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PARLIAMO CON
Parliamo con… Riccardo Agugiaro, amministratore delegato di Agugiaro&Figna, azienda leader del comparto molitorio italiano, che vanta il primato di aver dedicato al mondo pizza le farine che, con il marchio Le 5 Stagioni, sono uscite dal concetto di commodity
L’IMPRENDITORE E L’UOMO Riccardo Agugiaro
Riccardo Agugiaro
Fare impresa signifi ca anche prendersi cura del territorio
Autore: Luigi Franchi
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Molino Agugiaro&Figna a Curtarolo (PD) Un molino che produce ininterrottamente dal 1400, una famiglia che lo rileva nel 1831, un imprenditore, Riccardo Agugiaro, che rappresenta la settima generazione e, soprattutto, quella capacità di innovazione che fa dell’impresa un elemento fondamentale per una società migliore.
Riccardo, ci aiuta a ripercorrere la vostra storia d’impresa nelle sue tappe salienti?
“L’azienda principale sorge su un sito che macina ininterrottamente dal 1400. È qui, a Curtarolo in provincia di Padova, che i miei avi, nel 1831, fondarono il Molino Agugiaro. Nel 2003 avvenne la fusione con il Molino Figna, di Collecchio (PR), leader nella produzione industriale di farine e nella panifi cazione che aveva acquisito, nel 1997, la Molini Fagioli di Perugia. Il fatturato del gruppo passò da 48, nel 2003, a 110 milioni di euro e, nel corso degli anni, abbiamo investito 90 milioni di euro negli impianti, in tecnologia, che ci ha permesso di essere, oggi, l’azienda più moderna del settore in Italia. Siamo presenti su tutti i mercati, con il food service, pasticceria, panifi cazione al centro del nostro core-business, un po’ di GDO e il mercato online, che abbiamo aperto nel periodo della pandemia, per le farine dedicate all’alta ristorazione”.
Il mondo delle farine è cambiato moltissimo in questi ultimi anni, trasformando un prodotto commodity in un elemento identitario per i professionisti: come è avvenuto questo cambiamento e perché?
“È vero e lo è ancora di più per la nostra azienda che è stata capofi la di questo cambiamento perché, fi n dagli anni ’70, con il marchio Le 5 Stagioni, ha creato una linea di farine ad elevato valore aggiunto per il mondo pizza. Siamo stati gli unici fi no all’alba del terzo millennio. Negli anni 2000 c’è stato un ulteriore sviluppo, a causa della crisi del mercato della panifi cazione e del fatto che molti piccoli molini non potevano più proseguire la loro attività, perché mancavano delle certifi cazioni necessarie. I molini rimasti si sono orientati a produrre in modo diverso, dando vita a farine specifi che per ogni utilizzo, andando verso una ricerca accurata. Nel 2010 si è aff ermato un nuovo modello produttivo dove, chi era dotato di un laboratorio di ricerca, ha fatto da capofi la e, ancora una volta, noi eravamo in prima linea con i nostri tre laboratori, uno per ogni molino del gruppo. La nuova consapevolezza che si è aff ermata tra i pizzaioli ha, inoltre, portato le aziende a dar vita a nuove tipologie di farina e, per noi, a creare l’unico lievito madre secco, Naturkra� , che ancor oggi resta l’unico sul mercato con queste caratteristiche”.
Dal 2016 siete partner di Slow Food. Cosa ha signifi cato per l’azienda aver scelto un’associazione internazionale che fa del buono, pulito e giusto il mantra delle sue azioni?
“È stata una scelta importante e quasi obbligata, visto che incrociando le nostre strade c’erano molte visioni in comune. Lavorare con Slow Food per noi signifi ca operare per riscrivere la farina del domani. Signifi ca però anche molte altre cose: non siamo sponsor
La scatola pizza di Le 5 Stagioni
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ma partner tecnico; analizzare e attuare le migliori pratiche produttive per la farina ed essendo noi, con una storia molto lunga e al contempo innovatori, in sintonia con questo principio, vogliamo contribuire e abbiamo sviluppato farine sane e con nuovi moderni criteri di valutazione; pulite, senza alcun utilizzo di miglioratori e di sostanze non naturali; giuste, ovvero vendute al giusto prezzo. I valori che abbiamo condiviso vanno oltre al semplice utilizzo del prodotto e defi niscono anche il ruolo che un’impresa ha in termini di responsabilità sociale. Nel 2022 bisogna avere ben chiaro il proprio ruolo nella società e quanto le nostre produzioni incidono in questo. Abbiamo fatto nostro il motto che se prendiamo dall’ambiente, dalla terra, dobbiamo restituire di più di quello che ci viene dato. Con Slow Food intendiamo sviluppare concretamente questa visione e, per questo, tra le tante iniziative, quest’anno abbiamo dato vita a un tour di formazione, che partirà ad aprile, con i pizzaioli di sei regioni – Lombardia, Toscana, Campania, Puglia, Sicilia e Piemonte – che si concluderà al Salone del Gusto a Torino a settembre, con 20 pizzaioli che si confronteranno
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sulle buone pratiche, dando vita a un gruppo di maestri dell’arte bianca che possa infl uenzare altri colleghi sui temi della sostenibilità e dell’etica lavorativa”.
Voi siete molto rigorosi nella scelta dei partner distributori, ovviamente in senso positivo; i distributori capiscono appieno la vostra fi losofi a e il cambiamento che è in atto?
“Per noi, da sempre, la rete vendita rappresenta la forza principale di Agugiaro&Figna e quando parlo di rete vendita parlo di partner, clienti e distributori, anche da difendere sul mercato. Questi ultimi due anni, diffi cilissimi per tutti, ci hanno fatto rifl ettere molto su questo; sull’importanza di condividere i nostri progetti con i partner; sul valore della fi liera per aff ermare la conoscenza, per dar vita a corrette pratiche commerciali. Abbiamo fatto la scelta di tornare un po’ alle origini quando il cliente era al centro di ogni azione. Non è sempre facile nei tempi odierni dove tutto si muove a una velocità esagerata, ma l’idea di sviluppare strategie commerciali condivise e fare attività di formazione è al centro dei nostri pensieri, perché siamo convinti che queste siano operazioni che, nel tempo, portano a grandi risultati. Questo porterà, in un futuro prossimo, i clienti a capire sempre di più i valori dell’azienda ed è con questi che vogliamo intraprendere il percorso”.
Ricerca e sviluppo sono nel vostro dna e lo abbiamo capito perfettamente in queste prime battute, ma quanto dedicate a questa parte della vostra attività in termini di tempo e di investimento e quanto è compresa dal mercato?
“Abbiamo cominciato a fare ricerca alla fi ne degli anni ’70 del secolo scorso con le farine dedicate al mondo pizza, abbiamo continuato con il lievito madre e ricordo, a questo proposito, che siamo l’unico molino ad avere internamente un laboratorio per la produzione del lievito madre. Fare ricerca vera non viene sempre capito ma nel lungo periodo fa la diff erenza e, in questo diffi cile momento storico, si è rivelato fondamentale per la nostra azienda. In termini di tempo e denaro noi siamo a una percentuale di fatturato dedicata alla ricerca che è forse la più alta di tutte quelle del nostro settore. Abbiamo, come ho già detto, un laboratorio in ognuno dei tre molini dove lavorano complessivamente 20 persone. E poi ci sono le scuole esterne che sosteniamo da sempre: siamo partner della Scuola Italiana Pizzaioli che ci off re anche la possibilità di capire le tendenze sui vari territori del mondo e adeguare le nostre produzioni quando è necessario”.
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Etica e sostenibilità sono parole forse abusate ma necessarie; qual è il vostro pensiero su questo, oltre al fatto che siete partner di Slow Food?
“Quello che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni ci ha fatto capire che la sostenibilità non è solo ambientale ma anche sociale. La nostra azienda ha la certifi cazione etica nel rispetto di tutti i dipendenti. Gli stabilimenti vengono gestiti solo da fonti rinnovabili da ben prima che arrivasse Greta Thunberg. Abbiamo avviato un’analisi interna per ridurre al massimo lo spreco. Tutti elementi che ora ci danno forti vantaggi sul piano produttivo. Inoltre, a novembre, nello stabilimento di Collecchio (PR) abbiamo inaugurato il Bosco del Molino, un’area adiacente di 13 ettari, dove sono state collocate 18.000 piante autoctone che compenseranno la CO2 generata in un anno dalle attività dell’azienda, restituendo all’ambiente la sua biodiversità e creando un ecosistema in perfetta armonia con l’ambiente, garantendone la sua conservazione. Ma il bosco avrà anche una funzione sociale come luogo conviviale e di formazione per i ragazzi delle scuole elementari e medie del territorio. In azienda abbiamo investito sulla tecnologia con le selezionatrici ottiche per dividere le varie tipologie di grano. Con i nostri fornitori abbiamo stretto un patto virtuoso per avere materie prime senza pesticidi, unica azienda in Italia. Infi ne le nostre confezioni sono tutte con un packaging sostenibile dal punto di vista ambientale”.
Materie prime alle stelle; grano che cresce a due cifre; il granaio d’Europa distrutto dalla guerra. Come riuscite ad aff rontare questa tempesta perfetta? Su chi ricadranno i costi di tutto questo?
“Stiamo vivendo un momento unico, incredibile e diffi cilissimo. Dopo due anni di pandemia dove, oltre agli aspetti sanitari, sono saltate buona parte delle regole sociali e di mercato, entriamo in una dimensione che credevamo non fosse più possibile: quella di una guerra in Europa. In questo scenario logistica e produzione stanno subendo dei contraccolpi di cui nessuno conosce, al momento, l’esatta portata. Non si tratta, infatti, di speculazione bensì di problemi strutturali a cui non si è prestata la dovuta attenzione. Il primo è un problema di approvvigionamento. L’Italia è dipendente per il 60% di materia prima. Dobbiamo migliorare al massimo la produzione italiana ma dipenderemo sempre dall’estero. Per il grano ci sarà un fermo di almeno due anni e le regioni del sud Italia ne patiranno le conseguenze per quanto riguarda il grano duro. La nostra azienda, per fortuna, non acquista da Ucraina e Russia ma questo conta poco nella situazione generale. Ma il problema sono le chiusure all’esportazione, per motivi di sicurezza, anche da parte di altri stati: l’Ungheria che vale il 26% delle importazioni di ottimo grano, non sta consegnando. La Russia ha bloccato l’esportazione di fertilizzanti che creano le rese nei campi e questo è un problema molto serio e duraturo. Non arrivano i cereali per i mangimifi ci e questo signifi cherà l’abbattimento di molti capi. Diventa quindi necessario ampliare al massimo le fi liere garantite e certifi cate verso i mercati e verso i nostri partner. Gli aumenti dovranno ricadere, in modo equo, su tutta la fi liera. Questo extra- prezzo, in questo momento, dovrà essere accettato se vogliamo riorganizzare i mercati e difendere la democrazia. Per i nostri dipendenti noi faremo di tutto per salvaguardare il loro potere d’acquisto. Nonostante come azienda dovremmo fare molti sforzi per aff rontare questo momento dove il mercato del grano prevede, a livello mondiale, il pagamento immediato”.
Ultima domanda, Riccardo. Pizza Stories è il vostro progetto digitale che non parla dell’azienda ma vuole comunicare il mondo pizza: perché questa scelta e come sta andando questo portale?
“Pizza Stories nasce nel momento in cui si è fermato il mondo per la pandemia. E nasce per mantenere l’interazione con i nostri tecnici e pizzaioli che giravano per tutto il mondo. Dovevamo raff orzare i rapporti con tutte le persone che ruotano attorno al mondo della pizza. Abbiamo creato il portale per questo. E ci stiamo riuscendo perché Pizza Stories è presente in 90 paesi del mondo e tradotto in cinque lingue, rendendo protagonisti pizzaioli, tecnici, e anche i clienti delle pizzerie per informarli sul valore di questo settore”.
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