DON RENZO ROSSI
LETTERE DAL
BRASILE a cura di
Matteo Del Perugia
SocietĂ
Editrice Fiorentina
Don Renzo Rossi
Lettere dal Brasile a cura di
Matteo Del Perugia
SocietĂ
Editrice Fiorentina
© 2012 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it blog www.seflog.net/blog facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account www.twitter.com/sefeditrice isbn 978-88-6032-219-7 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Le foto nel presente volume sono tratte dagli archivi privati di don Renzo Rossi, Mario Giubbi e Lorenzo Lisci, che hanno gentilmente concesso il diritto alla pubblicazione
Finito di stampare nell’aprile 2012 da Tipografia Monteserra (Vicopisano - Pi)
Questo volume è stampato su carta ecologica Fabriano Bioprima Book da 100 gr
Indice
7 Credere veramente in Dio e in un mondo migliore di Silvano Piovanelli 11 Introduzione di Matteo Del Perugia lettere dal brasile
15 Prima lettera dal Brasile
21 Gli Alagados
23 Lettera di Pasqua
33 Lettera d’estate
39 Lettera di Natale
45 Lettera di primavera
61 Lettera di settembre
71 Lettera di Pasqua
81 Lettera di “tre anni dopo”
91 Lettera di maggio
105 Lettera di Natale
115 Lettera “speciale” dal Brasile
119 Dopo il ritorno, lettera agli amici
121 Lettera straordinaria per l’alluvione
125 Lettera dopo l’alluvione
137 Lettera di fine estate (sette anni dopo)
147 Lettera del venticinquesimo
159 Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutta la creazione!
163 Dieci anni dopo
169 Una giornata in carcere
193 Lettera dell’amicizia dopo 14 anni di Brasile
203 Continuo il mio cammino con gioia piena
testimonianze 209 Don Renzo, un uomo innamorato di Dio di Mauro Barsi 213 Osservazioni e caratteristiche dell’attività missionaria diocesana di Sergio Merlini 219 Il ruolo di don Alfredo Nesi nella diffusione delle lettere dal Brasile di Matteo Del Perugia
Credere veramente in Dio e in un mondo migliore
Chi legge queste lettere – le lettere di don Renzo Rossi dal Brasile – fa sicuramente la stessa esperienza che ho fatto anch’io: sente che dentro vi palpita il cuore, con grande forza. Don Renzo non scrive per dovere o per rispondere a un impegno preso con se stesso. Scrive assecondando il bisogno di stare in comunicazione e condividere con gli altri la propria esperienza. Ecco perché afferma: «lo scrivere per me è il divertimento più grande». Scrive avendo dinanzi agli occhi tutte le persone che ha incontrato in Italia nei primi diciassette anni del suo sacerdozio (1948-1965): «vorrei scrivere a tutti, uno per uno, personalmente. La mia lettera è, nelle intenzioni e nel cuore, una lettera personale». Questa confidenza personale, che è caratteristica del suo modo di porsi in relazione ed emerge in tutta la corrispondenza, viene talvolta anche sottolineata. Come quando, al quinto anno della esperienza brasiliana, avverte: «Questa è una lettera intima, personalissima. Il valore dell’amicizia mi è apparso qui in Brasile più grande e più intenso di quanto non credessi. Mai sono stato felice come ora. Eppure i primi due anni sono stati terribili sul piano sia della solitudine, sia del dover ricominciare tutto da capo. Ringrazio Dio perché ce l’ho fatta, a volte ho avuto veramente paura di non farcela. Ecco, ve lo confesso sinceramente, il vostro aiuto è stato determinante. Non lo ringrazierò mai abbastanza di essere fiorentino!». Quante volte il canto del cuore gli uscirà spontaneo per ripetere: «Sono veramente sereno, in piena forza. Non dico che a volte non
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mi sia difficile accettare la realtà attuale, specie quando penso al mio “vecchio mondo”, ma dico che il Signore è tanto buono e mi dona continuamente tanta pace e tanta gioia per avergli detto di sì»; «Lui continua a riempirci della sua grazia. Nello stesso tempo aumenta per me la gioia di essere in Brasile»; «mi sento ogni giorno più felice di essere prete in questa epoca meravigliosa e difficile, con tanti problemi nuovi, con tante prospettive piene di bene»; «non avrei mai creduto che si potesse essere tanto felici come preti! La mia vita è stata misurata soprattutto dalla gioia. Dopo 25 anni sento di non aver rischiato nulla, la gioia ha superato qualsiasi immaginazione». Una gioia strettamente legata all’amicizia: «non mi sono mai pentito di essermi consacrato: proprio nel rinunziare ad un amore particolare il cuore si allarga e diventa possibile essere di tutti ed amare tutti senza appartenere a nessuno. È qui, mi sembra, il segreto delle tantissime amicizie che il Signore mi ha donato». Amicizie antiche, custodite ed alimentate anche a distanza, ma che non impediscono, anzi aiutano ad allargare il cuore a «questa gente – dice – che ci entra sempre più nel sangue e nel cuore, continuando a scoprirne i lati buoni». E avvertendo il bisogno non solo di servire i poveri, ma di essere come loro, fino a mettersi, dopo un’alluvione, a riparare case di fango di famiglie poverissime, fino a «sentirsi quasi colpevoli di fronte a tanto dolore e a tanta nudità». E fino a fargli dire, dopo lunga riflessione e preghiera: «ho scelto per sempre il Brasile» e, nell’autunno del 1981, dopo sedici anni di Bahia, «continuo il mio cammino con gioia piena». Pur nelle difficoltà della contestazione generale, pur nell’impegno di una ricerca di autenticità nel mondo dei poveri, pur nel costatare posizioni di rottura e nuove impostazioni di fede. «Tutto questo – confessa – non mi toglie la pace interiore, fiducioso nell’amore di Dio, ma la ricerca non è per questo meno dolorosa». «L’essenziale – ci dice – è restare lì, essere dove Dio ci vuole, è cercare insieme alla gente, imparando da loro a non scoraggiarsi mai, a credere veramente in Dio e in un mondo migliore». «Allora, più tu scendi vicino agli ultimi, più ti scopri vicino a Dio. Ecco perché l’incontro con i prigionieri politici del presidio militare di San Paolo segnerà – dice espressamente don Renzo – uno dei giorni più belli della mia vita e del mio sacerdozio». 8
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È facile cogliere in questa “seconda giovinezza” – «ancora più bella della mia prima giovinezza», confida don Renzo – il desiderio acuto di trasmettere alla sua Chiesa e alla sua Firenze, di cui si sente orgogliosamente figlio, la passione della missione, l’attenzione affettuosa per imparare anche dagli altri ad affrontare le grandi sfide del Vangelo nel nostro tempo, ed insieme, «ogni giorno più urgente e struggente, il bisogno della contemplazione e della preghiera». Queste lettere, pubblicate oggi, possono soffiare sulla fiamma qualche volta un po’ smorta della nostra fede, farci crescere nell’impegno ancora troppo debole di donare amicizia affinché la nostra gioia sia piena, e far palpitare, come diceva La Pira, la nostra speranza contro ogni speranza. Card. Silvano Piovanelli
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Introduzione
Quando mi sono capitate sottomano le copie originali delle “lettere dal Brasile”, fin dal primo momento mi sono reso conto che erano importanti; non potevo lasciare da parte una storia della chiesa fiorentina così bella e intensa. Una storia che continua ancora oggi, come permane l’amicizia che don Renzo mantiene con una grande quantità di persone con le quali ha condiviso quei momenti cosi drammatici e intensi. Don Renzo Rossi, nato a Firenze nel 1925, entra in seminario a tredici anni e fin da seminarista sogna di partire in missione. Verrà ordinato sacerdote nel 1948 e nel corso degli anni svolgerà il suo servizio nelle parrocchie di Montelupo, S. Gervasio, Brozzi, Vicchio del Mugello, Rifredi (con don Franci e mons. Facibeni) e infine al Porto di Mezzo a Lastra a Signa. Insieme alla sua attività parrocchiale porta avanti una presenza nelle fabbriche di Firenze (Italgas, Fiat, Officine delle Ferrovie a Porta a Prato). Nel 1964 chiese di partire missionario per l’India o in Africa ma inizialmente la sua richiesta non venne accolta. L’anno successivo il card. Florit gli indica il Brasile come destinazione per la sua missione, in quanto alcuni vescovi brasiliani avevano sollecitato personalmente il vescovo per l’invio di sacerdoti fiorentini. Nelle favelas di Salvador Bahia inizia la sua attività nella parrocchia di N.S. di Guadalupe, e negli anni successivi girerà per i grandi stati del Brasile a portare conforto ai prigionieri politici a seguito della dittatura militare (1970-1982). Tornerà definitivamente a Firenze nel 1997.
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Le “lettere dal Brasile” sono delle vecchie fotografie che aprono un album di ricordi della storia personale e comunitaria; nella prima lettera (scritta dopo appena quaranta giorni) don Renzo, seduto in riva al mare, ci saluta in modo affettuoso in portoghese, forse voleva sentirsi già brasiliano! Ma queste lettere non sono solo un diario, sono una continua riflessione sul suo operato, un ripensare a voce alta alle vicende quotidiane e ai grandi interrogativi che il contesto storico (siamo negli anni ’60) provocava; infatti torna sempre martellante quella domanda: «come è possibile l’evangelizzazione se prima non c’è una elevazione umana?». Quelle che ho trascritto sono l’insieme delle lettere di don Renzo (ventidue in sedici anni) ridotte e riassunte rispetto alle originali. Visto che per lui era una gran gioia scrivere, non si è affatto risparmiato e se dovessimo ristamparle per intero, ci vorrebbero almeno due volumi. Spero comunque di esser riuscito a lasciare integro lo stile tipico di don Renzo, amichevole, intenso e soprattutto gioioso. Il suo scrivere in modo confidenziale ci permette, anche a distanza di trentacinque anni, di sentirsi coinvolti nella vita quotidiana di quella comunità. L’ampiezza di queste lettere non mi ha permesso di riportare gli scritti degli altri missionari in Brasile: infatti dopo le prime sette, scritte interamente da don Renzo, le successive comprendevano anche scritti di don Sergio Merlini, don Paolo Tonucci e Maria Grassi. L’occasione del quarantesimo del premio assegnatogli dal Comune di Firenze (novembre 1972-novembre 2012) all’intera comunità fiorentina in Brasile, potrebbe essere l’occasione per pubblicare gli scritti omessi adesso. L’augurio che posso fare a ogni lettore è quello di sentirsi chiamato in causa da questa storia, una storia di vera amicizia, di grande gioia, di fede autentica. Matteo Del Perugia
Nonostante l’intenzione, don Renzo non è riuscito a correggere il mio lavoro di riduzione pur essendone favorevole; quindi mi assumo la responsabilità di eventuali errori e omissioni. 12
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Prima lettera dal Brasile
Salvador Bahia, 8 dicembre 1965 Carissimi, ormai da quaranta giorni sono in Brasile, nel famoso Nord Est e precisamente a Salvador, nello stato di Bahia. Sono dunque un prete brasiliano, anche se nel cuore mi sento sempre fiorentino. Ancora non ho iniziato il mio lavoro di apostolato. In questi primi tempi ho seguito un corso di preparazione alla futura attività ed ho cercato di imparare la lingua portoghese. Tra due giorni andrò a Nazaré, una parrocchia dell’interno, per acquistare un po’ di pratica pastorale, tenendo conto degli usi e costumi brasiliani. Ai primi di gennaio sarò inviato finalmente nel campo di lavoro a me assegnato, precisamente Guadalupe, alla periferia di Salvador. Sono sereno ed in pace, in perfetta salute ed allegro e quando mi prende un po’ di nostalgia mi difendo a base di parolacce (in fiorentino!). Veramente non pensavo di rivolgermi a tutti gli amici con una lettera circolare, essa mi appare strana, quasi un atto di vanità, tanto per far parlare di me! Ma due sono i motivi che mi spingono a scrivervi. Prima di tutto sono contento di dar notizie di me ai tanti amici sparsi un po’ dovunque ed ai quali per mancanza di tempo non avrei mai potuto rivolgermi personalmente. L’amicizia per me è sacra e la considero come uno dei doni più belli che Dio abbia fatto al mio sacerdozio. In tal modo ho l’occasione di dare a tutti voi il mio saluto affettuoso e la certezza che vi ricordo sempre con gioia. E
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poi don Nesi dice che posso fare un po’ di bene partecipando ad altri il mio impegno interiore. Lui afferma che se Dio mi ha chiamato ad essere presente con il mio sacerdozio in tanti ambienti, dalle varie parrocchie alle officine, dal Porto di Mezzo alla Fiorentina, ho il dovere, ora che ho iniziato un nuovo cammino, di mantenere i contatti per aiutare gli altri a dire di “sì” al Signore. Ed allora ecco che, dopo lunga riflessione, mi son deciso a scrivervi. Dopotutto, in questo momento ho abbastanza tempo a disposizione e poi, tra pochi giorni è Natale! Scrivo pensando a ciascun di voi in particolare, accettate questa lettera con semplicità, come un gesto di affettuosa amicizia. Cominciamo dalle cose più spicciole, il clima; qui a dicembre è estate. Fa un gran caldo, temperato però dal vento che viene dal mare. Le scuole sono già terminate da una settimana. E penso a voi immersi nel freddo dell’inverno. Provate se vi riesce a dormire a finestra aperta e con il solo lenzuolo! Il cibo è buono, ma tutto diverso dalla cucina toscana, sempre a base di riso e fagioli! A Rio de Janeiro dove sono sbarcato il 29 ottobre ho visitato le famose favelas, è una situazione indescrivibile; una delle esperienze più sconvolgenti del mio sacerdozio. Per tre ore sono stato tra loro ed ho incontrato la più terribile miseria umana, la fame nera, le malattie, le capanne di legno o di alluminio, i tanti bambini nudi con i loro occhi meravigliosi. E lì accanto i grattacieli di Rio, contrasto stridente e accecante tra ricchezza e miseria. E non crediate che si tratti di un piccolo gruppo, a Rio esistono più di cento favelas con circa 10.000 abitanti l’una, per un totale di quasi un milione di persone. Pensate inoltre che tra quella povera gente non ci vive né un prete né un medico. Da Rio sono risalito per circa 1.800 chilometri viaggiando in pullman per 34 ore continuamente. Tra continui saliscendi nel verde dei monti e delle pianure, sono arrivato a Salvador. E così durante il viaggio ho conosciuto un altro aspetto del Brasile; la vita di provincia, la vita dei piccoli villaggi dell’interno, un mondo tanto diverso dal mondo italiano! Da Salvador poi, per seguire un corso di preparazione, sono stato trasferito nell’isola di Itaparica, in una posizione incantevole dal punto di vista naturale, ma avvolta ugualmente in tanta miseria. 16
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Nell’isola ci sono villaggi con migliaia di abitanti, lontani da ogni grado di civiltà. Domenica, per esempio, ho celebrato la Messa a S. Amaro di Batù, paese di 4.000 persone, dove non abita il prete e viene celebrata la Messa soltanto ogni quindici giorni. Naturalmente miseria e la fame hanno qui dominio assoluto. Il 17 Novembre ho visitato a Salvador, città moderna, pur con la sua ricca storia di ex-capitale del Brasile, gli “alagados”. Sono rimasto senza fiato! Una situazione peggiore di quella delle “favelas” di Rio. Impossibile fare la descrizione precisa, la realtà supera ogni fantasia. Sono stato a visitare la parrocchia dove io ed un altro sacerdote italiano inizieremo ai primi di gennaio il nostro lavoro a “Nostra Signora di Guadalupe”, una zona di circa 80.000 abitanti. Non esiste Chiesa parrocchiale, c’è soltanto una cappella (grande la metà della Chiesa del Porto di Mezzo). E naturalmente non c’è la canonica. Per noi due ci saranno soltanto due piccole stanze, una per ricevere le persone e per mangiare, l’altra per i nostri letti. Ma non vi preoccupate, siamo allegri e tutto è grazia. I preti di Salvador ci hanno detto che la zona di “Guadalupe”, dopo quella degli “alagados”, è la più povera di Salvador. La diocesi è composta di quasi due milioni di abitanti e ha appena 64 preti, quasi la metà di questi supera i 60 anni, esistono parrocchie di 40.000 persone senza prete e con una Messa celebrata soltanto la domenica. E penso a tanti parroci italiani con quattrocento anime. La frequenza alla Chiesa è minima, appena il 5% della popolazione è avvicinata dal prete. Specialmente alla periferia, la maggior parte delle unioni matrimoniali e dei funerali avvengono senza la presenza del sacerdote. Esistono in Brasile problemi di natura pastorale veramente terribili, inimmaginabili nella nostra Italia. Eppure il popolo è veramente buono. Non esistono forme di anticlericalismo, ma solo una tremenda ignoranza religiosa, causata dalla mancanza di assistenza spirituale. C’è qui una bontà naturale, un desiderio di comprensione che aprono al futuro grandi possibilità di bene, purché ci siano apostoli, preti e laici, disposti a donarsi totalmente. Attualmente la chiesa come realtà viva è in pratica assente, nonostante che i preti di quaggiù siano veramente generosi e lavorino con intelligenza, ma la 17
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loro presenza è insufficiente per dare al popolo il senso della chiesa come madre. Due aspetti colpiscono immediatamente chi arriva nel nord est del Brasile, la grande ricchezza e la grande miseria, l’ingiustizia sociale tremenda con una fame ed una povertà non misurabili statisticamente. Ma quel che in un certo senso è ancora più terribile è che il popolo, eccetto un piccolo gruppo di giovani che fa sul serio ma che per ora non ha in mano alcun strumento politico, non avverte il peso morale della ingiustizia sociale a cui è sottoposto; vive e lascia vivere, quasi con un senso di fatalismo. Inoltre, per la situazione politica del Brasile, chi parla più forte di ingiustizia è tacciato di comunismo (accusa che è rivolta tanto spesso anche ai Vescovi brasiliani!). Ecco dunque le mie prime impressioni! Dopo quaranta giorni mi rendo conto che ho fatto bene a venire in Brasile. La scelta del Cardinale di Firenze, dopo aver dato il suo consenso alla mia partenza per le Missioni, è stata giustissima. È qui il mio posto! Penso, al bene che avrei potuto fare a Firenze, in parrocchia, nelle officine ed in altri ambienti, ma è solo una tentazione. Prima di tutto sono convinto che è il Signore che fa tutto (noi siamo solo poveri strumenti nelle sue mani) e poi del bene da fare ce n’è enormemente di più quaggiù. Dappertutto è Chiesa! Sono infatti venuto qui in Brasile non per spirito di avventura né per scontentezza ma per una lenta maturazione dei mio sacerdozio. La decisione di partire missionario si è sviluppata in me da alcuni anni ed è diventata chiarissima nel silenzio della mia parrocchia di Porto di Mezzo, a quaranta anni c’è, a volte, una seconda chiamata del Signore. E così Lui mi ha fatto l’immenso dono di chiamarmi di nuovo. Ed io gli ho detto di sì, ecco qui, niente di speciale, soltanto un sì. Ma ora basta davvero! Forse vi annoio! non so, ma resta il fatto che ora, dopo questa lunga chiacchierata, sono più contento. Vi sono tanto vicino, cari amici, e vi ricordo con gioia e con affetto. Prego per voi affinché nella vostra realtà quotidiana, siate capaci di dire sempre di si qualunque cosa Egli vi chieda, rinnovando ogni giorno il vostro impegno di bene. Nel giorno di Natale vi penserò in modo particolare. Anche voi ricordatevi di me, di questo prete bischero, trapiantato in Brasile, 18
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che vi vuole un gran bene e che è venuto quaggiù anche per voi. Che Gesù Bambino vi accarezzi e metta tanta pace nel vostro cuore! Salutissimi ai vostri cari e alle vostre famiglie. Ricordo tutti, uno per uno. Até logo e o Senhor vos acompanhe!!! Un abbraccio fraterno Renzo Rossi, prete
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pietra di paragone Si tratta di testi che ripropongono al vasto pubblico esperienze significative, memorie nascoste, testimonianze, biografie, documenti e approfondimenti sul pensiero e l’opera di uomini che nel loro impegno quotidiano (civile, politico, religioso) hanno avvertito come cruciale la domanda sul significato della loro esistenza.
Piero Bargellini, Il miracolo di Firenze. I giorni dell’alluvione e gli “angioli del fango”, con un testo di Lelia Cartei Bargellini, 2006 Edoardo Martinelli, Don Lorenzo Milani. Dal motivo occasionale al motivo profondo, con il testo integrale della Lettera ai giudici, 2007 Giorgio La Pira. I miei pensieri, a cura di Riccardo Bigi, con una testimonianza di Giulio Andreotti, 2007 Silvano Piovanelli, Don Giulio Facibeni. «Il povero facchino della divina provvidenza», 2008 Don Divo Barsotti. Il cercatore di Dio. Dieci anni di interviste, a cura di Andrea Fagioli, presentazione di Camillo Ruini, 2008 Rolando Perri, Presenze femminili nella vita di don Lorenzo Milani. Tra misoginia e femminismo ante litteram, 2009 Alberto Migone, Testimoni nel quotidiano, a cura di «Toscana Oggi», introduzione di Andrea Fagioli e Romanello Cantini, 2010 Mario Bertini, Don Carlo Zaccaro: la fantasia dell’amore, Profilo biografico, interviste, testimonianze, presentazione di Mario Graev, 2011 Andrea Bellandi, Francesco Mininni, Roberto Benigni. Da «Berlinguer ti voglio bene» alla «Divina Commedia»: il percorso di un comico che si interroga su Dio, a cura di Riccardo Bigi, 2011 Antonio Miscio, I Salesiani di don Bosco a Firenze (1881-2011), 2011 Silvano Nistri, Elia Dalla Costa, prefazione di Giuseppe Betori, 2011 Pierfrancesco Amati, Don Mario Boretti, 2012