Laurie Penny – Meat Market, Carne femminile sul banco del capitalismo

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Collana

Lo scellino

Le parole delle donne e degli uomini contro la discriminazione e la violenza di genere. “Poiché c’è dietro la testa un posticino non più grande di una moneta da uno scellino, che non riusciamo mai a vedere da soli.” (Virginia Woolf)

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- Alle mie sorelle, e a Mike -


Laurie Penny

Meat Market Carne femminile nel banco del capitalismo

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© 2010 Laurie Penny © 2011 John Hunt Publishing Ltd - Laurel house, Station Approach, New Alresford, Hampshire SO24 9HJ UK Titolo originale dell’opera: Meat Market, Female Flesh under Capitalism Traduzione e note di Francesca Frulla Edizione italiana © 2013 Settenove edizioni, Cagli (PU) su licenza di John Hunt Publishing Ltd ISBN 978889086052-2 Progetto grafico di Tommaso Monaldi

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Sommario

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Ringraziamenti Introduzione

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Anatomia della frigidità moderna 01.1 L’altro lato della sessualizzazione 01.2 L’antidivertimento 01.3 Imparare il capitale erotico 01.4 Entropia e ironia 01.5 Il coniglietto e il marchio 01.6 Cuori affamati 01.7 Due parole sulle puttane e il puttanesimo

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Occupare spazio 02.1 Sante sorelle affamate 02.2 La chimica del controllo 02.3 Personale/politico 02.4 Paura e disprezzo 02.5 Fare rivolte, non diete 5


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Capitale di genere 03.1 L’essenziale femminile della “seconda ondata” 03.2 Dialettica transessuale 03.3 Compravendita di genere 03.4 Veri corpi femminili? 03.5 Rivoluzioni transfemministe

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Lavoro sporco 04.1 La fatica domestica è una costruzione del capitalismo 04.2 -power: riscrivere la storia a partire dalle donne 04.3 Disfunzione reciprocamente assicurata 04.4 Al di là dalla gabbia dorata 04.5 Bambinoni 04.6 Dalle 9 alle 17 04.7 La patata bollente 04.8 Corpi emarginati, lavoro emarginato

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Conclusione

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Ringraziamenti

Se dovessi nominare tutti quelli che, con il loro amore e la loro attenzione mi hanno aiutato a scrivere questo libro, non rimarrebbe più spazio per i capitoli. Un grazie particolare, comunque, va a: James Butler, Roz Kaveney, Adrian Bott, Lucy Bond, Kerry Norman, Mark Brown, Sasha Garwood, Jess McCabe, Tanya Gold, Warren Ellis, China Mieville e Cath Howdle, la mia fantastica madrina, per i suggerimenti, le revisioni e il sostegno morale; Andy May, Alex Betteridge e El Morris, tre persone straordinarie, tra le migliori che io conosca, per la loro passione e amicizia nei momenti più bui dei nostri vent’anni; Chris Naden, per l’instancabile assistenza e saggezza; Nina Power, per il suo fiero intelletto femminista e per avermi fatto conoscere Zer0 Books; Tariq, Mark e Emma di Zer0 Books, per aver sopportato i miei venti cambi di titolo; 7


Germaine Greer, per aver risposto cosÏ gentilmente alla mia lettera di bambina di dieci anni; I miei genitori, Jane e Ray, per la loro pazienza e il loro amore; Le mie sorelle, per avermi dato una ragione per combattere; Da ultimo, ma non per questo meno importante, un grazie a Michael Penny, che mi ha detto dov’erano i libri.

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Introduzione

Corpi marchiati

Perché abbiamo così tanta paura del corpo femminile? Sono passati quasi quarant’anni da quando le donne nella maggior parte dei paesi occidentali hanno ottenuto riconoscimenti legali e parità di diritti, eppure le nostre società continuano ad alimentare un disprezzo ostinato e ben orchestrato nei confronti della carne femminile. A prescindere dall’età, razza, fisiotipo e status sociale, il corpo femminile è sempre punito e tenuto sotto controllo. Ogni giorno veniamo bombardate da migliaia e migliaia di messaggi che ci informano, più o meno apertamente, attraverso film, televisione, pubblicità, carta stampata o incontri casuali, che non siamo abbastanza giovani, snelle, bianche e disponibili. E non c’è tregua. Imprigionate in rituali di consumo e autodisciplina che sostengono un mercato globale saturo di prodotti di bellezza, dimagranti, alla moda e per la cura personale, i tre quarti delle donne dei paesi in cui il cibo abbonda patiscono ogni giorno 9


la fame nello sforzo di occupare meno spazio possibile. Anche quando raggiungiamo il quasi totale controllo fisico richiesto, sappiamo che il nostro corpo in realtà non ci appartiene: rischiamo costantemente la violenza sessuale e il femicidio; in Gran Bretagna e in America una donna su cinque è vittima di stupro, mentre le altre imparano a convivere con la paura che ciò possa accadere. Ci ordinano di apparire sempre sicure e sessualmente disponibili, ma veniamo mortificate e ostracizzate se mostriamo orgoglio, ambizione o qualsiasi tipo di desiderio erotico. Sempre, in ogni momento della nostra vita, il controllo fisico, l’autodisciplina e la sterile esibizione sessuale sono le parole d’ordine per una nuova conformità di genere che portiamo marchiata sulla carne. La carne femminile è una potente risorsa. Anche nelle società in cui esiste, in teoria, la parità di diritti, sono le donne ad essere obbligate a procreare, partorire e allevare figli, a occuparsi della gran parte dei lavori domestici e di cura in modo gratuito, spesso accanto a un lavoro retribuito fuori casa e a tempo pieno. Inoltre, sono ancora le donne ad acquistare più dell’80% dei prodotti venduti nei paesi sviluppati1, fornendo così un motore vitale per il consumo richiesto dai modelli neoliberali di produzione. Le economie moderne devono dunque la loro sopravvivenza al lavoro retribuito e non retribuito delle donne, al loro potere d’acquisto e alla loro capacità riproduttiva. Ma che le donne abbiano un tale potere non è permesso; il rischio di rivolta è troppo alto. Se la società consumistica deve continuare a esistere nel modo in cui è esistita finora, è essenziale che questo potere latente sia messo sotto controllo, addomesticato e ammansito. I modi in cui il capitalismo contemporaneo 1. Gogoi P., I am woman, hear me shop, Bloomberg business week, febbraio 2005.

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mina il corpo femminile, dalla pubblicità alla pornografia alle strutture sessiste nel lavoro e al conflitto domestico, non sono affari privati senza conseguenze nel più vasto mondo. Sono vincoli necessari in una sovrastruttura di oppressione che è diventata a tal punto indissolubile dall’esperienza della femminilità da essere invisibile. Questa sovrastruttura è vitale per la sopravvivenza dell’apparato patriarcale capitalistico: se domani tutte le donne della terra si svegliassero sentendosi completamente a proprio agio e potenti nei loro corpi, le economie del globo collasserebbero nel giro di ventiquattr’ore. Questo breve saggio prova a delineare alcuni dei modi in cui il corpo femminile viene emarginato e controllato dalla più recente forma di capitalismo. Nei quattro capitoli, che riguardano la sessualità, i disordini alimentari, il capitale di genere e il lavoro domestico, Meat Market stabilisce alcuni parametri del commercio della carne femminile come capitale sessuale e sociale, e dimostra come le donne vengano alienate dai loro corpi sessuati per poi essere obbligate a riacquistare gli elementi principali della loro identità di genere. Shulamith Firestone, ne La dialettica dei sessi, libro ingiustamente trascurato, considerava questo processo una campagna mirata ad allontanare le donne dai “mezzi di riproduzione”. Partendo dall’opera di Marx ed Engels, Firestone promuoveva una visione materialistica della storia, basata sul sesso, ed è proprio una simile visione materialistica di genere e società che Meat Market vuole offrire. Dopotutto, cosa c’è di più materiale del corpo e dell’idea stessa di corpo? Meat Market non si perde nell’apologia del femminismo o nel tentativo di spiegare perché esso rimane una corrente vitale di pensiero, a quasi un secolo di distanza da quando le donne hanno cominciato a emanciparsi 11


grazie alla lotta per il diritto al voto. Negli ultimi cinque anni, altri libri, saggi e gruppi di attiviste hanno intrapreso quest’opera, tracciando la progressiva affermazione, nel mondo occidentale e non solo, di una nuova generazione di femministe. Nello spirito di un’indagine rigorosa, Meat Market prende in esame alcuni ostacoli reali del pensiero femminista contemporaneo, compresa una certa mancanza di analisi materialistica che reprime l’azione e non permette il dibattito. In particolare, il libro solleva questioni che riguardano la prostituzione e lo status delle donne transessuali all’interno del movimento, con la speranza che il femminismo possa progredire presto nel senso di una più ampia inclusione di tutti gli aspetti politici e pratici dell’oppressione femminile. Meat Market non è un’analisi completa, né l’unica esistente nel panorama attuale. Questo volume è parte del nuovo movimento femminista, e deve molto agli scritti di bell hooks2, Shulamith Firestone, Andrea Dworkin, Gloria Steinem, Germaine Greer, Nina Power e Naomi Wolf. Nessuno ha scritto parole così potenti sull’emarginazione del corpo femminile occidentale come la Wolf, la cui descrizione poetica della “vergine di ferro”, o del fascismo del corpo e della bellezza imposto alle donne nel mondo, ha l’unico difetto di esitare nel collegare la tirannia della bellezza e del controllo del corpo alle questioni più ampie di forza lavoro, potere e lavoro, e nel contestare il fondamento materiale dell’idea della femminilità occidentale. Non basta collocare l’oppressione fisica delle donne limitandola al corpo sessuato, come molte pensatrici femministe hanno fatto; la soppressione, la repressione e l’oppressione sessuali esistono ancora, ma sono soltanto 2. bell hooks, volutamente in minuscolo, è lo pseudonimo militante di Gloria Jane Watkins, insegnante universitaria, femminista e scrittrice statunitense.

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alcune delle strategie utilizzate per controllare culturalmente i corpi femminili, come luoghi di potenziale ribellione. Verso la fine del ventesimo secolo, la parziale separazione della riproduzione e del parto dall’atto sessuale dovuta all’accettazione dei metodi contraccettivi in gran parte dell’Occidente, aveva avuto come conseguenza che il controllo capitalistico post-fordista del lavoro femminile venisse esteso, oltre all’ambito sessuale, anche a una concreta, nutritiva e semiotica architettura di genere, e alla fisicità stessa. Il capitalismo più recente marchia quasi letteralmente il corpo femminile. Appone il suo sigillo doloroso sulla nostra carne, cauterizzandola e rendendo sterile il dissenso. La femminilità stessa è diventata un marchio, una formula sempre più ristretta e limitante d’identità mercificata, che può essere rivenduta alle donne ormai alienate dal loro potere di esseri viventi, amanti e lavoratrici. Da quando iniziamo a crescere e desiderare di essere padrone di noi stesse, il brand della femminilità viene impresso nel nostro subconscio e inculcato nel nostro cervello; ci ricorda che siamo un branco di schiave, che dobbiamo faticare per conformarci e che non saremo mai libere. Non tutto ha inizio con il sesso. Questo libro sì.

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