Io sono un punto a s i n i s t r a d e l fo g l i o . Tr a c c i o l a i c o n t i n u o i n O salto alla S passo alla O percorro la N termino in O.
Pino Pascali
P I N O PA S C A L I - Fa n t a s i a d e l l a t r a s fo r m a z i o n e
PINO PASCALI
F an t asia della tra
Galleria Granelli Tel./Fax 0586 809451 Cell. 331.1333432 Piazza Luigi Orlando, 5 - Livorno www.galleriagranelli.it / info@galleriagranelli.it - grgrane@libero.it
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E 20,00
Io sono un punto a s i n i s t r a d e l fo g l i o . Tr a c c i o l a i c o n t i n u o i n O salto alla S passo alla O percorro la N termino in O.
Pino Pascali
P I N O PA S C A L I - Fa n t a s i a d e l l a t r a s fo r m a z i o n e
PINO PASCALI
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PINO PASCALI
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pino pascali Fantasia della trasformazione Livorno, Galleria Granelli 11 giugno 2011 – 30 settembre 2011 Testi a cura di Anna D’Elia Claudia Lodolo Carla Lonzi Referenze fotografiche Archivio fotografico GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (pagg. 2-3, 4, 8, 10, 11, 15) Archivio dell’Opera Grafica di Pino Pascali, Firenze (pagg. 6, 7, 12, 74) Archivio fotografico Museo Civico Giovanni Fattori, Livorno (pag. 9) Archivio privato Galleria Granelli, Livorno Direzione artistica Laura De Biasio Progetto grafico, fotolito e stampa Tap Grafiche - Poggibonsi (SI) In copertina Turisti (Atlante Geografico Curcio), tecnica mista e collage su acetato e cartoncino, cm. 35x25, 1963
colophon
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti. © 2011 Galleria Granelli www.galleriagranelli.it
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Pino Pascali lavora con passione a un collage, 1960-1961; “...indi nella direzione artistica della ‘Saraceni - Lodolo Cinematografica Pubblicitaria’ in Roma” (Ricordando Pino Pascali, cit.)
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Anna D’Elia
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Di Pino Pascali ci si innamora
primo piano labbra, 1965
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Ci si innamora per la levità con cui ha affrontato temi complessi. Ci si innamora, perché lo si sente vicino, ancora di più 43 anni dopo la sua scomparsa. A differenza di quello che accade oggi, per Pascali l’esperienza dell’arte era strettamente legata all’esperienza della vita quotidiana, ai suoi bisogni ed elementi primari. Dinanzi alla sua opera sono i suoi gesti, il suo fare che si impongono e ciò che vi è sotteso: la speranza che l’arte sia un’ancora di salvezza. All’arte Pino aveva affidato i suoi desideri più segreti. Personaggio e personaggi All’inizio degli anni Sessanta, anticipando molte delle rivoluzione delle neo Avanguardie, Pascali sovverte l’idea di scultura, legandola allo spazio e all’happening, rifà “oggetti” che inducono a ripensare il rapporto dell’arte con la vita. Vissuto in un momento di passaggio tra civiltà contadina e industriale, guarda con attenzione all’una e all’altra riproponendo, nelle sue opere, inediti connubi. È interessato all’essenzialità del fare, tipica degli artigiani, cui guarda con molto interesse, ma è attratto anche dalle nuove tecniche e dai processi costruttivi della macchina, da cui media il principio della modularità. Tra le tematiche che affronta c’è quella, oggi molto attuale, della rappresentazione del corpo femminile. È consapevole dei pericoli che tale immagine corre. Ha in mente due modelli opposti: quello nascente delle pin up legate allo star system e alla società dello spettacolo e quello offerto dalle Mater Matuta, le antiche dee mediterranee custodi della vita e della fertilità, cui guarda nella rappresentazione delle sue anatomie femminili. Il suo sguardo ambivalente è profetico, della natura riconosce e teme la potenza, della tecnologia ammira le potenzialità, ma ne teme gli usi distorti. Usando, per la prima volta, un elemento naturale come l’acqua, nella realizzazione dei suoi “32 mq. di mare circa”, esprime tutta la sua ansia di misurarsi con la creazione. Ma il gesto dell’artista non può che essere “correttivo” nei confronti dell’universo, riconducendo l’infinito e l’incommensurabile al limite umano. Nei diversi cicli in cui si sviluppa il suo lavoro, si confronta con tematiche oggi ancora di grande attualità: il rapporto con la tradizione e, nel contempo, con il presente e il futuro. Il ruolo dell’artista in un sistema che, come quello dell’arte, s’identifica sempre più con quello dominante. L’arte, per lui, è un’occasione per cambiare, cambiare pelle innanzitutto. In ogni ciclo cambia soggetto e materiali, mettendo in atto, attraverso la metamorfosi della sua opera, la continua reinvenzione di sé. Pascali era scontento, avvertiva il peso della classicità e della cultura divenuta simbolo del potere; odiava tutto ciò che non fosse libertà di ricerca. Odiava quelle “chiese” che sono spesso le gallerie, sui cui altari l’artista deve officiare. Si sentiva in trappola. Sono molteplici i personaggi cui ha dato vita, interpretando e animando le sue opere. Risale al 1965 la sua prima performance, in cui con mitra e piviale, a Nettuno, officia un rito funebre davanti alla finta lapide e finta tomba di Corradino di Svevia. Nel 1966 si traveste da finto soldato con elmetto e tuta mimetica per appostarsi dietro mitragliatrici e lanciamissili e per volare sulla “Colomba della Pace”; nel 1967 si improvvisa sciamano sedendosi a meditare su un’onda, nel 1968 si trasforma in selvaggio con corna taurine e mantello di paglia e, nello stesso anno, divenuto agricoltore, semina filoni di pane, ara la sabbia, taglia il mare e vi affonda tutto il sapere che non aiuta a cambiare.
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Ricorre spesso alla sua verve mimetica anche nei lavori per la pubblicità, come quando - ad esempio - indossa i panni di due maschere napoletane, Pulcinella e O’Pazzariello, per pubblicizzare i prodotti della Cirio, fabbrica alimentare partenopea. In quegli stessi anni interviene nel ruolo di uno “Spaventapasseri” nel film “Gioco” di Giosetta Fioroni. Fu il “Teatrino”, realizzato per l’amica Paola Pitagora, a segnare (nel 1964) l’ingresso nell’arte dei “Personaggi” di Pascali: bottiglie, frutta, pentole, semoventi grazie a motori e rotelle e ananas, pere, mele incerottati. Tra la fine degli anni Cinquanta e primi anni Sessanta, appena diplomato dall’Accademia di Belle Arti di Roma, lavora per la RAI realizzando sigle e scenografie. Crea pubblicità per la romana società di produzioni cinematografiche Lodolo§Saraceni che, tra i suoi committenti, ha anche la RAI-TV. Gli vengono commissionati spot pubblicitari che, secondo il format allora in voga per “Carosello”, dovevano introdurre il prodotto con una breve storia, capace di catturare lo spettatore, prima di passare alla descrizione della merce.
Pino Pascali vestito da Pulcinella nel fotogramma tratto dalla pubblicità per la Cirio 1964 - Produzione Saraceni Lodolo. courtesy famiglia Lodolo
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In tutti i cicli del suo lavoro artistico (dal 1965 al 1968) svilupperà una narrazione i cui temi sono: il tempo, la violenza, la donna, la natura, la tecnologia, il mito; ma già nel suo lavoro per la pubblicità, Pascali libera la sua fantasia affabulatrice inventando storie, gag, personaggi e situazioni di forte comicità, ma anche di sottile denunzia, stilisticamente avanti rispetto a quelle che, nei Caroselli, era lo standard all’epoca, cosa che non l’aiutò. Non poche delle sue proposte furono, infatti, rifiutate dai committenti. I suoi personaggi: casalinghe, mignotte, soldati, trogloditi, toreri sono sempre fuori dai ranghi e al centro di situazioni paradossali, sia che si tratti di imprese malavitose, sia che riguardino il disbrigo di quotidiane faccende domestiche, come quelle che fanno saltare in aria le maldestre casalinghe alla prese con la passata di pomodoro. Tra i personaggi impressi nell’immaginario collettivo ritroviamo ad esempio: “Salvador el Matador del televisor”, un torero alle prese con Battista, toro trasformista ed esibizionista, che cambia identità diventando un castoro. La metamorfosi che innesca il divertimento è legata anche al gioco linguistico, per cui dopo rocambolesche
Pino Pascali vestito da Pulcinella nel fotogramma tratto dalla pubblicità per la Cirio 1964 - Produzione Saraceni Lodolo. courtesy famiglia Lodolo
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avventure, il toro si trasforma in un cas-toro e il torero ha modo di ricondurre la bestia alla corrida elidendo dal nome “cas”. Il gioco di parole funziona anche al contrario, non solo per creare nuove identità, ma anche per ritrovare quelle perdute. In altri spot: al Capone, padrino dei Killer, ridicolizzato diventa al Cafone, mentre il “Cafffè Camerino”, con l’aggiunta di una “f”, moltiplica i suoi connotati positivi. Stessa metodologia l’artista adopererà nella rinominazione di alcune delle sue opere maggiori: la Vedova Nera si trasformerà in Vedova Blu, i bachi da seta in bachi da setola; il motore della sua fantasia trasfiguratrice è qui l’innesto di una variante su una doppia analogia materica (setola-seta) e formale (scovolo e baco). Tecnica ricorrente è quella della scomposizione e ricomposizione di una parola nelle sue lettere: un cannone diventa un: c+a+n+n+o+n+e, come se le lettere fossero mattoni e la parola un muro da costruire. Altri mitici personaggi sono i “Postero’s” tre generali baffuti, ideati per “Intermezzo”, un tedesco, un inglese e un francese che hanno al posto delle gambe un’elica, una ruota e un molla e, in testa, un imbuto, una padella a scacchi e una barca di carta di “diecimila anni fra”, oggetti archeologici che li rendono anacronistici e improbabili; una variante sono i “Primitivi” tozzi e capelluti trogloditi armati di clava e mazza che anticipano le performances in cui, nell’ultima tappa del suo viaggio, impugnando attrezzi agricoli, Pascali animerà travestendosi da uomo primitivo. Nel 1966, per interagire con le sue “Armi” (missili, mitragliatrici, cannoni) che non sperano, armi per disarmare la guerra, Pascali si travestirà da soldato, “giocando” seriamente con le sue false armi e false sculture. La figura del soldato era già comparsa nel 1961, in uno spot per le sigarette Amadis. Si trattava, però, di un soldatino in stile pupazzetto per bambini che giocano alla guerra. Ma che ruolo ha per Pascali il gioco, sia nell’arte che nella pubblicità? Il gioco per lui è un modo di conoscere, è un omaggio al bambino che alberga in ogni adulto, è una pratica per rendere l’arte uno strumento di trasformazione. Tra le pieghe di questi personaggi, mai a proprio agio nella realtà in cui vivono, appare l’identikit dello stesso artista estraneo alle regole del sistema dell’arte . Tra le invenzioni più note vanno annoverati anche alcuni animali: cani bassotti ibridati con bruchi, pesci umanizzati, gatti parlanti, mucche, pappagalli, scimmioni, elefanti con in groppa pascià, orsi dotati di sentimenti che anticipano i suoi animali decapitati e ricostruiti, nonché i ragni giganti e i bachi da setola. “Mi piacciono le bestie perché sembrano degli intrusi”- aveva detto l’artista a Carla Lonzi - pensando forse che gli animali fossero simili agli artisti in una presente che o li rimuove o
CODA, 1968
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li addomestica o semplicemente li ammazza. L’arte e la pubblicità per Pascali diventano anche gli spazi al cui interno negoziare nuovi confini tra uomo e animale, trasformando la paura dell’ignoto e del diverso. Vediamo questi animali agire singolarmente o in coppia, come “Ursus” lo zingaro con pappagallo sul braccio e orso al guinzaglio che compare, nel 1963, in “Intermezzo”, il programma pubblicitario del secondo canale RAI, nato in concorrenza con “Carosello”, in onda sul primo canale. La serie di immagini identificate come “Africa”, ideate nel 1964 per lo spot pubblicitario di “Radiotelefortuna”, mostrano elefanti, giraffe, ippopotami, zebre, antilopi che si muovono al ritmo dei tamburi, nello spericolato tam tam delle danze tribali, tra guerrieri e maschere sciamaniche, ma non è il gusto dell’esotico ad attrarlo, bensì il desiderio di attingere a una memoria antica. Pascali studia l’iconografia degli “animali” da riviste illustrate, ne fa schizzi, li cataloga ritagliandone le immagini, li reinventa, creando un ibrido tra figure naturalistiche, cartoni animati e peluche.
IL GRANDE RETTILE, tela bianca su centine lignee, cm. 195x73x445, 1967
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Quasi tutti i personaggi ideati da Pascali hanno un corpo geometrizzato, ammiccando alle figure robotiche del teatro Bauhaus. La loro essenza cartacea, però, fa sì che, anche al massimo della loro prestazione, resteranno sempre tubi di cartone, arricchiti semmai da macinini di caffè, pezzi di arnesi da cucina, gratta formaggi e mestoli. “L’Arlecchino per la Cirio” (1964) è realizzato con un barattolo di conserva trasformato in marionetta. Molti degli soggetti destinati a spot sono disegnati su un foglio di acetato poggiato su fondali di cartone dipinti. Alcuni story board mostrano una sequenza narrativa di un soggetto, quella del pappagallo di “Intermezzo” per esempio o di Arlecchino, cosa che ci fa entrare più da vicino nel processo creativo dell’opera, fino alla fase esecutiva del “pronto si giri”. Pascali, nei suoi cicli scultorei, ha sperimentato vari innesti tra materie naturali (terra, acqua, paglia, rafia) e materie artificiali (eternit, scovoli di plastica, lana d’acciaio, peli acrilici, pagliette di ferro), anche negli spot per “Carosello” sperimenta i materiali più vari, riciclando oggetti quotidiani, attrezzi domestici e assemblando numeri, pellicole, ritagli di giornale, linoleum, carte e cartoni. Sulle superfici interviene, spesso, con impasti di materia bituminosa, in particolare quando lavora ai fondali delle sue scene. Nel 1964 realizza per la Esso una pubblicità, in stile pop, adoperando l’immagine di un missile come metafora di velocità e potenza. Lettere, numeri, stelle, retini a quadri con colori sgargianti ne rivestono la superficie trasformando il missile in un pezzo da Luna Park. Nel ciclo “Africa”, le lettere di Totem fungono anche da immagini, assumendo l’aspetto di maschere tribali. Le lettere che, con molta frequenza, intervallano in molte pubblicità le figure, sono realizzate tramite la pressione di timbri, tecnica che sottolinea l’effetto della standardizzazione dei procedimenti. Un processo che Pascali non rifiuta, ma che neppure privilegia a giudicare dalla cura dei dettagli disegnati a mano. Oggi, analizzando la produzione su committenza di Pascali, si ammira la verve ironica e dissacratoria che sempre l’accompagna. Abbiamo già detto del ruolo svolto da alcuni dei suoi personaggi, ma lo stesso vale per
Bachi da setola e armi, 1968
Bachi da setola, 1968
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oggetti ed animali. Il missile, per esempio, nel suo eccesso di finzione, smonta il sogno di potenza sotteso alla colonizzazione dell’universo, trasformandolo in sogno di infanzia ritrovata. Egualmente, i Totem e gli Animali della serie “Africa”, oltre a fornirgli materiale di studio e di arricchimento iconografico, si trasformano in occasioni per una lettura critica dell’esotismo. La “civiltà” addomestica le bestie, sottomette la natura, trasforma le altre culture in curiosità esotiche. Ma, la missione dell’arte è altra. L’Africa di Pascali è modello per una diverso approccio con i materiali e con il fare. Dagli oggetti africani apprende modalità operative che lo riportano alla cultura materiale dei contadini e artigiani conosciuti nella sua infanzia pugliese. Tutto ciò avvalora l’ipotesi della continuità tra il Pascali su commissione e il Pascali libero sperimentatore, una continuità sempre più riconosciuta, in nome dello stile, dell’ironia, della provocazione che contraddistingue l’artista in ogni fase e ciclo del suo lavoro. Le finte sculture, le performances, gli oggetti, le pubblicità divengono dispositivi per riflettere su: violenza, abusi, relazioni con il diverso, con la tecnologia, la natura, nonché con personaggi a rischio (i suoi trogloditi) che potrebbero oggi ben essere identificati con tutti i non omologati al sistema. Ma le opere di Pascali pongono sempre anche un altro interrogativo, riguardante il come debba cambiare, nel presente, la figura dell’artista, come l’etica e l’estetica possano incontrasi, anche a costo di rischiare la vita stessa.
Cornici di fieno, 1967
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Claudia Lodolo
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IL MONDO DI PINO
Pino Pascali vestito da Pulcinella nel fotogramma tratto dalla pubblicitĂ per la Cirio, 1964
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Il mondo della pubblicità televisiva, ai suoi esordi, nell’Italia degli anni ’60, viveva un vero e proprio boom, esattamente come l’economia degli stessi anni. Un boom fatto di entusiasmo, di creatività, di idee, di innovazioni, di competizione e di tecniche… Negli stessi anni del boom, Pascali aveva appena finito l’Accademia di Belle Arti e si muoveva alla ricerca di un lavoro, sia come scenografo che come grafico. Mentre collaborava come aiuto scenografo al fianco di professionisti come Cesarini da Senigallia per la RAI, e dopo alcune collaborazioni con altre case pubblicitarie, incontrò Sandro Lodolo, con il quale lavorò continuativamente per dieci anni. Una collaborazione che, oltre al rapporto di lavoro, godeva di un’empatica sintonia di idee e di un’affine mentalità creativa. Con Lodolo, Pascali infatti poté coniugare l’esperienza dell’accademia, la sua personale creatività e le esigenze lavorative date dalle committenze per le quali Lodolo lavorava. Creò, insomma, un mondo del tutto personale, il mondo di Pascali. Questo mondo conservava la passione per la sperimentazione, per la sua creatività, a cui si aggiungeva l’esigenza dello studio del messaggio pubblicitario. In Accademia, Pascali si era formato anche sotto l’insegnamento di Toti Scialoja, uno fra i più amati insegnanti di quel periodo, che aveva trasmesso ai suoi allievi la passione verso l’arte astratta, concettuale e materica, come la nascente Pop art americana, guidandoli alla rottura con lo stile accademico tradizionale. Pascali aveva abbracciato quegli insegnamenti immergendosi in una vorticosa sperimentazione personale di tecniche e di stili. A queste si aggiunse la sua innata creatività che da sempre lo faceva giocare con le parole (più in là negli anni, i suoi noti calembour nei titoli dei propri lavori, come Bachi da setola o Ponte levatoio, ne saranno un esempio). Con questi due ingredienti, l’incontro con il settore pubblicitario fu la ciliegia sulla torta! Il messaggio pubblicitario finale gli dava lo spunto per elaborare, non solo immagini adatte al prodotto pubblicizzato, ma soprattutto per inventare le sceneggiature dei caroselli e studiarne gli slogan. Ma, poiché viveva dentro quel suo mondo personale, Pascali lavorava alla realizzazione dei caroselli, delle sigle e degli spot anche quando il lavoro era finito, quando il filmato era stato consegnato e quando non c’era quindi più bisogno di lavorarci su. Stesso comportamento aveva come aiuto scenografo: Pascali continuava a lavorare sui progetti scenografici anche quando gli veniva detto che, oltre quello che aveva fatto, avrebbe continuato il macchinista. Ma lui no, si dedicava lo stesso a portare avanti gli elaborati scenografici. Questo perché lui, in quel suo mondo, veniva trasportato dalla fantasia, ed ancora di più fu nel settore pubblicitario: andava avanti e sperimentava, creava e inventava, studiava personaggi e scenografie, proprio come faceva in accademia, stillato dal suo professore, lasciandosi trasportare dall’inventiva e dalla ricerca tecnica e stilistica. Il bozzetto realizzato per
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pubblicizzare lo studio di Lodolo sintetizza questo concetto: un pupazzetto disegnato, che tiene legato al filo un uomo sospeso in aria come un palloncino, così come la sua fantasia faceva volare la sua mente libera. Ecco perché molti disegni, fra il materiale realizzato durante quei dieci anni di collaborazione con Sandro Lodolo, non appartengono a nessuna lavorazione, ma sono semplicemente frutto della sua fantasia che continuava a zampillare nel suo mondo, dando vita a decine di personaggi, di animali, di oggetti, di prove tecniche, di fondini e di effetti grafici… Dalle zebre usate per gli spot per RAI Radiotelefortuna si lasciava rapire dall’ipnotico disegno optical in bianco e nero, creando un disegno assolutamente senza alcuna commissione, ma unicamente voluto per un suo gusto personale; dagli studi per il cannone, per lo spot delle sigarette Amadis, passava allo studio di un missile, mentre dai soldatini inglesi, sempre per Amadis, si dedicava allo studio dei cappelli militari, e poi dai cappelli ad altri soldatini, tedeschi, francesi… E poi le macchie casuali, come l’impronta di un oggetto sporco di inchiostro (forse un pennello o una spugna appoggiati sul foglio per non macchiare il tavolo), che lui vedeva come una pelliccia e la usava per “vestirne” un personaggio femminile. A Pascali non sfuggiva niente: macchie, impronte digitali, sbaffi, chiazze di colore… Qualsiasi cosa catturava la sua attenzione, che gli suggeriva un’immagine, e questa immagine altre ancora. Per non parlare delle lettere dell’alfabeto e delle parole che, oltre ai noti calembour, diventavano parte del disegno, come il tronco dei totem fatti con la T, la O, la E e la M, o il naso di un personaggio fatto con la lettera U. Questo era il suo mondo. Un mondo in cui correva fra un’idea e l’altra alla stessa velocità delle sue mani, guidate da una destrezza sorprendente. Quello che fece per la pubblicità era ben diverso dalle sculture in grande scala che realizzò verso la fine degli anni ’60, ma Pascali, la sua inventiva, la sua curiosità per ogni oggetto, per ogni immagine, rimangono gli stessi. Altrimenti non avrebbe potuto realizzare i Bachi da setola. Solo guardando con occhi diversi gli scovoli per le pulizie, solo andando oltre il loro comune utilizzo, solo allontanandosi dalla stretta considerazione di quel oggetto, Pascali è approdato alla realizzazione di grandi bruchi colorati. E anche solo osservando attentamente i bruchi pelosi, ha potuto assimilare le due forme. Insomma, quello che caratterizzò sempre Pascali e la sua produzione artistica e lavorativa fu sempre quel suo mondo di fantasia e di creatività, dentro al quale sognava e immaginava e dal quale è uscito tutto il suo lavoro, scultoreo, pittorico o pubblicitario che fosse.
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32mq di mare circa, 1967
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INTERVISTA A PINO PASCALI
“Io cerco di fare quello che mi piace fare, in fondo è l’unico sistema che per me va bene”
SOLDATINO
tecnica mista (ottone, cartone e latta), cm 7,5x26,3, 1966
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…Non credo che uno scultore faccia un lavoro pesante: gioca, come un pittore gioca, come qualsiasi persona che fa quello che vuole, gioca. Non che il gioco sia solo quello dei bambini. È tutto un gioco, no? Ci sono persone che lavorano, dopo i giochi dell’infanzia, diventano i giochi dell’adolescenza, i giochi dell’adolescenza quelli dell’età adulta, però sono sempre dei giochi. A un certo punto uno che è in ufficio, se il lavoro è sgradevole, vuole un’automobile potente per fare un giro, proprio perché fa un lavoro che non gli piace, mentre a chi piace gioca con il lavoro che fa, cioè mette tutto lì dentro. Non nel senso del gioco per il gioco, quella è un’altra faccenda, ma nel senso normale dell’attività dell’uomo, no? Anche i bambini giocano seriamente, è un sistema conoscitivo. I loro giochi sono fatti proprio per sperimentare le cose, per conoscerle e, nello stesso tempo, per andare oltre. Ma non lo so che significa bambini. Sono gli uomini di una certa età fino alla fine… …A me piace partire proprio dal materiale, perché nel materiale c’è il limite stesso. Se uno sceglie un certo materiale, proietta le proprie possibilità entro dei limiti ben precisi. Io non penso che con un certo materiale si può fare tutto, si può fare solo una cosa, questa sola cosa è un’idea di sé stesso: sprecare tutta la vita veramente, per non rinnegarla, per non andare a finire in un altro lato è una sciocchezza. A me interessa questa ricchezza di possibilità, perché mi ridà la mia presenza, non mi angoscia con l’immagine di me che mi sono prefissa, riesco a vedere la mia immagine daccapo, nello specchio, in una maniera strana, non strana, in una maniera nuova. …A me piacciono gli animali: è un soggetto, è un’immagine, è un contorno già fatto, è una parola già stampata che mi affascina ancora, per cui in quel discorso lì, lo prendo come presupposto. …Siamo nati qui e abbiamo quel patrimonio d’immagini, ma proprio per vincere queste immagini dobbiamo vederle freddamente e proprio fisicamente per quello che sono e verificare che possibilità hanno per poter esistere ancora. Se questa possibilità è una finzione uno accetta la finzione, se queste cose sono vecchie, trapassate, non appartengono più alla nostra storia, uno non le può prendere più sul serio, capisci, e credere a dei problemi di civiltà mediterranea… “Il contatto con gli artisti mi propose una visione critica del mio mondo eroico. Ma, nello stesso tempo, tutte le proposte che mi offrivano dai grandi maestri della pittura mi rimanevano estranee.
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Dopo diverse esperienze di tendenza, il mio organismo era spossato, sperduto in un vicolo cieco. L’unica convinzione di cui ero in possesso fu che il mio problema consisteva in un recupero delle mie origini. Ma con quale mezzo linguistico? Più che esperienza estetica il mio lavoro seguente è stato una lunga crisi linguistica. Sperimentavo linguaggi che appartenevano ad altre esperienze umane e che collimavano con il mondo eroico infantile”. “Quello che è più importante è proprio muoversi verso qualcosa che fa paura… qualcosa di nuovo. Veramente io penso che per me la cosa migliore è sbagliare, adopero un termine strano, si dice per capirsi, ma non è che io sbaglio, ho tutta la responsabilità dei miei errori, che per me non sono errori, che ti devo dire… Io non posso capire che un pittore di 90 anni dipinga come quando aveva 20 anni… significa veramente ostinarsi in una gioventù e un tempo e una storia che non esistono più. Per cui, una evoluzione… non un’evoluzione, perché può darsi che sia un regresso… se determina un fatto conoscitivo penso che vada bene. Insomma crea sempre dell’interesse per la vita e uno si ripropone sempre allo specchio in una certa maniera. Capisci? Vede lo specchio e dice “eccomi così”… va di là, poi torna “eccomi colì”. Io non voglio adesso dire “il teatro”, perché in fondo, sai, gli attori si mettono tanti vestiti, ma recitano sempre in una maniera, perché anche loro hanno questa mania personale… Invece, la propria personalità è un atto inesistente, si costruisce e si demolisce a seconda della propria volontà di annientarsi e, quindi, di ricostruirsi. Non annientarsi nel senso totale, ma nel senso dei lati già sperimentati e già inutili… veramente uno riesce a ridistruggersi e a ricrearsi in maniera differente non essendo mai quello che era prima, oppure essendolo sempre, proprio perché non lo vuole essere… e che ne so. Però importante è fare delle cose nuove, non nuove per gli altri, nuove per se stesso. Il bambino che copia il padre e si mette la pistola perché il padre porta la pistola e si mette la divisa perché il padre porta la divisa, se si vestisse come il padre con una divisa fatta per bambini sarebbe triste, invece il bambino si mette la mazza al posto della pistola e si mette una giacca di carta oppure un cappello di cartone. Però è bello. Copiare il padre in fondo potrebbe essere delle volte come per me fare dei cavalli: io copio un cavallo, siccome non posso mettergli la pelle lucida col sudore, con le mosche che girano e con la rotondità dei muscoli che si muovono continuamente, io col materiale più semplice da usare per me metto la tela su delle costole di legno. Non è che voglio mettere la tela perché si rassomiglia alla pelle, proprio per creare quel fatto esteriore, non quel contenuto interiore. “Io fingo di fare delle sculture, ma che non diventino quelle sculture che fingono di essere, io voglio che diventino una cosa leggera,
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che siano quelle che sono… …sono della tela tesa su delle centine che si rassomigliano stranamente a delle sculture, a delle immagini che abbiano dentro di noi”. “Ho orrore della tecnica come ricerca… l’industria? Certo è importante, io sono molto attento a quello che vedo per utilizzarlo (ad esempio il colore innaturale dei tappetini pelosi, è meraviglioso), la cultura, quello che fanno gli altri, gli oggetti della Rinascente e della Upim, tutto si può utilizzare, trasformare. Il realismo e l’astrazione mi spaventano ugualmente, perché non cambiano, costringono nella loro identità, il cubo con il cubo, il paesaggio col paesaggio, etc. È pericoloso identificarsi con una tecnica manuale. Appena hai fatto una cosa, la cosa è finita. L’arte è trovare un sistema per cambiare: come l’uomo ha inventato la scodella per prendere l’acqua la prima volta. Così nasce la civiltà, dalla voglia di cambiare. Dopo la prima volta, la scodella è accademia. Fare un ponte di corde, fare un dio di legno, vincere una fatalità, un condizionamento, una paura. Quello che faccio è l’opposto della tecnica come ricerca, l’opposto della logica e della scienza. Le dichiarazioni di Pino Pascali riportate sono tratte da Intervista di Carla Lonzi, dal catalogo Lo spazio dell’immagine, Foligno 1967 e dall’autografia incompiuta di Pascali.
Io sono come un serpente ogni anno cambio pelle. La mia pelle non la butto ma con essa faccio tutto. Quel che ho fatto di recente già da tempo mi repelle. Io sono un punto a sinistra del foglio. Traccio la i continuo in o salto alla s passo alla o percorro la n termino in o.
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OPERE
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NAVE “VICTORY”
assemblaggio e pittura su legno, cm. 32x98, 1963
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SOLDATINO
(Sigarette Amadis), tempera su carta, cm. 22x28, 1963
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SOLDATINI
(Sigarette Amadis), tecnica mista su carta, cm. 28x22, 1963
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INDIANI E CIGNO
tecnica mista su carta, cm. 28x22, 1958
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USSARO
(Intermezzo RAI/TV), tecnica mista su carta, cm. 28x22, 1964
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Dal vero e cartoni animati
(Studio per la pagina pubblicitaria al Festival di Trieste del 1964), tecnica mista e collage su cartoncino, cm. 35x25 e cm. 21x30, 1964
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KILLERS
(Algida), tecnica mista su carta, cm. 27x21, 1961
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GOLFISTI
(Sigla TV di “Tic Tac”), tecnica mista su carta, cm. 22x28, 1967
pino pascali x 32
MISSILI
(Spot per l’azienda petrolifera Esso), tecnica mista su carta, cm. 21x28.5, 1964
33 x fantasia della trasformazione
POSTERO’S
(Intermezzo RAI/TV), tecnica mista su carta, cm. 28x22, 1964
pino pascali x 34
Elefante e marajĂ
tecnica mista su acetato e cartoncino, cm. 22x23, 1964
35 x fantasia della trasformazione
Due mascheroni africanI
(Studio per la campagna “Africa�, Radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su cartoncino, cm. 22x35, 1965
pino pascali x 36
TURISTI
(Atlante Geografico Curcio) tecnica mista e collage su acetato e cartoncino, cm. 35x25, 1963
37 x fantasia della trasformazione
pino pascali x 38
SCHIZZI VARI
tecnica mista su carta, cm. 22x28, 1961
39 x fantasia della trasformazione
FIGURE IN ASCENSORE
(Atlante Geografico Curcio), tecnica mista e collage su acetato e cartoncino, cm. 32x32, 1963
pino pascali x 40
CAVERNICOLO
(Personaggio proposto per i telecomunicati “Confezioni Monti” - “Fin dai tempi della preistoria…”), tecnica mista su carta, cm. 21.5x21.5, 1962
OMINO
(Studio di personaggio), tecnica mista su cartoncino, cm. 24.5x35, 1963
41 x fantasia della trasformazione
pino pascali x 42
Velocipedista
(Storia della ferrovia), tecnica mista su carta, cm. 28x22, 1963
43 x fantasia della trasformazione
DOGANIERE
tecnica mista su cartoncino, cm. 28x22, 1964
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STEMMI ARALDICI
tecnica mista su cartoncino, cm. 31x21.5, 1965
45 x fantasia della trasformazione
TOTEM
(Studio per spot “Africa”, Radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su carta, cm. 34x22, 1964
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MIGNOTTA
tecnica mista su carta, cm. 22x28, 1961
47 x fantasia della trasformazione
HAWAJANE
tecnica mista su carta, cm. 28x22, 1963
pino pascali x 48
ANDIAMO AL CINEMA
(Particolare dello story board proposto per la sigla TV “Andiamo al cinema�), collage su cartone (sequenza di tre fotografie con interventi vari), cm. 22x28, 1966
49 x fantasia della trasformazione
PAPPAGALLO PER IL BREAK PUBBLICITARIO SACIS
collage su cartone (sequenza di tre smalti su fotografie), cm. 22x28, 1966
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BURATTINO
(Particolare dello story board “Proposta per una rubrica pubblicitaria per la Sacis�) collage su cartone (sequenza di tre fotografie con interventi vari), cm. 22x28, 1966
STUDIO PER LA SIGLA DEL TELEGIORNALE
(Particolare dello story board), collage su cartone (sequenza di tre fotografie con interventi vari), cm. 22x28, 1967
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ARLECCHINO
(Studio per il film “Conserve Arlecchino”) tempera e collage su cartoncino, cm. 34x25, 1964
53 x fantasia della trasformazione
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CORTIGIANA
(Bozzetto per il Carosello “Biscotti Maggiora”), tecnica mista su carta, cm. 24x35, 1965
55 x fantasia della trasformazione
ARLECCHINO
(Studio per il film “Conserve Arlecchino�), pennarelli su foto, cm. 17.2x23, 1964
pino pascali x 56
RUOTA DELLA FORTUNA
(Bozzetto per la sigla di testa del programma “Intermezzo”, RAI/TV), tecnica mista su cartoncino, cm. 34.5x37.5, 1963
57 x fantasia della trasformazione
TRIBALE
(Studio per spot “Africa”, Radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su cartoncino, cm. 23x21, 1964
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TELA DI RAGNO
tecnica mista su cartoncino, cm. 35x30, 1964
59 x fantasia della trasformazione
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BOZZETTO PER TG
tecnica mista su acetato e cartoncino cm. 30x24, 1967
61 x fantasia della trasformazione
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ZEBRE
(studio per spot “Africa”, radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su acetato e cartoncino, cm. 34,5x24,5, 1964
63 x fantasia della trasformazione
MACCHIA
(Studio per spot “Africa�, Radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su acetato e cartoncino, cm. 32x21, 1964
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MACCHIA
(Studio per spot “Africa”, Radiotelefortuna RAI/TV), tempera su carta, cm. 18x24, 1964
65 x fantasia della trasformazione
MACCHIA
(Studio per spot “Africa�, Radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su acetato e cartoncino, cm. 31x21, 1964
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ABORIGENI
(studio per spot “africa”, radiotelefortuna rai/tv), tecnica mista su acetato e cartoncino, cm. 25x21.6, 1964
67 x fantasia della trasformazione
ABORIGENI
(studio per spot “africa�, radiotelefortuna rai/tv), tecnica mista su acetato e cartoncino, cm. 28.5x20.5, 1964
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MASCHERONE
(Studio per spot “Africa”, Radiotelefortuna RAI/TV), tecnica mista su cartoncino, cm. 35x25, 1963
69 x fantasia della trasformazione
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GRAFFITI
tempera su carta vetrata su cartoncino cm. 24x33, 1963
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BIOGRAFIA
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Pino Pascali, autoritratto dell’artista. courtesy famiglia Lodolo
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1935-1955 Nasce a Bari il 19 ottobre 1935 da genitori di Polignano a Mare. Il padre Franco presta servizio presso la Questura di Bari; la madre Lucia è casalinga. Nel 1940-41 il padre è trasferito in Albania con la famiglia. Al ritorno a Bari, studi scolastici sino al 1955, anno in cui interrompe la frequenza del IV anno di Liceo Scientifico (Istituto Scacchi) e prende il diploma di maturità artistica a Napoli. Vacanze estive a Polignano a Mare. 1956-1964 Si trasferisce a Roma e s’iscrive all’Accademia di Belle Arti, corso di Scenografia (prof. Toti Scialoja). Partecipa a mostre di allievi di scenografia (Spoleto, Tivoli). Si diploma nel 1959 col massimo dei voti. Collabora come aiuto scenografo a produzioni RAI (sceneggiati, Studio Uno) ed esegue cartoons pubblicitari con la Lodolo Film (anche per il Carosello Rai), Studio Saraceni, Incom. Esegue pannelli murali con scene di pesci per il Palazzo della Fao a Roma (poi distrutti). Dal 1960 al 1964 si chiude in un orgoglioso silenzio.Non mostra a nessuno le sue opere new dada e pop. Abita in via Boccea e sono pochissimi gli amici cui è consentito l’accesso nella casa-studio-terrazzo dove, accanto ai lavori, si accumulano i materiali di risulta che raccatta dappertutto. Fino al 1965. Poi l’exploit. 1965 Gennaio. Prima mostra personale presso la galleria La Tartaruga di Plinio De Martis (presentazione di Cesare Vivaldi). Espone i “Nudi”, “Muro di pietra”, “Colosseo”, “Ruderi sul prato”, “Biancavvela”. Aprile. Espone alla libreria Feltrinelli di Roma (mostra “Realtà dell’immagine”) il “Teatrino”. Luglio. Partecipa alla mostra-concorso a tema “Corradino di Svevia” (Torre Astura di Nettuno e galleria la Salita, Roma) con l’installazione-performance “Requiescat. Estate”. Realizza le “Armi”. Settembre. Partecipa (ancora con i “Nudi”) alla mostra “Revort 1” a Palermo. Altre collettive: galleria Ferrari a Verona, premio Termoli, premio Michetti a Francavilla a Mare, “Luna Park” a Firenze, “L’arte actuel en Italie” a Cannes. 1966 Gennaio. Personale alla galleria Sperone di Torino con le “Armi” (presentazione di Calvesi e Rubiu). Primavera. Esegue le prime opere in tela centinata bianca. Agosto. Al premio Avezzano presenta per la prima volta opere “bianche”, “Bucranio”, “Trofei di caccia”. Settembre. Presenta, per il XII Premio Spoleto, “Due code di balena”. Ottobre-Dicembre. Personale in due tempi nella galleria L’Attico di Fabio Sargentini a Roma (presentazione di Boatto e Calvesi). Nel “primo tempo” il ciclo dello “Zoo” e dei “Trofei”, nel secondo “Il mare”, “Scogliera”, “Barca che affonda”, “due Balene”. Altre mostre: libreria Guida a Napoli (“Tendenze confrontate”), “Bianco più Bianco” all’Obelisco di Roma, seconda “Realtà dell’immagine” alla Tartaruga. Esposizione Internazionale di Scultura Contemporanea a Parigi, VI mostra Jugoslavia-Italia a Porec, “Situazione 66” alla Galleria Deposito a Genova.
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1967 Maggio. Prima personale all’estero (galleria Thelen di Essen, presentazione di Udo Kultermann) con opere dei diversi periodi. Giugno. Alla mostra “Fuoco, immagine acqua terra” all’Attico di Roma, a cura di Boatto e Calvesi, opere del nuovo ciclo (Elementi della natura): “Pozzanghere”, “1 e 2 metri cubi di terra”. Luglio. Alla mostra “Lo spazio dell’immagine” a Foligno presenta “32 metri quadrati di mare circa”. Alla VI Biennale di San Marino (“Nuove tecniche dell’immagine”) presenta “Confluenze”. Settembre. A Genova, per la mostra “Arte povera - Im Spazio” a cura di Celant, ripresenta “1 e 2 metri cubi di terra”. A Tokyo e Kioto, “Ricostruzione della balena” (in “Exhibition of Italian Contemporary Art”). Ottobre. Personale in due tempi alla galleria Jolas di Milano (presentazione di Cesare Brandi). Nel “primo tempo”, le opere “bianche”. Nel “secondo tempo” (gennaio 1968) le opere di “terra”, “Cornice di fieno”, “Campi coltivati”, “Canali di irrigazione”. Dicembre. Espone con Mattiacci alla Galleria di Arte Moderna di Roma (presentazione di Palma Bucarelli) Allestisce “Campi arati e Canali di irrigazione”. Altre mostre: premio Modiglioni a Livorno (Grande Rettile), “Realtà dell’immagine e strutture della visione” al Cerchio di Roma, “Oltre alla scultura” a Pescara, Salone Internazionale dei Giovani a Milano e Torino Expo 67 di Montreal, galleria De Foscherari a Bologna, “Art Objectif” a Parigi, “Qui Arte contemporanea”a Roma, Palazzo Ancarani a Spoleto, “Proposte Uno” ad Avezzano. Mostra di Arte Contemporanea a Tokyo, IX Biennale di San Paolo del Brasile, 5° Biennale dei Giovani a Parigi, III Rassegna d’Arte del Mezzogiorno a Napoli. 1968 Gennaio. Personale alla galleria Ars Intermedia di Colonia. Febbraio. Presenta un’opera del nuovo ciclo, “Vedova Blu”, alla 6° Biennale Romana, Palazzo delle Esposizioni. Marzo. Personale alla galleria Jolas di Parigi (presentazione di Giulio Carlo Argan), anch’essa in due tempi (“Ciclo bianco ed elementi della natura”). Appaiono per la prima volta i “Bachi da setola”. Seconda personale all’Attico di Roma, in due tempi. Nel primo, i “Bachi da setola”. Nel secondo, “Ponte”, “Trappole”, “Botole”. Maggio. Mostra “5 artisti romani” a Wiesbaden (Extra Stadt Museum, presentaZIONE DI Boatto). Presenta “Baco da Setola”, “Ponte”, “Vedova blu”, “Cavalletto”. Giugno. Sala personale alla 34° Biennale di Venezia (presentazione di Palma Bucarelli). Espone “Pelo”, “Contropelo”, “Cesto”, “Stuoia”, “Le penne d’Esopo”, “Archetipo”, “Solitario”, “Liane”. In ottobre gli è già conferito (post mortem) il premio nazionale per la scultura. Luglio. Prepara una personale per New York. Partecipa, insieme a Fabio Sargentini, Jannis Kounellis ed Eliseo Mattiacci al film “SKMP2” di Luca Patella. Agosto. Il 30 agosto, a Roma, nel sottopassaggio del Muro Torto, con la sua motocicletta lanciata a forte velocità, si scontra violentemente con un’auto. Viene subito trasportato in rianimazione. Settembre. Muore all’ospedale San Giovanni l’11 settembre. È sepolto nel cimitero di Polignano a Mare.
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Altre mostre nell’anno: “Young Italians” a Boston (Institute of Contemporary Art) e New York (Jewish Museum), “Arte povera” alla galleria De’ Foscherari di Bologna e “Arte Viva” alla Feltrinelli di Trieste, “Cento opere d’arte italiana dal Futurismo ad oggi” (Varsavia, Bochum, Colonia, Malmoe, Stoccolma), galleria Stein di Torino, “Arte povera azioni povere” ad Amalfi. 1969 Maggio. Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Palma Bucarelli organizza la prima grande mostra antologica retrospettiva di Pascali. Bibliografia recente 1990 L’inferno dell’arte italiana. Materiali 1946-1964, Costa e Nola Edizioni, Genova, 1990. Artificial Nature (in cat.), House of Cyprus, Atenas, 1990. Pino Pascali: opera 1958-1964 (in cat), Galleria Peccolo, Livorno, 1990. 1991 Pascali performer (in cat.), Galleria L’Attico, Roma, 1991. Un grand inventour: Pino Pascali (in cat), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi, 1991. Invito all’opera (in cat.), Galleria L’Attico, Roma, 1991, “Pascali eros”. Otterlo, Rijksmuseum Kröller-Müller. Le re-azioni di Pascali (in cat), Galleria L’Attico, Roma, 1991. “Pino Pascali. Opere su commissione”, Salò, Palazzo Comunale. “Pascali. Corpi di Cartone”, Taormina, Taormina Arte. 1992 Cala Paura, Polignano a Mare. IVAM Centre Julio Gonzalez, Valencia. “Pino Pascali: appunti e suggestioni”, Roma, Tridente Sette. 1993 “Pino Pascali: pubblicità d’artista”, Napoli, Galleria Trisorio. “Pino Pascali, Slittamenti”, Venezia, 45° Biennale Internazionale d’Arte. 1995 “Pino Pascali”, Milano, Galleria Milano. 1996 “Pino Pascali” Genova, Galleria Cesarea. “Pino Pascali: Sculptures & drawings”, Tokyo-Nagora-Taura, Akira Ikeda Gallery.
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1997 “Pino Pascali”, Colonia, Galerie Jansen. 1998 “Pino Pascali”, Castelnuovo di Porto, Galleria Fuoricentro. “L’Isola di Pascali”, Polignano a Mare, Centro Comunale Arte Contemporanea. 1999 “Pino Pascali. L’arte come gioco”, Livorno, Galleria Granelli. 2000 Roma, Galleria L’Attico. 2001 “Africa”, Livorno, Galleria Peccolo. “Beyond Infinity - Arte povera after arte povera”, Londra, Istituto Italiano di Cultura. “Pino Pascali - La reinvencion del mito mediterraneo 1961 - 1968”, Museo Nactional Centro de Arte Reina Sofia. “Drawing by Pino Pascali”, New York, Esso Gallery. “Pino Pascali e la sua Africa”, Parigi, Liliane & Michel Durand-Dessert. Galleria L’Attico, Roma. 2003 “Pascali”, Cesena, Galleria Free Time Club. 2004 “Pino Pascali”, Napoli, Castel Sant’Elmo. 2005 “Pino Pascali, lavori su commissione e pubblicitari”, Livorno, Galleria Peccolo. “Buon compleanno Pino”, Polignano a Mare, Palazzo Comunale. “Pino Pascali. Il mare ecc...”,Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. 2006 “Pino Pascali. Genio ribelle tra libertà e committenza”, Chiari, Galleria Colossi. “Pino Pascali. Lavori per la pubblicità”, Firenze, Galleria Frittelli. “Pino Pascali”, New York, Gagosian Gallery. 2007 “Omaggio a Pino Pascali”, Firenze, Galleria Pananti. 2008 “Pino Pascali disegni per la pubblicità”, Roma, Galleria Emme Otto.
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Monografie Vittorio Rubiu, Pascali, Editore De Luca, Roma, 1976. Vittorio Rubiu, Pino Pascali 10 anni dopo, Arti del Convegno a cura dell’Associazione Amici dell’Arte, Castello Svevo, Bari, 1979. Anna D’Elia, Pino Pascali, Editori Laterza, Bari, 1983. Fabrizio D’Amico - Simonetta Lux, Pino Pascali, Mondadori, Milano - De Luca, Roma 1987. Anna D’Elia, Pino Pascali, Editore Electa, Bari, 2010.
Filmografia Ritratto di uno sculture, copia positiva b/n, rullo unico m 210, tempo 18’ 23”, 16mm. Pino Pascali: documentario a cura della Galleria d’Arte Moderna di Roma, 1965. Regia di Abate e Matteucci. Pino Pascali: documentario, regia di Agostino Bonomi, fot. Luigi Quattrini, Sandro Brugnolini, Carone Cinematografica. Pino Pascali: libro di Santi di Roma Eterna di Alfredo Leopardi, agosto 1968. Pino Pascali o la trasformazione del serpente, di Marco Giusti, produzione RAI, 1993-1996.
Programma radio Io sono un bambino selvaggio: programma di S. Fizzarotti e V. Bonomo, regia di Lino Di Turi. Interviste ai genitori di P. Pascali e ad Achille Bonito Oliva realizzate da Ettore De Marco. Programma radiofonico andato in onda a diffusione regionale, dalla sede RAI di Bari in due puntate nel giugno del 1983.
Si ringraziano:
Finito di stampare nel mese di giugno 2011 presso Tap Grafiche - Poggibonsi (SI)
Io sono un punto a s i n i s t r a d e l fo g l i o . Tr a c c i o l a i c o n t i n u o i n O salto alla S passo alla O percorro la N termino in O.
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PINO PASCALI
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