Dossier
Eccellenza, sono un padre di famiglia disoccupato
I documenti raccontano Progetto di Regione Lombardia, U.O. Portale del patrimonio culturale e valorizzazione degli archivi storici Direttore progetto: Roberto Grassi
Soggetto partner
Partecipazione
Soggetto realizzatore
Cooperativa A.R.C.A. Redazione a cura di Patrizia Sotgiu
In copertina: - illustrazione di Bruno Rinaldi tratta dalla pubblicazione “Operai contro” di Marino Ruzzenenti, numero unico supplemento a “Ieri e oggi Resistenza, edizioni A.N.P.I, Brescia,1987; - riproduzione della pag. 2 de “L’Unità” del 21 novembre 1948, Archivio storico dell’Unità, http://archivio.unita.it/
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TITOLO Eccellenza, sono un padre di famiglia disoccupato CRONOLOGIA 1941-1950 LUOGO Gardone Val Trompia VICENDA R.F. lavora come operaio allo Stabilimento Beretta di Gardone Val Trompia, quando inizia la guerra passa nelle fila dei partigiani; cessate le ostilità viene assunto allo stabilimento OM (Officine Meccaniche), sede distaccata di Gardone Val Trompia, dove lavora “con passione” fino al momento in cui, “non sa per quale ragione”, la fabbrica viene chiusa. E’ sposato e ha due teneri bambini, dopo due anni di disoccupazione nella sua famiglia regna solo “pianto e miseria” e “pensare che” vive in Val Trompia, dove le industrie sono fiorenti e spesso ci sono “2 o 3 appartenenti alla stessa famiglia occupati presso il medesimo Stabilimento”. R. F. è uno fra i tanti padri delle 1300 famiglie che, nel 1949, vengono licenziati dalla ditta O.M. La chiusura di questa fabbrica rende ancora più drammatica la situazione della valle, già gravata da 3500 disoccupati. La direzione dell’OM annuncia l’irrevocabile verdetto dopo una lunga serie di vertenze segnate da un’unanime e intensa lotta iniziata nell’ottobre del 1945. Lo stabilimento inizia la produzione di montaggio autocarri a Gardone dopo l’8 settembre 1943, quando la locale fabbrica d’armi demaniale (ex Regio Arsenale) viene requisita dall’ organizzazione Todt “per il passaggio in utilizzo e gestione all’OM di Brescia”. Due anni dopo, la direzione OM stabilisce che la produzione della sede distaccata di Gardone risulta troppa onerosa e rischia di danneggiare la sede centrale. Lo stato di incertezza viene percepito in fabbrica qualche mese prima dell’annuncio ufficiale, la Commissione interna - presumendo il peggio - informa il Tenente Colonello La Malfa che lo stabilimento dà lavoro ad oltre 1600 operai, il ritmo della produzione è in crescita e tutto porta a pensare che “anche in tempo di pace” la fabbrica può essere proficua, sarebbe quindi “opportuno mantenere in attività lo stabilimento”. Immediata la risposta del Commissario FIAT, Aurelio Peccei, che invia una relazione al Sotto Segretario di Stato del Ministero della Guerra spiegando con queste parole la decisione della direzione: "Nell'ottobre del '43 il Comando Tedesco che controllava l'attività degli Stabilimenti che fanno capo al nostro gruppo, ordinò alla Direzione OM un parziale decentramento di alcuni reparti di lavorazione presso l'Arsenale Militare di Gardone V.T. Non fu possibile sottrarsi a tale ordine. L'Arsenale predetto, considerato dagli occupanti tedeschi preda bellica, venne
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dato in gestione all'OM con l'impegno di tenere alle proprie dipendenze le maestranze già nello stesso occupate”. Finita la guerra, la direzione “anche per la contrazione del lavoro per motivi economici” deve ora considerare la necessità del rientro in Brescia di tutte le lavorazioni decentrate. L’azienda non ha alcun interesse a continuare ad occuparsi dello Stabilimento di Gardone V.T. “in quanto il mantenimento delle lavorazioni colà sistemate non può andare che a nocimento delle attività degli altri suoi Stabilimenti." L’anno successivo, in una situazione sempre più tragica, il sindaco di Gardone - Antonio Selva - si rivolge al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale per sollecitare una risoluzione della vertenza FARE (Fabbrica d’Armi Regio Esercito) - OM e scongiurare il mantenimento in piena efficienza dello stabilimento. Esprime inoltre i suoi timori per le agitazioni “che già si manifestano ampiamente fra le masse operaie” e non esclude la possibilità di dimostrazioni violente contro le cose e le persone che potrebbero sfociare in fatti di rilevante gravità “ove non si riesca a trovare una soluzione". Dopo estenuanti contrasti, nel gennaio del ’48, viene deliberato un accordo sindacale interaziendale che sancisce l’obbligo per l’OM di far funzionare per 8 mesi “corsi di riconversione e riqualificazione”, al termine dei quali tutte le maestranze - temporaneamente avviate ai corsi - devono essere riassorbite. Nei mesi seguenti, le amministrazioni dei comuni della valle “unendosi alla protesta dei lavoratori OM” invitano tutta la popolazione ad associarsi alla lotta per sventare “la grave minaccia delle conseguenze del licenziamento di 1300 lavoratori”. In palese contrasto con l’impegno assunto, il 22 novembre, la direzione OM licenzia tutti i dipendenti (impiegati e operai) che avevano partecipato ai corsi. La Commissione interna e il Consiglio di gestione di fabbrica, insieme ai sindacati, i Comitati dei disoccupati e dei pensionati e i rappresentanti dei partiti denunciano immediatamente “la mancata applicazione e la inumana posizione” della direzione contro la prevista riammissione dei lavoratori al termine dei corsi di riqualificazione. I deputati comunisti, in una mozione alla Camera, chiedono che vengano attuate delle misure di emergenza “per alleviare le condizioni economiche degli operai, distendere l’atmosfera sociale ed assicurare che i mesi d’inverno non siano di sofferenze e miseria”. L’Assemblea dei disoccupati, riuniti con le loro famiglie nella casa del popolo, sposa la mozione del PCI: sospensione dei licenziamenti e degli sfratti, estensione del sussidio di disoccupazione a tutti i disoccupati effettivi e blocco degli affitti. Chiede inoltre che la giunta municipale induca gli industriali locali a versare un contributo per promuovere una scuola per apprendisti armaioli. Il 30 marzo ‘49 vengono convocati negli uffici della Prefettura il Commissario Ministeriale per la ex – FARE, la Camera del lavoro, la FIOM, la FILM, i Sindacati liberi, la Commissione Interna e il Consiglio di gestione, la direzione generale OM e l’ 4
Associazione industriale Bresciana. Viene sancito un accordo che prevede il pagamento di tutti gli operai licenziati a condizione che lo stabilimento sia immediatamente sgombrato dalle maestranze e dato in consegna al Commissario Ministeriale, ogni forma di manifestazione deve assolutamente cessare. In autunno, le condizioni sempre più precarie degli operai ex – OM spingono le amministrazioni comunali della valle a rivolgersi al Capo del Governo e a tutte le autorità competenti per “scongiurare la grave minaccia in atto, che aumenterebbe il già latente stato di miseria della popolazione esasperandone gli animi”. In una situazione così allarmante non mancano convocazioni e richiami alle varie ditte per l'applicazione della legge 29/4/1949 relativa ai provvedimenti in materia di lavoro e assistenza ai lavoratori disoccupati. Espressiva ed energica la risposta della Ditta Redaelli F.lli SpA che, alla richiesta di assunzione di manodopera, risponde prontamente che, se qualche assunzione dovesse ancora verificarsi, “essa rifletterà unicamente personale di costituzione eccezionalmente robusta" giustificandone la ragione con il fatto che la maestranza è destinata a lavorazioni di particolare fatica: decapatori, preparatori, trafilatori di grosso e deve pertanto essere capace di “maneggiare matasse di metallo il cui peso varia da 100 a 200 chilogrammi". Il 28 novembre 1949 lo stabilimento dell’Arsenale viene ceduto alla ditta Minganti di Bologna, ora MI-VAL. Un anno dopo R. F. non ha ancora trovato lavoro e non sa più come mantenere la sua famiglia, per questo pensa di rivolgersi direttamente al Capo del Governo nella speranza che un suo intervento possa essere “la luce e la tranquillità". La lettera viene protocollata, in data 30 settembre 1950, dalla Segreteria della Presidenza del Consiglio. Il Capo dello Stato non risponderà mai a R.F.: sarà la Prefettura, tramite il Comune, che gli farà sapere che “gli enti parastatali si trovano in ridotta attività e con ruoli organici più che esuberanti, qualsiasi segnalazione per nuove assunzioni non potrebbe sortire alcun effetto”. Anche per quanto riguarda le aziende private la situazione è analoga: le assunzioni avvengono esclusivamente tramite gli Uffici provinciali del lavoro che sono tenuti a seguire rigidamente la posizione delle domande.
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ELENCO DEI DOCUMENTI 1 Memorandum della Podesteria e della Segreteria politica del Fascio in merito alla soppressione (o vendita a industria privata) della Regia Fabbrica d’Armi di Gardone V.T., 21 novembre 1941; 2 Memoriale della Camera del Lavoro di Gardone V.T. in merito alla definizione che si sollecita nella vertenza esistente tra la Fabbrica d’Armi Regio Esercito e la Ditta “OM”, 13 luglio 1945; 3 Comunicazione del Commissario FIAT Dott. Aurelio Peccei relativa alla chiusura dello stabilimento di Gardone V.T., 4 agosto 1945; 4 Comunicazione del sindaco di Gardone V.T. Antonio Selva al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale relativa alla vertenza OM – FARE, 16 luglio 1946; 5 Dichiarazione di solidarietà dei sindaci di Gardone V.T., Sarezzo, Villa Carcina e Concesio ai licenziamenti degli operai che avevano partecipato ai Corsi di riqualificazione, 23 novembre 1948; 6 Mozione dei Deputati comunisti, 15 novembre 1948; 7 Denuncia della Commissione interna di fabbrica della ditta OM, 22 novembre 1948; 8 Comunicazione dell’Onorevole Italo Nicoletto - PCI Federazione di Brescia al Comune di Gardone V.T., 27 novembre 1948; 9 Ordine del giorno approvato dall’Assemblea dei disoccupati, 1° dicembre 1948; 10 Verbale di accordo vertenza OM – FARE, 30 marzo 1949; 11 Invito a riunione ai Sindaci della Val Trompia, Camera del Lavoro, LCGIL, FIL., Ufficio di collocamento, 18 ottobre 1949; 12 Appello alla popolazione, senza data; 13 Cessione dell’Arsenale alla ditta Minganti di Bologna, 28 ottobre 1949; 14 Comunicazione della Fabbrica d’Armi Pietro Beretta relativa all’applicazione della legge de 29 aprile 1949 n. 264, 26 novembre 1949; 15 Comunicazione della ditta Fratelli Redaelli relativa all’applicazione della legge del 29 aprile 1949 n. 264, 26 novembre 1949; 16 Lettera di F.R. al Capo del Governo, protocollata in data 30 settembre 1950 dalla Segreteria della Presidenza del Consiglio 1950; 17 Risposta della Prefettura, 10 ottobre 1950.
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DOCUMENTO 1 Memorandum della Podesteria e della Segreteria politica del Fascio in merito alla soppressione (o vendita a industria privata) della Regia Fabbrica d’Armi di Gardone V.T., 21 novembre 1941.
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DOCUMENTO 2 Memoriale della Camera del Lavoro di Gardone V.T. in merito alla definizione che si sollecita nella vertenza esistente tra la Fabbrica d’Armi Regio Esercito e la Ditta “OM”, 13 luglio 1945.
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DOCUMENTO 3 Comunicazione del Commissario FIAT Dott. Aurelio Peccei relativa alla chiusura dello stabilimento di Gardone V.T., 4 agosto 1945.
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DOCUMENTO 4 Comunicazione del sindaco di Gardone V.T. Antonio Selva al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale relativa alla vertenza OM – FARE, 16 luglio 1946.
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DOCUMENTO 5 Dichiarazione di solidarietĂ dei sindaci di Gardone V.T., Sarezzo, Villa Carcina e Concesio ai licenziamenti degli operai che avevano partecipato ai Corsi di riqualificazione, 23 novembre 1948.
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DOCUMENTO 6 Mozione dei Deputati comunisti, 15 novembre 1948.
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DOCUMENTO 7 Denuncia della Commissione interna di fabbrica della ditta OM, 22 novembre 1948.
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DOCUMENTO 8 Comunicazione dell’Onorevole Italo Nicoletto – PCI Federazione di Brescia al Comune di Gardone V.T. 27 novembre 1948.
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DOCUMENTO 9 Ordine del giorno approvato dall’Assemblea dei disoccupati, 1° dicembre 1948.
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DOCUMENTO 10 Verbale di accordo vertenza OM – FARE, 30 marzo 1949.
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DOCUMENTO 11 Invito a riunione si Sindaci della Val Trompia, Camera del Lavoro, LCGIL, FIL, Ufficio di collocamento, 18 ottobre 1949.
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DOCUMENTO 12 Appello alla popolazione, senza data.
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DOCUMENTO 13 Cessione dell’Arsenale alla ditta Minganti di Bologna, 28 ottobre 1949.
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DOCUMENTO 14 Comunicazione della Fabbrica d’Armi Pietro Beretta relativa all’applicazione della legge de 29 aprile 1949 n. 264, 26 novembre 1949.
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DOCUMENTO 15 Comunicazione della ditta Fratelli, Redaelli relativa all’applicazione della legge de 29 aprile 1949 n. 264, 26 novembre 1949.
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DOCUMENTO 16 Lettera di F.R. al Capo del Governo, protocollata in data 30 settembre 1950 dalla Segreteria della Presidenza del Consiglio.
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A S.E. il Capo del Governo Roma (Montecitorio)
Io sottoscritto F.R., residente a Inzino V.T. (Brescia) di anni 36 rettificatore e affilatore specializzato porto a conoscenza dell’Eccellenza vostra quanto segue . Operaio per vari anni nello Stabilimento Beretta di Gardone V.T., in seguito agli ultimi avvenimenti bellici, passato nelle fila dei partigiani, per difendere l’onore della Patria, dopo la cessazione delle ostilità venni assunto presso lo stabilimento O.M. sezione staccata di Gardone V.T. sempre con la medesima qualifica. In questo stabilimento lavorai con tutta la mia passione per vario tempo, fino a che, non so per quale ragione, il 22/11/1948 lo Stabilimento in parola, veniva totalmente chiuso, e con me restavano disoccupati oltre mille operai con promessa da parte dei Dirigenti di riassunzione nel più breve periodo di tempo, ma finora nulla si è fatto. Eccellenza, sono ammogliato con due teneri bambini, e per quanto mi sia rivolto a tutte le Direzioni degli Stabilimenti locali e Provinciali, sono due anni che mi trovo disoccupato e nella mia famiglia regna solo miseria e pianto, e pensare che la Valle Trompia è piena di fiorenti industrie, e che presso vari stabilimenti vi sono due o tre appartenenti alla medesima famiglia, occupati presso il medesimo stabilimento. Ora trovandomi nell’impossibilità di mantenere la mia famiglia, dopo tutti i tentativi fatti per trovare lavoro, ho pensato e le chiedo perdono, di rivolgermi a Lei che so di animo buono e generoso affinché se lei vuole interceda con un suo scritto presso le autorità dell’Ufficio Provinciale del lavoro, le quali vogliano prendere in considerazione la mia situazione famigliare trovandomi una occupazione, affinché anch’io possa mantenere la mia famiglia e porre fine a questo stato di cose che non mi sento di sopportare oltre. Un suo intervento a mio favore, tramite le autorità locali, presso le industrie di Gardone V.T. sarà per me la luce e la tranquillità per il mio avvenire, di mia moglie e dei miei bambini, i quali pregheranno Dio che conservi lei Eccellenza e la sua famiglia, per il grande favore che lei farà per essi e per me. Voglia gradire Eccellenza i miei più rispettosi saluti ed i miei ringraziamenti infiniti. Con rispettosa osservanza F.R.
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DOCUMENTO 17 Risposta della Prefettura, 10 ottobre 1950.
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CONTESTO ARCHIVISTICO La ricerca è stata effettuata presso l’archivio storico del comune di Gardone Val Trompia, riordinato e inventariato a cura della Cooperativa A.R.C.A. di Gardone V.T. nell’ambito delle attività del Sistema Archivistico della Comunità Montana di Valle Trompia. Per il presente dossier è stata consultata la sezione 1950-1958, Categoria XI - Agricoltura, Industria e Commercio , busta n.790, fascicolo 4 e sottofascicoli 4.1, 4.3, 4.4., 4.5, 4.6. degli anni 1941-1950.
CENNI STORICI: GARDONE VAL TROMPIA Nell’immediato secondo dopoguerra Gardone, e in generale tutta la Valle Trompia, accusa le ineluttabili difficoltà provocate dal brusco azzeramento delle produzioni di guerra. Le fabbriche di armi, durante il periodo bellico orientate verso l’esclusiva produzione d’armi portatili e spolette, si ritrovano con un’ingente attrezzatura e relative maestranze che non sanno come utilizzare. In una relazione dell’Amministrazione comunale inviata il 14 luglio 1945 al Ministero della Guerra vengono forniti i dati statistici di questa critica situazione. “Ditte in attività al 25 aprile 19451: Pietro Beretta - operai n. 2500 Vincenzo Bernardelli “ 800 OM (ex FARE) “ 1500 Readaelli e F/lo “ 500 Giandoso e Figlio “ 130 Gregorelli Ottorino “ 100 Gardoncini Luigi “ 60 SAMT “ 50 Gitti e C. “ 40 -------5660 Popolazione del Comune “ 7934” Le industrie citate lavoravano su commessa diretta o indiretta per il governo, cessata ogni attività bellica sono costrette a smobilitare uomini ed attrezzature con tragiche conseguenze. “Salvo il caso dell’OM e della Redaelli che lavorando, l’una in automezzi e l’altra in trafilatura metalli, sperano di riprendere con maggior vigore quanto oggi producono a ritmo rallentato sulla base delle scorte esistenti, le restanti ditte hanno messo sul lastrico un numero tale di operai che fa prevedere momenti critici per la popolazione. Basti dire che già 2000 circa sono licenziati e se ne prevede un altro migliaio. Quelli che, più
1 Archivio storico del Comune di Gardone Val Trompia sezione 1928-1950, Categoria XI Agricoltura, Industria e Commercio , busta n.790, sottofascicolo 4.4. “Arsenale”. Anni 1941-1950.
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fortunati, lavorano per mantenere il nervo delle singole aziende, si alternano in turni che consentono un guadagno pressoché insufficiente per affrontare il costo della vita”. La relazione dell’amministrazione comunale chiede quindi al Ministero di tenere in considerazione l’allarmante situazione di Gardone e della valle, auspicando che vengano trovati degli incentivi per l’industria armiera all’interno del programma di riattamento delle Forze Armate e della Polizia. Il Ministero della Guerra risponde che è allo studio un programma di ripristino delle varie attività produttive del settore industriale in cui verrà considerata l’eventuale trasformazione delle industrie di carattere bellico esistenti in industrie civili, che daranno sicuramente un apporto all’opera di ricostruzione nazionale. Non solo le industrie d’armi, anche le miniere sono in crisi così come il comparto tessile: le attività estrattive di Bovegno cessano la produzione nel 1950 e gli stabilimenti tessili di Sarezzo e Villa Carcina sono in recessione. Nel frattempo, i consumi sono al minimo e la domanda interna rimane bassa per la diffusa povertà della popolazione. I lavoratori cercano di risparmiare consumando i prodotti della terra di famiglia o mangiando animali da cortile e da allevamento ancora diffusi non solo nei centri montani a tradizionale vocazione agricola. Dopo gli anni ’50, superate le difficoltà dell’immediato dopoguerra, si assisterà ad un continuo proliferare di iniziative di rinnovamento del settore industriale. CONTESTO ISTITUZIONALE E NORMATIVA VIGENTE Nel Memorandum, datato 21-11-1941, della Podesteria e della Segreteria politica del Fascio in merito alla soppressione della Regia Fabbrica d’Armi di Gardone” si legge: “La nostra borgata è la culla delle armi non solo per tradizione, ma per insuperata valentia delle sue invidiate maestranze che si trasmettono generazione in generazione una innata inclinazione alla fabbricazione.”2 La nascita del Regio Arsenale risale al periodo napoleonico. Il 29 dicembre 1806 il Viceré d’Italia, Eugenio de Beauharnais, visitando le fabbriche d’armi e riconoscendone la loro importanza, istituisce in Brescia un Arsenale, che ha un suo distaccamento a Gardone, attribuendogli la qualifica di Regio e preponendo alla sua direzione ufficiali dell’esercito. Dopo la sconfitta napoleonica, il Regio Arsenale passa in proprietà demaniale al governo austriaco e in seguito(R.D. 10-8-1859) a quello italiano. Costituitosi l’esercito italiano, l’Arma dell’Artiglieria con il R.D. del 17 giugno 1860 comprende nel suo ordinamento detta fabbrica erariale.
2 Archivio storico del Comune di Gardone Val Trompia sezione 1928-1950, Categoria XI Agricoltura, Industria e Commercio , busta n.790, sottofascicolo 4.4. “Arsenale”. Anni 1941-1950.
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La grave crisi produttiva del primo dopoguerra porta le autorità governative a deliberare la soppressione della Fabbrica d’armi di Brescia, della quale fa parte l’Arsenale. Nel 1922 lo stabilimento gardonese passa quindi alle dipendenze della Fabbrica d’Armi di Terni come Ufficio Provvisorio di Artiglieria, per gli operai dell’Arsenale comincia così un lungo periodo di incertezza: la vita dell’Ufficio è infatti legata ai mutevoli contraccolpi degli eventi politici e militari. Il 5 agosto 1932 l’Ufficio Provvisorio di Artiglieria assume il nome di Fabbrica d’Armi Regio Esercito (FARE) e riprende le sue originali funzioni, come sezione staccata della Fabbrica d’Armi di Terni. La fabbrica, dopo gli eventi dell’8 settembre 1943, viene requisita dall’organizzazione Todt che intende installare a Gardone parte delle lavorazioni della ditta OM di Brescia ed in particolare il montaggio degli autocarri. Nel 1945, finita la guerra, si esauriscono anche le commesse d’armi per le fabbriche d’armi gardonesi, l’economia della valle subisce gravi perdite. Le ditte in crisi licenziano gli operai e lasciano sul lastrico circa 2000 operai. L’OM e la ditta Redaelli, specializzata nella lavorazione e nella filatura del ferro, rimangono le uniche imprese produttive. Un Memoriale della Camera del Lavoro del 13 luglio 1945 specifica in maniera schematica la situazione della FARE: Situazione “all’8 settembre: direttore colonnello Ettore Kovarich, operai occupati n. 2650, complesso degli operai legati alla fare per commesse assegnate a terzi 5000, macchine in dotazione 2200, produzione mensile moschetti 25000. Situazione al 26 aprile 1945: Direttore Attilio Franzosi della ditta OM, operai alle dipendenze OM 1300, macchine residuate di pertinenza FARE. 600. Una radicale ripresa della FARE non è possibile data la mancanza di macchinario, la deficienza di scorte e materiali, l’impossibilità pratica del reimpiego di 1300 operai con conseguente licenziamento della maggioranza dei lavoratori.” Le parti in causa nelle persone dell’Ing. Sartori per la ditta OM, il Tenente Colonnello La Malfa per la FARE e il generale Robuti in qualità d’ispettore deliberano di inviare a Roma una commissione per chiedere “che rimanga a occupare la parte di stabilimento di recente costruzione la ditta OM che sola consente il collocamento di tutte le maestranze e lascia prevedere ancor più capacità lavorativa con assorbimento di personale attualmente disoccupato. La parte del vecchio edificio sarà occupata da una sezione della FARE con una regolare direzione, uffici e reparti collaudiesperienze-riparazioni”. Questa sezione, prosegue il memoriale, “è di massima importanza per la conservazione della FARE”, per il mantenimento, l’incremento e il funzionamento del personale tecnico specializzato nei lavori d’armi in genere di controllo e riparazioni d’armi. Il 21 luglio 1945, nell’ufficio del direttore d’artiglieria e motorizzazione, Generale P.G. Properzj, vengono convocati l’ing. 38
Cesare Benedetti e Ing. Mario Persia per la ditta OM, il Rag. Andrea Bondio e Giuseppe Panelli come rappresentanti della Camera del lavoro, Ippolito Camplani del CLN di Gardone Val Trompia e Terzo Zacchi e Attilio Zanoletti, membri della commissione di fabbrica, per tentare un accordo circa la futura destinazione dello stabilimento. Il Generale Properzj si dichiara disposto, per conto dell’amministrazione militare, a concedere lo stabilimento in gestione alla OM. Dalla concessione viene esclusa la parte nord che rimane a disposizione dell’amministrazione militare. L’ing. Benedetti si riserva di comunicare l’accettazione della ditta OM. Il 4 agosto del ‘45 Pompeo Coljanni, dirigente della FIAT( nel 1933 l’OM, era infatti passata all’azienda torinese) rifiuta le condizioni e comunica che intendere chiudere lo stabilimento di Gardone. Il sindaco di Gardone, per garantire l’occupazione di 300 operai, chiede all’OM di ridare la parte nord dello stabilimento alla FARE. Tre anni dopo, la situazione è ancora più drammatica: le amministrazioni comunali della valle rivolgono una appello alla popolazione “Difendere l’OM per difendere la valle”. Il 22 novembre ‘48 le Commissioni interne e il Consiglio di gestione dello stabilimento OM scrivono alla direzione, al prefetto, ai sindaci, alla FIOM, all’Ufficio provinciale e all’Ispettorato del lavoro denunciando la mancata applicazione dell’accordo che prevedeva la riassunzione delle maestranze dopo i corsi di riqualificazione. Una settimana dopo il PCI bresciano invia al sindaco una mozione dei deputati comunisti alla Camera in cui si chiede di attuare delle misure di emergenza per alleviare le condizioni economiche degli operai: sospensione dei licenziamenti e degli sfratti, estensione del sussidio di disoccupazione a tutti i disoccupati effettivi, sussidio raddoppiato durante i mesi invernali, concessione della 13ma mensilità, stanziamenti effettivi per lavori per lavori pubblici straordinari in modo da impiegare al massimo la manodopera e blocco degli affitti. L’ Assemblea dei disoccupati, riuniti con le loro famiglie nella casa del popolo, il 1° dicembre ‘48 fa proprie le richieste dei deputati comunisti richiedendo inoltre che venga istituita, per i mesi invernali, una mensa popolare gratuita per i disoccupati e che la giunta municipale inviti gli industriali locali a versare una somma che permetta l’attuazione di una scuola per apprendisti armaioli. Il 29 dicembre dello stesso anno, presso il comune viene costituito un Comitato per la raccolta e la distribuzione dei fondi per i dipendenti della ditta OM presieduto dal sindaco e composto pariteticamente dalle organizzazioni sindacali. Nel febbraio del ‘49 viene nominato un commissario governativo, dott. Mario Protti, incaricato di studiare sul posto una soluzione alla vertenza.
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Il 30 marzo, in Prefettura, viene sottoscritto un accordo che prevede il pagamento di tutti gli operai licenziati in data 2211-48, lo sgombero dello stabilimento e la cessazione di ogni forma di agitazione. In data 18 ottobre i sindaci della valle decidono di inviare telegrammi a tutte le autorità competenti per sollecitare la risoluzione della vertenza. L’unica soluzione possibile sarà il sussidio di disoccupazione per sopperire alle necessità dei lavoratori che vedranno definitivamente chiuse le porte dello stabilimento OM. NORME LEGISLATIVE Legge 29 aprile 1949, n. 264 (G.U. n. 125 del 1° giugno 1949): Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati. TITOLO I Commissione centrale per l'avviamento al lavoro e per l'assistenza dei disoccupati. TITOLO II Disciplina del collocamento. Art. 11 Le Amministrazioni dello stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici, sono soggette all’obbligo di cui al secondo comma (I datori di lavoro sono tenuti ad assumere i lavoratori iscritti nelle liste di collocamento) del presente articolo (…) Art. 14 La richiesta dei lavoratori deve essere numerica per categoria e qualifica professionale. E’ ammessa la richiesta nominativa a) per tutti i lavoratori destinati ad aziende che non abbiano stabilmente più di 5 dipendenti e, per lavoratori destinati ad altre aziende, nei limiti di un decimo(…); b) per i lavoratori di concetto oppure aventi una particolare specializzazione o qualificazione; c) per il personale destinato ai posti di fiducia connessi con la vigilanza e la custodia delle sedi di opifici, cantieri (…); d) per il primo avviamento di lavoratori in possesso di titoli di studio rilasciati da scuole professionali. Art. 15. I lavoratori che risiedano nella località nella qual e si svolgono i lavori, sono preferiti nell'avviamento al lavoro. La Commissione di cui all'art. 25, ove condizioni locali lo richiedano, può autorizzare che sia data la preferenza anche a lavoratori di località viciniori, osservati opportuni criteri di proporzionalità. Subordinatamente alla condizione di cui al primo comma sarà data preferenza nell'avviamento ai lavoratori, che, in possesso del requisiti prescritti, abbiano conseguito una qualificazione professionale nei corsi di cui al titolo IV. Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, nell'avviamento al lavoro si terrà conto complessivamente: del carico familiare; dell'anzianità di iscrizione nelle liste di collocamento; della situazione economica e patrimoniale, desunta anche dallo stato di occupazione dei componenti del nucleo familiare, 40
e dagli altri elementi concorrenti nella valutazione dello stato di bisogno del lavoratore, anche con riguardo allo stato sanitario del nucleo familiare, in base ai documenti esibiti dal lavoratore medesimo. TITOLO III Assistenza economica ai lavoratori involontariamente disoccupati. Art. 36. Per determinate località e limitatamente a particolari categorie professionali, può essere disposta, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto col Ministro per il tesoro, la concessione di sussidi straordinari di disoccupazione ai lavoratori che si trovino involontariamente disoccupati per mancanza di lavoro e che non abbiano i requisiti prescritti per il diritto alla indennità giornaliera di disoccupazione. Nell'ambito delle località e delle categorie professionali per le quali è fatta la concessione, i singoli lavoratori disoccupati godranno della concessione stessa purché si verifichino per essi le seguenti condizioni: 1) risulti che sia stato versato un numero minimo di contributi settimanali per l'assicurazione per la disoccupazione involontaria;2) siano da almeno cinque giorni iscritti nelle liste di collocamento di cui all'art. 8 senza aver ottenuto offerta di occupazione; 3) siano nell'impossibilità di seguire i corsi di qualificazione professionale o di prestare la loro opera presso cantieri di cui al titolo IV, per comprovata inidoneità fisica, o perché i corsi o cantieri distino eccessivamente dal luogo di residenza o perché, pur avendone fatta domanda, non vi siano stati ammessi per deficienza di posti; 4) non appartengano a famiglia di cui almeno due membri siano occupati; 5) non beneficino di sussidi, di indennità, di integrazioni salariali o di pensioni o rendite corrisposte a carico dello Stato, degli enti locali e degli istituti di previdenza e assistenza sociale, fatta eccezione per le pensioni di guerra. Il numero minimo di contributi versati richiesto per la concessione del sussidio straordinario è di cinque settimanali per gli operai o uno mensile per gli impiegati alla data di entrata in vigore della presente legge, e aumenta mensilmente di tanti contributi versati quante sono le settimane o i mesi di effettiva occupazione. Raggiunto il numero di 52 contributi settimanali prescritto dal regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, anche in difetto dei due anni di assicurazione, al diritto di godere il sussidio straordinario subentra il diritto all'indennità giornaliera di disoccupazione. La concessione del sussidio straordinario per determinate località e categorie è disposta avuto riguardo alle condizioni di lavoro e delle industrie locali ed ai lavori pubblici da eseguire.
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