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Franco Contorbia
STUDI TESTI&
(Novi Ligure, 1946) ha lavorato all’Università di Genova dal 1971 al 2016. Ha insegnato per quarant’anni Letteratura italiana moderna e contemporanea.
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QUADERNO GOZZANIANO
«Adoro le date. Le date: incanto che non so dire, / ma pur che da molto passate o molto di là da venire»: i vv. 21-22 di un capitale testo gozzaniano come L’ ipotesi convengono esemplarmente al piccolo ventaglio di saggi accolti in questo Quaderno, allestito negli immediati dintorni del centenario della morte di Guido Gozzano da un gruppo di studiose e di studiosi appartenenti a generazioni diverse e titolari, in più di una sede universitaria (Genova, Pavia, Torino, Firenze), di esperienze di insegnamento e di ricerca irriducibili a una cifra comune. A voler indulgere per un attimo ai malcerti piaceri dell’ovvio, è fuori di dubbio che cento anni siano (sono) cento anni, e che, dunque, solo un po’ capziosamente, se non temerariamente, sarà lecito predicare, di Guido Gozzano e del suo esercizio inventivo in versi e in prosa, una improbabile “attualità”. Si potrà tuttavia aggiungere che nessun altro autore del primo Novecento italiano, ad eccezione di Serra, continua a esibire, a un secolo di distanza, una così radicale, armata ambiguità, capace di mettere a prova, in stagioni anche molto distanti tra loro, interpreti dotati di affilatissimi strumenti di indagine. Risiede forse qui, nella mercuriale mobilità di un oggetto supremamente sfuggente agli assedî spesso magistrali eppure mai decisivi di filologi ed ermeneuti, il segno di una, nonostante tutto, ininterrotta “fortuna” critica e storiografica nella cui lunga vicenda il presente Quaderno gozzaniano aspira ad occupare uno spazio certo laterale ma non incongruo. Franco Contorbia
QUADERNO GOZZANIANO a cura di FRANCO CONTORBIA
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studi e testi collana diretta da Simone Magherini, Anna Nozzoli, Gino Tellini
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La collana «Studi e Testi» intende promuovere e diffondere, in campo nazionale e internazionale, studi e ricerche sulla civiltà letteraria italiana, nonché edizioni critiche e commentate di testi della nostra letteratura, dalle origini alla contemporaneità. La qualità scientifica delle pubblicazioni della collana «Studi e Testi» è garantita da un processo di revisione tra pari (peer review) e dal Comitato scientifico internazionale. La collana «Studi e Testi» prevede pubblicazioni in formato cartaceo e digitale con un modello di diffusione a pagamento o ad accesso aperto (open access).
comitato scientifico internazionale Andrea Dini (Montclair University), Marc Föcking (Università di Amburgo), Gianfranca Lavezzi (Università di Pavia), Paul Geyer (Università di Bonn), Elizabeth Leake (Columbia University), Alessandro Polcri (Fordham University), Pasquale Sabbatino (Università di Napoli “Federico II”), William Spaggiari (Università di Milano), Gino Ruozzi (Università di Bologna), Michael Schwarze (Università di Costanza).
Quaderno gozzaniano a cura di Franco Contorbia
SocietĂ
Editrice Fiorentina
© 2017 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-409-2 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte con i quali non sia stato possibile mettersi in contatto
Indice
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manuela manfredini L’«inclinazione oggettiva». Le parole straniere nella poesia di Gozzano
33 gianfranca lavezzi Le ciliegie di De Amicis nel solaio di Villa Amarena 43 alessandro ferraro Guido Gozzano personaggio poetico tra Le seduzioni e L’insonne di Amalia Guglielminetti 59 lucilla lijoi Statue lungo i viali, statue sopra i tetti. Variazioni sul tema tra Gozzano e Savinio 81 mariarosa masoero Guido Gozzano in Liguria 107 franco contorbia Uno scritto disperso di Antonio Baldini su Gozzano (1935) 113 francesca castellano Alfonso Gatto lettore di Gozzano (1938-1966) 127 simona morando Giovanni Giudici: il suo Gozzano senza grazia
Manuela Manfredini
L’«inclinazione oggettiva» Le parole straniere nella poesia di Gozzano
1. Nel corso del Novecento, la presenza di forestierismi nella poesia italiana non segue un andamento costante né cresce, come si potrebbe supporre, progressivamente: se il numero delle parole straniere in versi appare degno di nota fino agli anni Venti, dai Venti alla fine dei Trenta cala d’improvviso, toccando livelli vicini alla irrilevanza del fenomeno; con gli anni Quaranta, si registrano i primi segni di un’inversione di tendenza che porta, negli anni Sessanta, a una netta impennata che tocca il suo culmine alla fine degli anni Settanta; con gli anni Ottanta e Novanta la presenza dei forestierismi poetici si stabilizza su un impiego importante ma quantitativamente inferiore al boom degli anni Settanta1. Sulla consistenza dell’elemento forestiero in versi influiscono vari fattori quali la tendenza poetica del periodo o l’idioletto del singolo poeta, tanto che la preferenza per il monolinguismo o il plurilinguismo, la scomparsa o il silenzio di un certo autore possono determinare un significativo spostamento dei dati numerici. È il caso, ad esempio, di Gian Pietro Lucini, uno dei maggiori utilizzatori di forestierismi, il quale, morendo nel 1914, contribuisce fortemente a caratterizzare statisticamente il primo Novecento come periodo “accogliente”, a differenza di quanto accadrà con i poeti attivi negli anni Venti e Trenta. Non si tratta semplicemente di trasferire alle parole straniere gli effetti del manualistico “ritorno all’ordine”: oltre alla morte di Lucini, di Gozzano e di Boine, la chiusura temporanea agli apporti stranieri deriva anche dal silenzio poetico di Palazzeschi e Moretti – che non torneranno alla lirica sino oltre la metà del secolo –, di Campana e di Soffici, con il quale si chiude la stagione più interessante della poesia futurista. È però innegabile che sulla generale strategia di evitamento della parola straniera in versi tra anni Venti e Trenta (con l’eccezione di alcune parole d’uso francesi nel
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In questo paragrafo vengono sinteticamente ripresi alcuni risultati di Manuela Manfredini, Sondaggi sul lessico forestiero nella poesia italiana contemporanea, in «Studi di lessicografia italiana», XVII, 2000, pp. 237-277.
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Manuela Manfredini
Pavese di Lavorare stanca: garage, brioches, réclame) influisca l’orientamento prevalente della cultura rivolto ad un «rinascente classicismo» che opta per «forme più elette e rare, anche se non più antiche, tutte le volte che è possibile»2. All’inizio del Novecento, i forestierismi trovano una certa accoglienza presso alcuni poeti cosiddetti crepuscolari, anche sulla scorta di quanto aveva fatto Pascoli nel celeberrimo poemetto Italy, modello omaggiato, o anche soltanto alluso, per i componimenti plurilingui di questo periodo. L’avvicinamento alle parole straniere, che, nell’Ottocento e a inizio Novecento, costituiscono un contingente importante nel linguaggio quotidiano delle classi borghesi, consegue all’allargamento dei confini tematici e linguistici del poetabile, a una ricerca di maggior realismo e precisione che ottengono l’effetto di abbassare il lessico poetico in direzione della prosa e, al tempo stesso, di impreziosirlo virando verso l’esotico. Rispetto alla poesia comico-realistica ottocentesca e alle scelte pascoliane, la novità del forestierismo in versi novecentesco risiede nella volontà di mescolare gli stili, di esautorare la regola della separazione dei livelli che relega al comico e all’umile i temi e le parole quotidiane. Insomma, che la lingua della poesia italiana del Novecento abbia trovato nelle parole straniere una fonte importante per il rinnovamento e l’arricchimento del suo vocabolario3 è affermazione sottoscrivibile a patto però di non enfatizzare oltre misura il ruolo di quella che è soltanto una delle componenti del lessico e dell’idioletto di un autore: mentre per autori come Lucini, Govoni e il primo Moretti, l’apporto di parole straniere alla poesia è variabile ma comunque rilevante, per autori come Gozzano, come vedremo, si tratta di una presenza discreta e non invadente. 2. Una prima informazione intorno al rapporto del poeta con la parola straniera si può ricavare dalla grafia impiegata per riprodurla. In generale, si può dire che l’adozione di uno stesso carattere tipografico, sia per parole provenienti da lingue straniere sia per quelle italiane, denota la volontà di non differenziare tra loro gli elementi lessicali del componimento, di porli, indipendentemente dalla loro lingua di provenienza, in rapporto paritario e dunque di non connotare ulteriormente l’elemento forestiero che, per la sua struttura fonomorfologica, appare già marcato. La resa del forestierismo con il carattere corsivo, invece, appare funzionale a una messa in rilievo “oculare” di un elemento lessicale che il poeta sente, per diverse ragioni, estraneo al codice linguistico e poetico che sta utilizzando. Posto che per valutare le ragioni della scelta del tipo di carattere con cui si riproduce il forestierismo vanno tenute presenti, oltre alla intenzione autoriale, anche le consuetudini della casa editrice scelta dal poeta4, lo scarto tipografico, oltre ad
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Vittorio Coletti, Storia dell’italiano letterario, Torino, Einaudi, 1993, p. 426. La lingua più usata nei primi due decenni del Novecento è il francese seguito dal latino e, a una certa distanza, dall’inglese. Le principali aree semantiche di provenienza delle parole sono la terminologia liturgica, l’abbigliamento, il ballo, i mezzi di trasporto e la cucina. Un caso di grafia tonda o corsiva che non dipende da un’intenzione autoriale, ma da una consuetudine tipografica della casa editrice si ha con L’incendiario (1910) di Aldo Palazzeschi. Quando la raccolta esce per i tipi di «Poesia» – la casa editrice di Marinetti –, i forestierismi non sono segnala-
L’«inclinazione oggettiva»
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esprimere una certa presa di distanza del poeta dal materiale lessicale allogeno, si incarica di chiarire al lettore che l’uso del forestierismo risponde ad un’intenzione mimetica o realistica, di riproduzione o citazione fedele di un discorso sociale “altro”. Allo stesso modo, però, proprio perché lo scarto tipografico richiama l’attenzione del lettore, l’effetto di distanziamento si attenua e sollecita surrettiziamente la complicità del fruitore. Dagli spogli effettuati5, risulta che mentre, nel Novecento, la maggior parte dei forestierismi poetici è in tondo6, nei primi due decenni del secolo è invece il corsivo a prevalere, interessando circa il 65% dei forestierismi registrati. Anche in questo dato, determinante è la prassi luciniana, orientata al corsivo, mentre nel caso di un poeta come Guido Gozzano, si può addirittura riconoscere un atteggiamento diverso a seconda delle scansioni interne della produzione: il corsivo è il carattere prediletto nella fase inziale della Via del rifugio (1907), mentre nei Colloqui (1911) prevale il tondo con l’unica eccezione di Pioggia d’agosto (personae, v. 189)7. 3. Oltre alla evidenza tipografica ottenuta con l’uso del corsivo, il forestierismo poetico può trovarsi in posizioni del verso più o meno retoricamente marcate. Mentre nel mezzo la portata stilistica della parola straniera appare debitamente contenuta dalle circostanti parole italiane, nella punta del verso, la sua presenza – tanto più se il forestierismo è anche sede di rima8 – viene volutamente esibita. Un caso particolare si ha quando il verso si presenta con una forte e costante cesura al mezzo oppure quando è nettamente composto di due misure perché, in questo caso, diviene sede marcata anche la punta interna, cioè la fine del primo emistichio, su cui cade, quando c’è, la rima al mezzo. Poiché nel primo ventennio
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ti con il corsivo. Più che da un’esplicita volontà del poeta fiorentino, la scelta pare derivare da una consuetudine editoriale, motivata da una precisa politica culturale; infatti, i forestierismi, nell’uso della poesia futurista, vengono costretti a coabitare alla pari con l’italiano, senza purismi e reticenze. È significativo che, una volta chiusa l’esperienza futurista, quando pubblicherà le sue poesie presso altre case editrici, Palazzeschi segnali i forestierismi col corsivo. Compiuti in Manuela Manfredini, Sondaggi sul lessico forestiero nella poesia italiana contemporanea, cit. In particolare, il numero totale dei forestierismi poetici presi in considerazione, 3524, è così suddiviso, in base alla grafia: il tondo riunisce ben 2969 parole (84%), il corsivo 497 (14%) e il maiuscolo 58 (2%). Si veda il già citato Sondaggi sul lessico forestiero nella poesia italiana contemporanea, § 2.6. Salvo diversa indicazione, l’edizione di riferimento per Guido Gozzano è Tutte le poesie. Testo critico e note a cura di Andrea Rocca, introduzione di Marziano Guglielminetti, Milano, Mondadori, 1980. Le raccolte gozzaniane verranno citate in sigla secondo il seguente criterio: VR (La via del rifugio), CO (I colloqui), PS (Poesie sparse). Nella sezione editoriale Poesie sparse, tra i versi pubblicati su periodico figurano due forestierismi in corsivo: yacht e cocotte (L’ipotesi 115 e 118). Per agevolare la classificazione, abbiamo contato tra forestierismi in rima anche diversi casi di assonanza e consonanza più o meno perfetta (cfr. §2.7.), poiché «Quanto alla rima, essa è tutt’altro che abbandonata dalla poesia del Novecento, ma ne è di regola abbandonata la strutturazione in schemi rigidi; al di fuori di questi, e in modo libero e variabile, la poesia moderna è anzi frequentemente intessuta di giochi di equivalenza fonica, rime assonanze, consonanze, distribuite in modi complessi in fine di verso e all’interno» (Pietro G. Beltrami, La metrica italiana, Bologna, il Mulino, 1991, p. 215).