Short Theatre 2 / Fuori Formato

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Teatro India 19 giugno > 1 luglio 2007 Accademia degli artefatti - Area 06

Sho®t Theatre in collaborazione con IED Moda Lab Roma

Sistemi Dinamici Altamente Instabili

SALA MOSTRE

19 GIUGNO ore 20.00 20 GIUGNO ore 21.30

re dial 372886

di Alessandra Sini e Antonella Sini suono, animazioni video e foto Stefano Montinaro allestimento Alessandra Sini e Antonella Sini abiti IED Moda Lab Roma produzione CIULINGA onlus

E’ un esperimento rispetto alla mobilità spaziale, fisica dello spettatore, in rapporto ad una danza estremamente esposta, in completa labilità rispetto alla realtà del momento. Il gesto umano è una traccia, un indizio riconoscibile. Il lavoro sul corpo è privato di qualsiasi orpello estetico o tecnico. Dal corpo emerge lo spazio dei codici. Abitudini comuni della gestualità e del comportamento relazionale umano, forse anche animale, sono rimasticati nella scelta creativa di coglierne l’aspetto sensibile e ingenuo alla sua prima esperienza. Il percorso percettivo si addentra nel mondo della naturalezza e della reattività umana. Il tempo della fruizione è individuale, è un tempo tutto soggettivo. Lo spazio è da abitare, la modalità dei tempi e dei modi è personale. Lo spettatore diventa spettatore di sé che guarda e di sé che compie l'azione e si esplicita come parte intima della struttura intera, come materia. La visione, lo spazio, l’azione entrano in relazione secondo le esigenze di una percezione soggettiva.

Sistemi Dinamici Altamente Instabili

Il lavoro del gruppo segue due linee di interesse: il corpo, attraverso un percorso di ricerca verso fattività ritmico-dinamiche ed espressive che delineano una modalità autonoma e originale legata alle specificità del linguaggio-danza; e l’esplorazione di altri linguaggi, alcuni solo occasionalmente pertinenti al mondo dello spettacolo, che porta a intersecare la visione coreografica con immagini, ambientazioni sonore, animazioni grafiche, che qualificano l’habitat delle danze e raccolgono l’emozione dell’opera che si costruisce davanti agli occhi dello spettatore. La globalità delle due linee di interesse scopre un lavoro sul sentire contemporaneo in cui la presenza fisica è in ogni momento sull’orlo del non-senso e deve continuamente cercare i gesti per proclamare di momento in momento il proprio diritto di presenza.

Il gruppo, guidato da Alessandra e Antonella Sini, è ospite dei più importanti Festival di danza in Italia e partecipa a particolari occasioni internazionali fra le quali la recente Notte Bianca di Parigi. E’ invitato presso musei e gallerie d’arte per eventi unici a carattere performativo e installativo, partecipa a diversi Festival di danza Urbana con spettacoli e performance che si occupano dello spazio e delle diverse modalità di fruizione del pubblico.

DANCE WITH ME – teatro – danza- performance

Sho®t Theatre in collaborazione con Florian

Teatri di Vita

SALA A 19 GIUGNO ore 21.15 20 GIUGNO ore 21.30

Il frigo di Copi traduzione di Luca Coppola e Giancarlo Prati uno spettacolo di Andrea Adriatico per Eva Robin’s cura e aiuto Daniela Cotti scene Andrea Cinelli, con la consulenza di Maurizio Bovi costumi Andrea Cinelli, col repertorio vintage di A.N.G.E.L.O. organizzazione Monica Nicoli fotografia Raffaella Cavalieri produzione Teatri di Vita

Abbiamo messo Eva Robin’s nel Frigo. Apri lo sportello e parte una strana girandola di personaggi e storie di surreali crudeltà.

Il frigo è uno dei testi teatrali più vorticosi di Copi, dove si ritrovano concentrati tutti i suoi temi e le sue manie, a cominciare dai sessi indefiniti e dalle violenze a ripetizione. A incarnare l’eroina di questa strana opera è Eva Robin’s. Ironica, affascinante, cinica: così Eva si presenta nuovamente sulle scene italiane, con un monologo che sembra scritto appositamente per lei, in un vorticoso crescendo di parole e situazioni da fumetto tragicomico come in un trip lisergico.

Nel Frigo c’è tutta la teatralità cinica e pungente del grande franco-argentino Copi, morto di Aids nel 1987, celebre per i fumetti della Donna Seduta e per la sua capacità di ridere con sprezzante ironia delle disgrazie e delle ingiustizie della commedia umana.

In quest’opera, su uno sfondo pop iperrealistico, si avvicendano le sequenze più strampalate che si possano immaginare, in una girandola caleidoscopica che ruota attorno all’improbabile apparizione di un frigo nel salotto di una ex indossatrice sul viale del tramonto. Che si confonde con altri personaggi evocati dalla sua immaginazione e risucchiati in quest’incubo: una psicanalista svitata, una madre crudele, una serva irriverente, un editore megalomane, un... topo! A vestire i tanti panni dei tanti personaggi è sempre lei, Eva Robin’s, nel suo ritorno al grande teatro, dopo la straordinaria prova d’attrice dimostrata al festival di Santarcangelo ne La voce umana di Cocteau, in un’edizione indimenticabile e acclamata dalla critica italiana.

Come allora, a dirigerla per questa nuova produzione targata Teatri di Vita è Andrea Adriatico, ed anche per lui è un atteso ritorno al confronto con le sottili architetture drammaturgiche di Copi, dopo una irresistibile edizione delle Quattro gemelle, intrise di una graffiante comicità e di una tragica allegria.

Andrea Adriatico, regista di cinema e teatro, fondatore a Bologna di Teatri di Vita, struttura che gli ha permesso di confrontarsi con autori come Koltès (Il ritorno al deserto, 2007), Pasolini (Orgia, 2005), Copi (Le quattro gemelle, 2006), Mishima (Madame de Sade, 1999). Per il cinema, ha realizzato il film Il vento, di sera (selezionato al Festival di Berlino nel 2004 e vincitore di numerosi premi) e il corto Pugni e su di me si chiude un cielo (selezionato per la 59a Mostra del Cinema di Venezia). È imminente l’uscita dell’ultimo All’amore assente. Ha diretto Eva Robin’s negli spettacoli La voce umana e Ferita, nel mediometraggio L’auto del silenzio - vincitore del Premio Arcipelago di Roma nel 2002 - e nel nuovo film All’amore assente.

Eva Robin’s esordisce giovanissima nel cinema e nella televisione alla fine degli anni ‘80. In televisione ha condotto Prima donna di Gianni Boncompagni e ha partecipato a Lupo solitario, Matrioska, Il bello delle donne. Per il cinema è stata diretta da Dario Argento, Damiano Damiani, Maurizio Nichetti, Alessandro Benvenuti. Ha sfilato per i più importanti stilisti italiani ed internazionali. In teatro ha recitato ne La voce umana di Cocteau (1993) e Ferita - sguardo su una gente dedicato ad Adolf Hitler (1995), entrambi per la regia di Andrea Adriatico. Ha da poco debuttato in Otto donne e un mistero, per la regia di Claudio Insegno.

Copi (Raul Damonte; Buenos Aires 1944 Parigi 1987). Autore teatrale, attore e disegnatore. A 28 anni ha il suo primo successo teatrale con La giornata di una sognatrice. Nel ‘67 anche gli italiani cominciano a conoscerlo grazie a Linus, e ad amare la sua improbabile donna seduta con il nasone e il nevrotico pollastro con il quale si perdeva in dialoghi surreali. Tra i suoi testi teatrali: Eva Peron, L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi, Le quattro gemelle, Loretta Strong, La piramide, La torre della Défense, Il frigo, La notte di Madame Lucienne, Le scale del Sacro Cuore, Una visita inopportuna. Copi ha anche scritto il romanzo Il ballo delle checche, e numerosi albi di fumetti fino all’ultimo Il fantastico mondo dei gay. Recitava “en travesti” nei suoi spettacoli, ma anche in altre occasioni, come nelle Serve di Genet, nel ruolo di Madame, con la regia di Missiroli.

Teatri di Vita

E' il teatro del Comune di Bologna dedicato all'innovazione teatrale italiana e straniera. Fondato nel 1993, accoglie una programmazione tra le più stimolanti del panorama teatrale e della danza italiano e straniero.

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea
Teatro Stabile d’Innovazione

Compagnia Krypton – Egumteatro B GIUGNO

Nella solitudine dei campi di cotone di Bernard-Marie Koltès traduzione Anna Barbera regia Annalisa Bianco e Virginio Liberti con Fulvio Cauteruccio e Michele Di Mauro scene Horacio De Figueiredo costumi Marco Caboni luci Loris Giancola fonica Cristiano Caria produzione Compagnia Teatrale Krypton - Egumteatro – Mittelfest 2006 con il contributo di Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Prima dell’inizio delle prove avevamo un difficile compito: liberare il testo dalle precedenti messe in scene, liberarlo dalla presenza del suo clichè più fastidioso, quello che riduce La solitudine dei campi di cotone ad una riflessione sul Desiderio. Peggio, un desiderio al maschile e basta. E non parliamo delle sciocchezze a proposito del Combattimento. Niente di più ovvio e di più riduttivo. Non ci sembrava una grande trovata registica visto che il desiderio è nominato e rinominato e ricordato per tutto il testo e dunque troppo visibile, troppo scoperto, troppo facile. Koltès è stato un gigantesco poeta-autore e le cose importanti, le questioni strutturali, l’ossatura che tiene unita tutta quella emozione, tutte quelle parole carnali, lui le ha nascoste con cura. Ma noi sapevamo dall’inizio che dovevano essere sicuramente lì, davanti ai nostri occhi, da qualche parte tra le pieghe di quelle sue parole poetiche.

Ci ha aiutato la nostra amica Francesca Magni, fisica, docente e profonda conoscitrice del teatro europeo contemporaneo. Lei ha trovato nel testo di Koltès interi passaggi usati da Galileo e Einstein nelle loro teorie della relatività. Il nostro lavoro registico, quasi chirurgico, la nostra messa in scena (che bella parola!) cerca la struttura portante e per noi La solitudine dei campi di cotone non fa altro che riflettere sulla colonna vertebrale dei rapporti umani, dell’organizzazione sociale, dell’economia, dell’architettura delle città e della fisicità costituente del reale. In Nella solitudine dei campi di cotone troviamo immagini usate da fisici come Einstein e Poincaré, troviamo pagine di manuali di economia, troviamo la vita con la sua Complessità e la sua Molteplicità. Koltès, secondo noi, ha voluto ed è riuscito a pensare la fine di un secolo tormentato, infernale, il secolo più fotografato, un secolo cinematografico e televisivo.

Giancarlo Cauteruccio e Pina Izzo danno vita alla Compagnia Krypton, gruppo di ricerca multimediale nel 1982, a Firenze, basando la propria poetica sul rapporto tra arte e tecnologia. L’intera produzione del gruppo guarda infatti ai nuovi strumenti tecno-comunicativi, impiegati al fine di lavorare su qualità estetiche per la scena: il suo Teatro di Luce, gli ambienti video, le performances sul paesaggio appartengono ad una sperimentazione avviata fin dalla fine degli anni '70. Dal 1985 Cauteruccio, insieme ai suoi collaboratori, inaugura inoltre un’analisi linguistica ed estetica intorno alle problematiche del vuoto, dell’oblio, del sublime e dell’incomunicabilità. I lavori di Krypton vengono presentati con grande successo nei più importanti teatri e festival sia in Italia che all’estero (New York, Mosca, Oslo e Berlino).

Negli ultimi anni Cauteruccio si è impegnato su una importante trilogia Beckettiana e sta attualmente lavorando alla preparazione di una trilogia shakespeariana che si prevede ambientata in luoghi urbani e naturali, essendo il rapporto tra la parola, il corpo e il luogo un altro centrale campo di ricerca dell'artista. La sede operativa stabile della compagnia è la modernissima struttura del Teatro Studio di Scandicci alle porte di Firenze dal 1991.

Annalisa Bianco e Virginio Liberti fondano la compagnia teatrale Egumteatro nel 1994 a Milano, per poi trasferirsi nel 1998 a Siena dove iniziano un'intensa attività sul territorio. Egumteatro crea un premio di drammaturgia Premio Don Chisciotte, tiene seminari per attori professionisti, svolge attività di formazione e sostegno nei confronti delle compagnie amatoriali e degli artisti locali, realizza spettacoli con gruppi dialettali, con gli allievi delle scuole elementari e con gli ex lungo-degenti dei servizi psichiatrici. Nella serie editoriale intitolata I Quaderni di Teatro raccoglie interviste inedite ad importanti registi europei. Dal 2002 cura la direzione artistica di Amiata Festival - festival di arti popolari che si svolge in agosto nei Comuni dell'Amiata senese.

Tra gli spettacoli più recenti realizzati dal gruppo ricordiamo: Quartett (2002) e Hamletmachine di Heiner Muller (2003), Loretta Strong (2004) e L'omosessuale o la difficoltà di esprimersi (2005) di Copi.

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea
SALA
19
ore 22.15 20 GIUGNO ore 20.00

Quellicherestano

SALA B BIS 20 GIUGNO ore 23.30 21 GIUGNO ore 20.30

Bocca di cowboy

Cowboy mouth di Sam Shepard traduzione Carlo Hintermann con Lea Barletti (Cavale), Gabriele Benedetti (Slim), Werner Waas (Uomo aragosta) musiche originali Carlo Hintermann, Mario Salvucci regia Werner Waas

La prima impressione davanti a Bocca di cowboy è quella di avere a che fare con qualcosa di più elementare di un normale testo teatrale, di più immediato, qualcosa che non necessita di uno sviluppo drammaturgico tradizionale, che non ha una trama, ma che si muove come delle sfere liquide che si staccano, collidono e collassano di nuovo l’una nell’altra a getto continuo. Il tutto alla ricerca di una sensazione, di un sentimento, o forse di un Dio, che sta sepolto sotto strati e strati di vita sedimentata, di illusioni, progetti di vita, passioni artistiche e noia quotidiana. La lingua sembra essere al lavoro per ingannare un linguaggio troppo consapevole di quello che dice, per scoprire l’ignoto che non appare fino a quando non si abbandona il sentiero dell’affermazione, del dominio intellettuale. E’ un lavoro alla ricerca della poesia, un tentativo di aprirsi allo spirito, al mito e nel suo procedere sembra più vicino alla musica che alla letteratura teatrale.

Questa impressione si accompagna ad un’immagine del far west, con i cowboy e i pellerossa, con la dimensione mitica dell’uomo solo di fronte alla natura, una natura magnifica e immensa. Un mondo brutale e pericoloso in cui morire o non morire è una questione di inventiva, di fortuna e di istinto. In questo mondo western di Bocca di cowboy, che inizia dopo un crimine (la folle Cavale armata di pistola, ha rapito per strada uno sconosciuto, Slim, per trasformarlo in una rockstar), Shepard inietta la storia del suicida Gerard de Nerval, una popstar antelitteram, e introduce un misterioso uomo aragosta ,fattorino di un fast-food, che rimane muto. Il tono della pièce, la sua qualità autobiografica anche, e lo stesso tema trattato, mi portano a pensarlo in termini musicali. Penso a voci come Johnny Cash o Bob Dylan, alla semplicità del loro raccontare, al loro legame con la terra, quasi inimmaginabili per un europeo con quella massa impressionante di cultura accumulata sopra la testa, motivo d’orgoglio a volte sterile e di confusione mentale. Il testo di Shepard assomiglia a delle prove musicali: a ripetizione si provano racconti, con la storia di Gerard de Nerval che funge quasi da catalizzatore per altre storie e altri ricordi commoventi, si improvvisano duetti ritmati, degli assolo che rasentano l’impazzimento. Alcune parti sono proprio cantate, da soli, in due.

La stanza in cui si trovano i due protagonisti è una prigione provvisoria, un ammasso di ricordi, di scorie, da cui sembra impossibile fuggire. Questa è la molla che tiene viva l’azione teatrale: la fuga impossibile dall’immagine che gli altri hanno di te, il tentativo di fare emergere il nocciolo poetico, la rockstar sepolta dentro, a rischio di morire.

Ci riesce infine solo l’uomo aragosta: è antico, le sue chele mostrano i segni di numerose battaglie, il suo parlare è un grugnire, è capace di suicidarsi senza patemi d’animo, la sua anima è pura , è il perfetto cowboy, la perfetta rockstar.

L’Ass. cult. Quellicherestano, fondata nel 1992 da Paolo Musio, Fabrizio Parenti, Massimo Bellando Randone e Werner Waas oltre alla realizzazione di spettacoli cura anche la traduzione di testi, coltiva rapporti di collaborazione con scrittori italiani e stranieri (Achternbusch, Kemnitzer, Moresco, Musio, Nove, Schimmelpfennig etc.) promuove progetti interdisciplinari dedicati alla cultura contemporanea, collabora con artisti visivi italiani e stranieri (Kirchhoff, M+M, Petric, Randone), coproduce spettacoli con compagnie di danza (Travirovesce), all’insegna di una ricerca di interdisciplinarietà che comprende la cultura come un tutt’uno e non procede per compartimenti stagni. Regia, recitazione, scrittura, invenzione visiva e sonora, movimento del corpo, dibattimento del reale concorrono a pari merito nell’elaborazione di esperimenti culturali atti a cogliere il “sentimento di vivere” del presente e trasformarlo in azione.

Il percorso dei spettacoli finora prodotti delinea una particolare attenzione al carattere intrinsecamente politico del teatro e a modelli di scrittura originali e non dettati dalle richieste di mercato, ma sempre di assoluta qualità.

Da segnalare oltre alle numerose produzioni indipendenti anche le produzioni con i teatri stabili di Roma e di Brescia (Achternbusch, Schwab, Moravia), le coproduzioni con partner stranieri e italiani(Theater Transit Wien, Oltre 90) e l’attività di gestione della residenza regionale Magliano Sabina Teatro.

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea

Elio Castellana

SALA

Dead friends installazione per morti apparenti o anti-fiction di assenze sovrapposte ideazione di Elio Castellana

Su invito dell’autore alcune persone, realmente amiche dell’autore e amiche fra loro hanno accettato di scegliere una loro possibile morte, di metterla in scena in un set fotografico e di lasciare che venisse ritratta e quindi di assistere in diretta alla loro “morte” insieme al pubblico che visita l’installazione. Video, registrazioni audio, fotografie e la presenza in carne e ossa dei protagonisti e del pubblico di Dead Friends sono combinati in un paradossale setting sociale in cui i limiti del concetto di rappresentazione e presenza sono ininterrottamente violati e rinegoziati.

Dead Friends, installazione multimediale per video, fotografie ed esseri umani, unisce l’illusione di un movimento narrativo di soggetti “morti” al senso di doloroso congelamento, sempre presente nell’atto del fotografare, di soggetti “vivi” bloccati in un fermo-immagine. Perché la morte? Perché è il punto di non ritorno della rappresentazione: irrapresentabile se reale e irreale se rappresentabile. Il gioco di Dead Friends è scardinare quest’antinomia e aprire nuovi varchi nel concetto di presenza fra due morti possibili.

Non attori ma neppure passivi testimoni di se stessi, i protagonisti di Dead Friends sembrano vivere in un mondo parallelo, in bilico fra fiction, opera d’arte e cronaca, contribuendo a scardinare i meccanismi di mistificazione del reale di cui è intessuto il mondo contemporaneo (media, tv, internet, realtà virtuale, industria culturale, revisionismo storico).

Dead Friends, terza tappa del progetto Dead Line, progetto permanente per una morte senza traumi, si adatta a vari tipi di ambienti da gallerie d’arte a teatri e sale espositive o luoghi di passaggio.

“La positività di un oggetto non si ha quando un’assenza è colmata, ma, al contrario, quando due assenze si sovrappongono”.

ZONA ESTERNA 22 GIUGNO ore 19.00, 22.00

Lotteria

tête a tête a esclusione multipla ideazione di Elio Castellana con la collaborazione di Rita Bucchi scena e costumi Rita Bucchi disegno luci Diego Labonia con Rita Bucchi, Diego Labonia, Irene Labonia

Lotteria è una performance retroattiva che rivela se stessa a metà dell’opera. La performance è contemporaneamente visibile da un numero potenzialmente infinito di persone e da un solo e unico spettatore: si è deciso, infatti, di fare in modo che, ufficialmente, solo una persona possa vederla. Paradossalmente, per selezionare l’unico spettatore il metodo più equo, ma soprattutto, più conforme ai metodi della politica culturale italiana è parso quello della lotteria a premi. Tutti gli spettatori sono invitati a comprare un biglietto della lotteria. Dopo una regolare estrazione affidata alla dea bendata, il premio è uno solo: lo spettacolo. Quello che l’unico spettatore vedrà sarà l’estrema conseguenza di una premessa totalmente arbitraria. Arbitraria, come la maggior parte di degli eventi che ci accadono (almeno questa è la versione ufficiale dei fatti). La performance propriamente detta, quella che solo uno spettatore può vedere, insegue la speranza di fare tabula rasa della rappresentazione e rivela che la vera performance è la vendita dei biglietti e l’estrazione del vincitore. All’unico spettatore l’onore e l’onere di vedere, di apprezzare, di criticare. Lui/lei sarà l’arbitro di un evento di cui è anche il solo testimone. “Esse est percipi” diceva il reverendo George Berkeley. L’importante è vincere, guarda ai concetti di privilegio, esclusione e arbitrio come categorie esistenziali di vita e di marketing. Quando superfluo e indispensabile si confondono, anche i confini fra desiderio e identità scompaiono lasciando spazio a un senso di mancata coincidenza: la voglia è di essere altrove o qualcun altro.

MIND THE GAP – performance-video-musica
MOSTRE 21 GIUGNO dalle ore 21

Amici installazione sociale ideazione di Elio Castellana

Amici, citazione del noto programma televisivo di mediaset, coinvolge un certo numero di persone, fra uomini, donne e bambini, reclutati con un passaparola informale fra amici e conoscenti. I loro corpi e le loro passioni personali diventano il fulcro di “un’installazione di corpi umani dotati di vita privata”: essi sono a disposizione del pubblico per conversare telefonicamente sugli argomenti più disparati. Le persone che costituiscono l’installazione possono essere esposte in contesti diversi che alterano il rapporto con i visitatori: sistemati in fila, nella vetrina di un negozio, oppure seduti, secondo uno schema geometrico, su una terrazza della città, visibili. Indossano una maglietta bianca con un codice e sono provviste di un telefono cellulare. Ognuno di loro è pronto a colloquiare su alcuni argomenti della propria vita pubblica e privata scelta. Un catalogo fotografico e un videoclip in cui sono presenti le schede di ognuno di loro aiuta il pubblico a scegliere con chi parlare. In passato, la body art vedeva il corpo come campo di battaglia ideologico o come luogo di costruzione d’identità. Oggi quel corpo diviene corpo di gente comune la cui vita privata viene rivoltata fino a diventare pubblica: ciò che era interno diventa esterno, quel che era vissuto personale diventa viva materia di conversazione.

L’operazione concettuale implicita in Amici arriva a inglobare in questa esposizione pubblica di amici reali anche le traiettorie di vita di chi “assiste” all’installazione, creando spazi di socialità artificiale in cui si sovrappongono senza più possibilità di discriminazione, i luoghi della rappresentazione, i luoghi della visione e i luoghi della socialità.

Elio Castellana artista visivo e autore di performance, installazioni e spettacoli, inizia la sua attività creativa nel 1994 all’interno del gruppo teatrale Accademia degli Artefatti, di cui è membro, e con cui realizza numerose produzioni. Fra le creazioni come autore con Accademia degli Artefatti ricordiamo “Kindergarten, paradiso artificiale con libera visione dall’alto”(2000), “Dall’inferno”(2004) e la serie “Sopralluoghi”(2000-03).

Gli spettacoli da palcoscenico e le istallazioni in luoghi non teatrali –monumenti, case private, ambienti urbani- lo portano a sviluppare un personale discorso sulle arti visive e la componente performativa e installativa nello spettacolo dal vivo. Un percorso autonomo che si concentra sulla comunicazione e che utilizza anche le basi del teatro –simulazione e rappresentazione- giocando con i meccanismi di relazione sociale e di produzione del valore che permeano la contemporaneità e i corto circuiti di senso del reale. Dal 2005 è impegnato in “Dead Line, progetto permanente per una morte senza traumi” che indaga i concetti d’identità e di assenza come eventi mediatici.

ZONA ESTERNA 23 GIUGNO ore 21.00

amnesiA vivacE

SALA B 21 GIUGNO ore 22.00

studio per Ecce Robot! Cronaca di un’invasione drammaturgia e regia di Daniele Timpano ispirato liberamente all’opera di Go Nagai musiche originali di Michela Gentili e Natale Romolo eseguite da Michela Gentili, Francesca La Scala e Valentina Cannizzaro ispirate liberamente all’originale colonna sonora di Michiaki Watanabe disegno luci e voce narrante di Marco Fumarola registrazioni audio effettuate presso il Rialto Santambrogio di Roma montaggio audio a cura di Lorenzo Letizia aiuto regia Valentina Cannizzaro e Marco Fumarola organizzazione Maria Rita Parisi una produzione amnesiA vivacE in collaborazione con Armunia Festival Costa degli Etruschi

“Viva Mazinga! Lasciamolo vedere ai bambini, tanto non sarà lui a farli rincretinire.” Marco Ferreri

Ispirato liberamente all’opera di Go Nagai (Jeeg Robot, Mazinga, Goldrake) lo spettacolo ripercorre per frammenti l’immaginario eroico di una generazione cresciuta davanti alla Tv. Ero bambino, tra gli anni ’70 e gli anni ’80, quando arrivarono in Italia i primi cartoni animati giapponesi. Era l'Italia delle stragi, del rapimento di Aldo Moro, delle Brigate Rosse e dell'ascesa di Silvio Berlusconi e delle sue televisioni, ma questo io non lo sapevo ancora. Ignaro di trovarmi nel bel mezzo degli anni di piombo, vivevo l'infanzia tra robot d'acciaio.

Daniele Timpano autore-attore, regista. Nasce a Roma il 18 maggio del 1974. Frequenta il biennio di recitazione presso il Conservatorio teatrale di G. B. Diotajuti e M° Antonio Pierfederici. Seminari con Fiorella D'Angelo (mimica Orazio Costa), Alfio Petrini (drammaturgiaTeatro Totale), Luca Negroni (commedia dell'arte), Luis Ibar (direzione scenica). Come attore ha lavorato con Michelangelo Ricci (Finale di partita, La meglio gioventù, Ubu Re), Carlo Emilio Lerici, Francesca Romana Coluzzi, Massimiliano Civica (Grand guignol). Fondatore del gruppo amnesiA vivacE, è autore-attore di diversi spettacoli, tra i quali: Storie di un Cirano di pezza; Teneramente tattico; Profondo dispari; Oreste da Euripide; caccia 'L drago da J.R.R.Tolkien (spettacolo vincitore della terza edizione del premio Le voci dell'anima - incontri teatrali); Gli uccisori del chiaro di luna – cantata non intonata per F.T. Marinetti e V. Majakovskij; Dux in scatola. Autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito (finalista Premio Scenario 2005 ed edito in volume da Coniglio Editore nel 2006). Coordinatore dei laboratori teatrali, letterari e musicali Oreste ex Machina (2003), Gli uccisori del chiaro di luna (2004) e Fiabbe Itagliane (2005), finanziati dall'Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Un suo testo inedito, Per amarti meglio!, è stato finalista nella rassegna Napoli drammaturgia in festival 2001 e dramma del mese su dramma.it. È redattore (e collaboratore) della rivista on line www.amnesiavivace.it e di Ubu Settete, periodico di critica e cultura teatrale sul teatro "underground" romano a diffusione gratuita. È tra gli ideatori e organizzatori della rassegna Ubu Settete – fiera di alterità teatrali romane. Dell’edizione del 2003 è stato direttore artistico.

COSTUME NAZIONALE – Made in Italy – drammaturgie dal bel paese

Sho®t Theatre in collaborazione con Santarcangelo International Festival of the arts

Santasangre

SALA A BIS 21 GIUGNO ore 23.30 22 GIUGNO ore 20.15

Spettacolo sintetico per la stabilità sociale ideazione Diana Arbib, Luca Brinchi, Maria Carmela Milano, Pasquale Tricoci ideazione ed elaborazione del suono Dario Salvagnini con Stefano Cataffo, Pasquale Tricoci, Roberta Zanardo voce Roberto Latini in video Alessandro Carboni, Roberto Latini, Pasquale Tricoci, Roberta Zanardo luci Maria Carmela Milano riprese video Alessandro Rosa grafica 3D Tiziana Liberotti realizzazione costumi di scena Aurelia Laurenti sartoria Occhio del Riciclone produzione Santasangre 2007 Segnalato al Premio Tuttoteatro.com “Dante Cappelletti”

Uno spettacolo che muove la propria sperimentazione dall’utilizzo dell’immagine olografica all’interno dell’ambito teatrale. Attraverso l’utilizzo di transizioni e riflessioni video, di tecnica blue-screen in scena saranno presenti attori reali e attori virtuali in grado di interagire e costruire il tessuto drammaturgico di tutto lo spettacolo. Partendo da Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley lo spettacolo racconta lo spaccato di una società costruita in laboratorio, perfetta e stabile in cui il sistema è garantito da un controllo sistematico sull’individuo e sulla sua condotta.

Il progetto di ricerca Santasangre nasce dall’incontro di Diana Arbib, Luca Brinchi, Maria Carmela Milano e Pasquale Tricoci. Confluiscono nel lavoro le esperienze e gli studi di ognuno: le arti visive, le installazioni sonore e meccaniche, la body art e l’estetica degli ambienti. Partecipano al Festival Opera Prima, alla Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo, al Festival Crisalide, ad Enzimi, ad Ipercorpo e all’interno della stagione dei Teatri Stabili d’Innovazione di Pescara (Teatro Florian) e Bari (Teatro Kismet). Saranno presenti al Festival Alternativnog-FAKI di Zagabria, all’International Festival of the arts di Santarcangelo, al Festival Inteatro di Polverigi e al Festival internazionale della creazione contemporanea Esterni. Dal 2003 curano la direzione artistica dell’area teatro del Kollatino Underground, centro polifunzionale di promozione culturale indipendente di Roma. Tra le manifestazioni organizzate Ipercorpo (progetto condiviso e curato dalle compagnie Santasangre, Città di Ebla, Nanou, Ooffouro e Cosmesi), Mutevoli Espressioni e Installer

COSTUME NAZIONALE – Made in Italy – drammaturgie dal bel paese

Aldes

SALA B BIS

22 GIUGNO ore 21.15 23 GIUGNO ore 20.30

Racconta

parte III de Il migliore dei mondi possibili

progetto Roberto Castello regia Roberto Castello, Alessandra Moretti, Stefano Questorio, Ambra Senatore interpreti Roberto Castello, Alessandra Moretti, Stefano Questorio, Ambra Senatore /Anna Rispoli drammaturgia in collaborazione con Francesco Niccolini musiche originali Massimiliano Barachini sonorizzazione Fabio Viana video, scenografia e costumi Aldes organizzazione Simona Cappellini produzione Aldes, Festival di Santarcangelo 2006 con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali / Dip. Spettacolo, Regione Toscana

Racconta è la terza parte della decalogia Il migliore dei mondi possibili, progetto pluriennale che utilizzando svariati medium linguistici vuole restituire un affresco della contemporaneità, un'indagine sul presente. Questo terzo capitolo affronta nello specifico la narrazione, concentrandosi quindi sull'uso della parola, nella sua relazione con la gestualità, il suono e l'immagine. Coerentemente con il tema generale del progetto, questa volta il presente è visto attraverso la vita di una coppia ben consolidata, di un omosessuale e della sua amica verbosa, in un tentativo di organizzazione coreografica della quotidianità. La scelta di un assetto a pianta centrale rende la scena una sorta di installazione-acquario attorno al quale lo spettatore gira, seleziona e partecipa in veste di testimone-voyeur di una quotidianità fin troppo nota, seppur frammentata e ricomposta attraverso un trattamento pseudo-cinematografico. In quanto tale, Racconta, pur partendo da procedimenti formali di ordine coreografico, si avvicina per certi versi ad alcuni esiti della drammaturgia contemporanea.

ALDES è una associazione di artisti e operatori culturali che dal 1993 produce e promuove opere di sperimentazione coreografica con particolare attenzione alle forme di confine fra danza e arti visive, danza e nuove tecnologie, danza e teatro, realizzando spettacoli, video, installazioni, performances e manifestazioni che hanno come oggetto il corpo, il movimento e la loro rappresentazione. I nostri progetti sono caratterizzati da una particolare attenzione al rapporto fra azione coreografica e spettatori, quindi a tutte quelle forme di danza contemporanea che hanno connotati non convenzionali, non spettacolari e sperimentano nuove forme di rapporto spazio/temporale fra spettatori e opere.

Premio UBU 2003/sez. Teatro-danza con “Il migliore dei mondi possibili”, progetto pluriennale in dieci parti, ancora in fase di completamento.

DANCE WITH ME – teatro – danza- performance

M’Arte - Movimenti d’Arte

SALA B 22 GIUGNO ore 22.30 23 GIUGNO ore 22.00

Volevo dirti

di Sabrina Petyx regia Giuseppe Cutino con Serena Barone, Ester Cucinotti, Caterina Marcianò, Sabrina Petyx scena e costumi Daniela Cernigliaro luci Fabio Giommarelli aiuto regia Letizia Porcaro si ringrazia Alessandra Fazzino, Chiara Lucchese, Simona Finazzi, Alfio Scuderi produzione M’Arte movimenti d’arte - Palermo Teatro Festival in collaborazione con La Città del teatro - Cascina

Volevo dirti ciò che vive nascosto dietro i nostri occhi, che si annida in quel breve spazio che va dal cuore al cervello, dalla bocca alle mani, dal fegato ai piedi, dentro quella vertigine in cui riconoscere ed incontrare l’ultima immagine che sia possibile sopportare di sé.

L’uomo si ciba della sua vendetta. La vendetta è una fame che non si sazia mai, vorace come un intero branco, ronza dentro le vene come uno sciame. È la passione la femmina più vorace del branco, una fiera pronta ad uccidere prima di essere tradita, una mantide capace di svelarsi in segreto, di tessere trame dentro cui nuove prede cadranno vinte da un peso eterno come la colpa. La passione, come la madre di ogni fede. La fede, come una passione che non si vergogna di sé, bisbiglia nelle orecchie formule di veleni letali, esplode nelle viscere di un nemico che non si da alla fuga, armata delle ragioni dei giusti, offrendo il perdono come un riparo da conquistare, trovando quiete nel sangue che altro sangue vorrà vendicare. Orrido piatto da mangiare freddo, la vendetta unirà destini che non si sarebbero mai voluti incontrare, imbrigliandoli dentro un’attesa da ricompensare. E attendono. Irene, Agata, Tina e Lucia, attendono. Sedute su una sedia, davanti ad una pentola, dietro ad una porta, sotto una finestra, dentro un ascensore, nello spazio fra un piano e l’altro, imprigionate dentro una improbabile voliera capace di far convivere specie strane, in balia di una giostra senza giostraio, protette dal silenzio ovattato dei salotti buoni, con le coscienze intonse e immacolate come i divani coperti dal cellofan per non farli usurare. Irene, Agata, Tina e Lucia, iridescenti uccelli del paradiso, piante carnivore e vittime sacrificali, sacerdoti di un rito e agnelli da sacrificare, chiuse fra le pareti di un orrore da consumare, da espiare, da trattare con cura, da far cuocere a fuoco lento, immerse fra parole vuote da ruminare in segreto. Parole sfuggite al desiderio di un cuore senza più colore, un cuore essiccato come un pugno di sale, che si corrode, che brucia e che allarga le braccia sussurrando: peccato!

M’Arte - Movimenti d’Arte nasce a Palermo nel marzo 1999.

M’arte è una compagnia dotata di un corpo ed un’anima in continuo divenire. Una compagnia che si trasforma, che sa cambiare pelle, che muta, si evolve e si modella nella continua ricerca di limiti piccoli e grandi da poter superare, nella ricerca di forme da indagare e di urgenze da dover esprimere per poter dare alimento ed energia alla curiosità, al gusto del rischio ed alle necessità che convergono all’interno di ogni progetto cui M’Arte si dedica.

Fondata sull’incontro di attori, danzatori, registi, scenografi e costumisti. Coreografia, scrittura e drammaturgia. In un intrecciarsi di differenti peculiarità e competenze di differenti artisti provenienti da differenti percorsi, la compagnia M’arte Movimenti d’Arte costruisce il suo percorso su un gioco di equilibri, di sinergie e di forze che le consentono di affrontare il lavoro con duttilità, rigore e dinamismo, operando all’interno di un continuo laboratorio dentro cui trovare sempre nuove occasioni di confronto e di crescita.

Nata da un’idea di Giuseppe Cutino, Sabrina Petyx, Sabrina Recupero (già facenti parte della compagnia Teatro Teatès di Michele Perriera) e Fabrizio Ruffino, la compagnia M’Arte - Movimenti d’Arte cresce, ampliandosi nel tempo, grazie all’incontro con nuovi artisti quali: Alessandra Fazzino, Caterina Marcianò, Daniela Cernigliaro, Roberto Rebaudengo, Tatu La Vecchia, Domingo Norfo, Simona Morresi. Proprio l’incontro con artisti diversi porta nuovi stimoli creativi, che inducono il gruppo ad orientare il proprio lavoro verso una nuova ricerca di scrittura scenica rivolta ad ottenere una completa sinergia fra immagini, suono, parola e movimento, capaci di agire con guizzi e astrazioni, all’interno di quel rigore tematico e stilistico propri del lavoro di M’Arte.

Nel 2003 la compagnia ottiene, con tre differenti progetti (Lux et tenebrae, Deposito bagagli e Come campi da arare), rispettivamente: prima il sostegno di Culture 2000 e del D.B.M. (Danse Bassin Mediterranée), poi la menzione speciale Enzimi 2003 ed, infine, il Premio Scenario 2003.

COSTUME NAZIONALE – Made in Italy – drammaturgie dal bel paese

Zimmerfrei

ZONA ESTERNA 22 GIUGNO ore 23.00 23 GIUGNO ore 23.15

Panorama_Venezia

concept e regia ZimmerFrei montaggio video Anna de Manincor sound design Massimo Carozzi chitarra, pedali, effetti Stefano Pilia batteria Vittoria Burattini tape loops, oscillatori Valerio Tricoli regia del suono, oscillatori, giradischi Massimo Carozzi voce, foley Anna Rispoli e Anna de Manincor durata 35 min

Panorama_Venezia è una performance crossmediale realizzata con due proiezioni sincrone musicate dal vivo.

Si tratta di due serie di panoramiche realizzate facendo compiere alla camera una rivoluzione di 360° nell’arco di 60 minuti, come se l’obiettivo fosse la lancetta di un orologio.

Le riprese sono state poi accelerate di venti volte così che un’ora dura tre minuti. Sui due schermi scorrono contemporaneamente due tempi paralleli, separati da pochi chilometri di terra mista ad acqua la videocamera ritrae la stessa alba al mercato del pesce di Rialto e al Laguna Palace di Mestre, sul Canal Salso, lo stesso tramonto in campo Santo Stefano e a Forte Marghera, la stessa notte in piazzale Candiani e su un terrazzo in campo San Polo.

Le persone ritratte sono presenti in entrambi i luoghi allo stesso tempo. Evidentemente abitano in due vite contemporanee e parallele: una in laguna e una in terraferma. Venezia e Mestre sono due presenti prossimi e paralleli.

I due luoghi diversi condividono l’intervallo temporale in cui suono, rumori e musica sono creati dal vivo nell’unico presente dello spettacolo dal vivo.

I musicisti danno vita alle immagini suonando una partitura a maglie larghe che orchestra picchi ritmici, drones avvolgenti e una punteggiatura rumoristica in sinc con le azioni sullo schermo.

ZimmerFrei è un gruppo di artisti che ha sede a Bologna. Nato nel 1999 da Anna Rispoli, Anna de Manincor e Massimo Carozzi, opera sia come collettivo che come etichetta che produce i lavori dei singoli.

ZimmerFrei agisce tra il territorio della performance e quello delle arti visive, producendo opere di vario formato: installazioni sonore e video, ambienti, workshop, performance, oggetti e prototipi.

Nel 2003 ha partecipato alla 50° Biennale d’Arte di Venezia, all’interno de “La Zona” curata da Massimiliano Gioni e nel 2005 a Reaction, Festival Internazionale della Performance nell’ambito di Extra 51 - Biennale d’Arte di Venezia.

MIND THE GAP – performance-video-musica

Sho®t

Accademia degli artefatti

SALA A BIS

25 GIUGNO ore 20.30 26 GIUGNO ore 22.45 27 GIUGNO ore 22.45

AB-USO

An oak tree di Tim Crouch traduzione e cura drammaturgica Luca Scarlini regia Fabrizio Arcuri con Matteo Angius,Gabriele Benedetti, Pieraldo Girotto cura degli ambienti Diego Labonia organizzazione Miguel Acebes produzione accademia degli artefatti in collaborazione con IED - Roma, British Council, Trend - nuove frontiere del Teatro Britannico, Santarcangelo - International Festival of the Arts, Festival Teatri delle Mura di Padova, Armunia - Castiglioncello, Officina culturale - Regione Lazio.

Accademia degli artefatti continua la propria ricerca/necessità di indagine sui meccanismi della comunicazione, territorio dove si costruisce l'idea di realtà con la quale scendiamo a patti quotidianamente. Il rapporto mediato con l'informazione costituisce un territorio latente e fluttuante che per comodità definiamo attualità, unico vero non luogo dove si patteggia il discrime tra verità e finzione e su cui si sparge un placebo di verosimiglianza. Accademia degli artefatti prosegue questo percorso intrapeso con Crimp, Kane, Pirandello e Handke con due esercizi, due piccoli esperimenti mutuati dalla scrittura caustica e acuta di Tim Crouch. Due esercizi di potere esercitati attraverso il linguaggio, due abusi. Abusi nei confronti di se stessi, nei confronti degli attori, nei confronti degli spettatori, poiché quello che succede è tutto vero ma impreciso, è tutto falso ma reale, un ipnosi. Ogni sera infatti saranno attori diversi a rappresentare gli spettacoli e ogni sera sarà in oltre invitato un attore esterno a partecipare senza aver mai letto il copione, totalmente in balia degli altri. Si tratta di esercizi appunto sul potere esercitato attraverso il linguaggio.

L’Accademia degli artefatti si forma intorno agli anni 90 con lo specifico progetto di promuovere organizzare e diffondere la cultura teatrale.

Si contraddistingue per l’indiscriminato approccio al lavoro sempre contaminando arte figurativa, performance e istallazioni, mentre parallelamente sviluppa una propria modalità prettamente teatrale.

Produce dalla fondazione numerosi spettacoli, performance e azioni teatrali ed è ospite nelle più importanti manifestazioni teatrali e rassegne italiane, Santarcangelo, Volterra, le edizioni di Teatri 90 a Milano, Enzimi, vincitori della biennale giovani di Roma del 1999 . Nel 2000 il Palazzo delle Esposizioni di Roma dedica un’ampia retrospettiva dei lavori del gruppo tra l’altro già ospitata in passato dai cantieri culturali de la Zisa di Palermo.

Produce video teatrali e è vincitrice di due edizioni del premio Riccione TTV il più importante festival di video-opere-teatrali.

Molti sono i libri che parlano del lavoro di Accademia degli artefatti tra cui ricordiamo Nuovo teatro italiano di Paolo Ruffini e Stefania Chinzari ed. Castelvecchi

Dal 1998 è riconosciuta dal Ministero e riceve il sostegno dal Ministero - Dipartimento dello spettacolo.

Tim Crouch è un autore e attore. Attore da oltre quindici anni. La sua prima piece, My Arm (Il mio braccio) ha debuttato a Edimburgo nel 2003 e da allora è in tournèe in tutto il mondo. L’adattamento televisivo di My Arm per la BBC ha vinto il Prix Italia come miglior adattamento teatrale nel 2005. Da quando ha iniziato a scrivere, Tim Crouch ha completato una trilogia di messinscene teatrali di Shakespeare per il Festival di teatro per ragazzi di Brighton: I, Caliban,(Io Calibano), I, peaseblossom (Io, fiordipisello) e I, Banquo (Io, Banquo)

Il National Theatre gli ha commissionato Shopping for shoes (Comprando scarpe) che è stato in tournèe per tuttto il Regno Unito e che è tuttora in tournèe con la compagnia Visible Fictions. Nel 2006 ha terminato una commissione del Plymouth Theatre Royal e del Polka Children’s, Kaspar the Wild (Kaspar il selvaggio) e subito dopo una pièce per adulti gli è stata commissionata dal Traverse Theatre di Edimburgo, England.

An Oak Tree (Una quercia) ha debuttato nell’agosto del 2005 e ha vinto il Glasgow Herald Angel Award. Da allora è stata in tournèe in 14 paesi diversi. Tim Crouch è membro associato della compagnia newyorchese Franklin Stage Company con cui ha interpretato i ruoli di Petruccio nella Bisbetica domata, Malvolio nella Dodicesima notte, Prospero nella Tempesta e Vania nell’opera di Cechov. E’ docente associato del National Theatre e tiene seminari in tutta Europa. I suoi lavori rimandano per molti aspetti a certi esiti della performance art, territorio a cui l’autore torna anche più esplicitamente con lo spettacolo An Oak Tree ispirato a un’opera dell’artista britannico Michael CraigMartin; e non a caso è stato presentato alla Tate Modern

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea
Theatre in collaborazione con British Council

Antonio Tagliarini

SALA A 25 GIUGNO ore 22.00

Show - studio

di e con Antonio Tagliarini scene, costumi e collaborazione artistica Fabrizio Bianchi elaborazione maschere Fabrizio Bianchi e Roberta Spegne con il sostegno di Rialto Santambrogio e Centro Artistico Il Grattacielo (terzo spettacolo della trilogia sulla rappresentazione con Freezy e Titolo provvisorio:senza titolo)

Un auto-ri-tratto impossibile. Un auto-intervista, tante interviste. La confessione. Io sono un presentatore, un danzatore, uno show-man. Io sono…me, io…chi sono? Io sono il mio tempo. Io sono le mie cose. Io sono i miei eroi. Io sono il mio alter-ego… io sono tante di quelle possibilità che mi diluisco, svanisco, coincido con lo spazio che mi circonda, coincido con gli occhi che mi guardano e che guardandomi mi rendono possibile e dunque vero…

Questo lavoro continua una ricerca che porto avanti da alcuni anni e che ha portato alla creazione di Freezy e di Titolo provvisorio: senza titolo, gli ultimi due spettacoli da me prodotti.

Show vuole essere, appunto, il terzo spettacolo della trilogia sulla “rappresentazione”.

Show e la mia ricerca: si tratta di alcune domande che continuo a pormi rinunciando al tentativo, del resto impossibile, di dare una risposta unica e risolutiva.

Vivo in un tempo in cui la mia presenza, la mia identità è fragile, incerta, confusa. Sono al lato, alla periferia delle cose e dunque io, la mia presenza, diventiamo il centro del mio lavoro, della ricerca, della messa in discussione.

C’è una strana lotta, una contraddizione tra l’esserci e il non esserci, il sottrarsi per evidenziare nell’assenza la presenza, il non riconoscersi, la necessità di raccontarsi, di definirsi… in un continuo gioco, in una continua dialettica, tra il presentarsi e il rappresentarsi… tra il mentire e credere di dire il vero…

Questa nuova creazione vuole indagare, esporre, ridicolizzare, mettere in discussione la presenza, la mia presenza per appunto: un continuo tentativo di definirsi rispetto a se stessi e agli altri che vedo in me e intorno a me e il continuo fallimento di questo tentativo.

Questa creazione sia sul piano formale che su quello concettuale vuole lavorare sulla frammentarietà, sull’impossibilità, sul ridicolo. E dunque la struttura centrale dello spettacolo deve assumere questo concetto: sarà uno spettacolo che volutamente si tradirà, si bloccherà, entrerà in crisi…

Sia sul piano formale che su quello concettuale lavoro sulla frammentarietà, sull’impossibilità, sul ridicolo, sul sovvertimento dei codici. Voglio soffermarmi un momento su questo termine “ridicolo”.

Nei miei spettacoli la gente ride molto.

Io non cerco mai di fare ridere, non penso alla comicità come obbiettivo, come risultato, mai. Io, piuttosto, lavoro sul ridicolo come esposizione dell’intimo, come manifestazione del proibito, ciò che non vorremmo mai sia conosciuto di noi.

Parto spesso da qualcosa di duro, tragico, banale, intimo, a volte doloroso E non so per quale alchimia la leggerezza e la “comicità” divengono un elemento caratterizzante dei miei lavori.

Antonio Tagliarini performer, autore, regista.

Studia danza e teatro con vari maestri tra i quali: Danio Manfredini, Thierry Salmon, Raffaella Giordano, Giorgio Rossi.

ERT Emilia Romagna Teatro: Corso Specializz. Modena 1996/97, docenti: M.Baliani, M.Martinelli, C.Lievi, G.B.Corsetti, R.Molinari.

TEE Teatro Stabile delle Marche: Corso specializz. Polverigi 1997.

Come coreografo/regista: Progetto performativo I-BOX(PLACE), sostenuto dall’APAP (Advanced Performing Art Project), Germania, Polonia, Portogallo, Austria, Italia, Belgio), 2006.

Una trasformazione, 2006. performance Arte-Natura Agatha-Cristy show (2005), creata con Idoia Zapaleta per progetto Alcantara di Lisbona (Portogallo). Le serve di J.Jenet, creato con Francesca Viscardi, Roma (2005)

Titolo provvisorio:senza titolo (2004) Roma, Cagliari, Bologna, Madrid, Belgio, Germania, Austria.

Caramelle (2003) Azione performativa creata per la Fondazione RomaEuropa.

Freezy (2002) Presentato: Rialto Santambrogio-Roma,Festival Mladi Levi-Slovenia; Enzimi Festival 02, Lecce Festival 2002, Teatro Palladium-Roma Fondazione RomaEuropa 2004.

Antonio Miguel, creato nel 2000 con Miguel Pereira in Portogallo. Premiato dal Ministero della Cultura Portoghese come migliore spettacolo dell'anno; presentato in Portogallo, Brasile, Italia, Slovenia, Germania, Svizzera, Norvegia, Francia.

Il drago e il santo di M.Poggi; regia e interpretazione, 1999.

La dolorosa storia di Ermengarda testo di M.Poggi, creato con Nicola Russo; Roma 1998. Come attore, danzatore, performer: Lavora, sia in Italia che all’Estero, con diversi registi e coreografi tra cui: Miguel Pereira, Raffaella Giordano, Giorgio Rossi, Alessandro Certini, Cilla Lakatos, Thierry Salmon, B.T.Jones, Massimiliano Civica, Marco Baliani, Fabrizio Arcuri (Accademia degli Artefatti).

DANCE WITH ME – teatro – danza- performance

Teatro delle Albe

SALA B BIS

25 GIUGNO ore 23.15 26 GIUGNO ore 21.15 27 GIUGNO ore 21.15 28 GIUGNO ore 22.30

Sterminio

di Werner Schwab traduzione di Sonia Antinori regia Marco Martinelli con Alessandro Argnani, Paola Bigatto, Luigi Dadina, Cinzia Dezi, Michela Marangoni, Ermanna Montanari, Laura Redaelli spazio Enrico Isola, Vincent Longuemare costumi Vincent Longuemare, Ermanna Montanari progetto luci Vincent Longuemare direzione tecnica Enrico Isola assistente luci Francesco Catacchio consulenza musicale Franco Masotti realizzazione costumi Laura Graziani Alta Moda, A.N.G.E.L.O. realizzazione spazio squadra tecnica Teatro delle Albe Fabio Ceroni, Camilla Cerretti, Luca Fagioli, Danilo Maniscalco, Giuseppe Maniscalco, Dennis Masotti, Francesca Pambianco, Giorgio Ritucci movimenti di scena Luca Fagioli, Danilo Maniscalco foto Christian Contin promozione Silvia Pagliano produzione Ravenna Teatro ringraziamenti Maria Luisa Bertozzi, Edda Cottignoli, Viola Giacometti, Italsedie, Leda Minguzzi, Donata Modanesi, Renata Molinari, Barbara Pambianchi, Edoardo Sanchi, Cristina Ventrucci musiche degli intermezzi Olivier Messiaen, "Quatuor pour la fin du temps" (1940)

Il testo di Schwab, che fin dalla prima lettura ci aveva attratto e imbarazzato, una volta arrivati alla forma antologica, non riusciva a starci dentro. Non ci stava come frammento, e non stava neppure sul palco. Il testo feroce e commovente di Schwab ci sfuggiva, richiedendo un altro spazio. Da qui l’idea di chiuderci in una saletta dove lo spettatore avrebbe potuto spiare quelle figure disperate, prossimo a quei prossimi che si sterminano. Una tana-psichica più che un appartamento, un po’ come quella di Gregor Samsa nella Metamorfosi, visto che i personaggi di Sterminio sembrano parlati come scarafaggi kafkiani. Abbiamo affidato questa intuizione a Vincent Longuemare, che insieme a Enrico Isola l’ha trasformata in un bunker, completamente realizzato dalla squadra tecnica delle Albe, una baracchetta da campo di concentramento, in cui affondare l’incubo della signora Cazzafuoco, l’anacronistica aristocratica nazi-Circe. Costruzione per lampi, cinematografica. Le pile che gli attori impugnano nel primo e nel terzo atto costruiscono l’immagine come una sequenza di fotogrammi: i primi piani diventano cinema, e il corpo è lì, a un metro, ne puoi percepire l’odore, la carne. Nel bunker di Sterminio lo spettatore è dentro lo spazio, in un qualche modo complice. Se il primo e il terzo atto sono un montaggio di contrasti luce-ombra, spettri generati dal movimento e dalla lotta, il secondo e il quarto sono congelati in una stasi da museo delle cere. E queste scelte diverse sono legate alle temperature di ciò che accade nei vari “appartamenti”, dove ogni spazio riflette oniricamente la natura dei suoi abitanti: quello viscerale dei Verme, quello saziato-torbido dei Kovacic piccoli borghesi, quello dove si consuma lo sterminio al veleno della strega-kapò Cazzafuoco, quello (lo stesso precedente, ma trasfigurato) dove si ricompone il quadretto condominiale con peonie e canzoncina di buon compleanno. Tutti sono immersi in un’aura da incubo che scarta da subito ogni naturalismo per concludersi nell’iperrealistica fotografia di un sereno paesaggio montano: finale lieto, acido, obbediente alla definizione che l’autore ha dato di Sterminio, una “commedia radicale”.

Nel 1983 Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni fondano il Teatro delle Albe. La compagnia sviluppa il proprio percorso intrecciando alla ricerca del “nuovo” la lezione della Tradizione teatrale: il drammaturgo e regista Martinelli scrive i testi ispirandosi agli antichi e al tempo presente, pensando le storie per gli attori, i quali diventano così veri e propri co-autori degli spettacoli. Nel 1988 la compagnia acquisisce al suo interno dei griots senegalesi: Mandiaye N’Diaye, Mor Awa Niang e El Hadji Niang. La formazione diventa afro-romagnola, e pratica un originale meticciato teatrale che coniuga drammaturgia e danza, musica e dialetti, invenzione e radici. Gli spettacoli, da Ruh. Romagna piu’africa uguale (1988) a All’inferno! (1996), da I Polacchi (1998) al Sogno di una notte di mezza estate (2002), da Salmagundi (2004) a La mano (2005), da La canzone degli F.P. e degli I.M. (2005) fino al dittico Sterminio e Scherzo, satira, ironia e significato profondo (2006) valgono alle Albe premi e riconoscimenti, nazionali e internazionali, evidenziando una poetica rigorosa, raffinata e emozionante, capace di restituire alla scena la sua antica e potente funzione narrativa. Nel novembre 2006 debuttano i due spettacoli Scherzo, satira, ironia e significato profondo, riscrittura dall’opera di C. Grabbe, e Sterminio, di W. Schwab, che insieme costituiscono un dittico sull’ineluttabilità e l’universalità del male. Tra maggio e giugno 2005 il Teatro delle Albe è a Chicago: cuore del progetto, la reinvenzione dei Polacchi con studenti africani della Senn School presentata al Mca (Museum of contemporary art), suscitando l’entusiasmo della critica teatrale e del pubblico. A gennaio 2007 a Diol Kadd, un villaggio alla periferia di Thiès (Senegal) la reinvenzione de I Polacchi coinvolge un coro di adolescenti senegalesi: Ubu Buur (Ubu re in wolof) verrà presentato al Festival des Francophonies a Limoges (Francia) il prossimo ottobre. Nel 1991 le Albe hanno dato vita a RAVENNA TEATRO, “Teatro Stabile di Innovazione”, di cui Marcella Nonni è direttrice organizzativa, Luigi Dadina presidente e Martinelli direttore artistico.

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea

Progetto URT – CompagniaJurij Ferrini

Caffé concerto

interprete principale Jurij Ferrini altri interpreti Daniele Maggioli, Claudio Olivieri, Francesco Pesaresi, Paolo Angelini. opere musicali Fabrizo De André, Enzo Iannacci, Paolo Conte e Daniele Maggioli arrangiamenti Daniele Maggioli e Claudio Olivieri testi teatrali & improvvisazioni Jurij Ferrini

L’idea dello spettacolo poggia su un cabaret politicamente scorretto e prende spunto da articoli di giornale, recensioni, e stupidaggini di un programma politico grottesco, concepito da un personaggio teatrale, candidato al parlamento italiano per le prossime elezioni. Solo fantasia? Più o meno… abbiamo eletto ladri, comici (loro malgrado) e qualche pornodiva. Mancano le star dei reality-show, ma presto arriveranno. Il tono è tra il pungente e il sarcastico ma resta comunque nel pentagramma della leggerezza. Tuttavia ciò che racconto è un mondo sfasciato, fuori sesto, per dirla come Amleto, e anche bruttarello, siamo sommersi dai detriti maleodoranti della TV spazzatura ed essa deve giocoforza irrompere in teatro per fare un cortocircuito, esplodere, smembrarsi e dare alimento alla nostra speranza di tornare ad ascoltare le parole.

Allora accanto al mio lavoro sui classici che già accosto volentieri al mondo d’oggi, tentando di restare nel tracciato di una lingua alta e strizzando solo l’occhio al pubblico ogni tanto per fargli capire che parlo di noi, questo lavoro dico, deve essere affiancato da un percorso altro, una sorta di canale di scolo del fiume in piena di stimoli che sento, un flusso di idee e concetti squinternati che non può e non deve nascondersi dietro la poesia dei grandi classici.

E’ un divertimento, niente più. Ma un divertimento che getti qualche sassolino nelle scarpe di ascolta di modo che tornandosene a casa possa almeno infastidire un po’. Con un sorriso sulle labbra. Basta appoggiarsi al muro, togliere la scarpa, agitarla un poco rovesciata e il sassolino cadrà. La mia speranza è che arrivato a casa il mio spettatore stacchi il cavetto della tv e lo getti dalla finestra, stando bene attento che non passi nessuno. Oggi parlare di questo significa mettersi a fare il bersaglio dei difensori dei partiti che accusano di populismo e qualunquismo chi si batte per turarsi il naso e passare oltre; voltato l’angolo c’è qualche speranza. Io credo che una vera democrazia debba assumersi la responsabilità di far decidere i cittadini, informandoli davvero di ciò che accade nel mondo e non deprivandoli della responsabilità di scelte anche difficili e soprattutto permettendogli di pagare anche qualche sbaglio. Nella vita si commettono errori e noi siamo ancora vivi. Non voglio una democrazia commissariata, una democrazia a responsabilità limitata. Non siamo bambini. Antigone dice alla sorella Ismene che obbedisce al potere:”tu vuoi vivere e sei già morta dentro, io invece voglio morire da viva”. E poi francamente non credo che questa classe politica sia più responsabile di noi.

Jurij Ferrini 36 anni. Attore e regista teatrale, frequenta dal 1991 al 1994 la scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova dove, dopo il diploma, inizia la sua carriera d’attore prendendo parte a numerosi allestimenti. Nel 1997 fonda con alcuni compagni di scuola e di lavoro il progetto U.R.T., una compagnia teatrale indipendente che nel 1999 viene riconosciuta dal Ministero per i beni e le attività culturali ed è proprio in questo gruppo che inizia a sperimentarsi nella regia.

La sua attività tra il 1997 e il 2004 si divide tra il Teatro di Genova e il progetto U.R.T. Mentre lo stabile genovese in poche stagioni fa di lui uno degli attori di riferimento per i ruoli primari (Lo storpio di Inishaan di Martin McDonagh e Der Totmacher di R.Karmakar-M. Farin, entrambi diretti da M.Sciaccaluga) nel suo gruppo dirige ed interpreta spettacoli che suscitano l’interesse di pubblico e critica; fra questi Aspettando Godot di Samuel Beckett, Mandragola di Niccolò Machiavelli, Schweyk nella Seconda Guerra Mondiale di B.Brecht e Ivanov di A. Cechov.

A Genova incontra registi di fama internazionale come Benno Besson, Alfredo Arias e Matthias Langhoff e con quest’ultimo interpreta protagonisti del calibro di Klestakhov ne L’ispettore generale di N.Gogol – fra l’altro rappresentato con grande successo al Festival Cechov di Mosca - e Filottete di H. Muller, cura parecchie mise en espace, insegna alla scuola di recitazione e firma la regia de L’alchimista di ben Johnson. Firma la regia di Tutto per bene di Luigi Pirandello per la Artisti Associati di Gorizia, in cui Gianrico Tedeschi interpreta il ruolo principale, vincendo il premio Gassman come “miglior spettacolo dell’anno”. Il 20 settembre 2003 è stato inoltre il vincitore del Premio Olimpico di Vicenza organizzato dall’ETI nella categoria “Miglior attore emergente”. Ha preso parte ad una serie di film per la TV con Luca Barbareschi, Nebbie e delitti, e all’ultima serie di Distetto di polizia. Nel 2005 ha interpretato il ruolo di Romeo nel Romeo&Juliet di William Shakespeare per la regia di Gabriele Vacis, spettacolo quest’ultimo in coproduzione con il Teatro Stabile di Torino, aprendo il festival teatrale Veronese dedicato a Shakespeare. Attualmente è impegnato con la sua compagnia nelle tournée di Locandiera di Carlo Goldoni e sta ultimando la realizzazione del prossimo spettacolo del progetto U.R.T. il Riccardo III, di William Shakespeare. Accanto a queste attività sta sperimentando con amici musicisti uno spettacolo di varietà che è in qualche modo collegato al Riccardo III, dal titolo Caffè’ concerto. Recita ne La notte araba di Roland Schimmelpfennig, per la regia di Sergio Maifredi al Teatro della Tosse di Genova.

Il PROGETTO U.R.T. (Unità di Ricerca Teatrale), diretto dai soci fondatori Jurij Ferrini e Wilma Sciutto, nasce nel 1996 con l’idea di creare un gruppo teatrale indipendente. Da allora la compagnia ha prodotto e fatto circuitare i suoi spettacoli in tutta Italia: ricordiamo tra i maggiori successi testi di Shakespeare, Pinter, Beckett, Brecht, Macchaivelli. Importanti coproduzioni sono state fatte con il Teatro Stabile di Genova e il Teatro Stabile di Torino, e collaborazioni anche con il Teatro delle Briciole di Parma. Attualmente il Progetto U.R.T. è un organismo di produzione teatrale sostenuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Dipartimento dello Spettacolo e dalla Regione Piemonte –Assessorato alla Cultura.

COSTUME NAZIONALE – Made in Italy – drammaturgie dal bel paese
26 GIUGNO ore 20.00

Habillé d’eau

SALA B

26 GIUGNO ore 20.00 27 GIUGNO ore 20.00

Ragazzocane evocazione

creazione per La Biennale di Venezia progetto e regia Silvia Rampelli danza Alessandra Cristiani, Andreana Notaro, Elisabetta di Terlizzi, Silvia Rampelli luce Gianni Staropoli oggetti scenici Luca Servino realizzazione sonora Paolo Sinigaglia produzione habillé d’eau 2005 La Biennale di Venezia in collaborazione con Emilia Romagna Teatro, Fondazione Musica per Roma, Armunia Festival Costa degli Etruschi, Teatro Furio Camillo

Ecco, mi si presentava in primo luogo di avere un volto, mani, braccia e tutta questa macchina di membra composta di ossa e di carne, quale si riscontra anche in un cadavere e che designavo con il nome di corpo. Descartes

Saranno azioni terminali, pratiche senza futuro, bruciature, queste evocazioni. Elementari interrogazioni intorno alla materia dell’atto, incursioni nella profetica provocazione cartesiana sulla macchina corpo.

Dopo Refettorio - atto unico sull’obbedienza, estrema declinazione, ma anche scabra lirica del corpo sacrificale, torno nuovamente alla res extensa - corpo - ottuso quanto numinoso accidente incarnato, supremo enigma eternamente additante il suo Rovescio.

Per questa ulteriore peregrinazione nella solitudine della materia, unica forma praticabile quella preverbale, presagita, dell’evocazionevocazione. Dell’estasi.

Habillé d’eau

Silvia Rampelli - laurea in filosofia - approfondisce dal 1990 la propria esperienza della presenza performativa, spingendo la riflessione sul dato umano come oggetto estetico-conoscitivo. Rifonda Habillé d’eau in Italia nel 2002 - dopo la precedente esperienza con Masaki Iwana e Yoko Muronoi in Francia - per intraprendere in totale autonomia una ricerca sulla natura dell’atto. Al progetto italiano aderiscono Alessandra Cristiani, Andreana Notaro, Francesca Proia, Elisabetta di Terlizzi. Con la collaborazione stabile di Gianni Staropoli alle luci, Habillé d’eau produce nel 2002 Studio per Attis, selezione Enzimi Danza 2002 per rigore e originalità creative”; nel 2003 Refettorio, “Generazione Scenario 2003”, “Premio per la specificità e l’originalità del linguaggio e delle tecniche corporee” all’edizione 2004 dell’International Teatarfest di Sarajevo, vincitore “Movin’Up 2004”, supporto dell’Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani; nel 2005 Ragazzocane, creazione per La Biennale di Venezia 37 – Festival Internazionale del Teatro, direzione Romeo Castellucci, insignita del Premio Speciale Ubu 2006 “per il rinnovamento apportato ai concetti di festival e di teatro”. Nel 2006 Habillé d’eau presenta al Festival Internazionale delle Arti di Santarcangelo lo studio sulla percezione di un segmento temporale discrezionalmente definito, che anticipa il debutto del nuovo progetto previsto per l’estate 2007. Habillé d’eau ha presentato il proprio lavoro in Italia, Bosnia, Francia, Stati Uniti. Testi critici sono stati pubblicati in: Resti di scena, materiali oltre lo spettacolo di Paolo Ruffini, Edizioni Interculturali, Roma 2004. Pompei, il romanzo della cenere. Catalogo de La Biennale di Venezia 37. Festival Internazionale del Teatro. Ubulibri, Milano 2005. Santarcangelo_06 Scritti sulla contemporaneità raccolta di testi curata da Paolo Ruffini, Edizioni Fandango, Roma 2006.

DANCE WITH ME – teatro – danza- performance

Scarpa - Parenti

ZONA ESTERNA GIUGNO

Groppi d’amore nella scuraglia di Tiziano Scarpa con Tiziano Scarpa e Fabrizio Parenti a cura di Fabrizio Parenti

Lo spettacolo è la versione teatrale del poema in versi omonimo, scritto in un divertentissimo dialetto inventato usando vari dialetti del sud e racconta la vita e gli amori di Scatorchio, giovane abitante di un ridente paese di campagna dalla collocazione imprecisata. Il suo amore per Sirocchia, contesa con il rivale Cicerchio, la descrizione degli animali del luogo e degli altri abitanti del paese, la minaccia incombente di una discarica che “lu gubierno” vorrebbe costruire danno vita ad un affresco di straordinaria potenza comica e bellezza poetica, sostenute dalla interpretazione di Fabrizio Parenti e di Tiziano Scarpa, qui anche attore, che mescola cronaca quotidiana alla più nobile tradizione della poesia (in particolare quella più ironica) italiana, e che fa di Groppi d’amore uno spettacolo godibilissimo da qualsiasi pubblico, semplice perché bello e bello perché semplice. Lo spettacolo è stato rappresentato durante il festival “L’isola del teatro” a Santulussurgiu nell’edizione 05 e successivamente al teatro Crt di Milano

Tiziano Scarpa ha scritto i romanzi Occhi sulla graticola (Einaudi, 1996) e Kamikaze d'occidente (Rizzoli, 2003); le raccolte di racconti Amore® (Einaudi, 1998), Cosa voglio da te (Einaudi, 2003) e Amami, in cui accompagna con sessanta microstorie altrettante immagini di Massimo Giacon (Mondadori, 2007); la raccolta di aforismi Corpo (Einaudi, 2004); il libro di interventi critici Cos'è questo fracasso? (Einaudi, 2000), il poema Groppi d'amore nella scuraglia (Einaudi, 2005). Nel 2006 esce per Fanucci il libro Batticuore fuorilegge, raccolta di interventi, saggi, racconti e poesie uscite su giornali e siti web. Il suo ultimo libro è Comuni mortali, che contiene i tre testi teatrali Comuni mortali, Gli straccioni e Il professor Manganelli e l'ingegner Gadda (Effigie, 2007). Con Aldo Nove e Raul Montanari ha scritto la raccolta di poesie Nelle galassie oggi come oggi. Covers (Einaudi, 2001), portata in scena dai tre autori in teatri, biblioteche, piazze, festival italiani. È autore di radiodrammi (Pop corn, Prix Italia 1997, prodotto da RadioRai e trasmesso da molte radio europee, fra cui la Bbc; La visita, 2006) e testi teatrali (Madrigale, 1991; Corriamo a casa, 2000; Nel laboratorio di Lady Frankenstein, 2002; Comuni mortali, 2005; Gli straccioni, 2005; Il professor Manganelli e l'ingegner Gadda, 2005; La custode, 2006; L'ultima casa, 2007). Negli anni ottanta ha sceneggiato alcuni fumetti per Frigidaire. Nel corso degli anni ha collaborato con vari quotidiani e riviste. Ha scritto i testi del libretto per l'opera lirica Fuori dai denti di Stefano Bassanese (1999). Ha collaborato ai testi dell'album di Massimo Giacon Nella città ideale (Fridge records, 2003), dove canta il brano Funky God. Il gruppo musicale Banda Osiris ha musicato il testo della sua poesia La favola dell’amore inventato, inserita nell'album Banda 25 (2006).

Fabrizio Parenti è nato a Roma nel 1964. Dopo aver lavorato con diversi registi tra cui Giancarlo Nanni e Lisi Natoli ha fondato con Werner Waas, Paolo Musio e Massimo Bellando Randone l’associazione culturale Quellicherestano, partecipando a tutti i principali allestimenti come attore e cotraduttore, e, in seguito, Area 06. Collabora frequentemente con artisti come Masbedo, Filippo Carli e con scrittori come Aldo Nove e Tiziano Scarpa. Ha esordito nella regia con Servizi & Servitori, di cui ha curato anche la drammaturgia su testi di Aldo Nove e Alessandro Giuliolli, al festival La Fabbrica Dell’Uomo, Milano 2004. In seguito ha curato allestimenti in numerosi teatri, tra gli altri il Piccolo Teatro di Milano e l’Out Off. Nel febbraio 2007 ha debuttato al Crt di Milano con L’assoluto naturale di Goffredo Parise, di cui è regista ed interprete con Carla Chiarelli, in tournée il prossimo anno.

COSTUME NAZIONALE – Made in Italy – drammaturgie dal bel paese
28
ore 20.00

Compagnia Enzo Cosimi

SALA

Bastard Sunday

regia, coreografia, scena, costumi, video Enzo Cosimi musica originale Robert Lippok fonti Pier Paolo Pasolini interprete Paola Lattanzi figura Enzo Cosimi disegno luci Stefano Pirandello assistente alla produzione Maria Paola Zedda

Ispirato alla figura e all’opera di Pier Paolo Pasolini, Bastard Sunday amplifica e viviseziona, attraverso un’impalcatura drammaturgia, la visione poetica pasoliniana, aprendola ad una complessità inedita. Interpretato da una figura femminile androgina insieme ad una figura maschile, Bastard Sunday si muove in un paesaggio astratto, sospeso, rarefatto che arriva alla fine a caricarsi di un presagio di speranza. Bastard sunday si avvale per le musiche della collaborazione del musicista/compositore berlinese Robert Lippok dei To Rococo Rot, artista tra i più interessanti e innovativi della scena musicale elettronica europea.

Enzo Cosimi firma con la sua Compagnia più di 30 coreografie che sono state rappresentate negli anni nei maggiori Teatri e Festival italiani, e portate in tournèe in Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, ex Jugoslavia, Austria, Svizzera, Grecia, Danimarca, Stati Uniti, Perù, Australia, India.

Negli anni Novanta Cosimi indaga e focalizza il suo lavoro sulla natura della grammatica della coreografia tout court, creando spettacoli come Sciame, Tecnicamente dolce, Il pericolo della felicità, La stanza di Aldo e collaborando con artisti quali Fabrizio Plessi, Miuccia Prada, Luigi Veronesi, Aldo Busi, Aldo Tilocca, Daniela Dal Cin. Robert Lippok . In seguito elabora il progetto L’animale quasi pazzo - 3 creazioni sulla mutazione, composto dagli spettacoli Bacon – punizione per il ribelle ,Hallo Kitty!, I need more, coprodotti insieme a La Biennale di Venezia, il Teatro Comunale di Ferrara, l’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Nel Giugno 2001, debutta a Londra, nei 3 piani dell’antico Palazzo dell’Istituto Italiano di Cultura, l’installazione/spettacolo Roma – from the basement to the third floor loo., all’interno delle manifestazioni sull’Arte Povera “Zero to infinity” della Tate Modern. Roma viene attualmente ospitato all’interno di progetti speciali legati alla natura del luogo. Nel febbraio 2006 Cosimi firma la regia e la coreografia del segmento Dal Futurismo al futuro per Cerimonia di apertura dei XX Giochi Olimpici Invernali – Torino 2006, protagonista Roberto Bolle, musica originale Richie Hawtin. Nel maggio 2006 debutta la nuova creazione Hell…yeah – 3 scene sulla fisionomia della vanità, coproduzione con RED Reggio Emilia Danza, Teatro Comunale di Modena, Teatro Comunale di Casalmaggiore, Civitanovadanza. Lo spettacolo è la prima creazione del progetto Music – trilogia del suono Nel maggio 2007 crea all’interno dell’Evento per i 70 anni degli Studi di Cinecittà, una performance ispirata all’opera di Federico Fellini.

DANCE WITH ME – teatro – danza- performance
A 28 GIUGNO ore 21.30

Sho®t Theatre in collaborazione con British Council, Festival Teatri delle Mura - Padova, Rialtosantambrogio - Roma

Pacitti Company

SALA MOSTRE 28 GIUGNO ore 23.00 29 GIUGNO ore 22.30

Finale

ideazione e direzione Robert Pacitti con Richard Eton, Sheila Ghelani e Robert Pacitti e i partecipanti al workshop musica Velma

La Pacitti Company, compagnia tra le più quotate del panorama teatrale londinese, presenta nell’ambito di SHO®T THEATRE 07 Finale, uno spettacolo site-specific pensato in questa occasione per il Teatro India. La creazione della tappa romana prevede la partecipazione di attori italiani che, attraverso un workshop di dieci giorni, determineranno la forma dello spettacolo nella sua versione per SHO®T THEATRE 07.

"Ho semplicemente applicato a esseri viventi il metodo analitico che i chirurghi usano per i cadaveri" Emile Zola scrivendo Thérèse Raquin, 1867

Una domanda lasciata sospesa nell'aria… cosa significa commettere un assassinio? Con Finale Pacitti Company vi porta uno spettacolo che viene dal cuore: una serie di viscerali rappresentazioni che vengono proposte in uno scenario da teatro non convenzionale. Partendo dal romanzo di Emile Zola Thérèse Raquin, Finale elude la struttura narrativa in modo da dare priorità ai temi del libro: inganno, lussuria, astio e potere. Lo spettacolo Finale è il risultato di un laboratorio insieme ad artisti locali, ovunque esso sia rappresentato. Questo è un pezzo di teatro che risponde creativamente allo spazio che lo ospita, pieno di ossessioni sessuali e gelose distrazioni che si manifestano con il supporto di ipnotiche ripetizioni musicali prodotte dalla minimalista colonna sonora della banda svizzera Velma. Pacitti Company rivela la parte oscura del testo di Zola e Finale è avvincente, esplicito, crudele e senza compromessi.

Pacitti Company si è formata nel 1990. Per più di un decennio ha realizzato spettacoli di gruppo e a soli vincendo premi internazionali, sotto la direzione artistica di Robert Pacitti, per teatri, gallerie e luoghi particolari in giro per il mondo. Attingendo a un background di punk, attivismo, arte e vita nei club, la Pacitti Company ha portato avanti un lavoro dal forte impatto sociale. Attraverso il “Research Platform” e il “Think Tank” i membri della compagnia sono coinvolti in un continua investigazione attraverso la ricerca. Questa sperimentazione fornisce un grande magazzino di idee, scritti, immagini e concetti a cui la compagnia può attingere per la creazione di nuovi lavori. Conosciuta principalmente per il particolare stile visivo delle performance, gli scorsi anni hanno visto un cambiamento delle priorità per Pacitti Company e una diversificazione nelle produzioni. Accanto agli spettacoli, la compagnia sta applicando le competenze formali a progetti sul suono e internet, così come all’insegnamento, all’editoria e alla cura di lavori altrui. Questa pluralità di competenze ha permesso alla compagnia di utilizzare il suo vocabolario teatrale e la sua estetica in altri settori. Oggi Pacitti Company continua a creare lavori ambiziosi che riscuotono grandi successi a livello internazionale.

OVER SIZE – fuori formato – progetto speciale

Sho®t Theatre in collaborazione con Associazione Scenario

Libera Scena Ensemble

SALA A BIS 29 GIUGNO ore 20.00

Taniko

La favola della Grande Legge interpreti Alessandra Asuni, Luca Di Tommaso, Giovanna Giuliani, Nicola Laieta, Margherita Vicario costumi Marianna Carbone maschere Willy Mancel aiuto regia Virginia Coccia, Ilaria Masiello drammaturgia Antonio Calone, Nicola Laieta regia, scenografia e percussioni Antonio Calone Vincitore del Premio Scenario Infanzia 2006

Siamo in Estremo Oriente, in un tempo lontano, probabilmente quello delle favole che cominciano con “c’era una volta”. Myo-o il dio del fuoco, Gigaku il dio della danza e Gioja il dio della saggezza stanno partendo per la terra. Essi sono perplessi perchè, sebbene laggiù le cose vadano malissimo, gli uomini non fanno niente per migliorarle. In particolare, essi si ostinano ad usare le leggi che gli dei avevano dato loro all’origine del mondo per interesse personale, riducendole così a norme crudeli e prive di senso. Ci vorrebbe qualcuno tra i mortali che avesse il coraggio di mettere in discussione quelle leggi obsolete e la forza per proporne di nuove... ma è impossibile trovarlo tra gli adulti, ormai assuefatti alla realtà. Quest’uomo nuovo non può che essere un bambino. Così i tre dei si materializzano davanti alla platea dei piccoli uomini del pubblico per chiedere aiuto. Essi spiegano ai bambini che dovranno partecipare in incognito alla storia di Matsuwaka, un bimbo giapponese che tra breve sarà confrontato personalmente alla crudeltà della Grande Legge e che, con qualche piccolo intervento degli dei, e soprattutto con la complicità dei piccoli del pubblico, riuscirà a cambiarla...

Questa favola, dalla riconoscibilissima impronta giapponese per il rigore dello stile, dei contenuti e per l’etica del sacrificio che apparentemente difende, è ricca di numerose altre tematiche che la rendono molto più interessante ed adatta ai ragazzi di oggi di quanto possa esserlo un semplice precetto morale. In realtà essa riesce in un modo formidabile a mettere in luce una serie di contraddizioni, tra il bene individuale e quello collettivo, tra la libertà di una scelta e la responsabilità che essa comporta, tra pulsioni sentimentali e decisioni razionali, ed in definitiva, tra materialismo e fatalismo.

Si tratta di un esperimento di teatro interattivo mirato a collaudare le basi di un funzionamento sociale partecipativo, applicato a tematiche grandi ed universali, che interessano, diversamente, sia i ragazzi che gli adulti. La formazione al sociale e alla democrazia partecipativa è troppo assente oggi dall’universo educativo dei ragazzi, le cui capacità di riflessione vengono troppo spesso sottovalutate. Ci proponiamo con questo spettacolo, senza dubbio ambizioso, di lanciare un sasso nello stagno, senza moralismi ma con entusiasmo e leggerezza, con lo spirito di chi insieme a dei bambini vuole interrogarsi sull’infanzia dei meccanismi della convivenza umana.

Antonio Calone nasce a Napoli nel 1978. Vive e lavora tra Napoli e Parigi, dove moltiplica le esperienze di realizzazione teatrale, dopo aver seguito degli studi musicali presso il conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli e degli studi universitari in arti dello spettacolo, specializzandosi in drammaturgia e regia, presso l’Università di Nanterre – Paris X.

A Napoli collabora stabilmente col Libera Scena Ensemble, presso il Teatro Area Nord di Piscinola. In particolare, sotto la direzione di Renato Carpentieri, partecipa come regista alle edizioni 2001, 2003 e 2005 di MUSEUM, Sale teatrali per un museo mentale. Arricchisce la sua esperienza partecipando a stages (recentemente con Yoshi Oïda e Marco Baliani), collaborando occasionalmente col Mercadante, teatro stabile di Napoli e con lo Studio Théâtre di Vitry sur Seine (Parigi), e tenendo dei laboratori di teatro per ragazzi (Nel 2006 presso la scuola media De Curtis, nella periferia di Napoli, con allievi a rischio di dispersione). Dopo diverse esperienze di aiuto regia, in particolare con Carpentieri, Guy Delamotte, Françoise Delrue, e di collaborazione alla drammaturgia, soprattutto con Jean Jourdheuil, si dedica a progetti propri, consacrando un’attenzione particolare all’approccio teatrale e all’adattamento di testi narrativi. In questo modo attraversa la scrittura di Ghiannis Ritsos, James Joyce, Raymond Roussel, Heinrich von Kleist, Ryunosuke Akutagawa, Petronio Arbitro. L’incontro con gli universi di Bertolt Brecht e Heiner Müller segna i suoi ultimi anni di attività, concretizzandosi soprattutto nello spettacolo La misura del cambiamento presentato a Napoli nel 2005.

OVER SIZE – fuori formato – progetti speciali

Teatrino Clandestino

SALA A 29 GIUGNO ore 21.15 30 GIUGNO ore 20.00

Ossigeno

di Ivan Vyrypaev traduzione Alena Shumakova adattamento, regia, musiche e scenografie Pietro Babina con Fiorenza Menni e Marco Cavalcoli costumi Fiorenza Menni con 051Bologna concept&apparel una produzione Teatrino Clandestino 2006 in collaborazione con Ravenna Teatro e Emilia Romagna Teatro Fondazione e con il sostegno di Comune di Bologna - Settore Cultura, Regione Emilia Romagna e Ministero Beni Culturali residenza artistica Teatro Comunale di Casalecchio di Reno

“Questa sera ascolterete dieci composizioni da un album nuovo: Ossigeno”. Inizia così la nuova produzione di Teatrino Clandestino, che per la prima volta in Italia, mette in scena questo testo del pluri-premiato giovane autore russo Ivan Vyrypaev Con la sua particolare struttura ritmica pop – sulla quale Pietro Babina ha costruito una partitura elettronica originale – e le sue forti tinte politiche permeate di ironia beffarda, Ossigeno racconta la storia di Andrea e Andrea, due giovani che si innamorano e che, attraverso la storia sgangherata e tragica del loro amore, ci parlano di come una generazione, quella nata negli anni Settanta, abbia ereditato un mondo ormai consumato.

Scandito in dieci discorsi ispirati ai dieci comandamenti biblici, lo spettacolo rende testimonianza della “nuova confusione mondiale” e di come proprio quei fondamenti morali della nostra civiltà vengano quotidianamente trasgrediti e sbeffeggiati.

Attraverso rime articolate e un immaginario teatralmente evocato, Teatrino Clandestino immerge lo spettatore in una vera e propria situazione da concerto in cui i due protagonisti (interpretati da Fiorenza Menni e Marco Cavalcoli) cantano e si gridano l’un l’altro domande senza risposta, in una frontalità ostinata ed estroversa tutta rivolta al pubblico che è qui palesemente il loro referente privilegiato. E proprio in questa totale estroversione, il lavoro di Teatrino Clandestino poggia il suo tentativo di rivedere ancora una volta il suo rapporto con lo spettatore, che si trova coinvolto e “inseguito” senza tregua durante tutto lo spettacolo. L’impianto visivo della scenografia allude al problema della strutturazione dell’immagine e imprigiona a metà il corpo degli attori tra una cornice di neon e una trasposizione scarnificata di un’opera di Velasquez, permettendo loro allo stesso tempo una via di fuga in cui i due appaiono nella loro interezza o come ombre. I costumi, creati da giovani stilisti, completano l’emotiva contemporaneità dell’opera.

Diretto da Pietro Babina e Fiorenza Menni, Teatrino Clandestino si è costituito a Bologna nel 1989. Fino ad oggi ha prodotto Il tempo morto (1989), A porte chiuse e M (Majakovskij) (1992), Sogno in tre quadri con cornice (1993), R.A.P. (Resuscitato Amleto Parla) (1994), Cantico dei Cantici Exposition vivante, Senza titolo, e Il ginepro (coproduzioni con Fanny & Alexander (1994/95), Mondo (Mondo) (1995), 150.000.000 Sinfonia Majakoskijana e L'idealista Magico (1996). Del ‘99 sono Tempesta (Melologo) e Si prega di non discutere di Casa di Bambola, del 2000 Otello e Hedda Gabler, del 2002 Iliade, del 2003 Prima l'immagine poi il titolo e La Bestemmiatrice. Nel 1996 ha vinto il premio Eti-vetrine e il Premio Bartolucci, nel ’98 il Premio Iceberg e, nel 2000, il Premio Speciale Ubu per il progetto Prototipo. Dal 1999 il gruppo è sostenuto e coprodotto da Emilia Romagna Teatro Fondazione. Il loro spettacolo, Madre e Assassina, ha raccolto un notevole successo di critica e di pubblico, vincendo il Premio UBU nel 2004. L’alba di un torturatore, il loro ultimo spettacolo, è la tappa conclusiva del Progetto Milgram riflessione di Teatrino Clandestino a partire dal celebre esperimento dello psicologo sociale Stanley Milgram. Lo spettacolo è stato ospitato in ottobre a Modena nell’ambito di VIE Scena Contemporanea Festival 2005.

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea

Stefano Savi Scarponi

ZONA ESTERNA 29 GIUGNO ore 23.45

estratti da Liberalize Freedom part II: energy home-video-opera per voci recitanti, voce cantante e videoproiezione di Stefano Savi Scarponi testo poetico Maria Grazia Calandrone con in scena Margherita Pace; Pieraldo Girotto; Miriam Autori Reticolo Ensemble clarinetto Paolo Montin tastiere, live electronics Stefano Savi Scarponi in video Roberto Latini; Heidi Cetta; Sara Melaragno; Federica Santi; Stefano Savi Scarponi costumi Rita Bucchi produzione Reticolo Ensemble con il contributo di Just Entertainment e il sostegno di CE.MA.T Italia IMAIE Liberalize Freedom è una home-video-opera nel senso letterale del termine; è un'opera moderna in stile italiano, con parti cantate e parti recitate, in cui la musica è sempre protagonista, ma è anche un video prodotto interamente con mezzi domestici, in cui lo stile varia dalla installazione "ambient" alla family-soap anni '80, al videogioco sparatutto. In questo secondo capitolo la miscela reale-virtuale si accentua ancor di più grazie alla presenza in scena di personaggi che entrano e escono dalla proiezione e alla partecipazione dell'orchestra sinfonica di Vienna nella sua versione virtuale che 'suona' insieme al realissimo Reticolo Ensemble. La seconda parte del progetto Liberalize Freedom affronta il tema dell'energia nei suoi aspetti più cruciali: la distribuzione dell'energia, le politiche (o l'assenza di politiche) riguardanti piani di sviluppo per le energie alternative, la nostra relazione con il consumo, lo spreco quotidiano di energia. Da questo punto di partenza la storia, narrata in modo non lineare attraverso i percorsi paralleli dei personaggi, prende spunto per presentare ambienti pieni di generatori e accumulatori elettrici dal sapore proto-industriale, enormi generatori eolici in forma di girandola per bambini, scienziati che fanno esperimenti con i fulmini e oscure trame di spionaggio industriale.

Stefano Savi Scarponi compositore e artista visivo, nato a Roma. Studia pianoforte e contrappunto con Alessandro Albenga, poi composizione con Mauro Cardi. Frequenta i Ferienkurse fur Neue Musik nel 1990 dove segue i seminari di Iannis Xenakis, John Cage, Brian Ferneyhough. Nel 1984 debutta con la performance “Video Inferno” di Franco Giordano al Festival Romaeuropa (rassegna Tele/Visioni). Nel 1986 scrive il suo primo pezzo da camera, per lo spettacolo teatrale "Il pericolo della felicità" di Vita Accardi, a cui segue "No" (1987). Dal 1989 scrive numerosi pezzi da camera rappresentati in vari festival di musica contemporanea (Festival Internazionale della Musica Antica, Urbino - Progetto musica, Acquario romano - Latina Musica Oggi - Musica&Musica, Roma - Festival delle Colline, Prato).

Nel 1994 realizza la prima installazione audiovisiva: “Vow”, per soprano, elettronica e proiezione sincronizzata, andato in scena al Cantiere Internazionale dell'Arte di Montepulciano diretto da Giorgio Battistelli.

Dal 1994 scrive pezzi per la danza, dapprima per la compagnia di Lucia Latour (Ultramarine) e poi per la compagnia Sistemi Dinamici Altamente Instabili, con la quale collabora intensamente ancora oggi. Nel 1995 scrive il libretto dell'opera "Nessuna Coincidenza" su musica di Mauro Cardi, pubblicata da Ricordi, su commissione dell'Accademia Filarmonica Romana rappresentata al Teatro Olimpico di Roma. All'attività di musicista "colto" affianca il lavoro per la tv e il cinema; scrive la musica del primo spot mai realizzato dalla Chiesa Cattolica Italiana ("8 per mille" - Conferenza Episcopale Italiana - 1990), la colonna sonora del film d'arte “Giotto” di Luciano Emmer presentato alla Cappella degli Scrovegni (Padova 1998), del film "L'Ospite" di A. Colizzi (1999), e le musiche per i video istituzionali della Illy Caffè (19992004).

Nel 1999 debutta come artista digitale con una personale presentata da Ludovico Pratesi in cui espone stampe e un'installazione web, poi prosegue partecipando a molte collettive tra le quali: Fuori Uso '99 – Ars Medica, Pescara curata da Ludovico Pratesi e Paola Magni, ArtFiles 2000 alla Pescheria di Pesaro, curata da Emanuela Nobile Mino, alla Biennale di Carrara nel 2003, “Io non ho paura del colore” a Villa Piccolomini, Roma, curata da Lorella Scacco, sempre nel 2003. Dal 2004 concentra il suo lavoro sulle video-opere realizzando, tra le altre Liberalize Freedom – part I: genomics un ambizioso progetto di teatro musicale in differita, finanziato dall'IMAIE, che ha debuttato alla rassegna Sho®t Theatre al Teatro India di Roma nel giugno 2006.

MIND THE GAP – performance-video-musica

Sho®t Theatre in collaborazione con British Council

Forced Entertainment

SALA MOSTRE 30 GIUGNO dalle ore 19.00

Quizoola!

ideazione e realizzazione Forced Entertainment performers Forced Entertainment testo Tim Etchells e la compagnia scene Richard Lowdon luci Nigel Edwards

Creato da un testo di Tim Etchells, Quizoola! è stato commissionato da NRLA e ICA Live Arts nel 1996.

Lungo sei ore, tre performer truccati da clown si interrogano l’un l’altro con un testo di 2000 domande, seduti in un circolo di lampadine. Il pubblico è libero di arrivare, andarsene e ritornare in qualsiasi momento di questa straordinaria maratona di domande e risposte. Quizoola! è una trattativa su ciò che è reale e ciò che è finzione – su quali domande fare e come rispondere. A volte sussurrate, a volte urlate, le domande sono poste, dalla cultura pop ai segreti personali, come fossero un quiz o una ricerca filosofica. Quizoola! esplora la necessità che le persone hanno di sapere, assolutamente e definitivamente attraverso il linguaggio. Oscuro, giocoso, assurdo e intimo, è un gioco che sopravvive momento per momento, un’interrogazione comica e brutale a tratti, che sfugge di mano. Quizoola! è stato rappresentato a New York, Beirut e in Europa, in cantine, nello spogliatoio seminterrato di una vecchia palestra e sotto gli archi della ferrovia, confermando il Forced Entertainment come una delle compagnie più innovative del teatro inglese contemporaneo.

Forced Entertainment è un gruppo di sei artisti formato nel 1984 e guidato dal regista e scrittore Tim Etchells. Se da principio si focalizzava su performance teatrali, il lavoro della compagnia ora spazia dal teatro, alla performance, alle installazioni, al video e digital media. La compagnia ha continuamente cercato nuove forme performative e teatrali con le quali descrivere la vita urbana contemporanea. Il loro lavoro si sviluppa attraverso una creazione di gruppo, portata avanti durante lunghi mesi di improvvisazione, discussione sul teatro, ma anche il cinema, la cultura musicale, la letteratura e l’arte. Le produzioni di Forced Entertainment sono state presentate in tutto il mondo riscuotendo grande successo in città quali Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Londra e da New York a Beirut, Vienna, Helsinki e Zagabria.

OVER SIZE – fuori formato – progetti speciali

Immobile Paziente

SALA A BIS 30 GIUGNO ore 21.45

1 LUGLIO ore 21.45

Tutto di prima

tratto da Tutti i figli di Dio danzano di Murakami Haruki regia e coreografia Caterina Inesi con Francesco Villano suoni Marco Della Rocca immagini Francesca Neri Macchiaverna luci Lorena Cosimi

Quando non sono consentiti aggiustamenti per affrontare gli avvenimenti, né passaggi per sostenere l’affiorare della memoria, “si gioca di prima”:

un maschio che balla il guizzo di un portiere “la befana è zia Giulia!” quando il corpo capisce che gli piace ballare mutande e canottiera verde prato ”la maestra è bella ma tu, mamma, di più” il gioco del pallone sudare non sudare cedere la cosa più preziosa che si ha, a qualcos'altro “..e tu dagli un cazzotto sul naso!” la rete paura daitan 3

Dedicato ai padri che hanno pensato bene di metterci in porta.

Il racconto Tutti i figli di Dio danzano di Muratami Haruki, è la storia di un inseguimento: un giovane a cui è stato detto di essere il figlio di Dio, incontra un uomo senza un lobo ad un orecchio. Crede che sia il padre che non ha mai conosciuto, decide di seguirlo. La narrazione si articola su linee temporali diverse che si intrecciano per ricostruire la vita di Yoshiya, il protagonista. Ricordi relativi a spazi temporali diversi si alternano con episodi del presente, attraverso passaggi molto veloci, creando un’atmosfera che non consente di distinguere la realtà dall’immaginazione.

Il gioco narrativo dell’autore giapponese è reso teatralmente attraverso un gioco coreografico. La struttura della storia è una danza che costringe il protagonista a fare delle tappe: sono gli episodi della vita e i ricordi, nei quali egli si trova, inaspettatamente e improvvisamente coinvolto, senza alcuna possibilità di prepararsi.

I suoni e le immagini videoproiettate sono usate per cercare di aprire una parete del non reale, per entrare nella profondità del vortice dell’immaginazione. La dimensione cercata è forse un prodotto della fantasia del protagonista, forse solo il suo modo di vedere il mondo; in ogni modo, la bidimensionalità delle immagini, e l’immaterialità del suono si contrappongono al corpo fisicamente presente e reale dell’attore in scena, dialogano con essa e contribuiscono a creare un’atmosfera altra e rarefatta.

“E poi, pensò tutto a un tratto Yoshiya, se Dio mette alla prova gli uomini, perché gli uomini non dovrebbero mettere alla prova Dio?”

Manuela de Angelis, Caterina Inesi, Valerio Malorni e Francesca Neri Macchiaverna fondano a Roma nel maggio 2006 Immobile Paziente Il gruppo nasce dall’incontro di esperienze tanto variegate quanto eterogenee.

Manuela De Angelis, danzatrice, si forma nel contemporaneo, indirizzando successivamente la sua ricerca sul movimento energetico anche attraverso lo studio del tai chi, e del chi chung. Il suo percorso la porta ad approfondire il rapporto tra voce e movimento e tra danza e scultura: il corpo come trasformazione della materia. Ultime collaborazioni: le istallazioni performative con Daniela De Angelis e Leone Monteduro.

Francesca Neri Macchiaverna, danzatrice, si forma nel balletto e nel contemporaneo. Studia teatro e danza in Italia e in Germania. Lavora con Giorgio Barberio Corsetti, collabora con il video-artista Flavio Sciolè. Si laurea nel 2006 in Arte e scienze dello spettacolo. Recentemente si interessa alle poetiche e alle pratiche del video, in particolare alla relazione tra immagine e corpo in scena. Caterina Inesi, danzatrice e coreografa. Formata alla Folkwangschule di Essen, cofondatrice della compagnia Travirovesce. Collabora con vari musicisti sul tema della relazione con la musica dal vivo nella messa in scena e con videomaker su progetti di videodanza e videoproiezioni.

Valerio Malorni, attore, diplomato alla scuola di informazione teatrale di Mario Scaccia, partecipa ai laboratori del Centro Teatro Ateneo dell’Università di Roma La Sapienza. Ha studiato danza contemporanea, acrobatica, mimo e capoeira. Suona il basso elettrico. Ha lavorato con Giorgio Barberio Corsetti e ha interpretato e diretto lo spettacolo Con chi

DANCE WITH ME – teatro – danza- performance

Sho®t Theatre in collaborazione con Instituto Cervantes, Festival Quartieri dell’Arte - Viterbo

Psicopompo Teatro

SALA B

30 GIUGNO ore 22.30

1 LUGLIO ore 19.00

Hamelin

interpreti Roberto Rustioni; Luisa Merloni; Patrizia Rome; Mariano Nieddu; Gabriele Benedetti; Alessandro Quattro; Mario Monopoli traduzione e regia Manuela Cherubini disegno luci Gianni Staropoli

Homo sum, nihil humani a me alieno puto. Terenzio

Quale chimera è dunque l’uomo? Quale novità, quale mostro, quale caos, quale soggetto di contraddizioni, quale prodigio! Giudice di tutte le cose, stupido verme della terra; depositario del vero, cloaca d’incertezza e d’errore; gloria e feccia dell’universo.

Chi sbroglierà questo ingarbugliamento? Pascal

Quello che osserviamo non è la vera natura, ma la natura soggetta al nostro metodo d’indagine. Heisenberg

Hamelin è un’opera sul linguaggio. “Su come si forma e su come ammala il linguaggio”, perché il linguaggio è un corpo vivo, può ammalarsi e ammalare la realtà. Una cosa è il nome che decidiamo di darle. Forgiamo la realtà attraverso il linguaggio che è un plasma cangiante, illuminato dalle nostre pulsioni, dai nostri desideri, consci ed inconsci: la Verità è questo. Ciò che noi desideriamo che sia, ciò che noi temiamo che sia. Chi perde in questo gioco sono coloro che non possiedono gli strumenti per dominare il linguaggio.

Hamelin è uno spettacolo sulla ricerca della Verità, di quella che temiamo, di quella che non vorremmo credere mai, di quella che costruiamo per allontanare il più possibile il male da noi: la Verità che vogliamo, seppelliamo, distruggiamo per ogni velo che solleviamo a scoprirla.

Hamelin racconta l’incapacità di comprendere un essere umano attraverso un solo tratto: il pederasta, il bambino, il giudice. L’essere umano è complesso, forse più di qualsiasi altra cosa ci sia dato conoscere. Comprendere non significa giustificare, né accusare, né impedire una condanna morale, significa complessificare il nostro giudizio.

Manuela Cherubini regista, Roma 1973 Laureata in Storia, da diversi anni collabora con il C.R.M. (Centro Ricerche Musicali) di Roma, approfondendo l’indagine sulla relazione fra Arte e Scienza. Per il C.R.M. realizza la regia di opere musicali, performance, istallazioni (Forte Spagnolo de l’Aquila, Giardini della Filarmonica, Goethe Insitut), radiodrammi musicali (Rai Radio Tre), in collaborazione con Michelangelo Lupone e Laura Bianchini. Collabora con Marco Baliani, Maria Maglietta e José Sanchis Sinisterra. Con quest’ultimo approfondisce la relazione tra Filosofia della Scienza e ricerca nell’ambito della drammaturgia attoriale. Nel 2001 fonda PsicopompoTeatro, con Luisa Merloni e Patrizia Romeo, dove prosegue l’indagine sulla drammaturgia contemporanea, scritta e attoriale. Realizza gli spettacoli: MedeiaMatri, di Daria Panettieri; La stagione del maiale, in collaborazione con Luisa Merloni; Artemisia, tratto dall’omonimo romanzo di Anna Banti; Anima-Li, opera di teatro musicale di Graziano Lella.

Juan Mayorga drammaturgo, Madrid 1965

Laureato in Matematica e Dottore in Filosofia. Approfondisce gli studi a Münster, Berlino e Parigi. Ha insegnato matematica a Madrid e Alcalá de Henares. E’ professore di Drammaturgia e di Filosofia presso la R.E.S.A.D. (Real Escuela Superior de Arte Dramático) di Madrid. E’ memmbro fondatore del collettivo teatrale “El Astillero”. La sua pubblicazione filosofica più conosciuta è Revolución conservadora y conservación revolucionaria. Política y memoria en Walter Benjamin. E’ autore di diversi testi teatrali, fra i quali: Siete hombres buenos, Más ceniza, El traductor de Blumemberg, El sueño de Ginebra, El jardín quemado, Cartas de amor a Stalin, El Gordo y el Flaco, Himmelweg, Animales nocturnos, Palabra de perro, Últimas palabras de Copito de Nieve e Hamelin. Le sue opere sono state tradotte in greco, inglese, portoghese, rumeno, serbocroato e italiano; rappresentate in Spagna, Venezuela, Portogallo, Inghilterra, Croazia, Stati Uniti, Brasile, Cile, Francia. Il testo Hamelin è stato premiato con il “Premio Max” al miglior autore 2006; “Premio Ercilla” 2006; Premio “Telon Chivas” 2006.

EUROPEAN ORIENTED – drammaturgia contemporanea

Margine Operativo

Roma

backstage di una metropoli irreale spettacolo-concerto ideazione e regia Margine Operativo musiche originali JunglaBeat_Acid Orchestra visioni Riot Generation Video produzione Margine Operativo 2007

Roma è uno spettacolo multiplo: un concerto che mixa stornelli "maledetti” a graffianti melodie rap, uno spettacolo che intreccia la musica con il video live e con i corpi dei performer e dei musicisti in scena. Un viaggio visivo e sonoro attraverso le viscere della metropoli, un itinerario dove la città si racconta e viene raccontata con lo sguardo rivolto al “fuori fuoco”. Le visioni nascoste; mai viste come un passo nel vuoto, come se si inciampasse su qualcosa di cui non ci eravamo mai accorti. Le immagini e suoni delineano l’identikit di una neo-metropoli, realizzato da chi la città l'ha vista realmente mutare sulla propria pelle. La JunglaBeat Acid Orchestra interviene dal vivo sulle immagini, cercando un dialogo con alcuni frammenti sonori della tradizione popolare delle canzoni romanesche - con riletture di brani di Gabriella Ferri, Gigi Proietti, Claudio Villa e Nino Manfredi - e la realizzazione di sonorizzazioni composte appositamente utilizzando elementi propri dei linguaggi della cultura urbana (come dub, drum'n'bass, reggae, hip hop). Il gruppo è composto da: un cantante, un bassista, un batterista, un tastierista, un trombettista, un sassofonista e due turntablists, musicisti che contribuiscono attivamente alla tessitura musicale utilizzando frammenti sonori provenienti da vinile.

Il flusso video è una creazione originale di Riot Generation Video realizzato attraverso il montaggio di immagini inedite dell’archivio di R.G.V. girate a Roma dal 2000 al 2005. Il percorso visivo è diviso in sette capitoli, ogni capitolo è dedicato a un luogo della metropoli e a “qualcosa” avvenuto in un preciso momento in quello spazio. Dalla lap dance nella stazione della metropolitana di piazza Vittorio all’occupazione dell’ex Cinema Impero nel quartiere di Torpignattara, da un tecno party alla periferia della metropoli alla manifestazione di protesta per lo sgombero del campo Rom di Casilino 700. La sequenza dei capitoli non segue un percorso temporale consequenziale, ma procede attraverso un “caos organizzato” determinato anche dalle incursioni video live create in tempo reale da Riot Generation Video che seguono ad ogni capitolo strutturato.

Roma è un ulteriore tappa del percorso artistico di Margine Operativo di attraversamento e confronto con la metropoli luogo e simbolo della complessità

Margine Operativo è un progetto artistico indipendente che agisce su più livelli, dalla creazione di spettacoli teatrali alle performance, dalla costruzione di eventi alla realizzazione di video e installazioni. Amiamo muoverci sulle linee di confine tra differenti territori artistici, sulle estensioni e connessioni tra teatro-performance-video-arte digitale. Forse perché nei punti di sconfinamento, nelle zone non definite, si aprono delle impensabili possibilità di incontro/scontro tra il passato, il presente e il futuro, tra la tradizione e l’innovazione, tra le macchine e i corpi… …queste sono le nostre trame, questi sono i nostri segni…>> www.margineoperativo.net La cellula visuale di M.O. è Riot Generation Video. Il nucleo di Margine Operativo è formato da: Alessandra Ferraro; Pako Graziani; Riccardo Boldrini; Diego Zerbini. Ultime produzioni: spettacoli> 2006 SuperFaust - Eventi > 2007 Attraversamenti Multipli, 2007 Ai confini dell’ arte

Junglabeat Acid Orchestra break dub set nasce dall’incontro tra un collettivo di rap e scratch (i Junglabeat, per l’appunto) e alcuni musicisti della scena romana (provenienti da formazioni quali Torpedo, Urban Soul, Three seconds happiness, Growin’ roots, Supernova) cresciuti nel sottobosco dei suoni portati avanti per anni soprattutto nel circuito indipendente. L’incontro di queste realtà è un viaggio tra le ipnotiche sonorità del dub e i graffianti testi dell’hip hop, tra le ritmiche serrate tipicamente drum’n’bass e gli spazi aperti di stampo psichedelico, un passaggio per le strade meno illuminate della città, una fotografia senza soggetti da fotografare.

OVER SIZE – fuori formato – progetti speciali
1 LUGLIO ore 23.00

OVER SIZE – fuori progetti Sho®t Theatre il Comune Roma Politiche Culturali

La Grecia di Achternbusch

Sala S. Rita

Via Montanara (ad. p.zza Campitelli) dal 19 GIUGNO al 27 LUGLIO orario di apertura: dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 18 (chiuso il 29/06) ingresso libero info: 06 67105568 – 6812 www.salasanarita.culturaroma.it organizzazione Zetema Progetto Cultura

presentazione lunedì 18 giugno ore 18 Saranno presenti Silvio Di Francia, Assessore alle Politiche Culturali; Giorgio Albertazzi, Direttore Artistico del Teatro di Roma; Fabrizio Arcuri, Direttore Artistico di Sho®t Theatre. Rita Sala intervista l’autore

Teatro India

dal 19 GIUGNO al 1 LUGLIO orario di apertura: tutti i giorni (esclusa domenica 24 giugno) dalle ore 18.00 alle 24.00 ingresso libero

“Dipingere è quanto di più vicino al mio non-pensare. Scrivere è quanto di più vicino al mio pensare. Fare film è quanto di più vicino al mio scrivere. Vivere è quanto di più vicino ai miei film. O viceversa.” Herbert Achternbusch

La Grecia rappresenta la culla del mito, inteso come racconto sacro, che svela agli uomini i misteri della vita e la creazione delle società civili grazie all’aiuto degli eroi. Un mondo lontano, perfetto nella sua lontananza, dove le contraddizioni si appianano nella definizione del senso, nella ritualità. Gli uomini diventano così simboli, archetipi a cui rivolgersi nella ricerca delle origini. In una duplice veste la Grecia si affaccia nel mondo immaginifico di Herbert Achternbusch. Da una parte rappresenta la storia fortemente contrapposta alla società attuale, in una verifica continua delle radici, religiose e culturali. Allo stesso tempo sembra rappresentare anche “l’altro”, un fuori da se che acquista la connotazione del mito, verso cui si prova inadeguatezza, ma anche ammirazione. I personaggi della vita dell’artista subiscono questa trasformazione in “miti”, in particolare le donne: la figlia, la madre. Una curiosità vorace si spinge nell’esistenza umana, nella sua varietà, da cui derivano linee forti e tratti decisi sia nella scrittura che nella pittura di Achternbusch.

[…] La storia che Achternbusch racconta cattura le storie degli uomini – nei miti, nella loro sofferenza, nella loro felicità, nella loro tristezza, nella loro comicità e nella loro assurdità. Le sue storie però non sono mai di denuncia. Il suo tentativo di ottenere il massimo grado di libertà è evidente. Alla base dell’illuminazione sta una comprensione tenera. Anche quando mugugna, anche quando è corrosivo, anche quando colpisce con ironia feroce tramite la lingua o l’immagine – la sua opera è una testimonianza del rispetto verso gli altri, verso l’altro da sé, in tutte le sue sfumature. […]

(Dalla postfazione di Elisabeth Schweeger, direttrice del Teatro di Francoforte, al catalogo “Macchie bianche”)

Herbert Achternbusch, nato nel 1938, è una delle figure più originali e più poliedriche del panorama artistico della Germania degli ultimi 4 decenni. Formatosi come pittore all’Accademia delle Belle Arti di Norimberga negli anni 60, egli abbandona presto la pittura per un intensa attività letteraria che sconvolge i canoni letterari di quegli anni e lo impone come uno dei più incisivi scrittori tedeschi degli anni 70’ con romanzi come “L’ora della morte”, “La battaglia di Alessandro”, “Il giorno verrà”, tutti pubblicati da Suhrkamp. Con il suo primo lungometraggio, “Il sentimento di Andechs” del 1975, ha inizio la sua lunga avventura di cineasta che lo vede realizzare in veste di autore, produttore, regista e protagonista, una trentina di film, sempre controversi, a volte perfino sottoposti alla censura, e diventa un autore cult del nuovo cinema tedesco. Anche il teatro lo vede impegnato come autore e regista. I suoi testi vengono rappresentati nei più importanti teatri tedeschi e all’estero. Nello stesso tempo la sua attività letteraria continua senza sosta. Diventa visibile un suo personale universo romanzesco in cui film, pittura, teatro e romanzi sono solo diverse forme di espressione di un unico flusso narrativo. Agli anni 90’ risale il suo ritorno alla pittura che lo vede furiosamente impegnato nella creazione di numerose serie di dipinti, soppiantando in parte la sua attività di scrittore e di cineasta. Achternbusch vive fra Monaco di Baviera e Zwettl in Austria

formato –
speciali
in collaborazione con
di
- Assessorato alle

Achternbusch – Quellicherestano

Sala S. Rita

Via Montanara (ad. p.zza Campitelli)

18 GIUGNO ore 18.00

L’ora della morte (1975) di Herbert Achternbusch legge Gabriele Benedetti a cura di Werner Waas

In ospedale in seguito ad una grave polmonite, Herbert trova il modo di interpretare la sua vita in modo nuovo. Fantasie cinematografiche e autobiografia si confondono in un poema di liberazione dalle regole non scritte e dall’ottusità di una vita che scorre sui binari del già noto. La lotta anarchica di Kuschwarda City, questo il suo nome di battaglia, porta a scenari apocalittici, con la Baviera in fiamme e una lunga scia di cadaveri. Liberatosi di sua moglie, della famiglia, degli amici d’infanzia e di quasi tutta la popolazione della Baviera Kuschwarda si ritrova alla fine sul monte Falkenstein in compagnia della vecchia Maria, l’amore di sempre. Mentre tramonta il sole su tutta quell’opera di distruzione arriva la notizia dei finanziamenti per il suo primo film “Il sentimento di Andechs”.

In occasione della presentazione della mostra La Grecia di Achternbusch

Teatro India

ZONA ESTERNA

19 GIUGNO ore 22.30

Lo stivale e il suo calzino (Clownerie dei nostri giorni) (1992) di Herbert Achternbusch leggono Barbara Valmorin e Gianfranco Varetto a cura di Werner Waas

Herbert e Fanny vivono, all’ombra di una vecchia teiera, nella loro fattoria in Arizona. Herbert è un poeta che ha scritto 4 poesie, ripara teiere e sa raccontare qualche esempio, Fanny si prende cura di lui e della loro unica gallina. Si appartengono l’un l’altro come un calzino appartiene allo stivale.

Una piena del fiume depone lì un’attrice del Teatro Stabile di Amburgo che porta scompiglio innescando un improbabile menage a trois. Dal vicino bosco si sente il battere dell’antico Romano, l’occasionale amante di Fanny. Gesù Cristo l’aveva fatto resuscitare come Lazzaro e ora sta fabbricando Sampietrini in Arizona.

Ad un certo punto Herbert, ormai semicieco, ferisce Fanny con l’ascia scambiandola per la gallina. Alla fine arriva l’antico Romano che si rivela essere nessun’altro che la vecchia Fanny che lo saluta per l’ultima volta con una sua poesia. Quando la teiera cade in testa a Herbert si vede fiorire un cespuglio di orchidee nel deserto che si avvicina e … Con questo testo Achternbusch ha vinto il prestigioso Premio Muehlheim

ZONA ESTERNA 21 GIUGNO ore 19.00

Il mio Herbert (1982) di Herbert Achternbusch

leggono Alessandra Vanzi, Patrizia Bettini e Fabio Tinella a cura di Werner Waas

Herbert è cresciuto, dai 3 anni in poi, da sua nonna nel bosco bavarese. La madre Luise è rimasta a Monaco per guadagnare soldi dando lezioni di tennis. Il suo rapporto con Herbert è soprattutto epistolare, a parte qualche sporadica visita in occasione delle feste comandate. In un flash back si vede il momento della nascita di Herbert durante un attacco aereo nel 1938 a Monaco, sotto il tavolo della cucina alla presenza di suo padre Adi, ubriaco e brutale con la madre, ma tenero col bambino. 18 anni dopo Luise sta aspettando il ritorno di Herbert a Monaco. Ripercorre i 15 anni passati frugando nelle lettere, leggendo dei brani qua e là. E’ il ritratto di una vita spesa nella speranza di un miglioramento che non arriva mai. Arriva Ella, sua sorella matta, che è stata buttata fuori dalla casa di cura e ora la ricatta con la minaccia di stabilirsi da lei. Non appena riesce a liberarsi di lei arriva Herbert. E’ scontroso, le rinfaccia la sua assenza e il poco amore per lui e suo padre. Vuole stabilirsi lontano da lei per fare lo scrittore con il nome di suo padre, Achternbusch. E’ la catastrofe per la madre che ha sacrificato la sua vita ai sogni di un benessere e di una felicità che esistevano solo nel suo cervello stanco e nervoso. Quando Herbert abbandona la casa, rifiutando il suo amore, Luise si spara. I libri che Herbert scriverà sono rose tardive, un omaggio a lei.

Ready to read

ZONA GIUGNO

Mi chiamo Roberta… di Aldo Nove leggono Aldo Nove e Federica Fracassi musica Ringe Ringe Raja

Un libro è la materia di partenza. Un libro composto di interviste affilate come lame a giovani e non più giovani. Persone vere. Chi lavora in agenzie web, chi fa il pastore precario, chi vive flessibilità di ogni genere, chi rimane stagista a vita, chi a vent'anni fa un lavoro «di relazioni e di successo», chi lavora in uno studio da avvocato, ma si mantiene facendo il cameriere. Lavoratori per Internet, lavoratori interinali... E «quarantenni narcotizzati da una quotidianità sovrastante», per i quali è sempre più difficile permettersi di fare figli. Aldo Nove usa la scrittura per mettere a nudo la realtà, affiancando ogni volta alle «cose viste» il suo racconto-commento sommesso e radicale sul sogno perduto di una generazione di adulti costretti a forza a rimanere bambini. Federica Fracassi incarna i vari personaggi evocati da Nove, si fa sola medium di un grido che attraversa un’intera generazione. Alla presenza dell’autore in scena vi è una sola figura. Una scelta extra-ordinaria perché scardina, portandole in sé, le forme già conosciute del teatro di narrazione, dell’invettiva, del reading. Un'inchiesta coraggiosa e fuori dal coro, una lettura che davvero toglie il fiato.

Aldo Nove è nato nel 1967 a Varese. Il suo primo libro Woobinda è stato pubblicato nel 1996 da Castelvecchi. Un suo racconto è apparso nell'antologia Gioventù cannibale. Nella collana «Stile libero» sono apparsi Puerto Plata Market (1997), Superwoobinda (1998), Amore mio infinito (2000) e La più grande balena morta della Lombardia (2004). Nella «Collana di Poesia» sono apparsi la raccolta, composta insieme a Raul Montanari e Tiziano Scarpa, Nella galassia oggi come oggi. Covers (2001) e Maria (2007). Nel 2006 ha pubblicato per Stile libero/Inside Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese. E’ tradotto in diverse lingue e collabora a diverse testate nazionali.

Federica Fracassi attrice, è cofondatrice insieme al regista Renzo Martinelli della compagnia di produzione Teatro i, che dal 2004 gestisce una sala teatrale a Milano. Tra gli spettacoli più importanti della compagnia di cui è stata protagonista: Lenti in amore (1996) da Marguerite Duras e Alda Merini; Cuore d'infinita distanza (1997), da Clarice Lispector; Legittima difesa (1998) di cui ha curato la drammaturgia; La Lente scura (2003) dai testi di Anna Maria Ortese; Kamikaze (2004) da Canti del caos di Antonio Moresco; Prima della pensione di Thomas Bernhard per la regia di Renzo Martinelli.

Nel 2000 è stata protagonista de La Santa di Antonio Moresco edito da Bollati Boringhieri, che ha vinto il premio "sette spettacoli per un nuovo teatro italiano per il 2000" indetto dal Teatro di Roma. Nel 2002 ha scritto il testo dello spettacolo Sinfonia per corpi soli-Omaggio a Sarah Kane, che ha ottenuto importanti riconoscimenti in occasione dei Premi Ubu.

E’ autrice e attrice insieme a Nicola Russo dello spettacolo La regina delle nevi da H.C. Andersen e attrice dello spettacolo Le muse orfane di M.M.Bouchard.

E' stata diretta tra gli altri da Cesare Ronconi, Claudio Collovà, Mark Ravenhill, Fabio Vacchi. Ha ricevuto la menzione d’onore quale miglior attrice emergente al Premio Duse 2006.

Nove – Fracassi
ESTERNA 20
ore 22.30

Pleased to meet you

Incontri conversazioni

ZONA ESTERNA

19 GIUGNO ORE 18.30

Herbert Achternbusch, Werner Waas, Antonio Audino in occasione dell’inaugurazione della mostra La Grecia di Achternbusch al Teatro India

20 GIUGNO ORE 18.30

IED Moda Lab – Roma coordina Viviana Gravano

22 GIUGNO ORE 18.30

Stefano Tomassini, Roberto Castello, Caterina Inesi, Enzo Cosimi, Antonella Sini, Giovanna Velardi, Luciano Meldolesi, Gerarda Ventura

25 GIUGNO ORE 19.00

Tim Crouch, Luca Scarlini, Fabrizio Arcuri

26 GIUGNO ORE 18.30

Presentazione del libro Iperscene – Città di Ebla, Cosmesi, Ooffouro, Gruppo Nanou, Santasangre di Mauro Petruzziello Editoria & Spettacolo, collana Spaesamenti

27 GIUGNO ORE 18.30

Presentazione del libro Hic Sunt Leones – scene indipendenti romane di Graziano Graziani, Editoria & Spettacolo, collana Spaesamenti

28 GIUGNO ORE 18.30

Franco Quadri,Antonio Tarantino, Spiro Scimone

30 GIUGNO ORE 18.00

Juan Mayorga, Massimo Marino

MUSICA

ZONA ESTERNA

23 GIUGNO ore 24.00

Bluecheese presenta INDIA Out Party at shortTheatre in collaborazione con Deepsession

Dj set Keir; Tevar; Cappuccio and thafunkphenomena Vj set b_muvis videoklan

ZONA ESTERNA

1 LUGLIO ore 00.30

Djset Breakbeat/drum&bass Massi-W Soundtherapy urban pressure records

Una delle più interessanti e creative crew nella fresca scena dnb italiana. Dal 2000 è all'origine di molti dei migliori parties dnb della città. Radicata nell'underground ha comunque mantenuto una prospettiva aperta e internazionale elaborando una fitta rete di relazioni e scambi. Come label ha lavorato per la promozione di artisti emergenti capitolini ai quali ha affiancato nelle su uscite discografiche produttori internazionali. Ha debuttato nel circuito discografico con due produzioni su vinile: SUBURBAN 01, Baunz e FRT 01, Atomik Tags. Come Urban Pressure Records, la label ha prodotto nel 2006 la prima uscita discografica. Si tratta di Take it back Di Massi-w & Atomik Tags che ospita il features dei mitici Jungle Brothers: we are about to take it back give the people what they like bringing you the funky sound check out how we break it down. Il 2007 sta vedendo l'uscita di due nuovi dischi: Atomik Tags - Massi-w: Arabic Gum e Afterlive 02; Atomik TagsAfghan Headspin (Resonant Evil): He is behind/ Tranquillo 03. >>URBAN PRESSURE<<

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