L'IMPERIALISMO

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Introduzione. Quando si parla di imperialismo si pensa subito alla guerra. Questa associazione non ha bisogno di spiegazioni ed è oggi largamente assimilata in funzione della condotta degli Stati Uniti d’America, che impongono con la forza il loro controllo su quei paesi considerati strategici per la presenza di risorse naturali. Se si nomina la parola imperialismo viene spontanea l’associazione con l’Iraq, l’Afghanistan ecc. Tuttavia siamo sicuri che il binomio imperialismo – guerra, riesca a dare una definizione esaustiva dell’imperialismo? La domanda non è semplice retorica, né tantomeno volontà di attribuire una definizione a tutto, ma si ripercuote con assoluta importanza nella lettura della fase attuale. Senza una corretta definizione di imperialismo, è impossibile definire ciò che è antimperialismo. Questo assume enorme importanza oggi nel cosiddetto “mondo multipolare” che vede oltre agli Stati Uniti, che hanno dominato in modo pressoché indiscusso dalla fine dell’URSS e del campo socialista, l’emergere di nuove potenze che contendono agli USA sfere d’influenza in una sorta di nuova e più moderna divisione del mondo. Agli Stati Uniti oggi si affiancano l’Unione Europea, e i cosiddetti BRICS. Senza la pretesa di mettere tutto nello stesso calderone, quello che ci interessa qui spiegare è che l’imperialismo rappresenta una determinata fase dello sviluppo del sistema capitalistico, le cui ragioni trovano fondamenta nella tendenza alla concentrazione del capitale in monopòli, alla fusione tra capitale bancario e capitale industriale, alla necessità di esportare questi capitali al di fuori dei confini degli stretti Stati nazionali. L’imperialismo esiste prima dell’utilizzo della forza militare; l’intervento militare a difesa degli interessi imperialisti è un passaggio eventuale che si attua in forme differenziate a seconda del livello degli interessi in gioco. Imperialismo e utilizzo della forze non sono dunque un binomio, ma una possibilità e da ciò discende che anche forme di imposizione del controllo monopolistico che non contemplino l’uso diretto dell’azione militare rappresentano in ogni caso forme di imperialismo. Il mondo di oggi, in cui il controllo di territorio, risorse naturali, e la consapevolezza della loro limitatezza, si scontra con la crescita del capitale, acuendo il contrasto tra imperialismi che si contendono settori d’influenza, con controllo più o meno diretto, funzionali all’assicurazione dei propri interessi. L’affermarsi del mercato mondiale non porta dunque alla creazione di un unico soggetto - l’impero di cui parla Toni Negri per intenderci – ma comporta il continuo scontro tra imperialismi contrastanti, i quali possono giungere a patti, come spesso accade, delimitando aree di spartizione, zone d’interessi di reciproca influenza, ma solo come tappa momentanea ed eventuale, che non conduce di certo ad una stabilità permanente. Fatta questa introduzione vogliamo spiegare le ragioni di questo testo, che per la


sua semplicità non mira assolutamente ad essere esaustivo e che al contrario si pone l’obiettivo di spiegare con termini semplici ed in modo accessibile a tutti, specie ai giovani che si avvicinano alla formazione marxista, i caratteri principali dell’imperialismo, le cause strutturali che determinano ad un determinato grado di sviluppo del capitalismo il sorgere dell’imperialismo. Una prima lettura, propedeutica allo studio individuale e collettivo. 1) Che cos'è il libero mercato? Il libero mercato è la prima fase del capitalismo che, a dispetto del sentire comune, è stata solamente una breve parentesi. Possiamo infatti collocarlo tra l'inizio della rivoluzione industriale (seconda metà del XVIII) e l'inizio del '900. La caratteristica principale di questa fase è la libera concorrenza. Un sistema in cui cioè i produttori non possono incidere sul prezzo di mercato, in quanto non sufficientemente “grandi” ed essendo inseriti in un contesto di un numero infinito di produttori. Ciò a portato autori come J.S. Mill ad ipotizzare che la concorrenza a lungo termine avrebbe portato alla fine del profitto, in quanto i capitalisti per rimanere sul mercato avranno sempre più abbassato i prezzi delle merci andando ad erodere il proprio margine di profitto. 2) Perché finisce la fase del libero mercato? A metà del '800 il libero mercato è la forma predominante del capitalismo, ma in alcuni settori si cominciano ad osservare grandi concentrazioni produttive che però ancora sono solamente delle eccezioni. L'evoluzione del capitalismo come sappiamo ha una bussola costante, il mantenimento ad un livello che sia il più alto possibile del profitto. Marx studia questa dinamica storicamente, mettendo in relazione l'andamento del saggio del profitto con gli sviluppi sistemici del capitalismo. La massimizzazione del profitto e la dinamica caduta del saggio di profitto ha imposto ai capitalisti un cambio di regime. Per di più questo nuovo sistema, il monopolio, garantiva un più rapido sviluppo delle forze produttive, a costo di ancora maggiori disuguaglianze e di una più rapida proletarizzazione della società. I produttori diminuiscono di numero nel corso della fine del '800 aumentando però la loro dimensione e struttura. Nel 1907 in Germania su più di 3.000.000 di imprese c'è erano circa 30.000 grandi aziende (circa l'1%) che però occupavano il 39% della forza lavoro ed un utilizzavano l'80% di energia disponibile. La proprietà dei mezzi di produzione quindi si concentra in misura sempre maggiore, dando a questi “nuovi” capitalisti un potere molto maggiore rispetto a quello detenuto dalla generazione precedente.


3) Che cos'è il monopolio? Il monopolio come abbiamo detto subentra al libero mercato. Il passaggio è netto perché la caratteristica principale della fase precedente, la concorrenza, viene meno. Non bisogna pensare che ci sia una discontinuità tra le due fasi, in quanto una è la naturale evoluzione dell'altra. La concentrazione, a un certo punto della sua evoluzione, porta, per così dire, automaticamente alla soglia del monopolio (Lenin, Imperialismo) per usare le parole di Lenin che studia questo fenomeno proprio agli inizi del '900. In riferimento alle statistiche dell'industria statunitense nel 1909 egli osserva che la metà della produzione è detenuta dal 1% delle aziende, cioè la centesima parte del numero di imprese (non della popolazione!) è proprietaria di metà della ricchezza prodotta negli Stati Uniti. Tutto questo solamente agli albori del monopolio. Ora i produttori sono sufficientemente grandi da poter imporre il prezzo delle merci sul mercato. Il che porta a 2 meccanismi tipici di discriminazione dei prezzi da parte del monopolista: 1) Il monopolista vende la propria merce a prezzi diversi a seconda della disponibilità del consumatore. es. I biglietti aerei hanno una variazione dei prezzi molto ampia. Il capitalista fornisce prezzi diversi a seconda della disponibilità a spendere. Fondamentalmente fornisce 2 prezzi per lo stesso servizio. Il primo completo ed il secondo minore con delle restrizioni, quali partire molto presto nel volo di ritorno, tardi in quello d'andata e viaggiare in giorni festivi come il sabato o la domenica (diminuendo quindi il periodo della vacanza ad esempio). Un operaio che viaggia per vacanza (difficile vada all'estero per lavoro, se non per emigrare) sceglierà la seconda opzione dato che la prima non può permettersela e non avrebbe viaggiato al primo prezzo. Un borghese sceglierà la prima opzione perchè può permettersela se va in vacanza oppure se viaggiasse per lavoro, usufruendo di una maggiore flessibilità che il primo prezzo garantisce. Questo meccanismo è osservabile in ogni settore di vendita di merci o servizi (in ognuno secondo meccanismi diversi di selezione dei consumatori). Notiamo che quello che può sembrare uno “sconto” per chi ha meno disponibilità in realtà è un sovrapprezzo diverso a seconda del consumatore. E' facilmente calcolabile che in un sistema di libero mercato ci sarebbe un prezzo unico (i produttori non possono influire sul livello dei prezzi) minore di entrambi i prezzi proposti. In un sistema socialista il prezzo sarebbe enormemente minore di qualsiasi prezzo proposto sia dal monopolio che dal libero mercato.


2) Il monopolista vende la propria merce ad un prezzo diverso a seconda della quantità acquistata. es. La vendita all'ingrosso è un buon esempio di questa pratica. In cui la stessa identica merce viene venduta a prezzi diversi. Stesso valore, prezzi diversi. Questo meccanismo divide in due i compratori, permettendo di riconoscerli e di praticare prezzi diversi. Se in uno smercio di bottoni entra una signora e chiede 30 bottoni, il venditore capirà che si tratta di una sarta o di un piccolo produttore che è disposto ad un prezzo più elevato in quanto venderà la propria merce ad un prezzo più alto della grande distribuzione. Se entrasse un manager a chiedere 30.000 bottoni, il venditore capirebbe che ha di fronte un grande produttore di vestiti che sarà disposto a spendere molto meno per massimizzare il proprio profitto proponendo la propria merce ad un prezzo più basso. Viene automatico comprendere che questo sistema di discriminazione sui prezzi riproduce il monopolio in settori sempre più ampi della produzione. In quanto la signora non riuscirà in nessun caso a mantenere il proprio posto nel mercato. Dobbiamo pensare al monopolista non come ad un singolo individuo, ma come un conglomerato di azionisti e soggetti economici in un determinato settore che concentrano la proprietà dei mezzi di produzione. Potremmo sommariamente misurare il grado di concentrazione del monopolio sui beni di consumo camminando per nostre città ed entrando nei negozi. Troveremmo gli stessi prodotti alimentari, a Palermo come a Trento. E il fenomeno del franchising, cioè delle catene di distribuzione, non è che un segnale di una ulteriore concentrazione monopolista. Semplicemente camminando per Roma e per Londra possiamo dedurre che il grado di concentrazione monopolista nella distribuzione dei beni di consumo è più alto in Inghilterra che in Italia dal numero praticamente inesistente di attività indipendenti. Ciò non vuol dire che in Italia non ci sia il monopolio, in quanto la distribuzione è solo uno di centinaia di settori economici. E che nel nostro paese già da decenni, in questo settore, la tendenza è alla sparizione delle attività indipendenti a vantaggio delle grandi catene. Il negozio di frutta sotto casa non può determinare il livello del prezzo della propria merce, mentre una catena di ipermercati può facilmente variarlo a seconda dei propri interessi. La crisi è un perfetto acceleratore di questa dinamica, rappresenta un'enorme opportunità di concentrazione della produzione. Il piccolo negozio che comunque sarebbe stato costretto ad uscire dal mercato senza la crisi economica, con l'abbattersi della crisi uscirà solamente prima del tempo per la tendenza monopolista insita nel capitalismo che va avanti da più di un secolo e mezzo.


4) Che cos'è l'Imperialismo? Il sistema monopolista produce ad un certo grado del suo sviluppo un'eccedenza di capitale da investire, portando alla conseguente fusione tra il capitale industriale e quello bancario, trasformando il sistema bancario da intermediario per le transazioni (le prime banche nel Rinascimento erano questo) a stampella fondamentale per i soggetti monopolistici. E' chiaro che il sostegno ad un gigante è un gigante esso stesso. Il sistema economico monopolista lega quindi il proprio sviluppo alla creazione e al continuo accrescimento del capitale finanziario, che fa la propria apparizione nella storia, per come lo conosciamo, parallelamente alla concentrazione monopolista. Per il vecchio capitalismo, sotto il pieno dominio della libera concorrenza, era caratteristica l'esportazione delle merci; per il più recente capitalismo, sotto il dominio dei monopoli, è diventata caratteristica l'esportazione di capitale. (Lenin, Imperialismo) Questa eccedenza di capitale, cioè di ricchezza prodotta dai lavoratori, non viene ovviamente impiegata per migliorare le condizioni di vita del popolo e della classe lavoratrice. In quanto significherebbe una diminuzione dei profitti, quindi viene esportato in paesi meno sviluppati che garantiscono un alto margine di profitto dovuto ai bassi salari e al minore costo dell'approvvigionamento di materie prime. (Bene sempre ricordare che i capitalisti non hanno bandiera e non appartengono a nessun popolo) Con lo sviluppo del capitalismo e la maturazione dei settori produttivi interni, investire capitale all'estero diventa l'unica modalità per creare nuovi profitti. Questa è l'unica chiave interpretativa esauriente che spiega la completa colonizzazione del globo alla fine del '800 (Congresso di Berlino). Le colonie ormai erano necessarie alla crescita dei vari monopoli nazionali in via di sviluppo. Rappresentavano un mercato vergine, manodopera a basso costo e materie prime. Tale condizione risulta particolarmente evidente oggi, con una crisi economica globale che ha avuto base proprio nella sovrapproduzione di capitale. Solo i cosiddetti “prodotti derivati” in circolazione valgono 11 volte il prodotto interno lordo mondiale. Tuttavia bisogna rifuggire dall’idea che sia possibile eliminare il capitalismo finanziario “cattivo”, separandolo dal capitalismo produttivo “buono”. Essi formano un binomio indissolubile che deriva dal processo di accumulazione per cui non è possibile l’uno senza l’altro, e nell’epoca dei monopòli non è più possibile distinguere l’uno dall’altro, in quanto la compenetrazione del capitale è totale. Per averne una


prova basta vedere i nomi dei membri dei consigli di amministrazione delle grandi banche e delle principali società industriali di ogni paese (anche quelle a controllo pubblico). La costruzione di grandi trust monopolistici, l’intreccio tra società controllanti e controllate, partecipazioni, quote azionarie in e di banche, assicurazioni, grandi industrie costituisce quella matassa indistricabile, che costituisce il grande capitale nella nostra epoca. Lenin definisce l'imperialismo come lo stadio monopolistico del capitalismo. Individua 5 caratteristiche predominanti che sommariamente abbiamo esposto: 1) la concentrazione della produzione e del capitale che ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli con funzione decisiva nella vita economicamente 2) la fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi, sulla base di questo “capitale finanziario”, di una oligarchia finanziaria 3) la grande importanza acquistata dall'esportazione di capitale in confronto all'esportazione di merci 4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartiscono il mondo 5) la compiuta ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche. 5) In che modo l'imperialismo ha determinato la politica estera degli stati? Abbiamo detto prima quanto il capitalismo imperialista è stato determinante nella politica di colonizzazione nel corso del XIX secolo, con tutti i costi che ciò a comportato. La formazione dei vari monopoli nazionali ha portato alle contrapposizioni di interessi economici tra le borghesie di quegli stati dove lo sviluppo del capitalismo era più avanzato. Gli Stati dunque si fanno strumenti per l'aggressione politica, economica e – se necessario – militare verso altri paesi, al fine di realizzare i 5 obiettivi sopra esposti. In questo senso, se è vero che i monopoli sono sempre più sovranazionali, nel senso che cercano di massimizzare il profitto a 360° in tutto il pianeta, d'altro lato la loro forza deriva dal fatto che hanno alle spalle Stati più o meno potenti che aprono loro i mercati e ne garantiscono i profitti. Quindi la competizione diventa principalmente tra stati imperialisti, che istaurano tra loro una gerarchia in base alla propria forza, la cosiddetta "piramide imperialista", in cui i capitalisti-monopolisti cercano di trovare la propria collocazione più profittevole. Spesso tale condizione viene ulteriormente sviluppata con una serie di accordi di vario livello che legano le borghesie nazionali, e di conseguenza gli apparati politici ed economici dei rispettivi stati in forme di alleanze di natura economica e militare.


Questi contrasti di interessi economici tra , come abbiamo osservato, pochi grandi produttori hanno portato ad un contrasto che si è concluso nella sua prima parte con la fine della seconda guerra mondiale. L'ascesa dei monopoli tedeschi alla fine del 800 in contrapposizione con il, fino ad allora egemone, monopolio inglese e quello statunitense è la causa principale e scatenante delle due guerre mondiali. Anche gli storici borghesi ormai non possono nasconderlo ma eliminano la parte sui monopoli, come è ovvio che sia, ma senza la quale non si può spiegare il motivo per cui si è arrivati alla tragedia della prima e della seconda guerra mondiale. Decine di milioni di soldati e civili morti, lavoratori innocenti che hanno combattuto guerre per gli interessi dei propri sfruttatori. Tutto questo perché il monopolio concentra su di sé tutto il potere reale, quello che deriva dalla proprietà dei mezzi di produzione e che non nomina i governi ma ne determina la politica estera ed interna. E quando ciò non sembra possibile dall'avanzata dei lavoratori riuniti in avanguardie organizzate si ricorre al fascismo, come in effetti è successo nella prima metà del'900 in Italia, Germania e Spagna (l'elenco potrebbe essere più lungo). In questo quadro storico avviene la rivoluzione di febbraio in Russia, e poi quella d'Ottobre dove i bolscevichi dimostrano che convivere con il capitalismo non basta, l'unica salvezza per i lavoratori è il Socialismo. Mostrano al mondo e alla storia che con il capitalismo, e la sua fase imperialista, non è possibile nessun patto sociale se non l'annientamento del nemico e che solamente l'edificazione di una società migliore, più razionale e più giusta potrà eliminare dalla storia dell'uomo le guerre e le contrapposizioni tra i popoli. 6) L’imperialismo oggi. L'imperialismo oggi ha le stesse dinamiche, e muove i governi per gli stessi interessi. L'esempio più esplicativo è la politica estera statunitense che ricalca gli interessi dei monopoli americani. Le guerre in Iraq ed in Afghanistan ci hanno mostrato come la politica estera nazionale sia uno strumento nelle mani dei monopoli per arrivare dove da soli non riescono a fare. L'esportazione di capitali nell'imperialismo è un dovere, la maggior parte delle volte avviene in pace e qualche volta serve una guerra per imporla. Ma non solo gli Stati Uniti ricalcano questa politica. Il colosso dell’energia russo Gazprom è oggi la terza società mondiale per capitalizzazione, un monopolio di proporzioni enormi che controlla decine e decine di società in ogni parte del mondo e che influisce in modo rilevante sulla politica degli stati dell’est Europa. Le rivoluzione arancioni scoppiate negli scorsi anni, con il sostegno dichiarato del governo USA, furono proprio un tentativo di ridurre questa influenza, attraverso la nascita di governi ostili a Mosca, in


un’espressione classica del conflitto tra imperialismi. Sempre per rimanere in tema di energia l’ENI, sesto gruppo petrolifero mondiale per fatturato, occupa più di 75 mila dipendenti nel mondo, ha concessioni petrolifere in Africa, est Europa, Sud America. Sono noti i mezzi attraverso quali l’Eni difende le sue posizioni acquisite in tanti di questi paesi. Un esempio di contrasto tra imperialismi si è verificato in occasione della guerra in Libia, dove il governo Berlusconi, in difesa degli interessi monopolistici italiani nella regione ha a lungo temporeggiato ed osteggiato il nascente conflitto, salvo poi, capita l’imminente fine di Gheddafi, accettato tale situazione per mantenere in ogni caso una presenza nella regione. Dopo la caduta di Gheddafi in Libia il rapporto tra ENI e Total e British Petroleum (l’asse anglo – francese, che più di tutti ha appoggiato i ribelli) ha subito forti modificazioni ed è destinato a subirne di ulteriori. Spesso tale politica viene mascherata con l’idea – diffusa nella popolazione – della vitalità dell’approvvigionamento energetico per i consumi domestici. I servizi sulle tensioni relative alla fornitura di energia accadono spesso in occasione dell’inverno. Ma a rovesciare questa impostazione basta vedere i dati di un paese a capitalismo avanzato come l’Italia in relazione al consumo di energia elettrica. A fronte dei 140 TWH consumati a fini industriali, appena 70 sono destinati al consumo domestico. Un caso di politica imperialista è senza dubbio l’acquisto da parte della società cinese “Cosco” del Porto del Pireo in Grecia. Il principale porto del paese, è stato accaparrato dalla società cinese con una concessione trentennale, ottenuta a prezzi molto ridotti a causa della svendita di beni pubblici imposta alla Grecia dalla Troika. Uno snodo logistico fondamentale per smistare merce proveniente dalle fabbriche cinesi sul continente europeo. e sul nord africa, Nel quadro europeo la creazione dell'Euro ha segnato un impennata nell'esportazione di capitale nel nostro paese, l’inserimento all’interno degli accordi di libero scambio di un numero sempre maggiore di paesi risponde all’esigenza del capitale europeo di trovare nuovi mercati da colonizzare, a partire proprio dagli stati ex socialisti dell’est Europa. Quanto alle modalità principali di azione nei casi di rimozione di governi non favorevoli, si passa da golpe ed interventi diretti, come quello avvenuto nei confronti di Allende e tentato contro Chàvez più di recente, al finanziamento di parte delle borghesie nazionali. Spesso tale finanziamento riguarda la semplice vittoria elettorale di una determinata coalizione, ma spesso costituisce l’innesco per proteste interne, la cui repressione costituisce il pretesto per l’intervento militare. Con il finanziamento delle opposizioni e dei mercenari che poi i media definiscono “ribelli”, con l'embargo e con tutti gli strumenti di pressione internazionale che le infinite possibilità dei monopoli mettono a disposizione. Per ridurre un paese nella crisi sociale e mascherare gli schiavisti da liberatori agli occhi dell’opinione pubblica, tramutando in interventi umanitari guerre di


natura imperialista. Anche oggi una nuova divisione del mondo tra blocchi imperialisti sembra profilarsi all’orizzonte. In particolare l’Africa diventa forte terreno di scontro per accaparrarsi risorse naturali, con il favore di governi locali spesso corrotti. La recente visita di Obama in Sud Africa, con la promessa di un piano di intervento USA nel continente volto a contrastare l’influenza crescente della Cina né è la chiara espressione. 7) Antimperialismo e contrasto tra imperialismi, categorie da non confondere. Accade spesso che su questa differenza si generi parecchia confusione. Ciò avviene in modo particolare quando l’imperialismo viene identificato con la sola politica degli Stati Uniti, con la conseguenza di ergere al livello di antimperialismo tutto ciò che si ponga in suo contrasto. Si tratta di una semplificazione erronea che non tiene conto che in molti casi l’opposizione ad una politica di stampo imperialista maschera la difesa di altrettanti interessi imperialisti che appartengono alla sfera di altri Stati. Le contraddizioni interimperialiste devono essere sfruttate ed utilizzate, ma bisogna fuggire dal credere che esse rappresentino contrapposizioni di blocchi che hanno alla base una differenza di sistema. La Russia di oggi non è l’Unione Sovietica, che svolgeva una intensa attività antimperialista, portando con sé l’idea di un modello alternativo di relazioni economiche e sociali al modello capitalistico, ma uno stato imperialista che difende gli interessi dei suoi monopòli. Questa differenza qualitativa è ben visibile dall’atteggiamento tenuto in relazione alla Libia. Come noto la Russia pose a lungo il suo veto su ogni operazione militare in Libia da parte dell’ONU, ma successivamente si astenne sulla “no fly zone” consentendo l’intervento militare europeo e statunitense. Quando era ormai chiara l’intenzione di procedere a questo attacco la Russia ha salvaguardato gli interessi dei suoi monopoli nella regione, che altrimenti avrebbe perduto, ed oggi Gazprom continua ad operare in Libia. Stesso discorso vale per la Cina, che pochi mesi dopo attraverso il Ministro degli Esteri Zhai Jun, all’incontro con i membri del Consiglio di transizione (Cnt) libico dichiarò: di sperare che “il Cnt tenga conto delle preoccupazioni essenziali della Cina, rispetti i suoi impegni e garantisca realmente gli interessi delle imprese cinesi in Libia". Anche in relazione alla questione siriana, oggi si ripropone questo scenario, di cui è ben consapevole il Partito Comunista Siriano che esprime una corretta posizione sulla considerazione generale degli scontri interimperialisti. In un’intervista il Responsabile Esteri dell’Unione dei Giovani Comunisti Siriani alla domanda sul ruolo di Russia e Cina rispondeva: “Certamente, la Russia e la Cina hanno utilizzato il doppio veto in tre occasioni sventando i tentativi da


parte dell'UE e degli Stati Uniti di legittimare l'attacco alla Siria, ma crediamo anche che questi due paesi quando difendono la Siria stanno solo difendendo i propri interessi… In un determinato momento come questo possiamo sfruttare le contraddizioni tra imperialismi, ma non possiamo dimenticare che nessuno dei blocchi risponde agli interessi delle masse popolari.” Al contrario sono esistite ed esistono oggi esperienze che rappresentano in modo inequivocabile politiche di natura antimperialista, che puntano a distruggere il potere dei monopòli, riaffermando la sovranità popolare e creare aree di scambio improntate su processi di cooperazione e sviluppo reciproco. Il Consiglio per la Mutua Assistenza Economica (COMECON) istituito tra i paesi socialisti, fu un chiaro esempio di questa politica che era alla base delle relazioni tra l’URSS e gli altri paesi socialisti, improntato allo scambio di prodotti e merci sulla base delle rispettive esigenze. Il Patto di Varsavia ne rappresentava l’estensione sotto il profilo della difesa militare dall’eventuale aggressione ad uno dei paesi membri (è bene ricordare che il Patto di Varsavia rappresentò la risposta alla costituzione della NATO e non viceversa, come oggi viene spesso erroneamente affermato). La condotta della Corea del Nord è senza dubbio una condotta antimperialista, che mira a difendere la propria sovranità dall’invasione del capitale statunitense, attraverso la “colonia” sud coreana. Oggi la costruzione dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA) è sicuramente un esempio concreto di alleanza antimperialista. L’area di scambio istituita tra i paesi centro e sud americani aderenti si basa sulla lotta alla povertà, all’analfabetismo, sul rispetto dei diritti del lavoro e dell’ambiente. In quest’area in precedenza l’imperialismo statunitense ed europeo aveva depredato le risorse riducendo a condizioni di povertà e schiavitù milioni di persone. La nazionalizzazione di importanti settori (petrolio, terra) ha consentito di riappropriarsi di queste risorse, stimolando la possibilità di scambi su base paritaria e non a vantaggio del capitale privato. Cuba e Venezuela con lo scambio di petrolio in cambio del lavoro dei medici cubani (solo per citare il più noto degli accordi tra i due paesi) hanno reciprocamente migliorato le condizioni di vita dei propri popoli. Cuba è uscita dalla crisi energetica causata dalla fine delle importazioni di petrolio dall’URSS ed il Venezuela è riuscito a dare immediata assistenza a milioni di cittadini. Il vantaggio è stato per i popoli, non per il capitale, tanto che recentemente diversi organismi delle Nazioni Unite non hanno potuto fare a meno di riconoscere i successi di Cuba e Venezuela sulla lotta alla povertà, sull’alfabetizzazione ed in generale sulle condizioni di vita nei due paesi.


Letture e testi consigliati: -

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LENIN «Imperialismo fase suprema del capitalismo» http://www.marxists.org/italiano/lenin/1916/imperialismo/ LENIN «Imperialismo e scissione del socialismo» http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cl/mdcl6f09.htm Impero o imperialismo? Da solidnet.org sulla critica all’analisi di Negri trad. it su: http://www.resistenze.org/sito/te/po/gr/pogr4b13.htm Mauricio Miguel «L’Unione Europea al servizio dei monopoli» ttp://www.marx21.it/internazionale/europa/541-lunione-europea-alservizio-dei-monopoli.html – da “Avante”, settimanale del Partito Comunista Portoghese Documento Politico 1 congresso FGC capitoli 2 e 3 su imperialismo e UE http://issuu.com/senzatregua/docs/documentopolitico Sul ruolo della Cina, analisi di Eliseos Vagenas, resp esteri CC del KKE http://www.resistenze.org/sito/te/pe/dt/pedtbm03-009813.htm Sulla situazione siriana intervista al responsabile esteri dell’Unione dei Giovani Comunisti Siriani in merito a ruolo di Cina e Russia http://www.resistenze.org/sito/te/pe/gc/pegcda23-012225.htm “I monopoli e il loro potere ingenerano la guerra imperialista“ http://www.resistenze.org/sito/te/pe/im/peimcn03-011988.htm Intervista a Samir Amin tratta da Etudes marxistes n° 99 http://www.resistenze.org/sito/os/mp/osmpcl29-011787.htm Corso di dispense di economica politica a cura di Renato Ceccarello, sul passaggio dal libero mercato al monopolio: http://www.resistenze.org/sito/ma/di/fo/mdfoce08-06.pdf L’Africa lotta ancora contro l’imperialismo: http://www.resistenze.org/sito/te/pe/im/peimad27-006787.htm Il secondo saccheggio di Berlino dell'Africa. Solo un'Africa Unita può sconfiggere gli imperialisti http://www.resistenze.org/sito/te/pe/im/peimbm21-010019.htm Antiamericanismo o antimperialismo? Di Domenico Moro http://www.resistenze.org/sito/te/pe/im/peim9i14-005500.htm Che Guevara, discorso all’ONU del 11 dicembre 1964 reperibile su: http://www.instoria.it/home/discorso_ernesto_che_guevara_onu.htm


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