L
Antonio Pucci
Cantari della Guerra di Pisa Antonio Pucci
a battaglia di Cascina (28 luglio 1364) rimase a lungo nella coscienza storica dei Fiorentini come un’eclatante vittoria contro l’odiata, eterna rivale Pisa: ancora agli inizi del Cinquecento il gonfaloniere a vita Pier Soderini affidava a Michelangelo Buonarroti l’incarico di affrescare una parete della Sala del Maggior Consiglio, in Palazzo Vecchio, appunto con “La battaglia di Cascina”, pur se l’opera non fu mai realizzata. Chi avesse voluto leggersi il resoconto in ottave di Antonio Pucci sulla guerra tra Pisa e Firenze del 1362-64 doveva finora ricorrere all’edizione settecentesca di Ildefonso di San Luigi, che pubblicò l’opera a partire da un manoscritto strozziano (Magl. VII 1126), certamente chiaro e gradevole, ma dal testo sicuramente ammodernato. Questa nuova edizione prende invece a fondamento il ms Kirkup (oggi BNCF Nuovi Acquisti 333), un codice sempre più frequentemente riconosciuto dagli studiosi come «fondamentale per l’edizione delle opere pucciane». I sette cantari della Guerra di Pisa vi inaugurano la serie delle poesie “storiche” del Pucci, estendendo però questa volta la misura dei sirventesi alle dimensioni di una poema. Composti nel 1367, i cantari della Guerra di Pisa sono probabilmente il primo esempio in cui la forma del poema epico è utilizzata per cantare eventi della storia contemporanea, nell’intento di conferire a questi ultimi la stessa fisionomia esaltante delle imprese eroiche tramandate dalle chansons de geste.
edizione critica a cura di Maria Bendinelli Predelli
Maria Bendinelli Predelli, laureata a Firenze sotto la direzione di Gianfranco Contini, e presto trasferitasi a Montreal (Canada), ha diretto la Section d’études italiennes dell’Université de Montréal e poi il Department of Italian Studies dell’Università McGill. I suoi interessi di ricerca portano soprattutto sulla letteratura cavalleresca italiana del Basso Medioevo nei suoi rapporti con gli antecedenti francesi, per esempio nei volumi Alle origini del “Bel Gherardino” (Firenze, Olschki, 1990), Cantari e dintorni (Roma, EUroma, 1999), “Gismirante” and “Madonna Leonessa” by Antonio Pucci (British Rencesvals Society). Alla ricerca nel campo della letteratura popolare moderna appartiene invece Piccone e poesia: la cultura dell’ottava nel poema d’emigrazione di un contadino lucchese (Lucca, Accademia Lucchese di Scienze Lettere e Arti, 1997). Con la Società Editrice Fiorentina ha pubblicato nel 2015 La «Struzione della Tavola Ritonda» (I Cantari di Lancillotto).
€ 20,00
Cantari della Guerra di Pisa
studi 26
Antonio Pucci
Cantari della Guerra di Pisa edizione critica a cura di Maria Bendinelli Predelli
SocietĂ
Editrice Fiorentina
Š 2017 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-429-0 ebook isbn: 978-88-6032-431-3 issn: 2035-4363 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata
Indice
vii
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze
xxix
Datazione della Guerra
xxxv
Artigianato letterario
xlv
I manoscritti
lix
Criteri dell’edizione
lxxiii Bibliografia
la guerra di pisa
3 La Guerra di Pisa 3 Primo cantare 16 Secondo cantare 27 Terzo cantare 36 Quarto cantare 44 Quinto cantare 56 Sesto cantare 69 Settimo cantare
79
Quadro sintetico della guerra fra Pisa e Firenze secondo i Cantari del Pucci
83 Apparato 123 Toponimi 131 Glossario
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze
La battaglia di Cascina (28 luglio 1364) dovette rimanere a lungo nella coscienza storica dei Fiorentini come un’eclatante vittoria contro l’odiata, eterna rivale Pisa, se ancora agli inizi del Cinquecento il gonfaloniere a vita Pier Soderini incaricò Michelangelo Buonarroti di affrescare la parete sinistra della Sala del Maggior Consiglio, in Palazzo Vecchio, appunto con “La battaglia di Cascina”. L’affresco non fu mai realizzato, e ne rimangono soltanto pochi studi e copie del cartone originale di Michelangelo1. I Fiorentini avevano buone ragioni per esaltarsi nel ricordo della battaglia di Cascina, sopravvenuta inaspettatamente dopo due anni di pesanti sconfitte e di devastazioni che toccarono le immediate vicinanze della città, e ottenuta contro un temibilissimo avversario, quella “Compagnia Bianca”, guidata da Giovanni Acuto, che incuteva terrore in tutta l’Italia, e alla cui descrizione Filippo Villani credette bene di dedicare un intero capitolo della sua Cronaca (XI 81). Una significativa testimonianza del timore avvertito dai cittadini di Firenze nella primavera del 1364 ci rimane nel Diario dei Monaldi, che di solito dà sparse e occasionali notizie sulle vicende della guerra, ma dal 30 aprile al 12 maggio 1364, quando i mercenari di Pisa erano arrivati alle porte di Firenze, segue giorno per giorno gli spostamenti dei nemici e i danni inflitti alle proprietà dei possidenti fiorentini, per tornare poi a distanziare nel tempo le sue annotazioni una volta che, allontanatisi i nemici, i borghesi fiorentini si sentono rassicurati, e particolarmente dopo la vittoria di Cascina: A dì 30. Aprile 1364. arsero gl’Inglesi, e’ Tedeschi per gli Pisani insino al ponte a Rifredi di sopra appresso S. Stefano in Pane a Careggi. Mercoledì a dì primo di Maggio 1364. entrarono i Priori in ufizio senza uscir fuori del palazzo, e senza sonare campane, né altra cosa, perché la gente de’ nemici erano alle porte. 1 La più nota è la copia di Aristotele da Sangallo, del 1542, oggi nella collezione privata del Conte di Leicester a Holkam Hall, Norfolk, Gran Bretagna.
viii cantari della «guerra di pisa» E questo dì fu arso Montaione, luogo fu di Bartolo di Gino, e più altri luoghi insino alla costa di Montughi. A dì 2. di Maggio2 il dì dell’Ascensione vennero gl’Inglesi a combattere co i nostri insino all’anteporta di San Gallo, rimasero i nostri dentro, e morti ve n’ebbe l’una parte, e l’altra; e questo dì messero il fuoco a tutto Montughi, ed arsero Sant’Antonio luogo del Vescovado di Fiorenza. A dì 3. Maggio 1364. il dì di S. Croce messero gl’Inglesi fuoco per gran parte di Camerata, e nelle piagge di Fiesole, ed arsero il luogo di Guidaccio Del Garbo senza avere niuno contro. Sabato a dì 4. Maggio arsero i Pisani il piano di San Salvi e di Covesciano3, ed arsero il luogo di Piero Pantaleoni, ed anco passarono Arno verso Candeli. Domenica a dì 5. Maggio si levarono i Pisani da San Salvi, e da Montughi; e andarono subito la mattina del dì a Soffiano, ed a Legnaia insino a Vingone, ed alla volta a Legnaia ebbero i serragli, e combatteronsi, e furonvi de’ nostri, e de’ loro morti. Lunedì a dì 6. di Maggio si stavano i Pisani ove furono ieri, e parte ne tornarono verso Montughi, ed in Camerata, e così scorsero. A dì 7 di Maggio stavano i nemici de’ Pisani verso Legnaia, ed insino a Mosciano, e su per Vingone, ed in verso Arcetri. Mercoledì a dì 8. di Maggio il dì di S. Michele arsero gl’Inglesi i palazzi di San Sepolcro, e Bellosguardo di M. Lapo Ruspi, e la torre di Spinellino di M. Niccolò, e tutta quella costiera di San Sepolcro, e vennero a combattere i serragli di Verzaia, e danno, e vergogna ci fecero. A dì 10 di Maggio si partirono i Pisani di Pian di Ripoli, e di quelle contrade, e andarono a loggio [cioè alloggio] verso l’Ancisa. Poco danno d’arsione fecero in Pian di Ripoli; arsero il Paradiso. A dì 11. di Maggio non ebbe alcuna novità. Non ci furono né Pisani, né Inglesi, comecché ogni gente fusse credente, che gente venisse; tutto il paese fuggì. A dì 12. di Maggio non ci ebbe de’ Pisani. Fu nome, che erano partiti di Laterina nuova di Valdarno, ed erano verso Arezzo.
Delle ostilità fra Pisa e Firenze fra il 1361 e il 1364 riferiscono numerose cronache coeve, ciascuna delle quali adotta, com’è comprensibile, un’ottica di parte, aggiungendo o togliendo episodi e particolari. Facciamo una rapida rassegna delle testimonianze indicando per ciascuna alcune caratteristiche che la distinguono dalle altre, e in particolare dalla Guerra del Pucci. La cronaca più ricca e articolata è quella di Matteo e Filippo, che sarà la fonte principale anche delle successive storie di Firenze come quelle umanistiche di Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini e, più tardi, di Scipione Ammirato. Naturalmente le vicende della guerra tra Firenze e Pisa sono intervallate, in questa cronaca, da tutte le altre “cose notevoli” del panorama italiano e europeo; i paralleli con il resoconto del Pucci partono da X 83 e proseguono fino alla fine della Cronaca, XI 102; come si sa, Matteo prosegue il suo racconto
2 L’edizione a stampa legge 11 (undici) di maggio, ma è certamente un errore di lettura per .ii. Istorie pistolesi, ovvero delle cose avvenute in Toscana dall’anno 1300 all’anno 1348 col Diario del Monaldi, Prato, Stamperia Guasti, 1835, pp. 496 sgg. 3 Per Covesciano sarà da intendere Coverciano.
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze ix
fino a XI 60 (morte di Piero Farnese a XI 59), mentre i capitoli successivi sono opera del figlio Filippo. Una caratteristica della storiografia dei Villani è l’approfondimento delle cause delle ostilità fra le due città, rinvenute nelle radici economiche: poiché i Fiorentini avevano cessato di servirsi del porto di Pisa per i loro traffici, e gli introiti del Comune avevano così subito un forte calo, i Pisani cercavano occasioni di ostilità nei confronti di Firenze nella speranza che le trattative di pace avrebbero riportato il traffico delle merci fiorentine nel loro porto (X 83). La presa di Pietrabuona appare così come il pretesto e non la vera causa dell’inizio delle ostilità, come appare in altre cronache. La fierezza comunale e la consapevolezza politica dei Villani, acuite certo dal ricordo delle dominazioni signorili della prima metà del secolo, spiegano poi l’atteggiamento di forte diffidenza nei confronti dei condottieri di ventura assoldati dal Comune, a cui non sono risparmiate accuse di inettitudine, o di intenzioni tiranniche. Di Pandolfo Malatesta si denunciano le segrete intenzioni e i diversi tentativi di volersi fare signore di Firenze, e nello stesso tempo l’incompetenza e la viltà: la sconfitta dell’Incisa è attribuita alla sua decisione di distendere l’accampamento su uno spazio troppo largo, impossibile da difendere (XI 69), e pusillanime e vergognoso appare il comportamento del capitano nei giorni immediatamente successivi a quella sconfitta (cfr. XI 69, 70, 73). Persino di Galeotto Malatesta, il comandante della battaglia di Cascina, sono sviliti il merito e il ruolo, visto che sì perché molto era attempato, sì perché del tutto ancora libero non era della terzana, se n’era ito nel letto a riposare senza avere considerazione quanto fosse vicino all’astuta volpe, e al volpone vecchio Giovanni dello Aguto, e tutto che al campo fossono fatti serragli, deboli erano, e cura sofficiente non era data a.cchi.lli guardasse (XI 97)
per cui il merito della difesa del campo ricade in realtà sul cittadino Manno Donati il quale, «mosso da fervente zelo incominciò a destare il campo» e convinse il capitano generale a «commettere in messer Bonifazio Lupi e in altri tre e in lui la cura del campo» (XI 97). Ma anche il governo della città di Firenze è giudicato con sofferta severità: il quale era venuto in parte e non piccola in uomini novellamente venuti del contado e distretto di Firenze, poco pratichi delle bisogne civili, […] e colle ricchezze fatte d’arti, e di mercatantie e usure in dilazione di tempo trovandosi grassi di danari, ogni parentado faceano ch’a.lloro fosse di piacere, e con doni, mangiari e preghiere oculte e palesi tanto si mettieno inanzi, ch’erano tirati alli ufici e messi alli squittini. Le grandi case di popolari avieno i divieti; molti antichi e cari cittadini saggi e intendenti erano schiusi dalli ufici, e quello che ne risultava di peggio di loro governo era che temendo di non essere ingannati e consigliati per lo contradio da’ savi e pratichi cittadini che co.lloro si trovavano alli uficii, essendo bene e utilemente consigliati, e con amore e fede alla replubica, sovente prendieno il contrario in danno e vituperio del Comune. Molti giovintù che non passava l’adolescenza, si trovarono nelli uficii per procuro de’ padri loro ch’erano ne. reggimento; e occorse che facendosi lo squittino in que’ tempi si trovò che delli quattro i tre non passavano i
x cantari della «guerra di pisa» venti anni[…] Le sette no· quietavano, e·ll’una all’altra per paura teneva l’occhio adosso: e così la republica si trovava nelle mani del giovenile consiglio, negli oculti odii, e ne’ disiderii delle private ricchezze. (XI 65)
Per converso, il Villani non perde occasione per mettere in rilievo il ruolo, la generosità e il valore dei certi “savi e pratichi” cittadini di Firenze, come appunto quelli di Manno Donati nella battaglia di Cascina e, prima ancora, nel ritorno dell’esercito fiorentino dall’impresa di Livorno (XI 90), o quelli di Buonaccorso Alderotti nel procurare alla repubblica fiorentina l’aiuto di 400 balestrieri genovesi, pagati a sue spese e contro gli editti del governo di Genova (XI 10), o quelli dei fratelli Brunelleschi nel difendere la villa La Petraia dagli attacchi di Inglesi e Tedeschi (XI 88). Rispetto al racconto del Villani, le cronache pisane aggiungono numerose informazioni su diversi momenti della guerra, ovviamente dal punto di vista di Pisa. L’Anonimo del ms Roncioni 338 segue le vicende della guerra tra Pisa e Firenze in modo continuativo, senza interruzioni di notizie estranee, ma anche qui appare evidente l’operazione di ‘ricucitura’ di diverse versioni dello stesso evento4. Per esempio, il cap. 231 riprende e amplia il racconto del cap. 230 (prima “cavalcata” dei Pisani intorno a Firenze), e il cap. 235 torna indietro di un anno per raccontare dettagliatamente la cattura del capitano generale di Pisa Rinieri degli Ubaldini. In confronto alle cronache fiorentine, il resoconto dell’Anonimo pisano mostra questi tratti caratteristici: Esteso resoconto della presa di Pietrabuona A San Savino tre palii anziché quattro Spiegazione dell’abbandono della difesa del Fosso Arnonico Aggiunta del fratello Gherardo a Piero Gambacorta; altra versione del perché non poterono entrare in Pisa Descrizione della moria di Pisa e dell’influsso di Saturno Resoconto più esteso della presa di Altopascio Gagliarda difesa di Marti Particolari sulle arsioni intorno a Firenze (Maggiulini dava cinque soldi a chi ardesse una casa) Particolari su palii e conio di monete da parte dei Pisani alle porte di Firenze 4 Com’è noto, fino alla metà del XIV secolo tutte le cronache pisane risultano dalle successive continuazioni di un unico tipo di cronaca. Per quanto riguarda il ms Roncioni 338, il Banti affermava: «queste osservazioni ci consentono di constatare il carattere compilatorio della cronaca anche in questa seconda parte del testo che non risulta, così, opera di un solo scrittore ma, piuttosto, […] una compilazione ottenuta cucendo insieme i ricordi di persone diverse» (pp. 315-316). Il ms. Roncioni 338 incorporerebbe, di seguito alla prima parte che «si legge più o meno identica in quasi tutte le cronache del secolo XIV» (p. 264), i ricordi di un anonimo cronista (M) che continuò la compilazione fino intorno al 1370 (O. Banti, Studio sulla genesi dei testi cronistici pisani del secolo XIV, in «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», 75 [1963], p. 270). Cfr. inoltre Introduzione a R. Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1963. Per il nostro confronto facciamo riferimento alla Cronica di Pisa. Dal ms. Roncioni 338 dell’Archivio di Stato di Pisa a cura di C. Iannella, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2005. Un’altra Cronica di Pisa, non identificata, è disponibile online: http://icon.di.unipi.it/ricerca/html/cri.html#cri-div1-d0e248.
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze xi Trattative di pace interrotte da Firenze appena i Pisani si ritirano Chiaro resoconto di tre “cavalcate” dei Pisani su Firenze Particolari sulla cattura di Ranieri degli Ubaldini capitano dei Pisani Particolari sulla defezione degli Inglesi corrotti dai Fiorentini Sconfitta di Cascina attribuita al fatto che i Tedeschi non soccorsero gl’Inglesi Palio corso dai Fiorentini a Sant’Anna con impiccagione di asini e montoni.
In generale sono trattate estesamente le imprese vittoriose dei Pisani, e minor risalto è dato alle imprese vittoriose dei Fiorentini, pur nell’accuratezza del resoconto: alla presa del castello di Pietrabuona, per esempio, definita «l’incomincio della guerra tra Pisa e Firenze», è riservata grande importanza; in seguito alla presa di Altopascio, si registra con compiacimento l’acquisto di una preziosa reliquia, accolta nel duomo di Pisa con grande solennità. E, mentre si sorvola sull’episodio del conio delle monete sotto le porte di Pisa (Guerra, IV 7, Villani XI 54), si descrivono i palii e il conio delle monete fatti dai Pisani alle porte di Firenze (Cronica di Pisa, 231 [p. 195]). Lo scacchiere di Barga è completamente ignorato. Per contro, sono fornite le spiegazioni su certi movimenti delle truppe pisane (per esempio le ragioni per cui i Pisani abbandonano la difesa del Fosso Arnonico, Cronica di Pisa 224 [pp. 184-85], Guerra I 22 o quelle per cui si ritirano dal territorio fiorentino nell’agosto del 1363 nonostante fossero in condizioni favorevoli, Cronica di Pisa 231 [p. 196]). Le incursioni dei Pisani, forti dell’aiuto della “Compagnia Bianca», nei territori fiorentini sono indicate chiaramente come tre “cavalcate”, con le loro date: la prima dal 22 luglio al 7 d’agosto 13635, la seconda partita da Pisa il 20 d’agosto verso Poggibonsi e Staggia, la terza dal 12 ottobre per “due mesi e otto giorni”: è nel corso di quest’ultima spedizione che si colloca la sconfitta dei Fiorentini presso l’Ancisa. È additata l’opera di corruzione dei Fiorentini che determinò la defezione di una parte delle truppe inglesi: E tornando l’oste delli pisani funno chiuse le porte di Pisa, perch’ellino aveano fatto trattato cierti della conpagna delli ’nghilesi, cioè due grandi caporali messer Abretto tedescho e messer Andrea d’Ubramonte co· lloro brighate, e avuto dalli fiorentini dimolti fiorini in fiaschi mostrando fusse vino. E lo Capitano loro messer Giovanni Auti lo scrisse secretamente alli signori di Pisa, e come ellino aveano promesso di correre la cità di Pisa per loro e rubarla e non funno lassati intrare in Pisa se non quelli che ’l ditto Giovanni Auti diciea. (cap. 236, p. 201)
La data della battaglia di Cascina è data come il 20 di luglio, contrariamente a tutte le altre testimonianze; la sconfitta è attribuita all’ignavia dei Tedeschi che non soccorsero gl’Inglesi alle prime avvisaglie di arretramento; e, dopo la sconfitta, sono registrati gli scherni delle truppe fiorentine che «corseno lo palio in sullo prato di Santa Anna Vechia [cioè a mezza via da San Piero a Pisa], e quine v’apicconno due acini e due montoni, e diceano: “Veniste come montoni e come cani ‹a› assalire l’osso”» (cap. 237, p. 203).
5
1364 secondo la Cronica.
xii cantari della «guerra di pisa»
Nonostante il tono distaccato del resoconto, la Cronica di Pisa testimonia chiaramente il fervore d’odio che percorre la rivalità fra Pisani e Fiorentini: Quasi in Pisa rimase poghi citadini e così in del contado e distretto di Pisa e di Lucha che nno· vvi cavalcasseno a Firenze colla ditta conpagna tutti di volontà e ppoi per coma‹n›damento. Di che li pisani v’andonno con grande volontà per vendicarsi, benché alquanti fusse loro comandato, a tutti ne fu grande contentamento per l’onta ricievuta e ssì del danno ch’aveano ricevuto da li fiorentini superbi; e dimolti palagi e villate v’arseno in del contado di Firense. Fra li quali pisani ve n’ebbe uno citadino chiamato Giovanni Maggiulini che dava, a chie mettesse fuoca [sic] a una casa o palasso, sì lli dava uno grosso di cinque soldi l’uno…. E vi si andòe per sì grande volontà che, quando suonò la canpana del Populo di Pisa e andò lo bando per la cità, che ll’uno none aspettava ll’altro… (cap. 230, p. 192-93)
Astio del resto ricambiato cordialmente dai Fiorentini, come si rivela anche nella Guerra del Pucci (cfr. III 26). L’altra importante cronaca pisana, quella di Ranieri Sardo, non offre invece informazioni supplementari. Ranieri riferisce la vicenda, ma solo a partire dalla battaglia di Cascina, e fino alla pace con Firenze. Il curatore, Ottavio Banti, non manca di rilevarlo con meraviglia: Il nostro testo, se si esclude la descrizione della battaglia di Cascina, non ha nemmeno una notizia sulla lunga guerra combattuta tra Pisa e Firenze, guerra che ebbe anche momenti favorevoli ai Pisani. Questo silenzio, tanto più strano se si considera come l’anonimo cronista contemporaneo (cfr. Monumenta pisana, cit., coll. 1037-1046) abbia avuto occasione di narrare tanti particolari su questo conflitto, è difficile dire se dipenda dalla volontà dell’autore o da una lacuna del manoscritto. (Cronaca di Pisa di Ranieri Sardo, a cura di O. Banti, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 1963, nota alle pp. 161-162).
Da una cronica pisana analoga a quella dell’Anonimo sembra derivare in gran parte il resoconto di Giovanni Sercambi, che narra le vicende seguendo il filo conduttore della Cronica di Pisa, riassumendole e smussando gli scarti che nella Cronica di Pisa rivelano la compilazione di diverse fonti6. Già nel 1893 l’editore delle Croniche (vanno dal 1355 al 1400), Salvatore Bongi, avvertiva nell’Introduzione di essersi accorto della vicinanza fra il testo del Sercambi e quello di un’altra «cronica anonima e volgare, mista di cose lucchesi e pisane, che nel codice antico oggi smarrito giungeva all’anno 1347», e in nota aggiungeva che «ora ne rimane una trascrizione del sec. XVI, con alcune giunte posteriori, in un volumentto in 4. piccolo, conservato nella Pubblica Biblioteca di Lucca al n. 873 dei manoscritti» (pp. xx-xxi). L’Incipit di quel manoscritto corrispondeva in effetti, grosso modo, con l’incipit della Cronica di Pisa, (ricavato dalla Iannella dal ms Laurenziano Pl. LXI.17, cc. 18-21), ma naturalmente la data 1347 non corrisponde a quella della guerra di Pisa, per cui resta ancora da precisare quale possa essere stata la versione seguita dal Sercambi. Ma certo si verificano corrispondenze puntuali fra passi delle Croniche del Sercambi e
6
Le Croniche di Giovanni Sercambi lucchese, a cura di S. Bongi, Lucca, Giusti, 1892.
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze xiii
quelli corrispondenti della Cronica di Pisa, per esempio nel racconto che segue immediatamente la battaglia dell’Ancisa7, quello a proposito della battaglia di Cascina8, o a proposito del dogato di Giovanni dell’Agnello9. Vi si trovano però anche aggiunte e precisazioni alle notizie raccontate dall’Anonimo pisano, o spiegazioni d’autore. Notevole soprattutto l’attenzione prestata alle vicende di Lucca, che malvolentieri sopportava la dominazione pisana (si veda, per esempio, la dettagliata spiegazione relativa alla punizione dei Lucchesi che si erano ribellati a Pisa, capp. 152-53), al contributo dei Lucchesi alla guerra, e al lamento amaro sugli effetti negativi che la rivalità fra Pisa e Firenze comportò costantemente per i Lucchesi. Per esempio, dopo la conquista di Pietrabuona da parte dei Pisani il Sercambi considera: E così Firenza di tale presura rimase perdente, e la guerra multiplicò con gran gosto a ciascuno Lucchese, Pisani, Fiorentini. E non stante le spese della borsa, che i Luchesi aveano, erano tucto dì collati, stratiati et rubbati. Et era venuto a tanto Lucha e’ ciptadini, che non si poteano raunare in Luccha imsieme .iiiiº ciptadini o più sensa licentia. Per le quali cose Luccha diminuìo sì di Lucchesi, che poghi se ne serenno trovati in Luccha; et cresciuta di genti inique e malvagie a pititione & a stansa de’ Pisani. (cap. 150, pp. 115-16)
o alla fine della guerra, a proposito dei fiorini che i Pisani si obbligarono a pagare a Firenze: 7 «E il giorno della dicta victoria era la festa di santo Adovardo re d’Inghilterra. E poi presero quatro chastella, fra le quali fu Fighino. E quine dimore [sic] l’oste de’ Pisani du’ mesi & otto giorni. E dapoi ritornònno a Pisa, avendo arse & rubbate quelle chastella, e menatone pregioni et prede, intanto che tucti Inghilesi & altri soldati diventònno tucti ricchi» (Sercambi, cap. 157, p. 124), cfr. «E ffue questa vettoria da Fighino a dì ‹13› di ‹ottobre›, lo dì della festa di santo re Adoardo, e’ ffu inghilese, e la Chieza santa ne fa festa grande. E dimoronno in ssu quelo di Firense e preseno Fighino, e stettenovi due mesi e otto giorni e presenovi 4, quatro, castella. E alla partenssa li pisani arseno tutte le castella e preseno dimolti pregioni e grande preda di robba e di bestiame. E poi tornóno a Pisa con grande festa e allegressa» (Cronica di Pisa, cit., cap. 234, p. 198). 8 «E giunti al campo percosseno alle sbarre, e la prima schiera ruppeno le sbarre; e i Fiorentini erano forti su per la via & su per le case, gictando pietre & quadrella, tanto che l’Inghilesi e le genti di Pisa funno rocti & messi in volta… E poi le genti di Firenza girònno da Sampiero a Grado, e quine stectero alquanti giorni, avendo arso e rubbato. E simile corseno lo palio sulle prata a Santanna vecchia presso a Pisa: e feno battere fiorini e grossi d’ariento; lo fiorino chome san Iohanni tenea in mano le chatene del porto di Pisa dall’uno lato, e da l’altro il giglo. […] E appiccònno a uno paio di forchi du’ azini & due montoni et uno chane, con una scritta la qual dicea: veniste come montoni & come chani asaglire il nostro campo, e così come chani & montoni v’abiamo tractate» (Sercambi, cap. 160, pp. 125-126), cfr. «E giunti che ffunno li ’nghilesi al canpo delli fiorentini, li quali erano achanpati in Cascina con forte isbarre, sìe li percosseno e ruppeno la prima schiera e le zbarre. E li fiorentini erano forti […] E ppoi l’autro dì li fiorentini gioronno a San Piero a Grado di Pisa, e quine stetteno due giorni e corseno lo palio in sullo prato di Santa Anna Vechia (cioè a mezza via da San Piero a Pisa), e quine v’apicconno due acini e due montoni e come cani, e diceano: “Veniste come montoni e come cani ‹a› assalire l’osso» (Cronica di Pisa, cit., cap. 237, p. 203). 9 «E in ell’ora del mactino lo dicto dogio fu messo in sedia, con molta Concordia di quelli ciptadini, et maximamente della parte de’ raspanti, sensa romore e sensa saputa di molti» (Sercambi, cap. 160, p. 127) cfr. «sull’ora dello mattino, in dello Palasso delli Ansiani, fue messo in sedia con concordia di mouti citadini e massimamente quelli della parte delli Raspanti, senssa nulo romore e ssenssa córpo d’arme e senssa saputa di molti citadini, ser Giovanni de l’Agnello…» (Cronica di Pisa, cit., cap. 239, p. 206).
xiv cantari della «guerra di pisa» Li quali di continuo lo comune di Pisa sempre tali denari fe’ pagare al comune di Lucca. E a questo modo in nella pacie ricevèo il comune di Lucca magior danno che non ricevea in nella guerra; e tutto fu fatura di Firenza ogni danno che Luccha sostiene o à sostenuto. (cap. 161, p. 128)
Il Sercambi sembra soprattutto preoccupato di contraddire l’opinione che Firenze volesse sinceramente aiutare Lucca contro Pisa. Si veda, per esempio, la considerazione a proposito dei palii corsi dai Fiorentini sotto le mura di Pisa (tre per il Sercambi, come per la Cronica di Pisa, e non quattro come per i cronisti fiorentini): e corseno presso a Pisa tre paili, l’uno da chavallo, l’altro da piè, l’altro corseno le femmine; quazi a dire chi non può giungere la femmina mal giungerà l’uomo, e chi non può giungere di correre l’uomo mal giungerà il cavallo, et chi non può giungere il cavallo, stia & riposisi, come coloro che sono di pogha sustanzia. Et perché il pailio di Luccha ab antico fu ordinato perché Luccha, come potente, ordinò di fare correre questi .iii. paili in segno di victoria. Et pertanto lo comune di Firenza non dovea quello, che per exaltatione il comune di Luccha fa ogni anno correre, volere per vilipendio far correre. E per questo dimostrò poco amore avere verso Luccha. (cap. 151, p. 116)
La scorreria di Piero Farnese sotto le mura di Pisa è interpretata come risposta di Firenze al crudele trattamento dei congiurati lucchesi che avevano tentato di liberarsi del giogo di Pisa con la complicità di Firenze: Lo comune di Firenza, del mese di maggio, volendo dimostrare che la morte de’ ciptadini di Luccha n’era loro rincresciuto, […] cavalcarono in sul contado di Pisa, facendo alquanto danno, e bacteono moneta presso a santo Savino […]. Or che giova, o Fiorentini, a quelli che sono stati dicollati e disfatti, e a quelli che sono stati chacciati di Luccha, e alli altri lucchesi che sono rimasi a sostenere le gravesse e le imposte, quello che ora ài fatto? Certo questo è fuoco e fiamma a tucti i Lucchesi; però che tucte spese & danni ch’à ricevuto Pisa, tucto si caverà dalle carni de’ Lucchesi….(cap. 154, p. 120)
L’episodio del conio dei fiorini con la volpe riversa ai piedi di San Giovanni, che i cronisti fiorentini attribuiscono concordemente all’incursione di Piero Farnese fino a San Savino è qui confusamente attribuita ai festeggiamenti dei fiorentini subito dopo la battaglia di Cascina: E simile corseno lo palio sulle prata a Santanna vecchia presso a Pisa: e feno battere fiorini e grossi d’ariento; lo fiorino chome san Iohanni tenea in mano le chatene del porto di Pisa dall’uno lato, e da l’altro il giglo. In el grosso era dall’uno lato il giglo, dall’altro san Iohanni, socto il quale a piedi era la lepora riverta, & simile tenea in nella mano le decte chatene. (cap. 159, p. 126)
Anche due cronache senesi (imparentate fra di loro) riportano notizie relative alla guerra fra Pisa e Firenze: la prima, di Donato di Neri e di suo figlio Neri10, racconta la presa di Pietrabona e accenna agli eventi successivi fino alla Rerum Italicarum Scriptores, tomo XV parte VI (Cronache senesi, cit.), pp. 595 e sgg.
10
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze xv
scorreria dei Fiorentini al Porto Pisano e al cavalierato del conte Aldobrandino; la seconda, anonima, sembra compendiare, per questa prima parte, la Cronaca di Donato di Neri ma prosegue il resoconto della guerra fino alla controffensiva che portò i Pisani a stazionare alle porte di Firenze e alle “beffe muccerie”11 dei Pisani nei confronti dei Fiorentini. Le cronache senesi mettono in rilievo il fatto che i conti Aldobrandino, Nicola e Gentile (di cui nelle cronache fiorentine viene sottolineata la parentela con la casa degli Orsini di Roma) erano figli del conte di Sovana ed erano stati al soldo del comune di Siena, quasi suggerendo implicitamente che l’aiuto apportato a Firenze da questi personaggi fosse in qualche modo anche merito di Siena12. La cronaca anonima colloca tre palii al campo dei Pisani presso le porte di Firenze («E mentre ch’e’ Pisani vi steteno a chanpo, vi fecero chorire tre pali presso alle porti di Fiorenza. E ’l primo palio fu quello a chavallo: e ’l sichondo fu quello a piedi e ’l terzo quello che corseno le putane e meretrici»), ma aggiunge anche altri particolari sulle “beffe muccerie” fatte dai Pisani: E chorsi che furo si baterono la moneta in sulle porti, choniata d’un’Aquila cho ’l Leone sotto a’ piedi e furo fiorini e grossi cho’ l’Aquila e cho ’l Leone sotto piedi. Poi fatto questo fecero enchontra alle porti di Fiorenza un paio di forche e si v’inpicharo suso tre asini per magiore dispetto. E ancho inazi[sic] che si partisero, molti Pisani feciero la loro arte presso alla porta di Fiorenza. E poi inazi[sic] che si partisero si marcoro le porti cho’ la ’npronta, che avevano batuta la moneta, ch’era un’aquila chor uno leone sotto e’ piedi. E poi quando ebeno fatti molti marchi nella detta porta si partirono e’ Pisani cho ’loro esercito e tornoro a Pisa13.
Una nota dei curatori precisa che «si conserva un sigillo con questa impronta. Ma la moneta non si conosce; forse, essendo in piccola quantità, fu dai Fiorentini in seguito distrutta»14. Filippo Villani XI 63. «El conte Aldobrandino, el conte Nicola, el conte Gentile, figliuoli del conte Guido da Sovana di casa Orsina, venero la prima volta in Siena a dì 7 d’aprile [1362] al soldo del comuno di Siena, con cento omini a cavallo, e fu lo’ fatto grande onore, e poi andoro in campo del comuno di Siena…» (Cronaca senese di Donato di Neri e di suo figlio Neri [1352-1381], RIS tomo XV, parte VI, pp. 595). Matteo Villani però afferma esplicitamente che, alla richiesta d’aiuto da parte di Firenze, «i Sanesi senza altra scusa risposono, che non aveano gente da poterne loro servire» (XI 2). E la Guerra del Pucci associa i fratelli Orsini esclusivamente con la famiglia di Roma. 13 Cronaca senese dall’anno 1202 al 1362, con aggiunte posteriori fino al 1391, di autore anonimo della metà del secolo XIV, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, RIS tomo XV, parte VI (2 voll.), Bologna, Zanichelli, 1931-1939, p. 158. Il conio appare come ritorsione speculare del conio di monete ordinato da Ridolfo da Camerino sotto le mura di Pisa, con «quella volpe ch’è piena d’inganni / riversa in tutti a’ piè di San Giovanni» (Guerra, IV 7.7-8), non menzionato nelle cronache senesi. 14 La questione delle “beffe muccerie” (Filippo Villani XI 63) sembra colpire l’immaginazione dei cronisti, che non mancano di riferirle, ciascuno a suo modo, forse in parte anche trasformate dalla fantasia della tradizione orale. Filippo Villani riporta che «i Pisani feciono correre il palio per traverso a Rifredi e tra·lle schiere. Più feciono battere muneta, e al ponte a Rifredi impiccarono tre asini, e per dirisione loro puosono al collo il nome di tre cittadini, a ciascuno il suo. Ecco in che li savi Comuni di Firenze e di Pisa spendono i milioni di fiorini, rinovellando spesso queste villanie» (XI 63). La notizia trova un’ulteriore espansione nella Cronica domestica di Donato Velluti: «Poi un dì tutta la gente schierata ne venne infino in sul Rifredi, e ivi si fece cavaliere Ghisello, e corsono un 11 12
xvi cantari della «guerra di pisa»
In ambito fiorentino, la guerra con Pisa ebbe altri due relatori, generalmente trascurati dagli storici per la sinteticità del loro resoconto, ma che a noi interessano perché la loro versione dei fatti si avvicina a quella del Pucci, in contrasto con quella del Villani. A pochissimi anni di distanza dalla conclusione della guerra, fra il 1367 al 1370, Donato Velluti consacra un capitolo della sua Cronica domestica alle vicende della guerra (cap. XXXIX)15. Il suo resoconto ha piuttosto l’andamento della storia che della cronaca: il capitolo è interamente consacrato alla guerra tra Pisa e Firenze, senza distrazioni di eventi estranei, e le vicende sono narrate in modo da rendere chiara la consequenzialità delle offensive e controffensive delle due parti, sinteticamente ma esaustivamente. Sole concessioni alla prospettiva particolaristica, privata, che è una delle caratteristiche dell’opera, la menzione del ruolo che lo scrivente stesso (maggiorente del Comune di Firenze, giurista, già stato priore e spesso ambasciatore per il Comune) ebbe o mancò di avere nelle vicende della guerra; e la menzione particolareggiata dei movimenti delle truppe nemiche nei dintorni di Firenze quando, nel maggio del 1364, le compagnie di Giovanni Acuto e di Anichino Baumgarten ingaggiate dai Pisani resero tutti i possidenti di Firenze estremamente interessate alle sorti dei loro possedimenti nei dintorni della città: E perché sapeano [i Priori], la guerra mi dispiacea e amava la pace, avendo io le gotti, m’aspettarono bene xv dì: poi non guarendo, chiamarono altri… (p. 229) e ordinossi fossono a Radicondoli ambasciate loro e nostre; e fu chiamato Michele di Vanni di ser Lotto e io; ma a me vennono le gotte, onde non vi pote’ andare. Andovvi messer Paolo Vettori… (pp. 230-31) Tornò messer Galeotto nostro Capitano in Firenze, ed essendo creati due per quartiere a mettere ad esecuzione la pace fatta di quello appartenea a la parte nostra, tra’ quali io fui, ci fu commesso il suo onorare; e così facemmo… (p. 241)16 Poi il dì seguente si partirono ardendo a dibruciando, e passarono per Grieve e per le Campora e per Ema e dal Portico e dal Sodo per Arcetri, e già parte di loro aveano prese
palio, e impiccaronvi quattro asini, de’ quali poi mandarono una lettera in Firenze, la più brutta e villana udissi mai, dicendo che, faccendo una loro festa, certi nostri cittadini la sturbavano, come era messer Brunelo degli Strozzi, messer Asino de’ Ricci, messer Somaio degli Albizzi e messer…. de’ Medici, di che gli aveano impiccati». L’Anonimo pisano (seguito dal Sercambi) aggiunge con compiacimento altri dettagli: «E fatto questi cavalieri sìe corseno du’ palii molti richi, uno per lo Comune di Pisa, e l’autro per lo Comune di Lucca… e poi vi battetteno la moneta col chugno della Vergine Maria col figluolo in collo, e battetevisi fiorini e grossi, e di sotto da l’autro lato della ditta moneta si era l’aguila. E per più stratio vi apiccóno presso a la ditta porta della cità di Firense due acini e uno chane. E ppoi si ritornonno al Borgo a San Donnino…» (Cronica di Pisa, a cura di C. Iannella, 2005, cap. 113). 15 D. Velluti, Cronica domestica, a cura di I. Del Lungo e G. Volpi, Firenze, Sansoni, 1914, p. 233. 16 Il Velluti si presenta come uno dei principali artefici della decisione di Firenze di ritirare tutti i propri commerci dal porto di Pisa (cap. XXXVI, pp. 218 sgg.), e presenta la guerra come scatenata dalla caduta di Pietrabona nelle mani dei Pisani.
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze xvii tutte le case d’Arcetri verso Saminiato, infino al palagio de’ figliuoli di Paolo Covoni17, e parte n’arsono, e se avessono soggiornato, arebbono fatto grande danno, e pure di quello poco vi stettono, a me feciono grande danno di masserizie, d’aranci e altri frutte, e di grano e orzo, ch’era in erba… (pp. 237-38).
Altrettanto interessante, per alcune coincidenze con la Guerra del Pucci che saranno esaminate più avanti, una Cronichetta d’Incerto, che registra eventi relativi alla storia di Firenze dal 1301 alla fine del secolo XIV. La struttura è quella classica delle cronache, con gli eventi distribuiti anno per anno, e anzi introducendo ogni notizia con una data («Del mese di Dicembre Pietrabuona era de’ Pisani…», «Adì xxiiii di giugno i Fiorentini feciono oste grandissima a’ Pisani…», «E ancora in questo tempo i Fiorentini soldarono quattro galee armate…»)18. Il carattere sintetico del resoconto, che registra avvenimenti evidentemente passati da tempo, fa pensare che il redattore compendiasse dati ricavati da altre cronache più ampie. La guerra tra Pisa e Firenze forma un blocco compatto, senza interferenze di notizie estranee; la fine della guerra tra Pisa e Firenze è suggellata da una notizia che appare di natura conclusiva: «Durò questa guerra xxvi mesi, costò a’ Fiorentini xvii centinaia di migliai di fiorini»; e la prima notizia dopo la conclusione della guerra segna un intervallo di tre anni, col ritorno di Urbano V da Avignone a Roma, nel 136719. È quindi pensabile che la Cronichetta d’Incerto compendiasse una cronaca più ampia dedicata interamente ed esclusivamente alla guerra tra Pisa e Firenze. Alla famiglia dei Covoni apparteneva la prima moglie del Velluti, Bice. Cronache antiche di vari scrittori del buon secolo della lingua toscana, Firenze, Domenico Maria Manni, 1733. La raccolta comprendeva, oltre alla nostra, la Cronichetta d’Amaretto Mannelli, gli Annali di Simone della Tosa, il Tumulto dei’ Ciompi di Gino Capponi e i Commentari dell’Acquisto di Pisa di Neri Capponi. La Cronichetta d’Incerto è alle pp. 173-217, col resoconto della guerra di Pisa alle pp. 182-187. Tratta da un manoscritto segnato allora GP 1052 della biblioteca Strozziana, oggi BNCF II II 72. Il Manni la dice «di carattere del tempo dello scrittore, seconda metà XIV». Incipit: «Anni MCCCI [ma ms: mccc] Nel mese di Novembre il Papa mandò uno cardinale»; explicit: «I due pagarono, Bonifazio, e Antonio; gli altri rimasono». 19 La Cronica di Marchionne di Coppo Stefani (Baldassarre Bonaiuti), dal canto suo, riepiloga tutta la guerra in due capitoletti, seguendo il Villani; e poco profitto si ricava dalla lettura di alcuni altri diari contemporanei: il Diario d’anonimo fiorentino registra alcuni avvenimenti relativi alla guerra avvenuti nel 1364, dalla partenza dell’esercito guidato da Galeotto Malatesta sino all’arrivo a Firenze, il 4 agosto, dei prigionieri pisani (42 carrate) e al ritorno del capitano il 6 settembre; gli altri libri di ricordanze esaminati (il Libro di ricordanze di Bartolomeo di Caroccio Alberti, [1349-1367], pubblicato nei Libri degli Alberti del Giudice, a cura di A. Sapori, Milano Garzanti 1952, pp. 301-309; e le Ricordanze di Matteo di Niccolò Corsini [1362-1457], pubblicato da A. Petrucci, Il libro di ricordanze dei Corsini [1362-1457], Roma, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, 1965) si limitano a registrare compere, vendite e contratti di case e terre e risultano totalmente irrilevanti per la storia delle vicende pubbliche degli anni che ci interessano. Le tavole cronologiche di Matteo Palmieri (Liber de temporibus, 1459) registrano solo le seguenti notizie: «1361. Pisani contra Florentinos bellum resumpserunt. 1363. Pisani in proelio capti ad spectaculum florentini populi quadraginta quatuor curribus per urbem devehuntur». M. Palmieri, Liber de temporibus, Anni 1-1448, a cura di G. Scaramella, RIS, Nuova edizione diretta da G. Carduci e V. Fiorini, tomo XXVI, parte I, 1906, p. 117. Le date, come si vede, non corrispondono a quelle canoniche, ma lo Scaramella avverte che nel libro del Palmieri le date sono spesso inesatte. 17 18
xviii cantari della «guerra di pisa»
Per completezza, si potrebbero menzionare ancora le testimonianze di Franco Sacchetti, che in alcune sue rime allude ai fatti della guerra. In una canzone, composta mentre erano ancora aperte le ostilità e apparentemente subito dopo la conclusione della prima fase della guerra, il Sacchetti si rivolge alla «Volpe superba, vizïosa e falsa» che è Pisa, rinfacciandole le sconfitte inflittele da Fiorentini: Non credevi già mai che tuo terreno dagli nemici fosse sì percosso, e l’Arnonico fosso da tutti ti facea star sicura; ma tal fortezza ben ti venne meno. Quando vedesti l’essercito mosso già per correrti adosso, quel trapassando, verso le tue mura, per non voler aver piggior ventura tua gente arse fortezze, e rifuggiro. Po’ ti seguì maggior doglia e martìro: in su le porte i palii ti fur corsi. Assaggia questi morsi, spècchiati alquanto inverso la val d’Era, ne l’altre ville ancora attorno attorno, e vattene a rivera, e guarda le galee quel che le fanno, e come le catene al porto stanno. (vv. 73-90) ……………………………………………… Fama risuona che rifar ti credi, avendo appoggio dal signor lombardo… (vv. 99-100)
E dopo la vittoria definitiva di Cascina il Sacchetti sbeffeggia i Pisani in un sonetto dal tono beffardo, che si rivela nei soprannomi affibbiati agl’interlocutori e nei termini gergali e triviali utilizzati: Non so, Ciscranna, se son zaffi o zaffe ne’ gozzi vostri, o duol che più v’agghiada, di sei sconfitte che vostra masnada da noi già ebbe, ed ancor non son caffe; ma so ben ora che con ruffe e raffe cenere aveste che tanto ci agrada, e Ciampolon e Meoccio sanza spada eran con monna Ciola armati a giaffe. Se busse avémo, èvvi Barga cheta, Pisa a le porte e Val d’Era davanti e la posciaia, che non fu segreta: quarantadue carrate, e tutti quanti, con l’aguglia inanzi, a suon di peta,
Le cronache della guerra fra Pisa e Firenze xix sanza il fuoco di Livorno, e’ pianti. Ben che maggior fu forse il vostro stuolo che ’nsanguinò la torre a suolo a suolo20.
La «Guerra» del Pucci fra le cronache fiorentine La Guerra fra Pisa e Firenze del Pucci va esaminata naturalmente nei suoi rapporti con le altre versioni fiorentine della vicenda, non essendo né plausibili né di fatto verificati contatti con le versioni pisane, lucchese, senesi. Se si confrontano i cantari con la Cronica di Matteo e Filippo Villani, che è il resoconto più ampio e completo, si osserverà prima di tutto che la maggior parte delle vicende raccontate dal Pucci si ritrovano nella Cronica dei Villani, e spesso (almeno fino al cap. XI 40), nella stessa sequenza cronologica; si riscontra addirittura una fitta rete di minuti contatti verbali, che rientrano però essenzialmente in una tipologia di “frasi fatte”, attribuibili alla comune conoscenza di anonimi resoconti, orali o meno, delle varie vicende della guerra: Popolo e cavalier’ fuor de le porte di Pisa usciron con la imperïale (Guerra, I 16.1-2) colla imperiale levata, uscirono di Pisa (Nuova Cronica, XI 17, ll. 48-49); Disse: «Venite a la misericordia de’ Fiorentin se volete concordia». (Guerra I 29.7-8) … renderono il castello e le persone alla misericordia del comune di Firenze (Nuova Cronica, XI 20); e arendêrsi, salve le persone (Guerra, II 9.4) dierono la terra salvo loro avere e le persone (Nuova Cronica, XI 28); E de’ pregion che ’ soldati menaro furon contenti, senza paga doppia, (Guerra, IV 18, 1-2) i soldati più tosto vollono i prigioni, che paga doppia (Nuova Cronica, XI 54);
ma le differenze sono notevoli, e non solo perché il Pucci “seleziona”, nel fluire degli avvenimenti notevoli, soltanto quelli relativi alla guerra tra Pisa e Firenze e fa del suo resoconto un’opera pienamente compatta e autosuffi20 «Canzon distesa di Franco Sacchetti per vittoria avuta contra i Pisani», Sonetto indicato come «Risposta di Franco», Libro delle rime, a cura di F. Brambilla Ageno, n. XCIV e CXIX. L’edizione Ageno aggiunge al titolo la data congetturale [Maggio 1363]. Ma gli avvenimenti a cui allude la canzone si fermano al 1362, e la data è indicata chiaramente nella chiusa della canzone: «Canzon, tu puo’ contar per l’universo / che di Fiorenza valorosa parli, / la qual contro al diverso / popol di Pisa nel sessantadue / si mosse per punir l’opere sue». Nel maggio del 1363 avvenne in effetti un sanguinoso scontro, nei pressi di Bagno ad Acqua in val d’Era, in cui i Pisani furono sconfitti dai Fiorentini guidati da Piero Farnese, ma se l’evento fosse già avvenuto il Sacchetti non avrebbe certo mancato di menzionarlo. Anche in altre occasioni il Sacchetti non mancò di sottolineare la sua presa di posizione partigiana in favore di Firenze, per esempio nel 1369-70 quano si risvegliarono le ostilità fra Pisa e Firenze per il controllo di San Miniato (sonetti CXXXVII e CXXXVIII).