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TREND
Autore: Guido Parri
Nella scorsa edizione di Hospitality, la fi era di Riva del Garda dedicata alla ristorazione e all’ospitalità, si è svolto un convegno a cui hanno partecipato Andrea Marchi, presidente di Cateringross, e Benhur Tondini, amministratore dell’azienda di distribuzione F.lli Tondini, associata al gruppo. L’incontro, moderato dal direttore di questa rivista, Luigi Franchi, verteva sul mercato del pesce nella ristorazione e ve ne riportiamo alcuni stralci.
Questa crisi, dettata dalla tempesta perfet-
Il consumo ta tra pandemia e guerra, ha cambiato le regole del mercato in generale: trasporti e logistica con costi alle stelle, stati che per di pesce protezionismo non esportano, temi come la salvaguardia dell’ambiente rimessi nella in discussione: il distributore, oltre alle aziende produttrici, non ha molti margini di manovra per governare il mercato. Anristorazione che nell’ittico la situazione è complessa: come riuscite a farvi fronte quando dovete rifornire i ristoranti? com’è cambiato Risponde Andrea Marchi – “Commenterei questa domanda con tre parole: volontà, foril mercato mazione e organizzazione. Volontà perché questo è un mercato che, nella sua globalità, sta diventando sempre più diffi cile e complesso, visto l’aumento eccessivo e la scarsità delle materie prime e dei costi energetici. In questo scenario il compito primario del distributore dell’HoReCa è quello di essere di supporto fattivo rispetto al cliente ristoratore andando incontro alle se esigenze che signifi cano, per fare un esempio, spazi limitati di stoccaggio merce. E il distributore deve esserne consapevole. È finito il tempo di un ordine alla settimana, oggi il cliente deve essere seguito quasi giornalmente e questo signifi ca avere la volontà di farlo senza far ricadere i costi logi-
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stici sul cliente stesso. Formazione è la seconda parola importante: aiutare il ristoratore a conoscere il mercato, specie nell’ittico, fargli capire che non ci sono solo alcuni mari e poche referenze, formarli sul fatto che ci sono momenti di pesca che comportano un freno al pescato fresco e che quindi occorre una diversa e più matura visione del surgelato; qui entra in gioco il nostro ruolo di distributore che deve garantire un corretto stoccaggio affinché i prodotti non subiscano dei processi di deterioramento. Tanta formazione dedicata al fatto che non si può utilizzare solo il filetto del pesce. Il pesce ha dei tagli anatomici che sono ideali per determinate ricettazioni e questo permette di ridurre lo spreco in maniera considerevole. Infine l’organizzazione. Una parola che noi, prima ancora dei clienti, abbiamo dovuto fare nostra perché oggi la logistica è tutto nel mestiere del distributore. Abbiamo in media tra le 6.000 e le 8.000 referenze nei nostri magazzini, se non c’è un’adeguata organizzazione i costi andrebbero alle stelle e dobbiamo far capire al ristoratore che, anche nel suo piccolo, ad esempio in un uso corretto dei frigoriferi, occorre organizzazione per evitare sprechi, odori sgradevoli, materie prime che scadono prima che lo chef se ne accorga. L’organizzazione è indispensabile quando si ha a che fare con il cibo, ancora di più se si tratta di ittico fresco”.
Merluzzo, salmone e gamberi ovunque sui menu, seguiti da tonno, spada, orate e branzini, ma non ci sono solo queste specie, anzi ce ne sono almeno altre 700 nel Mediterraneo e 10.000 negli oceani del mondo: perché non c’è cultura di prodotto, non si vuole cercare di spingere anche altre specie e cosa può fare un distributore verso i propri clienti ristoratori?
Risponde Benhur Tondini – “Si può dire che si stava meglio quando si stava peggio? Non credo! Fino a vent’anni fa si andava in pescheria e c’era solo il palombo. Oggi non è più così. È vero quello che dici, hai citato famiglie ittiche che sono le più altovendenti, ancora poche sono le specie utilizzate. Da un’analisi fatta tra i soci di Cateringross ci sono, infatti, solo dieci famiglie di ittico che fanno l’80% del fatturato e il gruppo, devi considerare, rappresenta appieno il mercato del fuori casa in Italia. Ma qualcosa sta cambiando, è un processo lento ma importante, oggi la cultura ittica è diffusa un po’ dappertutto, le persone prestano attenzione all’etichetta più di prima, il ristoratore, lo chef riconoscono il valore del pesce nelle proposte. Il mare non è una fabbrica, il mare è natura e come tale va considerato. Se mancano alcune specie in determinati periodi o il polpo del Marocco, per fare un esempio, non c’è dobbiamo farlo capire ai nostri clienti, proponendo altre tipologie che vadano ad arricchire la loro proposta gastronomica. Il ruolo del distributore è fare informazione corretta verso la ristorazione formando a sua volta i propri agenti di vendita”.
Torniamo un attimo alla situazione attuale: il consumo di pesce oggi vale 27 kg pro-capite e cresce di anno in anno. In questa situazione complicata può valere la pena di puntare solo sull’italianità dei mari? Oppure è l’acquacoltura che può in qualche modo sopperire ai problemi?
Risponde Andrea Marchi – “Per quanto riguarda il mercato della ristorazione è estremamente importante ridefi nire l’agente di vendita come ‘gestore’ del cliente. Cosa signifi ca questo? Che per l’ittico, per non spaziare oltre, avere un gestore di clienti vuol dire che quel professionista deve sapere tutto del mercato. Per questo facciamo corsi di cucina nelle nostre aziende dove abbiamo gli stessi forni, le stesse piastre e friggitrici che usano i nostri clienti. Questo perché di quel determinato prodotto il nostro agente deve sapere tutto, a cominciare dalla resa nei vari tipi di cottura per aiutare il ristoratore a fare un food cost del piatto che sia corretto. Questo è solo un esempio del grande lavoro di back-offi ce che si fa prima di vendere. Per quanto riguarda la situazione attuale, l’acquacoltura rappresenta uno dei nostri mercati più importanti ma è indispensabile introdurre delle regole per fare in modo che siano sempre di più gli allevamenti sostenibili nel mondo, perché le persone devono poter mangiare sano. Ne va del sistema sociale che attorno al cibo movimenta anche altri fattori, tra cui la salute. L’italianità gioca un ruolo fondamentale ma sembra che siamo bravi solo ad allevare cozze e vongole, invece si deve arrivare a creare allevamenti che possano proporre altre specie. Abbiamo un mare che ha una sapidità che rende il pescato italiano unico per gusto e sapore, occorre valorizzarlo, più di quanto sia stato fatto fi nora. Piccole acquacolture che diano il giusto tempo di crescita al pesce rappresenta la soluzione ideale”.
Voi avete dato vita a un modello di distribuzione nell’ittico che non ha precedenti, quattro aziende che hanno deciso di fondersi in una sola per uno specifi co mercato: come è nata l’idea, quali opportunità off re, come reagisce il comparto della ristorazione?
Risponde Benhur Tondini – “Parto dall’ultima delle tue domande. Il comparto sta reagendo benissimo al nostro modello distributivo. Quattro aziende che operano tra Lombardia, Veneto e Alto Adige, hanno messo da parte ogni aspetto legato alla concorrenza, per dar vita a un gruppo che si chiama Roat divisione ittico che si presenta su un mercato di sedici province con un listino unico, le consegne in tempo reale, un fatturato aggregato pari a 100 milioni di euro, una rete di agenti di vendita o ‘gestori del cliente’, come ha precisato Andrea, che sanno consigliare il ristoratore per il meglio del suo locale grazie a un assortimento dell’ittico che tiene conto di come si muove il marcato sia locale sia internazionale. Le quattro aziende sono Marchi spa, RZ Service, Foppa e la F.lli Tondini. Crediamo fortemente in questo progetto e nell’aggregazione che ci c onsente di essere forti e dinamici allo stesso tempo”.
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