Aprile 2023 sala&cucina n. 68 aprile 2023Poste Italiane SpaCN/BOEdizioni Catering srl –Via Margotti, 8 –40033 Casalecchio di Reno (BO)contiene I.P.costo copia euro 3,50 Amodo Amodo, la rete dei ristoranti etici si presenta Impiantare sogni in Calabria L’acqua che non c’è Peppone amatissimo
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La redazione
Mario Benhur Tondini presidente Edizioni Catering srl
Imprenditore nel settore della distribuzione alimentare, gestisce con il fratello Oscar l’azienda di famiglia a Cavriana (MN), dove ha svolto anche l’incarico di sindaco.
Le competenze maturate sul piano professionale e su quello amministrativo lo hanno portato alla convinzione che il principio della condivisione sia la miglior modalità di crescita. Molte sue iniziative, anche all’interno del gruppo Cateringross (che detiene la titolarità della casa editrice), di cui è consigliere d’amministrazione, vanno in questa direzione. A questo affianca una forte sensibilità per ogni azione che dia valore al suo territorio.
benhurtondini@salaecucina.it
Marina Caccialanza Redazione
Milanese, un passato come traduttrice, da diversi anni giornalista e redattrice per riviste del settore alimentare rivolte al mondo dell’artigianato e all’industria, in particolare nel campo della ristorazione, del dettaglio specializzato e della ricerca. Contribuisce alla realizzazione di importanti libri di comunicazione gastronomica in Italia e all’estero diretti ai professionisti e ai consumatori. Collabora con le redazioni di sala&cucina, Ecod e Trenta Editore.
marina.caccialanza@gmail.com
Giulia Zampieri
Redazione
Ricorda con esattezza il profumo del primo pane preparato all’età di sette anni.
Forse il suo primo traguardo e, soprattutto, l’inizio di una grande passione: per le cose semplici, per la genuinità, per gli alimenti che crescono e prendono forma. Dopo la Laurea in Scienze Gastronomiche, la specializzazione in comunicazione enogastronomica, e un periodo di alternanza nelle cucine, ha chiara la missione: scrivere per comunicare. Come? Utilizzando gli strumenti di oggi e la curiosità di sempre. Gionalista pubblicista, collabora anche con la guida di Identità Golose.
giuliazampieri@salaecucina.it
Luigi Franchi Direttore responsabile
Prima fotografo di cibo e territori, poi comunicatore, autore di numerosi libri di enogastronomia e di turismo enogastronomico. e infine giornalista di enogastronomia. Tra le sue principali pubblicazioni, scritte e/o coordinate: La prima edizione della Guida al turismo del vino in Italia, per conto del Movimento Turismo del Vino, (1997), I parchi e il turismo enogastronomico (2004), Il marketing delle Strade del Vino edizioni Agra – Rai Eri (2005), Atlante Alimentare Piacentino, con Valentina Bernardelli (2007), “cuo chi, due anime in cucina”, con Alessandra Locatelli, GL.Editore (2009), Dalle Terre Traverse al Po, GL.Editore (2010), ideatore e coautore dei Maestri del lievito madre, Edizioni Catering (2014), coautore della guida online dedicata alla ristorazione Meglio Prenotare, Edizioni Catering, Le interviste (2018) editore Mediavalue. Co-direttore di Food & Book, festival nazionale di editoria enogastronomica luigifranchi@salaecucina.it
Simona Vitali Redazione
Laureata in filosofia, ha lavorato nella comunicazione e organizzazione di grandi eventi a Parma. Ha ricevuto una prima inconsapevole educazione al gusto per il cibo grazie all’ indimenticato oste dell’Osteria di Felino (PR), il nonno materno Massimino. Con gli studi umanistici è poi arrivata una seconda, consapevole, educazione al gusto per l’utilizzo delle parole secondo il loro significato. Poi sono seguiti un corso di Alta Formazione alla scuola Holden e un master in Filosofia del cibo e del vino. Della ristorazione l’affascina il pensiero e la componente umana. Della formazione di settore segue movimenti ed evoluzioni.
s.vitali@salaecucina.it
Gabriele Adani Grafico
Modenese, appassionato di arte figurativa, fotografia e linguaggi di comunicazione visiva.
Nel 1992 inizia il suo percorso professionale presso una casa editrice. Lavora poi in uno studio grafico e fonda una piccola agenzia di comunicazione in cui ricopre il ruolo di direttore creativo per 18 anni. Viaggiatore, utilizza i frequenti viaggi a Londra e nel Sud Est asiatico per arricchire il suo bagaglio culturale e placare la sua innata curiosità per le altre culture.
Dal 2019 lavora in proprio, occupandosi di fotografia, grafica e consulenze nel campo della comunicazione.
grafica@salaecucina.it
3 | aprile 2023
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7 LA LETTERA APERTA
Amodo, la rete dei ristoranti etici si presenta | Luigi Franchi
9 L' EDITORIALE
Il cibo dagli insetti... la di erenza la facciamo noi | Benhur Tondini
10 IL CONFRONTO
21 marzo 2023: Amodo, la rete dei ristoranti etici si presenta | Luigi Franchi
15 LA NEUROVENDITA
La divisa perfetta in sala, tra cervello e colori | Lorenzo Dornetti
17 L’OLIO AL CENTRO
A scuola d’olio. L’utilità dei concorsi negli istituti alberghieri? | Luigi Caricato
19 L’OSPITALITÀ
Chi ben accoglie è a metà dell’opera | Martina Manescalchi
21 LA DIGITAL TRANSFORMATION
Come mantenere il tocco umano quando si implementa la tecnologia | Claudia Ferrero
22 SCIENZA E NUTRIZIONE
Quattro amici al tavolo | Ferdinando A. Giannone
24 LA RIFLESSIONE
L’acqua che non c’è | Giulia Zampieri
27 L'ANALISI
Il ruolo dell’Italia nel nuovo turismo | Luigi Franchi
30 LA FORMAZIONE
Altre buone pratiche di orientamento scolastico | Simona Vitali
33 IL TERRITORIO E LA RISTORAZIONE
Impiantare sogni in Calabria | Simona Vitali
36 IL VINO
Un pensiero da applicare | Giulia Zampieri
40 LA RISTORAZIONE
Ai 2 Santi, da Mida Muzzolon | Luigi Franchi
42 LA SALA
L’Osteria della Corte a La Spezia | Luigi Franchi
44 LA PIZZERIA
Pizza Express, e la serata è servita! | Marina Caccialanza
48 LE PERSONE
Peppone amatissimo | Antionella Petitti
52 AMODO
Radici che hanno voglia di crescere | Giulia Zampieri
57 LA RISTORAZIONE
Fammi un articolo su come risolvere i problemi del personale nella ristorazione | Intelligenza Artificiale
59 LE INTERVISTE
Enrico Mazzaroni | Luigi Franchi
62 LE INTERVISTE
Fausto Arrighi | Luigi Franchi
65 LA STORIA DELLA GASTRONOMIA
Dieta Mediterranea, moderna e sostenibile | Antonella Petitti
68 L'ARTE E LA CUCINA
Andar per mostre, luoghi d’arte e per cucine | Bruno Damini
71 GLI EVENTI
Emergente Chef | Simona Vitali
72 GLI EVENTI
Erredi Distribuzione a Levante Prof | Guido Parri
73 LIBRI
Il mondo della pizza - Oleoturismo, opportunità per imprese e territori | Luigi Franchi
74 LA PRODUZIONE
La farina più innovativa è MIA | Marina Caccialanza
77 LA PRODUZIONE
Gli specialisti della Panna | Marina Caccialanza
80 LE AZIENDE
Il futuro è già qui | Marina Caccialanza
N° 68 aprile 2023
EDITORE
Edizioni Catering srl Via Margotti, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051 751087 – Fax 051 751011 info@salaecucina.it - www.salaecucina.it
PRESIDENTE
Benhur Mario Tondini benhurtondini@salaecucina.it
DIRETTORE RESPONSABILE
Luigi Franchi luigifranchi@salaecucina.it
COLLABORATORI ESTERNI
Luigi Caricato, Bruno Damini, Lorenzo Dornetti, Claudia Ferrero, Ferdinando Giannone, Martina Manescalchi, Elena Monteverdi, Guido Parri,Antonella Petitti
FOTOGRAFIE
Deposit Photo, Archivio sala&cucina, Chiara Grossi, Carlo Cavaliere, Sigla.com * L’editore è a disposizione per eventuali crediti fotografici di cui si ignora la fonte
RIVISTA PARTNER di AMODO
PUBBLICITÀ Tel. 331 6872138 marketing@salaecucina.it www.salaecucina.it
PROGETTO GRAFICO
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Aprile 2023 sala&cucina 68 aprile 2023 Poste Italiane Spa CN/BO Edizioni Catering Via Margotti, 40033 Casalecchio Reno (BO) contiene I.P. costo copia euro 3,50
Amodo Amodo, la rete dei ristoranti etici si presenta
Impiantare sogni in Calabria
L’acqua che non c’è Peppone amatissimo Enrico Mazzaroni
LA RETE DEI RISTORANTI ETICI
5 | aprile 2023
Sommario
LA RETE DEI RISTORANTI ETICI
2023
LA RETE DEI
È un progetto
RISTORANTI ETICI
che vuole dare valore ai ristoranti che abbiano l’etica del lavoro.
Per saperne di più amodo.salaecucina.it dove si può inviare la scheda di adesione
Luigi Franchi direttore responsabile
Qual è il limite principale della ristorazione italiana? Spesso quello di ragionare come una piccola impresa, quindi sull’urgenza e la quotidianità. Con tutti i problemi che questo comporta: non avere una visione di lungo periodo, tenere i conti in un ordine occasionale, non conoscere come si evolve rapidamente il mercato e le richieste di una clientela sempre più preparata e, di conseguenza, esigente.
È pur vero che in Italia la ristorazione è una piccola impresa ma anche se piccola è tra le imprese più globali che esistano: una clientela internazionale che si rivolge non solo ai ristoranti fine dining, anzi; la riscoperta di osterie e trattorie è all’ordine del giorno, luoghi dove si respira la vera italianità, dove andarci a mangiare significa capire davvero come si è consolidata l’ospitalità e l’accoglienza nel nostro Paese. Del resto lo straniero che viene in Italia quando torna al paese d’origine e vuole mangiare italiano oggi trova un livello di ristorazione che tiene conto principalmente dell’esperienza che il suo cliente ha vissuto in Italia e vuole fargli trovare, preparata alla perfezione, quella cucina fatta di cose semplici ma di una bontà sopraffina.
Quindi è oltremodo necessario che le visioni e le esperienze di gestione positive della ristorazione in Italia siano raccontate, dai diretti protagonisti, da noi che ci occupiamo di comunicazione ma anche grazie alle reti. Anche per questo abbiamo dato vita ad Amodo, la rete dei ristoranti etici! Per rendere più visibili le storie positive, belle, interessanti sul piano imprenditoriale dei ristoranti che vi aderiscono. La convention, di cui parliamo diffusamente in altra parte della rivista, è stata un concentrato di belle storie che, tra loro, possono dare un’immagine concreta di cosa significa, oggi, fare il ristoratore tenendo presenti tutte le componenti di questo lavoro: la qualità delle materie prime, la competenza professionale, la condivisione dei risultati con tutta la squadra, i problemi legati al no-show, la cura del proprio locale, un comportamento ‘a modo’, etico, responsabile, onesto. Da soli non si va da nessuna parte e neppure la mediaticità sull’effimero porterà un risultato di lunga durata al settore.
Amodo intende creare le condizioni dove il confronto,
Amodo, la rete dei ristoranti etici si presenta
anche semplicemente andando l’uno a casa dell’altro ristoratore, contribuisce ad affermare il valore di questa professione. Un valore che è riconosciuto dalla società, non è un caso che il ristorante sia stato il primo luogo da raggiungere alla fine del lockdown, ma che deve emergere ancora di più. Occorre una nuova consapevolezza di cosa significa fare il ristoratore, l’oste; nei vostri locali le persone cercano una tregua dalla quotidianità fatta di problemi, attriti, corse contro il tempo molte volte inutili ma quasi obbligatorie. E, durante questa tregua, vogliono mangiare e bere bene, vogliono essere al centro dei pensieri di chi li ospita, anche se non lo danno a vedere.
Un lavoro duro quello del ristoratore che solo se condiviso è più sopportabile. Ecco, Amodo dovrà servire anche a questo e ci impegneremo per farlo, tutti insieme!
luigifranchi@salaecucina.it
La lettera aperta
Clicca e leggi l’articolo sul web 7 | aprile 2023
Scopri
come aderire ad Amodo, la rete dei ristoranti etici
Benhur Tondini presidente sala&cucina
Dopo che Samantha Cristoforetti ha mangiato una barretta di grillo-mirtillo si è aperto un confronto molto acceso sul futuro del cibo legato al mondo degli insetti. Ad alimentare questo dibattito è intervenuta anche una ricerca Nomisma commissionata dalla Cia-Confederazione Italiana Agricoltori che vi riassumo.
Al 2030 si stimano quasi 400 milioni di consumatori europei di questi prodotti mentre sul fronte del mercato si parla di una crescita di 180 volte a partire dal 2019 fino al 2025, passando da 500 tonnellate a 90 mila per arrivare a 260 mila nel 2030.
Per quale motivo si parla così tanto di quello che viene chiamato novel-food, ovvero cibo a base di insetti, e di carne sintetica? Tutto nasce dalla convinzione che l’agricoltura, oggi, è una delle pratiche più devastanti per il pianeta; un’agricoltura intensiva, effettuata nelle grandi distese americane e asiatiche, dove non ci sono state regole adeguate per impedire che il polmone verde del mondo – la foresta amazzonica – venisse preso di mira per disboscare e fare spazio ad allevamenti e a coltivazioni di soia e di palma, per esempio.
È pur vero che l’indice demografico è completamente sballato, considerando che due secoli fa c’era un miliardo di persone sulla terra e oggi siamo otto miliardi e diventeremo dieci entro i prossimi vent’anni. Persone che hanno bisogno di cibo, tutti i giorni, ma se il riequilibrio, prima ancora di pensare agli insetti e alla carne sintetica, passasse dal ridurre l’obesità che riguarda quasi un miliardo di persone o dal contenere l’enorme spreco alimentare (più di un terzo del cibo prodotto viene buttato via), probabilmente non ci sarebbe bisogno di volgere lo sguardo e il gusto verso gli insetti. Anche perché questi esseri minuscoli hanno una funzione ben diversa per le loro esistenze sul pianeta.
Un dibattito, questo, che non si può certo contenere nelle poche righe di un’editoriale ma che, questa è la nostra posizione, debba essere affrontato nel modo più ampio possibile; crediamo nell’intelligenza dell’uomo, ovviamente, ma il dubbio ci viene quando, ognuno di
Il cibo dagli insetti... la differenza la facciamo noi
Clicca e leggi l’articolo sul web
noi, non fa più la sua parte per vivere bene su questo pianeta sempre più delicato. Quando compriamo senza riflettere, riempiamo il frigorifero delle nostre case per poi gettare via appena leggiamo che la data del “consumare preferibilmente entro…” si avvicina e quello che gettiamo potrebbe invece essere consumato anche giorni dopo quella scadenza senza che faccia danno al nostro organismo.
Sono piccoli gesti, certo, ma se moltiplicati per milioni e miliardi di persone diventano azioni che contribuiscono a dare soluzioni.
Così come occorre sapere come le farine di insetti, che pare siano molto proteiche possono, come qualsiasi altro alimento, dare delle allergie e le persone devono esserne consapevoli prima di buttarsi a peso morto sugli acquisti.
È sempre un problema di comunicazione, ed è necessario che la comunicazione assuma altre vesti, non solo quella del gossip come sta avvenendo in questi giorni attorno a un tema – il cibo dagli insetti - che non sarà la panacea per risolvere problemi molto complessi.
benhurtondini@salaecucina.it
L’editoriale
9 | aprile 2023
Il confronto 21 marzo 2023: Amodo, la rete dei ristoranti etici si presenta
Si è tenuta la prima convention di Amodo: entusiasmo, voglia di stare insieme, azioni concrete sono le parole d’ordine
www.amodo.salaecucina.it
Autore: Luigi Franchi
Luigi Franchi con Ivan Gepri
web 10 | aprile 2023
Clicca e leggi l’articolo sul
Mentre scrivo mi arriva la 107esima candidatura ad Amodo, la rete dei ristoranti etici ideata dalla nostra rivista. È l’effetto della prima convention della rete, quella che abbiamo tenuto il 21 marzo, data scelta non a caso perché è il primo giorno di primavera e la giornata mondiale della poesia; due aspetti che con Amodo hanno molto in comune, la ripartenza e la pace che si respira nei locali appartenenti alla rete.
Una convention molto partecipata e che abbiamo volutamente organizzato in un luogo perfetto per i contenuti stessi della rete di Amodo: l’azienda agricola Nevio Scala, il ben noto allenatore di calcio che, con i suoi figli Claudio e Sacha e la nuora Elisa, ha dato vita a una cantina bellissima, costruita con i legni della tempesta di Vaia, dove l’accoglienza non è solo una parola ma una realtà.
La convention di Amodo, la rete dei ristoranti etici Accompagnati dalle introduzioni di Luigi Franchi, Simona Vitali e Giulia Zampieri, alcuni protagonisti della rete hanno condiviso i motivi per cui hanno scelto di aderire e si sono raccontati nelle loro visioni di una ristorazione etica.
Amodo, la rete dei ristoranti etici è stata ideata nel marzo del 2022, un progetto nato al termine di un periodo molto complicato per la ristorazione e molto faticoso per i ristoratori.
Ed è nato proprio per dare voce e valore a quei ristoratori che nel proprio locale applicano l’etica, hanno l’etica nel cuore e hanno l’etica nelle azioni.
Perché il termine Amodo? Il termine Amodo per un motivo... perché è un modello di comportamento che sta veramente alla base delle azioni e della filosofia di questa rete.
Il decalogo è l’essenza di Amodo, sono 10 principi che vengono rispettati dai ristoratori aderenti alla rete. I primi punti di questo decalogo sono attraversati da una parola, rispetto; rispetto in primis per i dipendenti, per le persone che lavorano all’interno del ristorante, rispetto dei pagamenti ai fornitori e poi ancora rispetto della stagionalità e delle primizie di stagione, favorite rispetto ad altri prodotti all’interno dei ristoranti aderenti.
Un altro elemento molto rilevante all’interno del decalogo è la cura; la cura degli ambienti, l’insonorizzazione del proprio locale per esempio, e ancora, favorire l’aggregazione tra il personale del ristorante, promuovere i giovani... promuovere la sensibilità dei giovani... e ancora, l’attenzione a tutte le pratiche sostenibili ma senza ricorrere al greenwashing ovviamente. Non meno importante la digitalizzazione, quindi la propensione a digitalizzare; ad esempio attraverso il menu o il sito web.
Perché una Rete quando ci sono già decine di associazioni di ristoratori? Intanto perché è una rete e non è un’associazione, in questa rete non ci sono classifiche, non ci sono premi e non ci saranno mai premi e questa Rete ha un obiettivo fondamentale che è quello del confronto; quello del confronto proprio tra i ristoratori, per crescere, per fare delle cose insieme. Fare delle cose insieme oggi in questa società, per certi aspetti, così modesta è fondamentale e fare delle cose assieme significa imparare... imparare dai colleghi, imparare dagli altri. In questi ristoranti è ovvio che si mangia bene e si beve bene, questo
11 | aprile 2023
lo diamo per scontato, però l’obiettivo è uno fondamentale, quello di favorire e far crescere come tendenza, la cultura e l’etica del lavoro. Aspetti che diventeranno fondamentali perché in un ristorante si andrà sempre più spesso, si mangerà sempre fuori e sempre più spesso si mangerà fuori; e mangiare fuori significa anche prestare molta attenzione alla salute e al benessere, e quindi l’etica vuol dire anche questo; vuol dire usare materie prime di assoluta qualità, usare un modo... un modo di comportarsi, di atteggiarsi verso l’ospite che deve avere alla base una parola fondamentale: la sincerità. Il nostro obiettivo non è numerico, non è crescere a dismisura, ma è qualitativo e anche di accogliere in modo trasversale i ristoratori italiani.
“Dovremmo essere tutti di genio pronto, vivaci, cortesi nel tratto, candidi nelle maniere, amici delle virtù, nemici dei vizi, cercando di dare la salute ai nostri ospiti, dando buoni cibi secondo le stagioni. Essere affabili con tutti i nostri collaboratori, riflettendo che l’asprezza nel comandare partorisce odio e fabbrica ruina. Per la gloria della nostra condotta e il decoro del nostro Paese”
Antonio Latini, Scalco alla Moderna, 1692
Con questa definizione di un grande uomo di cucina vissuto nel XVII secolo non servirebbero altre presentazioni di questa raccolta di buoni ristoranti, ma corre l’obbligo di spiegare i valori che stanno alla base di questo progetto. Sono valori che si riassumono in parole come dignità, rispetto, sostenibilità, produzioni locali, cura, squadra.
Le testimonianze raccolte alla Convention
Nevio Scala, patron dell’azienda agricola Nevio Scala: “Non mi aspettavo una presenza così numerosa e questo mi fa molto piacere. Faccio parte anch’io, con l’osteria della cantina, ad Amodo e lo considero un privilegio perché Amodo vuol dire essere una persona responsabile, una persona che vuole fare le cose dal profondo dell’anima. Siete qui da ogni parte d’Italia perché condividiamo un concetto: la semplicità rappresenta le ali per una grande impresa!”
Benhur Tondini, presidente di sala&cucina: “Vogliamo mandare un messaggio importante al mondo della ristorazione: il rispetto come regola. Rispetto delle persone, rispetto delle materie prime, rispetto e cura del proprio locale. Siamo in un Paese dove la ristorazione ha un ruolo importante che va valorizzato, evidenziandone le caratteristiche migliori e questo è ciò che farà la rete che nasce oggi”.
Peppino Tinari, patron di Villa Maiella a Guardiagrele (CH): “Sono felice di ritrovarmi qui perché questa è una bella rete. Ho sempre pensato di fare rete nel mio lavoro, a casa la faccio con i produttori del territorio, qui diventerà un vero e proprio movimento che cambierà ancor più in meglio la visione della ristorazione. La mia fortuna sono i miei figli, Pascal e Arcangelo, che hanno lo stesso linguaggio, si capiscono nei rispettivi ruoli e hanno davanti un futuro importante. Per questo stanno facendo entrambi corsi di management per diventare an-
12 | aprile 2023
Il pranzo all'osteria della cantina Nevio Scala
che imprenditori, oltre che cuoco e maître”.
Ivan Gepri, patron della Locanda del Culatello a Soragna (PR): “Io e Francesca abbiamo immaginato tutto quello che potevamo fare di meglio, dopo un periodo molto difficile dove avevamo liquidato il terzo socio, in piena fase Covid. Siamo ripartiti da zero, anche in banca perché i nostri guadagni erano andati nella liquidazione. Quello che abbiamo deciso era applicare la sincerità nell’accogliere, l’insonorizzazione del locale, la cura nelle relazioni con il personale, la qualità estrema nei piatti e nelle bevande. Questo è stato capito dal cliente che si sente a casa propria e, per noi, è il risultato più bello insieme ad avere persone che lavorano con noi con autentica passione e coinvolgimento. Vogliamo emozionarli in quello che fanno”.
Enrico Cerioni, patron Alla Lanterna di Fano (PU): “Quando ho letto di Amodo ho capito subito che era un’idea fantastica, quello che papà sognava da molto tempo. Mi sono candidato e quando ho visto che non costava nulla aderire ho pensato che non si sarebbe andati molto lontano. Invece questa sala strapiena mi dimostra il contrario. L’etica del lavoro deve passare soprattutto da noi verso le scuole alberghiere, dobbiamo farci aprire le porte delle scuole e raccontare il bello di questa professione, cosa significa dare del buono alle persone. Un’altra cosa: dobbiamo tornare ad essere quelli che raccontano e danno forza ai nostri prodotti, alla biodiversità del territorio italiano”.
Filippo Saporito, patron della Leggenda dei Frati a Firenze: “La mia storia è molto particolare, ho incontrato mia moglie alla scuola alberghiera e, da allora 33 anni fa, abbiamo sempre condiviso tutto. Dalle esperienze all’estero fino alla meraviglia del nostro locale attuale. Mio padre mi diceva sempre fai a modo e quindi essere qui è, per me, naturale. L’etica è fondamentale in questa professione, abbiamo una grande responsabilità verso chi sceglie i nostri locali, siano essi clienti che coloro che lavorano con noi: dare loro un buon motivo per credere in ciò che facciamo”.
Paolo Aprile, presidente della rete Progetto Made in Italy: “Voglio diffondere Amodo presso la nostra rete di scuole alberghiere. È necessario che i ragazzi e le ragazze che frequentano i nostri istituti conoscano realtà come quelle aderenti ad Amodo perché sono quelle che maggiormente sapranno parlare a loro, sapranno trasferire con l’esempio la passione e la professionalità che questa bellissima professione richiede”.
Antonello Magistà, patron di Pasha a Conversano (BA): “Dobbiamo tener presente che le persone che lavorano con noi cercano anche di avere più esperienze. È naturale e non va visto come uno sgarbo, anzi. Questo deve diventare anche uno stimolo per noi, farli appassionare a questi lavori, sia in sala che in cucina, dare loro gli strumenti per crescere, star bene, avere una percezione di crescita all’interno del ristorante. Molte volte questa professione viene affrontata senza le chiavi di lettura necessarie; ad esempio io dico sempre che le famiglie di questi ragazzi che scelgono l’alberghiero devono essere dalla loro parte, portarli a mangiare nei ristoranti per far capire loro, dal vivo, cosa significa questa professione”.
Lorenzo Catucci e Niccolò Palumbo, proprietari di Paca a Prato (FI): “La nostra grande forza è quella della squadra, tutti under 35, che sono con noi dall’inizio di questa avventura; questo è il nostro segreto non segreto. Per tenere unita questa squadra è dare un ruolo a ciascuno, renderli partecipi del successo, essere trasparenti nella gestione. Abbiamo deciso, avendo fatto esperienze in una ristorazione che comprime, di rendere vivibile al meglio il nostro ambiente di lavoro eliminando tutto quello che, molte volte, ti fa scappare da questa professione”.
Roberto Casamenti, patron de La Campanara a Pianetto di Galeata (FC): “Abbiamo conosciuto questo mondo andando in giro per ristoranti e produttori e a questo punto capisci che non si può non fare questo lavoro, il più bello del mondo. Volevamo valorizzare il nostro territorio, le due culture che si incontrano sull’Appenino to-
Simona Vitali con Antonello Magistà
sco-romagnolo. Siamo riusciti a dare voce e lavoro a piccolissimi produttori. Da noi si diceva che c’era una maga, ora dicono che c’era una maga e, ora, anche l’osteria e questo è il segno tangibile che ci siamo riusciti. Il nostro sistema di ospitalità si basa su una sola azione: far vivere sempre una magia agli ospiti e questo riesce solo se sei sincero in tutto”.
Michele Biagiola, patron di Signore te ne ringrazi a Macerata: “Abbiamo scelto questo nome per dare valore alla natura, a ciò che ci offre ogni giorno e va ringraziata. La mia cucina è un susseguirsi di sensazioni che ci dona la natura, il territorio che ci circonda e anche questo significa essere etici nella ristorazione. Ringraziare è una parola forse in disuso, invece noi la consideriamo una parola che avrà un futuro, come Amodo”.
Nadia Pasquali, patron Alla Borsa a Valeggio sul Mincio (VR): “La ristorazione etica, per noi, è un modo di vivere l’azienda, di costruire il nostro domani dopo un periodo difficilissimo. La squadra che ho con me non mi ha lasciato, dopo il periodo pandemico, e abbiamo capito che il tempo è un valore che avevamo trascurato. Chi si siede sta con noi, per noi, perché siamo affezionati alle persone, stiamo bene con loro. Amiamo di più quello che siamo e facciamo. Sempre di più”.
Luca Marchini, patron de L’Erba del Re a Modena: “Il tempo, di cui ha parlato Nadia Pasquali, è un termine che è diventato essenziale in questo lavoro. E, per me, il tempo è riflettere su cosa deve essere migliorato, sempre. Interrogarsi è obbligatorio per essere un buon imprenditore e, quando si hanno cinque attività come il sottoscritto, il team è fondamentale e ho sempre pensato che ogni ruolo è importante e va valorizzato, facendo in modo che le persone possano dimostrare quanto valgono”.
Michele Manelli, patron della cantina Salcheto e del ristorante Indigeno a Montepulciano (SI): “Soste-
nibilità è una visione che parte da lontano e che deve mettere l’uomo al centro nella salvaguardia del pianeta. È infatti necessario, oggi più che mai, porsi la domanda su quello che facciamo, su quali conseguenze future avrà. Tutto questo ci porta a un approccio che deve essere guidato da obiettivi tangibili e quantificabili. E l’impresa, anche quella della ristorazione, assume un ruolo cardine di questa attenzione alla sostenibilità. Non sono i grandi trasporti ma il piccolo bene di consumo che fa la differenza e, quindi, ognuno di noi ha una grande responsabilità”.
Marco Cicchelli, socio di Locanda Perbellini al lago a Garda (VR): “Abbiamo voluto creare un ambiente positivo, luminoso, dove si è accolti con professionalità ma soprattutto con un atteggiamento di amicizia. Ci si deve fidare di noi, questa è la scommessa più importante che dobbiamo vincere: nei momenti di instabilità, come quelli che ancora stiamo vivendo come società, la fiducia è la migliore delle cure! L’ospite, da noi, deve trovare semplicità, nei piatti, nelle persone, una semplicità vera, non fittizia”.
Conclusione della Convention
Le parole finali sono di Luigi Franchi, direttore di sala&cucina, riassumono questa ricchissima giornata: “Oggi ha vinto la positività 100 a zero. Sono usciti spunti, idee e obiettivi di lavoro che da oggi andranno comunicati e realizzati. Tra le prime cose che faremo come rete sono: un convegno sui temi della sala a Pietrasanta (LU), un altro convegno professionalizzante sulla soluzione del problema del personale che si terrà a Milano, le relazioni che diventeranno un protocollo d’intesa con la rete del Progetto Made in Italy per costruire il futuro che serve alla ristorazione. Un grazie, infine, alle aziende partner: Oleificio Zucchi, Randstad, Spirito Contadino, Olio Salvo e Consorzio Parmigiano-Reggiano”.
Giulia Zampieri con Luca Marchini
14 | aprile 2023
Scopri il decalogo di Amodo, la rete dei ristoranti etici
La neurovendita
Lorenzo Dornetti
ceo Neurovendita
Una domanda banale: il personale in sala deve avere una divisa? La risposta della Neurovendita è assolutamente chiara ed inequivocabile: Sì! La divisa rende riconoscibile e consente di comunicare l’identità del locale. Non è una questione di posizionamento. Ogni locale deve avere un personale di sala che nell’habitus rappresenta perfettamente il messaggio che vuole mandare ai suoi clienti. L’immagine di chi serve ai tavoli costruisce l’esperienza al pari della location e della qualità di cibi e bevande. Rende il locale memorizzabile e quindi riconoscibile. Molte ricerche si spingono oltre. Esiste una divisa perfetta per la sala. Il ricercatore Dooley ha studiato come la divisa influenzi il comportamento del consumatore. Riassumo con sintesi le sue numerose esplorazioni, che ci conferma, se mai ce ne fosse bisogno, come nel mondo Ho.Re.Ca, ogni dettaglio faccia la differenza. La divisa deve riportare il nome di battesimo di chi la indossa. Riportare il nome rende l’esperienza più relazionale. I clienti possono chiamare per nome il personale. Si rende la comunicazione più diretta, informale e quindi più alto-spendente. La divisa deve essere in ordine e pulita. Per proiezione, una divisa pulita, trasferisce l’idea di una cucina pulita. Il cliente generalizza la sua percezione su quello che vede. Il colore della divisa ha un impatto sulla percezione del cliente. Numerose ricerche hanno messo in luce infatti come i colori siano in grado di suscitare reazioni emotive universali. Il rosso produce un effetto emotivo stimolante ed eccitante, rappresenta il lato positivo della potenza e della passione. L’arancione è il colore ideale per rappresentare il nuovo che arriva, la felicità, la voglia di sperimentare. Fra tutte le sensazioni derivate dai colori, quella che si ricava dal blu consiste in una profonda pacificazione, un sentimento di sicurezza. Il verde, specie quando é scuro come il colore degli abeti, ha valore di stabilità, forza, persistenza. Il giallo è simile al sole lucente e corrisponde ad una sensazione di sviluppo libero, ricerca del nuovo e libertà. Il viola deriva dalla mescolanza del rosso con il blu che
La divisa perfetta in sala, tra cervello e colori
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fondendosi raggiungono armonia, è un colore mistico che attiva gli aspetti trascendentali, l’immaginazione e la creatività. Il nero è il colore più scuro, è il tratto della maestà e solennità. Se i colori sono associati a delle specifiche sensazioni, non bisogna dimenticare che i loro significati sono fortemente ancorati al sesso, al gruppo etnico di appartenenza e all’età dell’individuo. È interessante notare come cambia il significato attribuito al rosso al variare dell’età: i giovani lo attribuiscono alla sensualità, gli “over 70” al pericolo. La scelta dei colori della divisa si lega quindi ad una chiarezza strategica sul target di clientela e sulla tipologia di experience che si vuole regalare al cliente. La scelta della divisa è davvero una banalità?
15 | aprile 2023
L’Italia nel piatto.
IL ROSSO TRICOLORE.
Forma inconfondibile, colore vivo, gusto dolcissimo. Solo I Datterini di Cirio Alta Cucina sono perfetti per esaltare ogni piatto a base di pesce, perché mantengono inalterato il proprio aspetto e rendono impareggiabile il sapore delle tue creazioni. Un tocco di stile, una firma di gusto senza tempo.
cirioaltacucina.it
Ricetta di Fabio Potenzano
Luigi Caricato oleologo
La formazione è fondamentale, ma imporla non ha senso. Deve essere avvertita semmai come un’esigenza personale proprio da chi sente di dover colmare le proprie lacune o ha desiderio di apprendere e sperimentare qualcosa di nuovo o che ancora non padroneggia a sufficienza. Diversamente, la formazione diventa solo pura formalità e servirebbe a ben poco un simile impegno senza lo stimolo della curiosità. Per questo è necessario che a occuparsi di formazione siano sempre figure capaci, sempre aggiornate e soprattutto motivate. Nel caso degli oli da olive, e in generale dei condimenti, sappiamo bene come esista una generale impreparazione, inesperienza e incompetenza. Non me ne vogliano coloro che ritengono di saper tutto, ma sta di fatto che in merito agli oli extra vergini di oliva il grado di erudizione sia piuttosto carente o incompleto, o addirittura assente. Soprattutto nelle scuole alberghiere, dove gli stessi docenti presentano vistosi limiti. In parte tutto ciò è dovuto alla mancanza di informazioni nei libri di testo, in parte alle limitate risorse da parte delle scuole nel disporre di diverse tipologie di extra vergini con le quali esercitarsi in cucina, e, in particolare, di oli che non siano solo quelli da primo prezzo; e poi perché la formazione non può avere solo un’impronta scolastica e assiomatica: ci vuole l’esperienza diretta degli artefici delle diverse materie prime alimentari. Negli anni ho avuto modo di far parte di diverse giurie di concorsi rivolti agli allievi degli istituti alberghieri, tra cui, recentissimo, il Premio Olio Garda Dop, che si è svolto in marzo presso il cooking lab di Pentole Agnelli, organizzato dall’omonimo consorzio di tutela in collaborazione con la Federazione italiana cuochi. In questo caso specifico ogni scuola era rappresentata da una squadra costituita da due allievi di cucina che preparavano il piatto e da altri due che servivano la giuria spiegandone la preparazione e l’abbinamento. Si è trattato di preparare, a scelta, tra un antipasto, un primo o un secondo, utilizzando l’olio Dop Garda in via esclusiva, in cottura e a crudo. Non è stata la prima volta. Infatti questa terza edizione del concorso conferma l’utilità di tali gare, perché spingono allievi e docenti a confrontarsi intorno a una materia prima impiegata sì largamente, ma più per abitudine che per consapevolezza. Ecco allora
l’occasione per prendere confidenza con gli extra vergini e studiarli, sperimentarli e provarli in tutte le possibili combinazioni, anche le più insolite. Partire dalle scuole alberghiere è fondamentale, anche se non è facile, ma resta una strada obbligata. Da questa esperienza ho tratto la giusta motivazione per continuare a insistere sulla formazione e portare il miglior olio nelle scuole, magari invitando le stesse aziende a donarlo, visto che le risorse a disposizione degli istituti sono scarse; e nel contempo sollecitare i professionisti oleari a confrontarsi con docenti e studenti. Intanto, ciò che ho verificato in prima persona è che in cucina i risultati ci sono, gli allievi sono bravi, la vera emergenza semmai è in sala: non c’è ancora la capacità di presentare l’olio, lo si utilizza e basta, ma non si è in grado di interagire con il prodotto e di raccontarlo con spigliatezza. E allora, sì, creiamo questi nuovi e inediti spazi di informazione sull’olio, come pure sull’aceto e sugli altri condimenti. Portiamo l’olio nelle scuole, anche sul piano concettuale. I concorsi negli istituti alberghieri sono utili e necessari: spingono da un lato a studiare e ad approfondire gli ingredienti, dall’altro a prestare la giusta attenzione alle combinazioni alimentari. Nessuno pensi di sapere tutto di tutto.
L’olio
17 | aprile 2023
A scuola d’olio. L’utilità dei concorsi negli istituti alberghieri
al centro Clicca e leggi l’articolo sul web
Bag in Box 20L
IL MONDO DELLA FRITTURA
CAMBIA PER SEMPRE
Con Frienn friggi più a lungo e ottieni sempre risultati perfetti. Massima stabilità alle alte temperature, riduzione di schiuma e cattivi odori: Frienn permette di ottenere fritti croccanti, asciutti e dal colore chiaro, rispondendo al meglio a tutte le esigenze della ristorazione di alta qualità. Nato da una formulazione specifica, non trasferisce né colore né sapore ai cibi. Da oggi anche nel pratico formato Bag in Box da 20L
olitalia.com
frittura italiana
Martina Manescalchi
Consulente e formatore
Teamwork Hospitality
Quello che per il cameriere è routine, per l’ospite può essere un’occasione unica e speciale, magari pianificata da tempo. Un appuntamento romantico, una riconciliazione, un festeggiamento, una ricorrenza da mettere nel cassetto dei ricordi. Chi accoglie e segue i clienti durante tutto il soggiorno al ristorante deve mettersi nei panni dell’ospite e mettere l’ospite nella condizione di godere pienamente di un vero e proprio spettacolo. Lo staff deve comunicare in tutti i modi che ogni attività è volta a rendere esclusiva quella determinata occasione, che ogni azione è indirizzata al benessere dell’ospite, che ogni ospite è diverso e unico e destinatario di attenzioni dedicate a lui, proprio a lui. Potrà sembrare scontato, ma quante volte capita di entrare al ristorante e non essere salutati o sentirsi chiedere, per prima cosa e con tono inquisitorio Avete prenotato? Capita altrettanto spesso di essere costretti a fare anticamera per svariati minuti aspettando di essere salutati, accolti e accompagnati al tavolo. In quei minuti, che per l’avventore sono lunghissimi, si semina insoddisfazione e il personale, nei confronti dell’ospite, si mette subito in una posizione di difetto. Una posizione dalla quale sarà poi difficile risollevarsi. Non partite con il piede sbagliato generando fastidio nel cliente prima ancora che si sieda a tavola. Un cliente maldisposto sarà un cliente prevenuto, diffidente, predisposto alla critica e difficile da accontentare. Al contrario, un cliente rilassato e messo immediatamente a proprio agio sarà più disponibile e incline ad accettare consigli e a lasciar correre eventuali errori della cucina o piccoli incidenti di sala che possono verificarsi successivamente. Il servizio è ancora lungo e siamo soltanto all’inizio! Ecco quindi alcune regole da rispettare per accogliere gli ospiti in maniera adeguata:
• Salutare sorridendo appena gli ospiti fanno il loro ingresso nel locale. Non deve mai accadere che siano gli ospiti a salutare il personale per primi
• Chiedere con cortesia a quale nome sia stata effettuata la prenotazione (e ricordarlo)
• Mostrare dove è possibile sistemare cappotti e soprabiti e aiutare gli ospiti
• Accompagnarli subito al tavolo, che al loro arrivo deve essere perfettamente preparato
• Portare subito i menù e consegnarne uno a persona
Chi ben accoglie è a metà dell’opera
• Nel momento in cui gli ospiti si siedono, chiedere subito quanta e quale tipo di acqua preferiscano: si eviterà un passaggio inutile e cominceremo prima il servizio
• Offrire un aperitivo di benvenuto (senza che poi sia messo in conto. Se la percezione è quella di un omaggio, meglio distribuirne il costo sul conto finale piuttosto che dare la sensazione di avere ingannato i clienti)
Può altresì succedere che, all’arrivo dei clienti, il loro tavolo non sia pronto, a causa di un sovraffollamento del locale o della mancanza di prenotazione. In questi casi è importante rassicurarli sul fatto che il loro tavolo sarà pronto il prima possibile e, nel frattempo, metterli a loro agio sistemando i soprabiti e intrattenerli offrendo l’aperitivo e degli stuzzichini da consumare in piedi. Se avete spazio all’ingresso, la soluzione migliore è quella di sistemarvi un divanetto o delle sedute adatte proprio per far accomodare gli ospiti durante l’attesa. Se i clienti arrivano in un momento di sovraccarico del lavoro e tutto il personale è impegnato nel servizio, salutate comunque subito e, anche se siete intenti a sparecchiare un tavolo, rivolgetevi a loro dicendo che sarete al più presto a loro disposizione.
L'ospitalità
19 | aprile 2023
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La digital trasformation
Claudia Ferrero Digital Strategist & Evangelist
L’ospitalità è da sempre riconosciuta come il business delle persone e delle relazioni. Hotel e ristoranti sono sempre stati caratterizzati da persone gentili con grandi sorrisi che ti aiutano e ti assicurano un’ottima esperienza. Questo significa che non c’è posto per l’automazione?
Dobbiamo innanzitutto ricordare che la tecnologia ha già rivendicato un posto nel settore. Molte aziende hanno implementato un’esperienza senza contanti e un approccio mobile-first riscontrando una risposta positiva.
Tuttavia, quando iniziamo a parlare di automazione, possiamo ancora vedere alcuni dubbi e alcuni professionisti del settore pensano che potrebbe andare troppo oltre e che potrebbe implicare la perdita del controllo dell’elemento umano o dell’interazione.
Automazione potrebbe sembrare una parola grossa, ma significa utilizzare la tecnologia per rendere indipendenti alcuni processi, con meno interazione manuale. Questo porta a risparmiare tempo e rende le cose meno complicate.
Implementare l’automazione in una struttura significa perdere il tocco personale?
La risposta è: dipende da come lo fai. Innanzitutto dovresti anche essere in grado di riconoscere quali compiti non sono negoziabili e quali invece puoi sostituire. Conoscere la differenza tra questi ti consentirà di implementare una strategia che aumenti i tuoi risultati senza perdere l’essenza della tua attività.
In altre parole, se implementi l’automazione nel modo giusto, potrai:
• Creare una migliore esperienza per gli ospiti
• Avere più coinvolgimento degli ospiti
• Aumentare la fidelizzazione degli ospiti oltre che la loro soddisfazione
• Ottenere maggiori e migliori recensioni
• Motivare il tuo staff
• Diventare più efficiente
• Liberare tempo per attività che non possono essere automatizzate Ecco alcuni esempi pratici per illustrare come puoi farlo.
Esempio 1: check-in senza contatto
Le persone si lamentano sempre di dover aspettare pri-
ma di entrare nella stanza. Questo è un chiaro segno che il check-in contactless è più che necessario (o almeno, per dare loro la possibilità di scegliere). Ciò significa utilizzare la tecnologia e l’automazione per inviare un modulo a ogni ospite prima dell’arrivo.
Esempio 2: risposte rapide alle domande frequenti
Gli ospiti chiederanno sempre anche quando spieghi come chiedere più servizi, prezzi e altro. Una situazione comune è che il tuo personale passi il proprio tempo a rispondere a quelle domande comuni invece di offrire agli ospiti risposte automatiche con le informazioni chiave. Libera il tuo personale e lavora più velocemente, offrendo un servizio migliore ai tuoi ospiti.
Esempio 3: Servizi
Una delle principali fonti di guadagno per hotel e ristoranti è il cross selling. Ma cosa succede quando i tuoi clienti devono chiamare la reception o il cameriere ogni volta che vogliono aggiungere un extra? Se il personale si sta occupando di altro, dovrà aspettare che si liberi e che venga a interagire con loro. Invece potrebbero richiedere gli extra tramite i canali di messaggistica, un QR code o un’app.
Nessuno di questi casi ha influenzato minimamente il tocco personale o l’opportunità di interagire con gli ospiti. In questi esempi invece i clienti sono stati curati in modo migliore, con meno fatica, in maniera più rapida e rendendoli più felici.
Come mantenere il tocco umano quando si implementa la tecnologia
21 | aprile 2023
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Scienza e nutrizione
Ferdinando A. Giannone Biologo e Nutrizionista
Co-founder ARNAFOOD LAB
Oggi inizia questa nuova avventura, sono grato per la possibilità che mi è concessa, e sarà un onore far conoscere il mio punto di vista ai professionisti della ristorazione, quello di un biologo che si interessa di scienza in cucina, di ricerca, sviluppo e cultura del cibo con gli occhi del nutrizionista.
La cucina e i cuochi tutti i giorni si interessano di scienza, chimica e fisica ma spesso non lo sanno o non ne percepiscono fino in fondo le potenzialità, così come tutto il mondo della ristorazione è quotidianamente coinvolto nel nutrire le persone ovvero nell’alimentare lo stato di salute dei clienti, dilettandosi involontariamente a offrire loro consigli nutrizionali.
Sempre di più le persone mangiano quotidianamente “fuori casa” anche due volte al giorno, e sempre di più i clienti sono attenti nelle scelte o necessitano di essere accolti con le loro necessità a tavola. Nei ristoranti o nelle pizzerie capita sempre più spesso di incontrare allo stesso tavolo quattro amici: un celiaco, un intollerante al lattosio, una diabetico e un vegano; sembra una barzelletta ma è una situazione sempre più spesso reale e che in molti casi mette in crisi e a disagio la sala, la cucina e spesso i clienti stessi, che si sentono poco accolti da menù o ristoratori non preparati.
Credo che la progettazione e il lavoro di squadra debbano essere condizioni da esportare sempre più dai professionisti della ristorazione e credo che proprio la ristorazione, un mondo multidisciplinare per vocazione, abbia l’obiettivo di prendersi cura delle persone che si siedono al tavolo. Penso, che in un futuro non troppo lontano, il mondo della ristorazione possa iniziare ad aprirsi ai professionisti della scienza e della nutrizione così da essere contagiato da questa voglia di lavorare in “team multidisciplinare” e spero che questo avvenga percependo scienza e nutrizione come delle risorse già negli istituti alberghieri, nei corsi di formazione, nei concorsi, nei congressi, nelle associazioni di categoria, nelle pizzerie, nelle trattorie e nei ristoranti stellati.
Progettare un menù inclusivo e comunicativo, che racconti e permetta ai quattro amici seduti allo stesso tavo-
Quattro amici al tavolo
lo di scegliere in libertà (senza che nessuno dei quattro amici debba chiedere: scusi io sono… potreste preparare qualcosa per me?), oggi è indispensabile ed è ancora più importante farlo con la consapevolezza che questa è una risorsa, sia per i clienti sia per i professionisti della ristorazione.
Pensare ad antipasti che possano accontentare i nostri quattro amici, ma anche tutti gli altri clienti, e fare allo stesso modo per i primi piatti, per i secondi e persino per il dolce vi assicuro che non è difficile… soprattutto traendo spunto dalla cucina mediterranea, alle sue mille contaminazioni, alle sue mille versioni della stessa ricetta, alla miriade di vegetali che nelle diverse stagioni ci vengono offerti e che sempre hanno accompagnato i piatti dei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Esistono già in tutti i ristoranti della nostra penisola dei piatti per i nostri quattro amici, basta solo osservarli da un altro punto di vista, conoscerne le potenzialità oltre l’enogastronomia, imparare le loro caratteristiche nutrizionali e iniziare a raccontarli. Esistono già piatti adatti ai nostri quattro amici: i calzagatti all’Emiliana o il macco di fave e cicorie Pugliese per i vegani; il riso alla pilota Mantovano e il migliaccio tradizionale Napoletano per i celiaci; la mesciua Spezzina e il vitello tonnato Piemontese per i diabetici; il frico di patate e montasio Friuliano e la pasta alla gricia Laziale per gli intolleranti al lattosio.
l’articolo
23 | aprile 2023
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sul web
La riflessione
Autrice: Giulia Zampieri
L’acqua che non c’è
Potremmo parlarvi di nuovi packaging di bottiglie, di erogatori speciali d’acqua, di piatti o prodotti da forno a base acqua che strizzano l’occhio a stili alimentari leggeri e salutari.
Invece ci preme trattare questo tema - la scarsità d’acqua - con il tono dell’urgenza e della responsabilità, consapevoli che riguardi davvero tutti.
Lo spreco in Italia
Nel 1992 le Nazioni Unite hanno indetto per il 22 Marzo di ogni anno la Giornata Mondiale dell’Acqua. C’è da domandarsi quanto di questa giornata sia diventata reale sensibilizzazione per ridurre lo spreco e gestire in modo più consono le risorse idriche. Se guardiamo l’Italia la risposta è piuttosto evidente: è servita a poco o nulla.
Siamo d’accordo sul fatto che un giorno su 365 abbia solo una valenza simbolica, ma a quanto pare neppure inopinabili evidenze ci spingono ad agire. Vedere il Po ai minimi storici già nei primi mesi dell’anno, i terreni crepati e secchi a metà marzo, o le autobotti che raggiungono alcuni comuni per garantire l’acqua potabile, e leggere che tre milioni di italiani rischiano il razionamento, dovrebbe bastare per generare azioni convinte e drastiche, sul fronte individuale e collettivo. Per non parlare della situazione dei ghiacciai. E invece no. L’Italia è fortunata, è tra i Paesi con più risorse idriche. Ma l’abbondanza spesso fa rima con incuranza.
24 | aprile 2023
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Ne sprechiamo infatti tanta, tantissima.
“Con quella sprecata in Italia disseteremmo 43 milioni di persone” si legge sulle prime pagine de La Repubblica, nell’articolo di Elena Disi dedicato allo spreco d’acqua, uscito proprio in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua.
Abbiamo i consumi d’acqua più alti d’Europa, con un numero impressionante: 422 litri di acqua potabile erogati al giorno per abitante. Metà dell’acqua che scorre nelle nostre tubature non arriva nei nostri rubinetti e questo certo, direte, non è un’area di intervento su cui abbiamo potere.
Lo spreco domestico, le scelte alimentari, il recupero dell’acqua in cucina e in agricoltura però sì, sono aree in cui possiamo agire direttamente.
Acuiamo lo sguardo
Il primo passo è rendersi conto di ciò che sta accadendo. Oltre a guardare fuori, ad ascoltare i gridi d’aiuto della natura, bisogna informarsi da fonti serie, autorevoli, come il libro Inverno Liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa. Una pubblicazione, edita da Maurizio Dematteis e Michele Nardelli, che sta facendo il giro d’Italia per sensibilizzare le persone. Tutte le persone. Abbiamo sentito proprio Michele Nardelli.
“Parliamo ogni giorno di siccità ma non abbiamo idea che sta avvenendo uno stravolgimento dell’al-
lineamento tra tempi storici e biologici, di equilibri raggiunti in migliaia di anni. Di questo passo entro il 2050 scompariranno i ghiacciai alpini, la Marmolada si stima anche prima. Questi scenari comportano la messa in discussione dei sistemi economici, agricoli, della vita stessa. Non è un evento lontano, è vicino nel tempo e nello spazio. Dobbiamo cambiare il modello di sviluppo e lo stile di vita - ci dice subito - “C’è un cambio paradigma: la nostra società doveva abituarsi da tempo alla cultura del limite, nulla è infinito… né le risorse, né noi”.
Dove bisogna intervenire?
Ovunque. Dall’agricoltura (che in parte si sta già affidando a nuove tecnologie, ma dovrebbe anche coltivare specie che richiedano meno acqua) all’industria, dagli allevamenti alla ristorazione, dal luogo di lavoro alla propria casa.
L’acqua che non c’è nella ristorazione
Immaginatevi, se avete un ristorante, un giorno di accendere le luci del vostro locale, di andare in cucina o dietro al bancone, di aprire i rubinetti e di non avere una goccia d’acqua che esce. Cosa fareste?
C’è già a chi potrebbe capitare, anzi capita in ogni stagione.
Non potevamo che coinvolgere Paolo Betti, titolare e cuoco del Rifugio Maranza
Si tratta di un rifugio, situato a 1075 metri d’altezza
25 | aprile 2023
Michele Nardelli
nei pressi di Trento, che si affida ai principi del cibo buono, pulito e giusto… ma anche sull’acqua persegue scelte di gestione coscienziose, utilizzandola con parsimonia e attenzione.
“È quando ti manca una risorsa che ti accorgi del suo valore. Aprire un rubinetto con un getto regolare e continuo - a poco prezzo, aggiungiamo noi, visto che siamo i meno cari d’Europa - non ti fa rendere conto dell’importanza dell’acqua” ci dice Paolo.
“Noi ci avvaliamo di una sorgente privata e di contenitori per l’acqua piovana. Ogni anno il tempo di disponibilità dell’acqua si accorcia a causa della siccità, dell’assenza di nevicate e piogge. Non è una notizia che leggo sui giornali, lo vedo nella mia attività. Sono seriamente preoccupato per come si prospetta il futuro e senza la sensibilizzazione ma soprattutto l’azione delle persone non andiamo da nessuna parte. Ora stiamo lavorando a delle campagne con Slow Food proprio per far capire che si tratta di un’emergenza che interessa tutti e in cui tutti hanno il loro peso”.
Dove c’è scarsità c’è più inventiva.
Paolo ci racconta come gestisce l’acqua in cucina.
“La utilizziamo fino all’ultima goccia e fino a dove possibile. L’acqua del bollitore la utilizziamo per la concimazione, l’acqua del roner la riutilizziamo, prediligiamo le cotture a vapore perché ci permettono di contenere il consumo. Chi cucina ha una grandissima responsabilità perché tratta grandi volumi d’acqua, ma anche le persone nelle abitudini giornaliere devono attuare un cambio drastico. Lo sciacquone del bagno, il lavaggio degli uten-
sili da cucina, l’igiene personale: sono tanti i momenti in cui sprechiamo e non possiamo davvero più permettercelo. Andare in un locale attento a questi aspetti aiuta a convertire i comportamenti”.
Costi quel che costi
Alcuni sostengono che l’allarmismo non porti a qualcosa di buono. Altri che sia l’unico modo per far cambiare i binari. Paolo Virzì, in Siccità, film uscito nel 2022, probabilmente è più per la seconda tesi.
La trama per molti ha assunto toni angoscianti ma arriva dritta al punto
Vedere Roma messa in ginocchio da una siccità estrema che perdura da mesi, il Tevere ridotto ad una pista del rally Dakar, i millenari ponti che affacciano sulla polvere e sui rottami una volta sommersi dall’acqua, scuote gli animi. È l’estremizzazione che allarma. Anche se quelle del film appaiono come immagini di fantascienza, e sono un parallelismo netto sull’aridità della società contemporanea, andrebbero tenute a mente ogni volta che gettiamo via un secchio d’acqua, cambiamo l’acqua del bollitore, mangiamo carne senza misura, non ottimizziamo l’acqua nell’irrigazione. Dovremmo essere seriamente preoccupati per ciò che sta accadendo al nostro pianeta.
La ristorazione, anche questa volta, ha un potere educativo e divulgativo di privilegio: con piccoli gesti in cucina, grandi scelte di gestione, indicazioni precise in sala, può dare il suo considerevole contributo.
Senz’acqua non c’è prospettiva futura, non c’è vita Dobbiamo cambiare le cose, costi quel costi.
Rifugio Maranza
26 | aprile 2023
Paolo Betti
Autore: Luigi Franchi
Il ruolo dell’Italia nel nuovo turismo
Da Hotellerie Summit di Pambianco un’analisi della situazione alberghiera italiana
Il primo summit di Pambianco dedicato all’hotellerie ha tracciato un quadro del turismo italiano molto preciso, delineato da Alessio Candi, Consulting e M&A Director Pambianco.
Il primo dato importante riguarda il valore che il turismo ha nell’economia italiana: 214 miliardi di euro (riferiti al 2019) equivalenti al 10,6% del Pil nazionale, con un’occupazione di circa tre milioni di persone pari al 12,6% dell’occupazione complessiva. Inoltre la bilancia commerciale turistica ha sempre avuto un segno positivo, anche negli ultimi due anni di crisi pandemica; nel 2022, dati relativi ai primi otto mesi, siamo al saldo di +12,7 miliardi pari al 200% in più rispetto all’anno precedente. Numeri che fanno sperare in un 2023 estremamente positivo, stando a quanto si evince dal recente paper del Ministero del Turismo che illustra i risultati del mese di gennaio 2023 dove si sono registrate oltre 250mila prenotazioni internazionali, con un incremento del 119% rispetto ai valori registrati nel corso di gennaio 2022.
L’analisi
Il Grand Hotel Tremezzo
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I flussi turistici verso l’Italia
Per quanto riguarda i flussi internazionali si nota un rapido ritorno alla normalità: se nel 2019 si contavano 64,5 milioni di arrivi, dopo il crollo pandemico che ha portato questi numeri a 25 milioni nel 2020/2021, il 2022 riporta un risultato pari a 51,4 milioni di arrivi con una crescita del 91% sull’anno precedente. Lo stesso risultato vale per l’Europa che si colloca come prima destinazione turistica internazionale con 584,9 milioni di arrivi sul totale di 917 milioni di persone che si muovono in giro per il mondo. Risultati ancora lontani rispetto al 2019 dove erano 744,5 i milioni di persone che visitavano l’Europa ma che recuperano a vista d’occhio rispetto a quello che si prospettava anche solo un anno fa.
All’interno dell’Europa l’Italia è al terzo posto, dopo Francia e Spagna, per colpa di un’offerta ricettiva ancora troppo parcellizzata e, di conseguenza, non in grado di presentare un’immagine ben definita dell’offerta del nostro Paese.
Infatti, mentre in Francia e in buona parte in Spagna, l’offerta alberghiera è in mano alle grandi catene che trasmettono precisione e certezza delle strutture, l’Italia ha un patrimonio di hotel che non riescono a dare di sé un’immagine identitaria forte.
Il patrimonio alberghiero
Nel 2021 in Italia erano attivi 32.109 hotel, così suddivisi: una stella, 2.398 strutture con 57.000 letti e un’occupazione pari a 2.628.000 presenze (il 2% del totale); due stelle 5.110 strutture con 160.000 letti e un’occupazione pari a 8.909.000 presenze (il 5% del totale); tre stelle 17.783 strutture con 1.097.000 letti e un’occupazione
pari a 82.784.000 presenze (il 49% del totale); quattro stelle 6.217 strutture con 828.000 letti e un’occupazione pari a 68.279.000 milioni di presenze (il 40% del totale); cinque stelle 601 strutture con 90.000 letti e un’occupazione pari a 6.936.000 presenze (il 4% del totale). In questo contesto la componente internazionale dei turisti tende a privilegiare i cinque stelle con un 60% di presenze, a cui seguono i quattro stelle con il 38%. Un segno inequivocabile di dove occorre andare per fare in modo che il turismo in Italia diventi sempre più importante come asset.
Le imprese alberghiere
Se passiamo dal numero degli alberghi a quello delle imprese scendiamo da 32.000 a 22.000; un dato che evidenzia come il sistema alberghiero in Italia sia ancora molto frammentato. Infatti il 91% delle imprese ha meno di 20 addetti e rappresenta il 43% del fatturato totale, mentre il 2% delle imprese ha più di 50 addetti e copre il 36% del fatturato totale. Anche qui si evidenzia il ruolo significativo degli hotel a cinque e quattro stelle. È quindi prevedibile che nei prossimi anni su quel 91% si
Alessio Candi, Consulting e M&A Director Pambianco
svilupperà una grandissima concentrazione.
La dimostrazione si rileva dalla crescita delle catene alberghiere che, nel 2013, contava 1.324 alberghi, pari al 4% del totale, mentre nel 2022 gli hotel affiliati sono saliti a 2.105, pari al 6,6%. Le catene internazionali operanti in Italia sono 75, quelle domestiche 189.
Per quanto riguarda il posizionamento delle catene, in termini di valore, al primo posto troviamo Starhotels con 241 milioni di euro di fatturato 2022, al secondo posto Hotelturist con 135 milioni di euro, al terzo posto la divisione alberghiera di Alpitour con 134 milioni di fatturato. Numeri ancora piccoli quelli delle imprese italiane se paragonati ai gruppi internazionali che vedono al primo posto la catena Marriott International con 19,319 miliardi di euro di fatturato nel 2022, al secondo posto Hilton Worldwide con 8,159 miliardi e al terzo posto Hyatt Hotel Corporations con 5,479 miliardi.
Le operazioni immobiliari relative agli hotel in Italia
Nel 2022 ci sono state 46 operazioni immobiliari per un valore complessivo di un miliardo e 400 milioni e un valore medio individuale di 30,4 milioni di euro. 24 di queste operazioni sono state fatte dalle catene internazionali, segno evidente di quanto il nostro Paese sia oggetto di grande interesse sul piano turistico. È però necessario che gli hotel di lusso investano anche nei borghi meno conosciuti rispetto alle grandi città d’arte come Roma, Venezia, Firenze o nelle città d’affari come Milano perché è ormai chiaro che un hotel di lusso diventa esso stesso una destinazione turistica. La dimostrazione più evidente è il fatto che la più importante operazione immobiliare in termini di valore (180 milioni) sia stata fatta sulla tenuta di Castiglion del Bosco a Montalcino.
Le considerazioni sul mercato italiano Alessio Candi, al Summit Hotellerie di Pambianco, ha evidenziato quali sono le caratteristiche del mercato italiano.
“L’Italia è un piccolo contenitore rispetto ad altre realtà internazionali, che punta a una clientela internazionale di alto livello e non a un turismo di massa. – afferma Candi – Dopo il Covid le scelte delle catene in Italia sono orientate di più alla gestione alberghiera rispetto a quella immobiliare ed è in crescita la formula del franchising che porta know-how alle imprese italiane. Mentre, per i topic, occorre evidenziare che proseguirà la concentrazione in un mercato ancora troppo frammentato; questo darà vita a una riqualificazione degli alberghi già in atto a Roma e a Milano che si espanderà anche nelle località turistiche di mare e montagna. Ci sarà una centralità sui temi ESG e investimenti rilevanti sul digitale. Ma per riuscire a soddisfare la domanda turistica internazionale diventa urgente un adeguamento infrastrutturale dei trasporti nel Paese”.
IMMOBILIARI DEL SETTORE ALBERGHIERO IN ITALIA 2022
ASPETTATIVE 2023
Dopo i due anni di pandemia ci aspettiamo una crescita del settore in Italia, dove verranno veicolati grossi investimenti soprattutto a livello internazionale
Ulteriore accelerazione portata dalle Olimpiadi invernale di Milano Cortina
2 L’ECONOMIA DEL VIAGGIO E DEL TURISMO IN ITALIA Valori in miliardi di $ valutazioni Pambianco Valore Aggiunto 214 10,6 +58% % del PIL 2021 2019 2020 113 6,1 179 9,1 -47% 2022E Occupati 2,9M 12,2 % sul totale 2,4M 10,6 2,6M 11,6 5 Arrivi internazionali in milioni I FLUSSI TURISTICI INTERNAZIONALI PER MACROAREE Fonte: UNWTO E Europa Asia e Pacifico Americhe Africa Medio Oriente Mondo 2021 304,7 81,4 24,7 454,8 % % 22/19 -21 -35 -37 % 22/21 92 +241 +75 +132 +145 +102 % % 7 L’OFFERTA ALBERGHIERA IN ITALIA NEL 2021 601 2 90 4 35,5 6.217 19 828 37 38,6 17.783 55 1.097 49 39,0 5.110 16 160 7 31,4 2.398 7 57 3 26,1 32.109 100 2.233 100 37,9 #Esercizi % #Letti 000 % Utilizz Netta L Tot. Alberghi Fonte: Federalberghi Valori in numero – Anno 2021 60 38 29 26 27 33 % Stranieri 68.279 0 82.784 8.909 169.536 000 % +4,8 +1,6 -0,5 -2,9 -3,6 -0,7 CAGR17-21 % 14 OPERAZIONI
Fonte: Colliers International # operazioni sopra i 20 milioni di euro – Anno 2022 Operazioni Italia su Italia 46 22 Valore €1,4B Valore Medio €30,4M Estero su Italia 24 21
Valori in miliardi di $ CAGR2021-32 2032F 249 +3,1% Valore Aggiunto 214 10,6 +58% % del PIL 2021 2019 2020 113 6,1 179 9,1 -47% 2022E 9,4 Fonte: World Travel&Tourist Council, stime e valutazioni Pambianco 29 | aprile 2023
La formazione
Autrice: Simona Vitali
Altre buone pratiche di orientamento scolastico
Tra istituti alberghieri e scuole di formazione professionale
Sono tante le scuole in tutto lo Stivale che stanno seguendo questa rubrica. La conferma ci arriva anche dai riscontri, dalle mail che giungono in redazione, a rinforzo di quanto pubblichiamo.
Ha colpito l’idea di open year messo in atto dal dirigente Roberto Franca dell’istituto alberghiero Santa Marta di Pesaro: altri dirigenti, suoi colleghi, ma anche docenti che si occupano di orientamento ne hanno riconosciuto la bontà. Quel margine di autonomia che è dato a ogni singola scuola consente di operare cambiamenti dal basso, se lo si vuole.
A noi di sala&cucina sta l’individuare le migliori pensate e divulgarle, stimolando il pensiero (e magari l’azione) di chi legge. Senza attendere fumate bianche c’è chi sta già facendo qualche innesto in queste scuole. L’intraprendenza di certi dirigenti parla chiaro.
La valenza educativa di scuola e comunità locale
Alla scuola tutta, quindi non solo il personale docente ma anche tutti coloro che vi lavorano, dal dirigente al personale ATA (personale amministrativo, tecnico e ausiliari) DSGA (servizi generali e amministrativo contabili), è riconosciuto un ruolo educativo, oltre che formativo.
E sappiamo bene quale sia la valenza di tutto ciò ai fini di una crescita equilibrata e illuminata dei ragazzi.
A questo proposito ci è piaciuto il Progetto accoglienza che l’istituto alberghiero G.Varnelli
ACCOGLIENZA
Ristorante didattico IAL - Scuola alberghiera e di ristorazione di Serramazzoni (MO)
Giovanna Cammelli, direttrice IAL scuola alberghiera e di ristorazione di Serramazzoni
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di Cingoli (MC) riserva, come una sorta di abbraccio, agli studenti delle classi prime.
“Ogni anno - spiega Paola Ippoliti, docente di scienze degli alimenti e responsabile dell’orientamento - pensiamo a un luogo in cui, in apertura d’anno scolastico, far vivere ai nuovi iscritti (due classi alla volta) un’esperienza di due giorni con incluso un pernottamento in camerate, perché rompano il ghiaccio fra loro e sperimentino uno stare insieme a stretto contatto. Quest’anno abbiamo scelto una casa colonica demaniale ristrutturata dalla Regione Marche, posta su un altipiano, in località Smorze. Un’esperienza immersiva in un luogo incantevole che, attraverso un’escursione guidata nei boschi tra vegetazione, leggende e folklore locale e una cena preparata dagli studenti degli ultimi anni, ha voluto declinare il concetto di cura, sia in senso personale (cura verso sé e verso l’altro in un contesto di convivenza comune) che nei confronti dell’ambiente circostante. L’aspetto ulteriormente positivo è stato l’incontro, in apertura di esperienza, con il sindaco, le autorità, le istituzioni di questo piccolo borgo, Cingoli, definito balcone delle Marche per l’incantevole visuale di cui gode e pure tra i borghi più belli d’Italia, dove la scuola è diffusa in più strutture e dove la comunità locale sortisce il ruolo di comunità educante, nel senso che si prende sistematicamente a cuore di questi ragazzi in movimento per le vie del borgo e per certi aspetti li controlla pure”.
L’approccio educativo globale di convitti e scuole-albergo ben gestiti
A Cingoli, giusto per la particolare posizione geografica, sono molti i ragazzi a beneficiare del convitto che con i suoi educatori e la ricchezza di attività extra, dai corsi con la Croce Rossa alla danza classica, rappresenta per loro un’importante occasione di matura-
zione personale, grazie a un approccio educativo che possiamo definire globale.
“Se resisti, perché di fatto si tratta di un tempo intensivo - riflette il vice preside Leonardo Lippi - hai tutti gli strumenti per crescere”. E, aggiungiamo noi, per rinsaldarti nella tua scelta.
Il convitto non è certo replicabile con uno schiocco di dita, chi ne è dotato dovrebbe almeno non bruciare l’occasione di gestirlo al meglio.
Sull’appennino modenese, per la precisione a Serramazzoni (MO), troviamo addirittura una scuola-albergo: IAL-scuola alberghiera e di ristorazione di pertinenza della Regione Emilia Romagna, che funziona a 360° come un albergo, con un suo comparto di accoglienza/gestione delle camere e gestione dei servizi ristorativi. Qui i ragazzi si alternano nei ruoli di “gestori” (lavoro) che di “clienti” (apprendimento). Una simulazione d’impresa a tutti gli effetti.
“ Ma ciò che caratterizza in assoluto l’esperienza nella nostra realtà – spiega Giovanna Cammelli, direttrice di IAL-scuola alberghiera e di ristorazione – è la capacità di realizzare un progetto educativo intero, globale, che va oltre il senso di insegnare un mestiere. Prenderci cura dei ragazzi, valorizzare le loro attitudini, sostenerli, accompagnarli nel loro percorso di crescita in cui devono interpretare un ruolo attivo, col privilegio – in questo senso- di trascorrere molte ore con loro. Questo è per noi il compito più importante”.
Il risultato è che a questa scuola vi attingono volentieri fior di chef, perché riconoscono in questi ragazzi una disciplina e una tenacia che molto li aiuta nel mestiere. E stiamo parlando di una scuola di formazione professionale, non di un istituto alberghiero, per chi ancora sta a inseguire le differenze che, è caso di dirlo, ai fini del mestiere non sono percettibili, se l’impianto scolastico è buono.
I clienti esterni del ristorante didattico dell istituto Varnelli di Cingoli
31 | aprile 2023
Leonardo Lippi, vicepreside Istituto alberghiero G.Varnelli
L’orientamento in itinere
Ora entriamo nel merito dell’alternanza scuola-lavoro (oggi denominata percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, c.d. PCTO), che altro non è che quel monte ore, spalmato sui diversi anni scolastici, in cui gli studenti sono chiamati a fare esperienze “sul campo”.
A parte gli immancabili stage in azienda, ci sono iniziative - più o meno strutturate - ad opera della scuola stessa, che hanno la stessa valenza di far sviluppare competenze in situazione.
Ristoranti didattici aperti al pubblico
La formula del ristorante didattico è stata adottata da sempre più scuole, nel corso degli anni.
Si tratta perlopiù di simulazioni ad uso interno (i ragazzi stessi, i docenti, qualche ospite esterno sono i clienti) che rappresentano comunque un buon esercizio per gli studenti.
Tuttavia c’è anche chi decide di aprire ad un pubblico esterno. E qui la cosa si fa molto interessante.
È il caso del ristorante e bar didattico di Cingoli, aperto a pranzo tre giorni la settimana a lavoratori, docenti di altre scuole, in una parola esterni “Ci tengo a specificare – sottolinea il vice-preside Leonardo Lippi
– che coinvolgiamo pure gli studenti di terza, “freschi” di scelta di indirizzo (del resto già dal primo anno li caliamo nella pratica). E già dal terzo anno facciamo attenzione a mantenere insieme le ore di pratica nell’organizzazione dell’orario, creando una sorta di blocco pratica, quindi cinque ore consecutive per la gestione del ristorante, anziché due ore al lunedì e due al martedì. In realtà già nel primo e secondo anno creiamo dei mini-blocchi pratica”.
Il ristorante didattico rappresenta certamente il fiore all’occhiello della scuola alberghiera di Cingoli, che peraltro ha periodicamente la soddisfazione di vedere rac-
cogliere importanti riconoscimenti ai propri studenti. Tra gli ultimi ben tre titoli al prestigioso concorso fra gli alberghieri d’Europa, A.E.H.T.: 1° classificato caffetteria, 1° classificato pasticceria e 3° classificato accoglienza turistica, unico istituto italiano ad avere fatto una simile incetta!
Anche il modello scuola albergo di Serramazzoni contempla un ristorante didattico, aperto al pubblico, una sorta di ponte fra quello che accade tra l’impresa simulata e il mondo esterno. Qui gli studenti possono sperimentare e potenziare l’apprendimento in una dimensione lavorativa vera e propria e ne avvertono tutto il coinvolgimento. All’accoglienza dell’ospite è riservata un’attenzione particolare. I clienti, dal canto loro, sanno che si troveranno di fronte a giovani in formazione. Ciò che viene proposto sono serate con menù a tema o serate in occasione di eventi, rigorosamente al termine di una giornata di scuola, quindi un bell’impegno extra per i ragazzi.
Le reti di scuole
Le reti fra scuole non possono essere che fruttuose, se non altro perché unendosi si acquisisce più forza. Un ottimo modello è rappresentato dalla Rete Progetto Made in Italy, di cui abbiamo già scritto tempo fa, ma merita una rinnovata citazione. Nata da un nucleo di istituti (“F.Datini” di Prato - PO-, “A.Moro” di S.Cesarea Terme -LE-, “Levi-Montalcini” di Acqui Terme -AL-, poi “Tor Carbone” di Roma -RM- ) per far conoscere le caratteristiche turistiche e le specialità culinarie italiane nel mondo, raggruppa oggi 21 scuole e conta numerose missioni tra Vietnam, Hong Kong, e Thailandia, Malesia e Singapore, Guangzhou, Giappone, Uzbekistan e poi Canada, Washington e Miami, Brasile, Mexico City, Martinica ed Etiopia... esperienze impagabili per gli studenti. Ma potremmo parlare anche della rete di alberghieri dell’ittico.
I CTS
Infine vogliamo lasciare un ultimo spunto di riflessione: ormai da diversi anni c’è una possibilità prevista per ogni scuola, quindi non obbligatoria, di istituire al proprio interno un Comitato tecnico scientifico (CTS) presieduto dal Dirigente scolastico e formato, in composizione paritetica, da docenti interni, imprenditori, rappresentanti del mondo del lavoro e delle professioni, docenti qualificati nella Ricerca Scientifica e Tecnologica, rappresentanti degli Enti Locali. Il CTS non è un soprammobile o una voce da spuntare nell’elenco dei “ce l’ho”, ma piuttosto uno strumento per fare programmazioni inerenti ai bisogni del mercato.
Sempre più ai singoli istituti è chiesto di raggiungere obiettivi lasciando loro facoltà di come farlo. E anche questa è una verità da cui non ci si può esimere.
32 | aprile 2023
Il territorio e la ristorazione
Autrice: Simona Vitali
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Foto: AlbertoBlasetti
Impiantare sogni in Calabria
L’impegno civico di Bob Alchimia A Spicchi
Ci sono iniziative, in ambito enogastronomico, con programmi così nutriti da imporre delle scelte a chi vi prende parte. Se ci si ferma in un punto si perde ciò che sta accadendo nell’altro. Anche arrivare con una scaletta definita sul da farsi ha la sua relatività, qualcosa sul posto può sempre rivelarsi più interessante.
È quanto ci è accaduto in occasione di Identità Golose quando il cambio del nostro programma è scattato addirittura all’ingresso, dove un pannello in bella vista, con una serrata programmazione del meglio della Calabria in termini di chef, pizzaioli, pasticceri, presentato in modo bene articolato ed avvincente, ha catturato la nostra attenzione che è valsa un affaccio sullo stand a firma Calabria Straordinaria.
Elogio di un ufficio stampa
Ora, se oggi siamo qui ad accendere i riflettori su questa iniziativa e quindi su una regione è perché qualcuno ha saputo cogliere con assoluta naturalezza il nostro affaccio, ci ha spiegato che Calabria Straordinaria è un marchio di pertinenza dell’Assessorato al turismo e marketing della Regione Calabria
Anna Rotella Roberto Davanzo
per iniziare a promuovere tutti gli eventi della regione sotto un unico cappello e ci ha saputo interessare a tal punto da indurci a ritornare per altri appuntamenti in programma nella giornata.
E questo qualcuno non era un ufficio stampa della Regione - come si potrebbe immaginare - ma un ufficio stampa al seguito di alcuni dei professionisti, TIMO Studio Enogastronomico di Alessandra Molinaro e Silvia Rotella, che è andato semplicemente oltre il proprio compito. Calabria straordinaria è una buona idea, un contenitore che ci voleva, e il format presentato a Identità Golose ha fatto leva sul principio intelligente di coinvolgere nomi conosciuti come Luca Abruzzino, Antonio Biafora e Caterina Ceraudo perché a loro volta invitassero altri giovani colleghi emergenti. In quest’occasione abbiamo incontrato talenti veri, non solo per l’ingegno e la maestria nel proprio lavoro, ma per la capacità di pensiero e di azione. Sì, di azione. Abbiamo scelto di raccontare alcune storie – e in questo numero ci soffermeremo sulla prima - a nostro avviso esplicative di cosa significhi voler “cambiare il mondo”, il mondo che si ama, e il modo (degli altri) di guardarlo.
Bob Alchimia A Spicchi, una storia da raccontare
È il 2016 quando Roberto Davanzo propone alla compagna, Anna Rotella, di aprire in Calabria, precisamente in quel di Montepaone (CZ), la propria terra di origine, una piccola pizzeria d’asporto, con un bancone dedicato alla pizza alla pala, e panificio la mattina. Entrambi vengono da esperienze fuori regione, lui al nord nel mondo delle pizzerie, e lei a Roma, dove ha appena realizzato il sogno della sua vita di lavorare in un asilo con i bambini. “Io non ho esitato a lasciare tutto per questa nuova esperienza insieme - racconta Anna - perché credevo in Roberto, che vedevo così deciso e tranquillo da infondermi fiducia”.
Tranci monoporzione farciti singolarmente da mangiare rigorosamente con le mani, serviti su tagliere, con farciture a base di prodotti veramente eccellenti, del-
la Calabria in particolare, non così conosciuti dal pubblico: questa è stata l’idea.
“Abbiamo inaugurato il 7 giugno - ricorda Anna - lavorando con il bancone e tavoli di appoggio, e fin dall’inizio è stato un boom, a tal punto che dopo soli otto mesi è arrivata la decisone di ricavare una sala per il servizio ai tavoli. E pure questa nuova formula ha incontrato il favore di una clientela che continuava a lievitare, tant’è che abbiamo deciso di lavorare su lista per evitare il crearsi di file, che però inevitabilmente si formavano già a partire dalle quattro del pomeriggio. All’inizio la comunicazione ai tavoli non è stata semplice. Le nostre scelte ho dovuto spiegarle perché si capisse che non c’era dietro presunzione ma coscienza di quello che si poteva offrire: dall’eliminazione delle posate, perché se la pizza la sminuzzi e la mangi con le mani cambia proprio il sapore (da qui il claim “mangiamiconlemani”) al perché dell’utilizzo di certi prodotti, anziché quelli più noti e quindi richiesti dal cliente che magari si impuntava a volere quelli”.
Nel 2020 arriva la decisione di ampliare ulteriormente l’attività con la ricerca di un locale più grande - pensato e curato direttamente da loro in ogni particolare – e poi di integrare il menu con le pizze da condivisione e creare un angolo dedicato solo alle pizze dolci. La posta in gioco inizia ad essere alta: uno staff di 20 persone, rispetto alle due della partenza, diventato ormai come una famiglia, che si vuole preservare a tutti i costi senza dover rinunciare a nessun componente. Anna, che è l’appassionata direttrice di sala, lo dice chiaramente “Io non sono io ma un noi, mi identifico nei nostri ragazzi. Ed è per poter tenere tutti loro insieme a noi che abbiamo dovuto fare questo ulteriore passaggio”.
Essere motori per la propria terra
Roberto Davanzo è un giovane trentatreenne che non ha solo destrezza negli impasti ma una bella velocità di pensiero. Gli chiediamo cosa sia il coraggio e lui abbozza una definizione didascalica: “avere una motivazione più grande di un ostacolo, una paura o un limite – risponde senza esitazione - che ci permetta di superare quell’ostacolo, ma se ho capito bene dove intendi arrivare ti dico che nella nostra scommessa di aprire in una regione che ha avuto e tuttora continua ad avere le sue difficoltà, il coraggio non ha fatto fatica a uscire, dal momento che volevamo raccontare di una Calabria che non viene mai raccontata. Quello che abbiamo visto fuori regione negli anni ci ha dato la spinta. Il nostro è un territorio completamente fertile e vergine ed è lì che si possono impiantare tutti i sogni. Solitamente molti ragazzi come me decidono di partire e investire altrove i propri soldi, quando potrebbero benissimo farlo qui, dove sei a casa, quindi hai un doppio obiettivo. Ci sono ancora pregiudizi per cui per qualcuno dire di essere calabrese o avere un’azienda in Calabria è quasi quasi come portarsi addosso un far-
34 | aprile 2023
Da sinistra Silvia Rotella e Alessandra Molinaro di TIMO Studio Enogastronomico
dello e invece si sta facendo strada una nuova mentalità calabrese orgogliosa delle proprie cose, che è proprio quello che è mancato negli anni.
Più che mai è importante che con i colleghi stiamo uniti per comunicare con forza quello che siamo e quello che stiamo culturalmente abbracciando”.
Orgoglio calabrese
Essere orgogliosi di qualcosa significa non perdere occasione per parlarne, proporla, promuoverla. Un lavoro certosino di ricerca, studio è quanto Roberto e Anna hanno affrontato in tandem, quando hanno scelto per la farcitura dei diversi tipi di pizza proposti, prodotti calabresi non così usuali sulle tavole dei clienti. Così si è iniziato a conoscere un po’ di più il prosciutto crudo del Mammut del Pollino o Presidi Slow Food quale il Gammone di Belmonte oppure, Clemì, la bevanda gassata alle clementine di Calabria e nello specifico della Piana di Sibari, solo per fare alcuni esempi.
“La parte bella del nostro lavoro - spiega Roberto - è anche, così facendo, il contribuire noi e i colleghi che perseguono questa strada a far girare una nuova economia, dal momento che andiamo oltre quei prodotti standardizzati che certi fornitori sono soliti proporre da queste parti”.
Ma c’è di più. È il 2021 quando, a coronamento di altre riuscite iniziative (Chef quad, per accostare un prodotto popolare come la pizza all’arte di giovani chef emergenti locali; Bob drive, una postazione drive per agevolare il ritiro pizze in tutta sicurezza, in periodo Covid senza scendere dall’auto), nasce l’idea di organizzare il primo festival calabrese dedicato alla pizza, Bob Fest - Alchimisti per amore “per portare, da noi, in Calabria – spiegano
Roberto e Anna – i migliori pizzaioli e professionisti del settore, provenienti da tutta Italia”.
Una sorta di simposio sul mondo pizza con talk show, tavole rotonde e naturalmente menu degustazione ideato dai professionisti ospiti e realizzato in collaborazione con Roberto per omaggiare anche la Calabria, terra nuova per molti di loro. Ecco quindi che il vero valore di una simile iniziativa diventano i tour conoscitivi del territorio, dove i professionisti vengono accompagnati dai padroni di casa, ma anche i prodotti tipici che questi scelgono di portare con sé al ritorno, come quella polpa migliarese che è proprio di Montepaone.
C’è molto, in questa storia, su cui soffermarsi. Ed è solo una delle realtà emergenti calabresi di cui abbiamo scelto di scrivere. Già nel prossimo numero ci sarà, come anticipato, un’altra storia di forte determinazione.
Chi trova la strada a beneficio di un intero sistema va solo sostenuto con tutti i mezzi a disposizione.
Bene quindi un brand Calabria straordinaria che trasbordi di comunicazione però, cioè che documenti bene e tanto le iniziative. Non basta aver creato il contenitore, che peraltro è stato già un buon passo.
Bob Alchimia A Spicchi
www.bobalchimiaspicchi.com
1
(CZ)
5284
Via Don Luigi Sturzo,
88060 Montepaone
Tel. 351 047
Super soft Clementina
La Vedoverde
Un pensiero da applicare
esclusivo
Autrice: Giulia Zampieri
È sicuramente fisiologico circondarsi di persone con le nostre stesse passioni, gli stessi valori, lo stesso modo di intendere il tempo e occuparlo.
Penso a voi, a tutti quei lettori di sala&cucina che lavorano nel settore della ristorazione e trascorrono il giorno di chiusura con colleghi o amici che svolgono lo stesso mestiere. Naturalmente capita anche a chi scrive, come la sottoscritta.
In una di queste occasioni ho conosciuto Giulia Mascarin, sommelier con grandi doti comunicative che ha fatto della propria passione un lavoro.
Un lavoro nel senso più bello del termine: sano, coinvolgente, ma vissuto con la consapevolezza che al di fuori di quel contorno, che occupa la maggior parte delle nostre giornate, ci sia anche altro. Partiremo da questa originale storia professionale per concludere con un pensiero che andrebbe applicato in tante attività del mondo dell’accoglienza. Perché spesso, abbagliati dai propri obiettivi personali, ci si dimentica che questo settore non ha futuro se tende a isolarsi e a non aprire le porte.
Con Giulia Mascarin, sommelier, parliamo di come avvicinare le persone attraverso il linguaggio e la spontaneità, senza fare del settore del vino uno spazio
Il vino
Giulia Mascarin
36 | aprile 2023
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Da una passione a un lavoro
La famiglia, anche nella storia di Giulia, funge da apripista: il papà appassionato di vino e lo zio enologo danno il primo imprinting, trasferendole curiosità e dandole la possibilità di scegliere cosa bere a tavola. Giulia si dedica agli studi economici e nel mentre frequenta un corso di sommellerie professionale, ottenendo il diploma in un anno e mezzo.
“La passione si era ormai radicata, avevo bisogno di coltivarla in modo diverso. Dopo sei mesi dal diploma come sommelier ebbi la mia prima esperienza nella sala in un ristorante. Successe una cosa pazzesca: mi imposero di gestire una carta esclusivamente di vini naturali. Non dico che ne ignoravo l’esistenza ma di sicuro ero lontana da quel mondo enologico, all’epoca molto meno esplorato e a cui si guardava con tanta diffidenza. Dovevo partire da zero”.
Il ristorante in questione è Fiorital, a Padova, e il geniale “impositore” è Manuel Fiorotto, amico di Michele Bressan, nome più che noto alle cronache del vino naturale, che è diventato in quel periodo il mentore di Giulia.
“Michele mi ha aperto la strada: con lui ho scoperto piccoli produttori e assaggiato bottiglie che difficilmente avrei trovato in giro. Poco a poco ho iniziato a coltivare autonomamente la carta, a organizzarla e arricchirla con nuove etichette. Già in quel periodo non mi limitavo a spiegare il vino, ma raccontavo aneddoti interessanti, la storia della persone e delle famiglie dietro a un’etichetta. Piaceva a me ma anche le persone dimostravano interesse”.
I corsi di avvicinamento al vino
Dopo, un Marketing Internazionale del Vino a Firenze… fino alla scelta di dedicarsi totalmente ai corsi di avvicinamento al vino che già organizzava da tempo per conto dell’Associazione Il Tempo Ritrovato.
“La proposta è arrivata all’improvviso quando ancora lavoravo al ristorante. Sicuramente hanno giovato a mio favore le relazioni, sono fondamentali per chi vuole fare esperienza e crescere in questo settore. Le opportunità difficilmente piovono dal cielo, ogni conoscenza è preziosa per la crescita personale e per aprirsi delle opportunità lavorative. Così posso dire si è sviluppata la relazione con l’associazione, con cui ho collaborato per più di sei anni anni, e che ringrazio ancora oggi per la fiducia”.
I corsi hanno preso piede e a Vicenza, Mestre, Padova raccogliendo un numero di adesioni che Giulia non si sarebbe mai aspettata. Come ci racconta, lasciando trapelare ancora lo stupore.
“La mia prima classe nel 2015 aveva 15 persone, nel 2019 sono arrivata a 67 corsisti in un’unica sala. Le emozioni in quelle prime serate erano fortissime ma a dire il vero tutt’ora mi emoziono ogni volta che inizio un corso. Quando le persone ti dedicano del tempo e si affidano alla
tua passione c’è un atto di fiducia esplicito che merita di essere ricambiato. Per questo mi domando sempre se sono all’altezza, se alcuni aspetti dei corsi sono migliorabili, se trasferisco l’entusiasmo adeguato, se c’è qualcosa con cui posso integrare”.
Oggi Giulia lavora autonomamente, organizzando tutto con le attività ospitanti. Il coinvolgimento e la spontaneità sono due dei motivi per cui i corsi sono molto richiesti, ma non gli unici.
Il corso di avvicinamento al vino, lo dice il termine stesso, ha altre caratteristiche rispetto a un corso professionale: la durata, i costi… e soprattutto la finalità È un corso accessibile, in cui si va per capire, per tendere la mano ad un argomento che si ignora.
“I miei corsi durano quattro serate e vengono svolti in locali ospitanti del territorio. Parliamo del vino a 360 gradi partendo dalla storia, passando per le tecniche di produzione, fino alle diverse tipologie: convenzionale, biologico, biodinamico… poi al momento della degustazione
37 | aprile 2023
propongo vini prodotti da piccoli artigiani, perché sono quelli che più mi rappresentano. Lascio liberi i corsisti di esprimersi e di fare le loro scelte, naturalmente. Il mio obiettivo è trasferire loro che il vino è cultura, territorio, fatica, passione, conoscenza, non è solo tecnicismi e degustazione accademica. Mi piace il confronto e l’idea che i corsi siano frequentati da persone che spesso sanno davvero poco sul vino ma intendono capire qualcosa di più per avvicinarsi a questo mondo meraviglioso, senza temere di sbagliare o di fare domande inopportune. Poi, lo dico con grande orgoglio, c’è chi ha intrapreso questa strada professionale dopo il corso… un traguardo incredibile anche per la sottoscritta!”
Abbattere le barriere: un pensiero da applicare
Tornando a parlare dei vini di piccoli produttori, Giulia dice:
“Molti corsisti sono scettici su vini naturali e di piccoli produttori perché hanno vissuto brutte esperienze in passato. Poi, al corso, capiscono che tanti piccoli produttori lavorano bene e fanno dei vini straordinari…molto è anche cambiato in termini qualitativi. Tornano a casa ricreduti e con un pregiudizio sciolto”.
Non sempre tornano a casa, aggiungiamo noi… perché Giulia organizza goliardiche uscite (formative) di gruppo: “Un’altra cosa che mi piace trasferire a chi frequenta il corso è che solo andando alla fonte, quindi in cantina, o addirittura nei vivai, si capisce davvero l’anima e il valore di un prodotto”.
L’esperienza di Giulia mi ha colpita per due ragioni. La prima: l’aver scelto una strada atipica rispetto a tanti sommelier, facendo un passo indietro. Si è messa nei
panni di chi non conosce, individuando un linguaggio comprensibile e accogliente, che è funzionale al far cultura.
La seconda: Giulia con il suo entusiasmo mette d’accordo praticamente tutti, tra produttori, ristoratori e osti. Le chiediamo, in un periodo in cui chi si espone spesso viene additato da colleghi e vicini, come si possa andare d’accordo con tante persone nello stesso territorio.
“Credo che si debba sempre entrare in punta di piedi. Quando chi hai di fronte capisce che sei sincero e stai lavorando per far crescere questo settore la relazione diventa facile, spontanea. Credo che si debba lavorare per abbattere le barriere in cui spesso ci rinchiudiamo tra soli “addetti ai lavori” - aggiunge - C’è bisogno di fare entrare le altre persone, di metterle nelle condizioni di capire, non di sentirsi inadatti o impreparati quando hanno di fronte una bottiglia o prendono in mano una forchetta”.
Già, è proprio questo il punto. In troppi non si stanno rendendo conto che se non lavoriamo per affermare la cultura, per rendere giù comprensibile il nostro linguaggio, il mondo del vino e del cibo appariranno sempre più lontani… e poco appetibili per chi ha intenzione di iniziare a farne parte.
Scopri la comunicazione del vino di Giulia Mascarin
La ristorazione
Autore: Luigi Franchi
Ai 2 Santi, da Mida Muzzolon Uno stupore dopo l’altro
Mida Muzzolon è una sorpresa, di quelle che ogni tanto fanno bene alla ristorazione! Lo chef, dopo le esperienze a Londra, sulle navi da crociera e all’Osteria Francescana di Modena, dal giugno 2015 è l’executive chef del ristorante Ai 2 Santi & Tenuta San Martino del gruppo QKing.
Ed è un’autentica sorpresa perché arrivando ai 2 Santi la prima impressione, dall’esterno, è di entrare in una struttura adibita ai matrimoni e agli eventi, mentre invece la sala dei 2 Santi è quella di un ristorante gourmet con una proposta decisamente raffinata dove qualità delle materie prime, rispetto della stagionalità e costante ricerca la fanno da padroni.
“La sala di sopra è adibita agli eventi, mentre il ristorante, aperto tutti i giorni, offre due menu degustazione -Diario di bordo e La terra del Salieri - e una carta per chi vuole scegliere. Prima consideravo il salone per gli eventi un elemento riduttivo delle nostre proposte, mentre ora i piatti di ricerca che serviamo al ristorante diventano gli stessi per l’evento. Cosa voglio dire con questo? Che anche l’evento deve essere sempre considerato dal punto di vista qualitativo e apprezzato dal grande pubblico. Noi ci siamo riusciti e questo ha portato un grande beneficio, anche a livello psicologico, alla mia equipe” afferma lo chef.
Del resto le parole preferite da Mida sono umanità, trasparenza e convivialità: “Queste sono le parole che dovrebbero identificare la ristorazione in ogni aspetto, del resto siamo stati i luoghi dove le persone si sono riversate dopo il Covid per ritrovare la voglia di stare insieme, di condividere un momento di pace” dice Mida.
E il suo ristorante corrisponde appieno alle parole: una sala luminosa, elegante, un maître di sala –Renzo Bernardi - che svolge il suo lavoro in perfetta sintonia con la cucina, i dettagli della tavola come il cestino di pane appoggiato su un’alzatina dove sotto una piccola candela accesa tiene in caldo i pani stessi preparati dallo chef, un reparto pasticceria che crea dolci perfetti per aumentare il ricordo positivo della cucina di Mida. Un luogo dove non si può volere di più per stare bene!
Tarta tatin 40 | aprile 2023
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QKing, il gruppo
Il gruppo QKING è un’azienda veronese con oltre 60 dipendenti, attiva da anni nel mondo della ristorazione e guidata dal direttore Enrico Fiorini, miglior sommelier del Veneto nel 2014, e dalla sua famiglia.
Tutto ha avuto inizio 24 anni fa con l’acquisizione della pizzeria-ristorante Al Borgo 1964 a Palesella di Cerea, in provincia di Verona, a cui ha fatto seguito un’espansione che oggi conta quattro locali. Nel giugno 2015 il gruppo decide di investire a Legnago, prendendo in gestione l’ex-Colombara, una villa del Cinquecento dove oggi c’è la sede di Tenuta San Martino e del ristorante Ai 2 Santi, con Mida Muzzolon nel ruolo di executive chef.
Mida Muzzolon, presidente dei cuochi veronesi associati alla FIC
Oltre al lavoro nel ristorante Mida ha deciso di dedicare parte del suo tempo all’associazionismo, diventando presidente dei cuochi veronesi nel settembre 2021.
“L’associazionismo genera relazioni importanti tra noi cuochi che consentono di dare risposte ai problemi. –spiega il presidente – Siamo in 135 iscritti e vogliamo interagire con il mondo della scuola, creare aggregazioni e iniziative come corsi di cucina, di formazione. Promuovere il territorio e i suoi prodotti è il nostro compito e insieme riusciamo a farlo, da soli no”.
Mida ha le idee chiare su come si promuove il territorio, sul valore che ha la ristorazione di qualità in questo percorso: “Le esperienze che ho fatto prima di arrivare qui
mi sono servite moltissimo perché mi hanno dato una visione complessiva delle cose. – afferma – Oggi è necessaria una formazione continua non solo di noi cuochi ma organizzata insieme a tutti i soggetti della filiera perché è indispensabile conoscere ogni aspetto di questa professione per migliorare”.
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Enrico Fiorini e Mida Muzzolon
L’Osteria della Corte a La Spezia
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Guest anatomy, anatomia del cliente è il titolo del libro che Andrea Ferrero ha scritto qualche mese prima che il Covid arrivasse a scompigliare il mondo. Racconta, attraverso aneddoti e storie vere, il lavoro di un direttore di sala in un ristorante italiano. È un libro molto utile per capire quanta psicologia bisogna mettere nel mestiere per le storie, a tratti paradossali che possono capitare a chiunque lavori in sala: a volte divertenti, molte altre tristi, assurde, inadeguate.
Ho chiesto ad Andrea di scrivere, adesso, una nuova edizione perché le sale dei ristoranti sono lo specchio reale della società uscita da due anni di un tipo di sofferenza mai provata prima. Chissà se lo farà, nel frattempo, però, parlo proprio con lui di come è cambiato il cliente del ristorante.
Siamo all’Osteria della Corte, il ristorante che Andrea e sua moglie Silvia hanno aperto agli inizi del 2000 a La Spezia, in un quartiere dove era e, forse, è difficile portare le persone, eppure loro ci sono riusciti, con la determinazione di chi sa che sta facendo la cosa giusta: dare valore agli spazi di una città, fare un cibo che mette al centro i produttori e i pescatori locali, offrire bontà al palato ma anche riposo alla mente.
Andrea, cosa è cambiato negli ospiti da quando avete riaperto?
“Appena terminato il lockdown le persone erano molto nervose, irritate, spaventate. Lavorare in quelle condizioni non è stato facile. Venivano al ristorante ma con mille dubbi, molta diffidenza, anche da parte di clienti che ci frequentavano da una vita. Il dialogo era ridotto ai minimi termini,
La sala
Autore: Luigi Franchi
Un bel modo di accogliere e una cucina stracolma di delizia
Valdrin Oruci
42 | aprile 2023
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come del resto lo scontrino medio. Era così in tutta Italia comunque. Parlando con molti colleghi ho riscontrato le stesse ansie. Ora si è ritornati alla normalità ma resto convinto che non ci si dimenticherà tanto facilmente del periodo come molti invece sostengono”.
Cosa connota il servizio di sala dell’Osteria della Corte?
“Credo che su ogni altro aspetto sia l’educazione e la pazienza. Scrivere quel libro mi è servito per ridimensionare cose che manderebbero chiunque fuori dai gangheri. E poi la completa condivisione del rapporto tra sala e cucina: da noi si discute tutto, si sa tutto di come funzionano le cose, nessun segreto e completa condivisione sono le parole d’ordine mie e di Silvia. Infine la carta dei vini ma qui ti faccio parlare con il nostro sommelier”.
Come una carta dei vini diventa oggetto di dialogo e confronto
All’Osteria della Corte si vive una dimensione multietnica perché il personale arriva dalle situazioni più disparate e questo rende i confronti molto più aperti, senza preconcetti, con il desiderio di crescere, di capire, di provare.
Il merito è prevalentemente di Silvia che, dalla cucina,
ha una visione del mondo pulita, consapevole e moderna. E lo si capisce ogni volta che parlo con lei. Mette sempre al centro i suoi ragazzi, anche quando gli ho detto che, per questo articolo sulla sala, volevo intervistare suo marito Andrea: “parla anche con il nostro sommelier” mi ha risposto.
Ed eccomi qui, davanti a Valdrin Oruci, di origini albanesi, arrivato a La Spezia per amore perché sua moglie Bridget, albanese pure lei, lavorava qui come infermiera.
“Silvia mi ha visto come la persona giusta per la sua sala. – esordisce Valdrin – Quando sono arrivato a La Spezia non avevo un lavoro. In Albania, a Scutari, avevo fatto esperienza nella ristorazione ma era ed è completamente diversa rispetto all’Italia: si sta a tavola il tempo necessario solo per mangiare, non esiste la convivialità. E quindi ho impiegato un po’ di tempo per capire il valore della ristorazione italiana, il voler conoscere che anima gli ospiti dell’osteria, ma adesso mi sento davvero parte integrante del progetto di Silvia e Andrea. Sono qui da nove anni e negli ultimi anni abbiamo lavorato molto sulla carta dei vini”.
Come avete cambiato la carta?
“Andando molto in giro, ascoltando le storie del vino, dei suoi produttori, cercando di capire come sta cambiando questo settore. Lo si fa visitando le fiere ma soprattutto raggiungendo il vino nella sua zona di produzione. Questo ci ha permesso di creare una carta che, dai pochissimi vini di prima, ora è composta da 900 etichette, l’80% delle quali sono di piccolissimi produttori. La carta che abbiamo ora ci consente di dar vita a un racconto con l’ospite, a dialogare anche sui piatti, sugli abbinamenti. La clientela stessa è cambiata, anche grazie a questo. È una clientela più curiosa, competente e questo è il regalo più bello che un ristoratore possa ricevere”.
Andrea Ferrero
Autrice: Marina Caccialanza
Pizza Express, e la serata è servita!
Buona
Un locale vivace e di buona cucina, che racchiude tante anime diverse, per giovani e meno giovani e per tutti coloro che vogliono trascorrere una serata in allegria. Un locale dove la buona musica e lo spettacolo d’intrattenimento sono parte del menù, il luogo ideale per organizzare una festa con gli amici ma, soprattutto, dove la pizza – simbolo di gioia e convivialità – è la protagonista perché, quando è buona come questa, piace proprio a tutti, avvicina le persone e offre quel piacere semplice e genuino che accoglie e soddisfa.
Pizza Express a Carovigno (BR) è tutto questo e lo spirito che vi aleggia è subito evidente nelle parole del titolare Cosimo Cardone, nell’entusiasmo che trasmette quando dice: “Da noi vengono per la pizza, soprattutto il sabato sera, quando la gente ha voglia di uscire e di trascorrere qualche ora in allegria gustando un cibo che solo a guardarlo ispira convivialità. La pizza è il nostro punto di forza e, fin dal 1997 quando ho aperto il mio primo locale d’asporto, ho studiato e approfondito ogni suo aspetto finché non ho ottenuto il risultato che volevo. Oggi sono molto soddisfatto perché, qui da noi, arrivano apposta, anche per l’asporto, malgrado siamo un po’ fuori dal centro abitato di Carovigno: vengono per la nostra pizza e, se non si fermano da noi, se la portano a casa”. Inizia così, infatti, la storia di Pizza Express, con una piccola bottega di asporto finché, nel 2013, Cosimo Cardone trasferisce l’attività in un locale più ampio dove, finalmente, può dare vita al suo progetto.
Pizza Express è un ristorante ma non solo, è una pizzeria con qualcosa in più: è un posto dove le serate sono animate da spettacoli di intrattenimento, come il karaoke ogni mercoledì e venerdì perché alla gente piace cantare, come i balli di gruppo e la buona musica a volontà con artisti e dj, per dare sfogo alla voglia di convivialità. Uno spazio, per esempio, per i più piccoli, che tra le 17 e le 20 possono organizzare la loro festa di compleanno; tre sale e più di 220 posti per accogliere
musica, spettacolo e karaoke sono l’accompagnamento ideale per una pizza gustosa, simbolo di convivialità e allegria
La pizzeria Clicca e leggi l’articolo sul web
ricorrenze famigliari o semplici riunioni tra amici. E tra musica e allegria, cosa ci può essere di meglio di quel piatto che solo a vederlo suscita il sorriso, la pizza?
Deve essere una pizza speciale, però, e Cosimo ne è consapevole. Per questo dopo anni di “rodaggio” decide di prendere in mano la situazione e studiare il modo per fare di una buona pizza una pizza straordinaria e indimenticabile.
“Due anni fa ho deciso di occuparmi personalmente dell’impasto e, dopo molti tentativi ed esperimenti, ho trovato il bilanciamento perfetto. Ho sempre utilizzato le farine di 5 Stagioni perché offrono un’ottima resa; all’inizio le classiche – la rossa e la verde – poi è arrivata la farina specifica per pizza napoletana e mi sono trovato bene: l’ho provata e non l’ho più lasciata. Da circa un anno, infatti, preparo una miscela personalizzata composta di farina per pizza napoletana 5 Stagioni insieme a una piccola percentuale di semola rimacinata a pietra: il risultato è eccellente, il sapore più intenso. Un successo. Faccio due tipi di impasto, per la pizza napoletana di pezzatura più grossa e a lievitazione lunga con una buona alveolatura, e per la pizza classica sottile che qui da noi incontra molto il favore del cliente. In entrambi i casi le farine 5 Stagioni mi danno la certezza di un’ottima riuscita”.
Alla base l’impasto ben formulato, dunque, e poi via alla creatività del pizzaiolo supportata da materie prime eccellenti: “L’impasto è fondamentale – afferma
Cardone – ma naturalmente da solo non basta; occorre abbinarlo con buoni prodotti per valorizzarlo al meglio. Io scelgo materie prime di alta qualità, possibilmente del territorio che, dalle nostre parti, offre il meglio come la mozzarella di Agerola, i friarelli freschi, la salsiccia o la provola. Il Salento è ricco di specialità che danno alle mie pizze quel tocco in più. È importante saper conciliare la base col topping, devono incontrarsi e completarsi a vicenda”.
Sono una ventina le pizze in carta, e non manca il menù per celiaci che nulla ha da invidiare al tradizionale. Spiega Cosimo Cardone: “Accanto alle pizze classiche ci sono le pizze senza glutine che preparo personalmente, non uso basi già pronte ma faccio un impasto ad hoc realizzato con la farina senza glutine 5 Stagioni. Ottengo una pizza ottima e molto simile alla pizza classica: siamo famosi anche per quella, infatti, e c’è molta richiesta. Naturalmente lavoriamo in un ambiente separato, con strumenti dedicati; è un argomento al quale sono molto sensibile perché anche mia moglie è celiaca e proprio per lei ho cominciato a studiare l’impasto senza glutine. Oggi, fa parte delle nostre specialità e ne andiamo orgogliosi perché sempre più persone richiedono questa attenzione e siamo felici di poterle accontentare”.
Pizza Express, quindi, dove la pizza è regina, simbolo di quella semplicità genuina che nasce dalla convivialità, è proprio un locale per tutti e non manca, naturalmente, anche la buona cucina tipica salentina: “Facciamo piatti della tradizione, dalle orecchiette con le cime di rapa all’impepata di cozze, dagli involtini di carne alla tagliata. Una cucina tipica barese, insomma – racconta Cosimo -. Ma la pizza resta il piatto forte, quando entrano non chiedono nemmeno l’antipasto (ce l’abbiamo, pure, con fritti e golosità) vogliono solo lei, la regina della tavola: la pizza! E con una buona birra artigianale alla spina, la serata è assicurata”.
Pizza express Via Ostuni, 41 72012 Carovigno (BR) Tel. 0831 990285 45 | aprile 2023
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Le persone
Autrice: Antonella Petitti
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Peppone amatissimo
Da oste custode a conduttore RAI, dall’amore per la sua Basilicata alla narrazione di un’intera nazione fatta di borghi e piccole produzioni di eccellenza
Il cibo ha sempre avuto un ruolo significativo nella vita di Giuseppe Calabrese. Ce l'aveva quando Peppone era il soprannome che gli aveva affibbiato il suo quartiere, ma anche quando se n’è andato a studiare Giurisprudenza a Siena.
In tasca, infatti, vi era sempre il sogno di poter avere un locale tutto suo a Potenza, dove poter raccontare quello che, man mano, andava scoprendo su piatti e prodotti.
E così è stato, tanto che è proprio da Cibò che prende il via la sua carriera televisiva. Oggi è uno dei conduttori più amati di Linea Verde, ma anche un instancabile gastronomo e appassionato docente di antropologia del cibo.
Giuseppe Calabrese (Peppone)
Se Peppone fosse un piatto tipico lucano quale sarebbe e perché?
“Di sicuro sarei uno strascinato cu lu’ ntruppc’, ovvero una pasta a mano con un sugo di carne mista a pezzettoni. Ma non è soltanto una questione di ingredienti! Ntruppc significa intoppo, perché la forchetta prima di arrivare alla pasta inciampa nel pezzo di carne. È una metafora bellissima, la vita è piena di intoppi ma se coltivi il sogno e perseveri, alla fine arriva tutto. E ciò dà valore all’etica del lavoro, alla ritualità, all’attenzione”.
In effetti, hai sempre sognato di aprire un locale e ci sei riuscito…
“Cibò è arrivato 14 anni fa. Rilevai una quota in quella che era una sorta di gastronomia. Il mio desiderio era trasmettere la mia passione, ma anche la mia consapevolezza e vicinanza con il mondo agricolo, che ho conosciuto da vicino grazie a mio nonno Peppe. Poi, pian piano, questo posto ha cambiato pelle. È nata una cucina, che è ancora oggi in evoluzione. Prima si è direzionata verso una proposta un po’ più ricercata ed estrosa, oggi è assolutamente un’osteria contemporanea dove trovano spazio sostanzialmente i piatti della tradizione. Alla base vi è la qualità del prodotto, che
non mortifica il lavoro degli agricoltori e degli allevatori che ce lo forniscono. Abbiamo una cinquantina di agricoltori e allevatori che fanno parte di una sorta di comunità in un rapporto di fiducia reciproca, in buona parte lucani e per il resto del Sud Italia. Per me è un manifesto del Sud, di cui sono molto orgoglioso!”
Com’è arrivata la tv nella tua vita?
“
La tv è arrivata per caso. Una sera è venuto a mangiare da me un signore, non sapevo chi fosse, ma come sempre mi sono seduto e gli ho raccontato la nostra filosofia. È ritornato, è nata una sintonia, finché ho scoperto che era il capostruttura del Capodanno in piazza della RAI che organizzavano a Potenza. Dopo tre mesi, mi
49 | aprile 2023
Ciambotta
chiama e mi chiede di partecipare a La Prova del cuoco. Fu una partecipazione così apprezzata che l’anno dopo, nel 2017, mi hanno chiesto di entrare nella squadra di Linea Verde. È un lavoro per cui ho un grande senso di responsabilità, quella di far conoscere l’autenticità delle tante realtà che raccontiamo. Credo in un nuovo umanesimo della televisione, dove il conduttore che arriva sul posto sa fare un passo indietro, dando agli altri la possibilità di raccontarsi e di raccontare il proprio sacrificio. Io credo di farlo in maniera naturale perché vengo dalla provincia, torno a casa in quella provincia e appartengo all’Italia agricola”.
Con l’esperienza di Linea Verde, oggi come guardi all’Italia?
“Oggi la mia narrazione ha uno sguardo più ampio. Ogni nostro piatto tipico è frutto di condivisione e di commistione. Un miracolo che succede in Italia, perché siamo al centro del Mediterraneo. Siamo un ponte naturale, siamo stati spugna e siamo spugna. Dobbiamo essere consapevoli di quanto l’altro sia una grandissima opportunità, anche se i campanili vanno tutelati, proprio come i dialetti. Purtroppo, penso che non abbiamo avuto abbastanza pazienza, anche se ci sono tanti eroi in giro che ci sono riusciti. Non abbiamo resistito nell’attesa del riconoscimento di un mercato che, tanto a lungo, è andato dietro al junk food e alla massa. La qualità italica oggi è quella di chi ha resistito e perseverato. L’Italia non è solo Milano, Roma, Napoli, Torino, Bari o Palermo, ma è fatta di migliaia
di borghi e paesi dove ci sono dinamiche di relazioni totalmente diverse dalle grandi città. Nelle metropoli ti chiedono “Che fai nella vita?”, ovvero “Mi sei utile o no?”. Nei paesi la domanda è “A chi appartieni?”, ed è questo che bisogna continuare a coltivare”.
C’è una storia più di un’altra che riassume la tua esperienza in giro per l’Italia?
“Sono tante le storie che porto con me e mi hanno segnato. Senz’altro mi viene in mente quella di un pastore di Gavoi, in Sardegna. Ci torno a trovarlo quando sono da quelle parti e con una dignità commovente mi porta sempre a vedere il suo paese dall’alto, mi racconta dei figli, delle pecore che gli hanno permesso una vita dignitosa, a casa a salutare la moglie, al bar dagli amici e come un padre mi dice di fargli uno squillo quando arrivo a destinazione. È un’immagine moderna, di chi ha consapevolezza che la felicità passa per lo stare insieme, per il conoscersi, per non avere fretta, per chi ha ancora il gusto di immaginare attraverso i racconti, la voglia e la capacità di confrontarsi con l’altro nell’ottica della reciprocità. Una delle definizioni che preferisco recita che reciprocità è dare senza perdere e prendere senza togliere”.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Io ho sempre avuto una finestra aperta nella mia vita, è figlia della mia sete atavica di conoscenza e di curiosità. Se si perdono i sogni siamo fregati, ne ho tanti! Uno su tutti è vedere il Potenza in serie A!”
50 | aprile 2023
Acquasala
Amodo, la rete dei ristoranti etici
Radici che hanno voglia di crescere
Sono passati quasi sei anni da quando Radici ha aperto le porte la prima volta, ridando nuova vita a una storica palazzina ubicata poco lontano dal Prato della Valle, nel centro di Padova.
Un tempo infinito se lo ripercorriamo con Andrea Valentinetti, lo chef patron, con un passato nel mondo della pasticceria e un presente diviso tra attività di ristorazione, consulenza e formazione
Sono infatti tanti, in questi sei anni, i passaggi cruciali che hanno plasmato questa attività, composta da ristorazione e bar (R2 cocktail bar), e diventata riferimento di accoglienza nel padovano.
Un tempo infinito e non sempre semplice - se pensiamo al biennio di pandemia - che tuttavia non sta offuscando i propositi per il futuro, anzi. Andrea sta dando priorità proprio a quello che accadrà domani, al futuro, lavorando sia in sala che in cucina per formare un gruppo giovane, solido e motivato.
I giovani, occorre puntarci
“Credo che puntare sui giovani sia l’unica strada percorribile. Non faccio retorica, è davvero l’unica direzione che dobbiamo intraprendere per dare continuità a questo settore”.
Inevitabile, a questo punto, scivolare nel tema della carenza di personale.
Autrice: Giulia Zampieri
52 | aprile 2023
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Gli chiediamo: come si fa ad attirare i giovani in un periodo in cui si lamenta l’assenza delle nuove generazioni nell’offerta di lavoro?
“Dobbiamo trasferire il concetto che questo lavoro è bello. È un lavoro che ti offre possibilità di crescita, personale, culturale e professionale. Ti pone nelle condizioni di confrontarti, di conoscere e migliorare, se approcci nel modo giusto. Però dobbiamo anche renderci conto che questo lavoro non può essere bello se non lo rendiamo davvero tale anche sul piano delle condizioni contrattuali: bisogna rivedere gli stipendi, riorganizzare i tempi e i momenti di riposo, offrire possibilità formative. A proposito di remunerazioni, mi accodo a una proposta del maître Pompili Del Cambio di Bologna che ha lanciato una proposta: introdurre anche in Italia le mance obbligatorie. Non sappiamo se possa essere la soluzione, e sicuramente non sarebbe l’unica, ma sicuramente sarebbe d’aiuto a una ristorazione che in questo momento storico fa davvero fatica a far quadrare i conti anche sul fronte degli stipendi”.
Radici ha una bella particolarità: le brigate di sala e
cucina sono formate da ragazzi giovani, alcuni giovanissimi. Alessandro, Rebecca, Elisa, Giacomo. Questi i nomi dei volti che incontriamo in sala. Andrea ci racconta cosa pensa di quel mondo che sbircia con grande attenzione dalla cucina a vista.
“Penso… penso che si debba fare un grande sforzo dando riconoscibilità e valore a questi volti, per esempio chiamandoli per nome. La sala, è vero, in questi anni ha visto l’affermarsi di alcuni maitre, ma di fianco a loro lavorano persone che ci mettono la faccia, la voglia, l’entusiasmo, come i ragazzi che ho la fortuna di avere qui in sala. Credo che si debba fare molto per loro dando l’opportunità di mettersi alla prova, di imparare, correggersi. E anche il cliente va educato su questo fronte. Tanti clienti vivono con pregiudizio la presenza di personale giovane ed è profondamente sbagliato”.
La correzione
Sul concetto di ‘correzione’ prosegue il nostro dialogo. Perché se si torna da Radici dopo molto tempo si ha la netta percezione che vi sia stata un’evoluzione com-
53 | aprile 2023
plessiva: non solo nella struttura (diventata più ampia dopo l’introduzione di due belle verande esterne) ma nella gestione della sala e nella proposta di cucina. Una crescita lineare che ha una sua origine precisa, appunto l’autoanalisi e la correzione.
“Credo che un locale debba crescere, altrimenti significa che non c’è attenzione nelle azioni. Uno dei segreti, se vogliamo chiamarli così, per crescere, è buttarsi, non aver paura di rischiare. Noi ci siamo messi in gioco continuamente arricchendo la formula, diversificandola, introducendo nuove cose, togliendone delle altre. Credo che l’altro requisito per crescere sia fare della buona autoanalisi. Le critiche dei clienti, per esempio, di primo impatto potrebbero far arrabbiare. È facile per un ristoratore pensare che una persona ospite non possa criticare gli sforzi e gli investimenti di mesi e mesi. Oltretutto, magari, il cliente critica senza portare motivazioni concrete. Beh, non è con questo atteggiamento, cioè evitando chi critica, che si cresce. Mi è capitato di tornare a casa arrabbiato e poi di aver preso in analisi seriamente le osservazioni dei clienti in questi anni. Perché non sono arrivato alle persone che sono entrate nel mio ristorante? Cosa è andato storto? Questo mi chiedo sempre e questo mi ha aiutato a condurre Radici a un nuovo equilibrio”.
È un metodo che, vi assicuriamo, non tutti applicano… e anche chi è seduto in sala, come cliente, percepisce se dall’altra parte c’è ascolto o si va avanti con il paraocchi. Mettersi in discussione è sempre complicato; Andrea lo sta trasferendo al suo personale come requisito necessario per lavorare bene in questo settore.
“Creiamo sempre delle occasioni di confronto per capire quando qualcosa è andato storto, perché è andato storto, come si deve intervenire per evitare che accada
di nuovo. Senza questa buona abitudine si rischia di stare fermi, non solo come locale, anche come persone. Sono convinto che un gruppo, una squadra, per essere tale non possa esimersi da questa prassi”.
In sala i ragazzi di Radici ci confermano che è proprio così: una stimolante abitudine.
Tra di loro si respira la voglia di crescere, di fare bene questo lavoro, con competenza e ambizione.
L’ambizione, quella buona, che non guarda alle stelle e ai premi ma ai gesti quotidiani e al piacere di chi siede al proprio tavolo. Ora possiamo dirlo: anche la parola radici, scelta in origine per richiamare il concetto di legame con il territorio, sta accogliendo altri significati per questo ristorante. Per esempio porre radici giovani che crescano forti.
Radici Restaurant Via Andrea Costa, 18/a 35124 Padova Tel. 049 232 0525 www.radicirestaurant.it 54 | aprile 2023
La nostra idea di olio
La gamma completa degli oli Zucchi porta sulle tavole e nelle cucine della moderna Ristorazione tutta l’esperienza acquisita in oltre 210 anni di storia.
Un impegno continuo, un meticoloso lavoro di selezione e di lavorazione delle migliori materie prime, per garantire sempre l’eccellenza di ogni singolo prodotto.
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La ristorazione
Autore: Intelligenza Artificiale
Fammi un articolo su come risolvere i problemi del personale nella ristorazione
Abbiamo voluto provare, come tanti, ChatGTP, uno dei portali di intelligenza artificiale e quello che leggerete sotto è il risultato, in due minuti, alla richiesta che dà il titolo a questo articolo. Cosa ne pensate?
La ristorazione è un’industria dinamica e in continua evoluzione, ma affrontare i problemi del personale è sempre stato uno dei principali ostacoli per i proprietari di ristoranti. Le sfide includono l’attrazione e la selezione dei dipendenti giusti, la formazione e lo sviluppo del personale, la motivazione e la retention del personale, nonché il mantenimento di un ambiente di lavoro positivo e produttivo. In questo articolo, esploreremo alcuni dei problemi del personale nella ristorazione e forniremo soluzioni per affrontarli.
Attrarre e selezionare i dipendenti giusti
Il problema: Trovare dipendenti qualificati e motivati è una sfida comune per i proprietari di ristoranti. Il personale di ristorazione deve essere in grado di lavorare in modo efficiente sotto pressione, essere flessibile e avere una buona conoscenza del cibo e del servizio clienti. Tuttavia, trovare persone con queste competenze può essere difficile.
La soluzione: Ci sono diverse strategie per attirare e selezionare dipendenti qualificati per il tuo ristorante. Prima di tutto, assicurati di scrivere descrizioni di lavoro dettagliate che includano le competenze e le qualifiche richieste. Inoltre, pubblica annunci di lavoro sui siti di lavoro online e sui social media, in modo da raggiungere un pubblico ampio e diversificato.
Formazione e sviluppo del personale
Il problema: La formazione è essenziale per garantire che il personale sia in grado di fornire un servizio di qualità ai clienti. Tuttavia, la formazione richiede tempo e risorse, e può essere difficile trovare il tempo necessario per farla.
La soluzione: La formazione non deve essere vista come un costo, ma come un investimento per il tuo ristorante. Prepara programmi di formazione dettagliati per i nuovi dipendenti e pianifica anche formazione continua per il personale esistente. Inoltre, offri incentivi per la formazione, come un aumento di stipendio o un avanzamento di carriera.
Motivazione e retention del personale
Il problema: La ristorazione è un’industria ad alta rotazione, con una grande quantità di dipendenti che lasciano il lavoro ogni anno. Ciò può avere un impatto negativo sulla produttività e sulla qualità del servizio.
La soluzione: Mantieni il tuo personale motivato offrendo incentivi come un ambiente di lavoro positivo, un buon stipendio e opportunità di carriera. Inoltre, crea un piano di retention del personale che includa bonus per la permanenza in azienda e programmi di sviluppo del personale.
Mantenimento di un ambiente di lavoro positivo e produttivo
Il problema: Un ambiente di lavoro negativo può influire negativamente sulla produttività e sulla soddisfazione dei dipendenti.
La soluzione: Mantieni un ambiente di lavoro positivo fornendo supporto ai dipendenti, creando un clima di rispetto e collaborazione e incoraggiando la comunicazione aperta tra il personale e la dirigenza. I dettagli della tavola come il cestino di pane appoggiato su un’alzatina dove sotto una piccola candela accesa tiene in caldo i pani stessi preparati dallo chef, un reparto pasticceria che crea dolci perfetti per aumentare il ricordo positivo della cucina di Mida. Un luogo dove non si può volere di più per stare bene!
57 | aprile 2023
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Autore: Luigi Franchi
Enrico Mazzaroni
Lo chef de Il Tiglio di Montemonaco racconta i suoi sogni, la sua vita, il l egame con il territorio
Enrico Mazzaroni, 53 anni, studi all’Università di Bologna e attività in diritto internazionale ma il richiamo della tua terra, i bellissimi Monti Sibillini, ha vinto.
Quando sei tornato, ormai diversi anni fa, hai cominciato ad occuparti della ristorazione nell’agriturismo di famiglia: mai avuto un momento di ripensamento?
“Quasi mai, forse nel periodo più duro della mia carriera di cuoco. Ho scelto consapevolmente di fare questo mestiere che ho imparato, giorno dopo giorno, ad amare e continuerò ad amarlo”.
Quanto incidono i luoghi in questa professione?
“Per me completamente. Per molti chef non è così importante, mentre la mia parte di cuoco si è formata in questo territorio ed è indissolubilmente legata ad esso. Me ne sono reso conto quando ho dovuto lasciarlo. Questo non vuol dire che le idee possano spaziare in tutto il mondo ma il territorio mi ha formato, ha dato identità precisa alla mia cucina”.
Hai cambiato, poco a poco, la cucina dell’agriturismo, grazie anche alle esperienze in Francia e Giappone, portandola a un livello di completa personalizzazione: mi dai una definizione della tua cucina?
“Credo che sia, in una parola, una cucina di sentimento e di amicizia. Ho sempre sperato che la mia
Le interviste
Enrico Mazzaroni
59 | aprile 2023
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cucina suscitasse dei sentimenti nelle persone, e quello dell’amicizia per me è il più importante”.
Nei primi anni 2000 la carta dei vini è stata l’inizio di un percorso che ti ha portato a creare un ristorante gourmet all’interno dell’agriturismo, nella squadra è entrato tuo cugino, Gianluigi Silvestri, nel ruolo di sommelier e direttore di sala: come è cambiata la percezione del vino in questi ultimi anni?
“È cambiata molto, l’approccio ai vini è diventato sempre maggiore, con una competenza più alta tra le persone. Si prediligono le degustazioni rispetto alla bottiglia e questo vuol dire che c’è fiducia in chi propone, in questo caso Gianluigi. E questa fiducia genera nuova conoscenza, si aprono bottiglie di piccoli produttori, di cantine che hanno una visione molto chiara dell’importanza, in tutti i sensi, che riveste il vino a tavola. Il cambiamento è in meglio, naturalmente, e ha dato vita anche a un lavoro di ricerca nel redigere la carta, non solo i vini che vengono proposti dal distributore ma scoperte che facciamo andando direttamente nelle cantine italiane”.
Percezione del vino ma anche diversa percezione della ristorazione. Qualcuno dice che al ristorante non si
va più per mangiare ma per vivere un’esperienza. Non sono d’accordo su questa definizione, ma come viene vissuto il tuo ristorante?
“Devo dire che anch’io credo che il motivo principale per cui si va al ristorante è per mangiare bene, le persone devono essere soddisfatte del cibo. Poi viene l’esperienza, fatta di ambiente curato, di accoglienza, di conversazione e conoscenza. Non bisogna perdere di vista il motivo principale e, nel mio ristorante, le persone sono sempre venute per mangiare bene, sia quando eravamo trattoria sia ora che abbiamo un ristorante gastronomico e devo dire che io esco sempre alla fine di ogni pasto e li invito a farmi anche critiche e queste sono rivolte, quando ci sono, sempre verso il cibo. Per me è un arricchimento
60 | aprile 2023
Perla di fegato grasso e burro nocciola ricoperta di limone
ascoltare, recepire, perché comunque, anche se non si è un critico gastronomico, le persone hanno delle sensazioni che vanno sempre espresse”.
Quanto emette il piatto? Questa è una delle domande che le nuove generazioni si fanno al ristorante; come ti comporti nei confronti della sostenibilità, che idea hai?
“La sostenibilità è un discorso serissimo da fare. Deve riguardare tutto nel suo complesso. Noi siamo un agriturismo ed è una cosa normale vedere e fare gesti sostenibili; la stragrande maggioranza delle materie prime sono attorno a noi, vanno solo gestite con estrema cura. Ed è giusto che le nuove generazioni approfondiscano questo discorso e si facciano domande in tal senso. Dovrebbero riguardare tutte le generazioni”.
Facciamo un passo indietro, al 2016, al terremoto che ha colpito la tua terra: in quell’anno ti sei rifugiato a Porto Recanati con l’attività. Quanto ha contato nella tua formazione emotiva, come sei cambiato?
“In maniera sostanziale. È stato un periodo di grande sofferenza che ho accettato e trovarmi in un luogo diverso, con persone che non conoscevo, in un ristorante al mare, ha cambiato anche il mio approccio alla cucina; è diventata, da quel periodo, più morbida, più rotonda, meno spigolosa. Quando si è lontani dalla comfort-zone, non ce ne rendiamo conto subito, si cambia, si sviluppano approcci diversi alle cose e alle persone. Nel mio caso mi sono raddolcito e anche la mia cucina ha seguito quest’onda emotiva”.
Poi il ritorno a Montemonaco, il tuo minuscolo borgo sui monti dove è arrivato il riconoscimento della stella Michelin: anche qui emozione, gioia, ma la clientela come è cambiata? E trovare personale e mantenerlo in questi luoghi com’è?
“Rispondo subito alla seconda domanda: è difficilissimo, complicatissimo, a tratti impossibile. I ragazzi vogliono fare nuove e diverse esperienze e noi dobbiamo saperlo, senza farci prendere dai meccanismi della devozione eterna. Abbiamo dei punti fermi, naturalmente: Sabrina Tuzzi, altro chef che si è unita a me; Gianluigi che fa il sommelier e gestisce la sala. Abbiamo piena coscienza che siamo lontani da tutto, per questo gestiamo anche i turni e i giorni di riposo in maniera equilibrata. Per quanto riguarda la stella abbiamo aumentato il numero dei clienti, consolidato il rapporto con la clientela storica. Il giorno dopo l’assegnazione ho ricevuto mille messaggi di persone che ci riempivano di parole bellissime. Una gioia enorme!”
Al Tiglio, oggi, ci sono due menu degustazione, da sette e da dodici piatti, con i prodotti del territorio e piatti scelti da te; quali sono le regole per costruire corretta-
mente un menu degustazione?
“Il menu degustazione lo viviamo come un percorso. Nel primo da sette piatti metto quelli che sono più abbordabili, con un gusto più arrotondato, che soddisfa un po’ tutti. Il secondo, da dodici portate, si chiama Transumanza perché ricalca il nostro viaggio, dal mare alle montagne, e si arricchisce di un’idea complessiva che vogliamo trasmettere al nostro ospite. Ogni menu si costruisce su un’idea precisa, molto forte, che interessi il commensale dalla prima all’ultima portata. In termini di tempo quello da sette dura un’ora e mezza, quello da dodici due ore e trenta ma, a metà percorso, li facciamo alzare e li portiamo alla fontana a bere un bicchiere d’acqua fresca, poi ho altre idee per rompere i tempi. Il menu non deve mai essere più lungo di quel tempo, altrimenti diventa una tortura al posto del piacere”.
Grande importanza all’ambientazione, alla bellezza; elementi che giocano un ruolo importante nella ristorazione contemporanea. A questi voglio aggiungere l’etica del lavoro; è una tendenza che si può affermare?
Può essere un motivo di scelta da parte della clientela?
“Oggi i giovani hanno una precisa idea del lavoro. Io, in Francia, sono stato picchiato in cucina e questo non si deve mai fare. I ragazzi al Tiglio vivono il rispetto che portiamo a chi lavora con noi. Mentre vedo difficile in cucina stabilire le otto ore precise di lavoro e poi si cambia il turno, vedo molto più facile e noi lo pratichiamo, organizzare bene i giorni di riposo. Più si sta bene, più si lavora bene e più il ristorante ne trae anche un beneficio economico. Quindi si alla tua domanda: l’etica del lavoro diventerà una tendenza e un motivo ulteriore di scelta da parte degli ospiti”.
61 | aprile 2023
Gian Luigi Silvestri
Le interviste
Autore: Luigi Franchi
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Fausto Arrighi
Le regole della Rossa raccontate dall’ex-direttore Michelin Italia
Dal 1977 al 2005 ispettore della guida Michelin, poi, fino al 2012, direttore della stessa. 46 anni a strettissimo contatto con la ristorazione, perché anche dopo il pensionamento sei rimasto in questo ambito: prima di parlare della tua esperienza professionale più lunga, i 35 anni alla Michelin, parliamo del presente: cosa stai facendo ora?
“Adesso mi diverto, nel senso vero del termine. Seguo qualche ragazzo che vuole crescere, gli provo i piatti, faccio in modo che correggano qualche errore. È un processo abbastanza lungo, gli chef sono un po’ permalosi ma quando capiscono che non sono lì per fare il giudice, bensì per dare una mano, tutto diventa molto stimolante e diventa vero piacere da parte mia vederli accettare i consigli”.
Maurizio Campiverdi
Fausto Arrighi
Parlare della Michelin, molte volte, significa entrare in un terreno ancora, per certi aspetti, sconosciuto ma dove tutti, dall’esterno, vogliono dire la loro, soprattutto i giornalisti che scrivono di enogastronomia; c’è chi dice che gli ispettori sono pochi per esprimere un giudizio serio e oggettivo; c’è chi accusa la Rossa di essere troppo francese e poco italiana; c’è chi si erge a vero talent scout perché, nel totoscommesse che precede l’uscita della guida, aveva azzeccato i pronostici; c’è chi parla a vanvera, molti, moltissimi, perché in Italia, ancora nel 2023, ci sono persone che, pur non essendo mai entrate in questi ristoranti, parlano, parlano. Dal momento che non è cambiato molto, in termini di regole interne, da quando eri tu il direttore raccontiamola dal di dentro, cominciando con il fare chiarezza su un punto: la stella va allo chef o al ristorante?
“È un binomio: La stella è nel ristorante che, però, guadagna lo chef con la sua cucina. Ci sono tanti chef che dicono che sono stellati, pur non avendo più un ristorante di riferimento e questo è sbagliato. La stella resta al ristorante anche se lo chef va via, poi è compito degli ispettori capire se la cucina rimane stellata. Certo, è più facile mantenere una stella che c’è già anziché conquistarsela ma, appunto, deve mantenere quel livello di cucina che vale il viaggio. Poi c’è il caso degli chef-patron che si giocano sulla propria pelle il risultato finale; sono i più coraggiosi, se mi passi il termine, perché da noi i ristoranti stellati, a differenza
della Francia, fanno solitamente piccoli numeri ed è, quindi, molto difficile riuscire a gestire il ristorante e a stare a galla, come si suol dire. Poi ci sono gli chef giovani, con idee e velleità di crescita che comportano il voler cambiare se nel ristorante dove si trovano non ci sono le condizioni per migliorare ancora di più”.
Come si diventa ispettore della Michelin? Ci sono corsi specifici di formazione?
“Bisogna prima di tutto avere la mente pulita, avere palato e forma fisica perfetta perché si viaggia molto. La formazione è interna all’azienda e le prime volte si esce sempre in due per confrontarsi e acquisire maggior conoscenza delle regole. Poi, dopo aver capito e assimilato i canoni della Michelin, si continua da soli”.
È un mestiere più divertente o più faticoso?
“Faticoso! Perché è un mestiere, non un divertimento. Lo si fa 365 giorni all’anno, è un lavoro metodico e
interno del ristorante Da Vittorio.
63 | aprile 2023
Fausto Arrighi e Luigi Franchi a Chianina&Syrah
spesso si fa sia pranzo che cena. L’ispettore non mangia solo nel suo piatto, deve osservare gli altri ospiti, vedere che piatti scelgono per capire la soddisfazione delle persone per avere la garanzia che il suo giudizio sia in qualche modo condiviso”.
Per dare il giudizio definitivo quante volte si visita il ristorante?
“Più volte. Non si fa mai una visita unica, si prova in diversi momenti dell’anno, si crea un dossier e quando ci si riunisce per confermare o togliere una stella torna utile avere dei documenti davanti per dare un giudizio condivisibile con tutto il gruppo”.
A distanza di anni sveliamo una storia leggendaria: perché Gualtiero Marchesi non volle più le stelle Michelin?
“Lo stesso Marchesi lo ha detto: nel momento in cui non aveva più le tre stelle e denotava una certa stanchezza preferiva non essere più giudicato. Mi era venuto a trovare in ufficio ma non mi fece alcuna domanda in merito. Lui era un’icona, aveva portato le tre stelle in Italia e, inter-nos, non sarebbe mai sceso sotto le due stelle. Ma era a fine carriera, i nostri lettori, in molti, ci scrivevano che non si mangiava più come si aspettavano. Teniamo sempre presente che si tratta di ristoranti dove si spende molto e, di conseguenza, l’esigenza è più forte da parte della clientela”.
Ti sei mai sentito potente?
“No! E ti dirò di più, siamo qui, a Chianina&Sirah, dove mi sono messo la giacca da comis di cucina per stare in mezzo ai giovani cuochi che hanno fatto la cena inaugurale. All’inizio erano in soggezione, poi hanno capito che ero lì per divertirmi insieme a loro, condivi-
dendo i loro sogni”.
C’è chi dice che 80 ispettori sono troppo pochi per essere in grado di dare giudizi seri e certificati? Com’è la vita di un ispettore?
“Il giudizio è sempre serio e gli ispettori sono sufficienti per provare i ristoranti che meritano la stella o i bib gourmand. Poi è tutto relativo; persone che provano nove ristoranti a settimana alla fine dell’anno hanno fatto un grande lavoro. L’aspetto positivo è quella dell’essere anonimi, mangi, paghi il conto, te ne vai. In un mondo dove la visibilità è imperante loro sono sempre e comunque stati in disparte e questo non è assolutamente negativo”.
Oggi il ruolo delle guide è cambiato, il digitale, le persone che viaggiano molto più di un tempo, le critiche affidate, in certi casi, a giovani in cerca di un posto nel mondo che non arriva: qual è la tua opinione in proposito?
“Ci sono troppe persone che cercano di fare questo mestiere senza averne le competenze. Un mondo che probabilmente imploderà perché fare una guida è molto impegnativo e costoso e dare un giudizio è una cosa seria, imparare a leggere un menu non è facile, occorrono anni di impegno quotidiano e non si può lasciare in mano a critici occasionali questa professione. Infine serve indipendenza per fare una guida!”.
Come è cambiata la cucina italiana nei tuoi 46 anni di partecipazione attiva in questo mondo?
“Tantissimo! Ricordo che, all’inizio della mia carriera, guardando le proposte dei ristoranti, il pesce si mangiava solo lungo le coste, il resto dell’Italia si divideva tra carni bianche di pollo e piatti con il nome delle città; eravamo poveri, con una cucina da casa. Poi c’è stato il momento delle mode che non sono nostre: le cucine del nord-Europa, le schiume, ecc… Ora c’è finalmente una grande attenzione al territorio, alle materie prime del nostro Paese. E dobbiamo esserne orgogliosi e saperla vendere bene al turismo internazionale”.
Un’ultima domanda: perché non è ancora stato scritto un libro sulla storia della ristorazione italiana?
“Come dicevo prima, perché la nostra ristorazione ha una vita molto breve. È solo con Marchesi che la ristorazione italiana ha trovato un ruolo ben definito, con l’impiattamento e una nuova cucina. Prima era una cucina di casa trasposta nel ristorante. Cantarelli aveva due stelle Michelin ma se, per ipotesi, mangiassi oggi la sua cucina di stelle forse non ne avrebbe nessuna. I grandi chef dell’epoca uscivano dalle case nobili o dell’alta borghesia, cosa che i francesi avevano fatto due secoli prima”.
64 | aprile 2023
L'interno Del Pescatore a Canneto sull'Oglio (MN)
La storia della gastronomia
Autrice: Antonella Petitti
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Dieta Mediterranea, moderna e sostenibile
Le emergenze climatiche ed ambientali necessitano di una risposta anche sul piano alimentare, le diete sostenibili sono l’unica strada possibile.
“È la sola ricetta in grado di riparare i danni prodotti dalla bulimia consumistica. Da quell’opulenza spalmata come burro sulla vita del cittadino globale che ha finito per ostruire le coronarie del primo mondo. Appesantito dall’accumulo delle scorie del benessere, da un eccesso di residui non più metabolizzabili. Proprio come le montagne di rifiuti che assediano le nostre città. È come se la salute del nostro corpo fosse diventata la cartina tornasole della salute del pianeta”
Tratto da “Non tutto fa brodo” di Marino Niola
“Un’etichetta nuova per una dieta antica”, è così che l’UNESCO definisce la Dieta Mediterranea. Uno stile di vita, piuttosto che un modello fatto di tabelle nutrizionali. In effetti, è proprio questa sua fluidità a renderla sempre attuale, tanto che la sua efficacia non è mai stata messa in discussione sin da quando – negli anni Sessanta - gli scienziati americani Ancel e Margaret Keys la battez-
zarono. Misero radici nel borgo di Pioppi, nel Cilento costiero, dove per quarant’anni tornarono dalla loro casa in Minnesota e dai molteplici viaggi di lavoro. E da lì la osservarono, la vissero, la studiarono.
I principi della Dieta Mediterranea
Vivere bene e a lungo: è questa la promessa della Dieta Mediterranea ed è stato l’obiettivo degli scienziati impegnati a comprendere il perché – in quest’area – vi fosse una bassa incidenza di malattie cardiovascolari. Alla base della piramide alimentare, in un consumo giornaliero, vi sono acqua, frutta e verdura fresca, olio di oliva, legumi e cereali, seguiti da frutta secca, latte e latticini. Meno frequentemente entrano nella dieta le uova, il pesce e la carne bianca, per poi limitare ancor di più insaccati, carne rossa e dolci. Sembrerebbe, alla luce di quanto ne sappiamo oggi, la dieta del buonsenso. Eppure, è figlia delle ristrettezze del suo tempo e delle ca-
ratteristiche del territorio. Un patrimonio immateriale –riconosciuto dall’UNESCO nel 2010 – che non suggerisce soltanto i cibi migliori per la propria salute, ma sottolinea quanto siano importanti la convivialità, il movimento e la stagionalità.
La piramide della sostenibilità
A ben guardare la Dieta Mediterranea non è solo il modello alimentare più consigliato al mondo in nome della prevenzione, ma si rivela anche una guida per una tavola sostenibile. Una necessità, quella di individuare oggi una dieta che non pesi sull’ecosistema, di cui la FAO si è occupata già nel 2010, proponendone una sorta di definizione: “Le diete sostenibili sono diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono culturalmente accettabili, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane”.
È così che alla piramide alimentare della Dieta Mediterranea si affianca con naturalezza la piramide ambientale. In effetti, alla base dell’alimentazione dei popoli mediterranei vi sono i cibi più sostenibili, ovvero cereali e vegetali. Mentre in cima ad essa restano i prodotti trasformati e le carni rosse. La dimostrazione che adottare questo regime alimentare significa non soltanto puntare al proprio benessere, ma anche a quello ambientale.
È stato stimato che i prodotti della Dieta Mediterranea provocano un impatto ambientale del 60% inferiore rispetto ad una alimentazione basata su carni e grassi animali.
Ripensare il proprio modo di alimentarsi significa, ovviamente, fare i conti con principi come la stagionalità, il km zero e le pratiche agricole. Caratteristiche che posso-
no guidare una spesa consapevole, oltre che sana. Tra le sue linee guida merita una citazione anche la frugalità, elemento che non solo sottolinea la necessità di rivedere le porzioni, ma che sposa il bisogno di ridurre al massimo lo spreco alimentare.
D’altronde, se aumenta giornalmente la lista delle patologie per cui questo regime alimentare è consigliato, è anche vero che in Italia la si applica sempre meno. Gli ultimi dati sull’obesità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fotografano un Paese in sovrappeso: 25 milioni di persone, con un impatto economico negativo sul sistema sanitario nazionale. Una problematica che tende a concentrarsi nelle regioni meridionali e che si nutre della poca informazione. A guidare la classifica è proprio la Campania, patria della Dieta Mediterranea, seguita da Molise, Sicilia, Calabria e Basilicata.
L’Italia è in cima alla classifica europea per obesità infantile, circa il 42% dei bambini tra i 5 e i 9 anni è obeso o in sovrappeso, con conseguenze devastanti sulla loro crescita. Tra le principali cause vi è, senza dubbio, l’abuso di prodotti industriali e un preoccupante allontanamento dalla materia prima. Molti bambini non conoscono i cibi naturali su cui si basa la produzione del paniere tradizionale italiano.
Sostenibile, non soltanto in termini ambientali
La sostenibilità della Dieta Mediterranea, difatti, non si limita all’aspetto ambientale. Adottarla significa innanzitutto migliorare il proprio stato di salute, di conseguenza diminuire la spesa sanitaria nazionale, oltre che la propria.
Anche il peso sul bilancio familiare dei prodotti vegetali e dei cereali è di gran lunga inferiore agli alimenti di origine animale.
E, come se non bastasse, il Made in Italy si fonda su prodotti in prevalenza vegetali. Tanto che è possibile affermare che prediligere una Dieta Mediterranea significa valorizzare molte delle produzioni italiane.
Gli interni del museo della Dieta Mediterranea
66 | aprile 2023
Palazzo Vinciprova
Gli eventi della Dieta Mediterranea
Da quando la Dieta è stata nominata Patrimonio Immateriale dell’Umanità gli eventi in suo onore si sono moltiplicati, soprattutto in Campania. Uno dei più importanti si svolge proprio a Palazzo Vinciprova a Pioppi, nella sede del Museo Vivente della Dieta Mediterranea
Un luogo di ritrovo per chi non dimentica l’attività scientifica che ha permesso di accendere i riflettori sull’alimentazione locale, ma anche un hub che guarda al futuro.
In effetti, si tratta di un ecomuseo gestito da Legambiente, perché ciò che proietta verso il futuro questo stile di vita è proprio la sua capacità di essere sostenibile anche per il Pianeta.
Dal 2016 qui si svolge annualmente il Festival della Dieta Mediterranea. Il programma è ricco e variegato e si compone di un lungo calendario che, per il 2023, si terrà dal 23 luglio al 10 settembre.
Ogni novembre, invece, il Comune di Pollica promuove l’iniziativa Buon compleanno Dieta Mediterranea, che quest’anno si svolgerà dal 16 al 18. Nata per ricordare l’anniversario dell’iscrizione come Patrimonio UNESCO, è diventata occasione per accendere i riflettori su tutti gli aspetti di quello che è riconosciuto come un vero e proprio stile di vita. E, visto l’interesse internazionale, non sono mancate attività collaterali svoltesi all’estero.
Alle porte, invece, l’appuntamento con Cilento Tastes dal 22 al 25 aprile prossimi. Nella struttura dell’ex Tabacchificio di Capaccio Paestum andranno in scena labo-
ratori, show cooking e degustazioni mantenendo come fil rouge la Dieta Mediterranea.
Dal 26 al 28 maggio, sempre a Capaccio Paestum, ritorna il Salone della Dieta Mediterranea. L’obiettivo dell’evento è diffondere questo patrimonio nell’ottica di uno stile di vita sano, che guardi allo sviluppo territoriale e alla sostenibilità.
Prodotti tipici della dieta mediterranea
Grano talli zucchine
67 | aprile 2023
Scopri il Museo vivente della Dieta Mediterranea
L'arte e la cucina
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Andar per mostre, luoghi d’arte e per cucine
Premessa
Ennio Flaiano, superficialmente ricordato solo per i suoi aforismi, spesso apocrifi, fu sceneggiatore di celebri film di Fellini, La strada, La dolce vita e 8 ½, e poi scrittore, giornalista, umorista, critico cinematografico e teatrale. Nelle sue recensioni teatrali, se uno spettacolo non l’aveva convinto o se qualcosa l’aveva infastidito, il tossicchiare degli spettatori o la ressa caciarona nel foyer, dedicava l’intero articolo alla trattoria romana del suo dopoteatro per poi richiamare in conclusione il titolo, qualche interprete e il teatro.
Autore: Bruno Damini
Arte&Cucina
Volendo visitare la mostra «RINASCIMENTO A FERRARA» ho cercato di combinare come sempre il binomio arte&cucina. Chiesto consiglio all’amica Maria Grazia Soncini, cuoca stellata della Capanna di Eraclio: il suo luogo del cuore è la trattoria Il Sorpasso. Prenoto on line i biglietti per la mostra nella fascia oraria 11-12 e un tavolo per il pranzo domenicale.
La Trattoria
Il Sorpasso è una scoperta che scalda l’anima, coi profumi che ci accolgono in sala dove non c’è un tavolo libero, famiglie, un compleanno, ragazzi che scrutano con occhio esperto una carta dei vini che privilegia quelli naturali di piccole aziende con ricarichi onestissimi. Il menu riflette la doppia anima siculo-ferrarese del cuoco Saro Mantarro con prodotti di piccoli allevatori, coltivatori e produttori prevalentemente locali. Fan cadere in tentazione anche i piatti a base di pescato proveniente dai mercati di Porto Garibaldi e Goro. Le paste fresche sono tirate al mattarello (sgnadur, in ferrarese). L’accoglienza in sala e un servizio decisamente celere sono curati con sapiente discrezione da Bea Callegaro che governa col solo sguardo e un dolce sorriso tre giovani collaboratori fra i quali Mirela, che di vino ne sa e intuisce i gusti dei clienti (Saro dice ironico: ne sta bevendo, la stiamo facendo studiare). È gente che lavora ogni giorno “con le mani e col cuore”, lo si percepisce nel modo che hanno di farti sentire come a casa, che è poi quello che ti aspetti da una vera trattoria. L’apparecchiatura è decisamente spartana, il conto assolutamente onesto in rapporto alla qualità delle materie prime e delle preparazioni.
La mostra
Il cinquecentesco Palazzo dei Diamanti riapre al pubblico in quest’occasione dopo importanti interventi di restauro e valorizzazione degli spazi espositivi e degli esterni che permettono finalmente di godere del giardino col collegamento tra le due ali del Palazzo con una struttura in legno e vetro.
Va dato merito ai curatori, Vittorio Sgarbi e Michele Danieli, di avere coerentemente riunito oltre cento opere provenienti da musei e collezioni private di tutto
69 | aprile 2023
il mondo, permettendo di scoprire, o riscoprire, l’arte di due grandi pittori ferraresi protagonisti della stagione del Rinascimento estense con fruttuosi periodi di attività anche a Bologna: Ercole de’ Roberti (c. 14501496) e Lorenzo Costa (1460-1536). La provenienza di un certo numero di opere è proprio dalla città felsinea, dalla Basilica di San Petronio, Santa Maria della Misericordia, San Giovanni in Monte, Musei Civici di Arte Antica, poi soprattutto dalla Pinacoteca Nazionale, invogliando a un successivo percorso tematico a tappe bolognesi.
I due protagonisti sono affiancati da maestri nobili e dai contemporanei: Mantegna, Cosmè Tura, Niccolò dell’Arca, Marco Zoppo oltre ad Antonio da Crevalcore, Guido Mazzoni, Boccaccio Boccaccino, Francesco Francia e Perugino.
Com’è consuetudine per le mostre con forte attrattiva è consigliata la prenotazione on line per fasce orarie. Peccato che il contingentamento dei flussi di pubblico, che dovrebbe favorire la piena fruizione delle opere esposte nelle 14 sale, quella domenica non abbia funzionato generando - con disappunto alla Flaiano - una lunga coda di visitatori prenotati all’esterno e un tale affollamento nelle prime quattro, cinque sale da costringerci a rinunciare a ogni tentativo di visionare le opere ivi esposte tirando di lungo per arrivare nelle successive sale dove le presenze andavano rarefacendosi un po’. Peccato per la prima parte perduta del lungo, affascinante percorso espositivo, ottimamente
allestito. Verrebbe voglia di recuperare quando il controllo dei flussi sarà meglio rodato trovando la scusa per godere nuovamente dell’accoglienza del Sorpasso.
Rinascimento a Ferrara
Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa Ferrara, Palazzo dei Diamanti
18 febbraio – 19 giugno 2023
Informazioni tel. 0532 244949 diamanti@comune.fe.it www.palazzodeidiamanti.it
Aperto tutti i giorni, dalle 10.00 alle 20.00 Aperto anche Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1maggio, 2 giugno
Trattoria Il Sorpasso
Via Saraceno, 118, Ferrara
Tel. 0532 790289
Chiusura: lunedì e martedì
www.trattoriailsorpasso.it
70 | aprile 2023
Autrice: Simona Vitali
Emergente Chef
Un osservatorio di eccellenza
Compie quasi vent’anni il Premio Emergente, format ideato da Witaly di Luigi Cremona e Lorenza Vitali per valorizzare il talento di chef under 30 (Emergente Chef) e in un secondo tempo anche di pizzaioli, pasticceri e professionisti di sala (da cui Emergente Pizza, Emergente Pastry ed Emergente Sala).
Un appuntamento atteso per quella capacità di contribuire a individuare chi da lì poco si evidenzierà, in molti casi, come rivelazione della cucina italiana. Ad oggi, quanto alla sezione chef, sono infatti oltre un centinaio i professionisti transitati dal premio Emergente poi insigniti anche della stella Michelin, di cui due donne: Antonia Klugmann e Sara Scarsella
Quindi un’iniziativa che non tradisce le aspettative e un attendibile osservatorio di direzione, delle tendenze in atto.
Un’iniziativa seria che sonda lo Stivale in ogni sua parte, tra nord e centro sud, e attraverso una progressiva selezione porta ad una rosa fi nale di sette sfi danti che si contendono il titolo di Emergente per ogni categoria.
Il sodalizio con ALMA
Da qualche anno ad ospitare Emergente Chef e Emergente pizza è ALMA, la Scuola Internazionale di cucina italiana, partner ideale per la sua impostazione assolutamente professionale e rigorosa, in sintonia con la visione degli organizzatori.
“ALMA – lo aff erma lo stesso Cremona – è un esempio di come la cucina deve essere, che a volte, invece, manca un po’ di rigore. Abbiamo spesso poco rigore e più fantasia”.
Prontamente interviene Andrea Sinigaglia: “ Se ALMA si chiama così è merito di Luigi Cremona, è stato lui all’epoca a proporre questo nome che contiene la radice della parola alimentazione, Alma è la madre che nutre. Siamo stati battezzati da Luigi. Il premio Emergente credo che qui possa trovare un luogo consono, dando quel rigore, quella conoscenza, quei paradigmi che servono. Come sosteneva Marchesi, la creatività emergerà poi”.
Il ritorno al rigore
Sono confortati gli organizzatori: “I concorrenti che negli
ultimi anni si erano inerpicati in voli pindarici, mettendo in scena certe stranezze e preoccupandoci anche un po’, si sono ridimensionati. Anche la foga di certe cotture sembra essere rientrata”.
“La bassa temperatura è molto comoda ma non regala succosità alla carne” chiosa uno dei concorrenti. C’è un ritorno ai metodi di cottura tradizionali di cui si riconosce il valore.
Altra nota positiva, evidenziata dallo stesso Cremona: “Oggi i giovani sono più aperti a coltivare relazioni fra loro, a collaborare. Un tempo si parlava solo male gli uni degli altri. Il mondo fortunatamente sta cambiando”.
Corona Enzo Vizzari che definisce i ragazzi in gara “piuttosto giudiziosi. Solo qualche edizione fa arrivavano piatti in cui c’era di tutto. Mi pare che di questi tempi ci siano un po’ meno cuochi d’artificio, come li avevo definiti io”.
I partecipanti e i vincitori
Dicevamo sette concorrenti in gara per la finale di Emergente chef di cui riportiamo i nomi perché tutti possiamo fare loro visita e tenerli sott’occhio:
-Dario Moresco de La Stua de Michil Alta Badia
-Riccardo Foglietti de Il Castello di Reschio a Lisciano Niccone (PG)
-Francesca Barone de La Fattoria delle Torri a Modica (RG)
-Vincenzo Russo di Furore Gran Hotel a Furore (SA).
-Simone D’Aluisio di Une a Capodacqua (PG)
- Irina Stratan de La Paterna a Giavera del Montello (TV)
-Stefano Battaini di Cucine Nervi a Gattinara (VC)
Il premio Emergente chef è andato a Stefano Battaini e il premio menzione speciale è a Irina Stratan.
Ci sono premi, o concorsi, che davvero hanno la capacità di far assaporare un po’ di futuro. Il premio Emergente è in testa.
Gli eventi
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71 | aprile 2023
Stefano Battaini, vincitore Emegente chef
e leggi l’articolo sul web
Autore: Guido Parri
Erredi Distribuzione a Levante Prof
www.erredi-distribuzione.it
Si è da poco conclusa la Fiera Internazionale Levante Prof, svoltasi a Bari dal 12 al 15 marzo. Si tratta di una manifestazione biennale che racchiude tutto il mondo del food per il Sud Italia. Questa edizione ha avuto un notevole successo di pubblico stimato in 25.000 persone e considerando che non esistevano biglietti omaggio possiamo davvero affermare che è stata una fiera dove si è fatto business e relazione tra i professionisti, siano essi espositori che visitatori.
La soddisfazione di Erredi Distribuzione “Quest’anno la nostra azienda compie trent’anni – racconta uno dei soci, Angelo Raimondi – e, per celebrarli, tra le diverse iniziative, abbiamo deciso di partecipare, per la prima volta, a questa fiera. Il nostro stand era di 100 metri quadrati a cui si sono aggiunti i 16 metri di Maredì, la nostra azienda di pesce; nello stand hanno trovato spazio molte aziende partner che hanno avuto la possibilità di far conoscere i loro prodotti, anche grazie agli show-cooking che abbiamo organizzato con i loro chef. Il botto lo abbiamo fatto con una testimonial d’eccezione, Marianna Calderaro vincitrice della settima edizione di Masterchef: lei è di Monopoli, dove abbiamo la sede aziendale, e ha attirato tantissime persone. In totale lo stand è stato visitato da duemila persone in quattro giorni, con 650 partite IVA che hanno conosciuto più da vicino Erredi Distribuzione; metà di questi non ci conoscevano, altri si ma non si erano resi conto della nostra dimensione e questa cosa ci ha fatto riflettere sulla necessità di comunicare meglio ciò che facciamo. Anche l’appartenenza al gruppo Cateringross ha suscitato interesse che deve essere convogliato nel migliore dei modi”. Una partecipazione che ha dato un esito positivo e che vi ha insegnato anche nuove cose quindi?
“Certamente e ci siamo già candidati per l’edizione 2025. Nel frattempo miglioreremo la nostra capacità di comunicare e stare sempre più vicino ai nostri clienti ristoratori che vedono in noi un partner affidabile” conclude Angelo Raimondi.
Gli eventi
72 | aprile 2023
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I libri Autore: Luigi Franchi
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Il mondo della pizza
Un libro che affronta in maniera compiuta la pizza, attraverso la storia e l’antropologia, le tecniche nuove e le tipologie, le ricette dei più conosciuti pizzaioli. Si legge con gusto, si scopre il percorso che hanno fatto le farine negli ultimi anni per uscire da una dimensione di commodity, e ci fa approcciare alla pizza superando la leggenda che è un alimento che fa male, non è digeribile. Come ogni alimento va consumato con intelligenza, scegliendo impasti come quelli descritti nel volume. Molto interessanti le prefazioni, o meglio i primi capitoli, di Marino Niola ed Elisabetta Moro, due studiosi che hanno portato alla ribalta la Dieta Mediterranea in questi ultimi anni. Altrettanto utile il dizionario della pizza che compie un vero viaggio nei modi di intenderla. La lettura di questo libro, edito da Slow Food Editore, ci renderà edotti su un mondo – quello della pizza – in profondo cambiamento lungo tutta la filiera, a cominciare dal primo gesto che si compie mentre si prepara la pizza: l’impasto. Non è un caso che a sostenere questa pubblicazione sia stato un partner di Slow Food, un’azienda che ha fatto la storia recente della pizza. L’azienda Agugiaro&Figna, con le sue farine Le 5 Stagioni.
Oleoturismo, opportunità per imprese e territori
Dario Stefàno, Fabiola Pulieri
Agra Editrice Pag. 180
Euro 22
www.agraeditrice.com
Il mondo della pizza
AA.VV.
Slow Food Editore Pag. 237
Euro 20
www.slowfoodeditore.it
Oleoturismo, opportunità per imprese e territori
Dario Stefàno è un senatore della Repubblica italiana, pugliese, che ha fatto tanto per l’affermazione del turismo del vino e dell’oleoturismo nel nostro Paese. Autore della norma interministeriale sull’oleoturismo all’interno della legge n.169 del 27 dicembre 2019, ha contribuito a rendere ufficiale un termine che corrisponde a una nuova forma di turismo esperenziale che si affianca a quella già consolidata del turismo del vino.
Nel caso dell’oleoturismo si tratta di: cooking class, degustazione di olio, partecipazione attiva alla raccolta, picnic sotto gli alberi secolari, trekking tra le coltivazioni di olivicoltura eroica, ecc…
Tutti argomenti che, insieme ai dati di produzione dell’olio e alla spiegazione della norma, sono racchiusi nel bel libro edito da Agra Editrice a firma dello stesso Dario Stefàno e Fabiola Pulieri: Oleoturismo, opportunità per imprese e territori
La prefazione di Federico Quaranta mette l’accento sulla sacralità di questa pianta simbolo dell’intero Mediterraneo.
Le pagine scorrono veloci lungo la storia millenaria dell’ulivo e si soffermano anche sulle tecniche di marketing turistico e di valorizzazione del prodotto, con riflessioni e idee molto innovative. Una piacevolissima lettura!
73 | aprile 2023
Autrice: Marina Caccialanza
La farina più innovativa è MIA
Agugiaro & Figna, storica azienda molitoria, garantisce il massimo risultato in qualunque tipo di lavorazione a tutti i professionisti del settore e, con il suo marchio 5 Stagioni, presenta MIA, la farina ottenuta da macinazione integrata, in cinque versioni. Con tre siti produttivi dotati di due impianti molitori per sito, Agugiaro & Figna offre la sua visione di qualità dal campo al prodotto finito, attraverso ricerca e approvvigionamento diretto di grani, avanguardia delle tecniche di macinazione e lavorazione, sviluppo di farine genuine e funzionali che preservano il sapore autentico del grano.
È il primo molino in Italia a realizzare farine specifiche, in particolar modo per pizza, ottenute con un metodo brevettato denominato macinazione integrata®, un processo che associa due tipologie di molitura,
quella più tradizionale a pietra con quella moderna a cilindri, e che regola in maniera innovativa i diagrammi dell’intero processo di lavorazione, con particolare attenzione al controllo delle temperature di produzione.
Il processo comincia con i cereali, che vengono sottoposti a una efficacissima pulitura e una decorticazione sapiente e calibrata, per passare a macinare integralmente i chicchi con le massime garanzie di igienicità e salubrità, non riscontrabili nei processi tradizionali. L’integrazione della macinazione a pietra con quella più gentile e progressiva a cilindri permette di riunire in una stessa farina le caratteristiche rustiche e veraci con quelle fini e delicate, concilia quanto di meglio la tradizione e la tecnologia insieme possano offrire, per ottenere sfarinati integrali o semi-integrali di granulo-
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74 | aprile 2023
La macinazione integrata comincia con la scelta dei cereali, passa per la macinazione attraverso due metodi di molitura, e diventa un prodotto dalle caratteristiche rustiche e veraci unite a quelle fini e delicate: è la rivoluzione della farina
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metria mirata e precisa, igienicamente più sicuri, con prestazioni sempre costanti, con una shelf life superiore alla media e nel pieno rispetto delle caratteristiche native del chicco.
La linea di prodotti ottenuti da macinazione integrata®è composta di:
• MIA X, farina da macinazione integrata tipo 1, extra elastica
• MIA M, farina da macinazione integrata tipo 1, multipla estensibile
• MIA S, farina da macinazione integrata tipo 1, semplice e diretta
• MIA GRA, farina da macinazione integrata tipo 2, da grani antichi 100% italiani, ricca e genuina
• MIA SEI, semola rimacinata da grano duro integrale da macinazione integrata, rustica e gustosa.
MIA è una farina rivoluzionaria e il bouquet aromatico che sprigiona rivela a pieno l’alta qualità dei grani selezionati; la macinazione integrata® ne preserva la sfumatura dolce della componente germinativa del chicco e quella più ricca e intensa del cuore e della parte migliore della crusca, infondendo personalità a tutte le preparazioni.
Cinque tipologie per ogni utilizzo
MIA S, semplice e diretta, è la farina adatta a preparazioni dove si cerca una pronta reazione ai processi fermentativi e dove è richiesta una modesta elasticità.
I ridotti tempi di impastamento e l’ottimo assorbimento d’acqua permettono di soddisfare tutti i requisiti richiesti negli impasti per pizza e pane a breve lievitazione e nel rinfresco di ogni tipo di impasto indiretto. La sua qualità proteica garantisce una perfetta lavorabilità in tutti i tipi di impasti ad alta e a bassa idratazione per realizzare pizza classica, in teglia e pane a
lievitazione diretta. In pasticceria, per frolle classiche e frolle montate leggere, plum cake e torte da forno.
MIA M, multipla estensibile e utilizzabile a medie lievitazioni, presenta caratteristiche reologiche molto equilibrate che la rendono adatta a tutte le preparazioni dove è richiesta grande elasticità. Il suo bilanciato tenore di glutine, infatti, garantisce una perfetta lavorabilità in tutti i tipi di impasti in cui si cerca lo sviluppo di una mollica voluminosa e ben strutturata con crosta friabile e sottile. Conferisce ai prodotti finiti piacevole masticabilità, sapore e profumi percepibili, e mai invasivi. In pasticceria, si presta in maniera ottimale alla realizzazione di lievitati da colazione.
MIA X è extra elastica è adatta a lunghe maturazioni e dove si cerca notevole sviluppo di volume, un agevole controllo della lievitazione e una maglia glutinica molto estensibile. Si presta nel rinfresco del lievito madre e nella preparazione di bighe o paste di riporto. Il suo tenore proteico garantisce una perfetta tenuta e lavorabilità in tutti i tipi di impasti ad alta idratazione e, impiegata nei sistemi con fermalievita, garantisce stabilità e costanza di risultati e una ridotta ossidazione degli impasti. I prodotti finali si rivelano leggeri e gustosi, dalla cromaticità vivace e caratterizzante, eccellente masticabilità e scioglievolezza. In pasticceria è adatta alla realizzazione di grandi lievitati o lievitati da colazione.
MIA GRA, ricca e genuina, è una farina di tipo “2”, 100% italiana, ottenuta da quattro varietà di grani teneri antichi (Verna, Autonomia, Abbondanza, Frassineto). Adatta a brevi lievitazioni e per processi di lavorazione delicati nel rispetto della tradizione, nonostante la ridotta espansione lievitante, garantisce una pronta fermentazione a fronte di basse quantità
di lievito compresso. Altamente proteica, conferisce alveolatura fine e compatta, sapore rotondo, friabilità e leggerezza, note aromatiche pregevoli. In pasticceria
è adatta per frolle, biscotti e impasti sponge. Infine, MIA SEI, la farina rustica e gustosa, semola di grano duro integrale ad alto tenore proteico, adatta a medie e lunghe lievitazioni e dove è richiesta grande elasticità. Contiene abbondanti fibre leggere e va idratata lentamente, bilanciando i liquidi di ricetta, e impastata con cura, per permettere alle fibre di ammorbidirsi. La grande capacità d’idratazione migliora la resa e la lunga resistenza alla retrogradazione dell’amido aumenta la conservazione e la durata del prodotto finito: pane a lievitazione naturale e diretta, pizze tonde e pani di media e grande pezzatura, pane in cassetta, frolle e biscotti.
I valori di MIA e i vantaggi del suo impiego
MIA è il frutto di una sapiente combinazione di tecnologie molitorie e ricerca di alte prestazioni.
È sinonimo di sicurezza e qualità perché offre sapori e aromi intensi e alto grado di igienicità e salubrità abitualmente non riscontrabili nei processi tradizionali.
Le sue prestazioni sono costanti e stabili nel tempo. È una farina a granulometria mirata e precisa con aumentate capacità di conservazione del prodotto. Le sue caratteristiche rendono l’utilizzo ottimale in pizzeria: l’alta qualità dei grani selezionati attribuisce
gusto caratterizzante ma non invadente, inoltre, possiede un ampio bouquet aromatico che la rende adatta a tutti i tipi di impasto e che possiamo definire: dolce della componente germinativa del chicco ricco e intenso del cuore del chicco rustico e caratterizzante della parte migliore della crusca.
MIA è una farina di tipo 1 e 2 dalle performance sicure, come una farina tradizionale. La qualità proteica di MIA pari al 12-14% garantisce una perfetta tenuta e lavorabilità a cui conseguono: ridotti tempi di impastamento, tenuta a lunghe maturazioni, ridotta ossidazione dell’impasto, maglia glutinica molto estensibile, eccellente sviluppo di volume in cottura e crosta sottile e friabile.
76 | aprile 2023
Scopri come nasce MIA
Autrice: Marina Caccialanza
Gli specialisti della Panna
A giudicare dagli investimenti e dai recenti successi in termini di riscontro sul suo mercato di riferimento, il 2023 si prospetta essere davvero l’anno di Ken-Foods, iniziato con una presenza al Sigep di Rimini di grande impatto, che conferma tutte le potenzialità dell’azienda sul mercato italiano. Ken-Foods rappresenta a pieno titolo il gruppo Liasa (Lacteos Industriales Agrupados) al quale appartiene.
Da sempre specializzato nella produzione di panna da montare e da cucina e derivati del latte, Ken-Foods è oggi in grado di proporre prodotti diversi di alto livello, sia pastorizzati che UHT di qualità sempre premium dal punto di vista organolettico, in quanto tutti i processi sono gestiti con estrema cura e con una ecnologia di altissimo livello. I prodotti Ken-Foods sono studiati per l’uso professionale nel mondo del food-service dolce e salato, della ristorazione, della pasticceria e della gelateria. Tutta la materia prima utilizzata nelle creme Ken-Foods proviene dalla Galizia, una regione nel nord della Spagna. La Galizia guida la produzione di latte in Spagna ed è una delle regioni più produttive d’Europa. La scrematura del latte avviene per centrifugazione, riducendo i tempi tra la mungitura e il confezionamento e ottenendo così
una panna di latte sempre freschissima. Il processo di trattamento UHT è condotto con estrema attenzione, per mantenere elevate le qualità organolettiche, il sapore e la texture della materia prima autentica.
Una panna per ogni utilizzo
Fra le molte referenze, vi presentiamo Ken Culinaria, perfetta per tutte le preparazioni salate come ripieni, piatti a base di carne, pesce e per la preparazione di salse e rifiniture. Una panna di massima qualità, pastorizzata, da utilizzare sia in cucina che nella gastronomia. La panna Culinaria è una crema di latte da cucina di alta qualità. Nel momento dell’assaggio grazie alla formulazione esclusiva Ken-Foods, non predomina sul palato ma lo lascia pulito e fresco. Il suo sapore è elegante e fine, pronto a qualunque matrimonio, cerimonia ed evento dove garantirà l’esaltazione dei sapori in modo naturale. Nata Culinaria è una panna perfetta all’utilizzo in cucina e gastronomia salata, ma sorprende anche in pasticceria. Infatti, può essere utilizzata anche per la preparazione di creme e budini dolci. È ottima nella preparazione di basi per salse espresse fredde, rifiniture per paste e risotti e per tutte le preparazioni che prevedono la panna nell’in-
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Ken Foods, gli specialisti della panna, per ogni tipo di esigenza e sempre di elevatissima qualità. Ecco perchè!
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gredientistica e vengono servite fredde, come mousse e panne cotte salate, ripieni per pasta fresca, composti a base di carne e pesce per farcire. Garantisce alta stabilità nei processi di congelamento e scongelamento ed è perfetta e idonea nell’aggiunta di ingredienti acidi/alcolici a freddo. Gli Chef di Ken-Foods presentano qui un originale Flan di Asparagi con gamberi e guanciale, un secondo che si presta ad una splendida coreografia.
Altro cavallo di battaglia è Ken Gourmet Duo un prodotto 100% senza zuccheri, ottimo quindi sia in cucina che in pasticceria. Due prodotti in uno, per garantire il massimo in qualsiasi preparazione. A base di latticello e grassi vegetali, con panna di centrifuga da vaccino addizionata, ha il 31,7% di grassi ed è il prodotto ideale sia per montare che per cucinare, grazie al suo duplice uso ottimizzato per il food-service dolce e salato, idoneo anche nel montaggio. Al palato si presenta come un prodotto gradevolmente sapido, idoneo ad incontrare ingredienti di ogni natura. Sopporta al meglio i processi di riscaldamento, anche a bagnomaria, senza separarsi. Gourmet Duo di Ken-Foods è un blend ottimo per salse e cotture espresse in padella (secondi di pesce, di carne, per ottenere salse vellutate veloci) ma anche per salse preparate a freddo al sifone. Il suo utilizzo risulta perfetto anche nel mondo della cucina dolce e della pasticceria. È un prodotto idoneo al montaggio (anche al sifone) grazie all’unione con lo zucchero (da 100 g fino a 300 g di zucchero/lt.) La sua struttura si presenta molto cremosa con un’alta stabilità, anche nell’unione con ingredienti acidi o alcolici. La sua temperatura di montaggio consigliata è tra i 4°C e i 6°C. Gli chef di Ken-Foods propongono qui un filetto di vitello
“semplicemente differente” nel contrasto di sapori. Una bellissima “Rosa” di vitello con spuma alle aringhe affumicate.
Fra i nuovi prodotti, molto interessanti a dimostrazione della flessibilità e dell’innovazione dell’azienda sono Ken Trufa, panna e cioccolato insieme ready to use, per una combinazione unica, ottima per la pasticceria e il catering e la nuova crema di formaggio spalmabile, fresca, cremosa per ricette dolci e salate. Per Ken Trufa, gli Chef di Ken-Foods propongono qui una ricetta che dimostra come questa referenza sia pronta all’uso per realizzare dessert al cucchiaio nonché monoporzioni e semifreddi espressi sotto zero abbreviando i tempi di produzione in pasticceria garantendo sempre grande sicurezza.
Ken-Foods nel 2023 intende consolidare la reputazione del brand e portare il target di riferimento a conoscere in modo approfondito le modalità di uso del prodotto: per questo, si sta avvalendo di tecnici del settore che, insieme alla direzione commerciale e in collaborazione con i distributori più fidelizzati, organizzano eventi e dimostrazioni. Inoltre, grazie al fatto che l’azienda è produttore, gli investimenti sulla R&S porteranno entro la fine dell’anno al lancio di nuovi prodotti a testimonianza della dinamicità dell’azienda.
Una gamma completa: dal prodotto a base di materia grassa animale, alla 100% Vegan!
Ken Nata 38%, una panna al 38% di materia grassa senza e con carragenina la cui stabilità naturale e le performance costanti la rendono ideale per ogni tipo di preparazione, da quelle di pasticceria a quelle di cucina e di gastronomia. Ken Nata Azucarada, la zuccherata al 32,5% di grassi, dal sapore fresco e dolce. Estremamente versatili anche i Blend, da montare e per cucinare, come Ken Lactea 35%, dalla texture perfetta, stabile e lucente; Ken Lactea Sugar un altro eccellente preparato a base di panna (al 31%) e nella gamma delle 100% vegetali abbiamo Ken Presto zuccherata, ideale anche come prodotto da taglio e per decorare, adattabile a ogni esigenza con grande facilità di impiego e chiude l’offerta la 100% Vegana e senza lattosio, Ken Gold&Fresh, un prodotto già zuccherato per la pasticceria assolutamente al passo con i tempi.
78 | aprile 2023
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Flan di asparagi con gamberi e guanciale
Ingredienti per 8 persone
Per il flan di asparagi
- Asparagi 400 g
- Cipolla 60 g
- Ken Panna Culinaria 220 ml
- 4 uova 4 (200 g)
- Grana Padano grattugiato 70 g
- Burro q.b.
- Sale e pepe q.b.
Per completare
- 16 Gamberi
- 12 fette sottili di guanciale stagionato
- Ken Panna Culinaria q.b.
- Olio extravergine d’oliva q.b.
- Sale q.b.
Procedimento
Per il flan
Lavate gli asparagi, rimuovete la parte più bassa e coriacea dei gambi, tagliate via le punte integre tenendole da parte e decorticateli aiutandovi con un pelapatate. Sbollentate in acqua leggermente salata le punte di asparagi e tenetele da parte; tagliate gli asparagi decorticati a pezzetti e cuoceteli in padella con la cipolla tritata insieme a una noce di burro, coprendo con un coperchio per non far rosolare eccessivamente la preparazione. Correggete al termine con un pizzico di sale. Frullate a caldo le verdure cotte e abbattete il composto a temperatura positiva. A seguire, incorporate alla crema di asparagi ottenuta
prima la panna Nata Culinaria, poi le uova e infine il Grana Padano e una macinata di pepe. Versate il composto in stampini monoporzione e cuocete i flan in forno preriscaldato a 92°C per 25-30 minuti circa (a seconda delle dimensioni degli stampini utilizzati). Lasciate riposare, sformate e servite, oppure abbattete in positivo a fine cottura.
Per completare
Dopo aver accuratamente pulito e lavato i gamberi, asciugateli bene tamponandoli con della carta da cucina. Conditeli con un pizzico di sale e massaggiateli con un filo d’olio, quindi portateli in cottura in un padellino per non più di 1-2 minuti per lato (in base alla dimensione dei gamberi).
A parte, scottate il guanciale stagionato tagliato a fettine sottili in un padellino senza aggiunta di altri grassi, fino a farlo diventare croccante. Servite il flan completandolo con un gambero, del guanciale croccante e della panna Nata Culinaria scaldata a bagnomaria, versata in purezza alla base del piatto.
I consigli dello chef
Per questa ricetta possono essere utilizzati in sostituzione o in taglio Gourmet Duo o Culinario.
Perché Ken Nata Culinaria
La panna da cucina 100% di origine animale ammorbidisce al meglio anche le note di sapore minerale di alcuni ortaggi. È perfetta da utilizzare in tutti i composti morbidi salati (flan, mousse, appareil ecc.)
79 | aprile 2023
Le aziende
Autrice: Marina Caccialanza
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Il futuro è già qui
SV Noleggio conferma, soprattutto in questo momento storico, il proprio ruolo di azienda pioniere della transizione energetica nel settore della catena del freddo. Risale, infatti, allo scorso novembre l’accordo siglato con Iveco per la fornitura di 200 eDAILY 42S14E, per supportare il settore del trasporto sostenibile. Questi veicoli commerciali elettrici, ordinati per il triennio 2023-2025, saranno allestiti con cella frigorifera ed equipaggiati con due pacchi batterie per una capacità totale di 74 kWh. In occasione, quindi, della consegna sempre più vicina delle prime 20 unità, mercoledì 15 marzo Iveco ha organizzato una presentazione dell’eDAILY riservata ai clienti e al personale di SV Noleggio. L’intera giornata è stata dedicata a conoscere l’eDAILY, attraverso spiegazioni teoriche in aula del nuovo veicolo elettrico, dei servizi digitali inclusi e dell’ecosistema ad esso connesso, ma anche e soprattutto grazie a prove pratiche e simulazioni di guida in pista.
Caratteristiche e prestazioni
Ogni eDAILY modello 42S14E dispone di due batterie installate da 37 kWh ciascuna e un motore da 140 kWh. La
struttura di questo nuovo veicolo elettrico, grazie al consolidato telaio a longheroni e alle batterie integrate, è ideale per allestimento di box refrigerati. Per raggiungere e mantenere una temperatura costante e per proteggere la catena del freddo è, infatti, disponibile la High Voltage PTO, presa di forza elettrica ad alto voltaggio, che permette di prelevare corrente fino ad una potenza di 15 kW. Iveco ha realizzato l’intera gamma di Daily anche nella versione a zero emissioni, per essere sempre di più in linea con l’evoluzione della mobilità e per offrire veicoli conformi alle nuove regole di accesso a numerose aree metropolitane.
I nuovi eDAILY di Iveco, definiti “gemelli elettrici” dei Daily, hanno tutti gli elementi distintivi dell’azienda e offrono prestazioni simili ai veicoli a diesel, con un’autonomia di 400 km nel ciclo urbano, una velocità massima di 120 km/h e un carico utile unico nel segmento.
L’eDAILY è, infatti, il primo veicolo commerciale leggero elettrico che garantisce fino a 19.6 m3 di volume di carico, fino a 4,4 t di carico utile e fino a 3,5 t di capacità di traino. Veicolo, servizi e infrastruttura di ricarica sono interconnessi a livello digitale in un unico ecosistema.
www.svnoleggio.it
Iveco e SV Noleggio presentano il nuovo eDAILY, campione di versatilità, robustezza, prestazioni, sostenibilità, e connettività
80 | aprile 2023
Come mostrato da Iveco nella giornata di presentazione, i punti chiave dello sviluppo dell’eDAILY sono: versatilità, robustezza, prestazioni, sostenibilità, e connettività.
L’eDAILY è un veicolo elettrico versatile grazie alla gamma completa disponibile (furgone, cabinato, minibus da 3,5 t a 7,2 t), alle tre tipologie di prese di forza elettriche (ePTO) e alle diverse versioni con ruote singole e gemellate. È un mezzo robusto con piattaforma del telaio modulare elettrificata, telaio portante a longheroni, trazione posteriore e sospensioni intelligenti AIR-PRO.
Le performance del veicolo sono sempre garantite grazie a diverse funzioni: motori fino a 140 kW e 400 Nm, Eco Mode per il risparmio energetico e funzione Hi-Power per potenza extra.
L’eDAILY, inoltre, è un veicolo sostenibile dai consumi ottimizzati grazie alle modalità di guida e rigenerazione personalizzabili e con zero emissioni e batterie modulari fino a 111 kWh.
Connesso ed efficiente
Un altro vantaggio fondamentale, approfondito durante la presentazione con SV noleggio, è la garanzia di connettività: l’eDAILY è 100% connesso, con ricarica e climatizzazione a distanza, gestione dell’energia e dell’autonomia, percorsi ottimizzati tramite l’App Easy DAILY, l’App eDAILY Routing e il nuovo compagno di viaggio digitale
IVECO DRIVER PAL.
L’App Easy DAILY fornisce, infatti, a tutti i clienti di Iveco e SV Noleggio nuovi servizi dedicati per l’eDAILY, come, ad esempio, monitorare e gestire la ricarica e l’utilizzo di energia dei veicoli, migliorare lo stile di guida attraverso eDriving e Style Evaluation, accedere ai comandi da remoto per attivare o spegnere la ricarica e il climatizzatore.
Grazie all’App eDAILY Routing è possibile ricevere in tempo reale informazioni sul traffico, ottenere se necessario, suggerimenti sulle stazioni di ricarica e sul tempo
di ricarica e, soprattutto, pianificare il percorso dei viaggi e l’energia necessaria grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale che considerano la configurazione del veicolo, il peso effettivo, l’utilizzo ePTO e lo stile di guida.
Infine, IVECO DRIVER PAL permette a tutti gli autisti di interagire con il veicolo e accedere ai comandi solo con la voce, riducendo ogni distrazione, per gestire e pianificare gli itinerari, verificare le condizioni del veicolo, chiedere informazioni sul traffico, le condizioni meteorologiche e assistenza in caso di necessità.
Grazie ai nuovi veicoli elettrici ordinati e all’accordo con Iveco, SV Noleggio incrementa ancor di più il punto di forza dell’azienda, che da sempre distingue i propri servizi: l’assistenza operativa 24 ore 24, 365 giorni su 365. I nuovi eDAILY, infatti, dispongono del servizio eSTART assistenza da remoto, che consente l’aggiornamento costante da remoto dei software senza doversi recare in officina per massimizzarne l’efficienza e, in caso di anomalie, il collegamento dei tecnici in qualsiasi momento per individuare l’eventuale irregolarità e ripristinarla quando possibile direttamente da remoto.
Un passo avanti fondamentale per SV Noleggio e per tutti i clienti dell’azienda, per proseguire nella direzione dell’abbattimento delle emissioni in atmosfera del parco macchine e contribuire sempre di più a un trasporto a zero emissioni per l’azienda, le persone e il pianeta.
Il primo gruppo della distribuzione italiana nel food service con 40 aziende associate e più di 65.000 esercizi pubblici serviti in ogni regione. DIVENTA ANCHE TU NOSTRO CLIENTE! Cateringross S.C. Via Margotti, 8 40033 Casalecchio di Reno Bologna -Tel. 0516167417 www.cateringross.net