Il mio fratellino

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Capitolo I

Dire che ero sconvolto sarebbe stato un eufemismo. Mi ritrovai nella stanza del mio fratellino a bocca aperta, intento a fissare lo schermo del suo computer. Il mio nome è Simone, ho ventidue anni, un metro e novanta per ottantacinque chili di solida muscolatura e una costante ombra di barba scura che tengo rasata. D’altra parte Marco, il mio fratellino, ha compiuto quattordici anni alcuni mesi fa, un metro e settantacinque per sessanta chili. Ha un bel corpo per la sua età, pratica il nuoto ed è completamente glabro. Ha la pelle chiara, e le labbra rosa perennemente imbronciate. Lui è il mio esatto opposto, sia fisicamente che dal lato della personalità, l’unica cosa che abbiamo in comune sono gli occhi verdi ereditati da nostra madre, che è morta poco dopo la sua nascita. Quando anche nostro padre morì, due anni fa, divenni il tutore legale di mio fratello. Siamo sempre stati legati, ma la morte di nostro padre ci aveva avvicinati ulteriormente, adesso eravamo rimasti davvero solo noi. Grazie alla casa e alla cospicua somma di denaro che ci avevano lasciato i nostri genitori, tecnicamente avrei potuto non lavorare per vivere ma non ero stato educato in quel modo. Avevo conseguito una laurea in fisioterapia e dopo la specializzazione il mio obbiettivo era aprire uno studio privato. Marco invece frequentava ancora il primo anno di liceo. simoneturnerstories.tumblr.com


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Dopo due settimane molto impegnative, avevo finalmente alcuni giorni liberi. Normalmente mi sarei rilassato, ma vedendo il disordine della casa decisi che fosse arrivato il momento di dare una sistemata. Marco avrebbe dovuto fare qualche faccenda ma a quanto pareva si era lasciato andare, così mi appuntai di fargli un discorsetto sulle responsabilità una volta rientrato a casa da scuola. Una volta terminato di fare pulizia, iniziai subito con il bucato. Marco da un po’ si occupava da solo della sua lavanderia, ma quel giorno ero di buon umore così decisi di aiutarlo. Come previsto, la sua stanza era un disastro, c’erano vestiti, scarpe, libri e biancheria sporca sparsi ovunque e il bidone della spazzatura sotto la scrivania era ricolmo di fazzolettini di carta. Sorrisi fra me e scossi la testa, forse eravamo più simili di quanto pensassi. Anche io mi masturbavo quasi ogni giorno, anche se facevo sesso regolarmente. Guardandomi intorno, mi rimboccai le manche. - Sei morto, piccola peste, - pensai divertito aprendo la finestra. Ripulendo la scrivania, sfiorai il mouse e il PC di Marco si accese. Sullo schermo comparvero immagini di cazzi, grossi cazzi – cazzi circoncisi, cazzi neri e cazzi pelosi. Di ogni genere. Rimasi a bocca aperta. Anche papà aveva sospettato che Marco potesse essere gay, ma non gli aveva mai chiesto nulla. Diceva sempre che ce ne avrebbe parlato da solo se e quando avesse voluto farlo e che poi non sarebbe cambiato nulla tra noi, e anche io la pensavo allo stesso modo. Però ero comunque arrabbiato e confuso, così d’istinto iniziai a frugare nel suo computer per essere sicuro del punto fino cui si era spinto. Aprii i messaggi e mi ritrovai il cuore in gola quando apparvero le sue ultime discussioni. I messaggi erano tutti di ragazzi più grandi che scrivevano a mio fratello un sacco di porcate e altre cose inappropriate. Quegli uomini non sapevano che aveva solo quattordici anni? E non c’erano solo testi ma anche immagini, per la maggior parte dei loro cazzi mentre Marco inviava loro scatti fatti con il cellulare del suo culo e primi piani del suo buchetto rosa e senza peli. simoneturnerstories.tumblr.com


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Mano a mano che scorrevo le discussioni ero sempre più arrabbiato, ma sorprendentemente ero anche duro come una roccia e avevo iniziato ad accarezzarmi distrattamente da sopra i pantaloni. Io mi considero etero, ammetto che qualche volta all’università mi ero fatto trasportare e avevo lasciato che una o due matricole me lo succhiassero quando non uscivo con una ragazza, ma ero sicuramente etero. Eppure qualcosa in quei messaggi mi eccitava e mi ci volle tutta la forza che avevo per impedirmi di sborrare senza nemmeno toccarmi mentre fissavo l’immagine di quel buchetto vergine. Non riuscivo a credere a quello che leggevo, se qualcuno mi avesse detto che il mio fratellino faceva sesso gli avrei riso in faccia. Tuttavia avevo davanti i messaggi che aveva scambiato con altri ragazzi, anche molto più grandi, ed era tutto molto chiaro. Stavo per chiudere l’applicazione, pensando a come affrontare l’argomento con Marco quando arrivò un messaggio di qualcuno di nome Alessio. #Non vedo l’ora di scoparti di nuovo la gola e poi farti finalmente il culo questa sera! Non fare tardi o mia moglie romperà le palle. Ero pietrificato, non sapevo che fare, ed ero davvero incazzato. Non solo un uomo sposato voleva farselo succhiare dal mio fratellino ma probabilmente lo avevano già fatto, chissà quante volte. Stavo ribollendo di rabbia. Feci scorrere verso l’alto la discussione, volevo assolutamente scoprire chi fosse questo Alessio, per rompergli il culo. A metà della discussione mi trovai davanti la foto di mio fratello con un grosso cazzo poggiato sulla lingua, e nei messaggi lo chiamava padrone. Il primo messaggio era datato appena due settimane prima: #Sono Alessio_C3, di Grindr. Vedrai, stasera ti insegnerò come succhiare il cazzo. Ormai ringhiavo per la rabbia. Non ero sicuro di cosa fare. Mio fratello, il mio innocente fratellino, cercava sesso su Grindr. E non con altri ragazzi della sua età, ma con uomini, la maggior parte dei suoi contatti aveva più di trent’anni. Non riuscivo a crederci, io non volevo crederci, ma le prove erano davanti ai miei occhi. Così anziché chiudere tutto andai simoneturnerstories.tumblr.com


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avanti a leggere le altre discussioni, non avrei dovuto ma volevo sapere se era tutto vero. Forse questo Alessio scherzava e Marco era molto bravo con i computer e Photoshop. Mano a mano che andavo avanti però i miei peggiori incubi si avverarono, messaggio dopo messaggio. In ogni discussione era allegata una foto del mio fratellino con un cazzo in bocca e gli uomini erano tutti più grandi di lui e persino di me, alcuni avrebbero potuto essere nostro padre. Guardai le date e i giorni coincidevano con quando rientravo tardi dall’università o uscivo con i miei amici. Poi arrivò un’altra notifica e allora spinsi indietro la sedia, chiusi l’applicazione e mi alzai lasciando il computer come lo avevo trovato. La troietta aveva appena risposto al messaggio di Alessio dal suo cellulare a scuola: #Non vedo l’ora padrone, è tutto il giorno che sono troppo eccitato! Ero in confusione, camminavo avanti e indietro nella sua stanza. Non mio fratello, il mio fratellino! Non ci potevo credere. Sollevai il telefono per chiamare la polizia ma riagganciai prima ancora di comporre il numero. Se i servizi sociali fossero venuti a conoscenza della cosa me lo avrebbero sicuramente portato via. Dunque tutto questo era colpa mia? Gli assistenti sociali sarebbero arrivati alla conclusione che non ero in grado di badare a lui e lo avrebbero portato in qualche casa famiglia o qualcosa del genere. Non potevo permettere che accadesse. Era comunque mio fratello e lo amavo più di qualsiasi cosa al mondo e nostro padre si sarebbe rivoltato nella tomba se i suoi figli fossero stati separati in quel modo. «Ucciderò il frocetto con le mie mani appena lo vedo!» Dissi fra me con rabbia, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche. Andai in cucina e afferrai una bottiglia di brandy, versandomi da bere. Avevo bisogno di calmarmi prima di fare qualcosa di cui mi sarei pentito. Non riuscivo nemmeno a mettere in ordine tutte quelle informazioni nuove nella mia testa. Qualche ora fa, Marco era il mio fratellino che aveva preso dieci nell’ultima prova di latino e adesso era un succhiacazzo che stava per perdere la verginità con un uomo che simoneturnerstories.tumblr.com


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avrebbe potuto essere suo padre. Ero troppo imbarazzato anche per chiamare il mio migliore amico e chiedergli un consiglio, come facevo di solito quando avevo un problema. Feci sbattere il bicchiere vuoto sul tavolo e lo riempii velocemente. Poi mi resi conto di avere ancora una potente erezione che tendeva la stoffa nella parte anteriore dei pantaloncini. Sistemai automaticamente il cazzo di traverso, in una posizione più comoda. E in quel momento decisi che quella sera avrei seguito mio fratello, e se si fosse davvero spinto troppo in là lo avrei fermato. Sul momento sembrava una scelta logica, o forse erano solo l’adrenalina e l’alcol a farmi ammettere inconsciamente che una parte di me voleva vederlo fare quelle cose e voleva anche quel suo bel culo liscio e morbido e pallido. Fui costretto a scuotere la testa per liberarmi di quei pensieri, ma l’erezione fra le mie gambe continuava a pulsare incessantemente. Iniziai a strofinare la parte anteriore dei pantaloncini e chiusi gli occhi, immaginando il mio fratellino in ginocchio con la bocca spalancata mentre gli facevo scorrere il mio grosso cazzo fino in gola, senza mai rompere il contatto visivo tra noi. Ero così preso dalla mia fantasia che non lo sentii nemmeno rientrare a casa. «Ciao Simo!» Gridò venendo ad abbracciarmi come sempre. «Oh.. Uhm.. Ciao fratellino,» lo salutai, preso in contropiede. Per fortuna gli davo le spalle e questo mi diede un secondo per riprendermi. Lo abbracciai a mia volta, senza riuscire a guardarlo. Tutto quello che vedevo erano le sue labbra imbronciate strette intorno a un grosso cazzo. Possibilmente il mio! Mi districai velocemente dall’abbraccio. Non volevo trattarlo in modo diverso ma non sapevo cosa dire e credo che se ne fosse reso conto. «Tutto bene?» Mi chiese guardandomi con aria interrogativa, come se riuscisse a leggermi dentro. Dopotutto, avevamo un rapporto molto stretto, mi dava ancora un bacio prima di andare a dormire e si

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accoccolava contro di me mentre guardavamo un film. Intuiva che in me c’era qualcosa che non andava. Così gli dissi la verità, almeno in parte. «Beh, fratellino, forse ho bevuto troppo. Come è andata a scuola oggi? Hai compiti da fare?» Una mezza verità, ma cos’altro avrei potuto fare? Iniziai a fargli domande a ripetizione, mentre aprivo il frigo per prendere della carne da cucinare a pranzo. Avevo inserito il pilota automatico, avrei tanto voluto parlargli, chiedergli cosa diavolo stesse facendo, ma non volevo spaventarlo o fargli credere che per me fosse sbagliato essere gay. Inoltre, probabilmente, si sarebbe arrabbiato sapendo che avevo frugato tra le sue cose. E comunque se lo avessi rimproverato e gli avessi proibito di vedere quegli uomini sicuramente avrei finito per spingerlo a continuare a farlo di nascosto e avrei completamente perso il controllo. No, dovevo seguirlo, era l’unica alternativa. «Li ho fatti a scuola.» Disse sorridendo mentre addentava la sua bistecca. «Stasera vado da Carlo a studiare per una verifica che dobbiamo fare venerdì.» «Uhm, che verifica?» Lo incalzai, volevo vedere quanto si sarebbe spinto in là il mio innocente fratellino per uscire di casa quella sera. «Matematica, il signor Manni è uno stronzo. Ce lo ha detto solo oggi e abbiamo appena due giorni per studiare.» Disse con enfasi, e poteva benissimo essere normale visto quanto ci teneva ai suoi voti e alla scuola. «Calmo, fratellino, andrà bene, vai benissimo in matematica. Se vuoi ti accompagno io!» Gli proposi, anche se il suo amico Carlo viveva solo a qualche centinaio di metri di distanza. «Faccio una passeggiata,» rispose velocemente. «A che ora?» Gli chiesi, sono sempre stato iperprotettivo, quindi non sospettò di nulla. «Gli ho detto che sarei stato da lui alle sette, e non farò tardi, promesso. Devo svegliarmi presto domani.» Parlò con naturalezza, senza smettere di sorridere nemmeno per un momento. simoneturnerstories.tumblr.com


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Ogni volta che i nostri occhi si incontravano distoglievo lo sguardo. Sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto il mio fratellino vergine? No, non avrei mai permesso che succedesse. Ma perché mi importava tanto? Forse perché era gay? O era perché si sarebbe fatto inculare? Dopotutto, io avevo fatto sesso per la prima volta a tredici anni. -È tuo fratello non tuo figlio! - Continuavo a ripetermelo, ma non funzionava. E non riuscivo a smettere di immaginarlo mentre gemeva e implorava di essere scopato. Non riuscivo più a gestire la situazione. «Va bene, ceniamo alle sei,» gli dissi affrettandomi fuori dalla cucina, diretto al piano di sopra. Appena fuori dalla sua vista praticamente corsi nella mia stanza. Avevo bisogno di allontanarmi da lui. Mi lasciai andare sul mio letto matrimoniale e la stanza iniziò a girare, un po’ per l’alcol un po’ perché avevo i nervi a fior di pelle. Chiusi gli occhi per provare a ricompormi e immediatamente fui travolto dalle immagini di mio fratello che succhiava un grosso cazzo, la sua mano a mala pena in grado di avvolgerlo mentre gli affondava in gola, e iniziai nuovamente a sfregare il mio cazzo da sopra i pantaloncini. Cosa ci vedevano quegli uomini in lui? Si, era carino. Aveva i capelli castano scuro tagliati corti ai lati e lunghi sopra. Le sue lunghe ciglia nere facevano davvero risaltare i suoi occhi. Non aveva un fisico femminile e non era effeminato, credo, ma non era nemmeno molto mascolino. Poi tutto quel nuoto gli aveva regalato un corpo definito e un bel culo che ogni volta che se ne andava in giro in pantaloncini o in slip risaltava in modo stupendo. -Fanculo! – Pensai fra me. Chiusi di nuovo gli occhi e mi lasciai andare. Marco era la stella sotto i riflettori, chinato in avanti con il culo in fuori. Prima che potessi fermarmi, tirai fuori dai pantaloncini il mio cazzo di quasi ventidue centimetri, grosso e svettante. Lo avvolsi con la mano e sentii il suo profumo, era virile e ad essere sincero mi eccitò. Non avevo ancora fatto la doccia dopo la giornata passata a fare pulizie, dunque ero un po’ sudato. Tenni gli occhi chiusi scorrendo le immagini del mio fratellino simoneturnerstories.tumblr.com


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stampate a fuoco nella mia mente, del suo buco e delle sue labbra tese al limite dalla mia asta. E iniziai a chiedermi cosa avrei provato a sentire le sue labbra sul mio cazzo. Mi stavo masturbando con vigore. Ero così bagnato di presperma che non mi serviva nessun lubrificante, l’intera asta e la cappella ne erano intrisi e nemmeno quindici secondi dopo venni come un fiume in piena. Schizzo dopo schizzo di sperma bollente sui muscoli tesi del mio addome. Passata l’euforia dell’orgasmo abbassai lo sguardo sui miei umori. «Che cazzo c’è che non va in me?» Mi chiesi a voce alta, disgustato. Mi alzai velocemente, dandomi una ripulita. Tirai su i pantaloncini e scesi le scale per iniziare a preparare la cena. Non riuscivo a credere di essermi appena fatto una sega pensando a mio fratello, non avevo mai pensato a lui in quel modo prima. Cucinavo per distrarmi e mi versai un altro bicchiere di brandy per distendere i nervi. Iniziai a rilassarmi mentre aspettavo che cuocessero gli spaghetti, poi portai il pane a tavola e chiamai Marco. «È pronto!» «Arrivo,» gridò scendendo le scale due gradini alla volta. Ci sedemmo a tavola e ancora una volta non riuscii a guardarlo. «Che buon profumo!» Disse Marco fissando il suo piatto. «Grazie!» Risposi, fingendo di sorridere. Mentre mangiavamo mi parlò della sua giornata, come nulla fosse. Mi ero preoccupato si potesse accorgere che avevo acceso il suo computer, ma era stato a casa tutto il pomeriggio e ormai se ne sarebbe accorto se avessi lasciato qualche traccia. Stavo diventano ansioso, in cielo c’erano ancora quattro lune e i soli sarebbero sorti come sempre l’indomani, non era cambiato nulla, il mondo continuava a girare e io dovevo smettere di comportarmi come un idiota. In ogni caso, non riuscì a mandare giù granché, mentre Marco mangiava veloce come un fulmine. Senza dubbio non vedeva l’ora di risalire a prepararsi per farsi rompere il culo dal suo Alessio.

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«Piano, fratellino, o qualcuno penserà che non ti do da mangiare.» Tentai di rallentarlo un poco. «Scusa, è troppo buono!» Bofonchiò sorseggiando una coca. Scappò da ridere a entrambi, e terminammo di cenare senza aggiungere altro. Marco ripose il suo piatto nella lavastoviglie e corse al piano di sopra. Io sparecchiai e andai nella mia stanza ad aspettare che mi avvertisse prima di uscire. Avevo le mani sudate, e il cuore in gola. Guardai il telefono per controllare l’ora, 18:49. «Ciao Simo, torno prima delle nove. Ti voglio bene!» Urlò Marco già sulle scale. «Va bene, fai attenzione, ti voglio bene anche io!» Gli risposi automaticamente ad alta voce, poi sentii la porta d’ingresso sbattere. Ero già pronto, feci le scale due gradini per volta e diedi a Marco qualche minuto di vantaggio. Era già buio e probabilmente non mi avrebbe visto. Aprii silenziosamente la porta sul retro e ci volle qualche secondo perché i miei occhi si abituassero all’oscurità. Costeggiai il muro immerso nell’ombra fino al portico anteriore e poi lo vidi. Camminava verso il parco poco distante da casa nostra. Attraversai la strada attento a non essere visto, il cuore mi batteva all’impazzata e stranamente ero ancora eccitato. Dunque si sarebbero visti al parco, proprio come sospettavo. Lo vidi guardarsi intorno fino a che non trovò esattamente quello che cercava. Si piegò a legarsi una scarpa mentre un uomo scendeva dalla sua auto. Doveva essere Alessio, mi dissi. Quel tizio era dannatamente enorme. Un poco più alto di me, e io sono un metro e novanta, anche dalla mia posizione defilata riuscivo a vedere che era in forma, probabilmente frequentava una palestra o faceva un lavoro pesante. Non diede alcun segno di riconoscere mio fratello, e invece si fece strada lungo un sentiero buio, nel folto della vegetazione. Marco aspettò qualche secondo prima di guardarsi attorno e seguire il gigante. A mia volta, diedi loro pochi secondi di vantaggio poi mi inoltrai silenziosamente lungo il sentiero. Conoscevo quel percorso, portava fuori dal parco, quindi mi chiesi dove fossero diretti in realtà. C’era poca simoneturnerstories.tumblr.com


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luce, e la maggior parte veniva bloccata dagli alberi. Solo all’ultimo secondo intravidi mio fratello scavalcare la recinzione di un’area del parco in ristrutturazione e farsi strada fino a una roulotte per gli operai parcheggiata poco più in là. Il gigante gli teneva la porta aperta. «Forza, frocio, sbrigati ed entra.» Lo sentii ordinare con voce profonda, in tono di comando. Avvertii la rabbia montare dentro di me. Sapevo che avrei dovuto correre a difendere mio fratello, ma non ci riuscii e invece mi feci ancora più vicino. «Si, padrone,» rispose Marco. Sentii la porta chiudersi e mi avvicinai alla roulotte. Il mio primo pensiero fu di entrare e porre fine a tutta quella storia, non avrei neanche dovuto lasciare che si spingessero tanto oltre. Ma ormai non potevo semplicemente buttare giù la porta della roulotte e tirare fuori di là mio fratello, non senza che lui o io potessimo restare in qualche modo feriti. Non potevo prevedere la reazione del gigante se avessi fatto irruzione in quel modo. Così feci la seconda cosa che mi sembrò più giusto fare, o almeno così pensavo in quel momento. Mi sporsi da un finestrino per vedere quello che stava succedendo lì dentro, anche se temevo ciò che avrei potuto vedere. «Forza, frocio, sai cosa fare. Spogliati e mettiti lì sopra.» Sentii dire da una voce profonda. Quello che vidi mi sconvolse. Non c’era molta luce, ma mio fratello si stava spogliando rapidamente davanti a quell’uomo enorme e sembrava davvero piccolo in confronto a lui. Sotto i vestiti indossava un perizoma nero e l’uomo sorrise quando lo vide. «Ben fatto, troia,» disse il gigante mentre gli afferrava i capelli spingendolo sul suo inguine. «Lo senti? È colpa tua se è così, lo sai?» Avevo paura che potesse fargli male.

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«Si, padrone, non ho smesso di pensare al tuo cazzo per tutto il giorno.» Disse Marco, fissando l’uomo negli occhi. Lo vidi chiaramente inspirare il suo odore e sembrava in estasi. Obbediva ad ogni comando senza mai staccare gli occhi da quelli dell’uomo che di lì a poco gli avrebbe rotto il culo. «Padrone, ti prego, scopami la bocca… non ce la faccio più, ne ho bisogno!» Gemette il mio fratellino. «Che frocetto che sei! Vorrei che tuo fratello fosse uscito stasera, così avremmo avuto più spazio per farti il culo ma per fortuna almeno ho ancora le chiavi della roulotte.» Rispose Alessio tirando fuori il cazzo e usandolo per schiaffeggiare Marco sul viso un paio di volte. Dunque sapeva di me, realizzai. Ma ormai, non importava perché anche se sapevo di dover porre fine a tutto, semplicemente non ci riuscivo. Invece tirai fuori il mio cazzo e iniziai a segarmi lentamente. L’asta di Alessio sembrava proporzionata al suo possente proprietario, da fuori sentivo lo schiocco quando la usava per colpire il volto del mio fratellino, seguito dai suoi gemiti di eccitazione. Con naturalezza Marco afferrò l’asta di Alessio alla base, le sue dita si chiudevano a malapena intorno alla circonferenza, e se lo portò alle labbra. «Bravo, apri la bocca! Succhia frocio!» Ordinò Alessio. Sentivo i gemiti soffocati mentre il cazzo scompariva sempre di più nella gola di mio fratello. Lui sembrava così piccolo, ma questo non impedì ad Alessio di iniziare a scopargli la bocca. «Bravo ragazzo! Adesso sorridi!» Disse a mio fratello, scattandogli una foto con il telefono mentre si faceva strada nella sua gola. «Forse la manderò a tuo fratello, così finalmente saprà che troietta sei.» Sogghignò Alessio, ritirandosi indietro lentamente. Sentii tossire mentre si sfilava e vidi Marco cercare di riprendere fiato. «Tutto quello che vuoi, padrone.» Disse poi, quasi con orgoglio, prima di farsi riaffondare il cazzo in gola.

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Succhiava come se ne andasse della sua vita. Era folle e se non lo avessi visto con i miei occhi non ci avrei creduto. Guardai in basso e notai che il mio cazzo stava producendo una marea di presperma. Stavo per venire. Lo afferrai stretto e continuai a guardare Alessio scopare rudemente la gola del mio fratellino per la troia che era. Un attimo dopo il gigante lo tirò su per le spalle e iniziarono a baciarsi, poi lo fece voltare e piegare in avanti e notai che Marco sorrideva per tutto il tempo. Alessio lo fece piegare su una scrivania ingombra di carte e si inginocchiò dietro di lui. «Adesso prepariamo questo bel buchetto per la sua festa!» Marco annuì con impazienza, senza dire nulla, poi si lasciò sfuggire un gemito quando la lingua di Alessio si fece strada tra le sue natiche, dopo aver spostato di lato il filo del perizoma. Non c’era modo né in cielo né in terra che quel cazzo enorme potesse adattarsi all’interno di Matteo. Lui era così minuto e sicuramente si sarebbe fatto male, ma mio fratello sembrava determinato. Strinsi più forte il mio cazzo e aumentai la velocità, segandomi più velocemente. Sarei venuto da un momento all’altro, eppure volevo, anzi avevo bisogno, di vedere quel mostro entrare dentro il mio fratellino. Alessio leccava e succhiava il suo buco senza sosta, facendolo gemere come un matto. «Ti prego! Non ce la faccio più, fallo! Mettimelo nel culo!» Lo supplicava Matteo. Chi era quello? Non poteva essere il mio fratellino. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo. Non aveva mai imprecato davanti a me. Eppure adesso avrei dovuto abituarmi al fatto che mio fratello era una troia. «Va bene,» disse Alessio in tono pratico. «Sappi che ti farò male, ma ti piacerà. Una volta entrato non ho intenzione di fermarmi. Ti darò un po’ di tempo per abituarti ma non ho tutta la notte. E comunque se il tuo culo assomiglia anche lontanamente alla tua gola, beh… sei nato per questo!»

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Tirò fuori quello che immagino fosse lubrificante e lo spalmò sulle sue natiche inducendo Marco a piagnucolare mentre gli conficcava un dito nel buco. «Adesso inspira e spingi, frocio!» Lo istruì Alessio un attimo prima di allineare la sua grossa asta al buchetto posteriore di mio fratello. «Ouch! No! TI prego, toglilo!» Gridò Marco. «Fa male, ti prego!» «Sta zitto, frocio! Mi hai pregato fino ad ora e adesso hai ottenuto ciò che volevi!» Ringhiò Alessio schiaffeggiandogli forte il sedere e lasciandosi dietro il segno rosso della mano. Marco gridò più forte e il gigante conficcò il resto del cazzo dentro di lui. «Ti prego, toglilo! Non ce la faccio!» La voce di Marco si era fatta stridula. Sapevo di dover intervenire, ma ancora una volta non potevo. Ero sconvolto. Potevo solo immaginare in che condizioni fosse il buco di Marco. Alessio si chinò a raccogliere i suoi slip e li spinse in bocca a mio fratello, soffocandone i gemiti e i lamenti. Poi si aggrappò ai suoi fianchi e iniziò a fotterlo sul serio. Il viso angelico di Marco era schiacciato sulla scrivania, il suo buco distrutto. Il piccolo, dolce ragazzo che conoscevo se ne era andato. Tutto ciò che rimaneva era un frocio, una troia. Alessio mantenne un ritmo costante mentre lo scopava. Le sue palle pesanti sbattevano contro i glutei ormai arrossati e lo sentii gemere più forte. «Sei così stretto! Ti rimando a casa da tuo fratello bello pieno di sborra!» Ruggì. Teneva una mano sul fianco di Marco e con l’altra lo tirava indietro per i capelli facendogli inarcare la schiena per penetrarlo fino in fondo. «Fa male, ma mi piace! Non smettere! Rompimi il culo!» Gridava adesso Marco, biascicando con la biancheria del suo uomo ancora in bocca. Stringeva i denti, e anche se era evidente che stesse soffrendo era deciso a prendere il cazzo di Alessio fino alla fine. «PRENDI LA MIA SBORRA, FROCIO!» Gridò Alessio qualche momento dopo, scaricandosi nel culo del mio fratellino.

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Poi si sfilò senza preavviso, e sentii chiaramente uno schicco quando la cappella uscì dal buco. E proprio in quel momento sentii l’orgasmo montare anche dentro di me e schizzai per la seconda volta quel pomeriggio, imbrattando tutta la parete della roulotte. Mi ci volle ogni briciolo di autocontrollo per non gemere a voce alta e farmi scoprire. «In ginocchio, frocio, puliscimi il cazzo!» Gli ordinò Alessio, compiaciuto. E non soddisfatto si afferrò l’uccello e iniziò a schiaffeggiare Marco sul viso, imbrattandolo di sperma. «Non pensare nemmeno di ripulirti, voglio che torni a casa con la mia sborra nel culo e sulla faccia, come la troia che sei! Tuo fratello sa quanto ti piace il cazzo?» «No,» rispose Marco alzandosi traballante e iniziando a rivestirsi. «Mi ucciderebbe se lo scoprisse.» Mi sentii subito in colpa per ciò che era successo. Avrei dovuto fermarlo! Corsi a casa prima di essere scoperto e per tutto il tempo un vortice di pensieri mi affollò la mente. Ero deluso da Marco, perché avrebbe dovuto sapere che quello che aveva fatto era sbagliato. Ed ero arrabbiato con me stesso, perché non lo avevo impedito e invece lo avevo usato come oggetto del mio desiderio. Sapevo di non poter più rinviare l’inevitabile e aspettai che facesse ritorno seduto sulla poltrona di nostro padre, davanti alla porta d’ingresso in soggiorno. E sapevo che da quel momento in poi le cose non sarebbero più state le stesse.

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Capitolo II

Corsi per tutta la strada fino a casa senza fermarmi. Rivissi gli eventi di quel giorno più e più volte nella mia testa, era un ciclo infinito e per quanto ci provassi, non riuscivo a non pensarci. Quando finalmente arrivai a casa, ero fradicio di sudore e così nervoso che iniziai a passeggiare per il soggiorno scarsamente illuminato, cercando di elaborare un piano d’azione. Ma perché ero tanto agitato? Non avevo fatto nulla di male, al contrario di Marco. Era lui che se ne andava in giro a fare la troietta. Inoltre speravo di non vedere più Alessio, perché non sapevo quale sarebbe stata la mia reazione in quel caso. Sentii aprirsi la porta d’ingresso. Da un momento all’altro Matteo sarebbe entrato, e un attimo dopo udii i suoi passi in avvicinamento. «Oh… ciao Simo. Che ci fai al buio?» Chiese sorpreso di trovarmi lì in piedi. Accese la luce e poggiò lo zaino sul tavolino. «Com’è andato lo studio?» Domandai fissandolo, ma lui teneva gli occhi bassi. «Bene… ma sono stanco. Vado a letto.» Borbottò andando subito verso le scale. «Niente abbraccio della buonanotte, fratellino?» Mi abbracciava ogni sera prima di andare a dormire, era un nostro rituale.

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L’odore di sesso mi investì ancora prima che si avvicinasse. Puzzava proprio come una puttana. Lo guardai in faccia e sopra aveva ancora alcune macchie di sperma essiccato. «Dov’eri e che cazzo stavi facendo?» Ero arrabbiato e non riuscivo più a trattenermi. «Co… cosa vuoi dire?» Balbettò abbassando lo sguardo. Lo afferrai per il mento, con decisione, ma non tanto da fargli male. «Fermo! Che fai?» Mi chiese cercando di liberarsi dalla mia mano. «Puzzi di sborra!» Esclamai vedendolo sbiancare. «Ho chiamato la madre di Carlo, e tu non eri lì. Quindi te lo chiedo un'altra fottutissima volta… Dove. Cazzo. Eri?» «Io… io… sono andato in biblioteca a studiare perché Carlo non era ancora rientrato a casa.» Mi mentì a denti stretti. Incazzato per le sue bugie, lo afferrai per la maglietta e lo trascinai su per le scale. «Fermo! Simo, sei ubriaco? Mi fai male! Lasciami andare!» Strillava per protesta. Non avevo mai alzato le mani su di lui, quindi era pietrificato. Mentre lo trascinavo dietro di me lo sentii strisciare i piedi e incespicare. Ero stanco di lottare quindi lo sollevai di peso fino alla sua stanza, aprii la porta e lo gettai sul letto, un po’ più forte di quanto volessi, facendogli sbattere la testa contro la testiera imbottita. «Cos’hai che non va? …Ehi, lascia il mio computer e vattene dalla mia stanza!» Strillò iniziando a piangere mentre mi sedevo alla sua scrivania davanti al computer. Non fece nulla per avvicinarsi, sapeva che ero arrabbiato e cercava di starmi il più lontano possibile. Mentre lo guardavo i miei occhi erano privi di ogni espressione, a parte la rabbia. Ormai aveva capito che avevo scoperto il suo segreto. Avviai bruscamente il computer. «Ti… ti prego Simo, non accendere il computer! TI prego, ti sto supplicando. Ti dirò tutto, ma non accendere il computer!» Adesso stava piangendo apertamente. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Vuoi dirmi tutto, Matteo?! Intendi dirmi anche che mandi foto del tuo buco del culo a dei vecchi? Che succhi i cazzi in casa mia quando non ci sono? Che hai organizzato un incontro con un vecchio finocchio per farti inculare? O c’è dell’altro?» Ringhiai sbattendo la mano con forza sulla sua scrivania. Il computer si era avviato e sullo schermo c’era un video fatto con i cellulare, con Marco intento a succhiare un cazzo. Doveva essere l’ultima cosa che aveva guardato prima di uscire. Quella fu l’ultima goccia per me. Mi alzai e afferrai Marco, che adesso singhiozzava coprendosi la faccia. Strinsi la sua maglietta nel mio pugno e lo sollevai dal letto mandandolo a sbattere contro la parete. «È questo che vuoi? Essere trattato come una puttana? Frocio del cazzo, Rispondimi!» Gli gridai in faccia mandandolo di nuovo a sbattere sul muro, mentre cercava di combattermi. Ma era tutto inutile. «Vaffanculo!» Gridò facendo digrignare i denti, poi mi sputò in faccia. Scoppiai a ridere, poi gli diedi un pugno nello stomaco, abbastanza forte da farlo piegare su sé stesso ma non tanto da ferirlo in alcun modo. Non riuscivo a fermarmi, ero così incazzato che non pensavo più razionalmente. «Fottiti, frocetto!» Dissi afferrandolo per i capelli e rimettendolo in piedi. «Avanti dillo, coglione, dimmi che sei un frocio.» Gli gridai in faccia. «Vaffanculo!» Rispose lui e con tutte le forze che riuscì a radunare mi diede un calcio nelle palle, abbastanza forte da farmi allentare la presa su di lui. Approfittando di quell’attimo, sgusciò via e corse nel suo bagno chiudendosi a chiave, singhiozzando. «Ti odio, vorrei che fossi morto tu al posto di papà!» Mi urlò attraverso la porta del bagno. Le sue parole mi bruciarono come una lama infuocata. L’avevo picchiato e adesso lui mi odiava. Me lo meritavo. Avevo fatto qualcosa che mi ero ripromesso non avrei mai fatto, ferirlo. Le sue parole mi avevano come risvegliato. Cos’avevo fatto? Sapevo che mio padre mi avrebbe rotto il culo se avesse saputo quello che era successo e non simoneturnerstories.tumblr.com


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avevo idea di come avrei risolto il problema, ma dovevo provarci. Mi sfregai le palle gonfie, cercando di alleviare il dolore. La merdina aveva colpito forte. Presi fiato e bussai piano alla porta del suo bagno. «Matteo… ti prego, vieni fuori, fratellino, mi dispiace per quello che è successo. Senti, non mi importa se sei gay, non sapevo come gestire quello che ho visto. Per favore, vieni fuori…» «Lasciami in pace, stronzo omofobico, ti odio e sei fortunato che non chiamo la polizia perché mi hai picchiato.» Disse tra le lacrime. Era furioso. Non l’avevo mai sentito usare quel linguaggio, figurarsi diretto a me. Non sarebbe stato facile rimettere a posto le cose. «Fratellino, mi dispiace, ti prego, vieni fuori. Te lo giuro, non ti toccherò più. Voglio solo parlare. Ti voglio bene, piccolo!» Dissi iniziando a piangere e cercando di calmarmi. «Lasciami in pace!» Gridò furioso, spezzandomi il cuore. Mi meritavo ogni cosa. Alla fine uscii dalla sua stanza sconfitto, lasciando la porta aperta. Non ero abituato a sentirmi in quel modo. Andai al piano di sotto con il volto rigato di lacrime e quando finalmente raggiunsi la cucina la bottiglia di brandy che avevo aperto quella mattina mi aspettava sul piano già mezza vuota. Avevo fatto un casino! E ormai non sapevo più come risolvere il problema. Desiderai che fosse tutto solamente un bruttissimo sogno, ma mi stavo semplicemente prendendo in giro da solo. Presi il telefono dalla tasca e feci quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio, chiamare il mio migliore amico, Dario. Tutti quelli che mi conoscevano sapevano che odiavo parlare al telefono, quindi doveva essere una cosa importante se lo facevo. Iniziai a passeggiare avanti e indietro per la cucina mentre squillava. «Simo, tutto a posto?» Disse Dario appena risposto. Mi conosceva davvero bene. «No...» Risposi soltanto prima di ricominciare a piangere.

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«Che cazzo, amico? Dove sei? Cosa sta succedendo?» Mi chiese preoccupato. «Ho fatto un casino, devi venire a casa mia, ti devo parlare ma non al telefono.» Riuscii finalmente a dire dopo aver preso fiato. «Sto arrivando.» Disse soltanto prima di riagganciare. Io e Dario ci eravamo conosciuti al corso di orientamento, il primo anno di università e da allora eravamo inseparabili. Eravamo come fratelli. A differenza di me, Dario è figlio unico ma a parte questo eravamo in sintonia su tutto. Lui è un bel ragazzo, biondo, occhi di ghiaccio, muscoloso ma liscio come il culetto di un bambino. Frequentava la palestra cinque giorni a settimana e si era appena laureato in scienze motorie. Mi aveva confidato di essere stato preso di mira dagli altri bambini da piccolo, almeno finché non aveva perso peso e aveva iniziato ad allenarsi. Non aveva la minima idea di quanto fosse attraente. Sentii un’auto parcheggiare e qualche secondo dopo la porta di casa aprirsi. «Simo, cos’è successo? Marco sta bene?» Mi chiese stringendomi in un abbraccio mentre ricominciavo a piangere davanti a lui. Tra le lacrime, iniziai a raccontargli tutto. Gli dissi cosa avevo visto nel computer di Marco, e della discussione che avevo avuto con lui. Era il mio migliore amico, ma tralasciai i particolari della prima reazione che avevo avuto davanti a quelle immagine e di come lo avevo seguito, per spiarlo mentre perdeva la verginità. Non espresse giudizi, mi ascoltò semplicemente in silenzio. Ero stato uno stupido a non chiamarlo prima. «Amico, a che cazzo stavi pensando?» Mi chiese appena gli confidai che avevo colpito Marco. «Sei fortunato che non te le suoni io adesso! A chi importa se Marco è gay? Lo sapevamo tutti, lo sapeva anche tuo padre! Non ci fa più caso nessuno ormai.» Aveva ragione, ne avevamo parlato spesso tra noi. Avevo persino minacciato Dario e qualche altro mio amico che si fossero scopati mio simoneturnerstories.tumblr.com


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fratello gli avrei rotto il culo. L’unica presa in giro che Marco aveva mai ricevuto da loro era riguardo a quanto fosse bello il suo culo, oltre questo erano protettivi quasi quanto me nei suoi confronti. Subito dopo la morte di nostro padre, Marco aveva avuto dei problemi con alcuni ragazzini che lo avevano preso di mira. Si era tenuto tutto dentro finché un giorno non era tornato a casa con un livido sul braccio e allora aveva vuotato il sacco. Io e Dario ci eravamo “presentati” a scuola e da allora nessuno lo aveva più infastidito. «Lo so, amico, cazzo, lo so… ho fatto un casino e ora lui non vuole parlare con me. Voglio solo sistemare le cose. Non mi frega un cazzo se è gay oppure no. Ma non voglio che se ne vada in giro a farsi scopare da un vecchio. Se gli succedesse qualcosa io…» Straparlavo senza riuscire a calmarmi. «Rilassati, Simo, Marco è un ragazzo intelligente, lascia che provi a parlargli io e tu intanto tieni il tuo culo quaggiù, va bene?» Mi istruì e io acconsentii sconsolato, abbassando lo sguardo al pavimento. Dario andò di sopra, e lo sentii avvicinarsi alla stanza di Marco. «Ciao, piccolo. Sono io, Dario, puoi uscire adesso, ti va di parlare?» Lo sentii chiedere. Marco doveva essere ancora chiuso in bagno. «Va via, per favore!» Gli rispose una voce attutita. «Andiamo, amico, lo sai che non posso farlo, tuo fratello non è qui, ci sono solo io. Mi ha spiegato tutto, sta tranquillo, va tutto bene.» Passarono alcuni secondi di silenzio, poi sentii lo scatto di una serratura. Doveva a averlo convinto ad uscire. Non potevo aspettare. Avevo bisogno di sapere cosa stava succedendo, avevo bisogno che Marco mi perdonasse, così iniziai a salire le scale. Avevo le mani sudate quando raggiunsi la sua stanza, Marco era seduto sulle ginocchia di Dario che lo abbracciava, consolandolo. «Mi dispiace fratellino, ti voglio bene, non so cosa mi sia passato per la testa, ma ti prometto che non accadrà mai…» Avevo iniziato ad avvicinarmi mentre parlavo, prima che mi interrompesse.

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«Vattene!» Gridò, alzandosi in piedi con aria di sfida. «Andiamo, piccolo, ha fatto una cazzata e lo sa. Mi ha appena chiamato piangendo come una signorina per quello che aveva fatto. Dagli almeno la possibilità di spiegare.» Disse Dario rivolto a Marco, facendomi l’occhiolino. Sapevo di poter contare su di lui. Dopo qualche altra moina da parte sua Marco si arrese. «Di quello che devi e poi sparisci dalla mia stanza e dalla mia vita.» Se non fosse stato tanto doloroso, il suo tono solenne sarebbe stato persino esilarante. Non si era mai rivolto a me in quel modo, e mentre una parte di me voleva rimetterlo in riga, un‘altra molto più grande sapeva di meritarselo. Aveva ragione, io non ero suo padre, ero suo fratello. Avrei dovuto insegnarli come stare al mondo, parlargli del sesso, delle ragazze, o dei ragazzi nel suo caso, delle feste, dei locali notturni e di tutte le cose che i fratelli fanno insieme. Avrei dovuto essere io a mostrargli tutto questo, e invece aveva fatto da solo e credo fosse anche per questo che ero tanto arrabbiato. «Ascolta, Marco, so che sei arrabbiato e lo sono anche io.» Dissi, e lui distolse lo sguardo. «Non ho frugato nel tuo computer di proposito, sono entrato per fare le pulizie e quando ho sfiorato il mouse sullo schermo sono apparsi un sacco di porno. All’inizio ero persino felice per te ma poi ho capito che eri tu. C’eri tu in quelle foto. Fratellino, hai quattordici anni. Potresti finire nei guai e non solo, credi che a loro importi di te?» Avevo iniziato a fargli la predica come un padre e non come un fratello, ma uno sguardo eloquente di Dario mi spinse a cambiare argomento grazie amico. Feci un respiro profondo e sospirai. Mi arruffai i capelli in cerca di un poco di quiete. E alzando il braccio mi resi conto anche di avere bisogno di una doccia. «Non mi interessa se sei gay, lo giuro fratellino, ma non voglio che te ne vada in giro come una puttanella che si fa scopare da uomini abbastanza grandi da essere suo padre. Non ci hanno cresciuti in questo modo. Voglio solo che tu sia al sicuro.» Dissi, cercando di spiegarmi meglio possibile. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Anche tu facevi sesso alla mia età, qual è il problema? Non sono più un bambino. Mi hai fatto più male con le parole che con le mani. Mi hai fatto sentire una merda, non era mai successo! Mi avevi sempre protetto e ora mi hai ferito!» Disse tutto d’un fiato. Mentre parlava una lacrima solitaria gli rigò la guancia. Mi allungai per asciugarla ma lui si ritrasse. Guardai Dario in cerca di consiglio e lui scosse la testa, indicandomi di dargli tempo. «Si, sono gay, ma non puoi chiamarmi frocio, sono solo gay.» Disse con voce più ferma, ma capii che era ancora arrabbiato. Avrei voluto sottolineare il fatto che i suoi uomini lo chiamavano in modi anche peggiori e lui lo apprezzava, ma non era né il momento né il luogo. E comunque aveva ragione, era solo un ragazzo gay, ed era ancora il mio fratellino, indipendentemente da chi si faceva scopare. «Marco, non è per il fatto che fai sesso, è perché lo stai facendo con persone abbastanza grandi da essere papà. Mi preoccupo per te e per quello che potrebbe succederti. Sai che farei qualsiasi cosa per te e se qualcuno dovesse ferirti, lo ucciderei!» Dissi provando ad addolcire il tono. «So che lo faresti, Simo, ma non sono più un bambino.» Rispose lui. Mi aveva chiamato Simo, dunque stava abbassando la guardia. Forse non mi odiava! «Se mi accoccolo su di te o ti abbraccio è perché sei sempre il mio fratello maggiore e ti voglio bene, non perché sono un bambino. Sto diventando un uomo,» disse alla fine, e fui costretto a trattenere una risata. D’altra parte Dario non ci riuscì e stava ridacchiando apertamente. «Ne possiamo parlare più tardi,» dissi riuscendo finalmente a rilassarmi un po’. «Adesso ho solo bisogno che mi perdoni. Prometto che non ti insulterò mai più, ma voglio che tu sia onesto con me.» Dopo un attimo di esitazione lui mi sorrise e si avvicinò ad abbracciami e io lo strinsi a me con forza. «TI voglio bene Simo! Non so perché faccio quello che faccio e mi dispiace!» Disse piangendo di nuovo stretto tra le mie braccia. In quel simoneturnerstories.tumblr.com


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momento sfregò il viso sul mio petto e lo sentii distintamente inspirare estatico. Era davvero insaziabile. Lo abbracciai stretto, confortandolo. Sorrisi e bisbigliai un grazie silenzioso al mio amico Dario. Lui annuì e si incamminò al piano di sotto, lasciandoci soli. Gli dovevo più di quanto immaginasse. «Sai che non sei ancora fuori dai guai, vero? Mi hai mentito su dove stavi andando. Da oggi voglio sapere quello che fai con il computer e il telefono, e devi accendere la localizzazione, voglio sapere sempre dove sei. Se mi capiterà di fare tardi a lezione farò venire qui Dario. In questo momento non posso fidarmi di te, mi dispiace.» Gli dissi serio. «Non puoi dire sul serio?! Andiamo!» Si lamentò allontanandosi da me. «Non ho intenzione di discuterne, ritieniti fortunato che non ti porti via sia il telefono che il computer. Oh, è voglio che mi consegni il telefono alle dieci di sera ogni notte, lo riavrai l’indomani mattina. So che non ti piacerà, ma è per il tuo bene. E poi non sarà per sempre, fratellino, solo finché non mi fiderò di nuovo di te.» Sentenziai. «Va bene!» Sbuffò storcendo il naso. Sapeva di non poter vincere. «Vado a fare la doccia.» «Si, è una buona idea, puzzi!» Lo stuzzicai sorridendo e lui mi sorrise di rimando. Andai di sotto scuotendo la testa e massaggiandomi la nuca. Iniziai a caricare la lavastoviglie e sentii scorrere l’acqua della doccia. Vidi lo zaino di Marco poggiato sul tavolino del soggiorno e lo presi, pensando di portarglielo quando sentii il segnale acustico di un messaggio in arrivo. Senza pensarci due volte, aprii lo zaino e proprio sopra i libri c’era il suo telefono. Lo sbloccai e la discussione con Alessio era ancora aperta. # È stato incredibile, non vedo l’ora di sborrare di nuovo nel tuo bel culo da frocio. # Non riesco a smettere di pensarci, ancora mi pulsa! - Aveva risposto Marco.

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Si erano scambiati dei messaggi subito dopo l’incontro, probabilmente mentre rientravano ognuno a casa propria. I messaggi appena arrivati invece erano foto. Cinque scatti di Matteo in diverse pose. Avevo di nuovo il cuore in gola e il cazzo in tiro. La mia immaginazione aveva preso il largo, chissà quanto era umido, stretto e caldo. Così stretto… Rischiai di sborrare senza nemmeno toccarmi. Mi aggrappai con forza al bancone e cercai di schiarirmi le idee. Cosa cazzo mi stava succedendo? Pensai fra me, arrovellandomi il cervello. Un nuovo messaggio. Guardai il telefono. #Mio fratello sa tutto, ora controlla il mio computer e il telefono, dobbiamo stare attenti. Ti prego padrone, non arrabbiarti, non è stata colpa mia... non dirà niente a nessuno! Marco stava rispondendo ai messaggi dal suo computer. Quel ragazzino era proprio stupido. #Sarà meglio, frocio, o niente più cazzo per te! # Te lo prometto, non dirà niente a nessuno. #Sei un bravo frocio! A quanto pareva Marco non aveva ascoltato una parola della nostra conversazione. Dunque peggio per lui, forse era arrivato il momento che conoscesse il suo fratellone per davvero. A mali estremi e stremi rimedi, frocetto.

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Capitolo III

Riposi il telefono e mi assicurai che tutto fosse come prima, un attimo dopo sentii Marco scendere le scale. Quando arrivò in fondo notai che indossava solo una mia vecchia maglietta sopra un paio di slip. La maglietta era enorme su di lui, ma riuscivo comunque a scorgere una parte del suo bel sedere. «Hai lasciato qui lo zaino, te lo stavo portando di sopra.» Dissi indicando con un cenno del capo la borsa sul tavolino. Avrei dovuto chiedergli spiegazione sui messaggi, ma non ci riuscii. Gli avevo promesso che non avrei più frugato tra le sue cose. E se volevo che rispettasse le mie regole e che si fidasse di me, avrei dovuto iniziare a fare altrettanto. Ma in ogni caso non avevo alcuna intenzione di passarci sopra, assolutamente. E avevo giusto qualche idea che mi ronzava per la testa. «Oh, grazie. Prendo qualcosa da mangiare, poi ti consegno il telefono, va bene?» Disse con uno dei suoi sorrisi brevettati. «Certo, fratellino.» Risposi comprensivo. Sarei saltato giù da un dirupo per uno dei suoi sorrisi, e di certo la peste sapeva bene come ammorbidirmi. Ad ogni modo ero felice che non ce l’avesse più con me. In fondo sapevo che aveva capito la mia reazione, per quanto spropositata, e mi aveva perdonato. Lo abbracciai e mi feci strada al piano di sopra. Ero stremato dopo quella giornata intensa e decisi di farmi una doccia prima di andare a dormire. simoneturnerstories.tumblr.com


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Mi spogliai, gettando la biancheria sporca nella cesta, e aprii l’acqua lasciandola scaldare prima di infilarmi sotto il getto bollente. Chiusi gli occhi e lasciai che l’acqua calda mi distendesse i muscoli, spazzando via la fatica di quel giorno. Rimasi sotto la doccia fino a che l’acqua non iniziò a intiepidirsi. Allora mi sciacquai velocemente e uscii con il cazzo che mi ballonzolava tra le gambe mentre raggiungevo l’asciugamano. Mi asciugai rapidamente, e avvolsi la spugna intorno alla vita. Misi un po’ di crema idratante sul viso, e un generoso strato di deodorante e restai a fissarmi nello specchio. Dopo tutto quello che era successo e i cambiamenti di quella giornata assurda, una parte di me si aspettava di trovare una persona diversa a fissarmi attraverso lo specchio, e invece no. «Sei un fusto!» Mi dissi, flettendo i pettorali. Dopotutto, ero ancora un narcisista arrogante. Uscendo dal bagno notai che la biancheria sporca era sul pavimento fuori dalla cesta, ero convinto di avercela già messa ma senza farci troppo caso la raccolsi e la buttai dentro. Presi un paio di slip puliti dalla cassettiera e mentre li stavo infilando sentii bussare alla porta socchiusa. «Ecco il telefono,» disse velocemente Marco, fissandomi. Sembrava che avesse qualche pensiero per la testa. «Lascialo sul comodino, tutto bene?» «Si, volevo solo sapere se è tutto a posto tra noi. Non è stata una bella giornata, per nessuno dei due.» Disse senza guardarmi negli occhi. «Posso… posso guardare la televisione con te per un po’? Come ai vecchi tempi?» Mi chiese timidamente alla fine. «Puoi dirlo forte fratellino.» Di certo avrei voluto poter dimenticare tutto. «Scegli tu il film!?» Gli dissi mentre finivo di asciugarmi. Mi lanciò uno sguardo fugace, giusto il tempo di battere le palpebre e si lanciò sul mio letto come faceva sempre, potrei giurare che avesse dato un’occhiata proprio al mio pacco, ma forse mi ero immaginato tutto. In ogni caso qualcosa si mosse sotto i miei slip, costringendomi a mordermi l’interno della guancia per scacciare quei pensieri. simoneturnerstories.tumblr.com


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Scelse una serie di fantascienza e allo stesso tempo piuttosto spinta, assolutamente inadatta alla sua età, guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia. Mi rivolse uno sguardo supplichevole e sorrise e io scossi leggermente la testa alzando gli occhi al cielo sconfitto in partenza. Sotto il mio sguardo fintamente contrariato si lasciò andare ad un gesto di vittoria malcelato e avviò l’episodio mentre mi infilavo nel letto accanto a lui. Un attimo dopo lui si fece più vicino, infilando la testa sotto il mio braccio con la schiena poggiata sul mio petto. Gli arruffai i capelli poi rivolsi lo sguardo allo schermo. – Rilassati, Simo! – Continuavo a ripetermelo. La sua pelle era sorprendentemente liscia e morbida e calda. Stava tornando tutto alla normalità e non volevo mandare tutto all’aria. Mi addormentai a metà del primo episodio, con Marco accoccolato sul petto. Quando mi svegliai, lui dormiva ancora. Si era rannicchiato dandomi le spalle, con il suo culo sodo e rotondo proprio davanti a me, stretto negli slip. Avrei voluto raggiungerlo e afferrarlo, toccarlo. Avevo il cazzo in tiro e normalmente mi sarei fatto una sega, ma Marco era ancora nel mio letto. Provai a spingere in basso il cazzo, come per buttarlo giù, senza avere fortuna. Allora iniziai a recitare l’alfabeto al contrario e finalmente si acquietò. Mi alzai di buonumore, pronto per affrontare la giornata. «Fratellino… è ora di alzarti.» Gli sussurrai scuotendolo leggermente per la spalla. Si agitò gemendo, girandosi a pancia sotto. «No… Ancora cinque minuto, ti prego!» Mi ritrovai a sorridere, scossi la testa e andai in bagno a prepararmi. Feci una doccia fredda per scuotermi. Quella mattina mi ero svegliato con una certezza su mio fratello. Niente più bugie in casa mia, se Marco aveva intenzione di perseverare nel suo comportamento gli avrei reso le cose difficili. Mi vestii e scesi al piano di sotto per preparare la colazione. Una frittata di albumi, cereali, frutta e un frullato proteico. Mantenere una forma fisica eccellente non è facile. Sentii della musica e la doccia scorrere al simoneturnerstories.tumblr.com


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piano di sopra, segno che Marco si era alzato. Visto che ero di buonumore gli preparai delle frittelle, le sue preferite. Beh, forse non ero solo di buon umore, mi sentivo anche in colpa. «Fratellino, la colazione è pronta!» Gridai portando a tavola la marmellata. «Arrivo.» Rispose Marco. Qualche minuto dopo saltò giù dalle scale e venne direttamente verso di me ad abbracciarmi. Lo abbracciai a mia volta e ringraziai silenziosamente papà perché era tornato tutto alla normalità. La scorsa notte lo avevo pregato affinché mi aiutasse a rimettere a posto le cose. «Accidenti, che profumo!» Disse fissando le frittelle fumanti e la macedonia di frutta fresca. «Sbrigati, mangia. Ti porto a scuola e poi vado a lezione.» «Va bene…» disse poco prima di addentare due frittelle insieme. «Carlo ha invitato alcuni compagni di scuola a dormire a casa sua questo fine settimana, posso andare?» Mi guardò impaziente e provò persino a giocarsi uno dei suoi sorrisi ma non mi lasciai ammaliare, neanche per un secondo. «In realtà, stavo pensando che potremmo andare in montagna questo fine settimana, verrà anche Dario. E se vuoi puoi invitare uno dei tuoi amici!?» Gli buttai là in tono fintamente casuale. Papà aveva una casetta in montagna e non ci eravamo più stati dopo la sua morte. Di solito la davo in affitto tramite internet, e c’era una ditta locale che si occupava delle pulizie. Vidi i suoi occhi farsi più grandi. Era deluso e si stava preparando a controbattere. Riuscivo quasi a vedere la rabbia crescere dentro i suoi occhi, evidentemente avevo appena rovinato i suoi piani per il fine settimana. Ed ero assolutamente sicuro che i suoi compagni di scuola non c’entrassero nulla. «Questo fine settimana? Ma ho promesso a Carlo che ci sarei stato, sarei l’unico a non andare! Non è giusto! Perché non ci vai tu e io rimango qui?» Iniziò a lamentarsi. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Mangia la tua colazione, fratellino, e non voglio sentire una parola a riguardo, intesi?» «Si, signore,» Rispose a denti stretti, sconfitto. Aveva capito subito che questa volta non avrebbe potuto farci niente. Mentre mangiava prese il telefono. Ero quasi sicuro che stesse scrivendo ad Alessio per fargli sapere che dovevano annullare qualsiasi cosa avessero in programma per il fine settimana. Era visibilmente arrabbiato. Ma sapeva che discutere sarebbe stato inutile. «Sei pronto ad andare?» Gli chiesi, cercando di mascherare la soddisfazione nella mia voce. Annuì in silenzio. Afferrò il suo zaino e salì rigido e in zitto sulla mia Giulietta rossa facendo sbattere la portina. Provai a fare conversazione con lui durante il tragitto fino alla sua scuola, ma continuava a rispondere per monosillabi. Probabilmente gli serviva solo un po' di tempo per calmarsi. Adorava la casa in montagna, nostro padre ci portava là ogni volta che ne aveva l’occasione ed era sempre una festa. Dopo aver guidato in quell’atmosfera tesa finalmente lo lasciai a scuola, ricordandogli che sarebbe passato a prenderlo Dario. Il resto della mattinata passò senza intoppi, in biblioteca mi ritrovai a fissare il culo di un ragazzo che indossava pantaloni troppo stretti. Chiedendomi come sarebbe stato sfilarglieli e… - ma a che cazzo sto pensando!? Mi chiesi sorpreso. – Non sono un finocchio! Liquidai la cosa immaginando che avessi solo bisogno di farmi una scopata. Ma qualche minuto dopo mi ritrovai nuovamente a fissarlo, leccandomi le labbra. A pomeriggio inoltrato chiamai Dario, per chiedere di Marco. Mi disse che stava facendo i compiti in soggiorno davanti alla televisione e che aveva ordinato la pizza per cena. Lo ringraziai ancora prima di tornare a concentrarmi sulla mia noiosa lezione di due ore. Tornai a casa esausto, per fortuna avevo terminato le lezioni della settimana, e il giorno dopo avrei avuto tutto il tempo di preparare la vacanza e riposarmi.

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Trovai Dario con una mano dentro i pantaloni mentre guardava la televisione rilassato sul divano, con l’altro braccio dietro la testa. Non so perché ma mi aspettavo di trovare Marco inginocchiato tra le sue gambe. Che pensiero stupido. «Disturbo?» Gli dissi, arrivando all’improvviso alle sue spalle. «Cazzo, mi hai spaventato amico!» Quasi gridò, togliendosi la mano dai pantaloni. Scoppiammo entrambi a ridere. «Marco?» Gli chiesi. «È già in camera sua, è rimasta un po’ di pizza se hai fame.» Disse. «Ho mangiato prima di tornare a casa, grazie! Qualche problema oggi?» Chiesi, poggiando le mie cose sul tavolino e sedendomi vicino a lui. «No, ha fatto i compiti e guardato la televisione. Non sembra molto felice di venire in montagna, me credo che se ne farà una ragione… prima o poi.» Mi rassicurò «Domani passo a comprare qualcosa per questo fine settimana. Spero che ti piaccia ancora la carne grigliata, amico!?» «Non devi nemmeno chiedermelo! Poi però fammi sapere quanto ti devo.» Disse. «Non ti preoccupare, sono in debito perché hai badato a Marco. Porterò anche qualche cassa di birra. E dovrebbe nevicare, forse potremmo sciare un po’.» Gli proposi iniziando a sbadigliare. «Contaci, fratello! Ora però me ne vado,» Disse sorridendo. Quando si alzò, vidi il suo cazzo muoversi sotto i pantaloncini. La stoffa era molto fine, ed era quasi trasparente. Non indossava la biancheria? Subito mi intimai di smettere di pensare a quel genere di cose. Salutai Dario e chiusi la porta prima di salire a controllare Marco. «Fratellino, posso entrare?» Bussai alla sua porta. «Si,» lo sentii dire, senza troppo entusiasmo. «Com’è andata la tua giornata?» Gli chiesi sedendomi sul bordo del suo letto. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Tutto bene… ma devo proprio venire? Perché non posso rimanere qui?» Mi chiese di nuovo, rivolgendomi uno di quei suoi sguardi da cucciolo. «Bel tentativo, ma lo sai che queste stronzate non funzionano più con me. Fratellino, voglio che andiamo in montagna insieme. Non ci siamo più stati da quando papà è morto e credo che ci farebbe bene passare un po’ di tempo tra noi, visto tutto quello che è successo. Mi sento una merda per come sono andate le cose. Ma tu perché non mi hai detto che sei gay?» Non ne avevamo ancora parlato, e volevo che capisse che per me andava bene, che gli avrei voluto bene in ogni caso e che poteva dirmi qualsiasi cosa, senza avere paura. Mi guardò ed emise un sospiro. «Non lo so, credo che avessi paura di deluderti. Dici sempre “finocchio” o “frocio” ai tuoi amici quando vuoi insultarli. Quindi ho pensato che non avresti voluto un fratello gay, e avevo paura che avresti reagito male…» Mi disse esitante. Gli tremava la voce e stava per mettersi a piangere. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai, i suoi capelli erano ancora umidi per la doccia che doveva aver appena fatto. Fece un respiro profondo stretto tra le mie braccia prima di continuare. «Sono sempre lo stesso, Simo, e so che mi vuoi bene ma vorrei che accettassi il fatto che faccio sesso. Sono gay, questo non lo posso cambiare, so di esserlo fin da piccolo e non capisco perché è così diverso da quando tu facevi sesso alla mia età.» Disse tirando su col naso. «Ti voglio bene fratellino, e non mi importa se sei etero, gay o altro. Voglio solo che tu sia al sicuro. Hai quattordici anni e dovresti fare sesso con altri quattordicenni, non con uomini abbastanza grandi da essere papà. Sono solo preoccupato che possano farti male… voglio dire, tu sei la ragazza, vero?» Gli chiesi, anche se conoscevo già la risposta. «Non sono la ragazza, sono gay, siamo tutti e due ragazzi, però… si, durante il sesso sono io a ricevere… mi piace.» Disse arrossendo e io non ebbi molta fortuna nel trattenere una profonda risata. Mio fratello aveva appena ammesso che a letto lo prendeva nel culo. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Va bene! Va bene, basta dettagli!» Dissi, fingendo disgusto, ma ad essere onesto stavo iniziando ad eccitarmi. «Sei stato tu a chiedere!» Mi ricordò. «E comunque non mi piacciono i ragazzi della mia età, sono immaturi e… sono solo idioti! Mi piacciono i ragazzi più grandi, sanno quello che vogliono ed è anche quello che voglio io» Disse. Ero sicuro che in realtà stesse per dire che i ragazzi della sua età non erano abbastanza “grandi”! Che troietta. Sapevo bene cos’è che voleva, un grosso cazzo che gli allargasse la bocca e il buco del culo, e l’uccello di un altro quattordicenne non era certo abbastanza per lui. «Ho capito! Ascolta, farò del mio meglio per essere di mentalità aperta, ma devi promettermi che sarai onesto con me e niente più sesso almeno per un po’, d’accordo?» Lo abbracciai e mi incamminai verso la porta. «Promesso.» Dissi sorridendo. «E grazie per aver provato a capire, Simo.» «Bene, e adesso fai le valige. Passerò a prenderti a scuola domani e partiremo direttamente da lì. Quando hai finito, portami il telefono.» Gli ricordai. «Si, signore.» Disse portando la mano alla testa. Sorrisi e andai nella mia stanza. Presi un borsone e ci buttai dentro qualche cambio per il fine settimana. Saremo rimasti perlopiù in casa a bere e grigliare la carne, dunque non sarebbe servito niente di speciale. Mi spogliai e dopo aver acceso la televisione sgusciai a letto. Probabilmente iniziai a sonnecchiare, perché non sentii Marco entrare in camera. Avevo gli occhi chiusi, credevo che avrebbe lasciato il telefono per poi andare a dormire, invece si avvicinò al letto. «Simo?» Mi chiamò piano, scuotendomi leggermente il braccio. Continuai a far finta di dormire. Perché si stava comportando in quel modo? Se avesse voluto svegliarmi avrebbe potuto accendere la luce, invece si comportava in modo strano. Dopo qualche altro secondo, apparentemente pago del fatto che dormivo, uscì dalla stanza. Sospirai, una parte di me aveva desiderato che questa fosse una di quelle simoneturnerstories.tumblr.com


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situazioni in cui dopo essersi accertato che dormissi lui cominciava a succhiarmelo, ma non ebbi molta fortuna. Lo stronzetto non aveva nemmeno lasciato il suo cellulare, stava forse controllando che dormissi per poter uscire di nascosto? Mi alzai in silenzio, e scivolai fuori dalla mia camera, per fortuna il tappeto nell’andito attutiva i miei passi. Andai dritto verso le scale e nascosto nell’oscurità lo sentii parlare al telefono al piano di sotto. «Si, si è addormentato… Ho controllato, non lo svegliano nemmeno le cannonate, tranquillo… Sbrigati, non vedo l’ora di riprendere da dove abbiamo interrotto… ti aspetto.» Mi batteva forte il cuore e avevo il cazzo di marmo che stava mettendo a dura prova il tessuto degli slip. Che troietta. Aveva aspettato che mi addormentassi per farsi scopare, dovevo ammettere che era pieno di risorse. E a dire il vero ero anche un po’ geloso di chiunque stesse per arrivare, anche se il mio fratellino stava facendo di tutto per fregarmi. Aspettai qualche minuto immaginando mio fratello al piano di sotto e dovetti mordermi la lingua per non gemere ad alta voce, poi i miei pensieri furono bruscamente interrotti quando sentii lo scatto della serratura. «Sbrigati… succhiamelo un po’, bagnalo quel tanto di sbattertelo in culo… non abbiamo molto tempo.» Sentii borbottare da una voce profonda e familiare. Rimasi congelato. Non poteva essere vero. Non potevo permetterlo, questo era davvero troppo. Eppure il mio cazzo continuava a pulsare stretto negli slip e dovetti fare ricorso a tutta la mia forza di volontà anche solo per non sborrare senza nemmeno toccarmi. Raggiunsi silenziosamente le scale, e iniziai a scendere i gradini con cautela attento al minimo rumore. «Si così, chinati sul divano…» La prima cosa che vidi nella semioscurità del soggiorno fu il suo cazzo scintillante di saliva puntato dritto contro il culo del mio fratellino

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piegato sul divano. Era impressionante, più o meno come il mio. Avevo quasi paura per Marco. «Si, ti prego… rompimi il culo… ti prego!» Implorò la voce stridula di mio fratello. Mi feci un po’ più vicino, restando comunque fuori dal loro campo visivo. «Sta zitto, frocio!» Disse soltanto la voce profonda. E spinse. Il buco di Marco non aveva possibilità. Il mio fratellino si lasciò sfuggire un gemito di dolore e una mano corse a tappargli la bocca, prima che il cazzo si insinuasse completamente in lui con un'altra spinta possente. Gli diede un secondo per abituarsi, prima di iniziare a scoparlo con spinte profonde e veloci. «Che troia, hai il buco bagnato, è questo che volevi, vero?» Gli schiaffeggiò il culo aumentando sempre più il ritmo. Marco emetteva gemiti soffocati, e aveva iniziato a succhiare due delle dita che gli tappavano la bocca. «Ti allago il culo, frocio!» Li lasciai fare per qualche minuto, godendomi i loro gemiti soffocati, poi, proprio mentre i due amanti erano al culmine dell’orgasmo feci un passo avanti, e Dario guardò nella mia direzione. Si irrigidì ma ormai gli era impossibile fermarsi. Stringeva con una mano il fianco del mio fratellino mentre con l’altra gli teneva la testa affondata nei cuscini e riuscivo quasi a vedere le contrazioni del suo cazzo mentre si scaricava, inondando quel buchetto umido e caldo e accogliente. Strizzai l’occhio e gli rivolsi un sorriso arrogante. Dario ansimò, cercando di riprendere fiato. Lo fissai dritto negli occhi. «Tu sei il prossimo!» Scandii muovendo solo le labbra, lui sbiancò e io tornai di sopra senza aggiungere altro, soddisfatto. Mi bastò il suo sguardo per sapere che aveva capito. Dopotutto, una promessa è una promessa.

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Capitolo IV

Il pomeriggio successivo andai a prendere Marco a scuola, avevo già caricato in macchina i nostri bagagli e tutto quello che ci sarebbe potuto servire, e presi subito la strada che portava fuori città, in direzione delle montagne. Come d’accordo, Dario ci avrebbe raggiunti più tardi, ma questo era prima di ieri notte. E adesso mi chiedevo se avrebbe avuto il coraggio di farsi vedere, dopo quello che lo avevo sorpreso a fare nel mio soggiorno la sera prima. Fu un viaggio piuttosto tranquillo, Marco era taciturno, forse era ancora risentito per via dei suoi piani per il fine settimana ormai rovinati e io avevo la mente impegnata da mille pensieri oltre che dall’immagine impressa a fuoco del grosso cazzo di Dario che sfondava il culo del mio fratellino sul mio divano. Da quanto andava avanti? Era la prima volta? Come avevo fatto a non accorgermi di nulla? Mi sentivo come se la mia vita non mi appartenesse, tutte le certezze che avevo stavano andando a farsi fottere. Compresi mio fratello, e a breve, in un modo o nell’altro anche il mio migliore amico. Lui sapeva bene che non facevo mai minacce a vuoto. Arrivammo alla casa in montagna che il sole aveva già iniziato a calare, tingendo di porpora le cime innevate che sovrastavano la piccola tenuta, piuttosto isolata rispetto al resto delle abitazioni sul pendio. Marco mi aiutò a scaricare la macchina senza dire una parola. «Sei ancora arrabbiato?» Gli chiesi alla fine, mentre sistemavo la legna nel camino. Iniziavo a chiedermi se Dario non gli avesse detto che li avevo sorpresi la sera prima, o se gli avesse parlato della mia minaccia. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Hai detto che mi avresti rispettato, ma mi tratti ancora come un bambino.» Sbottò all’improvviso, sull’orlo delle lacrime per l’ennesima volta in pochi giorni. Stavo per fargli notare che se voleva essere trattato da uomo avrebbe dovuto smettere di fare i capricci come un bambino, ma mi morsi la lingua. Probabilmente avrei solo peggiorato la situazione. «A dire il vero, credo di averti soltanto promesso che avrei “cercato” di non essere troppo opprimente.» Puntualizzai piccato. «Credi che sequestrarmi per tutto il fine settimana non sia “opprimente”?!» Se la metteva su quel piano, un punto per lui. Ma lo scopo principale di questa vacanza era rinsaldare il nostro legame di fratelli, e solo in secondo luogo tenerlo lontano dai cazzi degli uomini. Certo questo era prima di scoprire che anche il mio migliore amico aveva avuto un assaggio del suo bel culo liscio e morbido e invitante… Il rumore di un’auto sul vialetto mi riscosse dalla deriva pericolosa che stavano prendendo i miei pensieri. Dunque Dario aveva avuto il fegato di farsi vivo. Non si era fatto sentire né la notte scorsa, né tantomeno quella mattina, e iniziavo a credere che si fosse fatto prendere dal panico per quello che aveva fatto. Qualche minuto dopo invice entrò in casa con un borsone sulla spalla e gli occhi bassi. Marco corse ad abbracciarlo, sfregando il viso sul petto e inspirò il suo odore con espressione quasi estatica, come se per lui fosse una specie di droga. Che troietta ingorda – non potei fare a meno di pensare. Dario invece rimase rigido, con lo sguardo puntato sul pavimento, e non provò nemmeno a guardarmi in faccia. Per la prima volta mi ritrovai a guardare un uomo come di solito mi capitava di fare con una figa all’università o per strada, e qualcosa si mosse dentro i miei slip. Fargliela pagare avrebbe potuto rivelarsi anche più divertente del previsto, dopo tutto. «Ciao fratello, ce l’hai fatta finalmente!» Lo salutai col mio solito tono allegro. Sorpreso alzò lo sguardo su di me con espressione speranzosa e simoneturnerstories.tumblr.com


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trovò ad attenderlo il mio sorriso beffardo e un ghigno di soddisfazione malcelato. Nel giro di un secondo sbiancò e poi arrossi, tornando ad abbassare immediatamente lo sguardo sul pavimento di legno scuro. Lo tenevo in pugno. «Sistema le tue cose, poi possiamo iniziare a divertirci!» Gli dissi allegro e scoppiai a ridere, guadagnandomi un’occhiata stupita da parte di Marco e una smorfia da Dario, alle sue spalle. Continuai a sorridere tra me mentre poggiavo sul tavolo una confezione di birra e una bottiglia di Tequila. Marco lo accompagnò a sistemare le sue cose nella sua stanza, da quando era arrivato Dario sembrava aver ripreso un po’ del suo solito buonumore. Quando tornarono avevo sistemato sul tavolo tre boccali per la birra e tre bicchierini per la Tequila e un mazzo di vecchie carte da poker. Sia Dario che Marco mi fissarono sorpresi. Il primo forse un po’ preoccupato che con l’alcol la serata potesse degenerare, il secondo euforico perché aveva capito che gli avrei permesso di stare con noi per la prima volta, in qualche modo accogliendolo tra gli adulti. «Posso bere anche io?» Chiese Marco eccitato e incredulo allo stesso tempo. «Perché no? Ci siamo noi, cosa potrebbe succedere?» Gli confermai, facendo l’occhiolino a Dario, che sembrava ancora titubante. Riempii i boccali di birra e diedi le carte. Marco afferrò con avidità il suo, portandoselo alle labbra. Ne mandò giù un sorso e fece una smorfia. Io e Dario lo fissavamo in attesa. «Non è male come pensavo, ma non credo che mi piaccia. Posso avere un po' di Tequila?» Chiese mordendosi il labbro. Scoppiai a ridere. Ero felice che stessimo condividendo quel momento tra fratelli insieme. «Certo, piccoletto.» Gli versai un bicchierino e glielo porsi. «Sorseggia, non mandarla giù tutta in una volta, non voglio pulire il tuo vomito!» Lo avvertii in tono serioso. «Non vomiterò, lo prometto!» Disse impaziente, prendendo un piccolo sorso della bevanda. Questa volta fece una smorfia molto più marcata, simoneturnerstories.tumblr.com


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facendo scoppiare a ridere tutti e tre. Finalmente anche Dario stava iniziando a rilassarsi, grazie anche ai due boccali di birra che aveva mandato giù mentre io non ero nemmeno a metà del primo. Passammo il resto della sera a bere, mangiare schifezze e parlare dei ricordi che avevamo di quella casa. Riempii i bicchieri di tutti e tre più volte, e l’atmosfera iniziò a farsi più rilassata. Dario era sicuramente ubriaco e Marco ci era pericolosamente vicino – ero stato bene attento a non riempire il suo bicchiere con la stessa frequenza dei nostri. «Va bene, fratellino, ultimo giro.» Dissi vedendolo ciondolare pericolosamente. Dopotutto, non volevo che le cose ci sfuggissero di mano per davvero. «Salute!» Ci augurammo a vicenda facendo tintinnare i bicchierini di Tequila. Alla fine del giro di carte successivo Marco stava praticamente dormendo da seduto. Così Dario mi aiutò a portarlo nella sua stanza e infilarlo sotto le coperte. Sistemai un secchio vicino al suo letto, per ogni evenienza. Poi tornammo entrambi in soggiorno, con passo traballante. «Perché?» Gli chiesi all’improvviso poco prima che tornasse a sedersi. «Perché proprio Marco? Sei il mio migliore amico!» Mi dava le spalle, ma notai comunque che si irrigidì poggiando una mano sullo schienale della sedia come per sorreggersi. «Giurò che ti dirò tutto,» disse voltandosi incerto. «Ma prometti di ascoltare fino alla fine.» Feci un cenno e lui sospirò di apprensione. «Quando sono andato a prenderlo a scuola, dopo che hai scoperto di lui, mi ha raccontato la sua versione dei fatti, di quanto avesse avuto paura per la tua reazione e tutta quella merda e una volta a casa ha iniziato a parlarmi di quanto gli piacciano gli uomini e di come non riesca a trattenersi quando c’è qualcuno che gli piace nei paraggi…» «Risparmiami i dettagli.» Gli dissi secco, non volevo rischiare di eccitarmi durante il suo racconto.

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«Beh, non so perché ma poi ha iniziato a descrivermi cosa faceva con quegli uomini e a strusciarsi contro di me e non so come mi sono ritrovato con il cazzo in tiro da star male e le sue mani sui pantaloni, ho provato a farlo smettere, te lo giuro. Cazzo è stata la cosa più difficile della mia vita, ma sono riuscito a tirarmi indietro. Marco sembrava disperato, ha iniziato a piangere e mi ha confidato che già da anni frugava tra la nostra biancheria sporca ogni volta che gli era possibile, solo per sentire il nostro odore. È pazzesco lo so…» Dario fece una pausa per respirare. Io ero travolto da tutte quelle informazioni. Finalmente i pezzi iniziavano a combaciare, il mio fratellino sì divertiva con la mia biancheria usata, ecco spiegato dove andavano a finire le mie cose e perché sembrava sempre fin troppo entusiasta di abbracciarmi quando rientravo dalla palestra o da una lunga giornata all’università. Avevo il cazzo talmente duro che avrei potuto esplodere da un momento all’altro, anche senza toccarmi. Dario sembrava esitante, c’era qualcos’altro che non mi aveva ancora detto. «Allora?» Lo spronai. «Beh, alla fine ha minacciato di dirti che gli avevo fatto succhiare il cazzo se non glielo avessi permesso per davvero, e dopo quello che era successo tu avresti anche potuto credergli e sono andato nel panico…» «Quindi te lo sei scopato?» Gli chiesi sarcastico. «No… voglio dire, no, l’ho mandato in camera sua e mentre riflettevo sul da farsi sei rientrato a casa.» Doveva essere quando lo avevo beccato sul divano con una mano nei pantaloni, bel modo di “riflettere” amico. Inarcai le sopracciglia e lo invitai a continuare. Ero proprio curioso di capire com’era finito con il cazzo piantato fino alle palle nel culo di mio fratello. «Più tardi quella sera Marco mi ha chiamato e ha detto che se non fossi andato da lui ti avrebbe raccontato un sacco di balle e ho avuto paura che avresti potuto non volermi vedere mai più, così ho ceduto,» Che puttanella. Era arrivato persino a ricattare il mio migliore amico per trovare un cazzo dopo che gli avevo reso le cose impossibili con Alessio. simoneturnerstories.tumblr.com


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Scossi lievemente la testa e sorrisi e Dario accennò a sua volta un timido sorriso, forse speranzoso che alla fine lasciassi correre, date le circostanze. Feci un passo verso di lui che mi guardò perplesso, credo che per un attimo abbia pensato che lo avrei colpito. Invece lo spinsi a sedere, restando in piedi davanti a lui e iniziai a slacciarmi la cintura. I suoi occhi si fecero più grandi e mi guardò supplichevole. «Andiamo amico, lo sai che sono etero, non puoi fare sul serio?!» «Succhialo!» Dissi soltanto, tirando fuori dagli slip il mio cazzo già duro come il marmo a pochi centimetri dalla sua faccia sorpresa. «Forza, se ti fa piacere ripensa a quando hai inculato il mio bel fratellino.» Esitò, e alla fine lo afferrai per i capelli infilandogli il mio cazzo in bocca. Continuai ad andare avanti fino a che non lo sentii soffocarsi e tossire, massaggiandomi involontariamente la cappella tra la lingua e il palato. Era anche meglio della maggior parte delle ragazze che me lo avevano succhiato fino a quel momento. Lui era alla mia mercé. Quella sensazione di potere mi stava letteralmente dando alla testa. Iniziai a scopargli la bocca, senza badare troppo ai conati che gli causavo, pensando esclusivamente al mio piacere e godendomi ogni attimo di quelle sensazioni e dei suoi occhi lucidi che mi fissavano imploranti. «Per favore, fai piano, il tuo cazzo è enorme, amico.» Disse appena mi ritirai per un attimo dalle sue labbra bollenti. «Chiudi la bocca, finocchio, sto facendo esattamente quello che hai fatto al mio fratellino.» Gli dissi gelido. Dario chiuse gli occhi e io ricominciai a scopargli la bocca con ancora più forza, afferrandogli la nuca e scavando le dita tra i suoi capelli biondi. Stavo sudando e tutta quella situazione animalesca ben presto mi portò sull’orlo dell’orgasmo. «Sto per sborrare, finocchio!» Ringhiai sbuffando e lui borbottò qualcosa di incomprensibile provando inutilmente ad allontanarsi dal mio cazzo pulsante.

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Sentii le palle stringersi e un attimo dopo mi scaricai dentro la sua bocca serrata. Contrazione dopo contrazione, scaricai una sborrata paurosa sulla sua lingua e rimasi piantato dentro la sua bocca fino a che l’onda dell’orgasmo non passò completamente, ansimando piegato su di lui. Lo tenni schiacciato al mio inguine, impregnandogli la bocca e costringendolo a sentire il mio sapore. Come se marcassi il territorio. Ero certo che non avesse potuto evitare di ingoiare almeno una parte di quella sborrata colossale. Sospirai soddisfatto e mi sfilai dalle sue labbra arrossate. Appena libero Dario sputò per terra e allora gli afferrai il mento, costringendolo a guardarmi negli occhi. «Sperò che abbia imparato la lezione, fratello.» Gli dissi sorridendo con un ghigno arrogante. «Merda, dovevi per forza sborrarmi in bocca…» Disse mostrando un’espressione disgustata. Scoppiai a ridere, cercando di non fare troppo rumore. Non volevo assolutamente svegliare Marco. «Ringrazia soltanto che non ti abbia rotto il culo sul serio.» Suo malgrado si ritrovò a ridere anche lui, mentre continuava a sputacchiare e arricciare il naso, scuotendo la testa. «Stronzo!» Mi disse colpendomi con un pugno sull’addome, senza convinzione. «Ouch… e poi scommetto che sotto sotto ti è piaciuto, brutto finocchio! Quando lo ritrovi un cazzo così!?» Lo presi in giro. Eravamo già tornati quelli di sempre e continuammo a punzecchiarci e fare battute spinte fino a notte fonda. E intanto ragionavo su come avrei potuto sfruttare l’opportunità che mi si era presentata. Dopotutto, se il mio fratellino voleva essere trattato da troia, perché non accontentarlo?!

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Capitolo V

Quando scostai le coperte Marco si svegliò. Mi guardò con occhi assonnati e sorrise. «Grazie per avermi trattato come un uomo, Simo.» «Non ti ci abituare, piccoletto…» Iniziai a dire senza riuscire a terminare la frase che si era già riaddormentato con il suo meraviglioso sorriso ancora stampato in faccia. Mi infilai nel letto e lui mi si accoccolò sul fianco. Ero davvero felice di come si erano messe le cose, ero ancora un po’ arrabbiato per il tradimento del mio migliore amico e di mio fratello, ma alla fine tutto si stava sistemando, e il meglio doveva ancora venire. Fu un fine settimana memorabile, la prima notte nevicò e passammo i giorni successivi a sciare, mangiare carne alla griglia e dare fondo alle nostre riserve di alcolici, anche se dopo la prima sera mi accertai che nel bicchiere di Marco ci fosse sempre più gazzosa che birra. Io e Marco sembravamo tornati quelli di sempre, e anche con Dario, dopo un certo imbarazzo iniziale le cose si rimisero a posto praticamente da sole. Nei giorni successivi, rientrati a casa, riprendemmo tutti e tre le nostre abitudini. Ma nonostante la situazione fosse tornata alla normalità, il pensiero di quello che mio fratello aveva fatto alle mie spalle per chissà quanto tempo mi rodeva dentro, tormentandomi. Lo rivedevo farsi inculare su quel camper nel parco o succhiare il cazzo del mio migliore simoneturnerstories.tumblr.com


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amico nel soggiorno di casa ogni volta che passavo davanti al divano. Non riuscivo a togliermi dalla testa le foto del suo bel culo rotondo scambiate con degli sconosciuti. E ogni volta mi riassaliva la rabbia, e allo stesso tempo una strana sensazione a metà tra lo sconforto e qualcosa che non riuscivo ancora bene ad identificare, che mi pesava sullo stomaco come un macigno. Tutto questo accompagnato da un’eccitazione incontenibile, in pratica mi ritrovavo con il cazzo duro da far male ogni volta che passavo per il soggiorno. Per fortuna, l’occasione giusta per pareggiare i conti si presentò il fine settimana successivo. Anche se le cose tra noi erano tornate più o meno normali non avevo allentato la presa sul mio fratellino. Mi consegnava ancora il telefono ogni sera prima di andare a dormire e tenevo sotto controllo i suoi spostamenti, assicurandomi che non andasse in posti dove non avrebbe dovuto andare o non si trovasse in situazioni in cui non avrebbe dovuto essere. In pratica, probabilmente gli stavo rendendo la vita un inferno. Non aveva la minima possibilità di sfogarsi con uno dei suoi amanti e nonostante continuasse ad abbracciarmi ogni sera e a sorridere a tavola, avevo iniziato a notare che il suo comportamento stava cambiando. Quando mi abbracciava, prima di andare a dormire, mi stringeva forte e inspirava profondamente, senza quasi preoccuparsi che lo notassi. La peste se ne andava in giro per casa sempre mezzo nudo con indosso solo gli slip e le mie vecchie magliette troppo grandi per lui. Iniziai a trovare sempre più spesso la mia cesta della biancheria sporca in disordine. Era quasi come se cercasse di provocarmi e in più di un’occasione dovetti mordermi la lingua per trattenermi dallo sbatterlo sul tavolo della cucina e fare ciò che andava fatto Il venerdì sera successivo uscendo dalla doccia lo sorpresi con un paio di miei slip usati premuti sul naso. «Che cazzo…?!» Dissi senza riuscire a trattenermi, più sorpreso di quello che avrei dovuto essere. Lui si girò, rosso come un peperone, con la mia biancheria intima ancora in mano. «Io… ehm… controllavo se erano puliti, stavo

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separando la biancheria per fare una lavatrice.» Mi mentì spudoratamente. Vedevo chiaramente una tenda nelle sue mutande. Marco seguì il mio sguardo e si rese conto che il suo corpo lo aveva appena tradito. Era molto imbarazzato, ma decisi di non fargliela pesare. Invece lasciai scivolare a terra l’asciugamano e lo oltrepassai con il cazzo che oscillava liberamene fra le mie gambe. I suoi occhi non lasciarono mai il mio cazzo, stava quasi sbavando. «Forza!» Gli dissi brusco mentre afferravo un paio di slip puliti, riscuotendolo. «Sta arrivando Dario, farò tardi stasera, ma entro le dieci voglio comunque il tuo telefono sul mio comodino, intesi?» Assentì con poca convinzione e sparì nel corridoio in un batter d’occhi. Nonostante l’imbarazzo, la sua erezione non aveva accennato minimamente a placarsi e io mi resi conto che quel fatto mi rendeva segretamente orgoglioso, e in qualche modo compiaciuto. Terminai di vestirmi velocemente e uscii di casa prima che arrivasse Dario, salutando Marco quando avevo già superato la porta. Temevo che i miei pensieri trasparissero dal mio viso e non volevo che nessuno dei due mi vedesse in quel modo. Neanche dieci minuti dopo, quando avevo percorso solo pochi chilometri un messaggio di Dario mi costrinse a fermare l’auto. #La troietta è affamata! Fui costretto a rileggere quelle parole più volte. Dario non aveva mai parlato di mio fratello in quel modo, e certamente non con me. #Che cazzo stai dicendo?!? #Quasi non mi ha lasciato entrare in casa, mi è letteralmente saltato addosso. #Ora cosa sta facendo? Gli chiesi qualche secondo dopo, i miei pensieri correvano veloci, e inconsciamente avevo già ideato un piano.

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#Gli ho detto che non sarebbe successo mai più nulla tra noi e l’ho mandato di sopra, ora sta facendo la doccia ma credo che non si sia arreso. A quel punto qualcosa si fece definitivamente strada dentro di me e decisi di chiamare Dario e spiegargli quello che avevo in mente. Era incredulo, ma alla fine non si fece pregare, per niente. Feci inversione e parcheggiai l’auto nei pressi del parco dove avevo sorpreso Marco e Alessio la prima volta. Continuavo a fissare l’orologio dell’auto e quello del telefono ogni pochi secondi. Ero ansioso, nervoso ed eccitato. Tutto quello su cui non avevo quasi avuto il coraggio di fantasticare nelle ultime settimane stava finalmente per diventare realtà. Come da accordi, dopo venti minuti, il segnale acustico di un messaggio in arrivo riportò tutta la mia attenzione sullo schermo del telefono. Nel video era inquadrato Marco completamente nudo, bendato e in ginocchio. Dario gli schiaffeggiava il viso con il cazzo, facendolo gemere di piacere. «Di al mio amico quello che vuoi, frocio!» Sentì dire dalla voce del mio migliore amico, fuori campo. Marco alzò la testa e rispose senza scomporsi. «Ti prego, ho bisogno anche del tuo cazzo!» Il video durava ancora pochi secondi nei quali Marco cercava di raggiungere il cazzo di Dario con le labbra. Come un uccellino affamato verso il becco dei genitori. Uscii dalla macchina e andai verso casa. Non avrei dovuto preoccuparmi che qualcuno mi vedesse entrare in casa mia, eppure mi guardai intorno prima di entrare. Esitai davanti alla porta, presi un respiro profondo e girai piano la maniglia. Sapevo che mi aspettavano entrambi, eppure mi sembrava quasi di entrare di nascosto, come se stessi facendo qualcosa che non avrei dovuto fare. Una volta entrato, le mie orecchie furono inondate di grugniti e gemiti provenienti dal piano di sopra. Mi tolsi le scarpe e salii le scale. Avevo il simoneturnerstories.tumblr.com


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cuore in gola. Ero sicuro che loro invece non fossero preoccupati, li sentivo ansimare mentre oltrepassavo l’ultimo gradino. Erano i rumori inconfondibili di qualcuno che succhia un cazzo. Sentii Dario lamentarsi, e improvvisamente Marco che sembrava soffocare. Arrivato davanti alla porta della mia stanza Dario si girò e mi sorrise. La scena di fronte a me mi riportò alla mente qualcosa che avevo già vissuto. Davanti a me c’era Marco in ginocchio di fronte a un ragazzo grosso il doppio di lui con un cazzo enorme che scorreva dentro e fuori dalle sue labbra arrossate. Riuscivo a vederlo respirare dal naso per accogliere quell’asta il più possibile dentro la gola. «Sei pronto per il tuo secondo cazzo, frocio?» Gli chiese Dario lasciando uscire per un attimo la sua asta dalla gola del mio fratellino.

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Capitolo VI

Davanti a me, in ginocchio di fronte al mio migliore amico, c’era Marco bendato e con un cazzo enorme che scorreva tra le sue labbra arrossate. Respirava rumorosamente dal naso per riuscire a prendere quanto più possibile di quell’asta in gola. Dario gli teneva una mano sulla nuca e quando mi vide sulla soglia sorrise mentre faceva scivolare anche gli ultimi centimetri di cazzo in bocca al mio fratellino, tenendolo premuto a sé per qualche secondo. «Sei pronto per un altro cazzo, frocetto?!» Chiese a Marco, liberandolo momentaneamente dalla sua stretta. Una scia di saliva univa la cappella alle labbra socchiuse. «Si! Si, usatemi vi prego!» Rispose Marco in tono lamentoso rivolgendosi ad entrambi. Ignaro che l’amico di Dario fossi proprio io, suo fratello maggiore. Lo fissai rapito. Aveva le labbra gonfie e arrossate e il mento ricoperto di saliva e presperma. L’odore nella stanza era inebriante. Ad un cenno di Dario mi feci avanti e iniziai a togliermi la maglietta, afferrai Marco per la nuca spingendo il suo viso sui miei addominali, mentre le sue mani iniziarono ad esplorare il mio corpo senza bisogno di alcun incoraggiamento. Emise persino un gemito soffocato, a dimostrazione che apprezzava. «Pregalo di fartelo succhiare, stronzetto!» Gli ordinò Dario. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Ti prego, usami come vuoi, è questo che mi piace, ti supplico!» Gemeva senza ritegno e non dubitai per un secondo che fosse la pura verità. Il suo tono e le sue azioni non lasciavano spazio all’interpretazione. «Che frocio!» Ringhiai, rendendo ancora più profondo il mio tono di voce. Speravo che fosse sufficiente a mascherare la mia identità. Esitai qualche secondo per capire se mi avesse riconosciuto, ma tutto quello che sentii da lui furono gemiti lamentosi e impazienti. Allora lo afferrai nuovamente per la nuca e gli spinsi il viso all’altezza del mio inguine rigonfio. Marco inspirò rumorosamente e mi baciò il cazzo ancora coperto dai pantaloni, non poteva aspettare e iniziò a rosicchiarne la stoffa con impazienza. Guardai Dario che si era inginocchiato dietro di lui e si masturbava lentamente mentre massaggiava e stringeva il sedere di Marco facendolo rabbrividire. Gli sorrisi complice e mi slacciai la cintura tirando giù i pantaloni. Marco gemette soddisfatto e un attimo dopo affondò il naso nei miei slip. Attraverso la stoffa sottile seguì il profilo dell’asta già dura come una roccia fino alla punta che sporgeva dal bordo e ci si attaccò iniziando a succhiare come se la sua vita dipendesse da questo. «È così grosso! Ti prego, dammelo!» Mi implorò. Tirai fuori il cazzo dagli slip e anche Dario che era inginocchiato a pochi centimetri rabbrividì. Mi sentivo un dio. Afferrai il mio cazzo e lo sbatacchiai sul viso di Marco alcune volte, mi piaceva il suono che faceva a contatto con sua pelle. Lo appiattii sul suo viso e notai che lo superava di tutta la lunghezza, e allora mi eccitai ancora di più. Marco aveva iniziato subito a leccarmi la base dell’asta e proprio in quel momento capii per davvero perché nessuno riusciva a resistergli. La sua fame e il suo desiderio erano contagiosi e in un modo o nell’altro finivano per prendere il sopravvento sulla ragione. Riportai lo sguardo su Dario, gli aveva abbassato gli slip e faceva scorrere le dita sul buco di mio fratello, massaggiandolo. Il contrasto tra la pelle delicata di Marco e la muscolatura possente del mio amico simoneturnerstories.tumblr.com


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attizzò ulteriormente il mio desiderio. Poi Dario gli diede una sonora sculacciata. «Oh… si! Ti prego continua così!» Gemette Marco mentre Dario continuava a massaggiargli il buchetto. Intanto Marco iniziò a sfregarsi la mia cappella bagnata di umori sulle labbra, e quando una goccia di presperma le bagnava la leccava subito via. Lo afferrai per la nuca e spinsi la mia asta nella sua bocca fino in fondo. Tossì, impreparato all’assalto che gli stavo dando ma ormai non mi importava più, se era questo ciò che voleva, era esattamente quello che gli avrei dato. «Prendilo, frocio!» Grugnii, continuando a camuffare la voce. I gemiti di Marco erano musica per le mie orecchie. Continuai a stringergli la nuca mentre gli scopavo la gola. Le sue labbra erano tese sul mio cazzo, e la sua mano sembrava a malapena in grado di avvolgere l’asta. Uscii dalla sua bocca calda e umida quando vidi Dario rialzarsi alle sue spalle. Lo guardai perplesso chiedendomi che cosa avesse in mente e lui mi fece l’occhiolino prima di tornare a concentrarsi su Marco. «Alzati, frocetto, voglio farti il culo sul letto di tuo fratello!» Gli disse guardando me negli occhi. Rimasi a bocca aperta, senza sapere cosa dire. Il mio migliore amico aveva un sorriso complice stampato in faccia, anche lui si stava godendo appieno quanto fosse sbagliata tutta questa situazione. E io ero così perso nel piacere che ormai non mi importava più di nulla. Così fissai Marco in attesa della sua risposta. «No, ti prego! Non possiamo, se ne accorgerà se mi scoperai sul suo letto!» L’espressione di piacere sul suo viso si dileguò all’istante. Adesso sembrava preoccupato e un po’ nervoso. «Non te l’ho chiesto, finocchio, e ora alza il culo!» Gli ordinò Dario. Marco obbedì e si alzò con le mani tese in avanti, Dario lo afferrò per una spalla e lo guidò sul mio letto. Mentre si alzava notai la piccola tenda nei suoi slip, tuttavia quando finalmente si girò verso il letto constatai una

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volta per tutte che quello che gli mancava davanti lo compensava certamente didietro. Non riuscii a trattenermi dal colpirlo sul sedere tondo e sodo per poi stringerlo nella mia mano, facendolo gemere ancora. Una volta sul letto Dario fece piegare in avanti mio fratello e riprese posizione dietro di lui. «Ti eccita sapere che ti scoperemo sul letto di tuo fratello? Scommetto che gli daresti il culo se te lo chiedesse! Non è vero?!» Gli chiese sottolineando la sua domanda con una sculacciata. Avevo appena iniziato a masturbarmi lentamente e fui costretto a bloccarmi in attesa della sua risposta. «Si! Si, sento il suo odore qui! Ti prego, non resisto più, scopami!» Lo implorò Marco, spingendo il culo contro di lui. Sentirlo parlare di me in quel modo rischiò seriamente di mandarmi oltre il bordo. Andai al mio cesto della biancheria sporca e recuperai gli slip con cui lo avevo sorpreso poco prima di uscire. Tornai velocemente da loro e sollevai la testa del mio fratellino tenendolo per i capelli con una mano mentre con l’altra gli premetti sul naso e la bocca la biancheria che avevo indossato per tutto il giorno. Marco emise un sospiro di piacere e iniziò a respirare rumorosamente attraverso la stoffa, come inebriato. In quel momento Dario allineò il suo cazzo al buco poggiandoci sopra la cappella ma senza entrare. Marco era impaziente e cercava di convincerlo a penetrarlo spingendosi sull’asta, ma Dario si stava solo divertendo a stuzzicarlo e la troietta iniziò a lamentarsi sommessamente senza mai sollevare il naso dai miei slip sudati. Il mio amico gli teneva le natiche divaricate con le mani, poi chinò in avanti la testa e sputò sul buchetto un attimo prima di iniziare a penetrare dentro mio fratello. Dario mi sorrise soddisfatto mentre afferrava Marco per i fianchi e allora iniziò a spingere dentro e fuori dal buco teso al limite. Lo penetrava completamente per poi uscire del tutto e ogni volta che lo tirava fuori tutto quello che vedevo era un buco aperto e pulsante. Marco gemeva rumorosamente, pregando Dario di andare più veloce e simoneturnerstories.tumblr.com


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non fermarsi. Il mio cazzo era duro come non mai, pulsante di piacere e impaziente. Non osavo toccarmi per timore di venire prima di fare quello che desideravo più di ogni altra cosa. «Preparati finocchio, sto per sborrare!» Ruggì Dario qualche minuto dopo accelerando le spinte. Marco gridò di piacere sentendo Dario scaricarsi dentro il suo buchetto voglioso. Sentivo il forte odore di sesso nella mia stanza ed ero in paradiso. Quel culo doveva essere mio. Non mi importava che fosse ancora allargato e pieno dello sperma di un altro uomo, dovevo scoparlo. Dopo l’orgasmo Dario uscì dal culo di Marco con un suono di risucchio udibile. Mi spostai accanto a lui per ammirare la sua opera. Lo sperma stava già iniziando ad uscire e il buchetto era arrossato e pulsava leggermente. Non potevo aspettare un attimo di più e senza dargli il tempo di riprendersi conficcai il mio cazzo dentro mio fratello. Marcò emise un lungo gemito lamentoso mentre spingevo la mia asta fino in fondo. Anche se il mio cazzo era più grosso di quelli a cui era abituato rimasi comunque sorpreso di quanto fosse stretto e caldo e umido il suo buchetto che sembrava volesse stritolarmi risucchiandomi al suo interno. Allora strinsi i suoi fianchi tra le mani e iniziai a scoparlo con foga. Dario si avvicinò al suo viso e lo afferrò per la nuca costringendolo a sollevare la testa. «Apri la bocca, frocio!» Gli ordinò. Senza esitare, Marco dischiuse le labbra e Dario ci fece scivolare dentro il suo cazzo intriso di sperma, facendosi ripulire. Dopo averlo scopato per qualche minuto da dietro, mi tirai indietro e lo feci girare a pancia in su. Gli sfilai gli slip semiabbassati e notai che doveva essere venuto mentre Dario lo scopava perché erano schizzati di sperma. Gli feci sollevare le gambe e le allargai, poi mi chinai su di lui e

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lo penetrai nuovamente con foga. Marco ansimava continuando a chiedermi di più. «Ti prego, non fermarti, scopami, ti prego!» Mi implorava. Dario mi guardò e fece l’occhiolino. Non disse nulla ma il suo sguardo era piuttosto eloquente: te lo avevo detto! Ricambiai il sorriso stringendo le gambe di Marco mentre martellavo il mio cazzo dentro e fuori dal suo buco. «Di al mio amico quanto sei troia!» Disse Dario. «Non ci posso fare nulla, mi piace il cazzo! Mio fratello mi ha scoperto ma non riesco a fermarmi. Annuso la sua biancheria quando lui non è a casa e una volta l’ho sentito masturbarsi e subito dopo ho leccato lo sperma dalla sua biancheria mentre si faceva la doccia.» Dichiarò Marco con certo orgoglio, tra i gemiti. Il mio cuore saltò un battito, sospettavo da tempo che frugasse nella mia biancheria e quella sera ne avevo avuto la conferma, ma non avevo idea che si fosse spinto fino a leccare via il mio sperma da un paio di slip. Non c’era bisogno di altre conferme, la troietta mi desiderava forse anche più di quanto io volessi lui. Mi assicurai di lasciare solo la cappella dentro di lui poi spinsi fino in fondo con un colpo secco. Tutte le mie ragazze si lamentavano quando lo facevo a loro, e volevo che il mio fratellino avesse tutto quello che potevo offrirgli. Eppure Marco non fece una piega e in realtà credo che non ne avesse mai abbastanza. Mi asciugai la fronte con il dorso della mano, grondavo di sudore - anche addosso al corpo di Marco. Tutto questo era meglio di qualsiasi fantasia avessi mai avuto su di lui. Mi chinai in avanti, poggiando le labbra sui suoi piccoli capezzoli rosa, iniziando a succhiarli leggermente e lui si lamentò di piacere, contorcendosi. I suoi gridolini acuti riempirono la stanza. Non mi importava che qualcuno potesse sentirci, ero sull’orlo dell’orgasmo e niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi. Mi lasciai cadere sul letto di lato trascinando Marco sopra di me. Portai le sue mani sul mio petto come supporto e lo afferrai per i fianchi, con una presa salda. Lo guidai su e giù, imponendogli un ritmo serrato. simoneturnerstories.tumblr.com


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Avevo quasi dimenticato che Dario fosse lì, fino a quando non si fece più vicino, incoraggiandomi. «Si, amico mio, sfonda il frocetto, rompigli il culo!» Sospirò al mio orecchio, ricominciando a masturbarsi lentamente. «Ti prego, si, riempimi il culo di sborra!» Gridò Marco un attimo dopo, mandandomi letteralmente fuori controllo. Spinsi con i fianchi, premendo l’intera asta dentro di lui. Sentii le mie palle contrarsi e il cazzo pulsare ferocemente mentre scaricavo una sborrata colossale nel buco accogliente del mio fratellino. E allo stesso tempo lui gridò di piacere stringendosi forte a me. Restammo così, senza fiato, sudati e con il cuore che batteva all’impazzata. «Bel lavoro, troietta, e adesso preparati ad ingoiare il mio sperma!» Disse Dario raddrizzando la schiena, inginocchiato accanto a me. Un attimo dopo lo vidi schizzare sulla lingua distesa di Marco che inghiottì con piacere ed evidente soddisfazione. Poi Marco ricadde sul mio petto, esausto e io lo riabbracciai stretto, avvolgendolo tra le mie braccia. Aveva le labbra arrossate e scosse da un leggero tremito mentre il mio cazzo che oramai si stava sgonfiando lentamente usciva dal buco. Il suo respiro si era fatto lento e regolare, segno che probabilmente si era addormentato e presi ad accarezzarlo continuando a stringerlo tra le mie braccia. Qualche minuto dopo, lo liberai cercando di farlo scivolare sul mio letto il più dolcemente possibile. Quando riuscii ad alzarmi però sentii la sua voce. «Adesso posso togliere la benda?» Chiese innocentemente. «No!» Ringhiai rapido, sperando di aver alterato a sufficienza il mio tono di voce. «Va bene, è che non voglio che mio fratello mi scopra,» disse. «Voglio continuare a fare sesso ma se ci scopre non lo potrò più fare.»

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Che troia, dopo quello che gli avevamo appena fatto pensava già alla prossima scopata. Mi avvicinai e gli sussurrai all’orecchio. «Quando senti la porta chiudersi, la puoi togliere.» Lui annuì convinto. Raccolsi i miei vestiti e prima di uscire dalla mia stanza vidi Marco annusare la mia biancheria intima e iniziare a masturbarsi. Ringraziai silenziosamente Dario, poi uscii chiudendomi la porta alle spalle. Mi ritrovai a sorridere tra me nella penombra del corridoio, pienamente soddisfatto. La nostra prima scopata era stata eccezionale, ed ero certo che la prossima volta sarebbe stata ancora meglio!

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Capitolo VII

Saltai giù per le scale due gradini alla volta e corsi rapidamente fuori. Non mi guardai indietro mentre raggiungevo di corsa la mia auto parcheggiata dietro una siepe poco lontano. Quando finalmente raggiunsi l’auto mi piegai poggiando le mani sulle ginocchia, per riprendere fiato. «Cazzo, c’è mancato poco!» Mi dissi ad alta voce. Mi guardai intorno e salii in macchina, in un attimo rivissi ogni momento di quella sera. Scossi la testa, cercando di liberarmi da quei pensieri. Non mi sentivo più in colpa, ma sapevo che quello che avevo fatto era fottutamente pazzesco. Avevo perso la cognizione del tempo, recuperai il telefono dalla tasca dei pantaloni e notai che avevo dei messaggi. #Come ci si sente a scopare con il fratellino? - Il messaggio era corredato da due faccine da diavolo. #È da pazzi! – Risposi immediatamente, e Dario stava già scrivendo qualcosa. #Hai avuto un’idea fantastica! - #Te lo avevo detto che avrebbe funzionato!! - #Magari domani potremmo rifarlo, sono sicuro che al tuo fratellino non dispiacerà!!! Scriveva a raffica, scoppiai a ridere prima di rispondere. #Vedremo. simoneturnerstories.tumblr.com


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Poi scrissi un messaggio al mio fratellino. #Cambio di programma, sarò a casa tra mezz’ora. Marco rispose meno di un minuto dopo. #Porti la cena? Sorrisi tra me. Quel ragazzo aveva appena disobbedito a tutte le mie raccomandazioni e adesso mi chiedeva da mangiare come nulla fosse. #Giapponese, va bene? Agganciai il telefono al supporto magnetico e senza aspettare mi avviai con l’auto in direzione del ristorante giapponese preferito di Marco. Rispose mentre ero fermo alla prima rotonda. #Siii!! Ravioli al vapore e un po’ di salmone crudo Sorrisi perché sapevo esattamente quello che avrebbe scritto, era prevedibile. Marco era una creatura abitudinaria, dunque vederlo così disinibito e servizievole mentre lo scopavo mi faceva impazzire. Una volta raggiunto il ristorante lasciai l’auto nel parcheggio. Dentro al locale ancora semi deserto fui accolto da un simpatico ragazzo dai lineamenti vagamente asiatici. Aveva le labbra rosse e paffute, e la pelle liscia e chiara come porcellana. Non poteva avere più di quindici anni. I suoi occhi solo lievemente a mandorla erano castano chiaro e incorniciati da lunghe ciglia arrotondate. Con il suo fisico minuto era la perfetta copia asiatica di mio fratello. Che cazzo c’è che non va in me? Non mi era mai capitato di eccitarmi davanti a un ragazzo, ma lui era bellissimo. Ero incapace di staccargli gli occhi di dosso. «Buonasera, signore! Mangia qui o da portare via?» La sua voce delicata ruppe il silenzio. Signore, eh? Pensai tra me, prima di schiarirmi la gola. «Mmmh… da portare via, per favore.»

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«Va bene, signore, cosa le faccio preparare?» Chiese mordendosi il labbro e guardando timidamente verso di me, pronto a prendere l’ordine. Cazzo, era quasi troppo facile, sorrisi tra me e me. «Due porzioni di ravioli al vapore, una di riso integrale con i gamberi, al vapore per piacere, e una porzione piccola di salmone crudo.» Gli dissi guardandomi intorno per vedere se c’era qualcuno nei paraggi, prima di chinarmi verso di lui e sussurrare: «…e il tuo numero di telefono.» Lo vidi diventare immediatamente di un rosso vivo. Ridacchiai e lessi il suo nome sulla divisa, Daniele. Mi lanciò un fugace sguardo imbarazzato, prima di sorridere e annuire. «Si, signore, il suo ordine dovrebbe essere pronto in quindici minuti. Vuole qualcosa da bere mentre aspetta?» Mi chiese timidamente, scrivendo allo stesso tempo sul retro di un biglietto da visita del ristorante e consegnandomelo con mano tremante. “Dale, 340–8238265”. Sorrisi e me lo infilai in tasca, continuando a fissarlo mentre inoltrava l’ordine alla cucina. Mi sfregai il rigonfiamento accentuato nei pantaloni quando notai cha faceva ondeggiare lievemente il sedere. Mi guardai attorno e fortunatamente le uniche due famiglie nel ristorante erano occupate a conversare tra loro, nessuno mi prestava attenzione. Tirai fuori il telefono e vidi che c’erano alcuni messaggi di Dario. #Decidi tu!!! – Nel primo aveva scritto solo questo. #Quando vuoi, io ci sono! - Era il testo dell’altro, lo aveva inviato qualche secondo dopo. Mi ritrovai a sorridere tra me per l’ennesima volta in quella pazza giornata, la nostra vita era stata stravolta nell’ultima settimana. Amavo ancora Dario come un fratello, ma adesso ero io al comando, e lui lo sapeva. Ero il maschio alfa. #Bene! – Fu tutto quello che risposi, senza sbilanciarmi troppo. Volevo farlo rosolare ancora un poco, solo per il gusto di farlo.

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Poi ripescai il biglietto da visita dalla tasca dei pantaloni e registrai il numero di Daniele tra i miei contatti. #Ciao Dale, a proposito io mi chiamo Simo. - Gli scrissi, guardando il telefono in attesa di una sua risposta. #Ciao – Mi scrisse alla fine, con una faccina che arrossisce, il suo secondo messaggio arrivò quasi nello stesso istante. #Non riesco ancora a credere che tu volessi proprio il mio numero! Quanto sei figo! Guardai verso la cucina, sperando di vederlo di sfuggita, ma niente, era sparito. Dovetti trattenermi dallo scoppiare a ridere. Solo qualche settimana prima, stavo dietro alle ragazze come non ci fosse un domani e adesso mi scopavo il mio fratellino e cercavo di sedurre il ragazzo asiatico alla cassa del ristorante giapponese. # Non posso crederci neanche io, non sono gay, davvero, ma c’è qualcosa in te…» #Oh – rispose con una faccina triste. Non sapevo cosa dire, forse avevo rovinato tutto dicendo quelle cose, quindi decisi di non rispondere. Mentre aspettavo la cena, mi scrisse nuovamente Dario. #Sono a tua disposizione. Erano come creta tra le mie mani- Marco, Dario e adesso Daniele – tutti e tre ai miei ordini. «Signore, il suo ordine è pronto.» Alzai lo sguardo dal telefono sentendo la voce di Daniele, facendolo arrossire di nuovo. «Grazie, Dale. Quanto ti devo?» Gli chiesi. «Diciassette e novantanove centesimi, salsa?» Mi guardò negli occhi mentre gli consegnavo la carta di credito. «Certo, mettici dentro qualcosa, il mio fratellino ama la salsa,» dissi senza pensare alle mie parole finché Daniele non iniziò a ridacchiare.

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«Anche io!» Disse quasi in un sussurrò, e questa volta fu il mio turno di arrossire. Firmai la sua copia della ricevuta, poi gli feci l’occhiolino e uscii cercando di mantenere un certo contegno. Riuscii ad arrivare a stento all’auto. Mi ci infilai dentro velocemente e poggiai la cena sul sedile del passeggero. Presi il telefono e tirai fuori dai pantaloni il mio cazzo già duro come la pietra. Sollevai il telefono e scattai una foto. #Spero che ti piaccia la salsa di questo. – Gli scrissi , allegando la foto. Ero tentato di farmi una sega veloce nel parcheggio del ristorante, poi vidi entrare un’auto. Rimisi velocemente il cazzo nei pantaloni, e andai via. Il telefono vibrò di nuovo mentre parcheggiavo nel vialetto di casa. #Accidenti, è enorme!! – Aveva risposto Daniele, insieme a tre faccine con gli occhi a cuore, facendomi ridere. Infilai in tasca il telefono, afferrai il sacchetto di carta con la cena ed entrai in casa. «Fratellino, la cena è servita!» Esclamai in tono solenne, sentendo immediatamente Marco correre giù per le scale. «Che fame!» Disse, venendo ad abbracciarmi. «Grazie!» «Per che cosa?» Gli chiesi, liberandomi dalla sua stretta per poggiare la cena sul tavolo. «Per la cena, e perché vuoi solo il meglio per me, anche se a volte non mi capisci.» Apparecchiai la tavola e scartai la cena. «Senti, fratellino, io voglio solo che tu sia al sicuro. Non mi interessa chi ti piace, ognuno ha i suoi gusti, e non ti sto punendo perché sei gay. Sei in punizione perché mi hai mentito e hai agito alle mie spalle, mi sono sentito tradito.» Gli spiegai prendendo un boccone di riso al vapore. «Lo so, mi dispiace, è che quando sono in quello stato non penso alle conseguenze.» Lo sapevo bene, avevo sperimentato in prima persona quello che mi stava dicendo. simoneturnerstories.tumblr.com


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Marco alzò lo sguardo e mi sorrise: «Prometto che farò del mio meglio per fare il bravo, da ora in avanti.» Dopo quei suoi buoni propositi, alzai un sopracciglio accennando un sorriso senza fare ulteriori commenti. Spendemmo il resto della cena a chiacchierare, con Marco che mi mentiva riguardo il modo in cui aveva occupato la serata, mentre ero via. Dopo mangiato si offrì di sistemare la cucina. Alle dieci gli chiesi comunque il suo telefono, e me lo consegnò senza discutere. Controllai solo che fosse sbloccato e lo infilai in tasca. «Grazie per aver rispettato le regole, oggi. Come ricompensa non ho intenzione di leggere i tuoi messaggi, almeno finché non sospetterò che tu mi stia mentendo. D’accordo?» Volli sottolinearlo, assicurandogli che mi fidavo di lui. «Si, signore!» Esclamò, stringendomi in un altro abbraccio. Se solo sapessi, pensai tra me strofinandogli la schiena. «Bene, se hai finito i compiti ti voglio a letto per le dieci e trenta.» Gli ordinai. «Ho già fatto i compiti, ma sono un po’ stanco, vado subito a letto. Posso usare un po’ il computer?» Mi chiese, fissandomi con i suoi occhioni innocenti. «Certo, ma non per troppo tempo.» Gli dissi schiaffeggiandolo sul sedere mentre si girava verso le scale. Abbassai lo sguardo sul mio telefono e notai che erano appena passate le ventidue, in quell’istante arrivò un nuovo messaggio. #Ciao, scusa se non ti ho più scritto ma ho appena finito di lavorare. – Scrisse Daniele. Sorrisi, si comportava già come se fosse il mio ragazzo e non mi aveva nemmeno assaggiato. Tardai a rispondere, volevo che capisse che ero io ad avere in mano la situazione. E da come si era comportato al ristorante, dubitavo gli sarebbe dispiaciuto. Continuai a guardare il telefono e lo vidi iniziare a scrivere più volte, senza inviare nulla. Sorrisi tra me, ricordando la mia prima cotta. Avevo simoneturnerstories.tumblr.com


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paura di cosa scrivere, di sembrare troppo ansioso. Accidenti quanto erano cambiate le cose. #Ciao piccolo, tutto a posto. – Gli scrissi dopo una decina di minuti. #Com’è andata a lavoro? Rispose quasi immediatamente. #Molto meglio quando sei arrivato tu, era una serata morta. Mi piaci molto. Cercai inutilmente di trattenermi, soffocando una risata. #Grazie. È tanto che lavori lì? Mi ritrovai ad accarezzarmi inconsciamente il cazzo, volevo davvero sentire la sua risposta. Non sapevo perché mi sentissi in quel modo, né mi importava. Tutto quello che sapevo era che un giorno Daniele sarebbe stato piegato a quattro zampe davanti a me, con il suo bel culo per aria, ad implorare per il mio cazzo come il frocetto che era nato per essere. #Il ristorante è di mio padre, ogni tanto lo aiuto. Ti posso fare una domanda? #Dipende dalla domanda. – Risposi, curioso di sapere cosa voleva chiedermi. #Capito! Quanti anni hai e perché hai chiesto il mio numero? Scusa, sono due domande. – Scrisse con diverse faccine inclinate per le risate. Dimostrava inequivocabilmente la sua età in quei messaggi. #Ho 21 anni e ho chiesto il tuo numero perché ho notato che mi fissavi e volevo sapere come sarebbe stato avere il mio cazzo tra le tue belle labbra. – Risposi secco. Fissai lo schermo in attesa di una risposta rapida, senza riceverla. Passò qualche minuto e ancora nulla. Devo aver spaventato il frocetto, pensai tra me. #Scusa, ha chiamato mia madre per dirmi che non può venire a prendermi, immagino che dovrò tornare a casa a piedi, - scrisse e subito dopo aggiunse: #Comunque ho solo 15 anni, per te va bene?

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Leggendo i suoi messaggi, nella mia testa avevano iniziato a scoppiare i fuochi d’artificio. In una situazione normale avrei chiuso la conversazione, ma dopo essere stato con Marco la mia mente si era messa a lavoro da sola e gli inviai una semplice domanda. #Vuoi un passaggio? Rispose con una faccina imbarazzata, poi un messaggio di testo: #Voglio dire, mi piacerebbe, non ho proprio voglia di camminare, ma non sei obbligato. Non voglio disturbare. #Nessun disturbo, fidati! Sarò lì in 5 minuti. – Risposi rapidamente mettendo via il telefono senza aspettare la sua risposta. «Fratellino, devo sbrigare una faccenda, torno subito,» Gridai a Marco dalla base delle scale. Sentii la porta della sua camera aprirsi, e lui si sporse fuori. «Dove stai andando?» «Ho dimenticato il mio documento al bar,» mentii e lui fece spallucce, sembrava credermi. «Allora porti il gelato?» Mi chiese. «Certo,» Dissi, ridendo tra me e me, come se la troietta non si fosse appena gustata due bei gelati. Spinsi sull’acceleratore, diretto al ristorante, con il cazzo che mi scoppiava nei pantaloni. Il rigonfiamento era chiaramente visibile sotto la stoffa e sapevo che una volta notato non sarebbe più riuscito a distogliere lo sguardo, era una garanzia. Entrai nel parcheggio quasi pieno e trovai Daniele ad aspettarmi poco lontano dall’ingresso, sorrise appena mi vide arrivare. Appena accostai mi sporsi sul sedile del passeggero per aprirgli la portina e gli feci cenno di salire in auto. Mi guardò sorridendo, mettendo in mostra i suoi denti bianchi e perfetti. Accidenti, non poteva essere più eccitante. «Grazie per il passaggio, bella macchina,» Disse timidamente, appena seduto.

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Gli rivolsi un grande sorriso, facendolo arrossire. «Di nulla e grazie, ma ad essere onesti, volevo solo rivederti.» Sorrise nervosamente, arrossendo ancora di più. «Sul serio?» Annuii, sorprendendolo a fissarmi con la coda dell’occhio. Il suo sguardo volò sul mio corpo fino a posarsi sul cavallo dei pantaloni. Sorrisi tra me di soddisfazione quando lo sentii sussultare. «Si, piccoletto, sul serio.» Dissi, con voce roca per l’eccitazione. Aveva il respiro accelerato. «Credi che… non importa.» Disse imbarazzato. «Cosa? Vai avanti, dimmi,» lo incoraggiai, sapendo esattamente quello che voleva e che glielo avrei dato volentieri. «È che non ne avevo mai visto uno così… grande.» Disse imbarazzato, guardandomi velocemente negli occhi e riabbassando subito lo sguardo. «Posso vederlo?» «Non ti devi vergognare, so che mi stai fissando da quando sei entrato in macchina,» gli dissi facendolo arrossire ancora di più. Uscii dal parcheggio e, dopo che mi diede l’indirizzo, imboccai la strada per casa sua. «Scusa, me è davvero grande,» disse facendosi un po’ più di coraggio. Allora con una mano mi slacciai la cinta e sbottonai i pantaloni rivelando lentamente la base del mio cazzo. «Porca…!» Esclamò Daniele eccitato, leccandosi le labbra e si sporse sul mio sedile per toccarmi il cazzo ancora semi coperto. «Dai, tiralo fuori del tutto!» Gli ordinai, guardandolo eseguire con la coda dell’occhio, la sua mano avvolgeva a malapena la mia asta. Senza che glielo chiedessi, il ragazzo si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi si sporse maggiormente chinandosi sul mio grembo e tentando di succhiare il mio cazzo duro come l’acciaio. Non era un esperto, e riuscivo a sentire i suoi denti graffiarmi leggermente l’uccello, ma non mi importava, ero in estasi. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Così, succhiami il cazzo, toccami le palle!» Gli dissi, e lui iniziò immediatamente a gemere in accordo. La sua mano si infilò nei pantaloni per massaggiarmi le palle mentre con l’altra mi masturbava e allo stesso tempo risucchiava la cappella tra le labbra, giocandoci con la lingua. Non smise di gemere per un secondo, provando a darmi piacere. Mentirei se dicessi che fu la miglior pompa della mia vita, ma era il fatto che avessi conosciuto questa troietta meno di un’ora prima e che avesse già il mio cazzo in bocca ad eccitarmi. Sborrai a uno stop a circa mezzo chilometro da casa sua, gli afferrai la testa e la spinsi sul mio cazzo. Soffocò e tossì spingendo con le mani sulle mie gambe. Non potevo fermarmi, ero al limite, quindi lo tenni fermo mentre ringhiavo schizzando nella sua dolce bocca calda. Aprii gli occhi solo quando una macchina dentro di me iniziò a suonare il clacson. Incredibile, mi dissi e sentii Daniele colpirmi sulla coscia e stringerla con le mani. Lo lasciai andare e ripresi a guidare, mentre lui cercava di riprendere fiato, tossendo e massaggiandosi la gola. «Mi dispiace, suppongo che avrei dovuto avvisarti,» gli dissi, fingendo di essere dispiaciuto. «No, va bene… mi è piaciuto, mi hai solo colto di sorpresa.» Disse timidamente, leccandosi le labbra. «Sborri molto, e ha un sapore davvero buono.» «Grazie! Sono contento che ti sia piaciuto, potremmo rifarlo qualche volta o magari potresti lasciare che te lo metta nel culo,» gli dissi con noncuranza, guardando verso di lui. I suoi occhi erano spalancati per la paura ma anche per l’eccitazione. «Non l’ho mai fatto,» disse, mentre accostavo fuori da casa sua. «Anche meglio, non preoccuparti, non ti farò male, ti piacerà,» gli dissi, e lui annuì. «Va bene, però, puoi farmi scendere più avanti? Non voglio che mia madre ci veda e inizi a rompere,» disse continuando a fissare il mio cazzo che si stava ammorbidendo.

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«Certo, piccoletto,» gli dissi sorridendo, mentre avanzavo con l’auto per svoltare l’angolo. Gli afferrai la nuca e lo attirai a me per un bacio. Sentivo l’odore del mio sperma nel suo respiro, mentre la sua lingua iniziava a farsi strada nella mia bocca. La sua piccola lingua era frenetica e andava ovunque, facendomi ridere per la sua impazienza e inesperienza. «Ho fatto qualcosa di male?» Mi chiese, sentendomi ridacchiare. «No amico, sei solo impaziente, e mi è venuto da ridere,» gli spiegai. Si sporse ancora una volta e mi diede un rapido bacio sulle labbra, allungando la mano fino a stringermi il cazzo. «Capito, grazie per il passaggio, mandami un messaggio quando torni a casa.» Lo guardai girarsi e aprire la portina per uscire. Avevo il suo sedere a pochi centimetri, allungai la mano e lo strinsi, facendolo sussultare. Lui arrossì e mi salutò sorridendo nervosamente mentre mi allontanavo. Sorrisi tra me sorpreso di quanto folle e spavaldo io fossi stato in tutta quella situazione. Richiusi il cazzo nei pantaloni e guidai fino al bar del parco per comprare un po’ di gelato per Marco, prima di rientrare. «Fratellino, sono a casa,» Gridai entrando, ma non sentii nulla. Salii di sopra, tendendo l’orecchio, ma c’era solo silenzio. Raggiunsi la porta di Marco e mi preparai mentalmente a trovarlo in mezzo ad un’orgia con venti uomini, posai la mano sulla maniglia e la aprii lentamente. Marco era sdraiato sul suo letto con una mano sulla pancia, addormentato. Sospirai di sollievo e mi avvicinai a baciarlo sulla fronte e coprirlo con il suo lenzuolo prima di uscire dalla stanza. Lasciai il gelato nel congelatore ed andai sotto la doccia, per lavare via la fatica di quella giornata. Due ragazzi diversi in un giorno solo, ero un ragazzo fortunato. Sorrisi tra me e finalmente mi rilassai sotto l’acqua calda. Mi asciugai e decisi di andare a letto nudo, afferrai il telefono e notai che Daniele mi aveva scritto un messaggio. Avevo paura di averlo

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spaventato con il mio atteggiamento aggressivo, ma per fortuna, non era questo il caso. #Ciao, scusa se non ti ho scritto subito, avevo un sacco di compiti. Indovina? – Lessi nel messaggio di Daniele. #Di nulla, che succede? – Gli chiesi. #Quando sono rientrato a casa mi sono accorto di avere ancora un po’ di sborra sulla guancia! Per fortuna mia madre non se n’è accorta. Vieni sempre così tanto? Sorrisi tra me, orgoglioso che fosse tanto sorpreso. #Che ridere! Comunque, si, a volte anche di più ma oggi ero già venuto! #Accidenti, quando pensi che potremmo rifarlo? Magari la prossima volta non nella tua auto. – #Mi hai letto nel pensiero, quando sei libero? – Gli domandai immediatamente. #Questo fine settimana lavoro al ristorante, che ne dici di lunedì sera? Mia madre lavora fino a tardi, vieni tu da me? – Rispose. #Cazzo si, ti chiamo io. – Gli scrissi poggiando il telefono sul comodino senza aspettare la sua risposta. Che giornata!

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Capitolo VIII

Il lunedì successivo, aprii gli occhi un secondo prima del suono della sveglia, ben riposato. Mi stiracchiai con il cazzo duro e saltai velocemente sotto la doccia. Una volta vestito, bussai piano alla porta di Marco prima di entrare. Rimasi a bocca aperta e con gli occhi fuori dalle orbite. Mio fratello era disteso sul suo letto, con gli occhi chiusi, e si stava masturbando lentamente con una mano stretta intorno al suo uccello. Non doveva avermi sentito bussare perché si fermò solo quando io mi schiarii la voce. «Simo, vai via!» Urlò imbarazzato, facendo del suo meglio per coprirsi, e diventando tutto rosso. Gli sorrisi e uscii ridendo, chiudendomi la porta della sua stanza alle spalle. Allegro, scesi di sotto a preparare la colazione, frittata di albumi con spinaci per me e latte con i cereali per lui. «Andiamo Marco, lascia in pace il tuo amichetto e vieni giù per la colazione!» Gli gridai affacciandomi sulle scale. Qualche minuto dopo lui arrivò in cucina con lo sguardo tetro. «Potresti almeno bussare!» Disse, vistosamente imbarazzato. «Prima di tutto, finché sarò io a pagare le bollette questa è casa mia, in secondo luogo, ho bussato, ma eri talmente preso che pensavo te lo saresti strappato via!» Risi a voce alta mettendo la tazza davanti a lui. «Simo! Basta!» Piagnucolò, mettendosi in bocca una cucchiaiata di cereali. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Va bene, va bene, non volevo prenderti in giro.» Gli dissi, trattenendomi prima che si mettesse a piangere sul serio. Mangiammo in silenzio per il resto della colazione. Sorrisi tra me, pensando a quanto era imbarazzato per essere stato sorpreso a masturbarsi, mentre era totalmente disinibito quando aveva un cazzo davanti, e anzi quasi desideroso di provare le sue capacità. Pensai che forse era a disagio perché ero stato io a sorprenderlo, o forse perché il suo cazzo non era molto grande. Io sarei stato imbarazzato per quello. Appena finito di mangiare, presi i nostri piatti e li sistemai nella lavastoviglie. Poi ripulii velocemente prima di afferrare le mie cose pronto ad uscire. «Simo? Ti ricordi che oggi vengono a casa un po’ di miei amici, vero? Per il gruppo di studio.» Mi ricordò, fermandomi sulla soglia. Marco aveva formato un gruppo di studio che si riuniva a casa di uno di loro tutti i lunedì, a turno. Me ne aveva parlato la scorsa settimana, ma dopo tutto quello che era successo lo avevo dimenticato. «Si, va bene piccoletto, ordinate una pizza o qualcosa del genere, e mi raccomando…» Gli dissi con uno sguardo eloquente, frugandomi in tasca e porgendogli due biglietti da venti. «Grazie fratellone, prometto di fare il bravo,» disse sorridendomi. «Posso riavere il telefono?» «Merda, scusa, è in camera mia, vai tu a prenderlo, vero? Ti aspetto in macchina.» Gli dissi incamminandomi verso l’auto. Due minuti dopo Marco saltò sul sedile accanto al mio. Sembrava agitato, quasi nervoso. Lo guardai ma lui non disse niente, assorto nel suo telefono. «Tutto a posto? Cosa stai guardando?» Gli chiesi, un po’ preoccupato. «Niente!» Quasi gridò. «Scusa… non è niente, solo pettegolezzi di scuola.»

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Scossi la testa e accesi la radio, avviando il motore. Dieci minuti dopo mi abbracciò veloce prima di correre incontro a Carlo, il suo migliore amico, che lo aspettava fuori da scuola. Li salutai e andai via. Arrivato all’università, scoprii che la mia prima lezione era saltata, quindi avevo un’ora libera. Stavo per andare in biblioteca quando squillò il telefono, era Dario. «Ciao fratello, come va?» Gli chiesi, sorpreso della sua chiamata. «Dobbiamo parlare, possiamo vederci?» Parlava velocissimo, era quasi farneticante. «Tutto bene?» Gli chiesi preoccupato, mi stava spaventando. «No, non va bene! Ti arrabbierai ma voglio essere io a dirtelo, e non è stata colpa mia.» Gridò. Adesso stavo iniziando ad agitarmi sul serio. Di che diavolo parlava? «Cosa è successo, amico? La lezione è saltata, vieni in caffetteria e ne parliamo, va bene?» Accettò immediatamente, facendomi sapere che sarebbe arrivato in dieci minuti. Passeggiai avanti e indietro fuori dalla caffetteria dell’università, rimuginando sul motivo per cui avrei dovuto arrabbiarmi con lui. Era una specie di punizione divina per quello che avevamo fatto con Marco? Vidi Dario arrivare a passo svelto, senza fermarsi mi fece cenno di seguirlo all’interno e scelse un tavolo riparato in un angolo del locale. Stava quasi tremando. Non lo avevo mai visto così prima, e il suo comportamento faceva innervosire anche me. «Che cazzo succede?» «Lui lo sa!» Mi disse fissandomi, con le lacrime agli occhi. «Lui sa che cosa?» Gli chiesi, confuso. «Sa tutto, cazzo. Hai scattato delle foto?!»

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Non sapevo di che parlasse, quella sera il telefono era rimasto nella tasca dei miei pantaloni per tutto il tempo. Di che foto stava parlando? «Cosa?» Gli chiesi, sempre più confuso. «Hai fatto delle cazzo di foto, Simo! E adesso le ha anche Marco! Subito prima che ti chiamassi, me ne ha mandata una di me in ginocchio con il tuo cazzo in bocca!» Quasi gridò, sempre più nervoso. «Che cosa? Non è possibile!» Dissi con espressione contorta per la rabbia e la paura. Dunque non si trattava della nostra serata tre del venerdì precedente, ma della gita in montagna. Ovviamente non era colpa di Dario, ma questo non mi impediva di prendermela con lui. Se non si fosse scopato mio fratello, tutto questo non sarebbe successo. «Simo, quando hai sincronizzato i vostri telefoni per attivare la localizzazione devi averla lasciata attiva, e questa mattina, quando Marco ha guardato la sua galleria si è ritrovato anche tutte le tue foto del cazzo con la data e il luogo di dove sono state scattate. E lo stronzetto ha fatto due più due.» Dire che ero infuriato sarebbe stato un eufemismo. Non riuscivo a pensare, non potevo nemmeno respirare. Sentii il mio stomaco contorcersi e stavo per sentirmi male. Tutto il mio mondo, tutto quello che avevo costruito, stava andando in pezzi. «Simo, stai bene?» Mi chiese Dario, poggiandomi una mano sulla spalla. Lo allontanai. «Vattene! Se Marco continua a chiedere spiegazioni, nega tutto, tu e io non siamo mai stati insieme. In quella foto ci siete tu e un cazzo, non mi interessa se le circostanze sono chiare, quello non sono io! Mi hai capito, cazzo?» Gli dissi furioso e lui annuì velocemente, spiazzato per la mia reazione. «E adesso sparisci!» Dario mi rivolse uno sguardo implorante, con gli occhi tristi e pieni di lacrime, ma io rimasi impassibile. Così, qualche secondo dopo, mi ritrovai a fissare le sue spalle incurvate mentre si allontanava. Sapevo di non aver gestito correttamente la situazione, ma in quel momento non mi importava. Avevo bisogno di restare solo e riflettere. simoneturnerstories.tumblr.com


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Andai in bagno a sciacquarmi la faccia con l’acqua fredda, e poi a lezione, in ritardo di dieci minuti. Il resto del giorno passò con il pilota automatico. Fortunatamente le mie lezioni mi distrassero abbastanza, e il tempo passò inesorabile. Nella pausa dopo pranzo andai persino ad allenarmi in palestra, per bruciare un po’ dell’ansia e della rabbia che sentivo. Non temevo quello che Marco avrebbe potuto dire o fare, ma avevo paura che la nostra vita cambiasse. Senza dubbio avrebbe pensato che ero gay. Se avessi visto un uomo farselo succhiare da un altro uomo, lo avrei pensato anch’io. In ogni caso, io non ero gay. Non ero io a succhiarlo, quella era la specialità di Marco, e di Dario. Rimasi sotto la doccia della palestra finché non mi si raggrinzì la pelle, mi cambiai e tornai all’università. Mentre ero sulla strada per l’aula ricevetti un messaggio. Mi tremavano le mani, e avevo il cuore in gola. Sbloccai il telefono e sospirai di sollievo quando capii che era solo Daniele. Il sesso era l’ultimo dei miei pensieri in quel momento, ma ero contento che non fosse un messaggio di Dario o peggio di Marco. #Ciao, il gruppo di studio è appena iniziato, siamo d’accordo per stasera? A casa mia alle 20:30, va bene? – Scrisse. Non risposi. Infilai il telefono nella tasca dei pantaloni ed entrai in aula. Trovai estremamente difficile concentrarmi, ed ero sicuro di aver perso almeno metà della spiegazione. Per fortuna, andavo molto bene in quel corso, quindi non me ne preoccupai più di tanto. Alle sette di sera non avevo più lezioni. Temevo il ritorno a casa, ma non potevo stare fuori per sempre. Se lo avessi fatto, Marco avrebbe saputo senza dubbio che c’ero io in quella foto con Dario. Merda, come avevo potuto essere tanto stupido?! Guidai lentamente verso casa, ritardando l’inevitabile. Mi feci coraggio e aprii la porta, immobilizzandomi un attimo dopo, al suono di una voce familiare dalla cucina. simoneturnerstories.tumblr.com


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«…Tu lo hai visto? È enorme… e sapessi quanto…» bisbigliava la voce, troppo piano perché comprendessi a pieno il senso della conversazione. «Sono geloso. Mio fratello non…» Rispose mio fratello con lo stesso tono basso. Feci qualche passo avanti, sporgendomi verso la cucina e per la seconda volta quel giorno rimasi a bocca aperta. Che cazzo ci faceva Daniele a casa mia? Poi pensai che avevano più o meno la stessa età, quindi aveva senso che si conoscessero. Merda, avevo la sensazione che le pareti mi stessero per schiacciare da un momento all’altro. Non riuscivo quasi a respirare. «Simo, tutto bene?» Mi chiese Marco, non mi ero nemmeno accorto che fosse venuto in soggiorno. «Tutto a posto,» gracchiai con voce strozzata. Ormai non potevo più nascondermi. Marco mi fissò con sospetto. «Sul serio? Non hai una bella cera.» Disse, senza staccare per un attimo gli occhi dai miei. «Si, credo di aver mangiato qualcosa che non mi andava.» «Capito. Noi abbiamo quasi finito,» mi disse e risposi con un cenno. Le scale dividevano il soggiorno dalla cucina, quindi non c’era modo che riuscissi a salire di sopra senza che Daniele mi vedesse. Dunque, feci un respiro profondo e seguii Marco. Era raggiante mentre mi presentava ai suoi amici. «Ragazzi, lui è il mio fratello maggiore, Simone. Simo, loro sono Daniele, Cesare e conosci già Carlo,» disse. Daniele aveva gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata per la sorpresa. Io gli rivolsi un’occhiata supplichevole, pregandolo di non dire nulla. Fu lui il primo a parlare, e io trattenni il respiro, quasi tremando. «Ciao, Simo, piacere di conoscerti!» Disse, con la voce un po’ tremolante.

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Sentii Marco e Carlo ridacchiare. Erano abituati alla reazione dei loro compagni quando mi vedevano per la prima volta, che era più o meno sempre la stessa. Tutti restavano imbambolati per qualche secondo ad ammirare il mio fisico e il mio aspetto. Tirai un sospiro di sollievo quando nessuno sembrò notare nulla di strano. Cesare disse solo “ciao”, e mi strinse la mano in una presa sudaticcia. «Piacere di conoscervi, ragazzi, spero che Marco sia stato un buon padrone di casa.» Dissi loro, guardando ai cartoni della pizza vuoti. «Si, come sempre!» Mi sorrise Carlo. Avevo l’impressione che tutti mi stessero osservando e conoscessero il mio segreto. Se non fossi andato subito via di lì, rischiavo seriamente di vomitare. «In questo caso, è stato un piacere, avete tutti un passaggio per rientrare a casa?» Chiesi loro. «Beh, Carlo rientra a piedi, e i genitori di Cesare e Daniele sono in ritardo. Li accompagni tu? Ti prego!» Mi implorò Marco. Esitai solo un secondo. «Uhm, va bene, ma tu nel frattempo rimetti a posto.» Dissi rivolgendomi direttamente a mio fratello. «E accompagnerò anche te, Carlo. Non voglio farti andare a piedi al buio.» «Grande Simo!» Mi ringraziò lui. Vidi Daniele sorridere con la coda dell’occhio, mentre andavo di sopra. «Tuo fratello è un figo!» Sentii dire proprio da Daniele, che non si era preoccupato più di tanto a tenere bassa la voce. «No, anche tu!» Disse Marco, simulando un conato di vomito. «Non dire stronzate! Lo sai bene anche tu che è vero!» Lo punzecchiò Carlo e scoppiarono tutti e quattro a ridere. Sistemai le mie cose, sollevato che Marco non avesse sollevato l’argomento davanti ai suoi amici, e tornai di sotto. «Tutti pronti?» Chiesi, e tutti e tre annuirono all’unisono. «Bene, allora torno subito.» Dissi a Marco, guidando i suoi amici verso l’esterno. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Accidenti, bella macchina!» Disse Cesare, salendo sul sedile posteriore con Daniele. «Grazie, amico!» Dissi accendendo la radio. Accompagnai velocemente Carlo e Cesare che vivevano nelle vicinanze, e rimasi solo con Daniele. Lui passò sul sedile anteriore quando lasciai gli altri due nelle rispettive case. Mi guardava imbarazzato. «Non avevo idea che fossi il fratello di Marco, stavo per fargli vedere la foto che mi hai mandato. Ma non gli dirò niente, te lo giuro.» Straparlava. «Dale, ascolta, sono successe un sacco di cose oggi, è un casino, e grazie per non aver detto nulla a Marco. Però dobbiamo aspettare che si calmino le acque e mi serve un po’ di tempo.» Gli dissi, nervoso per come avrebbe potuto reagire. «Allora non vuoi entrare?» Mi chiese mentre accostavo davanti a casa sua. La villetta color crema era immersa nel buio. La mia testa diceva no, ma il mio cazzo gridava: Si! Ero consapevole che se avessi tardato troppo, Marco avrebbe potuto sospettare qualcosa, e in quel momento era l’ultima cosa che volevo. Mi girai a guardare Daniele negli occhi prima di parlare. «Dale, vorrei entrare. Credimi, non vorrei altro ma ora come ora non posso. Ti giurò che succederà, ma adesso ho troppe cose per la testa.» Cercai di spiegargli. «No, tranquillo, è tutto a posto, comunque sono stato uno stupido a pensare di piacerti sul serio.» Mi disse sconsolato, aprendo la portiera dell’auto. «Dale, aspetta!» Lo afferrai per il braccio, costringendolo a voltarsi, e lo baciai con passione. Stringendogli la nuca nella mia mano e tirandolo verso di me. «Caspita!» Esclamò appena lo liberai dalla mia stretta. «Ti ho detto che mi piaci, è solo che adesso ho solo troppe cose in testa. E ora sparisci.» Gli ordinai. simoneturnerstories.tumblr.com


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Lo guardai allontanarsi, e lui si girò ogni tanto a guardare me prima di entrare in casa. Aspettai qualche secondo, poi svoltai verso casa mia, pronto ad affrontare l’inevitabile. Un attimo prima che oltrepassassi la soglia, Daniele mi mandò un messaggio. Lo aprii e mi ritrovai a fissare l’immagine del buchetto più piccolo che avessi mai visto. Due glutei perfetti e senza macchia incorniciavano quella fessura minuscola, con le pieghette di un rosa appena più scuro, non aveva un pelo. Non avevo la minima idea di come avrei potuto inserirmi lì dentro, ma adesso sapevo che un giorno avrei avuto la sua verginità, ad ogni costo. «Ma porca…, sei mio!» Gli scrissi. «Si! Tutto tuo!» Rispose immediatamente. Impiegai qualche tempo per ricompormi. Presi un respiro profondo ed entrai in casa, Marco doveva essere già di sopra. «Simo?» Sentii la sua voce oltre le scale. «Si, fratellino, sono a casa.» Risposi cercando di mantenere la voce tranquilla, con un barlume di speranza. «Puoi salire un attimo? Devo parlarti.» Cazzo! Non c’era motivo di ritardare la conversazione. Lo sapeva. Avevo le mani sudate e il cuore che rischiava di scoppiarmi nel petto, ma riuscii comunque a rispondere celando un vago senso di nausea. «Va bene, un momento!» Presi una bottiglietta d’acqua dal frigo e andai di sopra, nella sua stanza. La porta era aperta, e Marco stava seduto sul letto a gambe incrociate, con il suo telefono poggiato sulle coperte proprio davanti a lui. Mi sorrise amichevolmente prima di iniziare a parlare. «Simo… ti prego, non ti arrabbiare, ma devo chiederti una cosa,» disse esitante. «Cosa vuoi dirmi? È tutto a posto?» Cercai di sembrare tranquillo. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Il fatto è che ho trovato una cosa sul mio telefono, una foto, tu… tu sei gay?» Chiese alla fine, guardandomi dritto negli occhi. «Che cazzo stai dicendo?» Risposi irato. «Ti prego, non arrabbiarti! È una foto di te e Dario, di quando siamo andati in montagna. Non mi importa se lo sei, insomma per me va bene, lo sai!» Cercò di spiegare. Scorsi la paura nei suoi occhi mentre mi avvicinavo. «Non usare mai più quella parola su di me, cazzo, mi hai sentito?» Gli ringhiai in faccia, afferrando il suo telefono e scorrendo la galleria per cancellare la foto. «È tutto a posto, non ti devi vergognare di nulla!» Disse. Agii senza pensare. Alzai la mano, e un attimo prima di colpire il viso di Marco mi ritrovai a terra. La forza del colpo mi lasciò senza fiato. Chiusi gli occhi stringendomi lo stomaco e quando li riaprii, trovai Dario sopra di me che mi fissava. «Ti avevo avvertito, amico. Quando hai scoperto la verità su Marco ti avevo detto che te le avrei suonate se mai avessi cercato di picchiarlo di nuovo.» Mi disse Dario, gonfiando il petto. Ero confuso, cosa ci faceva lui qui? Scorgevo la rabbia e il disgusto nei suoi occhi mentre mi fissava. Aveva il respiro affannato. Marco aveva iniziato a piangere sul suo letto. Da parte mia, non ero solo arrabbiato, ero imbarazzato che mio fratello mi avesse visto mentre me lo facevo succhiare da Dario. Anche se poi non mi ero fatto problemi a scoparlo, ma questo lui non poteva saperlo. «Vaffanculo!» Dissi a Dario aggrottando le sopracciglia, spingendo via la mano che aveva teso per aiutare a rialzarmi. Marco continuava a piagnucolare. «Mi dispiace Simo! È solo che ho visto la foto. Non volevo, l’ho trovata sul mio telefono. Giuro che è tutto a posto, non m’importa, non devi sentirti a disagio.» Lo guardai storto. «Te l’ho già detto, non sono un fottutissimo frocio! Ero stanco, e ubriaco, e non importa perché non capiterà mai più.» Sentenziai. simoneturnerstories.tumblr.com


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«Va bene, mi dispiace, ho capito.» Alla fine si arrese, sconsolato. «Se uno di voi ne farà mai parola con qualcuno, e cazzo intendo con chiunque, vi farò a pezzi!» Li minacciai entrambi prima che Dario mi interrompesse. «Abbiamo capito, Simo! Non lo diremo a nessuno,» disse il mio amico infastidito, continuando a fissarmi. «E tu che cazzo ci fai qui comunque?» Gli chiesi, fulminandolo. «Marco mi ha chiamato e abbiamo parlato, di te e anche di noi, poi mi ha spiegato la situazione e temevo che avresti reagito male…» Rispose calmo. «Avete parlato di me? Di voi? Ma che cazzo stai dicendo?» Mi era caduto il mondo addosso, avevo bisogno d’aria. «Si di noi, Simo. Io e tuo fratello stiamo…» Non lo lasciai finire. Era davvero troppo, non avrei sopportato un altro colpo. «Per quello che mi interessa voi due froci potete fottervi!» Ringhiai allontanandomi da loro. In quel momento avrei voluto scappare dalla mia stessa vita. «Simo, dove stai andando?» Gridò Marco alle mie spalle mentre uscivo come una furia dalla sua stanza. Salii in auto, diretto a un famoso locale vicino a casa. “Non sono gay” continuavo a pensare accecato dalla rabbia. Trovai un posto al bancone e ordinai una birra e un bicchierino di whiskey. Non sapevo perché, ma mi faceva sentire più uomo. Lo mandai giù d’un fiato e ne ordinai subito un altro, sorseggiando la mia birra per accompagnarlo. Notai una ragazza ad un tavolo che mi sorrideva, era con un gruppo di amiche. Lei arrossì quando la guardai, mentre le sue amiche sorridevano mangiandomi con gli occhi. Mi sarebbe bastato avvicinarmi al suo tavolo e chiederle cosa la portava qui, o qualcosa del genere e sarebbe stata mia. Avrei dovuto fami avanti subito, invece ordinai un'altra birra, stavo iniziando a calmarmi. I suoi occhi castani erano incollati ai miei. Teneva i lunghi capelli biondi simoneturnerstories.tumblr.com


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sciolti su una spalla, le arrivavano fin quasi al seno prosperoso, alto e sodo, stretto in una profonda scollatura che lasciava ben poco all’immaginazione. Mi fece un cenno, mordendosi lievemente il labbro, come invitandomi a farmi avanti. La ragazza era audace, e non c’era nulla che amassi più di qualcuno che accarezzava il mio ego. Finii velocemente la mia birra e stavo per andare da lei quando la vibrazione di un messaggio in arrivo mi bloccò per un secondo. Avevo già deciso di non rispondere, ma presi comunque in mano il telefono con un gesto automatico. #Ciao, so che hai bisogno di tempo, ma sappi che io ci sono. – Il messaggio terminava con due cuori. Prima che me ne accorgessi, scoppiai a ridere nel mezzo del locale attirando l’attenzione di tutti e uno sguardo perplesso da parte della ragazza bionda con il seno da paura, che continuava a fissarmi a pochi metri di distanza. La guardai un’ultima volta, stringendomi nelle spalle. Pagai la consumazione e uscii senza voltarmi indietro. Guidai con un unico pensiero in testa. Ad ogni semaforo, mi ritrovai a premere sull’acceleratore, facendo rombare il motore. Sentivo che qualcosa dentro di me si stava risvegliando. Dopo quella che mi parve un’eternità parcheggiai poco lontano dalla casa per non destare sospetti nei vicini. Avrei buttato giù la porta per come mi sentivo e invece bussai. Un secondo dopo Daniele mi aprì, con un enorme sorriso ad incorniciargli il volto. Mi accolse con indosso una vecchia maglietta troppo grande per lui e nient’altro. «Resti lì a fissarmi o mi fai entrare?» Gli chiesi alla fine, rompendo quell’attimo infinito in cui ci eravamo studiati a vicenda. Lui si fece subito da parte, invitandomi ad entrare con un gesto silenzioso.

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Entrai velocemente e per buona misura chiusi a chiave la porta alle mie spalle. Avevo intenzione di insegnare una lezione al ragazzo davanti a me. «Cosa ti ha fatto cambiare idea?» Mi chiese mordendosi il labbro, provocandomi. «Sta zitto! Usa quella bocca per qualcosa di meglio.» Gli dissi, spingendolo in ginocchio. Si lascò cadere senza esitazione, aveva la fame negli occhi, in attesa del mio cazzo. Lo afferrai per la nuca e gli spinsi il viso sui miei pantaloni. Inspirò avidamente, e le sue braccia mi avvolsero le gambe stringendosi più forte a me. Volevo che mi desiderasse. Ne avevo bisogno. E avevamo ancora molto tempo a disposizione. «Ti prego Simo, dammi il tuo cazzo! Lo sogno di notte!» Disse, impaziente. La sua voce era piena di lussuria, i suoi occhi fissi sul rigonfiamento nei miei pantaloni. Gli feci sollevare il viso tirandolo per i capelli e mi chinai a baciarlo, con passione. All’iniziò sembrò esitare, quasi sorpreso della mia lingua che serpeggiava nella sua bocca, poi si sciolse tra le mie braccia, ricambiando il bacio con ardore. Esattamente quello che volevo. Gemette mentre accarezzavo il suo corpo, esplorandolo fino al sedere ricoperto dagli slip. Presi una natica in ogni mano, tirandolo su. Le sue gambe e le sue braccia si avvolsero istintivamente ai miei fianchi e al mio collo. Era quasi tutto troppo facile, ma ne stavo godendo ogni istante. Lo portai di sopra, le nostre labbra non si separarono mai. Raggiunto il pianerottolo mi indicò la prima porta aperta a sinistra, l’unica con la luce accesa. Mi lasciai cadere sul letto con Daniele ancora sopra di me che mi guardò negli occhi e sorrise. «Che c’è?» Gli chiesi, ricambiandolo.

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«Sei così bello! Non avrei mai immaginato che ti potessi interessare a me, mi piaci davvero tanto!» Rispose timidamente, guardando in basso e giocando distrattamente con le dita sul mio petto. Mi lasciai scappare una risata e incrociai le braccia dietro la testa. «In questo caso, perché non mi dimostri quanto ti piaccio, piccolo?» Il suo sorriso si allargò ulteriormente quando ottenne il permesso di esplorare il mio corpo. Senza perdere tempo si portò tra le mie gambe, slacciando la cinta e tirando giù i pantaloni fino alle cosce in un'unica mossa. A quel punto lo aiutai a sfilarmeli del tutto sollevando le gambe e rimasi nudo dalla vita in giù. L’odore del mio cazzo arrivò fino a me, una goccia di presperma mi bagnò la cappella e il riflesso della luce la fece luccicare. Mi lamentai al contatto della sua mano calda. Daniele mi afferrò l’uccello alla base e lo sollevò leccando via il presperma e avvolgendo subito la cappella tra le sue dolci labbra. «Si, piccolo, succhiami il cazzo, così,» lo incoraggiai, gemendo. I suoi occhi rimasero incollati ai miei mentre iniziava a far roteare la lingua sul mio uccello. Nonostante lo sforzo evidente, il suo entusiasmo e la determinazione per prendere quanto più del mio cazzo fino in gola mi eccitarono terribilmente. Portandomi in breve sull’orlo dell’orgasmo, anche se avevamo appena iniziato. Iniziò a solleticarmi con la lingua, ogni tanto sentivo ancora sfregare i denti, ma le sue labbra rosse e gonfie strette intorno alla mia cappella e su e giù per l’asta compensavano ogni cosa. Lo afferrai per la nuca e iniziai a scopargli la bocca, a fondo. Lui tossì, spingendo con le mani sulle mie cosce per allontanarsi, sperando di impedirmi di andare troppo in profondità. «Non ti fermare, piccolo, ti annego di sborra!» Ringhiai eccitato. E non mi fermai ne rallentai. Invece, proprio come la volta precedente in auto, gli tenni la testa premuta contro di me. Sentii le sue mani colpirmi le gambe, implorandomi di liberarlo. Un attimo dopo schizzai nella sua gola e i miei lamenti riempirono la stanza. Lui deglutì simoneturnerstories.tumblr.com


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rapidamente, avido, e quando finalmente lo lasciai andare, si tirò su e mi sorrise, asciugandosi la bocca con il dorso della mano poco prima di essere sorpreso da un attacco di tosse. Gli diedi una pacca sulla spalla giusto per ricordargli di respirare. «Stai bene? L’hai mandato giù da professionista, piccolo!» Lo incoraggiai. «Si, tutto bene, a un certo punto ho creduto di svenire ma ne è valsa la pena, amo il tuo sapore!» Gli sorrisi mentre me lo tiravo sul petto per un momento prima di farlo girare, portandomi sopra di lui e baciandogli la fronte. Iniziai ad esplorare il suo corpo, baciandone ogni centimetro. Succhiai e morsi delicatamente i suoi capezzoli eccitati e percorsi la sua pancia liscia con la punta della lingua fino all’ombelico. E lui artigliò le lenzuola, stringendole tra le dita, mentre gli davo un piacere che non aveva mai sperimentato. «Oh… ti prego! Non fermarti, ti prego!» Gridò. I suoi gemiti acuti riempirono l’aria. Baciai il suo ventre concentrando la mia attenzione sull’ombelico, la sua pelle bianca luccicava mentre lo mordicchiavo e leccavo voracemente. Mi inginocchiai tra le sue gambe, le sollevai e gli sfilai la biancheria intima. Facendolo rabbrividire quando gli baciai la pianta del piede. Poi presi a sfiorargli le gambe con le dita causandogli la pelle d’oca. «Ti prego… ti prego… ti prego...» Continuava a bisbigliare, implorandomi di andare avanti. Gli allargai le cosce, guardando la chiazza nera di peli sopra il suo piccolo uccello pulsante e le palle nel loro sacco. Lo spinsi a ripiegare le gambe sul petto e mi ritrovai a fissare il suo buchetto minuscolo. Non avevo parole per descrivere la sua bellezza. Mi faceva impazzire e venire l’acquolina in bocca. Sospirai rumorosamente e mi ci tuffai dentro con la lingua.

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«Cazzo, piccolo, hai un sapore così buono!» Gli dissi, in risposta a un forte gemito di piacere. Leccai il suo buchetto per quelle che mi sembrarono ore. Daniele mi teneva le mani fra i capelli, spingendomi sempre più in profondità, gemendo incoerentemente. Irrigidii la lingua per assicurarmi di poter entrare più in fondo, gli afferrai i fianchi e spinsi dentro. «Oh, sì! Scopami con la lingua! Ti prego, non smettere, non mettere…» Si lamentava, dimenandosi. Il modo in cui parlava mi stava facendo impazzire. Gli sollevai il sedere ancora più in alto, facendogli fare quasi una mezza capriola. E lui si afferrò le gambe, che ormai aveva ai lati della testa. Sembrava che il suo buchetto mi facesse l’occhiolino, richiamando la mia lingua. Gli diedi una sculacciata e lo schiocco rimbombò sui muri, riecheggiando, e affondai nuovamente in lui. Per la prima volta da quando avevo scoperto il segreto del mio fratellino. Dopo tutte le bugie, i tradimenti e la rabbia, sembrava che il mondo avesse di nuovo senso per me. Ero esattamente dove dovevo essere. Lasciai andare le gambe di Daniele e mi allungai su di lui per baciarlo, avvolgendogli la testa nella mia mano, volevo che sentisse il suo sapore sulla mia lingua. Con un unico movimento rapido lo portai ancora una volta sopra di me. Lo guardavo dritto negli occhi e lui continuava a fissarmi di rimando, come in attesa. «Che c’è?» Gli chiesi, con finta innocenza. «Voglio fare l’amore con te!» Rispose con voce implorante e l’espressione ancora contorta dal piacere. Era come se ogni tessera della mia vita si fosse rimessa a posto da sola, all’improvviso. Arrivati a quel punto avrei fatto l’amore con lui ad ogni costo, e il fatto che mi stesse supplicando di prendere la sua verginità era solo un contorno d’eccezione per coronare quel momento perfetto. «Cazzo, si!» Gli risposi, baciandolo con passione.

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Il Mio Fratellino

Capitolo IX

«Ti prego fai l’amore con me,» mi disse con voce suadente, mordicchiandosi dolcemente il labbro. Rimasi a guardarlo per un attimo, immobile, tenendogli le mani sui fianchi. Il contrasto netto tra il suo fisico minuto e la mia solida muscolatura mi lasciavano senza fiato. Avevo ancora il suo sapore in bocca, e il suo profumo pervadeva completamente i miei sensi. Avrei fatto sesso con lui in ogni caso, ma ormai niente e nessuno avrebbero potuto fermarmi. «Cazzo, si!» Dissi a voce alta, rivolto più a me stesso. «Ma sei sicuro? Voglio dire, potrei farti male.» Aggiunsi qualche secondo dopo a suo beneficio, più conciliante. Lo desideravo con tutto me stesso, ma non volevo che si sentisse costretto. Di’ di sì, di’ di sì, continuavo a ripetere fra me e me, stringendo le dita intorno ai sui fianchi stretti. «Ti prego! Non ce la faccio più, fammi tuo!» Mi pregò, strusciandosi su di me. Quelle parole ebbero l’effetto di far divampare il desiderio che ardeva dentro di me, era davvero mio. Tenendolo stretto lo feci rotolare nuovamente sul letto, costringendolo sotto di me. Daniele si lasciò scappare un risolino e strinse le gambe intorno alla mia vita, impedendomi di allontanarmi troppo da lui. Poggiai le mani ai lati della sua testa, tenendo le braccia distese in modo da poter continuare ad simoneturnerstories.tumblr.com


Il Mio Fratellino

osservarlo dall’alto. Fece sbattere le sue lunghe ciglia scure un paio di volte e mi rivolse una sorta di sorriso imbarazzato per il mio sguardo intenso. Le sue mani iniziarono ad accarezzare i muscoli della mia schiena, esplorando il mio corpo fino a stringersi sui glutei, attirandomi ancora di più contro di lui. Mi ritrovai ad emettere un basso ringhio gutturale. La mia erezione, incastrata tra i nostri corpi, era quasi dolorosa, impaziente. Mi sputai sulla mano e usai la saliva per lubrificate il mio cazzo e il suo buchetto ancora umido per il trattamento di poco prima, poi li allineai e mi chinai su di lui fino a portare i nostri volti a una manciata di centimetri uno dall’altro. Il calore del suo respiro sul viso mi fece rabbrividire. «Sei pronto?» Gli chiesi fissandolo dritto negli occhi. E senza mai rompere il contatto visivo ne aspettare la sua risposta spinsi in avanti, facendomi strada dentro di lui. Entrai solo per pochi centimetri, quel tanto che bastava ad incastrare la punta svasata della mia cappella nel suo buchetto stretto reso scivoloso dalla saliva. Daniele fece una smorfia ma non staccò mai i suoi occhi castani dai miei, supplicandomi silenziosamente di continuare. Tenendo il suo sguardo saldamente ancorato al mio, spinsi con i fianchi, facendo forza per vincere la resistenza dei suoi muscoli tesi ed entrai dentro di lui con tutta la cappella. Daniele si irrigidì e dopo un secondo spalancò gli occhi. «Aspetta, ti prego, toglilo!» Mugugnò, con il viso deformato per la sorpresa e il dolore improvviso. «Fa male, ti prego, ti prego!» Ero in paradiso, il suo buchetto mi stringeva il cazzo in una morsa umida e rovente, contraendosi nell’inutile tentativo di spingermi fuori o adattarsi alle mie dimensioni. Sotto di me Daniele aveva iniziato a dimenarsi, cercando di sfuggire alla mia presa e di allontanarsi dal dolore di quell’intrusione. Colmai la distanza che separava i nostri volti e poggiai le mie labbra sulle sue, che tremavano mentre piagnucolava. «Forza, piccolo, è quello simoneturnerstories.tumblr.com


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che volevi,» sopirai con le labbra premute sulle sue, con un tono gentile ma deciso. Daniele si lasciò sfuggire un gemito di dolore e una lacrima gli rigò il viso dall’occhio leggermente allungato verso i capelli spettinati. «Ti prego, toglilo! Non ce la faccio!» La sua voce si era fatta stridula. Ma non potevo più fermarmi, era come se la mia vita dipendesse da questo. Premetti più forte le labbra sulle sue e infilai la lingua nella sua bocca socchiusa, soffocando i suoi gemiti e i lamenti. Poi gli cinsi le spalle e iniziai a scoparlo sul serio. Mi tirai leggermente indietro e affondai qualche centimetro, continuando il lento andirivieni tra i sui gemiti, fino ad avere oltre metà del mio uccello dentro di lui. Era una sensazione incredibile, Daniele continuava a contorcersi cercando di sgusciare via, stringendo ancora di più il suo passaggio già serrato e inviandomi continue scosse di piacere direttamente al cervello. Mi stava stritolando il cazzo in una presa ferrea e allo stesso tempo più calda e morbida di quanto avessi mai sperimentato prima. Avrei voluto che quel momento durasse in eterno, solo io e lui, stretti in un abbraccio inestricabile. Presi a scoparlo con un ritmo costante, cercando di farmi strada più a fondo dentro di lui ad ogni spinta. «Sei così stretto!» Gli sussurrai all’orecchio travolto dal piacere, quando sentii le mie palle sbattere sulla sua pelle morbida. Adesso ero davvero dentro di lui, e lo avevo fatto completamente mio. Gli tenevo una mano sotto la testa, stringendolo forte a me. «Fa male, ma non ti fermare!» Disse d’un tratto iniziando a mordicchiarmi e baciarmi fra il collo e la spalla. «Ti prego, non fermarti!» Aveva parlato a denti stretti ma anche se era evidente che soffriva, ormai sembrava deciso ad andare avanti. Mi asciugai la fronte, grondavo di sudore e il cuore mi batteva all’impazzata mentre affondavo in lui, dentro al mio ragazzo. Ringhiai di piacere e quel pensiero fuggevole mi spinse ad accelerare, facendo gemere Daniele ancora più forte. Dunque era questo che volevo davvero? Proprio io che fino a pochi giorni prima ero stato uno spacca simoneturnerstories.tumblr.com


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fiche inflessibile, un donnaiolo impenitente. Forse, finalmente tutto iniziava ad avere un senso. Tutta la rabbia che avevo accumulato con la mia famiglia, lo sconforto per le mie reazioni e l’ipocrisia nella mie azioni, possibile che fosse così semplice? In quell’attimo spinsi con i fianchi premendo la mia intera lunghezza dentro di lui. Sentii le palle tirare e il mio uccello pulsare violentemente. Daniele gridò di piacere stringendo i muscoli del buchetto attorno alla mia asta e io mi scaricai completamente dentro di lui, schizzo dopo schizzo di sperma rovente, con un ringhio feroce, quasi animalesco, primordiale. Crollai su di lui tenendolo stretto, senza fiato, sudati e con il cuore che batteva all’impazzata. «Sei stato fantastico!» Gli sussurrai qualche minuto dopo, rotolando di fianco a lui sul suo letto. Aveva il respiro corto e gli occhi lucidi, e una piccola pozza del suo stesso sperma sulla pancia. «Tu sei fantastico!» Disse con un grosso sorriso sodisfatto stampato in faccia. Potevo quasi leggere i suoi pensieri scorrergli negli occhi. Piacere, soddisfazione, e anche dolore, ma soprattutto orgoglio. Io mi sentivo leggero, per la prima volta da settimane, o forse più, era come se mi fossi tolto un peso che mi opprimeva. Una nuova certezza si era fatta strada dentro di me, e ormai non avevo più alcuna possibilità di ignorarla. «Dale, credo di…» Avevo iniziato a dire in tono serioso, mettendomi a sedere sul letto. I suoi occhi si erano fatti immediatamente più grandi e mi fissava intensamente. Lo squillo acuto del suo telefono mi impedì di terminare la frase. Era sua madre. «Pronto… si… va bene, a tra poco.» La conversazione durò meno di dieci secondi. Daniele era saltato giù dal letto come una piccola furia.

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«Sarà a casa tra dieci minuti, devi andare!» Mi disse trafelato spingendomi in braccio i miei vestiti, tutti in un mucchio. «Mi ucciderà!» Sembrava davvero disperato. Rimasi a guardarlo per un attimo mentre si dimenava per rassettare alla meglio il letto sottosopra e raccogliere la sua biancheria sparsa sul pavimento. «Sbrigati!» Quasi gridò quando si accorse che me ne stavo imbambolato a fissarlo. Era così carino, e il bello era che non se ne rendeva nemmeno conto. Mi rivestii alla svelta e lui mi spinse fuori dalla sua stanza mentre ancora mi infilavo le scarpe. Se non fosse successo tutto così in fretta sarebbe stato esilarante. Davanti alla porta d’ingresso mi fermai e mi voltai verso di lui, il suo viso era solo a pochi centimetri dal mio. Mi chinai e poggiai le mie labbra sulle sue. Fu solo per un secondo, un contatto fugace ma tanto intenso da farmi rabbrividire. Lo strinsi forte a me e lo sentii rilassarsi tra le mie braccia. «Tu sei fantastico!» Gli sussurrai all’orecchio un attimo prima di lasciarlo andare. Rimase immobile a fissarmi mentre sgusciavo fuori da casa sua. Era arrossito. «Chiamami.» Mimai con le labbra uscendo. Lui annuì senza dire nulla. Corsi fino alla mia auto con le scarpe slacciate e la camicia mezza sbottonata, ma anche leggero come non ricordavo di essere mai stato. Mi restava solo una cosa da fare, non sarebbe stato facile, ma era comunque necessaria. Feci una breve sosta al bar del parco e poi tirai dritto senza più fermarmi, temevo che non avrei avuto il coraggio di andare fino in fondo se ci avessi pensato troppo. Trovai Dario e Marco, il mio straordinario fratellino, sul divano in soggiorno. Marco aveva il viso arrossato e le guance rigate di lacrime, aveva pianto. Dario lo teneva stretto se e gli accarezzava la schiena, protettivo.

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Quando entrai mi fissarono ammutoliti per la sorpresa e si separarono, irrigidendosi. Li guardai per un secondo, mi strinsi nelle spalle e abbozzai un sorriso. ÂŤMi dispiace,Âť dissi solo, rivolto ad entrambi e allungai la vaschetta di gelato alla crema verso di loro, il preferito del mio fratellino. Ci guardammo dritti negli occhi per un istante eterno, poi Marco mi sorrise e salto giĂš dal divano correndo ad abbracciarmi. Cosa non avrei fatto per il suo sorriso?!

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