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LES JARDINES EN ITALIE I GIARDINI IN ITALIA
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GEORGE SAND
Il manoscritto (20 fogli - 225 per 180 mm- una plaquette rilegata in veline ed arricchita da disegni) intitolato I GIARDINI IN ITALIA, è stato ritrovato dalla professoressa Giovanna Romanelli (durante una delle sue ricerche, nella Biblioteca Nazionale di Francia /Sito Richelieu 58, rue de Richelieu , 75804, Patis Cedex 02). Fu scritto da George Sand al rientro dal suo viaggio nel 1855: non è una raccolta di memorie di viaggio, ma una riflessione della società nel periodo dell' industrializzazione allorché ci si stava dimenticando del legame tra l’uomo la natura e l’ambiente nel quale si vive. Il piccolo manoscritto di sole 18 pagine, è rimasto inedito per oltre un secolo, l' originale fu acquistato dalla Biblioteca Nazionale di Francia (1951) dalla Libreria antiquaria Pierre Corneau, secondo il certificato di compravendita allegato al testo, e fa parte probabilmente di quelle opere
Rielaborazione ed approfondimenti a cura di Simonetta Fedele
della scrittrice pubblicate su riviste e quotidiani. La traduzione in lingua italiana è della stessa professoressa Giovanna Romanelli.
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Il testo si compone di due parti: la prima che dĂ il titolo al manoscritto e tratta di alcuni giardini dell'Italia Centrale,( a Frascati villa Aldobrandini, villa Rufinella, villa Mondragone) e la seconda I Boschi
VILLA ALDOBRANDINI (www.italiainfoto.com )
VILLA RUFINELLA- TUSCOLANA (www.eccolanotiziaquotidiana.it )
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VILLA MONDRAGONE – FRASCATI (http://www.gardenvisit.com/history_theory/library_online_ebooks/ml_goth ein_history_garden_art_design/frascati_villas) zone che colpirono particolarmente la scrittrice e la sua fantasia. La seconda parte dedicata a I Boschi con riflessioni sulla natura e sulla vegetazione, paragonando le pinete marittime italiane ai boschi, ormai
decimati in Francia (per l'uso del legname in industria), anche se è sempre stata attratta dalla bellezza naturale della Valle della Creuse
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e dell' Indre
Il manoscritto è un memorandum del viaggio compiuto in Italia nel febbraio 1855 in compagnia del figlio Maurice e di Alexandre Manceau, incisore e scrittore di testi drammatici con il quale all'epoca la scrittrice intratteneva un rapporto quasi coniugale, dopo la separazione da Chopin. Il manoscritto è stato redatto a Nohant , il nove settembre 1855 quando la Ns autrice aveva 52 anni ed era ormai solita dettare i propri scritti agli amici che con lei condividevano il soggiorno nella tenuta di campagna dove quasi stabilmente viveva,
IL PARCO A NOHANT
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La Redazione materiale del documento, infatti, è stata attribuita dai periti a Emile Aucante amico intimo della Sand, della quale diventò segretario e consigliere devoto, occupandosi della gestione degi interessi economici della scrittrice ed in particolare dei suoi rapporti con gli editori; invece l'ultimo paragrafo sarebbe dello stesso Manceau, mentre autografe sono le correzioni pg 8, 9, 11, 17, e la data che conclude il lavoro arricchito da disegni del figlio Maurice eseguiti per la rivista “Le Magasin pittoresque” - pg 4, 12, 15, da un ritratto della Sand su incisione di Luigi Calamatta (1836) che a sua volta riprende un celebre dipinto di Delacroix del 1831. Vi si trova inoltre un disegno a penna (1856) di J.J. Deveria, incisore e pittore degli scrittori romantici, al quale si possono attribure anche i disegni che decorano la prima la seconda e la quarta di copertina
G. Sand “Les jardins en Italie” feuillets
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AUTENTICAZIONE DA PARTE DI PIERRE CORNUAU LIBRAIO
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LA MUSA FRANCESE DELLE SELVE DISEGNO DI J.J. Deveria,
SUI PASSI DI GEORGE SAND
Nasce a Parigi il primo luglio 1804 (il 6 messidoro dell’anno XII della Repubblica) e le viene dato il nome di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin. G. Sand bambina
La piccola Aurore all'età di 4 anni viene affidata alla nonna paterna
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la nonna, Marie Aurore de Saxe
dopo la morte prematura del padre e vive a Nohant Vic sur Loire
" On n'est pas seulement l'enfant de son père, on est aussi un peu je crois celui de sa mère.[...] Or, si mon père etait l'arrière petit-fils d'Auguste II, roi de Pologne, [...] il n'en est pas moins vrai que je tiens au peuple par le sang. Non solo la figlia di suo padre, ma anche con una parte di sua madre (…). Bene, se mio padre è stato l'ultimo figlio di Augusto II re di Polonia, non è men vero che io abbia il popolo nel sangue " George Sand, Histoire de ma vie, t. I, p. 15
George Sand si proclamava volontieri "fille d'un patricien et d'une bohémienne", una doppia appartenenza sociale che ha fortemente formato la sua personalità. Se la sua infanzia ed adolescenza sono state turbinose, le sue battaglie politiche non le sono state estranee e le sue opere letterarie e tearali ne sono impregnate. Crede nei fantasmi e negli spiriti del fantastico universo contadino. La
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pensiamo correre a perdifiato nel cuore del bosco, dove ha costruito un piccolo altare dedicato alla sua divinità personale, che lei chiama
Corombè. Ad essa porge preghiere e sacrifici. Volge il suo sguardo e la sua voce implorante al suo dio pagano, esigendo una risposta. Ma la risposta non giunge e non le resterà che cercarla, per tutta la vita, con le sua indomabile volontà, attraverso l’amore, l’arte, la politica. Da ragazza già trascorre lunghe ore in sella alla sua cavalla Colette, si veste da uomo e fuma. Nel 1822, a 18 anni, mentre trascorreva una vacanza presso amici, conobbe il giovane barone Casimir Dudevant che sposò dopo qualche mese. Fu una sua scelta maritarsi con un uomo decisamente sbagliato che disprezzava libri e musica, e amava la caccia. Da questo matrimonio ha comunque due figli Maurice e Solange. G. Sande, suo figlio Maurice, sua figlia Solange
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Poi inizia un insieme di rapporti pi첫 o meno sentimentali e pi첫 o meno
importanti: col poeta De Musset,
col pittore Delacroix,
col musicista di origine polacca, Chopin
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Il ritratto di Chopin e George Sand dipinto da Delacroix (1838), come sarebbe dovuto essere una volta concluso.
L'ULTIMA FOTO DI CHOPIN E G.SAND
NOHANT: CHOPIN E G.SAND
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LA SALA DA MUSICA A NOHANT
MAURICE SAND, FIGLIO DI G.SAND, DISEGNATORE DI TALENTO
I COSTUMI ERANO IDEATI E CUCITI DA G.SAND
...tra quelle mura ad amare, vivere, scrivere romanzi e comporre arie sublimi, divennero abitudini nella proprietĂ ereditata dalla scrittrice; CHOPIN compose studi, valzer e notturni immortali, gli amici scrittori del tempo che vi soggiornarono; DUMAS FLAUBERT, BALZAC, GAUTIER, DELACROIX, rimasero
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incantati da quel piccolo mondo agreste rannicchiato nel Berry.
ESCLUSIVO: G. SAND ED UNA SUA LETTERA AUTOGRAFA A GUSTAVE FLAUBERT (1857)
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George Sand, ca 1867. Photographer: Nadar (Gaspard-Felix Tournachon), Paris. (photogravure) in servatius.blogspot.com
COSA COLPISCE IN GEORGE SAND Personalmente sono rimasta colpita dal fatto che è riuscita, in un’epoca
dominata dagli uomini, non soltanto ad imporre la propria arte e il proprio pensiero, ma a vivere della sua penna: lei, la sua famiglia, gli amici socialisti o bisognosi. La sua generosità era infatti senza limiti. Nel 1831
uscì il suo primo romanzo Rose et Blanche
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e intorno al 1832-33, George Sand, donna, giovane e affascinante, entrò trionfalmente nel mondo della letteratura, riscotendo un
immediato successo con i suoi primi romanzi, le fervide immaginazioni romantiche provarono una sorta di vertigine e di ebbrezza, riconoscendosi nei personaggi malinconici, ingiustamente infelici, ma anche ribelli. La sua irrequieta vita sentimentale emanava un fascino
irresistibile per tutte le fantasie accese. Romantico fra i romantici, Alfred de Musset, giovane poeta, conosceva già tutti gli eccessi e i drammi del momento, eppure non poté resistere al fascino della “femme écrivain” che fece di lui un vero “enfant du siècle”. La confession d’un enfant du siècle, (1836), che narra appunto la loro storia d’amore, divenne letteratura, secondo i canoni del romanticismo in cui l’arte ispirata dalla vita stessa, era in continua simbiosi/osmosi.
Aurore Dupin, Baronne Dudevant, per poter scrivere fu costretta a
scegliere uno pseudonimo maschile. Occorre infatti considerare che il “mestiere” di romanziera non era allora accettato; la letteratura semmai andava praticata come passatempo ameno. «Che scrivano pure le donne – proclamava Balzac rivolgendosi all’amica Contessa Hanska, - purché dopo abbiano il coraggio di bruciare le loro opere.»
16 Pseudonimo -
Cfr.
A. Lo Giudice, George Sand. Romanticismo e modernità, Roma
1990-
volutamente ambiguo, poiché la Sand aveva iniziato a scrivere in collaborazione con il suo amante di allora, Jules Sandeau.
Jules Sandeau (1811-1883)
Ritratto a penna elaborato da George
Sand, 1831Essa conservò solo la metà del cognome di colui che si era appropriato quasi totalmente dei romanzi composti da lei. La scrittrice elimina la s finale del nome Georges, tipicamente maschile e quasi prevedendo che scriverà sulla sua terra natia, il Berry, scelse quella parola che indica in dialetto berrichon lo spirito del luogo, georgeon.(georgico Il Berry è la regione del Nord-Ovest della Francia in cui George Sand nacque e visse gran parte della sua vita. In essa la natura non è di una bellezza sfolgorante ma la vita agreste le suscita sentimenti romantici ed il contadino berrichon pur vivendo lontano da qualsiasi eccesso si nutre di fantastico. La Vallée noire, prima che George ne facesse la cornice verde dei suoi romanzi, era quasi del tutto sconosciuta. Sappiamo che i romanzi campestri nacquero con l’intento di proporre esempi di letteratura semplice e amena da contrapporre alla violenza e agli eccessi della cupa letteratura realista durante la Monarchia di luglio. Ma critici e pubblico riconobbero che il vigore delle affermazioni e uno stile già naturalmente compiuto erano frutto di una mente femminile. La scrittura fu dunque per George Sand libertà: libertà dalla tutela di un marito despota e non amato; libertà dalla sopraffazione maschile in
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generale; libertà di fantasia e d’immaginazione di cui la Sand era preda. Essa infatti scriveva registrando quel flusso immaginifico che sembrava imporsi da solo insieme alla libertà di crescere sfidando i pregiudizi del mondo e costituendo George Sand con vestiti maschili
proprio attraverso la scrittura la sua identità, quel nome ( SAND) che i due figli adottarono a discapito del cognome aristocratico del padre. Il suo uso di vestirsi da uomo non era motivato dal gusto della provocazione o da una forma di esibizionismo piuttosto da ragioni pratiche: la sua passione per l'andare a cavallo ed il teatro. Dopo la sofferta decisione di lasciare il marito e il domicilio coniugale, George, negli anni delle prime battaglie romantiche, visse con il suo giovane amante, già citato, Jules Sandeau, in una mansardina bohémienne. Ella desiderava assistere agli spettacoli teatrali, ma aveva pochi mezzi e non poteva acquistare le elaborate toelette femminili dell’epoca oltre al fatto che la moda alle
G.Sand giovane , con un amico giornalista
donne imponeva delle crinoline voluminose difficili da gestire.
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Decise allora di seguire l’esempio della madre, la sanguigna figlia del popolo, che il padre aveva conosciuto quando essa seguiva le armate napoleoniche, un amore precocemente romantico anche il loro, sofferto e tormentato poiché ostacolato dalla madre del giovane, nobile figlia del
Maresciallo di Sassonia. Maurice Dupin, padre della Sand, diseredato dalla madre, fu costretto a portare la moglie a teatro, vestita da uomo e a piedi (tanto più comodo era farlo in pantaloni!), nell’economicissimo parterre riservato ad un pubblico maschile. George seguì il loro esempio, del resto, abile amazzone, era già stata abituata ad un tale abbigliamento. Deschartes, il suo precettore gesuita, le permetteva infatti lunghe cavalcate abbigliata da uomo. Sappiamo che fu decisa e determinata anche nei suoi amori drammaticamente romantici tanto che nel romanzo Elle et lui, (1859), ella , diversi anni dopo l’accaduto, narra la sua storia d’amore con Alfred de Musset. Mentre al ritratto del personaggio Laurent\Musset si sovrappone il ritratto di un altro grande artista: Frédéric Chopin. Anche il loro era stato un grande amore, fallito per le medesime ragioni. Chopin, come de Musset, era stato un «amante dell’impossibile». A dieci anni dalla rottura con il musicista, i due uomini per la Sand sono un unico ritratto d’artista: ipersensibili, visionari, allucinati, con paure immotivate che diventavano fobie, insicurezza, cambiamenti di umore continui ecc… Nonostante ciò la Sand non cessò mai di ammirare il genio creativo di Chopin, da lei considerato il più grande musicista di tutti i tempi, dopo Mozart. Nel romanzo Les sept cordes de la lyre, (1840), scritto nell’entusiasmo
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iniziale del loro rapporto, l’arte angelica di Albert\Chopin consola ed eleva Hélène\Sand. Non è inoltre superfluo ricordare che la Sand curò e assistette amorevolmente, per otto anni, Chopin, la cui salute era gravemente compromessa dalla tisi, e non solo, con la sua grande sensibilità e competenza musicale, essa lo rassicurava non poco sull’eccezionale pregio delle sue composizioni. La sua presenza benevola contribuì certamente alla creazione dei capolavori del grande musicista polacco. Passo passo, i due artisti confrontavano e ammiravano reciprocamente le loro opere, completandosi a vicenda. L’anima poetica di Chopin apprezzava la grazia e l’idealismo dei romanzi campestri (Vedi opere);
G.Sand in giovane età allorché nei romanzi dà rilievo alla vita difficile ed ai problemi umani dei ceti rurali.
George, musicista mancata (suonava il piano, l'arpa ed altri strumenti che si possono ammirare ancora nella sua casa museo a Nohant) si beava all’ascolto di preludi e sonate. E fu proprio attraverso il linguaggio dell’arte che si compresero questi due esseri del tutto diversi. Il pallido e fragile Chopin era l’opposto della sana e robusta donna che non cessava di prodigarsi per gli altri, dedicandosi, e con grande riuscita, alle più disparate attività: la scrittura prolissa e sterminata di romanzi, novelle, drammi teatrali, articoli di giornale, lettere, diari personali, ecc. a cui venivano dedicate le ore notturne. Essa infatti da mezzanotte alle sette del mattino, in ogni circostanza, si raccoglieva nel silenzio della sua stanza per scrivere, e ciò accadde quotidianamente, durante tutta la
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sua vita. Sveglia verso mezzogiorno, riprendeva i suoi studi, la ricerca a cui affiancava la pittura di acquarelli e il disegno; l’instancabile attività politica; la gestione dei suoi affari; l’educazione dei figli (più tardi dei nipoti) seguiti personalmente secondo i dettami di Jean-Jacques Rousseau (pensieri pedagogici, nei quali l'autore dimostra la necessità di conservare nel bambino l’originaria bontà impedendo che questa venga corrotta dalla stessa civiltà; perciò è necessario allontanare il bambino dalla società, affidandolo alle cure di un precettore, da l' ’Emilio, il suo trattato pedagogico); i suoi salotti accoglievano l’intellighenzia internazionale e persino le più svariate attività domestiche, come cucire i sontuosi costumi per le marionette del teatrino del suo castello, a Nohant; ricamare ascoltando musica, ogni sera durante l’audizione privata che le concedeva Chopin, sino alle marmellate da lei confezionate e che sembrano aver deliziato i suoi innumerevoli biografi.
stato rimproverato di avere idealizzato in modo eccessivo il mondo dei contadini, che essa considerava istintivamente poeti poiché vivono d’immaginazione e fantasia, come testimoniano le loro favole e leggende, ed il mito del Buon Selvaggio di Jean-Jacques Rousseau è per lei il mito dell’uomo non ancora corrotto dalla falsità del dissidio tra “essere ed apparire”: il contadino vive nel “meraviglioso” e conosce struttura comprende la realtà solo attraverso le forme poetiche dell’immaginazione e del simbolo. Jeanne, (1844), che inaugura il ciclo dei romanzi campestri, l’animo poetico vede e ode ciò che l’uomo comune ignora. Le è
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IL GIARDINO DI G. SAND A NOHANT- 1842- DELACROIX-
I CEDRI PIANTATI DA G.SAND ALLA NASCITA DEI FIGLI- NOHANT
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LA PRIMA PAGINA DEL SUO MANOSCRITTO “LES JARDINS EN ITALIE” Nell’800 le memorie di viaggio sono un genere letterario diffuso: V.Hugo, Stendhal, Lamartine, T.Gautier, Chateaubriand ( il Grand Tour)
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IL MESSAGGIO
la foresta e la campagna di Nohant dunque
diventavano incantate e ciascun albero si animava di vita propria. La visione di questa natura fantastica l'accompagnerĂ per tutta la vita e il vivere in campagna
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durante i primi anni di infanzia segnerà profondamente la scrittrice nel rapporto con il paesaggio e la natura, tanto che il tema della vita agreste venne ripreso spesso nelle sue opere a cominciare dal romanzo forse più conosciuto La mere au diable, dando vita al genere del "romanzo campestre". In questa opera come in altri racconti successivi vengono espresse chiaramente le sue idee legate alla protezione della natura nella sua libertà e naturalità, che non deve essere sottoposta e trasformata spasmodicamente dall'uomo. Queste sue convinzioni e affermazioni faranno di lei un'antesignana delle moderne posizioni ambientaliste ed ecologiste Come ogni intellettuale dell'epoca, nel 1833 George Sand partì per il suo primo viaggio in Italia, accanto ad Alfred de Musset e durante il suo soggiorno italiano scrisse l'opera Lettres d'un voyager -1834- nella quale descrisse l'Italia che finalmente riuscì a vedere dopo averla conosciuta attraverso scritti e racconti dove vengono esaminati i vari stadi dell’esistenza umana, in quello che è un viaggio all’interno di noi stessi e che riprenderà proprio nei GIARDINI IN ITALIA in un secondo viaggio, all'età di cinquant'anni che la segnò profondamente.
Da G. Sand, I giardini in Italia,a cura di G. Romanelli - Sellerio Editore, Palermo, 2002, p. 36.
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Siamo nel 1855, il profondo dolore per la morte della sua nipotina NinĂŹ le tolse anche la voglia di scrivere e un altro soggiorno in Italia, secondo il suo nuovo compagno Alexandre Manceau, avrebbe potuto essere per lei un'ottima cura per superare il grande dolore e per farle riprendere l'inchiostro. CosĂŹ avvenne. Infatti George Sand dopo il viaggio scrisse questo saggio I giardini in Italia rimasto inedito per oltre un secolo
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LE PINETE
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I BOSCHI
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La scrittrice riprende il senso etimologico ddlla parola “villeggiaturaâ€? dal latino villa cioè casa di campagna, tenuta, podere con cui si indica non solo un periodo di riposo e svago ma anche il luogo stesso.
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“E' nei giardini che i signori italiani dispiegavano la loro ricchezza creativa che non possiamo vedere scomparire senza rimpianto le grandi costruzioni di lava, mosaico e cemento che fanno discendere in mille cascate, tortuose e zampillanti, le acque del torrente fino alla soglia del castello”. (Ibidem p. 53) Insomma Sand descrive luoghi per i quali molti viaggiatori europei iniziavano il Gran Tour, il viaggio in Italia, per ritrovare ” le grandi acque
interne quasi musei di campagna, dove accanto ad una vasca prominente dalle ville di Tiberio (l' imperatore romano che si ritirò nella bellissima villa a Capri ricca di fontane e giochi d'acqua) faceva capolino un tritone epoca Luigi XV e a allo stesso tempo descrive la
Villa Aldobrandini o del Belvedere, Frascati – 1598 – Arc. Fontana “ ...i Giardini sono stati disegnati sotto i fianchi di una montagna alberata al di sotto del Tuscolo su uno splendido fondale caratterizzato da lecci, pini e splendidi platani secolari) e bagnata da acque sorgive; in un angolo del Parco è stato ideato di scavare la roccia a forma di Mascherone...con all'interno una caverna dove possano trovare riparo parecchie persone (Ibidem p. 55) Nella lettura del testo ho cercato di capire i vari legami, tenendo presenti le dinamiche del mondo di oggi il cui tema della natura nel rapporto uomo-ambiente è sempre più fondamentale nello sviluppo sostenibile della società nella quale si vive.
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E George Sand lo aveva compreso già nel lontano 1855, nel suo secondo viaggio in Italia di cui già conosceva il paesaggio, dopo il suo primo viaggio (1833), terra che tanto voleva vedere e di cui “aveva sete come tutti gli artisti”. Aveva conosciuto l’Italia dapprima , grazie alla nonna paterna, attraverso i libri, la musica e l’arte. In collegio dalle suore aveva imparato l’italiano che considerava “dolce lingua”, ogni giorno dedicava un’ora “alla storia… una alla musica…una all’italiano” Scrittori e poeti italiani in particolare Tasso e Dante , influirono sulla sua formazione. Queste letture stimolarono nella campagna di Nohant la viva immaginazione della scrittrice, che si esaltava davanti alle meraviglie della natura, così la foresta diventa incantata e ciascun albero si anima di vita propria; la visione di questa natura fantastica l’accompagna in tutte le sue passeggiate in campagna e in mezzo alla natura di Nohant. Inizia a studiare anche la geologia, la mineralogia e la botanica conoscenze che la porteranno a leggere non solo con le emozioni i paesaggi osservati e attraversati, ma con una visione più scientifica che gli permetterà di cogliere le relazioni che stanno alla base della definizione di un determinato paesaggio. L’atmosfera dell’italianità, nata dalle letture, dalle amicizie e dai sogni, entra nelle sue opere prima ancora di conoscere realmente l’Italia, prima ancora di averla contemplata. Descrive, attraverso la lettura degli elementi principali caratterizzanti il giardino barocco, la struttura generale del giardino stesso. Le “grandi acque” elemento caratterizzante il giardino, mentre
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gli altri elementi, diversissimi tra loro, per epoca e stile, sono tenuti e legati in un unicum proprio dall’acqua.
Proseguendo la lettura de Les Jardins en Italie, sembra quasi che la scrittrice veda il giardino non come elemento ispiratore di molti artisti, in particolare dei pittori, ma attraverso la fantasia e l’immaginazione degli artisti che li hanno costruiti. “I labirinti di splendide scale alla maniera di Watteau […]”. In poche righe descrive gli elementi principali che compongono il giardino: l’acqua, che con fontane e cascate costruisce il teatro, le grotte, le scale, i parterre e i materiali che li compongono (fiori, piante basse, le pacciamature in marmo, ceramica, ardesia ecc.) . Il giardino del Seicento non abbandona la composizione regolata dai principi geometrici e matematici, ma si amplia con la connotazione di parco e applica le regole cinquecentesche con maggiore libertà, si arricchisce di nuovi valori ornamentali, disegna l’impianto con ampie curve e morbidi effetti chiaroscurali, raccorda i dislivelli con scenografici collegamenti. Nel giardino barocco gli elementi vegetali, comunque dominati nella forma e nella disposizione dalla mano dell’uomo, si raggruppano in forma di bosco, fondendo il giardino con il paesaggio, o risultano più liberi, ricondotti in forme morbide, quasi a costruire un ricamo; ad essi si aggiungono i teatri d’acqua, formati dalla sequenza di fontane,
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caratterizzate da forme naturali, e da cascate d’acqua, concepite come elementi di stupore e di divertimento. Dopo aver tracciato le linee generali si entra nella descrizione dei giardini delle Ville di Frascati, perchÊ sono quelli che, secondo la Sand, in Italia costituiscono il miglior esempio dei giardini dell’epoca.
Villa Aldobrandini, Frascati. La Grande cascata.
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L' autrice francese viene colpita proprio dai giochi d' acqua e dalle altre invenzioni barocche dell'arte dei giardini sviluppatesi dai Ninfei cinquecenteschi ma anche dal fatto che Ville e Giardini sui colli del Tusculo sono particolari per qualità paesaggistica, estensione geografica tali da poterli paragonare ai castelli della Loira nei pressi dei quali vi è Nohant Vic suo paese di origine e dove ha trascorso parte della sua vita.
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39 Ciò che cattura comunque l'attenzione di George Sand è dunque l’inserimento paesaggistico della villa e del giardino, “[…] sotto i fianchi di una montagna splendidamente alberata”, dove ancora una volta è dominante il rapporto uomo- natura.
L’uomo si impossessa della natura ed allo stesso tempo la natura si impossessa dell’opera dell’uomo “i rami cadenti e le piante parassite si sono incaricate di ornare con barba e sopraciglia il volto fantastico del COSIDDETTO MASCHERONE”, stabilendo tra uomo e natura un reciproco equilibrio. Il giardino con una serie di terrazze domina imponente la piazza di Frascati con un rapporto indissolubile con il paesaggio circostante: un grande viale di lecci geometricamente potati, una sorta di grande scatola, che si attraversa per salire dall’ingresso principale sino alla villa.L’imponente facciata e le terrazze laterali al palazzo nascondono alla vista il giardino retrostante. Su queste terrazze la piantata regolare dei Platani dal tronco contorto, disegna lo spazio come un grande portico naturale.
WATTEAU: LA PIAZZA DI FRASCATI E PALAZZO ALDOBRANDINI
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La Sand vorrebbe anche ritrarre con disegni Villa Rufinella (Architetto Vanvitelli) ma:” ...la creazione fantastica sfugge alla matita per la sua estensione: ripida salita con iscrizioni monumentali di bosso tagliato (ars topiaria)... In questa Villa il raccordo era dato dalla ripida salita, disegnata da “iscrizioni monumentali di bosso”, con cento nomi illustri di “scrittori classici e poeti consacrati”, ma quelli che più colpiscono la scrittrice sono quelli di Russeau e Voltaire, in contrasto con “la terra papale” per le loro idee, all’ombra delle quali la stessa Sand si era formata. I nomi formano una sorta di galleria d’arte, considerabile alla stregua di un intervento contemporaneo di land art, creazione molto probabilmente di Luciano Bonaparte , che aveva abitato la Villa per lunghi periodi. Nel capoverso conclusivo della prima parte emerge il gusto romantico della rovina e dello stato di abbandono, enfatizzato ulteriormente dal ruolo della natura che, nella sua semplicità e libertà, riconquista lo spazio costruito dell’uomo. Così l’edera abbraccia le rovine, le radici degli alberi sollevano i marmi e le acque, costrette a scorrere in canali, scendendo giù.
Scrive ancora:” Questa Galleria erbosa forse è stata ideata da Luciano Bonaparte, secondo fratello di Napoleone che ebbe un ruolo decisivo nel colpo di stato del 18 brumaio 1830 (futuro Presidente del Consiglio di Stato dei 500) , si interessò degli scavi del Tusculo poiché per un periodo abitò alla Rufinella…su questa terra papale – scrive la Sand- vi sono curati e tosati i nomi di Voltaire, Rousseau, viali, lecci, olivi e cipressi, con una gradinata di siepi di bosso che riproducono i nomi dei poeti più illustri e busti di Omero, Virgilio e Tasso...vi è l'edera che abbraccia i resti di epoche remote, radici di alberi centenari tra marmi vetusti e acque cristalline...rovine di tempi fastosi ….
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I boschi – Les bois Nella seconda parte del piccolo libro di Appunti di viaggio, George Sand parla del ruolo che la natura ha nella vita dell’uomo in una lettera a Flaubert : “Je suis de la Nature, dans la Nature, pour la Nature, à la Nature” , con una visione di ecologista ante-litteram. La sensibilità sviluppata attraverso gli studi e i viaggi, la porta a stigmatizzare la distruzione della natura e dell'ambiente vegetale, poiché credeva che in sostanza anche questo avesse un’anima da rispettare. Tutte le parti verdi della natura hanno un’anima specifica che regola la vita vegetativa e ne assicura la struttura della pianta stessa e quindi il mondo vegetale deve essere in un rapporto di reciproco scambio e aiuto. La relazione pianta-animale-uomo è alla base delle filosofia della scrittrice, relazione oggi più che mai valida, legata a basi scientifiche più approfondite, del concetto di tutela dell’ambiente, nella visione antropocentrica della conservazione della natura. Per questo visita la campagna romana da Frascati La Sand cita una frase tratta dal Fedra di Racine: “Oh dei! Perché mai non sono seduta all’ombra di Foreste!” e pone subito in evidenza il ruolo che il bosco svolge nella vita di ogni uomo mentre ne sottolinea l'importanza a prescindere dal ruolo sociale, delle ricchezza: tutti possiamo e dobbiamo godere della Natura, un bene collettivo. Purtroppo questo bene anche al tempo di George Sand subisce distruzione a causa delle esigenze della nuova civiltà e delle industrie; il taglio dei boschi è visto come un problema ecologico che avrà ripercussioni nel lungo periodo: “[…] si deve presumere che il progresso industriale distruggerà sempre più le piante secolari o che non permetterà per molto tempo a nessuna pianta coltivata il diritto di vivere oltre l’età strettamente necessaria al suo sfruttamento”. Ella nota come nemmeno le “esigenze della poesia e le necessità dell’arte” servono per
42 tutela della natura e del paesaggio. Lo testimonia chiaramente citando il caso della Foresta di Fontainbleau , a protezione della quale si era schierata accanto al Comité de protection artistique de la Fôret de Fontainbleau (1872. Création du Comité de protection artistique de la forêt de Fontainebleau contre les « abus » des forestiers et des touristes avec Jean-François Millet, Victor Hugo, George Sand, CF Denecourt…) , sorto per contrastare il progetto di abbattimento degli alberi e di suddivisione in lotti della foresta voluto dallo stesso re Luigi Filippo I (conosciuto durante la Rivoluzione come il cittadino Chartres oppure Égalité fils, fu re dei Francesi dal 1830 al 1848 con il nome di Luigi Filippo I. ) Certamente la critica della Sand è nei confronti dello Stato, che dapprima liberale nel prosieguo divenne conservatore e oltre ad argomenti scientifici essa porta ragioni di carattere artistico, poetico ed estetico: “Tutti hanno diritto alla bellezza, alla poesia delle nostre foreste”. Natura come monumento nazionale. Che non va smembrato né modificato. Siamo in presenza di un vero e proprio richiamo alla conservazione del patrimonio naturale, alla salvaguardia di un patrimonio che appartiene a tutti. La bellezza e la poesia delle foreste sono un bene per l’intera umanità, non solo per gli artisti. Natura è maestra, contro la stessa modalità di vita contemporanea , di contemplazione e di irrinunciabili diritti per tutti. Le trasformazioni da parte dell'uomo, ribadisce la Sand, “coinvolgono e sconvolgono i paesaggi in un tempo talmente breve che conosciamo tutti, intorno a noi, dei luoghi che rimpiangiamo, trasformati in nuovi paesaggi delle aree boschive trasformate in aree agricole”. Così nel viaggio del 1855 osserva come questo fenomeno stia trasformando anche il paesaggio italiano; il Golfo di La Spezia poteva essere considerato “uno dei luoghi più belli della terra”, poiché in un transetto molto breve era possibile osservare i diversi tipi di paesaggio, dal mare alla montagna, passando attraverso i paesaggi di collina ed il tutto incorniciato dal colore del cielo. Ma ciò che mancava per rendere questo paesaggio veramente “affascinante” erano i grandi alberi. Questa assenza la scrittrice è consapevole che non dipende totalmente dall’intervento dell’uomo, ma è anche dovuta all’influenza del clima, dei venti e dell’ esposizione. Il viaggio proseguì seguendo l’Appennino sino a Firenze, e da Firenze sino a Roma. Percorrendo l’Appennino la natura le si manifesta “splendida nelle forme”, ma l’assenza degli alberi , è sempre una nota di malinconia nelle parole della scrittrice, anche quando questa è assente nelle zone di crinale, ma ancora di più quando gli alberi sono stati abbattuti per lasciare spazio all’olivo. Già nel libro Un hiver à Majorca
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la scrittrice aveva espresso il suo dissenso all’uso intensivo dell’olivo, considerato sì “il più utile tra gli alberi”, ma allo stesso tempo “il più brutto, almeno che non sia secolare”. La campagna toscana caratterizzata proprio dagli oliveti è probabilmente il motivo che la porta a scrivere in una delle sue lettere: “Non sono rimasta affascinata dalla Toscana” non vi aveva trovato nulla di entusiasmante e nulla che la caratterizzasse in particolar modo, “Sulle rive dell’Arno, mi credevo sulle rive dell’Indre”. Anche Firenze non la colpisce particolarmente: Firenze è triste, è il medioevo che ancora vive in mezzo a noi”. Dopo aver attraversato la Maremma Toscana e Laziale “una pianura orribile”, forse per la presenza di acquitrini e zone umide, che hanno sempre condotto all’idea di paesaggi malsani, giunge a Roma. Il rapporto che qui le interessa non sta dentro la città, per cui non si sofferma sull’esperienza romana, ma è nel paesaggio aperto, attraverso il quale cerca di capire quali siano stati nel passato i motivi che hanno portato tanti scrittori a vantare la bellezza della campagna di Roma, caratterizzata solo dalla presenza delle rovine. La ricerca della naturalità dei luoghi mette in evidenza come anche la campagna della pianura laziale sia carente di vegetazione arborea, e solo salendo verso le colline l’albero finalmente inizia ad essere presente e a disegnare il paesaggio. Le specie arboree che caratterizzano il paesaggio romano sono tre: il Leccio, il Pino e il Cipresso. Il Leccio (Quercus ilex), che in alcuni casi giunge anche “a tutta la sua grandiosa estensione […] è un colosso dal fogliame duro, nero e uniforme” Ciò che la colpiscono sono quindi le dimensioni che il leccio può raggiungere, le sue foglie molto scure e coriacee e il sottobosco di violette, ciclamini e anemoni, che offrono una nota di colore, quando il sole riesce ad oltrepassare il fitto manto di foglie, permettendo alla luce di entrare al posto dell’ombra scura e cupa.
44 Il Pino (Pinus pinea) un simbolo della campagna romana, contrapposto anche nell’iconografia alla pianura e ai ruderi. I pini isolati incorniciano il panorama verso la foce del Tevere e verso il mare.
Infine il Cipresso (Cupressus sempervirens) utilizzato lungo i viali delle ville, o come elementi simbolici all’interno dei parchi, vengono considerati quasi con disprezzo, soprattutto per la loro rigidità, per la loro immobilità durante la leggera brezza.
La scrittrice si interroga su come molti artisti abbiano potuto decantare il valore estetico di questi paesaggi, i quali benché abbiano delle loro particolarità e unicità, sono stati troppo manipolati dal fare antropico, soprattutto, quando al bosco è stato sostituito l’oliveto, così da perdere quella bellezza fatta di naturalità, come quella dei boschi dell’Indre e della Creuse nei quali lei è cresciuta.
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La bellezza del paesaggio italiano la riscopre in prossimità dei corsi d’acqua (lungo l’Arno e lungo il Clitunno), quando alle specie arboree sempreverdi si sostituiscono le caducifoglie (Pioppi e Salici).
La bellezza è contenuta proprio nella variabilità degli alberi, nel loro mutare durante il corso delle stagioni, in colore e in forma, aspetto che la vegetazione sempreverde caratteristica dei paesaggi meridionali, non può offrire, legata alla costante monotonia, che si rispecchia anche nella monotonia degli stati d’animo.
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Riferimenti bibliografici BEAUCOUR FERNAND, La villa di Luciene Bonaparte “La Ruffinella” a Frascati, Olschki, Firenze 1968. BERNARD-GRIFFITHS SIMONE, Ville, campagne et nature dans l’œuvre de George Sand., Presses universitaires Blaise Pascal, Clermont-Ferrand 2002. BERNARD-GRIFFITHS SIMONE, LEVET MARIE-CECILE (a cura di), Fleurs et jardins dans l'oeuvre de George Sand , Actes du colloque international organisé du 4 au 7 février 2004, Broché 2007. BODIN THIERRY (a cura di) George Sand Lettres d'une vie, Collection Folio classique, Gallimard 2004. CAZZOLA ALESSANDRA, I paesaggi nelle campagne di Roma,Firenze University Press, Firenze 2005. Clément Gilles, Sand Christiane, Le jardin romantique de George Sand, Albin Michel, Paris 1995. DEVOTI LUIGI, La Villa Belvedere Aldobrandini di Frascati, Ediz. Tra 8 & 9, Velletri 1990. DEVOTI LUIGI, Splendore dei castelli romani : espressioni artistiche dal secolo XVII al secolo XX, Ediz. Tra 8 & 9, Velletri 1992. GOLDEN JEANNE, Présentation. George Sand voyageur, in ‘‘Études françaises’’, vol. 24, n° 1, 1988, p. 3-7. http://id.erudit.org/iderudit/035736ar KRAUSE CLEMENS, HUGGLER MAX (a cura di), Il Grand Tour nelle vedute italiane di Salomon Corrodi pittore svizzero, Catalogo della mostra Roma, Galleria Romana dell'Ottocento : 11 giugno-11 luglio 1985, Fondazione pro helvetia, Roma 1985. POLI ANNAROSA, L’Italie dans la vie e l’ouvre de George Sand, CIRVI, Moncalieri 2000. ROMANELLI GIOVANNA (a cura di), George Sand: I giardini in Italia, Sellerio, Palermo 2002. RIZZO GIULIO G., La cicuta non c’é più : le trasformazioni / distruzioni del paesaggio del vulcano laziale, in Bollettino del Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio, n. 2, Firenze1996. SAND GEORGE, Histoire de ma vie, Librairie Generale Francaise, Paris 2004. STEENBERGEN CLEMENS (a cura di), Architecture and Landscape, Birkhauser, Berlino 2003. TABAK GEHUM, Il territorio dei Colli Albani : in piante e disegni dal XVII al XIX secolo, Editalia, Roma 1995. TAGLIOLINI ALESSANDRO, Storia del giardino italiano : gli artisti, l'invenzione, le forme dall'antichità al XIX secolo La Casa Usher, Firenze 1991. WALLING JOHN J., L’histoire naturelle dans l’œuvre de George Sand. Découverte et progression d’un intérêt, Éditeur Presses universitaires Blaise Pascal, ClermontFerrand 2002.
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APPROFONDIMENTI 1 Una nota nell’introduzione del libro riporta la sigla con la quale è catalogato il libro: FR.NOUV.ACQ. n°13339. La Biblioteca Nazionale di Francia si trova a Parigi in rue de Richelieu, 58. 2 Giovanna Romanelli è docente di Lingua, letteratura e civiltà italiana all’Università La Sorbonne Paris III di Parigi e di Sociologia della letteratua all’Università Cattolica di Milano. 3 Alexandre Manceau, incisore e scrittore di testi drammatici, all’epoca del viaggio compagno della scrittrice. Egli durante il viaggio annotò persone luoghi e situazioni; l’agenda-memorandum è presso la Biblioteca Nazionale di Francia, in ANNAROSA POLI, L’Italie dans la vie e l’ouvre de George Sand, CIRVI, Moncalieri 2000. 4 Il padre, Maurice Dupin, ufficiale dell'esercito napoleonico , la madre Antoniette-Sophie-Victoire Delaborde, di piccola borghesia parigina. Nel 1808 il padre morì, la madre fu costretta a rinunciare alla tutela della figlia a favore della nonna paterna, madame Dupin de Francueil, per garantirle una buona educazione e una ricca dote. Madame Dupin de Francueil, aristocratica colta e dalla mentalità molto aperta, con l'aiuto di un tutore, crebbe la piccola Aurore in grande libertà, facendole conoscere le opere degli illuministi, la musica, le scienze naturali, il latino e permettendole lunghe passeggiate a cavallo nelle distese verdi della campagna, indossando abiti maschili. 5 Nel descrivere il rapporto con Chopin, Gorge Sand scrive: “Non ero travolta (illusionée) da una passione. Avevo per l’artista una sorta di adorazione materna molto forte […] il destino ci ha portato ad un legame fatto di tante affinità, al quale siamo arrivati tutte e due senza rendercene conto”, GORGE SAND, Histoire de ma vie, tomo II, pagg 433-434 6 GEORGE SAND, George Sand à Charlotte Marliani, 26 febbraio 1839, in Correspondance, tomo IV pag. 577. 7 In una lettera indirizzata a Michel de Bourges aveva scritto: “Incalzata, costretta a guadagnare oro, ho obbligato la mia immaginazione a produrre, senza preoccuparmi del concorso della mia ragione” 8 GEORGE SAND, Agenda 21 agosto 1865, in ANNAROSA POLI, op.cit. 9 GEORGE SAND, Giardini in Italia, a cura di Giovanna Romanelli, Sellerio, 2002. Le citazioni tratte dal testo riportate nella rielaborazione non sono specificate con note particolari10 GEORGE SAND, Histoire de ma vie, tomo III, pag. 255-256 11 Cfr. GEORGE SAND, Lèlia, Gallimard, Paris 2004. 12 Del viaggio in Italia in GEORGE SAND, La Daniella, Slatkine, Ginevra 1980; il paesaggio italiano diventa parte essenziale dei protagonisti.
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Riferimenti iconografici Figure elaborate da Enrica Campus con immagine tratta dal sito www.georgesand.culture.fr e immagine acquisita da ROMANELLI GIOVANNA (a cura di), George Sand: I giardini in Italia, Sellerio, Palermo 2002. pag. 21., pag. 25,27. Elaborazione di Enrica Campus su foto aerea tratta da Google Earth. BRIGANTI GIULIANO, Gaspar van Wittel e l’origine della veduta settecentesca, Electa, Millano 1997. STEENBERGEN CLEMENS (a cura di), Architecture and Landscape, Birkhauser, Berlino 2003, pag. 92. Foto di Nicolas Mannu. STEENBERGEN CLEMENS (a cura di), Architecture and Landscape, Birkhauser, Berlino 2003, pag. 96. LE NOTIZIE RIPORTATE SONO STATE RIELABORATE DAL TESTO Enrica Campus, Giardini in Italia, in “Quaderni della Ri-vista. Ricerche per la progettazione del paesaggio”, n.5 vol.1, 2008, Firenze University Press http://www.unifi.it/ri- vista/quaderni/index.html, pagg. 27-37 Quaderni della Ri-vista I ricerche per la progettazione del paesaggio Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica I Facoltà di Architettura I Università degli Studi di Firenze gennaio-aprile 2008 I ISSN1824-3541 I Firenze University Press I http://www.unifi.it/ri-vista/quaderni/ APPROFONDIMENTI STORICI da http://www.irvit.it/villa-tuscolana.html “La Rufinella”o Villa Tuscolana, dal famoso "Tusculanum", dimora di Marco Tullio Cicerone, la Villa è posizionata ad un’altezza invidiabile rispetto alle altre ville, per questo è considerata la più panoramica. La struttura più antica di questa villa fu edificata nel 1578 su un terreno di proprietà dell' Abbazia di S.Nilo, ceduto in enfiteusi ad Ascanio Rufini nel 1564. Monsignor Alessandro Rufini, già proprietario di villa Falconieri o Rufina, la chiamerà "Rufinella" per distinguerla dalla prima. Ciò che colpisce ancora oggi il visitatore sono soprattutto la vista straordinaria, la presenza del verde e i resti archeologici sparsi ovunque, testimonianza unica di un ricco passato. Durante i lavori del Vanvitelli, infatti, emersero i resti di un’antica villa romana, il famoso Tuscolanum. Emersero inoltre mosaici antichi che confluirono nel Museo Nazionale Romano, ora a Palazzo Massimo.
49 In http://arenaetcircenses.altervista.org/index.php?mode=desc&sezione=luoghi/sites&id =27&articolo=tusculum,%20teatro%20e%20anfiteatro&page=1 Cicerone, Epistulae ad Familiares, 14 - 20
TULLIUS S. D. TERENTIAE SUAE. In Tusculanum nos venturos putamus aut Nonis aut postridie: ibi ut sint omnia parata — plures enim fortasse nobiscum erunt et, ut arbitror, diutius ibi commorabimur —; labrum si in balineo non est, ut sit, item cetera, quae sunt ad victum et ad valetudinem necessaria.” Lettere ai Familiari 14, 20 CICERONE A TERENZlA “Penso di arrivare alla villa di Tuscolo o il 7 prossimo o il giorno dopo: guarda che in casa tutto sia a posto. Ci saranno infatti con me forse parecchie altre persone e immagino che ci fermeremo alquanto a lungo. Se nel bagno non c'è una vasca, che si provveda. Altrettanto dicasi per tutto quanto può servire in tema di vitto e di comodità varie.” LUCIANO BONAPARTE Terzo figlio di Carlo Maria Bonaparte e Maria Letizia Ramolino, Luciano nacque ad Ajaccio il 21 marzo 1775. Dopo gli eventi rivoluzionari del 1789, si gettò nella lotta militando sia in Corsica che in Provenza tra i partigiani di Robespierre col nome di "Bruto". Dietro il genio c’è sempre qualche disastro. Dietro Napoleone c’è uno stuolo di fratelli rissosi e soprattutto c’è il terzogenito di Carlo e Letizia Romolino, Luciano, di sei anni più giovane e in diretta competizione col secondogenito più scaltro, brillante e promesso alla gloria delle armi. Diversissimi di aspetto – basso, timido e insicuro fino alla misoginia Napoleone, alto, aitante, passionale e molto sciupafemmine Luciano – anche di carattere i due erano agli antipodi. Tanto Napoleone è cinico, compassato, padrone di sé, proteso al culto della volontà con cui piegare il destino, quanto Luciano è ondivago, passionale, capriccioso. Passa dall’infatuazione per Pasquale Paoli, eroe dell’indipendenza della Corsica, al suo tradimento quando sull’isola arrivano gli inglesi, e la famiglia dell’avvocato di Ajaccio, vedova in testa, scelgono il fronte giacobino dei francesi. Inevitabile il dissidio tra i due, alimentato per altro da reciproca conoscenza del nemico. Luciano non ha ancora vent’anni quando nel 1792 analizza “l’ambizione non completamente egoista” del fratello, lanciando la sua previsione: “Mi sembra destinato a diventare un despota, e penso che lo diventerà, se fosse un re, e che il suo nome sarà un orrore per i posteri e i patrioti sensibili”. Napoleone è già alle prese con la prima campagna d’Italia, quando si rivolge a Carnot per contenere la foga ondivaga di Luciano, commissario a Marsiglia: “Questo giovane ha una certa dose di talento, ma allo stesso tempo una mente priva di equilibrio”. Eppure nel novembre 1799 sarà Luciano, con la sua abilità retorica, a salvare il fratello dalle coltellate dell’Assemblea dei
50 Cinquecento e consegnargli il potere col colpo di stato del 18 Brumaio. Ingrato, Napoleone cercherà solo di umiliare, dimenticare, allontanare quel fratello ingombrante, il quale, rimasto vedovo a trent’anni, convolerà in seconde nozze con Alexandrine de Bleschamp – bellissima, dalla forte personalità, invisa all’imperatore – con la quale si ritirerà a Roma per una vita borghese Il 18 brumaio La moltiplicazione delle repubbliche sorelle inquietò le grandi potenze, Russia e Regno Unito in testa. Esse temevano il contagio rivoluzionario e una troppo forte dominazione della Francia sull'Europa. Questi due Stati furono all'origine della seconda coalizione del 1798. Le offensive inglesi, russe ed austriache furono respinte dalle armate francesi, ma l'Italia fu in gran parte persa e i risultati della campagna di Bonaparte resi vani. Era ormai chiaro che il popolo francese cercava un nuovo uomo forte per difendere le sorti della Repubblica, poiché il Direttorio era inesorabilmente corrotto e cominciava a tramare con Luigi XVIII per restaurare il trono dei Borbone. Allarmato da queste notizie e conscio che la sua ora era giunta, Napoleone tornò dall'Egitto e assunse il comando del complotto che mirava a rovesciare il Direttorio, un complotto tessuto tra gli altri da Sieyès e dal fratello di Napoleone, Luciano Bonaparte, presidente dell'Assemblea dei Cinquecento. Il 9 novembre 1799 il colpo di Stato detto "del 18 Brumaio" rovesciò il Direttorio e instaurò un triumvirato retto dai consoli Bonaparte, Sieyès e Ducos. Napoleone proclamò in quella sede l'atto di chiusura della Rivoluzione: «Citoyens, la révolution est fixée aux principes qui l'ont commencée, elle est finie» (Cittadini, la rivoluzione è fissata ai principi che l'hanno avviata, essa è conclusa). Fu messo in piedi il Consolato: un regime autoritario diretto da tre consoli, di cui solo il primo deteneva realmente il potere. La Francia cominciò un nuovo periodo della sua storia apprestandosi a consegnare il proprio destino ad un imperatore. Il 13 dicembre del 1799 fu approvata la Costituzione che apportava profonde modifiche al sistema politico-istituzionale vigente. Modellata su un potere esecutivo forte, composto di tre consoli, marca una rottura con le costituzioni precedenti: permette a Napoleone di esercitare il potere personale mantenendo nel contempo una parvenza di democrazia. È un testo tecnico principalmente inteso a definire il ruolo del Primo Console, detentore del potere decisionale effettivo. Contrariamente alle costituzioni repubblicane precedenti non vi si trova traccia di dichiarazione dei diritti e delle libertà, ciononostante alcuni diritti sono affermati nelle disposizioni generali. Lo Stato di Napoleone era così uno Stato monocratico accentrato.
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LE SUE OPERE Il primo romanzo, Rose et Blanche (5 voll., 1831), in collaborazione con J. Sandeau Un primo gruppo di romanzi esalta la passione individuale in senso prettamente romantico: Indiana (1832); Valentine (1833); LĂŠlia (2 voll., 1833); Jacques (1834);
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Mauprat (2 voll., 1837). Seguono i romanzi d'intento sociale e umanitario: Spiridion (1839); Le compagnon du tour de France (1840); Consuelo (8 voll., 1842); Le meunier d'Angibault (3 voll., 1845). La terra di Nohant divenne a poco a poco l'ispiratrice dei romanzi campestri, forse i più belli, certo i più sereni di tutta la sua opera: La mare au diable (2 voll., 1846); François le Champi (1848); La petite Fadette (2 voll., 1849); Les maîtres sonneurs (4 voll., 1852). Anche per gli ultimi romanzi sul "gran mondo" essa preferì uno sfondo di natura, come a rendere più ariose le sue fantasie: Les beaux messieurs de Bois-Doré (1857); Le marquis de Villemer (1860); Jean de la Roche (1860-61); M.lle de la Quintinie (1863), ecc. Opere legate alle sue relazioni: l'agitata passione per A. de Musset (1833-35) nel romanzo Elle et lui, 2 voll., 1859) la lunga affettuosa relazione con F. Chopin in Histoire de ma vie, 20 voll., 1854-55; Correspondance, postumo., 6 voll., 1882-84).
A SUA MADRE “ Pour moi, ma chère maman, la liberté de penser et d’agir est le premier des biens.”
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George Sand à Mme Dupin, 31 mai 1831, Correspondance, t. I, p. 886 Luttant pour sa propre liberté comme pour le progrès de la société, imprégnée d'une vision généreuse du monde, George Sand s'engagea dès 1835 dans l'action politique. Un engagement qui se soutint pendant les années 40 et s'accéléra en 1848. L'échec de la révolution de 1848 et le coup d'État de 1851 marquèrent l'arrêt de son activité militante.