Marzia Camarda
Una «savia bambina» Gianni Rodari e i modelli femminili
© 2018 Settenove edizioni Una «savia bambina» Gianni Rodari e i modelli femminili di Marzia Camarda Progetto grafico di Tommaso Monaldi Impaginazione ed editing grafico di Mina Montelli Immagine di copertina di Massimiliano di Lauro I ristampa Settenove edizioni via Don Minzoni, 44/E 61043 Cagli (PU) www.settenove.it Isbn 9788898947072 Si ringrazia Edizioni EL per la gentile collaborazione Stampato per conto di Settenove edizioni presso CdC, Città di Castello. nel mese di dicembre 2018. La casa editrice è a disposizione degli aventi diritto con i quali non le sia stato possibile comunicare, per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti. Tutti i diritti sono riservati, nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni senza il consenso scritto della casa editrice.
A Livio, a tutti i bambini e le bambine e ai loro genitori: per imparare a vivere meglio.
Ma tutti i pazzi, i maledetti, i criminosi sono stati bambini, hanno giocato come te, hanno creduto che qualcosa di bello li aspettasse. Cesare Pavese, Il mestiere di vivere L’adulto passa accanto a questo mistico amore senza riconoscerlo: ma badate, quel piccino che vi ama crescerà e scomparirà. Chi vi amerà come lui? Chi vi chiamerà andando a letto, dicendo affettuosamente: stai qui con me anziché dire con indifferenza: buona notte? Chi desidererà altrettanto ardentemente starci vicino mentre mangiamo solo per guardarci? Noi ci difendiamo da quell’amore, ma non ne troveremo mai un altro uguale. [...] Sì, l’amore del bambino ha immensa importanza per noi. Il padre e la madre dormono tutta la vita, tendono ad addormentarsi sopra tutte le cose, e hanno bisogno di un nuovo essere che li svegli e li rianimi con l’energia fresca e viva che in essi non esiste già più: un essere che si comporti diversamente da loro, e dica loro ogni mattina: «alzatevi per un’altra vita, imparate a vivere meglio». Maria Montessori, Il segreto dell’infanzia
Sommario
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Prefazione di Pino Boero
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Capitolo primo - Il corpo
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1 - L’ASPETTO FISICO 2 - L’ABBIGLIAMENTO 3 - L O SPORT: LA RIAPPROPRIAZIONE DEL CORPO
26 29
4 - CORPO E VALORE: ATALANTA 5 - IL CONTROLLO DELLA DONNA ATTRAVERSO IL CORPO
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Capitolo secondo - Il lavoro
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1 - IL LAVORO: NUOVI MODELLI 2 - IL LAVORO DOMESTICO 3 - IL LAVORO COME STRUMENTO DI EMANCIPAZIONE
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Capitolo terzo - Il matrimonio
IN FUNZIONE NON DECORATIVA
67 76 90 102 135
1 - IL MATRIMONIO COME SCELTA 2 - IL MATRIMONIO FONDATO SULL’AUTORITÀ 3-M ATRIMONIO E DIVISIONE DEI COMPITI 4 - MATRIMONIO, AMORE E VALORI 5 - ATALANTA E IL MATRIMONIO
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Capitolo quarto - La famiglia
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1 - IL CONTESTO STORICO 2 - LA FAMIGLIA: UN NUCLEO DEMOCRATICO 2.1 Quale modello di famiglia? 3-Q UANDO I GENITORI SBAGLIANO 3.1 La madre 3.2 Il padre 5
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Capitolo quinto - Ruoli e modelli educativi
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1 - I GIOCATTOLI 2 - RUOLI, MODELLI EDUCATIVI E GENITORIALITÀ
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Appendice - Intervista a
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Ringraziamenti
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Bibliografia
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Maria Teresa Ferretti Rodari
Prefazione Pino Boero
Ci sono almeno due buone ragioni per cui questa prefazione non doveva essere scritta: 1. Perché dopo tante pagine che ho dedicato a Gianni (la mia prima recensione a un libro di Gianni, Le filastrocche del cavallo parlante, uscì sul quotidiano «Il Secolo XIX» nel 1971) sarebbe stato doveroso astenermi e non infliggere ai lettori altre mie riflessioni; 2. Perché Marzia Camarda dice benissimo tutto quello che può servire a capire la posizione dell’intellettuale Rodari su temi, ancora oggi, di sicuro rilievo civile e quindi non ha bisogno di interpreti. Ma, rileggendo alcune acutissime pagine del saggio, mi sono convinto fosse giusto aderire al gentile invito dell’autrice almeno per ribadire che, in questo ultimi anni, l’impegno critico su autori e temi di letteratura per l’infanzia si sta consolidando, con prodotti di alto livello, attraverso modalità di approccio diversificate («molteplicità» contro «unicità», lettura «profonda» dei testi contro superficialità interpretativa) che possono solo far piacere a chi – come me – ha sempre creduto nelle «onde concentriche» dei sassi gettati nello stagno… Arriviamo però al lavoro di Camarda, che viene a colmare una lacuna per diversi motivi: anzitutto perché la lettura dell’opera rodariana si concentra sul tema della figura femminile e sul ruolo, assolutamente innovativo rispetto alla tradizione educativa, che ad essa lo scrittore attribuisce; in secondo luogo perché coinvolge l’intera sua produzione mostrando come l’attività di giornalista per adulti (in particolare su «Noi Donne» e su «Il Giornale 7
Prefazione dei Genitori») si intersechi coerentemente con la scrittura per l’infanzia; da ultimo perché non si ferma a semplici «ritratti» femminili ma scava nei contesti in cui questi sono inseriti (dalla famiglia alla scuola, alla società). Rispetto alle figure classico-decorative di bambine «perbene» quello di Gianni è, dunque, modello «sovversivo» perché le sue bambine, in qualsiasi contesto si trovino, non hanno nulla di remissivo ma ribadiscono sempre, a partire dall’abbigliamento, un carattere di indipendenza. Da tutto ciò, grazie all’importante lavoro di Camarda, nascono altre considerazioni: Rodari era un giornalista di qualità, possedeva il senso dell’informazione precisa ma la coniugava con un gusto narrativo (venato spesso di ironia) capace di trasformare ogni evento in stupefacente racconto, così se da un lato in «Noi Donne» (1961), con lucidità critica (a molti manca ancora oggi), condannava l’omicidio di una ragazza da parte del fidanzato che non voleva accettare la fine della relazione, dall’altro nel breve romanzo Atalanta (1963) o nella novella La bambola a transistor (1973) ci consegnava, con la leggerezza stilistica di cui era capace, storie «protofemministe» di rara intensità. Aggiungo che queste posizioni rodariane non possono essere considerate «figlie» del Sessantotto ma eventualmente anticipatrici di quel clima di cambiamento che investì la società civile (e la stessa letteratura per l’infanzia) fra la fine degli anni Sessanta e il decennio successivo; voglio dire che L’elogio della disobbedienza («Noi Donne», 1962) variamente declinato (dall’insensata «docilità» richiesta al bambino alla «rassegnazione» femminile) ha aperto la strada a quell’idea, sacrosanta, coagulata in un titolo famoso di don Milani, L’obbedienza non è più una virtù (1965). Leggendo le pagine, generose di citazioni, di questo bel saggio mi è tornata in mente uno scambio di battute che ebbi con Rodari nel 1978 a un convegno su Collodi: ero padre da poco e per la prima volta mia moglie ed io avevamo lasciato il figlio a casa; Gianni, davanti alla mia apprensione, mi disse di ricordarmi che i figli crescono per «allontanarsi da noi»… Forse non capii subito cosa volesse dire; oggi, mi rendo conto che parlava di quel mestiere di genitore che dovrebbe obbligarci al confronto con gli altri, all’idea del mondo come luogo da cambiare insieme ai figli costruendo con loro, senza prevaricazioni sessiste,
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un’architettura educativa fondata sull’uguaglianza e sulla libertà. Ritengo, perciò, che buona conclusione di questa prefazione e «ingresso» in un lavoro critico importante possa essere una poesia dedicata da Gianni alla figlia bambina, autentico «manifesto pedagogico» che lascio alla riflessione dei lettori: Il gioco di fare da sola è quello che più ti tenta già non vuoi che ti tenga la mano ogni giorno vai più lontano per questo sono così pronto a dirti sempre di sì per ripagarmi fin d’ora dei no che mi dovrai dire per essere giusta con te stessa.
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