Silvia Savica's Graduation thesis

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Silvia Savica Accademia di Belle Arti di Catania Graphic Design - Comunicazione d’impresa Relatore: Prof. Vincenzo Tromba Anno Accademico 2010 - 2011

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Cinema e PubblicitĂ : Percorsi paralleli o incidenti?

di Silvia Savica Accademia di Belle Arti di Catania Graphic Design - Comunicazione d’impresa

Relatore: Prof. Vincenzo Tromba Anno Accademico 2010/2011

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INDICE

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 La pubblicità Cos’è la pubblicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Il comportamento del consumatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 La strategia pubblicitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 La marca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 Le strade della pubblicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

Il cinema Cenni storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 Dal muto al sonoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Il linguaggio cinematografico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 Connessioni tra il cinema e la pubblicità . . . . . . . . . . . . . . . 28

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Analisi delle pubblicità Scena identica al film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 Scena rifatta simile al film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 Musica/Frasi riprese dal film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 Personaggi ripresi dal film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Atmosfera ripresa dal filmScena identica al film . . . . . . . 38

Pubblicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 Film di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .41 Pubblicità e Film di riferimento . . . . . . . . . . . . . 42 Bibliografia e Sitografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

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Introduzione

Fare un’introduzione alla tesi è per me una cosa complicata, in quanto sono una persona molto pratica. Aimè per il mio professore, sarò breve. Il titolo della tesi è: “Cinema e Pubblicità: percorsi paralleli o incidenti?” Questa scelta nasce dalla curiosità di scoprire e approfondire le varie strade che portano ad un’efficace campagna pubblicitaria, che devo dire ha suscitato in me il mio professore con le materie di Storia del cinema ed Advertising. Ciò mi ha indirizzato al cinema, soprattutto dal punto di vista pubblicitario, e alla miriade di slogan pubblicitari che rendono appetibile il prodotto. Ho potuto constatare che cinema e pubblicità, sono stati a lungo trattati come fenomeni diversi e separati, che agiscono ciascuno con le proprie regole comunicative e possono servirsi l’uno dell’altro; ma ai nostri giorni si assiste al tentativo di associare questi due mondi talvolta solo con lo scopo di metterne in luce le somiglianze, passando attraverso le loro rispettive storie e cercando di unirli insieme.

Invece, la tesi si propone di esaminare come la pubblicità in ogni sua forma tende a utilizzare scene, frasi, musiche, atmosfere e tanto altro tratti da film spesso famosi, analizzando questo percorso creativo e queste pubblicità, che poi nell’immaginario collettivo, sono quelle più incisive. Ho suddiviso il mio argomento in tre capitoli. Il primo, intitolato La pubblicità spiega in linea generale cos’è la pubblicità, la marca, come si comporta il consumatore, le strade della pubblicità e le caratteristiche di una corretta strategia pubblicitaria. Nel secondo capitolo ho cercato, per quanto possibile, di spiegare il cinema mettendo dei cenni storici, spiegando un minimo del linguaggio cinematografico e mettendo le connessioni tra cinema e pubblicità. Infine nel terzo ed ultimo capitolo, per esporre in maniera pratica l’argomento ho cercato vari format pubblicitari, così ho dato le conclusioni analizzando le pubblicità e suddividendole in cinque categorie. 7


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La pubblicitĂ

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Cos’è la pubblicità

La pubblicità è un atto comunicativo, una favola definita “ladra” in quanto non possiede un linguaggio proprio e “ruba” i linguaggi altrui, come dal cinema, dal fumetto, dai cartoni animati, dalla musica ecc… quindi possiamo dire che la pubblicità ruba, rielabora e ripropone; il suo scopo è sedurre e convincere, lo fa creando un mondo bello e senza imperfezioni. Il termine “pubblicità” in lingua italiana deriva da “pubblico” e assume quindi il semplice significato di “rendere noto” ciò che fino a quel momento non lo era; nasce con la rivoluzione industriale, quando l’aumento della produzione, la varietà dei prodotti e la concorrenza fra imprenditori, impongono una maggiore informazione degli acquirenti. Durante gli anni ’50 nascono le “società di massa” e con loro il “consumismo”, la grande distribuzione, i miti, la riconoscibilità delle immagini e degli oggetti, crescono i “falsi bisogni”e nascono le pri10

me grandi agenzie pubblicitarie, scompare progressivamente la figura dell’artista e nasce quella del pubblicitario e a quel punto il manifesto non serve più solo a vendere ma diventa un vero e proprio investimento a lunga scadenza. Per rendere tutto questo migliore nascono inoltre gli studi della psiche umana per riuscire a capire come impostare la strategia pubblicitaria in base al target che si ha. “La pubblicità è… l’arte di convincere i consumatori”. Vendere è un’arte da uomini e non da geni, poiché la tecnica è il suo complice migliore ma ha bisogno di quell’ispirazione miracolosa che solo l’intuizione può dare. La pubblicità non è altro che la strada che viene tracciata per permettere al prodotto di arrivare al consumatore, quindi offrire il prodotto giusto, al momento giusto al cliente giusto con l’argomento giusto.


Il comportamento del consumatore

Il problema dell’affollamento pubblicitario non è poi così nuovo come si pensa. Già nel 1759 Samuel Johnson scriveva su The Idler: «Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che vengono letti con negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione con magnificenza di promesse, e con l’eloquenza talvolta sublime e talvolta poetica». Negli Stati Uniti si stima che la media delle proposte pubblicitarie che un consumatore incontra possa arrivare a 2000 al giorno, in Italia si pensa che siano più di mille. Non è affatto strano, quindi, che il consumatore cerchi il modo di evitarle continuamente. Quasi istintivamente l’occhio umano è capace di saltare gli annunci di un giornale o di una rivista ed oggi il consumatore è un esperto nell’uso delle tecnologie di selezione per filtrare i messaggi che riceve come lo “zapping”, che non è altro che l’eli-

minazione della pubblicità nella videoregistrazione di un film o uno spettacolo televisivo. In questa selezione ci sono due grandi fattori in gioco: le esigenze del consumatore (gusti e umori del momento) e la capacità creativa del pubblicitario per essere rilevante e richiamare la sua attenzione. Dei mille messaggi quotidiani, un consumatore normale arriva a memorizzarne con precisione solamente tre; il ricordo specifico di un messaggio pubblicitario non è la misura della sua efficacia poiché si tende a raccogliere ciò che si reputa utile e si dimenticare tutto il resto. Ogni messaggio che si riceve, pubblicitario e non, non è un segnale isolato, ma nel momento in cui si percepisce va a mescolarsi con le proprie conoscenze, esperienze ed opinioni che possono, però, essere diverse da ciò si voleva dire. La non comprensione di questo metabolismo mentale è uno dei motivi per cui si produce tanta comunicazione inefficace. Come ogni atto di comunicazione la forza e il valore della pubblicità dipendono dal suo destinatario, deve essere rivolta a lui, pensata per lui e di conseguenza interessante per lui. Per questo si dedica molta attenzione ai tre fattori importanti che il consumatore pretende dalla pubblicità: informazione, una comunicazione interessante e fiducia. L’informazione può essere di diversi tipi: essenziale per far conoscere le caratteristiche del prodotto, può andare oltre per dimostrare come funziona il prodotto, che cosa farà in favore del consumatore o in cosa è diverso da prodotti simili, o può essere meno diretta facendo riferimento al 11


tipo di persone che utilizzano questa determinata marca. Possiamo quindi dire che più si conoscono il consumatore e le sue esigenze, più vicina a lui potrà essere l’informazione. Trovare una comunicazione interessante, divertente e stimolante è importante perché la ricerca dimostra che se un annuncio piace vende di più; tuttavia alcuni annunci arrivano a preoccuparsi così tanto di essere attraenti che dimenticano di dare l’informazione, di spiegare a cosa serve il prodotto. Facendo questo errore si rischia di non arrivare mai alla fiducia, terzo e ultimo fattore importante che si aspetta il consumatore. La fiducia, come in ogni rapporto, richiede serietà, perseveranza e anni. In pubblicità non si acquista con l’impatto, ma con un processo graduale; la fiducia totale arriva solo come risultato di tante piccole fiducie parziali che si concedono ai prodotti. Il primo passo per il processo di costruzione della fiducia inizia con il primo acquisto che il consumatore fa della marca pubblicizzata, a quel punto sta iniziando a fidarsi e non deve essere mai deluso. La difficoltà di riuscire ad acquisire la fiducia del consumatore, però, sta anche nel fatto che esso non è fedele a una sola marca, ma sceglie entro una gamma. Andrew Ehrenberg della London Business School con alcune ricerche dimostrò, non solo che i consumatori di una marca ne comprano anche altre nella stessa categoria, ma persino che nella maggior parte del settore alimentare solo dieci consumatori su cento comprano esclusivamente la stessa marca per tutto un anno. Le sue ricerche dimostrano anche che ogni consu12

matore ha un repertorio di marche, quindi il primo obiettivo della pubblicità è far sì che la marca pubblicizzata entri a far parte di questa “short list” (ristretta lista privata di marche pre-scelte). Ci sono prodotti il cui acquisto è associato a un certo rischio, come per esempio le automobili per il loro prezzo e gli alimenti per infanti per la responsabilità che si assume. Perciò il consumatore cerca più informazioni se il rischio è alto, e trova nella fedeltà l’acquisto sicuro. Come in tutte le situazioni, tanto più alto è il rischio, tanto più estesa è la ricerca e quindi più probabile che, il consumatore presti attenzione a varie fonti d’informazione, compresa la pubblicità. La pubblicità non deve ingannare e quando si lavora per un prodotto nuovo o ad alto rischio, o per una nuova marca, informare è più importante che sedurre. Ciò che può aiutare una marca a ottenere la fedeltà del consumatore è conoscere le sue abitudini; il bombardamento di novità già contribuisce a rompere la routine, ma l’istinto di conservazione fa si che in certi acquisti prevalga la scelta abituale e sicura per evitare rischi e non perdere tempo. Valutare la relazione tra annuncio che vende e annuncio che piace, fuori dalla situazione di tutto ciò che precede, può essere molto pericoloso. Specialmente in Italia è troppo diffusa l’abitudine di credere che la pura e semplice ricerca del gradimento sia la soluzione di tutti i problemi. È vero che la pubblicità è più efficace se è interessante o gradevole per chi la guarda, la ascolta o la legge, ma quest’aspetto diventa importante solo quando le basi, la promessa e la strategia sono corrette e rilevanti per il prodotto e il consumatore.


È vero anche che il gradimento di un messaggio non deriva solo da fattori estetici e stilistici, ma anche dai contenuti, si accettano più volentieri cose di cui si è convinti che corrispondono al modo di pensare e sentire. A conferma di quanto detto si riportano le conclusioni delle ricerche fatte nel 1990 dal gruppo Ogilvy & Mather: se l’annuncio piace vende meglio, quindi la pubblicità più attraente è più persuasiva. In seguito si dovettero fare altre ricerche per capire il motivo per il quale una pubblicità piace o no, e furono fatti degli studi per livelli. Livello d’ingegno (fantasioso,intelligente, divertente, acuto), per energia (vivace, agile, eccitante, ben fatto), per significatività (memorabile, efficace, profondo, veritiero, credibile, convincente, informativo), per tono e per identità (poco visto, originale, non irritante, familiare). La personalità della marca favorisce il gradimento dell’annuncio. Questa è una relazione duratura a doppio senso perché un buon annuncio rinforza la personalità della marca e a sua volta se ne alimenta. Se un annuncio è gradito è più memorabile, quindi i meccanismi della memoria si attivano più facilmente e la simpatia si trasferisce più facilmente dall’annuncio alla marca. I comportamenti psicologici del consumatore hanno molto a che fare con l’insicurezza, e con le ricerche bisogna cercare di capire questi rischi, timori e insicurezze. I tipi di rischi che il consumatore potrebbe correre sono tre: di prestazioni, in base alla corrispondenza o meno del prodotto alle sue aspettative; di propria immagine, in base all’opinione che avrà di

se nel momento in cui acquisterà una certa marca; di relazione sociale, in base a ciò che la gente penserà di lui per aver scelto quella marca. Per questo la strategia pubblicitaria si sceglie secondo la natura di questi rischi in modo tale che dia la massima spinta alle motivazioni, basandosi sui valori del prodotto, di autostima e d’immagine sociale. Le motivazioni non stanno nelle cose ma nelle persone, come l’enciclopedia di psicologia e pedagogia definisce, “la motivazione è il principio di forza interna che spinge un organismo verso un obiettivo”. Conoscere i diversi tipi di motivazione aiuta a capire l’ ambivalenza emozionale – razionale. La pubblicità usa stimoli razionali ed emozionali perché generalmente ciò che porta all’azione non è il ragionamento ma il desiderio. Ogilvy parla di tre tipi di vantaggi per motivare il consumatore: vantaggi razionali, cioè la funzione del prodotto; vantaggi percettivi, cioè l’effetto del prodotto sui sensi, caratteristiche, aspetto, odore, forma ecc...; vantaggi emozionali, cioè sensazioni o sentimenti che evoca il prodotto o la sua marca. Secondo Hass la missione della pubblicità si può riassumere in due passaggi: risvegliare un desiderio, e convincere che quel desiderio può essere soddisfatto con il possesso del prodotto pubblicizzato. Se volessimo suddividere questo in livelli si potrebbe affermare che il primo livello è dire al consumatore ciò che gli piace, il secondo è proporgli ciò che gli conviene e il terzo è convincerlo a scegliere il prodotto o il servizio che gli offriamo. 13


La strategia pubblicitaria

La strategia non è altro che l’arma di seduzione che deve utilizzare la pubblicità nei confronti del consumatore, e in quanto tale richiede una goccia di passione e utopia. Possiamo dire che mirare è la strategia e colpire il bersaglio è la tattica; ma usare una giusta strategia non è così semplice come si potrebbe credere, in quanto questa può diventare un’arma a doppio taglio. Per esempio la fretta e l’angoscia dei risultati a breve termine potrebbero portare a mosse tattiche che per cercare un rimedio immediato intaccano la strategia di marca e così provocano danni peggiori subito dopo. Per riuscire a fare una corretta strategia pubblicitaria prima si deve sapere il bilancio della situazione di partenza della marca da pubblicizzare, il suo contesto attuale, chi sono i consumatori e cosa pensano o credono nei confronti di questa e delle marche concorrenti, e qual è il loro comportamento. Dopodiché si deve decidere qual è l’obiettivo da raggiungere, cosa si vorrebbe che 14

pensasse il consumatore, scegliere la situazione in cui si vuole portare la marca. Infine si deve definire cosa si deve fare affinché il consumatore passi dal bilancio iniziale a quello finale. Nonostante si sappia ciò, va detto che non esiste una formula infallibile per elaborare strategie, per capire da dove si viene e dove si vuole arrivare; esistono solamente delle chiavi teoriche ed esempi pratici di scelte strategiche che possono aiutare a risolvere dei dubbi a riguardo. Le basi da non sottovalutare per la nascita di una giusta strategia pubblicitaria sono due, stabilire il chi (la base) e il come (le chiavi). Per stabilire il “chi” ci sono tre elementi connessi tra loro che sono la base della strategia. Il primo è il pubblico obiettivo, il cosiddetto target group, quindi sapere chi si vuole che reagisca alla marca, chi sono i consumatori che rappresentano il maggior potenziale di mercato della marca ecc… a questo punto si deve definire lo stile di vita, le abitudini d’acquisto, le tendenze culturali e soprattutto il famoso atteggiamento del consumatore nei confronti della marca già esistente. Si tratta di definire il chi, come, quando e perché si compra la marca o il servizio pubblicizzato; il secondo è il contesto concorrenziale quindi sapere con quali prodotti o marche si è in concorrenza diretta o indiretta, quali altri prodotti o marche si potrebbero sostituire, cercare un vuoto nel mercato per l’inserimento del prodotto e capire cosa può far prevalere il prodotto pubblicizzato sulla concorrenza; infine il terzo elemento è il posizionamento di marca, vale a dire come il pubblico percepisce questa marca, da pubblicizzare, oggi e come si vorrebbe che la percepisca domani, per effetto della nuova pubblicità. Il “come” si stabilisce con quattro elementi che


non devono mancare nella strategia pubblicitaria. Il primo è la promessa che nasce dai problemi del pubblico scelto che la marca da pubblicizzare deve risolvere o dai desideri che, in modo razionale o emozionale, può soddisfare. Il secondo è la giustificazione (reason why) ovvero le ragioni esplicite o implicite che appoggiano la promessa e spiegano come la marca può mantenerla. Il terzo è la forma e il tono, la personalità del prodotto, che permette di mettere in relazione la promessa e la sua spiegazione con gli stili di vita, le attività e i valori del pubblico cui ci si rivolge. Infine il quarto elemento è innovare, consolidare e cambiare ovvero sperare che la pubblicità faccia accadere nella mente del consumatore tre cose: sviluppare un atteggiamento nuovo, quando il consumatore non conosce la marca o il prodotto, o li conosce così poco da non avere un’opinione formata; consolidare un atteggiamento riguardante il prodotto o il servizio, quando l’atteggiamento del consumatore è quello desiderato e l’obiettivo è evitare che con il passare del tempo possa cambiare idea; cambiare l’atteggiamento verso la marca, quando il consumatore non sente, crede o pensa le cose che vorremmo riguardo alla marca o al prodotto.

Cycles Gladiator, Massias 1950 circa

Erberto Carboni, è sempre l’ora dei pavesini, 1963

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Le marche

Le marche fanno parte del nostro linguaggio, del nostro immaginario, sono così forti perché sono una garanzia, e soprattutto un sentimento. I prodotti sono oggetti e le marche relazioni. La pubblicità generica può permettersi di essere più razionale, ma quella di marca deve obbligatoriamente essere emozionale. La marca è un idea nella mente del consumatore. Le marche hanno un valore così importante che non ci si può permettere di risparmiare sforzi nell’impegno per mantenerle. Ad esempio le marche più grandi come Kodak, Coca-Cola e Gillette, infatti, continuano ad essere grandi per non essersi mai stancate di impegnarsi per mantenere un immagine moderna e nuova nonostante l’età. La sfida più grande sta proprio qui: mantenere vive le marche di sempre e far guadagnare posizioni a quelle nuove, senza permettere che retrocedano davanti alle difficoltà. 16


Le strade della pubblicità

Un altro fattore da non sottovalutare per far sì che una pubblicità funzioni, è il modo in cui far arrivare al consumatore il messaggio. Una volta definiti il posizionamento della marca e la strategia, non si deve trascurare il modo in cui farli arrivare al pubblico. Molte agenzie per dare personalità a questa tendono a utilizzare un massimo di tre, quattro strade creative, così facendo però molte delle loro campagne si somigliano, e questo va a scapito della personalità della marca. Un’agenzia non dovrebbe mirare a farsi uno stile proprio ma a fare uno stile ad ogni marca pubblicizzata. Le strade fondamentali della pubblicità sono dieci: problema-soluzione, la dimostrazione, il confronto, l’analogia, il simbolo visivo, il presentatore, la testimonianza, pezzi di vita, pezzi di cinema e la musica. La prima, problema-soluzione, è una delle strade più antiche, ancora oggi è la più efficace quando

c’è un vero problema e il prodotto offre una vera soluzione. La seconda, la dimostrazione, consiste nel dimostrare, in modo chiaro ed esplicito, vantaggi razionali del prodotto, caratteristiche, funzionamento, applicazioni pratiche, benefici … è la prova visiva che il prodotto funziona. La terza, il confronto, è una strada molto utile poiché anticipa il processo comparativo che inevitabilmente il consumatore farà nel punto di vendita, ma allo stesso tempo è una strada rischiosa perché o nel bene o nel male si sta comunque parlando di un altro prodotto e quindi automaticamente gli si fa pubblicità. La quarta, l’analogia, è molto efficace e particolarmente utile per quei prodotti la cui fruizione non si può mostrare direttamente, come per esempio il computer o i lubrificanti. È un modo per rappresentare il prodotto e ciò che realmente fa. L’analogia cerca un’associazione d’idee nella mente di chi riceve il messaggio. La quinta, il simbolo visivo, è una strada che si usa poiché il cervello umano ricorda meglio ciò che arriva dal nervo ottico che ciò che riceve dal nervo auricolare, e si ricorda meglio ciò che significa o rappresenta qualcosa, che ciò che non significa o rappresenta nulla. In questa strada si tratta di esprimere un’idea in modo visivo per renderla memorabile e duratura. Inoltre, un simbolo visivo permette di esprimere un messaggio con forza senza ricorrere a immagini che si preferisce non utilizzare. La sesta, Il presentatore, consiste nell’immagine di un qualcuno che illustra le virtù del prodotto, la forza del film pubblicitario può stare nella perso17


nalità del presentatore, in ciò che dice o come lo dice. La settima, la testimonianza, è fatta dalla voce diretta di chi è testimone del prodotto, cioè il consumatore, o un esperto in materia. Secondo se si tratta di un esperto, una persona famosa o una normale, si raggiungono risultati diversi e si corrono rischi differenti. L’esperto può aumentare la fiducia e spiegare i vantaggi, di un prodotto, difficili da spiegare, si pone con autorità ma se non lo fa bene può risultare noioso; il personaggio famoso identifica l’immagine del prodotto con la sua, se ben usata può essere una strada molto efficace ma parallelamente può presentare un grave rischio di vampirismo; la persona normale permette di arrivare a un segmento, fa si che il pubblico si identifichi e stimola anche una comprensione razionale da parte dello spettatore, la difficoltà in questo caso è realizzare bene una situazione improvvisata, così che il pubblico veda davvero persone vere e non attori che imitano. L’ottava, pezzi di vita, consiste nello sviluppare storie dietro al prodotto, che apparentemente sono trattate dalla vita quotidiana; l’idea è fare in modo che lo spettatore si identifichi con la situazione che si mostra nella pubblicità. Anche in questo caso si corrono dei rischi, di girare scene così artefatte che vengono percepite come pezzi di pubblicità e non più pezzi di vita. La nona, pezzi di cinema, è simile all’ottava strada. I pezzi di cinema sono come parti di un lungo film, convertite in annunci pubblicitari. La cosa cui si deve fare attenzione è che il prodotto appaia in questi pezzi di cinema in maniera naturale e non infilato a forza. 18

La decima e ultima strada, la musica, è una delle strade più complete, partecipative ed efficaci; serve a comunicare cose che non si possono comunicare meglio in altro modo: una sensazione, uno stile, un modo di essere, uno stato d’animo. Appunto è specialmente indicata quando il messaggio ha un carattere emozionale. Inoltre l’utilizzo della musica permette di segmentare il pubblico cui ci si vuole rivolgere, all’interno di un pubblico più vasto, senza mostrarlo in immagini o parole, cosicché il resto del pubblico non si senta escluso. Nella mia tesi ho voluto analizzare meglio, secondo il mio punto di vista la strada dei ”pezzi di cinema”. All’interno di questa ci sono vari modi di riprendere pezzi di cinema, si può creare un film pubblicitario con le regole grammatiche cinematografiche, ma si possono anche utilizzare intere scene, frasi, situazione o musica di un film già esistente.

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1. Pastina glutinata Buitoni, Federico Seneca, 1929 2. Sato Cigarettes egiptiennes, Charles Loupot, 1919 3. Olio d’oliva Bertolli, Erberto Carboni, 1953 4. Il miglior torrone, Fratelli Sperlari, Gino Boccasile, 1950

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Il cinema Il cinema fu un’invenzione che rivoluzionò la cultura, l’industria dello spettacolo ed i sogni dell’intera società del XX secolo. Fino allora non si poteva neanche immaginare quello che poi fu il cinema che iniziò come fotografie in movimento; intorno al 1900 il cinema compare come un nuovo mezzo di comunicazione. Il cinema è un’illusione ottica alla base della quale ci sta la rapida successione d’immagini che contengono una ripresa frazionata dalla medesima azione. Molti film cinematografici, sono ripresi da fatti realmente accaduti, ovviamente possono

esistere diversi generi come d’azione, di brivido, comici, sentimentali ecc. La cinematografia, è una forma d’arte moderna, uno dei più grandi fenomeni culturali, ed è nota anche come la settima arte; nella sua storia, ha attraversato diverse fasi e periodi, che l’hanno portato dai primi rudimentali “esperimenti” di Georges Meliés ai moderni film digitali, carichi di effetti speciali realizzati con la grafica computerizzata. 21


Cenni storici

I fratelli Lumière nei loro cortometraggi utilizzavano tecniche di osservazione, documentazione e registrazione, e si limitavano a registrare i fatti. La loro prima proiezione in pubblico avvene in Francia nel dicembre del 1895 e tra gli spettatori si trovava anche Georges Meliés, un mago di professione che intuì che la macchina da presa poteva cogliere più di quanto le scorreva intorno passivamente, attraverso distorsioni, illusioni e magia. Meliés d’altronde, da mago, non fu interessato a descrivere cose realmente accadute, ma fantasticare su ciò che potrebbe accadere. Nel 1902 produce un cortometraggio, considerato il primo caso di film di fantascienza, Viaggio nella Luna 1902 b/n 14 min, il tema del viaggio fantastico sulla Luna era diffuso nel teatro e negli spettacoli di fiera dell’ultimo Ottocento. Ogni cambio scena è realizzato con dissolvenze incrociate che costituiscono la forma primitiva del montaggio. In seguito, Promio, un operatore dei Lumière, 22

durante un viaggio in gondola a Venezia, si rese conto che gli oggetti potessero agire in funzione dell’obiettivo e così fu scoperta la carrellata laterale. Parallelamente nei vari paesi s’iniziano a sperimentare le inquadrature e sono due le sedi nelle quali si sperimenta con maggiore fortuna. Una è la Gran Bretagna, fra Londra e Brighton dove nasce il montaggio alternato o parallelo . Un’altra sono gli Stati Uniti, a New York e New Jersey, dove vi è una concezione più legata al continuo della narrazione tra le varie inquadrature e nascono i Nickeldeon, delle salette specializzate alla portata di tutti. Parigi è il terzo vertice di un triangolo artistico commerciale che domina quasi tutti i primi dieci anni del secolo, ripiega sulla raffinatezza della cultura accademica, nell’intento di nobilitare uno spettacolo nato povero e popolare. In avanti si comincia a pensare a come collegare le inquadrature e mettere in rapporto i personaggi, tra loro e con l’ambiente; nasce il principio delle inquadrature corrispondenti ed il controcampo. Con la Scuola di Brighton e con l’americano Wdwin Stanton Porter si tenta di creare le articolazioni di un discorso narrativo; egli risolve il problema della continuità temporale dell’azione, tentando l’esperimento di uno sviluppo dell’azione drammatica secondo un traliccio di chiara evidenza, da travasare in scene ciascun’incentrata in una situazione semplice. Un altro dei tanti precursori del linguaggio cinematografico che l’industria sfruttò fu David Wark Griffith che arriva alla regia quando Porter lascia il campo; egli dal nucleo dell’immagine seppe estrarre l’essenza della storia narrata senza forzature; sceglie attori di forte espressività naturale, e


li costringe a una severa disciplina, fatta di sottrazione e di approfondimento. Per Griffith l’onore e la virtù sono le nobili utopie cui si può sacrificare tutto. Il cinema Italiano nel primo ventennio del ‘900 vive di ordine e il pubblico lo accoglie senza scegliere. Il cinema racconta la patria con la conseguente nascita del film storico, uno tra i meriti del cinema italiano, che non ha alle spalle la cultura dei francesi e l’aggressività degli americani, ma coltiva aspirazioni più modeste e legate alla borghesia. I film diffondevano immagini di uomini e donne disposti a tutto per la patria, è il desiderio di concentrare in un solo film eccezionale tutto quello che il cinema poteva concedere alla fantasia. Tra i pilastri del cinema sovietico emergono Lev Vladimirovič Kulešov, Digza Vertov e Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Ėjzenštejn espone la teoria del montaggio delle attrazioni, applicata dapprima agli spettacoli teatrali e poi trasferita nel cinema. Vertov perfeziona la sua concezione dell’attualità cinematografica e non esita a introdurre nel discorso il rapporto fra arte e scienza. Kulešov sperimenta sul campo ed esplora la meccanica della narrazione cinematografica. Il famoso “effetto Kulešov” consiste nella giustapposizione del medesimo primo piano inespressivo di Ivan Mozzuchin a tre immagini totalmente diverse per ottenere la raffigurazione di tre stati d’animo diversi: il regista monta tre inquadrature, in mezzo alle quali spunta il volto inespressivo dell’attore; la prima inquadratura riproduce una minestra fumante, la seconda raffigura una bambina che gioca e la terza illustra una bara, con questo montaggio egli dimostra che nonostante l’espressione

del suo volto sia sempre la stessa, gli stati d’animo trasmessi saranno fame, gioia e dolore.

Charlie Chaplin, Tempi Moderni 1936 b/n

Melies, Viaggio nella Luna 1902 b/n

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Dal muto al sonoro

Il sonoro costituisce un elemento importante dell’illusione cinematografica. Con “sonoro” si intende genericamente l’insieme di dialoghi, suoni e rumori ambientali interni al film (sfondo sonoro), effetti speciali sonori e musica (colonna sonora). Nel 1926 ci furono le prime dimostrazioni pubbliche con la proiezione di alcuni cortometraggi e del film Don Juan, di Alan Crosland, privo di dialoghi ma con una colonna musicale. Il film che ufficialmente viene considerato il primo sonoro, ovvero dotato anche di dialoghi simultanei, è The Jazz Singer sempre di Alan Crosland del 1927, mentre il primo film interamente parlato sarà The lights of New York, 1928 di Bryan Foy. I primi anni del cinema sonoro furono molto duri: molte star scoprirono che le loro voci non erano fotogeniche quanto i volti e che recitare per i microfoni poteva limitare gesti e movimenti. La macchina da presa, troppo rumorosa, fu co24

stretta e immobilizzata dentro apposite cabine insonorizzate, riducendone la mobilità e rendendo necessario utilizzare più macchine da presa per riprendere la medesima azione, ma ciò nonostante il sonoro si propaga molto velocemente e nel 1932 nasce anche il musical. Il musical attraversa quasi settanta anni della storia del cinema, con alti e bassi che hanno sempre coinciso con la situazione mondiale. Nasce negli anni ’30 dopo la crisi economica quando gli americani sentivano il bisogno di una valvola di sfogo che trovano nel musical e nella commedia, venne ripreso negli anni ‘50 dopo la seconda guerra mondiale e il terzo pice lo fa tra gli anni ‘70 e ‘80. Intorno agli anni quaranta nascono i generi cinematografici e con essi una grande differenza tra cinema europeo e americano. Per l’Europa ogni film è unico, mentre per l’America è un prodotto, e come tale è destinato a moltiplicarsi finché il mercato lo esige. Codificazione dei generi: spicca la centralità del divismo visto come schiavitù, poiché lo spettatore pretende che l’attore interpreti il medesimo personaggio a confronto con situazioni diverse. Specializzazione dei produttori: aumenta la fluidità narrativa, gli attori non sono più costretti a recitare in funzione del microfono e diventano agili padroni dello spazio. Autocensura: con soggetti provocatori e scene seducenti si raggiunge un vasto pubblico, tuttavia nel 1934 si emana il “production code” che contiene una minuziosa casistica di tutto ciò che deve essere evitato. Nel periodo del Fascismo nasce Cinecittà e sono due i generi dominanti in quel periodo storico, l’epopea (melodramma) e la commedia, una terza


corrente riguarda i film a discendenza letteraria. Il Neorealismo ha cercato di rifiutare le norme consolidate della narrazione cinematografica sperimentando l’improvvisazione e la casualità, preferendo non attori ai professionisti; si è sforzato di ridurre la barriera tra la realtà e la sua sperimentazione, tuttavia la maggior parte di queste aspirazioni si è rivelata forviante. A differenza del cinema della verosimiglianza, non ha preteso di costruire un mondo più perfetto di quello reale ma ha cercato di recuperarlo con tutte le sbavature. Negli USA il rapporto tra cinema e situazione economica è stato evidente. Nel dopoguerra l’America aiutando i paesi danneggiati, ridusse la concorrenza straniera e impose la diffusione dei suoi prodotti. Nel periodo delle tensioni politiche, morali, culturali ed economiche, il pubblico non fu più omogeneo e uscirono sempre più film che sfidavano la censura del production code. Tra i registi del periodo spiccavano Billy Wilder e Alfred Hitchock (l’ambiguità per lui è il veicolo dell’ironia, il colpevole è sempre il meno sospettato). La Nouvelle Vouge francese punta sulla soggettività dell’autore, in molti casi addirittura sull’autobiografia. Un film non è una somma d’immagini ma una forma temporale, tra i registi di questo tempo troviamo François Truffaut, nostalgico di una normalità che non ha mai avuto, è il ritratto dell’infelicità, è considerato il regista delle donne. Il cinema fu accolto nello spazio mediatico, inoltre il fatto che il mercato mondiale fosse dominato dall’industria statunitense può ripercuotersi come reazione nevrotica sugli attori che operano fuori da quella gerarchia produttiva.

Billy Bilder, Viale del tramonto 1950 b/n

Stanley Donen, Cantando sotto la pioggia 1952

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Il linguaggio cinematografico

Blake Edwards, Colazione da Tiffany 1961

Le analisi e gli studi sul cinema si soffermano sul suo carattere comunicativo linguistico, creando così una “grammatica” del linguaggio cinematografico di cui l’inquadratura è l’unità base e il montaggio è la principale fase della cosiddetta, post-produzione di un lungometraggio. L’inquadratura opera su due livelli, profilmico e filmico. Il primo riguarda le cose che sono mostrate nel film, cioè tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa; il secondo si occupa del modo in cui si esegue la ripresa, quindi angolazioni e distanza della macchina da presa, campo e fuori campo, inclinazioni e movimenti della macchina da presa. Il montaggio consiste nell’unire le inquadrature per modificare la continuità narrativa della ripresa. Esistono diversi tipi di montaggio, narrativo, alternato, formale, semantico, ellittico e proibito. Il montaggio narrativo o decoupage deve essere 26

chiaro, motivato e nascosto, il meno evidente possibile, prevede che lo spettatore inconsapevole dimentichi la realtà esterna; il montaggio alternato consiste in due o più azioni che si svolgono contemporaneamente in luoghi diversi ma che infine si unificano in un terzo posto; il montaggio semantico o connotativo è l’esatto opposto del montaggio narrativo, di conseguenza, tanto quello è nascosto tanto questo è esplicito, il suo compito è costruire un significato attraverso il contrasto, costruire un senso diverso da quello che la scena singolarmente possiede, è collegato all’effetto kulesov; Il montaggio ellittico consiste nella restrizione dell’azione con dissolvenza incrociata o in chiusura, e vi è un evidente intervento del regista; infine il montaggio proibito o interno è una delle riprese più difficili, in quanto non avviene un montaggio vero e proprio ma un “piano sequenza”, vale a dire un inquadratura dove non ci sono stacchi di montaggio.


Questa grammatica del linguaggio cinematografico è usata automaticamente dalla pubblicità. Infatti, al cinema è permesso sperimentare nuove soluzioni visive, nuove modalità d’espressione, nuove tecniche di montaggio mentre la pubblicità invece, si serve di queste sperimentazioni, di queste tecniche per adattarle ai suoi scopi.

Stanley Kubric, 2001: Odissea nello spazio 1968

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Connessioni tra il cinema e la pubblicità

Il cinema e la pubblicità nascono nella metropoli, essa è il fattore accelerante di tutto, opera la conciliazione fra individuo e società da qui partono e s’incontrano tutte le traiettorie comunicative. È nella metropoli che vengono sperimentati tutti i nuovi linguaggi espressivi. Ci furono una serie di eventi che fusi insieme andarono a gettare le basi dell’attuale società moderna, lo stimolo verso una società dove, l’anomia diviene regola, dove prevalgono i valori edonistici a scapito di quelli umanitari. Il cinema e la pubblicità si prestano meglio a focalizzare quest’argomento, ad essere presi come segno rappresentativo, in quanto le modalità di utilizzo dei film sono essenzialmente individuali, ricalcano la vita della metropoli: essere sempre e comunque circondati da persone, ma al tempo stesso profondamente soli; e la pubblicità con i suoi “ compra e sarai subito felice” pone in risalto il piacere momentaneo a scapito della stabilità, quindi l’individuo a scapito dell’altro. Cinema e pubblicità sono stati a lungo trattati come fenomeni diversi e separati, che agiscono 28

ciascuno con le proprie regole comunicative. I due possono servirsi l’uno dell’altro, la pubblicità oggettivizzando in merce i modelli e gli stili di comportamenti cinematografici e il cinema promuovendo attraverso la rèclame se stesso. Per riuscire a esporre il mio pensiero ho avuto delle difficoltà in quanto, facendo delle ricerche sull’argomento e sulle connessioni tra il cinema e la pubblicità ho notato che ai nostri giorni si assiste al tentativo di associare questi due mondi ma talvolta solo con lo scopo di metterne in luce le somiglianze, passando attraverso le loro rispettive storie e cercando di unirli insieme. L’argomento che nella mia tesi voglio affrontare invece è come la pubblicità in ogni sua forma tende a utilizzare scene, frasi, musiche, atmosfere e tanto altro tratti da film spesso famosi. Questo a mio parere potrebbe accadere per attirare l’attenzione immediata dello spettatore per poi esporre il prodotto facendolo comparire in maniera naturale in modo tale che lo spettatore si senta in confidenza con quello che sta guardando, leggendo o ascoltando, per cui inconsciamente la pubblicità del prodotto e quindi il prodotto in se è subito memorizzato. A volte può anche capitare che il prodotto passi in secondo piano proprio perché si rapporta a qualcosa di più famoso e non é memorizzato dallo spettatore e ci si ritrova ad aver fatto un lavoro inutile. Questo potrebbe rifarsi all’effetto di “vampirizzazione” che nasce e accade solitamente con l’utilizzo del testimonial. Per esempio lavorando per questa tesi mi è capitato più volte di ricordare scene di film che avevo visto in qualche pubblicità ma non ricordare assolutamente quale fosse il prodotto pubblicizzato.


Alfred Hitchock, Vertigo, manifesto di Saul Bass 1958

Das Cabinet des dr caligari, Otto Stahl-Arpke 1920

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Analisi delle pubblicità Per esporre in maniera pratica la mia tesi ho cercato vari tipi di format pubblicitari. La ricerca sarebbe dovuta essere molto più approfondita includendo oltre gli spot pubblicitari anche i manifesti, volantini e tutto ciò che riguarda la pubblicità. Al momento ho pensato di suddividerli in cinque categorie. 31


Scena identica al film

La scena identica è quando si utilizza esattamente la scena del film esistente e s’inserisce, ovviamente senza forzature, all’interno del film pubblicitario. Nello spot Martini (1977-1983) ad esempio alternate alla scena di ragazzi che si prendono l’aperitivo, si vedono scene di una corsa automobilistica che non sono altro che parti di Le 24 ore di Le Mans (1971) nella pista, l’unico sponsor che si vede chiaramente è “Martini”, durante lo spot una voce di sottofondo spiega le caratteristiche del martini: « quello rosso, quello bianco o il dry» inquadrando sempre le automobili. Tra gli spot dei nostri giorni da mettere in questa categoria ho deciso di analizzare lo spot della Golf GTI (2008), lo spot Dioir eau Sauvage (2010) e quello della Lancia Musa (2011), Lo spot della Golf è ripreso sfrontatamente da Cantando sotto la pioggia (1952), con la scena in cui Gene Kelly canta sotto la pioggia con la piccola 32

modifica che anziché il balletto classico, l’attore comincia a brekkare fino a rotolare davanti all’automobile pubblicizzata. Nello spot Dioir eau Sauvage (2010) ritroviamo la scena identica nel film La piscina (1968) con Alain Delon sdraiato a bordo piscina quando a un certo punto gli arrivano degli schizzi d’acqua, mentre si gira e toglie gli occhiali da sole compare il logo del brand. In quello della Lancia Musa la scena è identica all’inizio di Colazione da Tiffany (1961). Audrey Hepburn arriva invece che col taxi, con una Lancia Musa davanti Tiffany, scende dalla macchina fa la sua colazione davanti la vetrina ed anche in questo caso anche le riprese sono uguali, infatti, dal riflesso della vetrina si vede sempre la Lancia, infine mentre s’incammina, nonostante una limousine la stia aspettando, lei segue la Lancia Musa, in questo anche il font utilizzato per pubblicizzare la marca è uguale al font del titoli d’inizio del film.


La piscina (1968) regia di Yves Allegret

Spot Dior eau Sauvage con A. Delon (2010)

Colazione da Tiffany (1961) regia di Blake Edwards

Spot Lancia Musa (2011)

Le 24 ore di Le Mans (1971) regia di Lee H.Katzin.

Spot Martini (1977-1983)

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Scena rifatta simile al film

Spot Chanel n°5 con Nicole Kidman (2006)

Di questa seconda categoria fanno parte la maggior parte delle pubblicità riprese da Film. È la più utilizzata. In sostanza viene rifatta una scena famosa e riconoscibile, con qualcosa di diverso e ovviamente con l’inserzione pubblicitaria. A tal proposito sono molteplici gli esempi che si possono fare, partendo da vecchie pubblicità e arrivando ai giorni d’oggi. Lo spot dell’Apple nella pubblicizzazione del primo Macintosh (1984) utilizza più scene rifatte prese da due film, la marcia di The Wall (1982) e la visione dello schermo, scena iniziale di Orwell 1984 (1984) dove si vede una folla di gente seduta quasi in trans, come se ci fosse un lavaggio del cervello in atto, davanti ad uno schermo, la pubblicità del Macintosh compare solo alla fine. Spot Yomo (1988) Beppe Grillo, testimonial dello spot, discute con un extraterrestre riguardo allo yogurt, quando a un certo punto si vede spuntare la navicella simile a quella di E.T. (1982). Uno 34

Moulin Rouge (2001) regia di Baz Luhrmann

spot Aperol (2003) è ambientato all’interno di un bar, le barmede ballano e offrono Aperol da sopra il bancone, un ragazzo le raggiunge a ballare sul banco, la scena è quasi uguale al film Le ragazze del Coyote Ugly (2000). Lo spot di Chanel n°5 del 2006 con Nicole Kidman è molto attraente e affascinante grazie alle sue riprese dal film Moulin Rouge (2001). Lo spot che sto per analizzare forse potevo anche non prenderlo in considerazione, poiché non andò mai in onda; fu realizzato nell’ambito del “Fresh Style Contest”, organizzato da MTV e Ferrero. TIC TAC “Freschezza da Brivido” (2008) propone la famosissima scena dell’omicidio dentro la doccia di Psycho (1960), ma in questo caso il protagonista al posto del coltello agita in mano un pacco di tic tac vuoto. La Wind in questi ultimi anni con gli spot che vedono protagonisti Aldo Giovanni e Giacomo ha voluto riprendere in modo ironico tanti film. In uno spot vediamo Aldo e Giovanni attacca-


Spot Aperol (2003)

ti in una parete a finestre di un palazzo e la scena è molto simile al film Entrapent (1999) da questo stesso film riprendono anche la scena del furto di un oggetto. In un altro spot sempre della wind si rifanno al film Operazione San Gennaro (1966), un altro riprende una delle tante scene col taglio di aiuola di Edward mani di forbice (1990) e infine l’ultimo che ho analizzato come spot wind sempre si Aldo Giovanni e Giacomo stavolta con i palloncini che esplodono si rifà alla scena di Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street (2007).

Le ragazze del Coyote Ugly (Coyote Ugly) (2000) regia di David McNally

Spot Yomo (1988)

E.T. l’extra-terrestre (1982) regia di Steven Spilberg

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Musica/Frasi riprese dal film

Spesso nelle pubblicità si usano delle frasi fatte o già sentite come anche delle musiche già famose, in questo caso parlando di cinema ci sono degli esempi. Spot Nesquik (2009) Tempo di sveglia, un’allegra famiglia si sveglia e fa colazione al ritmo di una delle canzoni più famose della storia del cinema “Good Morning” di Cantando sotto la pioggia (1952); in questo caso non c’è nessuna scena ripresa dal film ma è comunque rievocabile. Come altro esempio stavolta riguardante le frasi, ho trovato uno spot di Mediaset Premium che, dovendo pubblicizzare il cinema, crea uno spot riprendendo frasi famose di film conosciuti, inserendole in situazioni diverse. Ritroviamo una famiglia seduta a tavola che si rifà a Il Gladiatore (2000) con la frase “al mio segnale, scatenate l’inferno” indicando il cibo a centro tavola, dei bambini col girello che fanno discussioni da Fight Club (1999) con un bambino in piedi che si rivolge agli 36

altri con la frase “prima regola fel fight club, non parlate mai del fight club”, e infine una giornalista che presenta il meteo che si perde in Via col Vento (1939) dicendo “dopotutto domani è un altro giorno”. Tutto questo fatto con le voci originali dei film.


Personaggi ripresi da film

Spot Dreher (2011)

The Blues Brothers (1980) regia di John Landis

Per questa categoria c’è poco da dire, poiché il titolo stesso spiega tutto; ci troviamo davanti pubblicità che utilizzano personaggi presi da film. Come primo esempio voglio analizzare lo spot della Barilla (1985) dove il protagonista in impermeabile chiaro rappresenta l’Humphery Bogart di Casablanca (1942) fa un po’ l’uomo misterioso, chiama al telefono entra in macchina, non si sa dove va, fin quando arriva a casa e prende in mano uno scatolo di pasta Barilla per la moglie. Un altro spot indicativo per questa categoria è quello della Dreher (2011) dove i due presentatori del prodotto sono ripresi da The Blues Brothers (1980), arrivano cantando e ballando come solo loro sanno fare, insieme ad una folla di gente per bere tutti insieme una Dreher. Lo spot per la nuova Volkswagen Passat (2011) usa come protagonista un bambino mascherato da Dart Fener, il cattivo di Guerre Stellari (1977) Nel filmato vediamo come il baby Dart Fener pro-

vi ad utilizzare il «lato oscuro della Forza» per condizionare il cane , accendere la lavatrice o spostare un bambolotto su letto: nonostante i tanti sforzi la Forza non è con lui. Preso ormai dallo sconforto il piccolo Dart Fener compie l’ultimo tentativo: accendere la nuova Volkswagen Passat del padre, ed il padre senza farsi vedere, pigiando semplicemente un pulsante del telecomando delle chiavi accende la macchina. Infine ho voluto prendere come riferimento anche questo spot Findus (2012) che si rifà in maniera simpatica il film-cartone Gli Incredibili (2004) semplicemente per il loro abbigliamento. Carletto il protagonista degli spot Findus degli ultimi dieci anni sorvola la città e in quanto super eroe super tutto mangia il super pollo Findus con l’intera famiglia, in tinta con il suo abbigliamento. 37


Atmosfera ripresa da film

L’atmosfera ripresa del film, non è altro che l’ambiente, la situazione e le sensazioni che quella scena ti da. È quando si capisce di che film si tratta senza esserci quasi nessun riferimento. Ad esempio nello spot dell’Ikea (2011), talaltro molto criticato, si prende in prestito l’immagine dei “picciotti” siciliani. Ragazzi, vestiti in stile Il Padrino (1972), si aggirano all’interno di una cucina, tutti compiendo azioni “sospette”: chi circonda un uomo privo di sensi, chi carica un sacchetto nero della spazzatura in macchina. In realtà, si scopre verso la fine, i bravi ragazzi stano solo mostrando rispetto nei confronti dell’ambiente, sparecchiando e lavando i piatti al termine di un pranzo. Lo slogan finale, infatti, è: «Comportarsi bene in una cucina Ikea è più naturale». Lo spot del Campari red passion (2005) può ritrovarsi anche nella terza categoria dove si riprende la musica, per il tipo di ambientazione però ho deciso di inserirlo qui, il gioco di sguardi degli attori 38

del film pubblicitario, l’aria di mistero data anche dalla musica ripresa da Eyes wide shut (1999) fa ripensare alla scena più famosa del film. I due, un uomo e una donna si vedono all’ingresso di questo palazzo, si guardano e s’inseguono, lentamente e misteriosamente fino ad arrivare in un’altra stanza dove il Campari viene versato sbadatamente dall’uomo, che poi si scopre essere la donna, addosso alla donna che poi si scopre essere l’uomo.


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Pubblicità 1977-1983. Martini 1984. Apple, “Macintosh” 1985. Barilla 1988. Yomo con Beppe Grillo 2003. Aperol 2005. Campari red passion 2006. Chanel n°5 con Nicole Kidman. 2009. Nesquik Tempo di sveglia 2010. Dior eau sauvage con Alain Delon 2008. Golf GTi 2008. Tic Tac “Freschezza da Brivido” spot per la Tic Tac Ferrero realizzato nell’ambito del “Fresh Style Contest”, organizzato da MTV e Ferrero 2010. Mediaset Premium citazioni cinematografiche 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo 2011. Dreher regia A.D’Alatri 2011. Lancia Musa con Audrey Hepburn 2011. Volkswagen the Force 2011. Ikea 2012. Findus

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Film di riferimento Casablanca (1942) Michael Curtiz. Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain) (1952) regia di Stanley Donen Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany’s) (1961) regia di Blake Edwards E.T. l’extra-terrestre (E.T. the Extra-Terrestrial) (1982) regia di Steven Spilberg Edward mani di forbice (Edward Scissorhands) (1990) regia di Tim Burton Eyes wide shut (1999) regia di Stanley Kubrik Entrapment (1999) regia di Jon Amiel Fight Club (1999) regia di David Fincher Gli Incredibili (The Incredibles) (2004) regia di Brad Bird Guerre stellari (Star Wars) (1977) regia di George Lucas Il Gladiatore (The Gladiator) (2000) regia di Ridley Scott Il Padrino (The Godfather) (1972) regia di Francis Ford Coppola La piscina (1968) regia di Yves Allegret Le 24 ore di Le Mans (1971) regia di Lee H.Katzin Le ragazze del Coyote Ugly (Coyote Ugly) (2000) regia di David McNally Moulin Rouge (2001) regia di Baz Luhrmann Operazione San Gennaro (1966) regia di Dino Risi Orwell 1984 (Nineteen Eighty-Four) (1984) regia di Michael Radford Psycho (1960) regia di Alfred Hitchcock Sweeney Todd: il diabolico barbiere di fleet street (Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street) (2007) regia di Tim Burton The Blues Brothers (1980) regia di John Landis The Wall (1982) regia di Alan Parker Via col vento (Gone with the Wind) (1939) regia di Victor Fleming

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Pubblicità e Film di riferimento 1977-1983. Martini - Le 24 ore di Le Mans (1971) regia di Lee H.Katzin 1984. Apple “Macintosh” - The Wall (1982) regia di Alan Parker, Orwell 1984 (Nineteen EightyFour) (1984) regia di Michael Radford 1985. Barilla – Casablanca (1942) regia di Michael Curtiz 1988. Yomo - E.T. l’extra-terrestre (E.T. the Extra-Terrestrial) (1982) regia di Steven Spilberg 2005. Campari red passion - Eyes wide shut (1999) regia di Stanley Kubrik 2003. Aperol - Le ragazze del Coyote Ugly (Coyote Ugly) (2000) regia di David McNally 2006. Chanel n°5 con Nicole Kidman - Moulin Rouge (2001) regia di Baz Luhrmann 2009. Nesquik Tempo di sveglia – Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain) (1952) regia di Stanley Donen 2010. Dior eau sauvage con Alain Delon - La piscina (1968) regia di Yves Allegret. 2008. Golg GTi - Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain) (1952) regia di Stanley Donen 2008. Tic Tac “Freschezza da Brivido” - Psycho (1960) regia di Alfred Hitchcock 2010. Mediaset Premium citazioni cinematografiche – Il Gladiatore (The Gladiator) (2000) regia di Ridley Scott, Fight Club (1999) regia di David Fincher e Via col vento (Gone with the Wind) (1939) regia di Victor Fleming 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo - Entrapment (1999) regia di Jon Amiel 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo – Edward mani di forbice (Edward Scissorhands) (1990) regia di Tim Burton 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo - Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street (Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street) (2007) regia di Tim Burton 2011. Wind con Aldo Giovanni e Giacomo – Operazione San Gennaro (1966) regia di Dino Risi 2011. Dreher regia A.D’Alatri - The Blues Brothers (1980) regia di John Landis 2011. Lancia Musa con Audrey Hepburn – Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany’s) (1961) regia di Blake Edwards 2011. Volkswagen the Force - Guerre Stellari (Star Wars) (1977) regia di George Lucas 2011. Ikea – Il Padrino (The Godfather) (1972) regia di Francis Ford Coppola 2012. Findus - Gli Incredibili (The Incredibles) (2004) regia di Brad Bird

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Bibliografia Luis Bassat, Giancarlo Livranghi; Il Nuovo libro della Pubblicita, il Sole 24 Ore, Milano, 1997 Ugo Volli; Il Nuovo libro della Comunicazione, Il Saggiatore, Milano, 2007 Gianni Rondolino, Storia del cinema, UTET, Torino, 1996. Fernaldo Di Giammatteo, Storia del cinema, Marsilio, Venezia, 2005 Beba marsano, xx Secolo Manifesti, Mondadori Electa, Milano, 2003

Sitografia http://www.agendacomunicazione.it/?id=299&rcd=1 http://kidslink.bo.cnr.it/ic6-bo/scuolainospedale/numero7/cinema.htm http://195.176.180.15:82/medina/courses/cb08/group15/pages/poc.php?ID_AxisName=2&ID_ POC=49&ID_Lang=1 http://rayuso.hubpages.com/hub/Mass-Media-Influence-on-Society http://www.youtube.com/?gl=IT&hl=it

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