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FORMAZIONE

FORMAZIONE

Oscar Galeazzi amministratore Lavoroturismo.it

Soft skill battono hard skill

Fino a 20 anni fa, noi professionisti e docenti – io incluso -, le soft skills non sapevamo neppure cosa fossero; il dominio assoluto era la pratica e le nozioni tecniche ad essa collegate. I più perspicaci arrivavano alle lingue. I fatti ci suggeriscono una realtà attuale diversa: soft skill come fondamenta sulle quali costruire la propria carriera, ma anche la propria vita. Ho ancora un ricordo molto vivo di un evento che si ripeteva ogni anno: l’esame di qualifica di un mio amico e collega, docente in tecnica alberghiera. In quell’occasione lui pretendeva che i suoi studenti ricordassero a memoria circa 300 vini italiani DOC, con informazioni su zona di produzione, vitigni e altro. Era il terrore di ogni terza classe di sala-bar. Ogni anno io, in qualità di docente di pratica, suggerivo una riduzione, magari con un approfondimento dei contenuti; lui era irremovibile. Ancora oggi, molti docenti puntano molto sulle competenze pratiche e nozionistiche, e trascurano quelle che sono diventate le competenze più importanti: le soft skills o competenze trasversali. Qual è il futuro di un cameriere bravissimo a portare i piatti e gestire il servizio pratico che non sa parlare e relazionarsi con il cliente? Che non lo saluta, che non sorride, che non agisce in modo empatico, che non si ricorda il nome del cliente servito per la decima volta…? Chi farà più velocemente carriera e guadagnerà più soldi, il professionista che conosce le lingue, che si aggiorna in autonomia, che gestisce meglio il team ed è più organizzato, oppure quello più bravo a portare piatti, sfilettare pesci e lavorare alla lampada? La risposta la potete chiedere a tutti i maitre e barman, chef… che – superato i 40 - hanno iniziato ad avere difficoltà nella ricerca del lavoro. Eppure già da molti anni le aziende chiedono alle scuole: formate giovani sorridenti, entusiasti, che sappiano parlare e abbiano voglia di comunicare, che abbiamo curiosità e voglia di crescere e imparare… Ma perché le aziende danno così tanto valore alle competenze trasversali e molto meno a quelle tecniche? Quanto impiega un’azienda a insegnare a portare i piatti? A stappare una bottiglia? A definire delle procedure di servizio? Pochi giorni. Al contrario, quanto tempo ed energie richiederebbero all’azienda formare una persona – in particolare un adulto – per l’apprendimento di una lingua, capacità di relazione, di attenzione, empatiche, di vendita… Molto tempo e tante energie e con risultati incerti; troppo per un’azienda. Vogliamo con questo affermare che la formazione si deve occupare solo di soft skills e che le competenze tecnico-pratiche non hanno valore? Assolutamente no! Piuttosto ricordare a chi forma o a chi si forma o è già formato, di non scordarsi di abbinare le competenze tecniche a quelle trasversali. A volte mi stupisco di trovare responsabili reparto – ad esempio maître - con pochissima esperienza nei ruoli subalterni e provenienti da esperienze pregresse diverse. La mia è una posizione ‘vecchia’, legata al pensiero di credere che se non fai non sai, non capisci. È uno stereotipo sbagliato, che dobbiamo superare, io per primo. Alcuni anni fa, un ristorante milanese di nuova apertura ha assunto come camerieri persone con questi requisiti: non aver mai fatto il cameriere, aver lavorato almeno sei mesi come rappresentante/agente di commercio o similare. Ragionateci sopra.

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