamento sui mutamenti radicali della vita stessa, quali ci sono stati imposti dal potente processo di accelerazione storica

Enio Lucherini

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L’AUTORE

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Ha esposto al Giardino del the di Prato nel 2003 con “Eros e thanatos”, nel 2005 con “Barricate”. Ha esposto a Graefelfing (Monaco di Baviera) nel giugno 2015. Espone al Giardino del the, a ottobre 2019 con “Assetto variabile”: 1. Cardi pungenti della vita; 2. Tales of brave Ulisses; 3. Avventura la vita.

nio Lucherini ha scritto di matematica, storia, filosofia e critica d’arte. È artista pubblicato in «Tuscany Contemporary Art», Lucca, 2018. Ha esposto nella collettiva Be-Bop-A-LuLa di Montepiano, 1999 (Bentivoglio, Borin, Lucherini, Lanci). Ha tenuto la personale “Egoquadro” al Casone di San Quirico di Vernio, 2000. Ha partecipato alla I e alla II Rassegna degli artisti pratesi contemporanei esponendo alla Galleria Assioma, al Tribunale di Prato, al Collegio Cicognini (2000 e 2002).

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Levi’s bell bottom China e matita, 1972

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Ritratto di Marzia Matita su carta, 1985 Collezione privata

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