Doppia Estasi

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Doppia Estasi Silvana Possenti Roma, 28 Novembre


Incisa al centro da una vecchia linea tramviaria che va dal Lungotevere Raffaello Sanzio alla Stazione, la lunga arteria del Viale di Trastevere è una bella strada alberata e dal sapore antico


Dal fiume, percorrendola verso sud, si incontra Via di San Francesco a Ripa. Traffico, spazzatura, botteghe artigiane in un quartiere ancora molto popolare portano ad una larga piazza, dove si sente subito un respiro diverso, che ci porta lontano.


Qualcosa sembra cambiato nell’aria. Una curva leggera e flessuosa, ritagliata in un cielo d’acquerello, disegna la facciata della parrocchia dedicata al Santo, che si lascia ammirare in tutta la sua bellezza di un barocco contenuto, quasi “classico”.


Nel caos cittadino, in questa improvvisa quiete, sembra ancora di udire la eco dei traffici legati alla “ripa grande” del fiume romano.

Qui Francesco visse alcuni anni e ne fece la dimora dei suoi “fratelli”. Siamo intorno al 1200. Quattro secoli dopo, lo spirito controriformistico diede a questo luogo tutto il suo umore.


L'interno della chiesa è in ristrutturazio ne. Fasciate da teli bianchi, sostenuti da tubi in acciaio, le tre navate immerse nella polvere nascondono molti gioielli del sentimento religioso di quel secolo.


In un angolo a sinistra, si apre una vetrina illuminata, dove in fondo ad uno stretto corridoio compare in tutta la sua prepotente sontuosità la scultura di Gian Lorenzo Bernini: l’estasi della Beata Ludovica Albertoni


Un’apparizione miracolosa che lascia senza fiato


Il bianco accecante della veste e del volto della donna, abbandonata ad un’inquieta estasi agonica, giace sul giallo del lussuoso diaspro che fa da tappeto; piccole teste di angeli stanno sospese, testimoni dell’evento mistico e carnale. Tutto è immerso nell’oro.


Circa trenta anni prima, in Santa Maria della Vittoria, il Bernini deponeva la scultura dell’Estasi di Santa Teresa d’Avila.


Qui la mistica si libra nell’aria, sospesa su una nuvola soffiata da un fiato divino, l’angelo che la trafigge le sorride e una pioggia d’oro taglia l’aria sopra di lei, in una brezza paradisiaca e dolcissima.


Accanto, i due palchetti affollati dalla famiglia committente dei Cornaro danno un sapore irriverente allo spettacolo del sacro, dove l’estasi della carne ci arriva come un messaggio , per il nostro sguardo impacciato, quasi indecifrabile: la carne è mistica, la sua radice è il mistero.


In questo si manifesta quell’Uno neoplatonico, tipico del pensiero religioso del tempo. Non c’è peccato quando il corpo, fuso con l’anima, gode della presenza divina e questo godimento è fonte ed esempio di ascesi verso Dio, e il pubblico pagante ha diritto di sedersi in prima fila.


Il corpo della Beata Ludovica, invece, si contorce pur nell’abbandono fiducioso, è incollato al suolo da quel tappeto di ricchezza, e il godimento della donna appare illuminato da un eros piĂš umano.


La mano ad offrire il seno all’estasi finale è da sola il racconto del peccato. Bernini rinuncia alla macchina fastosa della Santa Teresa, e l’espressione è più intima e violenta.


Ma, in questa chiesa, il vero cuore barocco è accuratamente nascosto in una piccola cappella, dove si raccoglieva San Francesco d’Assisi:


Là, dietro ad una parete rivestita di radica di quercia, le cui colonnine si aprono grazie ad un affascinante meccanismo anch’esso in legno, sono racchiuse le reliquie di santi e di uomini che hanno desiderato la santità:

una mano, un piede, una lingua, parti di corpi smembrati e offerti a Dio, in totale controcanto alla totalità del corpo delle sante nella gioia dell’incontro con Dio.


E in un angolo, dietro ad una leggera lastra di marmo, gli uomini del Seicento hanno deposto il cuore, poi trafugato, di San Carlo da Sezze, un Frate Minore, a cui i romani sono molto devoti:

“Hic Requievit Cor B. Caroli�.


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