Giuseppe Turrini: Kālidāsa, il Risorgimento e la polemica anticattolica tra Otto e Novecento

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Introduzione

Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, ertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov’ ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange. Però chi d’esso loco fa parole, non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Orïente, se proprio dir vuole. (Dante, Paradiso, XI, 43-54)

La figura di Giuseppe Turrini (1826-1899), medico, letterato, patriota e indologo è rimasta a lungo dimenticata nel panorama —ancora troppo trascurato— della storia degli studi indologici in Italia. Figura severa nel portamento, cattolico moderato e con una spiccata propensione verso la società civile e la formazione delle giovani generazioni della neonata nazione, il Turrini nasce ad Avio in un territorio di ‘confine’ —il Trentino— dimostrando fin da subito l’adesione ai valori e all’attivismo che portò i giovani delle élites borghesi e della piccola aristocrazia ad unirsi e insorgere contro l’oppressore straniero durante i moti risorgimentali del 1848. Dopo il travagliato periodo in esilio durante la Restaurazione e il conseguimento della laurea in medicina a Pisa, sarà prima nel Granducato di Toscana da autodidatta e poi a Torino, sotto la guida del suo primo vero maestro, Gaspare Gorresio, che il Turrini affinerà la sua formazione nella filologia indoeuropea e negli studi indologici.


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