IlBelViaggio - Febbraio 2024

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N.1 Febbraio 2024

Da Orgosolo ad Arbatax Faenza: morbida e fine come una bella ceramica Lo Sferisterio di Macerata


N.1 Gennaio

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olo Da Orgos ad Arbatax orbida Faenza: m e una e fine com mica bella cera rio Lo Sferisteata di Macer

Abbonati Riceverai a casa, ogni trimestre, una copia della rivista cartacea. Quattro numeri all'anno: 30 euro. per maggiori informazioni:

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SOMMARIO 4

Una nuova rivista - Luigi Franchi

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Faenza: morbida e fine come una bella ceramica - Giulia Zampieri

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Lo Sferisterio di Macerata - Simona Vitali

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Da Orgosolo ad Arbatax - Luigi Franchi

30 Ma è sempre stato così bianco questo luogo? - Luigi Franchi 38 L’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano - Guido Parri 44 Il Museo della Centrale Montemartini a Roma: da solo varrebbe un viaggio - Jacopo Franchi 50 Sassocorvaro, a pieno titolo nel Montefeltro - Luigi Franchi 56 Tresigallo, la città metafisica - Giulia Zampieri 64 Una giornata in Valcamonica, la Valle dei Segni - Jacopo Franchi 72 Quel delicato equilibrio delle gondole veneziane - Guido Parri

N.1 Gennaio 2024

Da Orgosolo ad Arbatax Faenza: morbida e fine come una bella ceramica Lo Sferisterio di Macerata

N° 1 febbraio 2024 EDITORE Edizioni Catering srl Via Margotti, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051 751087 – Fax 051 751011 info@salaecucina.it - www.salaecucina.it

PUBBLICITÀ Tel. 331 6872138 info@ilbelviaggio.it www.ilbelviaggio.it

PRESIDENTE Benhur Mario Tondini

STAMPA EDIPRIMA s.r.l. – www.ediprimacataloghi.com

DIRETTORE RESPONSABILE Luigi Franchi luigi.franchi@ilbelviaggio.it

Costo copia trimestrale: 7,50 euro abbonamento annuo 30,00 euro Per abbonarsi: info@ilbelviaggio.it

PROGETTO GRAFICO Gabriele Adani - www.gabrieleadani.it

ilBelViaggio n. 1 - supplemento a sala&cucina n. 76

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Una nuova rivista! Sembra una scelta ante-litteram ma siamo convinti che avere un supporto fisico in cui poter approfondire la conoscenza, senza pop-up, pubblicità che interrompono la lettura, velocità di scorrimento, possa ancora avere un senso, a maggior ragione se gli argomenti oggetto della lettura presuppongono la scelta di un viaggio in luoghi non sempre noti al turismo di massa. Viaggiare richiede impegno, capire i luoghi, le loro peculiarità, guardare paesaggi e architetture con occhi più attenti significa avere un bagaglio culturale ed emotivo che non lo si ottiene con il consumo rapido di una foto o di un testo. Per questo abbiamo ideato IlBelViaggio, dove anche il sito è costruito per fornire approfondimento, per parlare non di Roma o di Venezia, ma dello straordinario museo che si trova alla Centrale Montemartini nella capitale e del costruttore di fórcole nelle calli veneziane. La rivista avrà una cadenza trimestrale e sarà riservata agli abbonati, mentre sul sito verranno pubblicati tutti gli articoli oggetto di viaggio e di scoperta da parte nostra, concentrati prevalentemente su quella che si definisce abitualmente, e abitualmente sbagliando, Italia minore. Non è un’Italia minore quella di regioni come le Marche, è piuttosto un’Italia ancora segreta, capace di custodire memoria, di offrire, ogni quindici chilometri, un borgo, un castello, un parco, i suoi abitanti, le sue delizie gastronomiche, le leggende che ancora animano i suoi luoghi come quella, citata in questo numero, della porta d’accesso a Sassocorvaro, nell’entroterra pesarese. A noi piacciono le Marche, sono state fonte d’ispirazione per questo progetto, abbozzato nelle nostre teste in un agriturismo a Gradara una sera d’estate, con la luna che illuminava i prati.

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Abbiamo lasciato passare tre anni dalla prima idea ma quando il bisogno di fare qualcosa di bello si insinua sottopelle non c’è storia: vince quel bisogno. Crediamo che territori come le Marche abbiano molto da dare ai turisti, ai viaggiatori, italiani e stranieri, che vogliono forzare la porta di questo forziere di bellezza e cultura. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo per questa regione come per tutti quei luoghi che vogliono farsi conoscere con sincerità. Nel nostro Paese deve necessariamente delinearsi un approccio al turismo che superi i concetti ormai consunti di destagionalizzazione, se ne parla dal secolo scorso. Ma per allungare la stagione non basta contare sul clima delle regioni del sud o sul desiderio che ci siano turisti tutto l’anno. Sono necessarie le infrastrutture, trasporti pubblici efficienti, imprenditori disposti a rischiare se c’è un progetto serio, paesi che non chiudano alle sette di sera, abitanti che abbiano voglia di incontrare altre culture. Tutto questo è possibile, basta crederci!

Luigi Franchi

direttore responsabile de Ilbelviaggio Luigi.franchi@ilbelviaggio.it

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Faenza: morbida e fine come una bella ceramica Passeggiata alla scoperta di una cittadina ricca di arte e storia Autrice: Giulia Zampieri

Piazza del Popolo


È stato un gran colpo di fortuna approcciare a Faenza a cominciare da una delle attività più significative della città, Bottega Bertaccini. Situata all’interno di uno storico palazzo di Corso Garibaldi, e anticipata da un’originale esposizione di libri, rappresenta un piccolo gioiello di raccolta d’arte e narrativa. Ci si imbatte percorrendo il corso che da nord porta verso la Piazza del Popolo, il fulcro sociale della cittadina, animato sin dal mattino da passanti con l’andare sereno. Ma torniamo alla bottega. Dietro alla minuta scrivania c’è Renzo, librario da oltre quarant’anni, che al bisogno fornisce fondamentali informazioni per


destreggiarsi nella moltitudine di stimoli faentini. È un posto polifunzionale: libreria, galleria d’arte e pure luogo d’incontro o di lettura in cui si può sorseggiare un caffè o gustare un frutto di stagione. Dagli scaffali affiorano numerosi dettagli sulla storia faentina. Per esempio l’etimologia del nome, risalente all’epoca romana; i Romani la chiamarono con un toponimo promettente, ovvero Faventia, la favorita degli dei. Spulciando tra i libri se ne apprende la natura fertile e la posizione strategica sulla Via Emilia, nonché il lungo conteso tra Guelfi e Ghibellini. Ma la tappa da Bertaccini è anche l’occasione d’oro per apprendere alcune curiosità logistiche e strutturali o conoscere i tanti artisti del passato e di epoca contemporanea che hanno i natali in questa florida cittadina del ravennate. Una località che ama concedersi lentamente ma senza risparmiarsi in sorprese. Da Bertaccini non manca, naturalmente, una copiosa sezione dedicata alla lavorazione della ceramica, protagonista da secoli di questa città; un legame intimo, suggellato da uno straordinario museo, il MIC - Il Museo Internazionale della Ceramica, che dista una manciata di minuti a piedi. E proprio lì suggeriamo di proseguire la passeggiata: sarà l’occasione per stupirsi con una straordinaria raccolta di oggetti nati da

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un’arte affascinante quanto radicata nel tempo. Con i suoi 16 mila metri quadri e le sue 60 mila opere, infatti, il MIC consente di ripercorrere l’evoluzione della lavorazione delle componenti della terra dalle civiltà antiche ad oggi, incantando i visitatori con pezzi di rara bellezza e raffinatezza. All’interno ci sono anche: un laboratorio di restauro, una biblioteca, archivi fotografici e documentari, un laboratorio didattico. Dal 1938, ogni due anni, viene organizzato il Premio Faenza, un concorso dedicato all’espressioni d’arte contemporanee realizzate con la ceramica da cui nascono meravigliose opere, poi esposte nelle sale del museo. Il MIC non è l’unico grande ‘contenitore’ di Faenza: la Biblioteca Comunale Manfrediana, fondata nel 1818, in epoca napoleonica, ospita un numero inimmaginabile di volumi: circa mezzo milione (una piccola parte è andata persa con la terribile alluvioLIbreria Bertacchini

ne del 2023 ed è in fase di recupero). È uno spazio aperto, dove un pubblico eterogeneo di lettori si rifugia per la consultazione o per trovare ispirazione in un luogo che sembra senza tempo. Al suo interno si organizzano anche gradevoli mostre e incontri culturali, spesso intrecciate a nomi o vicende del territorio. Prenotando per tempo è possibile anche visitare la meravigliosa Sala del Settecento (scelta che consigliamo caldamente) costituita dalle Antiche scaffalature dell’Archivio notarile e della Magistratura. Venne realizzata nel 1784 da Luigi Gallignani per le parti pittoriche e Francesco Sangiorgi per quelle ebanistiche; attualmente ospita parte dei fondi librari costitutivi della Biblioteca. È indubbiamente un’altra grande sorpresa faentina! Torniamo all’aria aperta per collocarci al centro di Piazza del Popolo, il cuore largo di Faenza, da cui si possono ammirare con-


temporaneamente due maestosi edifici, entrambi di origini medievali: Palazzo del Municipio e Palazzo del Podestà. La connessione profonda con il Medioevo ai faentini non sfugge, tanto che amano rievocarla come da tradizione nel mese di giugno con una suggestiva e gloriosa sfida: il Niballo - il Palio di Faenza

Tra una visita e l’altra è facile distrarsi con invitanti profumi che sgattaiolano fuori dalle abitazioni o dalle osterie storiche della città. Quest’ultime gli abitanti di Faenza amano frequentarle senza fretta, dando un gratuito e prezioso esempio ai turisti: lo stile di vita romagnolo, e faentino, coincide con la vera qualità della vita.

La Porta d'ingresso al Museo Internazionale della ceramica realizzata da Mimmo Paladino

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Sala del Settecento

Piatto esposto al MIC

Violini in ceramica esposti al MIC

BIblioteca Manfrediana

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Dove dormire

TRERÈ AGRITURISMO E VINI A FAENZA

Via Casale, 19 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 47034 https://morenatrere.com

Un’oasi di pace attorniata da 35 ettari di vigneto sulle colline di Faenza, con molteplici servizi (dal ristorante alla piscina, passando per la degustazione dei vini autoprodotti). TERRACIELO

Via Terracina, 11 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 353 4518350 www.terracielofaenza.com

Nel cuore di Faenza, un b&b dallo stile caldo, elegante e funzionale, curato nei minimi dettagli, dotato di due camere e un grazioso terrazzino.

Dove mangiare

LA BAITA

Via Naviglio, 25/C, 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 21584 www.labaitaosteria.it

Uno degli storici indirizzi della città in cui gustare piatti della tradizione e del territorio, con un’ampia e ricercata carta dei vini, in un’atmosfera conviviale. MARIANAZA

Via Evangelista Torricelli, 21 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 681461 www.marianaza.com

Una trattoria dell’800 dall’impronta rustica, con camino a legna, in cui è d’obbligo assaggiare la pasta fresca fatta in casa, la carne alla griglia, la selezione di salumi e formaggi.

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Dove comprare

BOTTEGA BERTACCINI

Corso Giuseppe Garibaldi, 4 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 681712 www.bottegabertaccini.it

Il luogo ideale da cui attingere curiosità e storie sulla città di Faenza e la Romagna. LA VECCHIA STAMPERIA DI DAMIANO BANDINI

Via Giulio Castellani, 25 - 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 29597 www.lavecchiastamperia.com

L’indirizzo in cui si può apprendere l’arte del mestiere dello stampatore, attuata con le stesse tecniche e la professionalità di una volta, e in cui acquistare pezzi autentici e personalizzati. LA BAITA GASTRONOMIA

Via Naviglio, 25/C, 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 21584 www.labaitaosteria.it

La gastronomia in cui fare incetta di straordinari formaggi, salumi, sott’oli e pietanze della tradizione romagnola.

Vita cittadina

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Lo Sferisterio di Macerata La bellezza all’improvviso Autrice: Simona Vitali

Foto di Tabocchni Zanconi


Ci sono luoghi di straordinaria unicità e bellezza che, a rigor di logica, dovrebbero essere conosciuti indistintamente da tutti ma, non essendo ubicati sulle vie di grande comunicazione, diventano per “chi è più sensibile” alla loro vocazione. Sono le passioni che ci muovono, quelle hanno davvero il forte potere di traportarci come fossimo foglie in balia di un carezzevole vento. I grandi appassionati di musica lirica, i melomani, non guardano alla geografia, li guidano ben altri criteri. Sono i calendari delle opere, gli interpreti, ad esercitare un’irresistibile forza attrattiva. E anche la nomea di quel teatro e non da meno le sue peculiarità. Scoprire, ad esempio, che un teatro all’a-


Foto di Luna Simoncini

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Foto di Marilena Imbrescia

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Foto di Marilena Imbrescia

perto suscita un’incredibile suggestione esso stesso, al netto della scenografia, e che la sua acustica – per una peculiare conformazione strutturale - è molto buona, quasi alla stregua di un teatro al chiuso, incentiva certamente la scelta. Questa è la fotografia dello Sterisferio, un’opera maestosa – tra le più significative del Neoclassicismo europeo - che oggi è tempio della musica lirica e di significativi eventi culturali, perfettamente integrata nel tessuto urbano di Macerata, di cui rappresenta il simbolo per eccellenza. Ma dove sta scritto che simili luoghi siano solo per appassionati? Alla bellezza, quella vera, siamo sensibili tutti e non abbiamo altro bisogno di fare esperienze che ci portino via, ci sollevino dal quotidiano, anche per poche ore. In una regione, le Marche, che quanto alla costa ha un ottimo biglietto da visita e rappresenta un’esperienza di sicuro piacere, varrebbe quantomeno la pena chiedersi cosa possa riservare il suo interno, approfittando magari di una vacanza sul Conero per programmarsi qualche incursione in zone meno battute. Ma torniamo allo Sferisterio e all’effetto che ha sortito su di noi vistandolo di giorno, senza alcuno spettacolo in atto ma soprattutto a partire dal centro storico di Macerata, avvolto dalle mura dove è necessario lasciare l’auto per poi salire con gli ascensori piuttosto che a piedi. Noi abbiamo preferito la seconda soluzione. Un poetico passaggio sulla via degli Orti, dove le case sono colle-

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Foto di Luna Simoncini

gate da ponticelli in cemento agli orti coltivati sulle mura della città, ci ha certamente bendisposto a carpire, via via che procedevamo, un senso di raffinata quiete che ci siamo poi spiegati nell’imbatterci in palazzi nobiliari, musei, chiese, scorci di grande impatto scenografico. E su tutto l’imponente ma discreta presenza di un’Università antichissima, che ancora oggi vanta una facoltà di Giurisprudenza di assoluto rilievo nazionale. È una città universitaria, Macerata, ma diversamente da altre consorelle, più che subire le intemperanze degli studenti, sembra invitarli a entrare e vivere nella sua dimensione elegante e a misura d’uomo. Una città, come dicevamo, che ha da sempre fatto quadrato intorno al suo simbolo per eccellenza, lo Sferisterio, che oggi è uno dei più grandi teatri all’aperto d’Italia. Realizzato tra il 1823 e il 1829 ad opera – e questo è un particolare importante - di 100 consorti, vale a dire benestanti maceratesi

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“ad ornamento della città e diletto pubblico”- come sta scritto a caratteri cubitali sulla sua facciata - che hanno voluto dotare la città di una struttura permanente per il gioco della palla col bracciale e, al tempo stesso, un’arena per lo “steccato”, la caccia al toro e altri spettacoli. Una costruzione imponente progettata da Ireneo Aleandri, giovane architetto di San Severino Marche, che dietro una facciata di regolare edificio nasconde una struttura incredibile, completamente inaspettata. Una forma unica nel suo genere che ha come cuore un’immensa arena (90x36 mt) delimitata da due testate rettilinee, raccordate da un’ampia curva e un maestoso muro rettilineo di fondo alto 18 metri e lungo quasi 90, che nel corso degli anni viene trasformata dall’originaria destinazione sportiva a quella di teatro all’aperto. È il 1921 quando va in scena la prima opera, L’Aida di Giuseppe Verdi, replicata per 17 serate per un totale di oltre 70.000 presenze.

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Ma è dalla metà degli anni ’60 che prende il via una vera e propria stagione lirica estiva di rilevanza internazionale, oggi denominata Macerata Opera Festival, che porterà sulla scena i più grandi direttori artistici e interpreti lirici del mondo operistico per il diletto di un pubblico di 2500 persone (tra gradinate, palchi e balconate). Quest’anno che ricorre il 60° di attività consecutiva del Macerata Opera Festival è stato chiamato alla direzione artistica Paolo Gavazzeni, in questo ruolo per cinque stagioni all’Arena di Verona, letteralmente affascinato dallo Sterisferio di cui dice “qui si può lavorare non solo sull’aspetto visivo ma anche musicale grazie alla straordinaria acustica, paragonabile a quella di un teatro al chiuso”. E nella stagione in programma dal 19 luglio al 11 agosto ha deciso di coinvolgere, insieme ai grandi solisti, le risorse artistiche del territorio (FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiano, Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”, Pueri Cantores “D.Zamberletti” del territorio maceratese, Banda Salvadei) per meglio esprimerne l’identità. “Saper emozionare il pubblico -ci confida Gavazzeni – ha la sua fondamentale importanza”. Ad oggi la sua bravura sta nell’aver già colto l’essenza di quel di Macerata, città che sente da sempre la sua stagione lirica e che anni addietro vedeva schiere di figuranti coinvolti nelle opere e oggi si preoccupa di mantenere vivo questo legame identitario con un progetto rivolto alle scuole, il Macerata Opera Family, attività didattica di avvicinamento e accompagnamento al mondo delle opere fin da piccini. Non ci resta che procurarci un biglietto, e perché no anche due, che sia per Turandot, Norma, La Bohème o altre opere in programma - per regalarci l’esclusiva bellezza di serate che non si ripeteranno più. febbraio 2024

Dove dormire LE DIMORE DEL CENTRALE

Via Leopoldo Armaroli, 94 62100 Macerata Tel. ++39 0733 1778664

www.centralemacerata.com/luxury-hotel

Scegliendo Centrale Macerata avrete modo di vivere un’esperienza unica grazie alla quale entrare in contatto con le tante anime della città: una gemma nascosta nel cuore della regione Marche che attrae visitatori da tutto il mondo. Macerata, attraverso le sue numerose istituzioni culturali quali musei e teatri offre una meravigliosa esperienza immersiva sospesa tra storia, cultura, tradizioni locali e arti. RESORT LE CASE

Contrada Mozzavinci, 16/17 62100 Macerata Tel. +39 0733 231897 www.ristorantelecase.it

Attraversando la campagna marchigiana, tra colline e campi coltivati, si arriva a Le Case, un luogo calmo e ameno a due passi da Macerata. Un lungo viale alberato vi condurrà al piccolo borgo, dove il tempo sembra essersi fermato e dove potrete sostare, coccolati dalla calda ospitalità della famiglia Giosuè. VILLA GIUSTOZZI

Via Dante Alighieri, 41 62010 Pollenza (MC) Tel. +39 0733 549347 www.villagiustozzi.com

Villa Giustozzi è stata recentemente sottoposto ad un accurato restyling degli arredi. Si compone di 11 stanze che offrono agli ospiti una cornice raffinata e confortevole. Eleganza e tradizione danno vita ad un riuscito connubio.

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VILLA QUIETE

Via Enrico Mattei, 4 - 62010 Montecassiano (MC) Tel. +39 0733 599559 www.villaquiete.it

Hotel a 4 stelle che ha aperto a tutti le sue porte. Al termine della maestosa scalinata si offre, agli occhi del visitatore, il piano nobile: elegante, affrescato, luminoso. Qui, ritratti e bassorilievi ti raccontano una storia bellissima, mentre le stanze che si affacciano su questo piano conservano arredi e decorazioni originali.

Dove mangiare

SIGNORE TE NE RINGRAZI

Via della Pescheria Vecchia, 26 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 222273 www.signoreteneringrazi.it

Signore te ne ringrazi è un pensiero di riconoscenza che modella lo stile di vita, il rapporto con il passato, con la natura, con il paesaggio, con il luogo in cui si è nati. E, non per ultimo, è un atto di ringraziamento per tutto ciò di cui possiamo nutrirci. L’OSTERIA DEI FIORI

Via Lauro Rossi, 61 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 260142 www.osteriadeifiori.it

La connessione con la campagna intorno non si è mai interrotta; da oltre 40 anni propongono prodotti e piatti di stagione incontrando il favore di un pubblico sempre più attento e consapevole, rinnovando di continuo la scelta identitaria a tavola. L’INFINITO A TAVOLA

Via Luigi Monachesi, 6 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 668219 www.linfinitoatavola.com

Le loro preparazioni sono ottenute da ingredienti freschi e ricercati. Partono dai produttori, loro alleati, che stanno a due passi dal luogo. La loro forza è questa filiera cortissima, che permette di avere la migliore scelta di carni, olio, vino, farina e verdure fresche tutti i giorni. TRATTORIA NICOLINA

Corso Fratelli Cairoli, 226 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 239026 La trattoria è un luogo dove ancora si possono gu-

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stare pietanze con i sapori e la qualità di decenni fa. Il luogo è grazioso ed il personale ti fa sentire a casa propria. Speciali, davvero insuperabili i secondi a base di carne. Straordinarie le tagliatelle al ragù. BURNING BEER & GRILL

Via della Pescheria Vecchia, 4 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 524645 Ottimo locale dove poter assaggiare qualche piatto e gustare la migliore birra artigianale italiana. Personale molto competente e gentile.

Dove comprare

LA SALSAMENTERIA GASTRONOMICA

Piazza Nazario Sauro 38 Corso Fratelli Cairoli - 62100, Macerata Tel. +39 0733 236535 Gastronomia di produzione propria, salumeria, selezione vinicola e di altri alcolici. Qui si trova il sunto di tutto quello che le Marche sanno offrire dal punto di vista gastronomico. IL CONTADINO GOURMET

Corso Camillo Benso Conte di Cavour, 28 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 231615 https://ilcontadinogourmet.it Da piccola bottega, hanno trasformato il punto vendita in un luogo caldo ed accogliente: l’obiettivo che da sempre contraddistingue il loro lavoro è quello di offrire al cliente una selezione di prodotti non facilmente reperibili nella grande distribuzione, puntando tutto sulla qualità. PICCOLE GIOIE

Piaggia della Torre, 18 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 1831725 – www.gioielli-verdenelli.it È il laboratorio di arte orafa di Giuseppe Verdenelli. Realizza creazioni uniche, ispirate a fine 800-900 e alla contemporaneità, con una meticolosa lavorazione dei metalli, essenzialmente a mano e in qualche circostanza usa le altre tecniche (osso di seppia, micro fusione a cera persa). IL FORNO DI MATTEO

Via Giovanni Mario Crescimbeni, 21 - 62100 Macerata Tel. +39 0733 264701 Passi fuori... senti il profumo... e sei già dentro a scegliere cosa comprare!

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Da Orgosolo ad Arbatax Autore: Luigi Franchi


La Sardegna è la regione più complicata d’Italia. Non è un eufemismo e men che meno una critica ma, se non ci si va solo per il suo splendido mare, è importante capire prima gli aspetti culturali e antropologici di quest’isola. Lo abbiamo capito in più di un’occasione durante un viaggio perlustrativo, in particolare quando siamo arrivati nel Supramonte barbaricino: un territorio diventato famoso per gli episodi di banditismo e sequestri ma che, invece, andrebbe visto meglio come territorio dove il sopruso è stata una costante della vita dei suoi abitanti che lo hanno combattuto con i pochi mezzi a disposizione. Orgosolo è l’esempio più evidente di questa storia e gli oltre 200 murales che animano il centro storico di questo borgo di circa 4.500 abitanti è un libro aperto per tutte le migliaia di persone che arrivano ormai da ogni parte del mondo per leggerlo sui muri del paese. Si può dire, senza alcun dubbio, che la corrente artistica del muralismo italiano trova in Sardegna e in particolare a Orgosolo la sua massima espressione. Quando è perché ad Orgosolo? Il quando ha una risposta certa; era il 1969 e un collettivo di artisti anarchici – Dioniso – dipinse il primo a cui seguirono, nel 1975, altri murales dipinti da Francesco

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del Casino, professore di educazione artistica originario di Siena, per celebrare il 30° anno della liberazione d’Italia dal nazi-fascismo. Da quel momento ogni abitante mise a disposizione i muri delle proprie case, Orgosolo è diventata meta di artisti locali e internazionali che hanno raccontato la storia e le tradizioni barbaricine, la loro passione per i cavalli, le donne che prendono l’acqua alla fonte di Patteri, il famoso film di Vittorio De Seta – Banditi a Orgosolo – interpretato dai pastori della Barbagia, ma anche il dissenso dalle guerre, le rivoluzioni nel mondo, la forza del popolo barbaricino contro i soprusi dello Stato. Si esce da Orgosolo sapendo molto di più di questa terra e delle cose del mondo mentre ci spostiamo ad Arbatax, la cittadina connotata dal porfido rosso che emerge dal mare.

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Siamo sulla costa orientale della Sardegna, nell’Ogliastra conosciuta come la terra dei centenari. Arba ‘at ‘ashar è un’espressione araba che indicherebbe la quattordicesima torre, contando in senso antiorario da sud, quella di San Miguel, del XVI secolo, che spicca candida davanti al porto; da questa espressione pare derivi il nome Arbatax. Ma sono le Rocce Rosse che caratterizzano questo luogo, rocce di porfido rossastro e diorite nera che emergono dal mare e creano un panorama indimenticabile. Ci si può restare per ore a godere di questa visione ed è ciò che abbiamo fatto, al tramonto, incuriositi da una musica a tutto volume che non capivamo da dove provenisse. È stato quello il momento in cui i nostri sguardi si sono concentrati su quella che

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potrebbe essere definita un’installazione artistica contemporanea; cumuli di pietre di porfido rosso appoggiate le une sulle altre in un magico equilibrio, tante piccole torri di altezza variabile, fino a un metro che ti chiedi come facciano a stare in piedi. “Non ci stanno molto, ma le ricreo ogni mattina diverse da prima”, sembra che ci abbia letto nel pensiero. Si chiama Luciano ed è l’autore e il custode di questa magia artistica. “Vengo qui ogni giorno, perché da questa insenatura partiva sempre mio padre per andare a pescare. Metto la musica e costruisco queste sculture. Sono precarie, se ci si posa un gabbiano cadono a terra, se soffia un vento forte anche, e poi ci sono i ragazzini che si divertono a distruggerle ma io sono più determinato di loro a ricostruirle”, racconta Luciano. Perché lo fa? “Per passare il tempo, in compagnia del ricordo di mio padre. Per fare felici le persone che apprezzano. Per rendere ancor più bello questo posto”. Che meraviglia scoprire persone di cuore! C’è tanto altro da scoprire ad Arbatax e a Tortolì, capoluogo del comune, tanto davvero ma bisogna venirci con la mente aperta! Luciano mentre crea le sue precarie sculture


Dove dormire

B&B TURRE

Via Toscana, 1 - 08027 Orgosolo (NU) Tel. +39 0784 402347 Il Bed and Breakfast Turre è una struttura di nuova ristrutturazione e arredamento; sito nel centro di Orgosolo, a pochi passi dal corso Repubblica. In un ambiente molto confortevole e pulito, offre la possibilità anche di mezza pensione o pensione completa. HOTEL LA BITTA – BOVIS HOTELS

Località Porto Frailis - 08041 Arbatax (OG) Tel. +39 0782 667080 www.hotellabitta.it

Situato in una zona tranquilla, a pochi passi dal centro di Arbatax, l’Hotel La Bitta - Bovis Hotels offre strutture per il benessere, spiagge di sabbia bianca e acque trasparenti. Imperdibile la spettacolare vista sul mare e sulle scogliere della Sardegna, che potrete ammirare dai giardini, dal bar sulla terrazza e dal ristorante panoramico dell’hotel.

Dove mangiare

PRANZO TIPICO CON I PASTORI

a Orgosolo, all’aperto nei boschi, con i canti a Tenores Sandalion Servizi Turistici – 08027 Orgosolo (NU) Tel. +39 339 117 6775 www.supramonte.com

CHIOSCO DI PONENTE OYSTER BAR

Via Riva di Ponente - 08048 Tortolì (OG) Tel. +39 329 67 03 022 www.chioscodiponente.it

Qui si possono degustare, direttamente raccolte, le squisite ostriche di Tortolì, oltre alle altre specialità di pesce.

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Dove comprare

COOPERATIVA PESCATORI TORTOLÌ

Via Riva di Ponente, Località Peschiera San Giovanni 08048 Tortolì (OG) Tel. +39 0782/664415 www.pescatoritortoli.it

La bottarga è un alimento costituito dall’ovario del pesce, le cui uova vengono salate ed essiccate con procedimenti tradizionali. La loro bottarga di muggine è ricavata dal mugil cephalus, detto comunemente Cefalo. LA CASA DEL PECORINO

Corso Umberto, 54 · 08048 Tortolì (OG) Tel. +39 0782 624120 Buonissimi formaggi e tante altre cose tradizionali. E tutto lo staff con Mauro in testa eccezionale.

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Ma è sempre stato così bianco questo luogo? Autore: Luigi Franchi

“Ma è sempre stato così bianco questo luogo?” lo chiedo, mentre scorro i titoli all’interno di una minuscola libreria di Peschici, sul Gargano. Il proprietario, fino a quel momento impegnato nel retrobottega, si affaccia e mi pone nelle mani un piccolo elegante libro dal titolo Peschici con altri occhi, Editore Peschiciana, a cura di Michel’Antonio Piemontese. “Leggi qui” mi dice, con un’aria tra il distaccato e l’annoiato, come se a quella domanda avesse dovuto rispondere mille volte, aprendomi il libro a pagina 53.



Peschici, dunque, è il posto più orientale ed interessante del Gargano, qui più che altrove, l’influenza saracena ha lasciato le sue tracce nelle belle casette a cupole, che sembrano trapiantate di peso dall’Asia e spiccano di un bianco candido sul meraviglioso verdeazzurro del mare. A fare questa descrizione è Caterine Hooker nel 1927. “Chissà come era capitata a Peschici, lei come tanti altri scrittori e poeti, o giornalisti. E tutti qui vedevano poesia, pur essendoci abbandono e povertà” spiega il libraio, dopo aver visto un mio interesse reale all’argomento. “Il bianco che c’è oggi non è niente in confronto a quello di allora che rifletteva un sole che ti inseguiva ovunque”, prosegue. Decido di acquistare quel libro, chiedendo se l’autore è di Peschici. “Sono io: Michel’Antonio Piemontese. E la casa editrice è tutta qui, in queste stanze”. Da quel momento sono trascorsi diversi anni e l’amicizia con Michel’Antonio, scrittore, storico del luogo, libraio, editore e tipografo è cresciuta ad ogni mia visita. Il motivo? A parte il grande piacere culturale che si ricava conversando con lui, è il suo resistere che affascina e coinvolge. Resistere ad un turismo massificato che, per tre mesi all’anno, trasforma l’essenza del luogo; resistere ad un isolamento forzato causato dal suo lavoro; resistere perché la sua non è una semMichel'Antonio Piemontese.



Centro storico di Peschici

plice attività commerciale, ma un presidio sociale e culturale. Culturale è facile capire il perché, scorrendo i titoli dei libri che Michel’Antonio seleziona ad ogni inizio di stagione: ci sono, ovviamente, i titoli da classifica (non potrei farne a meno, se voglio guadagnarmi il pane: confessa sorridendo), ma spiccano molte pagine di saggistica, di storia locale, di letteratura inusuale. Mentre, per quanto riguarda il sociale, bisogna avere il piccolo privilegio di oltrepassare gli scaffali della libreria e accedere al retrobottega dove lo spazio è occupato da macchine tipografiche, sicuramente datate rispetto alle tecnologie digitali, perfettamente funzionanti. “Sono la mia passione e la mia danna-

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zione. Non posso allontanarmi per più di un giorno, perché c’è sempre qualcosa da comporre e stampare. Vuoi i manifesti funebri, vuoi i biglietti da vista o i depliant, piuttosto che le ricevute fiscali per ristoranti e alberghi, o le partecipazioni” confessa Michel’Antonio. Ma non è solo questo, per quanto significativo sia garantire questo servizio ad una popolazione che, per raggiungere il capoluogo della Capitanata, dove si concentrano questi servizi, rischia di stare in ballo un’intera giornata. Michel’Antonio aprì la tipografia/libreria con suo padre e suo fratello nel 1973. Peschici non era ancora il luogo turistico che è adesso: il papà faceva il muratore, il fratello insegnava e lui studiava architettura a Firenze. La tipografia era pensata per

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far fronte, allora come oggi, ad un bisogno della popolazione. Negli anni Michel’Antonio è rimasto solo a gestire la sua piccola dimensione artigiana; il fratello è diventato preside dell’istituto onnicomprensivo di Peschici (a lui il merito di aver ottenuto questo risultato e di aver formato una nuova giovane futura classe di ragazze e ragazzi che credono nel proprio territorio); il padre, figura gentile, è scomparso all’età della vecchiaia. Ma non si è perso d’animo, mai! Suoi gli studi sulla storia locale, pubblicazioni che mantengono salda la memoria e aiutano i turisti a guardare con occhi diversi luoghi bellissimi ma altrettanto complicati. Suo il grande lavoro di ricerca di un dizionario etimologico che parte dal dialetto peschiciano per penetrare alla radice stessa del-

Festa del patrono

le parole, alla loro storia e leggenda, con oltre 5.000 lemmi dialettali. “Perché non è ancora pubblicato, se lo hai finito?” gli ho chiesto durante il nostro ultimo incontro. “Perché sono incontentabile” mi ha risposto. Michel’Antonio è così. Ogni cosa che fa deve essere ben fatta e deve esserci un motivo per farla: come quando, nei mesi scorsi, l’ho trovato alle prese con le etichette che si mettono nelle cassette della posta o sui campanelli. “Hanno cambiato la toponomastica di alcune parti del paese e vengono da me gli anziani per farsi fare l’etichetta. Cosa vuoi? Non gli farò mica pagare 50 centesimi ognuno? Le ho preparate per tutti e basta”. Servono persone come Michel’Antonio, perché ti insegnano a vivere per davvero.


Dove dormire

DIMORE DI PORTA DI BASSO

Via Cristoforo Colombo 38 - 71010 Peschici (FG) Tel. +39 0884 355167 Situato a Peschici, a 500 metri dalla Spiaggia di Marina di Peschici, il dimore di portadibasso offre il servizio concierge, camere anallergiche, una terrazza, la connessione WiFi gratuita in tutte le camere. CASA CAMAVITÈ

Loc. Paglianza – Litoranea, Peschici - Vieste, Km. 12, 71010 Peschici (FG) Tel. +39 348 7131883 www.camavite.it

Quattro soluzioni nuovissime, curate in ogni dettaglio e dotate di ogni comfort per un’esperienza unica nel suo genere. A pochi metri dal ristorante sugli scogli ci sono le camere dove concedervi una full immersion a stretto contatto con la natura lussureggiante del Gargano. GUSMAY RESORT

Località Manacore S.P. 52 km14 - 71010 Peschici (FG) Tel. +39 0884 911016 www.gusmayresort.it

Gusmay Resort è un resort con hotel a 4 stelle e 5 stelle in Puglia, a Peschici, terra dalle mille attrazioni.

Dove mangiare

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CAMAVITÈ

Loc. Paglianza – Litoranea, Peschici - Vieste, Km. 12, 71010 Peschici (FG) Tel. +39 348 7131883 – www.camavite.it Il viaggio nei sapori del Camavitè parte dal ristorante sulla scogliera tra Vieste e Peschici, dove al tramonto vengono serviti gli aperitivi. Poco distante si trova la pizzeria tipica e il trabucco da dove arriva parte della materia prima alla base dei loro piatti.

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PORTA DI BASSO

Via Cristoforo Colombo, 38 - 71010 Peschici (FG) Tel. +39 0884 355167 Un fascino speciale quello che si ripropone all’interno del ristorante Porta di Basso, incastonato tra i vicoli del centro storico della stessa Peschici. Qui infatti, tra ampie vetrate e vezzosi balconcini sospesi nel vuoto, si gode di un vasto e rilassante panorama marino, con la fuggevole illusione di navigare sull’Adriatico. Magari facendosi coccolare dai freschi aromi delle preparazioni dello chef patron Domenico Cilenti. GELATERIA PINAGEL

Corso Umberto Primo, 7 - 71010 Peschici (FG) Tel. +39 338 407 0879 www.gelateriapinagel.it

Nel segno della tradizione, pur custodendo le antiche ricette, Iginio Ventura sperimenta nuove versioni del gelato artigianale e ricerca l’essenzialità dei sapori abbinandoli elegantemente tra loro, in un percorso emotivo e sensoriale di continua riscoperta del gelato artigianale di qualità.

Dove comprare

LA DISPENSA

Corso Umberto I 4 – 71010 peschici (FG) Tel. +39 348 7131883 www.camavite.it

La Dispensa, è lo store dove troverai la selezione dei prodotti tipici locali: dai vini alla pasta, dalle birre alla ceramica assieme ad una grande varietà di prodotti del Gargano e della Puglia, selezionati dalla dispensa del ristorante Camavitè. LIBRERIA PIEMONTESE

Corso Umberto I, 5 – 71010 Peschici (FG) Un luogo speciale dove trovi chi può raccontarti la vera Peschici, la storia, le tradizioni, i cambiamenti. Oltre a trovare un’ottima selezione di libri.

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L’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano Autore: Guido Parri

“Pensavo di aver visto tutto, in realtà quest’opera ha scardinato tutte le convinzioni”. A fare questa affermazione è Saverio Tutino, giornalista e scrittore, ideatore dell’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo. Tutino pronunciò queste parole nel 2010, un anno prima della sua morte, in un’intervista a proposito del diario di Vincenzo Rabito, siciliano, semi-analfabeta. Rabito, di professione cantoniere, si trovò di fronte ad una macchina da scrivere e decise di impararne il funzionamento, arrivando a battere sui tasti oltre mille pagine di un diario in cui raccontò la sua vita, intervallando ogni parola da una virgola o da un punto e virgola. Quei fogli, tenuti insieme da un fil di corda, vennero consegnati all’Archivio dei diari dal figlio Vincenzo. Fu leggendo quell’intervista che decisi di andare, per la prima volta a Pieve Santo Stefano, per visitare quel luogo della memoria dal basso. Da allora ci sono state altre volte ed è sempre un’emozione varcare la porta di questo edificio in cui sono custoditi oltre 7.000 diari, settemila storie di persone sconosciute, il doppio degli abitanti di questo borgo aretino; 840.000 fogli, scritti su carte di ogni tipo, dai quaderni al retro dei foglietti giornalieri di un calendario, che compongono una grande storia dell’Italia. All’ingresso campeggia, protetto da una teca, un grande lenzuolo, scritto in ogni sua parte; una scrittura fitta, irregolare, con le righe numerate per non perdere il filo del racconto, affascinante fin dalla dedica: “Care persone fatene tesoro di questo lenzuolo che c’è un po’ della vita mia”. Quel lenzuolo è stato riempito di parole da Clelia Marchi, nata nel 1912 a Poggio Rusco, nel mantovano. Sposata a sedici anni con Anteo Benatti, entrambi contadini, mette al mondo quattro figli e ne perde altrettanti; una lunghissima storia d’amore che si interrompe nel 1972, quando il marito muore in un incidente stradale. Ed è a lui che Clelia dedica questo lenzuolo, un monumento alla loro vita insieme – “Non posso più consumare le lenzuola con mio marito, ci scrivo sopra” – in cui vengono raccontati i sacrifici di una vita, la guerra e la liberazione, le nascite e i lutti, con un titolo bellissimo: Gnanca na’ Busia. Neanche una bugia.



Ecco, forse si racchiude qui, in quel neanche una bugia, la bellezza e la forza delle migliaia di pagine custodite nell’Archivio dei diari. Infatti tutti quelli che hanno scritto questi diari lo hanno fatto con un solo scopo: fermare, fissare uno o più giorni della propria vita, per darle un significato. Nessuno di loro pensava che un giorno lontano qualcuno potesse raccogliere quelle storie, dare un volto alle loro esistenze sconosciute e, quindi, non c’era bisogno di romanzare, edulcorare, mentire. C’è davvero una grande e autentica storia dell’Italia in tutte quelle pagine. C’è la lettera di una contessa dell’Ottocento, scritta in verticale e in orizzontale, al suo amante bersagliere, dove si capisce come era l’amore a quel tempo. Questa lettera, insieme ai diari di moltissime donne, racconta una realtà ben diversa da quella dei romanzi rosa dell’epoca: c’era la vergogna e la sottomissione, una donna accusata di tradimento finiva in carcere, mentre l’uomo veniva semplicemente redarguito. Tanti sono i diari degli emigrati, che scrivono per fissare nella memoria i luoghi lasciati, come fa Calogero Di Leo, un siciliano di Lucca Sicula, emigrato negli anni Sessanta, prima in Scozia e poi in America: “Sono stato sempre un umile emigrante e sempre lo sarò fino alla fine… Entro nel sedicesimo anno un giorno mi metto a calcolare quante anime viventi aveva nella mia città di Lucca Sicula. Voi direti era un paesetto e adesso una città, vi spiego subito comera composta la città, settecento famiglie, tremila cinquecento abitante, mille e cinquecento muli cavalli e asini, mille e duecento capre e pecore, quattrocento cani, settecento gatti uno per famiglia perché uscivano topi da tutti i lati, trecento cinquanta coniglie e mezzo a famiglia che tutti non le potevano

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allevare, duecento vacche e tori, duecento maiali, venticinque, uno per famiglia i ricchi e benistante, venticinque mezzo per famiglia per quelli che stavano bene, centocinquanta un quarto per famiglia per la classe popolare, e il resto delle famiglie più poveri sentivano l’odore del porco e della salsiccia. Quattordicimila galline e galli e capponi, Quattro per persona per un’anno, tacchini quasi si sconoscevano. Totale anime abitante 22.150, si poteva chiamare una cittadella”. Oggi, all’Archivio, arrivano i diari dei migranti e anche questo parallelismo ci può aiutare a capire qualcosa di più, rispetto ai facili populismi; ricordandoci, ad esempio, le vite sofferte che milioni di italiani hanno vissuto in un ancora recente passato. La guerra, il fascismo, la Liberazione tornano spesso tra le pagine, come quelle scritte da Orlando Orlandi Posti, che affidava il racconto della sua condizione in carcere, da dove descriveva i suoi sentimenti, a messaggi clandestini, infilati nei colli delle camicie che venivano portati fuori dalle lavandaie, scritti dal carcere di via Tasso a Roma prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine. Non mancano diari che raccontano il mondo, come quello di Giulio Cesare Scatolari, un giovane medico di Jesi che nel 1895, a soli 23 anni, parte per il Congo Belga per curare i malati; nelle sue pagine si ritrova una geografia dettagliatissima e lo stupore di una natura affascinante e altrettanto violenta. Sono storie in cui prevale il sacrificio, la fatica, anche di vivere; pagine in cui si descrive la fame, la guerra, ma anche la semplicità di giorni in cui a dominare era la solidarietà, l’aiuto, la comunanza di abitazioni dove la porta di casa era sempre aperta. Pagine che, per molti, sono state

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un aiuto a superare una malattia, ad affrontare un disagio psichico. Scrivere, non si fa più. Siamo impegnati a vivere, ma si deve imparare a vivere e la scrittura ce lo permette. Me lo insegna, ancora una volta, una pagina di diario (non custodito all’Archivio dei diari, perché ancora in corso d’opera), di “frammenti di vita vissuta” che, ogni giorno, scrive Rosetta,

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una bella bisnonna di 94 anni: “Io non rimpiango il passato di cui ricordo facilmente le cose buone e meno le difficoltà. Rimpiango solo la semplicità dei rapporti umani così belli e affettivi, un sorriso a chi incontravi e ti dava il buongiorno… Eravamo più poveri e non lo sapevamo. Non guardavamo le piccole cose. Poi ci siamo voltati e abbiamo capito che erano grandi”.

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Dove dormire

Dove mangiare

HOTEL SANTO STEFANO

Via Tiberina,95 - 52036 Pieve S. Stefano (AR) Tel. +39 0575 797129 www.hotelsantostefanoarezzo.it

L’Hotel Santo Stefano nel centro di Pieve Santo Stefano, si trova in una posizione strategica per tutte le vostre mete turistiche nella Valtiberina Toscana e nella vicina Umbria.

RISTORANTE IL PORTICO

Via Tiberina,95 - 52036 Pieve S. Stefano (AR) Tel. +39 0575 797129 www.hotelsantostefanoarezzo.it

Ristorante con cucina tipica, porzioni abbondanti e ben eseguite, personale gentile ed efficiente che sa fare il proprio lavoro. IL TIRABUSCIÒ

Via Rosa Scoti Franceschi, 12 - 52011 Bibbiena (AR) Tel. +39 0575 595474 www.tirabuscio.it

In questa elegante osteria vengono proposti piatti tipici toscani e casentinesi elaborati dallo chef con innovazione e fantasia utilizzando materie prime fresche e ricercate. Nel menu si segue la stagionalità, troviamo però sempre le preparazioni con la carne di Chianina Igp accompagnate da un’accurata selezione di etichette di vino della regione.

Dove comprare

ARCHIVIO DIARISTICO NAZIONALE

Piazza Amintore Fanfani 14 - 52036 Pieve Santo Stefano (AR) Tel. 0575 797730 www.archiviodiari.org

Nel bookshop dell’Archivio si possono acquistare i diari pubblicati. Sono storie affascinanti che vi ricorderanno per sempre la visita a questo luogo speciale.

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Riceverai a casa, dieci mesi/anno, una copia della rivista cartacea. Dieci numeri all'anno: 40 euro per maggiori informazioni:

marketing@salaecucina.it


Il Museo della Centrale Montemartini a Roma Da solo varrebbe un viaggio Autore: Jacopo Franchi



La Centrale Montemartini a Roma è un luogo sorprendente che ha coniugato, in uno scenario di ardita bellezza, marmi, statue, reperti archeologici che sono frutto di anni di scavi nell’areale di Roma con impianti industriali enormi che servivano per dare l’elettricità alla capitale agli inizi del Novecento. È così dagli anni ’90 quando vi fu allestita una mostra sulla classicità, da allora le opere d’arte non sono mai più uscite dalla centrale né il luogo dai cuori dei visitatori, diventando un museo, poco conosciuto si direbbe pensando a tutto quello che Roma può offrire ma non è così. Chi cerca e i viaggiatori lo sanno fare molto bene trova questo straordinario buon esempio di come si divulga la conoscenza. Negli spazi trovano posto, in bell’ordine, con l’illuminazione perfetta per evidenziarne forme e bellezza centinaia di reperti, statue gigantesche, che servono a illustrare i momenti più significativi dello sviluppo di Roma, dai grandi trionfi militari all’introduzione del lusso nella sfera privata. Il tutto affiancato a caldaie immense, turbine, testimonia come archeologia e archeologia industriale rimanessero integri e non si snaturassero a vicenda, anzi… In una sala, invece, si scoprono le tre vetture che componevano il treno di Pio IX, risalente al 1858, diventando i più antichi mezzi fer-

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roviari esistenti in Italia. Un’installazione di archeologia industriale che contribuisce pienamente all’arricchimento del museo. Un luogo che, all’apparenza, sembra pieno di contrasti ma che, invece, si somiglia, per imponenza e bellezza e, affidando agli artisti contemporanei l’interpretazione delle opere classiche e dei macchinari industriali, aggiungere un elemento ulteriore per visitare questo straordinario museo. La centrale venne inaugurata nel 1912 dal sindaco Ernesto Nathan e lo scopo era quello di mettere fine al monopolio sulla produzione di energia elettrica detenuto dalla privata Società Anglo-Romana per l’illumi-

nazione di Roma. La Centrale, resistendo anche ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, venne dismessa a metà degli anni ’60 e riadattata a museo verso la fine del millennio. Oltre all’esposizione permanente la Centrale Montemartini ospita anche eventi e mostre come quella che indaga il rapporto critico tra costruire e abitare, aperta fino al 5 maggio 2024, con foto e opere di Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi, Marzia Migliora, Mark Power, Sekiya Masaaki, Steve McCurry, oltre ad alcune immagini di Francesco Jodice e di Silvia Camporesi appositamente commissionate per la mostra Architetture inabitabili.

CENTRALE MONTEMARTINI

Via Ostiense 106 - 00154 Roma www.centralemontemartini.org

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Sassocorvaro, a pieno titolo nel Montefeltro Autore: Luigi Franchi


A Sassocorvaro si arriva percorrendo da Fano la strada provinciale Feltresca. Eh si, qui tutto rimanda a quel Montefeltro che, tra la fine del Quattrocento e i primi del ‘500, con Urbino costituiva la culla del Rinascimento. Un primato dovuto a quel Federico da Montefeltro, sempre ritratto di a sinistra di profilo, come nel celebre dipinto di Piero della Francesca, perché sul lato destro del viso aveva perso un occhio in uno scontro armato, che fece grande questo minuscolo staterello portando a Urbino il fior fiore delle arti e delle intelligenze, come quell’artista anonimo che dipinse la città ideale, oggi simbolo di migliaia di poster, t-shirt, ma anche prefazione a libri e importanti studi di urbanistica.


Municipio di Sassocorvaro

Lago di Mercatale


Il Teatro della Rocca

Perché Sassocorvaro, piccolissimo borgo disperso nell’entroterra marchigiano, merita appositamente un viaggio? Forse perché nelle Marche ogni 15 chilometri c’è qualcosa da vedere, in questo caso una rocca che è citata, come esempio, in ogni studio o pubblicazione sulle strutture fortificate di ogni parte del mondo e presa, così pare, ad archetipo per il Guggenheim di New York. Definito come emblematico, macchinoso, simbolico, suggestivo, il complesso di Sassocorvaro, con la sua struttura somigliante a una tartaruga, è il più dibattuto, anche per la sua incerta particolarità, nella storia dell’architettura fortificatoria. Posizionato su un territorio fortemente conteso, nel XV secolo, tra Federico Di Montefeltro, signore di Urbino, e Sigismondo Malatesta, signore di Rimini, con la vittoria del primo e il lascito del castello al fratello Ottaviano degli Ubaldini, suo alter ego nonché conte, filosofo e alchimista che volle la particolare forma a tartaruga della rocca come simbolo di valenza alchemica, almeno così si pensava in epoca rinascimentale. Tutt’ora l’aura che circonda la rocca ubaldinesca ha qualcosa di misterioso, solenne e quasi mistico. A cominciare dai sotterranei che la leggenda vuole collegati direttamente al palazzo Ducale di Urbino. Oppure dalla massiccia porta di legno d’ingresso al borgo che, ogni 26 agosto, sempre secondo la leggenda, lascia trapelare “voci,

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pianti, rumori di una battaglia o di un incendio”. Del resto anche passeggiare per le vie dell’antico borgo si avverte qualcosa di indefinito; forse perché era prima mattina e c’era un silenzio assoluto, con le botteghe ancora chiuse, un piccolo bar aperto a ridosso della rocca che ospitava gli anziani del paese, quelli che solitamente si svegliano all’alba ma di certo Sassocorvaro sa di magia. Dall’alto la vista si apre sul lago di Marcatale in una suggestiva dimensione che, da sola, varrebbe spingersi fin quassù ma il fascino della Rocca Ubaldinesca chiama a gran voce. Scopriamo così che la forma tonda della struttura era stata pensata per resistere meglio, sul finire del ‘400, ai colpi della bombarda che scivolavano anziché penetrare nei mattoni. Ma anche che, al piano superiore, il percorso si divide tra due corridoi circolari di ponente e levante chiamati vani solari che consentono una visuale perfetta dell’esterno e che sono collegati da una scala elicoidale che vuole rappresentare l’Asse dell’universo. Per finire poi in uno spazio ottocentesco che racchiude il piccolo teatro di corte dove, sul sipario, è dipinta una vista dell’epoca di Sassocorvaro ripresa dal basso. La Rocca Ubaldinesca, infine, fu scelta da Pasquale Rotondi, soprintendente della Regione Marche, quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, si dovevano mettere in salvo le opere d’arte che rappresentavano il patrimonio dell’Italia; le opere da nascondere cominciarono ad arrivare dai musei e dalle chiese di Venezia, Urbino, Pesaro, Fano, Ancona, Lagosta, Fabriano, Jesi, Osimo, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno. Nei

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successivi anni furono nascoste 7.821 opere d’arte fra le quali dei capolavori di Giorgione, Giovanni Bellini, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Tiziano, Carlo Crivelli, Carpaccio, Mantegna e Raffaello. Per questo, a Sassocorvaro, ogni anno si tiene il Premio Rotondi per chi si è distinto nell’opera di salvaguardia dell’arte. Ci sono diverse altre cosuccie da visitare in questo borgo silenzioso ma vivo, come il Museo del gioco e del Giocattolo, denominato GioGio, aperto nel 2021 dove sono esposti giocattoli di tutti i tempi e, in particolar modo, quelli degli anni ’50 e ’60 del Novecento: meccani, flipper di legno, trottole, biglie di vetro. Un delizioso remake del periodo più felice dell’Italia.

Dove dormire LAKE HOUSE

Via Doria 1 - 61028 Sassocorvaro (PU) appartamento molto grazioso e romantico e pieno di fascino, con una vista panoramica straordinaria. È in pieno centro, vicino alla Rocca Ubaldinesca.

Dove mangiare ALLA LANTERNA

Str. Nazionale Adriatica Sud, 78 61032 Fano (PU) Tel. +39 0721 884748 www.allalanterna.com

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La biblioteca della Rocca

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Tresigallo, la città metafisica Autrice: Giulia Zampieri


L'edificio dei Bagni


Tresigallo oggi si chiama Tresignana, un nome composto da Tresigallo e Formignana; un’operazione avvenuta il 1° gennaio 2019 quando i due comuni vicini si sono fusi nell’unione dei comuni, ma la storia è dura a morire, per fortuna, e il nome di Tresigallo è talmente legato ai principi del Razionalismo degli anni ’30 che è diventata prima Città di Fondazione e, successivamente, Città d’Arte per la sua aurea metafisica. È uno dei tanti borghi di origine medievale che punteggiano l’Italia, nato in un periodo, il Medioevo appunto, mai sufficientemente indagato sul piano sociale, ma la sua struttura urbanistica oggi di medioevale ha ben poco, dopo gli interventi che Edmondo Rossoni, Ministro dell’Agricoltura del Governo Mussolini, fece nella sua città natale, con la motivazione, non si sa quanto veritiera, di un perfetto esempio di come una buona architettura possa costituire una base fondamentale per il benessere dei suoi abitanti. Per Tresigallo non è esistito alcun piano regolatore e nessun bando di concorso per l’elaborazione di un progetto (a differenza della maggior parte delle “città nuove”, come Sabaudia, Aprilia, Pomezia, per le quali, l’Opera Nazionale Combattenti, committente dei lavori, bandì un concorso nazionale), tanto meno è presente la firma di un importante architetto (o di un’équipe d’architetti).

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Era tutta nella testa di Edmondo Rossoni, che arrivava a Tresigallo da Roma e la percorreva a piedi, osservando i cantieri, facendo le sue valutazioni, ordinando di velocizzare il più possibile la completa realizzazione della città. Ma nell’ottobre del 1939, Rossoni venne sollevato dalla carica di ministro. A peg-

giorare la situazione, l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940: i lavori vennero interrotti, alcune fabbriche non entrarono mai in funzione e solo poche vennero riconvertite. La ferrovia che doveva congiungerla a Ferrara e Ravenna rimase solo un ambizioso progetto su carta. E la città metafisica restò sospesa, come in un sogno incompiuto.


Passeggiare tra le sue vie è come entrare in un quadro di De Chirico: si viene coinvolti dalle perfette e funzionali geometrie, in una sensazione di irrealtà ed estraniazione. Resta il fatto che ancora oggi le opere architettoniche sono in piedi, segno di un utilizzo dei materiali rigoroso e di una cura, da parte degli abitanti, delle peculiari caratteristiche del borgo. Ti appare, all’improvviso, un edificio sovrastato da una scritta: sogni. Incredibile! Le colonne che compongono il perimetro della piazza principale si sovrappongono l’una all’altra senza soluzione di continuità. Viene da chiedersi come possano vivere gli abitanti in questa dimensione metafisica… se anch’essi provano la sensazione onirica che ti avvolge quando raggiungi il centro storico. Siamo a soli 25 km da Ferrara, sulla sponda destra del PO di Volano, attorno la distesa padana, e tutto assume una dimensione irreale eppur concreta, fisica, bellissima nella sua “follia espressiva”. Da ultimo, Tresigallo fa parte di Atrium, l’Itinerario Culturale Europeo che è uno dei 45 Itinerari Culturali certificati del Consiglio d’Europa. Il programma degli Itinerari Culturali, lanciato dal Consiglio d’Europa nel 1987, dimostra in modo visibile, attraverso un viaggio nello spazio e nel tempo, come il patrimonio dei diversi paesi e culture d’Europa rappresenti un patrimonio culturale condiviso. Gli Itinerari Culturali mettono in pratica i valori fondamentali del Consiglio d’Europa: diritti umani, democrazia culturale, diversità e identità culturale, dialogo, scambio reciproco e arricchimento attraverso i confini e i secoli.

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Dove dormire IL GIARDINO FIORITO

Via XX Settembre 79 – 44100 Ferrara Tel. 0532 742667 www.ilgiardinofiorito.net

Nel centro storico, una piccola dimora che ospita in funzionali camere, ben organizzate e accoglienti. Piacevole il giardino, ampio, curato. Colazione a base di torte fatte in casa servita nel patio. LE STANZE DI TORCICOLA

Vicolo Mozzo Torcicola 9 – 44100 Ferrara Tel. +39 0532 790792 www.lestanze.it

Collocato nell’antico ghetto, in un palazzo del Quattrocento sapientemente ristrutturato, ha poche ma ambite camere. La colazione è ricca e gustosa, con dolci e marmellate fatte in casa. B&B RIVA DEL GALLO

Via della Pace 7 – 44039 Tresigallo (FE) Tel. +39 353 411 0231 Attenzione nei particolari d’arredo, comodità e spazi per la camera, colazione completa per ogni gusto e necessità. Proprietaria gentile e disponibile.

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Dove mangiare

TRATTORIA DA NOEMI

Via Ragno 31 44121 - Ferrara Tel. +39 0532 769070 www.trattoriadanoemi.it

Situata in centro storico a Ferrara, in un bellissimo palazzo che risale al 1400, sarete accolti in una atmosfera famigliare con i piatti tipici della tradizione ferrarese, utilizzando i prodotti che offre il territorio. A portare avanti la tradizione iniziata da Noemi nel 1958, ci sono oggi la figlia Maria Cristina, con i figli Luca e Giovanni. MANIFATTURA ALIMENTARE

Via Palestro, 73 - 44121 Ferrara Tel. +39 0532 171 6071 Non è un bistrot e non è nemmeno un ristorante. È una gastronomia gourmet che offre la possibilità di prendere cibo da asporto o di consumare quest’ultimo sul posto, nei pochi tavoli a disposizione all’interno. I piatti sono dello chef Pierluigi Di Diego. LA CAPANNA DI ERACLIO

Località Ponte Vicini via per le Venezie 3 44021 Codigoro (FE) Tel. +39 0533 712154 Un ristorante dove si cucinano piatti che rievocano sapori d’altri tempi dalle sapienti mani di Maria Grazia Soncini. La cucina è una celebrazione del territorio, con proposte sia di mare che di terra. LA BRACE

Via del Mare 150/E - 44039 Tresignana – Località Tresigallo Tel. +39 0533 600480 - www.labraceristorante.net Per citare la tradizione del territorio, si possono gustare i tipici cappellacci di zucca ferraresi, cappelletti di carne, passatelli sia asciutti che in brodo, passando per i salumi tipici (tutti gluten free) accompagnati dai classici pinzini fritti, e chiaramente, pane ferrarese (la famosa ciupèta). PIADINERIA DA MASSIMO

Via del Mare 159/E 44039 Tresignana – Località Tresigallo (FE) Tel. +39 0533 601582 Qui da Massimo, Ester e Jenny la passione si respira,

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la gentilezza è di casa e il cibo trova la sua giusta dimensione. Materie prime di alta qualità per creare, così, accostamenti sfiziosi e gourmet come: Salama da taglio e pecorino dell’Azienda agricola Colo’ di Tresignana Loc. Formignana. Pancetta pepata locale, squacquerone dop di Romagna e fichi caramellati. Prosciutto crudo di Parma, pecorino, miele locale e noci biologiche…

Dove comprare

RISO JOLANDA

F.lli Penazzi s.n.c. di Penazzi Luca & C. Via Gramsci 1/D - 44037 Jolanda di Savoia Tel. +39 0532 836162 www.risojolanda.it

La famiglia Penazzi da oltre 20 anni ha come scopo la valorizzazione e la promozione a livello nazionale e internazionale del riso tipico del territorio Jolandino e del Delta del Po. Le loro tecniche di coltivazione prevedono la rotazione delle colture, evitando l’ impoverirsi dei terreni di quelle sostanze che rendono così ricco e nutriente il Riso Jolanda. NEROFERMENTO

Via Romea Nord, 246 - 48121 Ravenna (RA) Tel. +39 347 6025197 www.nerofermento.it

Da bianco a nero, l’aglio si fa elegante per il nostro palato. Il processo fermentativo tra­sforma il comune aroma intenso e pungente in un sapore più morbido e delicato, rende la consistenza degli spicchi più tenera e ne migliora la digeribilità. Con queste peculiarità, l’aglio nero è sempre più protagonista sia nelle cucine gourmet sia nella dieta di tutti i giorni. AZ. AGR. CORTE MADONNINA

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L’Azienda Agricola Corte Madonnina è una realtà storica che da oltre 60 anni produce, dai propri vigneti, i vini Doc del Bosco Eliceo. Una cura particolare viene applicata nella coltivazione della vigna, concimazioni organiche, potature verdi, diradamento dei grappoli, gestione dell’irrigazione, tutte pratiche agronomiche finalizzate ad ottenere uve di qualità.

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Castello di Cimbergo


Una giornata in Valcamonica, la Valle dei Segni Autore: Jacopo Franchi


Incisioni rupestri

Uno sterminato racconto su roccia che attraversa un’intera valle e si dipana lungo i millenni: con questa frase si potrebbe riassumere l’ineguagliabile tesoro di incisioni rupestri della Valcamonica, primo sito italiano a ottenere il riconoscimento Unesco di “patrimonio dell’umanità” nel 1979 grazie alle oltre 300 mila figure scolpite sulle pareti rocciose della valle che si snoda a metà tra le province di Bergamo e Brescia. Riscoperte agli inizi del secolo scorso, dopo essere state nascoste alla vista per millenni a causa della vegetazione e del venir meno della cultura orale che le aveva prodotte, le incisioni rupestri della Valcamonica sono state progressivamente riportate alla luce grazie al paziente lavoro degli studiosi e degli archeologi, e oggi possono essere ammirate in tutta la loro varietà negli otto parchi archeologici di Naquane, dei Massi di Cemmo, di Seradina-Bedolina a Capo di Ponte, delle Incisioni Rupestri a Ceto, Cimbergo, Paspardo, del Lago Moro-Luine-Monticolo a Dafro Boario Terme, di Asinino-Anvòia a Ossimo, del Parco Archeologico e Minerario a Sellero e del Percorso Pluritematico del “Coren delle Fate” a Sonico.

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La varietà di figure rappresentate sulle rocce della Valcamonica si rivela, a uno sguardo d’insieme, incalcolabile: animali da soma, da caccia, capanne costruite su palafitte, armi, uomini in preghiera, in guerra, al lavoro, e poi ancora sacerdoti, labirinti, mappe topografiche, figure a metà tra uomini e animali, carri, guerrieri, pendagli femminili, mezzi e strumenti agricoli. “In Valcamonica abbiamo un numero enorme di incisioni nelle quali gli uomini stessi si sono rappresentati nel loro ambiente, negli atti della loro vita quotidiana e delle loro occupazioni economiche, nel quadro della loro società, preoccupati dai loro problemi, influenzati, e anche diretti, dalle loro credenze e da tutti i moventi della loro vita. Ogni incisione è un documento che rispecchia l’uomo e la società di quell’epoca in modo diretto, incomparabile” scriveva sessant’anni fa l’archeologo Emanuel Anati in Civiltà Preistorica della Valcamonica, uno dei primi libri (edito dal Saggiatore) dedicati alla Valle in seguito alle prime, intensive campagne di scavo. Dal primo cervo su roccia conservato sulla roccia numero 34 del parco di Luine fino alla figura stilizzata di un alpino incisa sulla

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Il Monte concarena

roccia numero 1 di Naquane, le 300 mila incisioni della Valcamonica coprono un periodo che va da diecimila anni fa fino alla seconda metà del Novecento, con la massima concentrazione di figure nel primo millennio avanti Cristo e una brutale interruzione avvenuta in concomitanza con l’invasione romana della valle, seguita da sporadiche e limitate riprese nei secoli successivi. Esse rappresentano quindi la testimonianza di un popolo, quello degli antichi Camuni, trasmessa sotto forma di figure che svelano solo in parte il loro più profondo significato. Alcune incisioni, infatti, sono probabilmente destinate a rimanere incomprensibili per sempre, come l’uomo con ali di farfalla della roccia 27 del parco di Naquane, o la presunta raffigurazione di una cometa della roccia 35 delle Foppe di Nardo. È un mondo “scolpito”, quello della Valcamonica, ma tutt’altro che immobile: dalle più antiche figure di animali che coincidono con le ultime manifestazioni dell’uomo cacciatore-raccoglitore della preistoria fino alle progressive apparizioni di figure di religiosi in preghiera, di aratri, di campi

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coltivati, di guerrieri e di armi, quella che oggi viene conosciuta non a caso come Valle dei Segni racchiude al suo interno il racconto dell’evoluzione della società umana dalla dimensione nomade a quella stanziale, dai miti e rituali delle origini all’apparizione di forme di religiosità e di organizzazione della società sempre più strutturate. Impossibile coglierlo tutto in una sola, frettolosa visita, ma se ci si concede il tempo di abituarsi a riconoscere le figure sulle rocce dei più svariati tipi e dimensioni è inevitabile, per chiunque, sentire il bisogno di tornare e tornare ancora per compiere esplorazioni più approfondite. Per coloro che hanno la fortuna di trascorrere qualche ora o qualche giorno in questo luogo unico al mondo per varietà e ricchezza di tracce del passato, non mancano infine i musei, le raccolte civiche, le antiche rovine che ancora conservano parte di quella civiltà che ha prodotto un tale, impressionante dipinto all’aria aperta. Imperdibili, in questo senso, le collezioni del Museo Archeologico Nazionale della Valcamonica di Cividate Camuno e il Mu-

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seo Nazionale della Preistoria della Valcamonica di Capo di Ponte, mentre proprio a Cividate Camuno è possibile ammirare le tracce di quella dominazione romana della valle protrattasi nei secoli e che ha segnato una irreversibile soluzione di continuità nella storia dei dipinti su roccia. Dai resti del teatro e anfiteatro locale alle suggestive spoglie del Santuario di Minerva - un luogo di culto sulle sponde del fiume Oglio frequentato per millenni dalle popolazioni locali e in seguito trasformato dai romani in un santuario “ufficiale” – la storia della Valcamonica si rivela a uno sguardo più attento un continuo sovrapporsi di genti, culture e opere in un intreccio ormai divenuto inestricabile, dove ancora oggi gli eredi delle antiche popolazioni conservano - ben nascosta - l’antica arte di incidere la vita su una roccia che affiora.

Lago d'Iseo visto da Lovere

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Dove dormire

Dove mangiare

HOTEL CONTINENTAL

Via Dante Alighieri, 3 - 24065 Lovere (BG) Tel. +39 035 983585 www.hotelcontinentallovere.it

Posizione ottima, vicina al centro e a un passo dal lago, personale gentile. Molto bene la possibilità di poter parcheggiare nel parcheggio privato. La colazione è perfetta.

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Una cucina fresca, con grande attenzione alla scelta delle materie prime e della loro stagionalità. Una cucina che richiama la nostra terra d’origine, la Calabria, unita a contaminazioni dalla cucina italiana, lombarda e contemporanea. TRATTORIA DEL VESCOVO

Vescovo Corna Pellegrini, 4 – 25055 Pisogne (BS) Tel. +39 345 467 6040 Trattoria del Vescovo, location un po’ più all’interno rispetto al lungo lago ma comunque con una bella vista. Possibilità di pranzare sia all’interno che all’esterno. I piatti sono ricercati con alimenti di qualità. La pasta è fatta in casa e la genuinità si sente. IL NUOVO CAMPO BASE

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Quel delicato equilibrio delle gondole veneziane Autore: Guido Parri


Gondole a Venezia


È come entrare nella bottega di Mastro Geppetto, che da un tronco diede vita a un bambino. Il legno ha questa magia, o meglio il legno ha un’anima e, se mai ce ne fosse bisogno, a Venezia basta varcare la soglia di Fondamenta Soranzo della Fornace, al civico 341, per rendersene conto. Qui i pezzi di tronco non diventano pupazzi, ma dalla grezza crisalide con cui arrivano tra le mani di Saverio Pastor si trasformano in eleganti fórcole; quel braccio particolarissimo che dona fascino e funzionalità alle gondole per agevolarne il ritmo della voga. Saverio Pastor è stato, per qualche tempo, l’ultimo dei remer in attività a Venezia, una città che ancora si avvolge nel mistero, nonostante i 30 milioni di turisti che ne attraversano le calli e i sestieri. Eppure è sufficiente uscire dall’itinerario calpestato quotidianamente da milioni di piedi per imbattersi in una Venezia che di storie da raccontare e di mani preziose, come sono quelle dei suoi artigiani che ne preservano l’unicità e la bellezza, ne ha ancora tante. Una di queste è proprio quella di Saverio Pastor che, nell’anno di grazia 2016, è titolare di uno dei quattro laboratori rimasti a creare le fórcole e mantenere vivo il mestiere di fórcolaio; ed è l’unico ad avere un aiutante, Pietro Meneghini, con lui a bottega da quasi vent’anni. Il suo laboratorio lo si sente dal naso, quell’inconfondibile odore di legno, trucioli e vernice che si avverte passando accanto alle botteghe di falegnameria. Nessuna insegna appariscente, solo una rossa fórcola appoggiata a margine dell’ingresso, lungo la fondamenta che affaccia su uno dei canali che sfociano alla Giudecca. Non ci siamo arrivati per caso, lo abbiamo cercato dopo aver letto dell’associazione El Felze di cui è presidente, ma la nostra visita l laboratorio di Saverio Pastor


Una fórcola di Saverio Pastor - foto copyright © 2012 Sergio Sutto

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non è stata fatta su appuntamento: un artigiano è sempre nella sua bottega, non è detto che abbia tempo da dedicare ad un racconto, ma senza alcun preavviso, ci ha trascinato in un racconto epocale sulla sua passione. Basta cercare e Venezia si apre nella sua veste migliore e infinita. L’ultimo dei remer Saverio Pastor lo è stato, in quel breve lasso di tempo intercorso tra l’interruzione nell’andare a bottega e la chiusura dell’ultima attività dedicata alla produzione di fórcole, portata avanti dal suo maestro: Giuseppe Carli che, racconta Saverio, “per molti mesi ha rifiutato di accogliermi, convinto che non sarei mai stato in grado di imparare per colpa dei miei anni”. A quel tempo ne aveva 18 e questo mestiere, secondo Carli, lo si imparava in giovanissima età. “Mi prese con sé, ma per nove ore al giorno mi faceva solo tener pulita la bottega. Imparai questo mestiere rubando con l’occhio le scelte dei legni, i movimenti delle mani, la manutenzione degli attrezzi che scandivano le giornate di Giuseppe Carli che considero, ancor oggi che non c’è più, un

geniale artigiano” confida Saverio Pastor. Sono ormai quasi cinquant’anni che Saverio Pastor fa questo mestiere e ha visto, anno dopo anno, ridursi gli artigiani che lavorano attorno alla creazione di una gondola; per questo ha deciso, insieme ad altri colleghi, di dar vita all’associazione El Felze. “Lo sai – mi domanda – cosa significa felze? Era la cupola che copriva parte della gondola, per ripararsi, avere un minimo di intimità. Ora non esiste più, ma il significato è ideale per i nostri scopi. Che sono quelli di mantenere un’identità, contarsi e raccontare. Quest’ultima è quella che ci riesce meglio, grazie ai tanti incontri che organizziamo per spiegare le nostre storie, i nostri sogni e le nostre ragioni”. Ma quanti siete? Quanti sono i mestieri che contribuiscono a dar vita ad una gondola? “I mestieri sono molteplici: dagli squerarióli che costruiscono lo scafo ai fondidóri che ricavano i pezzi di ottone, dai battiloro che si occupano delle finiture in oro ai calègheri che creano le scarpe per i gondolieri, solo per citarne alcuni. Siamo rimasti una trentina. Cresciuti e resistenti al moto ondoso”.

Saverio Pastor al lavoro

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Pietro Meneghini

Alcune fórcole

Il moto ondoso è quello dell’avvento delle barche a motore che attraversano la laguna, sempre più numerose. “Si è persa un’intera generazione di artigiani con l’arrivo, negli anni ’60, di motoscafi e lance a motore. Oltre a creare un dissesto di cui ancora non si ha piena consapevolezza. – spiega Saverio – Ai palazzi i danni li arrecavano le grandi navi da crociera, il cui moto ondoso è sottacqueo, mentre il resto, forse più evi-

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dente, avviene in superficie. Ad esempio, a causa di questo, una gondola ora ha un ciclo di vita molto più breve che in passato”. Eppure, nonostante tutte le complessità e le difficoltà di mantenere in vita alcuni mestieri, si resiste. Resistono le fórcole, nate dalla raffinatezza dell’arte veneziana, dipinte fin dal XV secolo dal Carpaccio. Resistono nella loro costruzione in legno, senza cedere il passo a nuovi tecnologici mate-

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Saverio Pastor al lavoro

riali: “i legni sono i più svariati, ma sempre leggeri – dall’esotico ramin, al pero, all’acero, al melo – e non sono mai uguali fórcola e remo. Per evitare una rapida consunzione”. Sono sinuose le fórcole, di un’armonia classica, mai completamente uguali a sé stesse – con altezze e snellezze diverse per ogni imbarcazione a remi – e funzionali a garantire l’equilibrio del vogatore. Saverio Pastor ne sa qualcosa, avendo acquisito una totale padronanza del lavoro che si esalta, come per tanti mestieri artigiani, nell’azione di vedere e toccare. Basta seguirlo mentre prende in mano il tronco grezzo e comincia ad accarezzarlo, sentendone la superficie e immaginandone la levigazione; oppure quando mostra orgoglioso la sua collezione dei diversi tipi, uno sguardo diverso dedicato ad ogni fórcola uscita dalle sue mani. La fórcola, del resto, fa parte inscindibile di quello straordinario gioco di equilibrio che è racchiuso in una gondola: fianco destro più stretto di quello sinistro, per consentire al vogatore di mantenerne, con il suo peso, la corretta inclinazione; le diverse scanalature dello scalmo per gestire le posizioni del remo in funzione dei passaggi, a volte strettissimi, nei vari canali della città, consentendo al vogatore di guardare sempre avanti. Un equilibrio che è lo stesso su cui si posa la secolare fragilità di Venezia.

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Dove dormire

Dove mangiare

Dove comprare

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NH VENEZIA SANTA LUCIA

Rio Terà Lista di Spagna, 116/A - 30121 Venezia Tel. +39 041 524 24 88 www.nh-hotels.com

L’hotel 4* NH Venezia Santa Lucia (precedentemente noto come Hotel Bellini) è situato in posizione strategica sul Canal Grande di Venezia, proprio di fronte al bellissimo Ponte degli Scalzi e alla fermata del vaporetto “Ferrovia”. A breve distanza dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia, l’hotel offre una base perfetta da cui partire per esplorare le attrazioni della città.

LINEA D’OMBRA

Dorsoduro, 19 - 30123 Venezia Tel. +39 041 241 1881

www.ristorantelineadombra.com

La loro cucina è fatta di incontri: piatti della tradizione che nella loro semplicità abbracciano nuove tecniche, mescolandosi in curiosi abbinamenti. Dal mercato di Rialto, dove ancora si può respirare l’aria dei mercanti di spezie di Venezia, arrivano il pesce della laguna e dei mari vicini e le verdure degli orti dell’isola di Sant’Erasmo.

MARIO BERTA BATTILORO

Cannaregio, 5182 - 30121 Venezia Tel. +39 041 5222802 www.berta-battiloro.com

Nello storico laboratorio artigianale, oro, argento ed altri metalli preziosi, vengono trasformati in sottilissime foglie, adatte ad applicazioni in molteplici settori. Punti cardine dell’azienda sono la produzione artigianale, che consente di soddisfare le richieste più esigenti, e la lavorazione manuale, che permette di ottenere una qualità superiore del prodotto finito grazie alle minori alterazioni cui viene sottoposta la materia prima.

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