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FootPrints Storie interattive per la comunicazione tra genitori e figli
Studente Simone Capano 272251 Relatore Philip Tabor Correlatore Gillian Crampton Smith Sessione di laurea Aprile 2013
UniversitĂ Iuav di Venezia FacoltĂ di design e arti Corso di laurea magistrale in Comunicazioni visive e multimediali A.A. 2011/2012
Tesi di laurea Corso di laurea specialistica o magistrale in
Comunicazioni Visive e Multimediali
Titolo tesi di laurea
Footprints: storie interattive per la comunicazione tra genitori e figli
Cognome e nome
Capano Simone
Matricola n.
272251
Anno accademico
2011/2012
Relatore
Philip Tabor
Firma
Correlatore
Gillian Crampton Smith
Firma
Sessione di laurea
Aprile 2013
Abstract Footprints è un sistema di oggetti interattivi che permette la creazione e lo scambio di storie illustrate tra genitori e figli. Scopo del progetto è facilitare il coinvolgimento dei genitori nella vita quotidiana dei figli, rendendo possibile la condivisione di un momento di intimità tramite il racconto di una storia, intesa come strumento di comunicazione. Footprints si rivolge specialmente ai genitori moderni, spesso impegnati, assenti dalla vita famigliare e che trovano difficoltà nel seguire gli sviluppi e la crescita dei loro figli. Questo problema porta i genitori ad allontanarsi sempre più dal contesto quotidiano in cui vivono i figli, ovvero la scuola, indebolendo la comunicazione tra loro. La fascia di età considerata per i bambini è quella che va dai 3 ai 5 anni, ovvero durante la scuola d’infanzia, primo momento di formazione dei bambini in cui l’apporto dei genitori risulta di fondamentale importanza. Il sistema si compone di un’applicazione per smartphone, destinata all’uso del genitore, e un pupazzo interattivo che interagisce con un’applicazione per tablet, questi ultimi destinati all’uso da parte del bambino. Tramite lo smartphone il genitore può registrare una breve storia vocale in un momento di pausa durante la giornata lavorativa, aggiungere delle immagini proposte da Footprints relative alla storia appena raccontata e inviarla al pupazzo interattivo. A scuola, il bambino può ascoltare la storia appoggiando il pupazzo sul tablet e giocare con le immagini ricevute per comporre un disegno sulla base della storia ascoltata. Il disegno sarà inviato al genitore il quale potrà tenere traccia delle storie scambiate con il figlio tramite l’applicazione che, nel tempo, raccoglierà i disegni documentando il percorso di comunicazione affrontato. La tesi descrive la progettazione di Footprints, partendo dalla ricerca e dall’analisi dei progetti già esistenti attinenti a tale ambito, concentrandosi poi sullo sviluppo dell’idea progettuale, corredata di schemi illustrativi e prototipi elaborati durante il percorso, fino alla definizione finale del progetto nei suoi dettagli tecnici e formali.
Footprints is a network of interactive objects for creating and sharing illustrated stories between parents and children. The project’s aim is to involve parents into their children’s everyday lives, by sharing an intimate moment like telling a story. Footprints is especially conceived for modern working parents, often busy, who are away from family life and find it difficult to follow their children’s growth and development. This leads the parents to pregressively shift away from the children’s daily environment, the school, weakening the parent/child communication. The age range for children is from 3 to 5 years old, during infant school, their first real training school where the parents’ contribution is very important. The network comprises a smartphone application, for parents, and an interactive puppet which interacts with a tablet application, for the children. With the smartphone the parents can record a little vocal story while they’re having a break during work, add some images proposed by Footprints about the story they’ve just told, and send it all to the puppet. At the school, children can listen to the story by placing the puppet on the tablet and play with the images they’ve received to build a drawing about the story. Afterward, the drawing is sent back to the parents who can track the path of the stories shared with their children through the smartphone app which, in time, collects and documents all the drawings. The thesis decribes Footprints’ development, starting from the research and analysis phases about already existing projects in the same field, then focusing on the project’s development with schemes and working prototypes built during the process, to the project’s final definition in its technical and formal details.
Indice
INTRODUZIONE
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1. PRIMI PASSI 1.1 Nascita di un’idea 1.2 I genitori, i figli e la scuola 1.3 Strumenti per il monitoraggio di un percorso 1.4 Storytelling 1.5 Si guarda, si tocca, si impara 1.6 Tirando le somme
14 15 19 24 31 38
2. IDEE IN MOVIMENTO 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7
Quali utenti? Si torna a scuola Due mondi a confronto Defindendo l’idea progettuale Prove ed errori Il nome del progetto Identità stilistica
42 45 48 56 64 70 72
3. DESTINAZIONE FINALE 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7
Il progetto finale Footprints: funzionamento Il dispositivo L’applicazione Componenti tecniche User testing Footprints nel mercato
76 78 83 96 105 112 115
CONCLUSIONI
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APPENDICI
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RINGRAZIAMENTI
127
FONTI
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COLOPHON
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Introduzione Osservando la realtà attuale che ci circonda è possibile notare che la tecnologia è un elemento ormai indispensabile, alla portata di tutti, che coinvolge quasi ogni aspetto delle nostre vite. Le nostre vite sono diventate molto più frenetiche di quanto non lo fossero già solo venti anni fa, e la spinta alla produttività è instancabile e imperante. Come spettatore partecipante di questo scenario ho rivolto la mia attenzione verso il problema, oggi molto sentito, della modificazione che la società moderna sta affrontando a sfavore della genuinità dei rapporti sociali e della comunicazione empatica tra le persone. In un mondo sempre più connesso, in cui le possibilità di comunicazione sono aumentate esponenzialmente, i singoli individui sono più portati ad instaurare rapporti più superficiali, basati su comunicazioni telematiche brevi e frettolose. I rapporti umani sono quindi generalmente più aridi, passati in secondo piano rispetto alla necessità di far parte di una società che ci impone un ritmo di vita sempre più veloce, in cui c’è poco spazio per coltivare le relazioni interpersonali. Con queste considerazioni in mente ho deciso di intraprendere un percorso progettuale per lo sviluppo di una tesi che potesse fornire una soluzione al problema sfruttando, paradossalmente, proprio l’oggetto della mia critica, la tecnologia. Ho focalizzato il mio orizzonte di ricerca sui bambini, la fascia di popolazione che oggi subisce maggiormente l’assenza di comunicazione con i genitori, sempre più impegnati e poco partecipi delle vite dei loro figli, spesso in viaggio per motivi di lavoro, anche per più giorni consecutivi. Da qui scaturisce il problema della mancanza di un contatto quotidiano e costante tra genitori e figli, che fonda le basi per uno sviluppo progettuale. Alla ricerca degli utenti per il mio progetto ho limitato il campo all’età dell’infanzia, la fascia che va dai 3 ai 5 anni, perchè è il momento di crescita in cui per la prima volta i bambini si affacciano al mondo, aprendo i loro orizzonti di conoscenza tramite la scuola, luogo in cui passano la maggior parte delle loro giornate. In questa fase è fondamentale la
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partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei figli, anche solo nei termini di interessamento alle loro attività di disegno e creatività, aspetto che viene sempre più a mancare. Ecco quindi che nasce l’idea di Footprints, un sistema composto da un’applicazione per smartphone e un pupazzo interattivo, che serva da strumento di comunicazione per lo scambio di storie illustrate tra genitori e figli. Il racconto di una storia è infatti un mezzo di comunicazione molto efficace per stimolare la condivisione di sensazioni ed emozioni dal bambino, spesso riluttante ad esternarle con metodi tradizionali, al genitore e viceversa. Tramite l’applicazione smartphone il genitore può registrare una breve storia vocale in un momento di pausa durante la giornata lavorativa, allegare delle immagini proposte dal sistema relative alla storia appena raccontata e inviare tutto al pupazzo. Il figlio, durante le ore scolastiche, può interagire attraverso il suo pupazzo con lo schermo di un tablet posizionato nell’area gioco della scuola, ascoltare la storia inviata dal genitore e giocare a colorare le immagini ricevute. Sulla base della storia ascoltata il bambino può ricreare una storia illustrata, un disegno che verrà poi inviato al genitore. L’applicazione smartphone nel tempo raccoglierà tutti i disegni ricevuti dal figlio, documentati sotto forma di percorso. La tesi affronta lo sviluppo dell’idea progettuale, partendo dal primo capitolo in cui ho raccolto l’analisi critica di progetti già realizzati e inerenti all’ambito dell’infanzia e della comunicazione. Nel secondo capitolo descrivo in dettaglio le fasi dello sviluppo dell’idea, dalle fasi di brainstorming alle varie possibilità prese in considerazione corredate da prototipi e schemi illustrativi delle idee e dei concetti elaborati. Nel terzo capitolo infine mi occupo della descrizione del progetto finale nel dettaglio degli aspetti tecnici e formali, con un analisi dei costi e della fattibilità commerciale del progetto. A seguire vi sono le conclusioni, in cui affronto le ipotesi di sviluppi futuri del progetto e le mie opinioni riguardo il lavoro svolto, e le appendici con flowchart e schemi dei circuiti elettronici.
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1. Primi passi 1.1
Nascita di un’idea
1.2
I genitori, i figli e la scuola
1.3
Strumenti per il monitoraggio di un percorso
1.4
Storytelling
1.5
Si guarda, si tocca, si impara
1.6
Tirando le somme
1.
Primi passi
1.1 Nascita di un’idea
Il mio percorso di tesi comincia con un’idea. Ho immaginato uno strumento che permettesse ai genitori di poter seguire gli sviluppi e le attività dei propri figli a scuola, specialmente nei casi in cui il genitore è lontano dal figlio per tempi più o meno brevi. Il progetto avrebbe avuto lo scopo di accorciare le distanze fisiche tra genitori e figli, promovendo la partecipazione attiva dei genitori nella vita scolastica dei figli e la possibilità di seguire passo dopo passo il loro percorso. L’idea si è concretizzata nella mia mente durante un periodo di tirocinio all’interno di Fjord, un’agenzia di service design, stando a stretto contatto con colleghi di lavoro che per motivi professionali erano obbligati a viaggiare frequentemente, sempre per periodi di tempo uguali o superiori ad una settimana. Argomento frequente di conversazione con loro era il senso di insoddisfazione che provavano nei confronti dei rapporti con i loro figli (in particolare quando sono piccoli), sempre intervallati da pause abbastanza lunghe da perdere il senso di quotidianità e rendere la comunicazione discontinua. Consapevoli che il rapporto tra genitori e figli si svolge giornalmente tramite uno scambio di emozioni e fatti vissuti, facevano ampio uso dei moderni mezzi di comunicazione i quali, però, non riuscivano a colmare il vuoto e non permettevano loro di instaurare il rapporto desiderato nei periodi di lontananza. Queste considerazioni mi hanno permesso di focalizzare quei punti fondamentali su cui basare il progetto, quali l’ambito di applicazione, le persone coinvolte e il contesto. A questo punto si sono presentati alcuni interrogativi: come può avvenire la comunicazione tanto desiderata? Qual è l’oggetto di questa comunicazione? Che ruolo hanno il bambino e il genitore? E la scuola?
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Per rispondere a questi ed altri quesiti ho condotto una ricerca divisa in due momenti, che mi permettessero di chiarire i punti di incertezza e mi servissero come ispirazione per lo sviluppo del progetto. Inizialmente ho indagato sugli effetti positivi del coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica dei propri figli, su quale sia la posizione degli esperti in materia di educazione e qual è la situazione attuale. In seguito mi sono concentrato sull’analisi di progetti già esistenti che hanno affrontato i temi affini al mio campo di ricerca. 1.2 I genitori, i figli e la scuola
L’ampia ricerca bibliografica sul tema delle relazioni tra scuola e famiglia e su quale sia il ruolo dei genitori nel contesto scolastico dei figli mi ha condotto a delle considerazioni fondamentali su quali fattori contribuiscano allo svolgimento di un’attività scolastica che sia proficua per un bambino. Sicuramente la partecipazione attiva e l’interessamento dei genitori sulle attività svolte a scuola sono positivamente accolti dai bambini, i quali si sentono innanzi tutto orgogliosi di poter mostrare e condividere le loro esperienze di crescita, ma soprattutto trovano un sostegno psicologico che li spinge ad andare avanti e la sensazione di non essere trascurati. La discussione è molto ampia e molteplici sono le voci in gioco, dagli esperti di pedagogia agli insegnanti, dai ricercatori in materia di educazione e formazione agli stessi genitori. Ma la voce di rilievo, da cui le mie ricerche sono partite, è quella della Becta1 (British Educational Communications and Technology Agency), che è stata l’agenzia principale in Gran Bretagna per la promozione e integrazione dell’information e communications technology2 nelle scuole, estinta nel 2011. Un dato importante riportato dall’agenzia fu tratto da un grande sondaggio condotto intervistando 1.000 bambini e 1.000 genitori sul tema della comunicazione tra le due
In alto: LEARNING PLATFORM è un sistema di condivisione online tra bambini e genitori delle esperienze effettuate a scuola, veicolato dalla Becta. I bambini documentano le attività tramite dispositivi di registrazione digitali e le maestre si occupano di inserirle all’interno di un portfolio online
1: Becta, 2010, http://webarchive.nationalarchives. gov.uk/20110130111510/http:// schools.becta.org.uk/ 2: “Con i termini information and communications technology (ICT) si
intende la convergenza tra sistemi audio-visivi, telefonici e sistemi di computer attraverso un unico collegamento”. www.en.wikipedia. org/wiki/Information_and_ communications_technology
Primi passi 15
categorie nell’ambito scolastico. Dalle interviste risultò che più di un terzo dei bambini trovava difficoltà nel parlare ai propri genitori riguardo le questioni scolastiche, mentre il 43% dei genitori ammise di dover “lottare” per poter ottenere dai propri figli informazioni sulle loro giornate scolastiche. Sempre dallo stesso sondaggio risultò che l’82% dei genitori intervistati avrebbe desiderato un impegno maggiore da parte delle scuole nell’essere tenuti informati riguardo i progressi dei propri figli, mostrando inoltre di essere realmente interessati ad una partecipazione attiva e un coinvolgimento maggiore3. Partendo da queste considerazioni si è fatta strada l’ipotesi di introdurre sistemi tecnologici associati al servizio scolastico che con le loro possibilità permettessero di colmare quelle lacune da sempre presenti ma probabilmente peggiorate dalle condizioni della società attuale, in cui i rapporti tra genitori e figli sono sempre più discontinui. Negli ultimi anni sono sorti esempi di come la scuola abbia integrato servizi online all’interno del loro curriculum, per favorire l’aggiornamento dei genitori sulle questioni scolastiche dei figli, come nel caso di Schoolcomms4: un portale di comunicazione integrata tra scuola e famiglia, fruibile interamente online tramite il computer di casa e sui dispositivi mobili. Tra le varie funzionalità Schoolcomms permette ai genitori di essere informati su assenze/presenze dei figli in classe, scambiare e-mail e messaggi tra insegnanti e genitori o condividere stati emotivi e comunicazioni veloci tra genitori e figli, come l’approvazione per un lavoro ben fatto o ricordare ai figli di non fare tardi alle lezioni, tramite colorate e-card. Il servizio si propone di aiutare i bambini a costruire una maggiore confidenza basata sulla vicinanza dei genitori alla vita scolastica e migliorare la loro autostima.
3: Bridging the Gap Between Parents, Pupils and Schools, David Burgess, www.teachingtimes.com/ articles/bridging-the-gapcommunication-parents-pupilsschools.htm
4: Schoolcomms, 2005, www.schoolcomms.com
Se Schoolcomms si basa esclusivamente su un sistema di scambio di comunicazioni e informazioni tra scuola e famiglia, Interactive Learning Diary5 offre un servizio in più. Come lo stesso nome suggerisce, il percorso di apprendimento dei bambini a scuola è documentato tramite l’aiuto degli insegnanti sul portale online con fotografie, commenti e osservazioni, le quali vanno a costruire un portfolio per ogni bambino, facilmente consultabile da parte dei genitori anche sotto forma di grafici e tabelle sull’andamento dell’apprendimento. In questo caso il servizio mette al centro il lavoro prodotto dai bambini a scuola, piuttosto che basarsi esclusivamente su uno scambio di comunicazioni. Questo cambio di prospettive è ben voluto dai genitori, i quali entrano direttamente nel vivo della questione “scuola” potendo ripercorrere il percorso di sviluppo dei figli insieme a loro. L’analisi di questi due progetti mi è stata utile per capire quali sono i fattori importanti per incentivare il rapporto tra scuola e famiglia, come la possibilità di instaurare rapide comunicazioni quotidiane e mantenere traccia del percorso di Digital Storytelling Cookbook, Joe Lambert, Digital Diner Press, 2010 apprendimento dei figli a scuola. In entrambi i progetti ho notato però la mancanza di un coinvolgimento effettivo dei bambini nel processo comunicativo, il quale è sempre demandato agli insegnanti. Personalmente trovo che un coinvolgimento attivo nella condivisione di esperienze ed emozioni sia positivo per un bambino che in modo spontaneo decide di voler comunicare un evento ai propri genitori.
“Accomplishment stories are about achieving a goal. […] They also tend to be documented, so you might find it easy to construct a multimedia story”.
Probabilmente l’oggetto interattivo adatto sarebbe capace di provocare la giusta curiosità e stimolarne l’utilizzo, da cui l’instaurarsi di un processo abitudinario di conversazione quotidiana che avverrebbe volontariamente.
Nella pagina a fianco: SCHOOLCOMMS, screenshots dell’applicazione per dispositivi mobili destinata alla fruizione da parte dei genitori
5: Interactive Learning Diary, www.interactivelearningdiary.co.uk
Primi passi 17
Una volta approfondito il tema da un punto di vista teorico, mi sono concentrato sullo studio e analisi critica di progetti realizzati da altri designers e studenti di interaction design nel mondo. Ho preso in esame i progetti che avevano una particolare affinità con la mia idea, sia in termini di tematica affrontata, sia per aspetti non proprio vicini al mio campo di interesse, ma il cui studio mi ha permesso di focalizzare punti che altrimenti sarebbero rimasti non trattati. La ricerca effettuata tramite internet mi ha permesso di raccogliere un ampio numero di progetti, e tra questi ho effettuato una selezione dei più interessanti; infine li ho catalogati in base alle peculiarità di ognuno. La prima caratteristica che ho notato è che i progetti i cui utenti principali sono i bambini sono per la maggior parte oggetti tangibili, spesso configurati come giochi. La sperimentazione condotta nel campo degli oggetti interattivi per bambini ha ampiamente confermato il fatto che qualsiasi sia la funzionalità ultima, i bambini saranno molto più coinvolti e volenterosi di utilizzare l’oggetto se quest’ultimo si presenta sotto forma di gioco, con colori, forme e modelli interattivi accattivanti. Per questo motivo i progetti che elencherò di seguito si presentano come TUI, ovvero interfacce tangibili6, e non come dispositivi digitali. Questa considerazione è stata la base per la costruzione della mia idea progettuale. In alto: WHAT’S UP, foto d’insieme dei componenti: What’s Up Timetable, What’s Up Clock e Hand-Tag
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6: Un’interfaccia tangibile (TUI, Tangible User Interface), è un’interfaccia utente con cui una persona interagisce tramite informazioni digitali nel contesto fisico.
1.3 Strumenti per il monitoraggio di un percorso
La prima categoria di progetti che ho analizzato si avvicina alla mia idea per la tematica affrontata: strumenti per monitorare un percorso o uno sviluppo scandito nel tempo. Il target in esame per i primi due progetti che seguono sono i bambini affetti da autismo, una realtà che richiede sicuramente un livello di interazione diverso dai soggetti normodotati. L’analisi di questi progetti mi è stata utile per comprendere quali dinamiche si possono instaurare tra un bambino e un oggetto interattivo, soprattutto nei casi in cui gli elementi di contatto devono essere particolarmente incisivi, tali da stimolare la volontà di interazione da parte di un bambino con problemi di concentrazione. What’s Up7 è il nome che alcuni studenti del CIID8 hanno dato al kit progettato per incentivare l’autonomia dei bambini in età scolare affetti da autismo. Il kit fornisce funzionalità sia tangibili che digitali; la parte tangibile è divisa in tre dispositivi: What’s Up Timetable, con dei magneti che rappresentano le diverse attività della giornata svolte dal bambino, What’s Up Clock, un bracciale che il magnete dell’attività da svolgere e le Hand-Tag, collocate fisicamente nello spazio della scuola, le quali permettono agli insegnanti di registrare un messaggio audio che può essere ascoltato dal bambino tramite il suo orologio-bracciale, dotato di un lettore RFID9 che gli permette di decodificare i messaggi audio registrati. La parte digitale invece è sfruttata dai genitori dei bambini, i quali possono collegarsi tramite il computer di casa al portale What’s Up della scuola e osservare foto e video delle attività del figlio, riprese dagli insegnanti. Questo progetto ha come scopo principale quello di aiutare i bambini a svolgere in modo autonomo le proprie attività, fornendo uno strumento che ricordi in ogni momento quale compito stiano svolgendo e così ricollegarli anche al momento della giornata in corso. Il tentativo è quindi di scandire il tempo durante la giornata del bambino e sfruttare i suoi momenti di distrazione dall’attività in corso per focalizzare nuovamente l’attenzione: lo sguardo distratto ricade facilmente sul bracciale che accoglie il colorato magnete con il
In alto: WHAT’S UP, due esempi di interazione da parte dei bambini con i dispositivi
7: What’s Up, Hao-Ting Chang, Yufan (Wei) Wang, Martin Tai Lyhne Jensen, 2011, haotingchang.com/What-s-Up 8: Copenhagen Institute of Interaction Design, www.ciid.dk 9: “RFID (Radio Frequency Identification) è una tecnologia per l’identificazione e/o memorizzazione
automatica di dati, basata sulla capacità di memorizzazione di dati da parte di particolari dispositivi elettronici (detti tag o transponder) e sulla capacità di questi di rispondere all’”interrogazione” a distanza”. www.it.wikipedia.org/wiki/Radio_ Frequency_IDentification
Primi passi 19
disegno dell’attività da svolgere, che aiuta il bambino a ritrovare la concentrazione. La mia attenzione è stata attirata principalmente dalla volontà di coinvolgere i genitori nel mondo scolastico del figlio, tramite la condivisione di frammenti di quotidianità in remoto, nonostante la semplice consultazione non favorisca un reale scambio emotivo e comunicativo, costituendo piuttosto un “prendere atto” degli sviluppi in corso. Inoltre il livello di interazione che il bambino stabilisce con il dispositivo è limitato ad una visione quasi meccanica dell’oggetto stesso, escludendo quindi un reale coinvolgimento. Il secondo progetto si chiama Calen3dar10 ed anche in questo caso la sfida che si pone è quella di focalizzare l’attenzione dei bambini affetti da autismo sulle attività quotidiane, questa volta non limitate all’ambito scolastico, ma estese all’intero ambiente di vita del bambino. In questo caso sono i genitori che in prima persona intervengono sull’organizzazione delle attività tramite un modulo di cassetti posizionato su una parete della casa, in cui ogni cassetto rappresenta un giorno della settimana e contiene degli oggetti o dei suoni capaci di ricollegare determinate sensazioni ad azioni e comportamenti. In alto: CALEN3DAR, vista d’insieme del calendario di cassetti interattivi
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10: Calen3dar, Sarasiff Kjærgård, Mimi Son, Nina B. Nygaard Christoffersen, 2008, www.ciid.dk/education/ portfolio/py/courses/tangible-userinterface/projects/calen3dar/
Questo calendario tangibile aiuta il bambino a prepararsi agli eventi della giornata, soprattutto nei casi in cui questi non facciano parte dello schema di routine conosciuto, ma siano imprevisti o meno frequenti. La parte che mi ha colpito e interessato maggiormente è l’uso di piccoli input come fotografie, pupazzi o suoni emotivamente legati al vissuto del bambino e inseriti all’interno del “cassetto del giorno”, che permettono al bambino di manipolare un concetto o un’azione in forma tangibile. Calen3dar è il primo progetto che mi ha posto dinanzi la tecnica dello storytelling11 come elemento fondamentale per il coinvolgimento emotivo dei bambini. Il racconto che avviene attraverso immagini o suoni ha un potere particolare sull’attenzione e la concentrazione dei bambini, i quali sono naturalmente propensi alla narrazione e costruzione di storie tramite la loro fantasia. In Calen3dar è la storia racchiusa in ogni cassetto l’elemento di forza che mantiene focalizzata l’attenzione del bambino sul suo contenuto e che facilita una progressiva presa di coscienza degli eventi, aiutando anche i genitori a tenere traccia dei progressi avvenuti e modificare il contenuto dei cassetti in funzione dell’evoluzione in corso. In alto: CALEN3DAR, i singoli cassetti possono contenere oggetti, fotografie e ogni altro materiale legato al vissuto del bambino
11: “Lo storytelling è un’arte e uno strumento per ritrarre eventi reali o fittizi attraverso parole, immagini, suoni. È uno strumento naturale attraverso il quale può avvenire una
forma di comunicazione efficace: coinvolge contenuti, emozioni, intenzionalità e contesti”. http://it.wikipedia.org/wiki/ Storytelling_(narrativa)#Pedagogia
Primi passi 21
L’utilizzo del canale visivo, in particolare il video, è la caratteristica principale di RetroCam12, un dispositivo che registra il vissuto dei bambini nei primi mesi di vita e che permette ai genitori di documentare e condividere quei piccoli momenti e progressi che si susseguono numerosi dal momento della nascita. Il dispositivo cattura costantemente la vita che gli scorre davanti, ma se il genitore interagisce con un’interfaccia tangibile accessibile dal retro può salvare la registrazione effettuata fino a un minuto e mezzo prima. Questo progetto pur nella sua semplicità mi ha colpito molto per la capacità di fornire uno strumento pratico e intuitivo, assolutamente utile per i genitori alle prime esperienze con un figlio e che non vogliono perdere nemmeno un passaggio fondamentale nella crescita. Il design dell’oggetto è essenziale, si propone come strumento continuamente al lavoro, ma resta lì, sempre vicino, silenzioso e fedele. RetroCam si rivolge principalmente al mondo dei genitori (i bambini in questo caso sono l’oggetto dell’attenzione, non hanno parte attiva nel modello di interazione), e permette di salvare ricordi visivi in modo retroattivo, cioè quando sono già avvenuti, tramite un semplice tocco e renderli visibili da un altro genitore o parente in remoto, o consultabili in un momento futuro come diario della crescita del bambino. In alto e nella pagina accanto: - RETROCAM, istantanee tratte dalla quotidianità di una famiglia - RETROCAM, viste del dispositivo durante il funzionamento
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12: RetroCam, Alix Gillet-Kirt, Chris Bierbower, John Lynch, 2011, www.ciid.dk/education/portfolio/ idp11/courses/tangible-userinterface/projects/retrocam/
1.4 Storytelling
Come già accennato, la pratica del racconto tramite immagini e suoni è stata ampiamente impiegata per progetti di interaction design, in particolar modo per quelli che hanno lo scopo di rafforzare la comunicazione tra persone lontane, o arricchire i ricordi tramite elementi evocativi. Il primo progetto di questo tipo che ho preso in considerazione è Gerd13, un dispositivo pensato per essere utilizzato facilmente da una persona anziana ed agevolare la comunicazione con un nipote lontano. L’interfaccia tangibile è molto semplice nella sua forma: un quadrato che, se ruotato sui suoi lati, permette l’uso di diverse funzioni tra cui ricevere testi, messaggi, foto e video, visualizzabili tramite lo schermo posto su una delle facce. Il progetto realizzato da Armando Stubergh, studente della Oslo School of Architecture and Design (AHO)14 si concentra sulle modalità di interazione previste per una persona anziana e un bambino, quindi curandone in particolar modo la facilità e intuitività d’uso. Obiettivo principale di Gerd è quello di fornire un mental model15 generato sui bisogni del target di riferimento, piuttosto che fornire un prodotto che generi nell’utente bisogni che prima non esistevano.
In alto: GERD, il dispositivo che permette la comunicazione a distanza di utilizzo facile e immediato
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13: Gerd, Armando Stubergh, 2010, www.aho.no/en/Arena/Studentprojects/Student-projects/AHOWORKS-spring-2010/Old-and-Active 14: Oslo School of Architecture and Design (AHO), www.aho.no 15: “Mental model is the term for a user’s internal understanding of how
a system or object works, which may or may not reflect how the thing actually does work. […] For instance, most people have a mental model of how a car behaves, even though they don’t know how a combustion engine works”. Designing for Interaction, Dan Saffer, New Riders, 2009, pag. 133
“Lo storytelling è una prassi, ormai consolidata, che utilizza la narrativa per coinvolgere l’interlocutore […] ‘per ottenere il massimo impatto bisognerebbe far leva su tutti i 5 sensi, far leva sulle emozioni più che sull’intelletto’, spiega Nancy Lamb, autrice di vari libri che parlano proprio di storytelling”.
La prossima serie di tre progetti individua il target nei bambini, in questo caso attori principali dell’interazione e del racconto emozionale attraverso immagini e suoni.
Presence in Absence16 è un concept sviluppato da Nina B. Nygaard Christoffersen, studentessa del CIID, che indaga il campo delle relazioni tra genitori e figli nei momenti di lontananza. Digital Storytelling Cookbook, Joe Lambert, Digital Diner Press, 2010 Il progetto è diviso in quattro sotto-progetti, oggetti interattivi in grado di emettere output17 e ricevere feedback18 in cui il focus è concentrato sulle comunicazioni non verbali quotidiane, le uniche che non possono esistere quando c’è la lontananza. Show ’n’ Tell in particolare permette ai bambini di poter mostrare ai genitori il frutto delle attività quotidiane, scolastiche e non. Basandosi sul concetto del “Guarda cosa ho fatto!” il bambino può mostrare orgogliosamente ai propri genitori le proprie creazioni, in attesa di risposta o incoraggiamento. Infatti è proprio quest’ultimo punto l’aspetto fondamentale dell’interazione figli/genitori: il feedback. I bambini possono mostrare il loro lavoro attraverso la camera di un dispositivo mobile ai genitori, che saranno ripresi da una webcam durante la visione del contenuto ricevuto.
In alto (da sinistra a destra): - PRESENCE IN ABSENCE, immagini di utilizzo dei vari dispositivi che fanno parte del progetto - PRESENCE IN ABSENCE, disegno del concept Link
16: Presence in Absence, Nina B. Nygaard Christoffersen, 2008, www.ciid.dk/education/portfolio/py/ final-projects/ui/ 17: “Output, dall’inglese ‘messo fuori’, indica in senso stretto il risultato di una elaborazione”. www.it.wikipedia. org/wiki/Output
18: “Dicesi feedback l’associazione che si crea tra un soggetto A che emette uno stimolo verso un soggetto B, il quale a sua volta invia una risposta al soggetto A”. www.en.wikipedia.org/wiki/ Feedback#In_social_sciences
Primi passi 25
I Mirabilia19 è il progetto sviluppato da Erika Rossi, studentessa dell’Università Iuav di Venezia: una famiglia di tre pupazzi interattivi e amici fidati dei bambini che per motivi medici sono costretti a passare lunghi periodi di degenza in ospedale. I Mirabilia si prendono cura dell’aspetto psicologico dei bambini e li aiutano tramite un supporto emotivo basato sulla forma del gioco, durante il percorso di ospedalizzazione. Tramite delle interazioni mai invasive, i bambini imparano a confrontarsi con gli altri bambini ospedalizzati, condividere con loro momenti di gioco, sensazioni, emozioni e anche timori, confortandosi a vicenda. Odo raccoglie le confidenze e le paure sussurrate al suo orecchio dai bambini tramite una combinazione di semplici interazioni, facilitando il lavoro di medici e psicologi che possono ascoltare le parole registrate in precedenza dal pupazzo. Lucio invece incentiva le relazioni di complicità tra i bambini all’interno dell’ospedale, in particolare durante le ore notturne. Un bambino impaurito stringendo la mano del pupazzo può inviare un segnale di aiuto ad un altro pupazzo, la cui pancia si illuminerà. Il secondo bambino potrà quindi rispondere con un segnale di conforto ripetendo lo stesso gesto e la pancia del primo pupazzo si illuminerà. Tello infine incentiva la socializzazione tra bambini all’interno di un gruppo di gioco, raccontando l’inizio di una storia e permettendo ai bambini di generarne il seguito, in un gioco a turni in cui ogni bambino può interagire tramite un lecca-lecca dotato di un lettore RFID. I Mirabilia sono uno strumento molto efficace e coinvolgente, che mira alla generazione di comunicazioni one-to-one o oneto-many20 tramite uno storytelling basato sull’utilizzo di mezzi quali luci, suoni e vibrazioni, indicati per raccontare storie e sensazioni legate alla sfera emotiva. Il mio progetto invece si basa su una comunicazione legata alla raccolta e documentazione di eventi, quindi al canale sonoro è fondamentale aggiungere quello visivo, oltretutto molto più semplice da fruire attraverso un dispositivo mobile nel caso dei genitori.
In alto e nella pagina accanto: - I MIRABILIA, schema dei tre livelli di relazioni possibili - I MIRABILIA, i tre pupazzi interattivi Odo, Lucio e Tello
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19: I Mirabilia, Erika Rossi, 2011, www.erikarossi.com/wordpress 20: Con i termini one-to-one e oneto-many si intendono rispettivamente
una comunicazione che parte da un unico soggetto e si rivolge ad un altro soggetto o una comunicazione rivolta ad un gruppo di soggetti diversi.
TummyTunes21 è un progetto di Silvia Boscolo, studentessa dello Iuav di Venezia. Anche questa è una famiglia di pupazzi interattivi, ma in questo caso composta da cinque elementi con diverse caratteristiche, il cui scopo è aiutare i bambini adottivi a relazionarsi e comunicare con le proprie famiglie di origine, attraverso un canale interattivo basato sulle emozioni e l’intimità. Come nel caso dei Mirabilia, anche i TummyTunes sfruttano un livello di interazione basata sullo scambio di suoni, luci e vibrazioni che permettano ai bambini e i genitori biologici di instaurare una relazione affettiva. Al centro dell’attenzione c’è sempre la sfera emotiva, ma in questo caso tra i cinque componenti della famiglia uno in particolare ha attirato la mia attenzione e si chiama The Scout. Il suo compito è quello di invogliare i bambini ad esplorare il contesto in cui vivono e condividere esperienze documentate tramite foto, immortalate dallo stesso giocattolo. Trovo che la sua funzione sia molto interessante, soprattutto in relazione al mio progetto: permettere ai bambini di condividere eventi relativi alla loro quotidianità, documentandoli attraverso uno strumento che li coinvolga emotivamente. Dall’altro lato i genitori possono poi consultare la documentazione e inviare un feedback di risposta. Altra caratteristica interessante dei TummyTunes è il loro interfacciarsi con il mondo della condivisione online dei contenuti, aprendo la strada ad un’interazione tra oggetto fisico e social network22. La scelta è ricaduta su Facebook, piattaforma ormai utilizzata da un vasto numero di utenti e alla portata di tutti, diventato in questo progetto canale prescelto come diario delle esperienze e sensazioni scambiate tra figli e genitori biologici, quest’ultimi in grado di aggiornare e personalizzare i TummyTunes con nuovi contenuti multimediali direttamente online.
“Per i genitori biologici è molto significativo poter seguire lo sviluppo fisico e cognitico del figlio attraverso immagini generate da lui e il bambino ha modo di divertirsi documentando il mondo dal proprio punto di vista”. TummyTunes, Silvia Boscolo, 2011
In alto: TUMMYTUNES, fotografie scattate durante la fase di user testing.
28
21: TummyTunes, Silvia Boscolo, 2011, www.interaction-venice.com/ projects/iuav-thesis/projects-2012/ tummytunes-a-communication-toolfor-extended-families/ 22: “Social network è un termine inglese che si riferisce ad un qualsiasi gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali. La
versione di Internet delle reti sociali è una delle forme più evolute di comunicazione in rete. I principali social network in ordine di utilizzo sono: Facebook, MySpace, Twitter, Google+, LinkedIn, Pinterest”. www.it.wikipedia.org/wiki/Rete_ sociale
In questa pagina: TUMMYTUNES, The Scout, l’esploratore reagisce al contesto in cui è collocato e consente al bambino di scattare e visualizzare foto.
Primi passi 29
L’aspetto che più mi interessa nei progetti fino ad ora analizzati è il modo in cui i vari designer hanno affrontato la raccolta di contenuti tramite dispositivi fisici per la condivisione e interazione con altri soggetti. Ma oltre alla comunicazione di eventi e sensazioni emotive, c’è anche chi ha pensato alla catalogazione fisica di memorie e ricordi, un diario pronto all’uso nel momento del bisogno. Il progetto si chiama Memory Jar23 ed è realizzato da un gruppo di studenti del CIID. In questo progetto mi affascina il modo in cui i ricordi vengono manipolati fisicamente, catturati e conservati all’interno di “barattoli della memoria”, che vanno a costituire una collezione di dati che da digitali diventano tangibili. I ricordi vengono infatti trasferiti da dispositivi di registrazione audio/video digitali come fotocamere o telecamere, e conservati all’interno dei barattoli tramite un piccolo device apposito. Il barattolo si “riempie” mostrando la sua capacità contenitiva con una striscia di luci LED24 che si accendono progressivamente fino all’esaurimento dello spazio disponibile. Il ricordo così può essere conservato e catalogato insieme agli altri tramite un’etichetta da apporre, come si fa con i barattoli di confettura fatta in casa. Nel momento in cui si voglia rispolverare un ricordo, basta aprire il rispettivo barattolo e il contenuto verrà riprodotto su uno schermo tramite un lettore RFID. Pur mancando la parte di condivisione, essenziale nel mio progetto, Memory Jar mi ha particolarmente colpito per la poetica con cui è stato trattato il tema del ricordo come esperienza del tutto personale, un momento intimo e privato fortmente legato alla sfera emotiva di ognuno.
In questa pagina: MEMORY JAR, viste d’insieme del sistema e di un barattolo della memoria in funzione
30
23: Memory Jar, Erlend Kyte, Mimi Son, Nina B. Nygaard Christoffersen, 2008, www.ciid.dk/education/portfolio/py/ courses/physical-computing/projects/ memory-jar/ 24: “Un LED (Light Emitting Diode) è un diodo ad emissione luminosa
che sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori per produrre fotoni attraverso il fenomeno dell’emissione spontanea ovvero a partire dalla ricombinazione di coppie elettrone-lacuna”. www.it.wikipedia.org/wiki/LED
1.5 Si guarda, si tocca, si impara
Nei progetti che ho fin qui analizzato si è evidenziato come le persone, ma in particolar modo i bambini, siano per loro natura attirate dalle interfacce tangibili, da ciò che si può toccare, modellare, sentire con i propri sensi. Ed è proprio su questi concetti che si sono sviluppati gli oggetti interattivi che impiegano la haptic technology25 per arricchire il mondo fisico di nuove interazioni basate sulla sensorialità, in particolare il tatto. Ecco quindi che nasce un vasto numero di progetti destinati ai bambini che sfrutta queste attraenti caratteristiche con scopi educativi e pedagogici.
Nonostante il mio progetto non si prefigga lo scopo di educare i bambini, ho voluto indagare quest’aspetto durante la fase di ricerca perché trovo che sia una caratteristica di particolare importanza da tenere in considerazione per la progettazione di oggetti interattivi i cui utenti principali sono i bambini. Da questi progetti infatti “The word haptic refers to the ability to experience the ho potuto trarre informazioni specifiche environment through active exploration, typically with our su quali siano le forme, le interazioni, i hands, as when palpating an object to gauge its shape and colori, i feedback che fanno dei giocattoli degli strumenti così attraenti e funzionamaterial properties”. li per lo sviluppo dei bambini, sopratutto Gabriel Robles-De-La-Torre, International Society for Haptics nei primi anni. Nelle pagine seguenti illustrerò alcuni dei progetti che più mi hanno colpito per la loro capacità di suscitare un naturale interesse nei bambini ai quali i lavori sono dedicati. Tra i criteri che mi hanno interessato e orientato nella selezione c’è anche la fattura dei prodotti finali, (in termini di forme, dimensioni, materiali e colori), a cui ho prestato particolare attenzione in previsione del progetto che avevo in mente. In questa pagina, a partire da sinistra: - MEMORY JAR, il barattolo aperto e il suo contenuto elettronico - MEMORY JAR, il lettore RFID collegato al microcontrollore Arduino
25: “Le parole haptic e haptics sono usate per fare riferimento a tutte le capacità tattili o relative al tatto. [...] In generale, haptics è un termine in uso oggi per fare riferimento alla
scienza del tatto in contesti reali e virtuali”. Gabriel Robles-De-La-Torre, International Society for Haptics, www.isfh.org/haptics.html
Primi passi 31
Il primo progetto di questa categoria che ho analizzato si chiama Skål26, progettato nel 2007 dal duo di designer Voy27 con la collaborazione di Timo Arnall e facente parte del progetto Touch28 alla AHO. Skål è un media player costituito da un’interfaccia fisica con la quale si interagisce attraverso oggetti comuni, e un dispositivo video di output che trasmette contenuti visivi. Skål può a tutti gli effetti essere considerato un telecomando i cui pulsanti vengono sostituiti da oggetti comuni che si possono trovare all’interno di una casa, all’interno dei quali viene inserito un tag RFID con un’informazione registrata riguardante un determinato contenuto multimediale. Nel momento in cui l’oggetto così composto viene inserito all’interno di una ciotola di legno (in norvegese si dice Skål) dotata di un lettore RFID, questa invierà il segnale al televisore che trasmetterà il relativo contenuto. Le possibilità di visualizzazione e trasmissione di contenuti sono molteplici, dai video su YouTube29 alle foto su Flickr30, dai ricordi di famiglia ai cartoni animati preferiti dai bambini, richiamati da oggetti di uso quotidiano, magari dagli stessi pupazzi del bambino ai quali viene associata una connotazione in più. L’aspetto magico infatti consiste proprio nel valore che il bambino attribuirà ai propri giocattoli una volta constatate le relazioni tra l’oggetto fisico e il contenuto digitale Skål rivoluziona il modo di intendere la tv, non più “subita” passivamente dai bambini, ma vissuta attivamente attraverso un gioco di forme e colori evocativi. I Voy infatti testimoniano un andamento del tutto attuale che vede un aumento progressivo delle attività fisiche legate all’uso dei media.
In alto: SKÅL, fase di user testing del device con una bambina di 2 anni
32
26: Skål, Jørn Knutsen, Einar Sneve Martinussen, Timo Arnall, 2007, www.skaal.no/ 27: Voy è un duo di designers norvegesi composto da Jørn Knutsen e Einar Sneve Martinussen. www.voyoslo.com 28: Touch è un progetto di ricerca che investiga sulle possibilità offerte dalla tecnologia NFC (Near Field
Communication), www.nearfield.org 29: “YouTube è un sito web che consente la condivisione e visualizzazione di video”. www.it.wikipedia.org/wiki/YouTube 30: “Flickr è un sito web multilingua che permette agli iscritti di condividere fotografie personali con chiunque abbia accesso a internet”. www.it.wikipedia.org/wiki/Flickr
In questa pagina: SKÅL è un media player con cui si può interagire attraverso un’interfaccia fisica: poggiando diversi oggetti all’inrterno della ciotola di legno il dispositivo trasmette contenuti video e audio visualizzabili su un tv ad esso collegato
Primi passi 33
Sempre dalla mente creativa dei Voy arriva Geospire31, questa volta dedicato esclusivamente all’apprendimento di nozioni riguardanti il territorio geografico naturale di Oslo. Il progetto consiste in un’installazione interattiva situata all’interno del Museo Geologico di Oslo32, il cui scopo è superare le barriere poste dai tipici metodi di esposizione dei musei e permettere un approccio tattile e diretto con la materia fisica. L’installazione si presenta come una coloratissima collezione di miniature di parti di territorio naturale, facilmente maneggiabili anche dalle mani di un bambino e un tavolo di lavoro con uno schermo. Il processo di apprendimento è configurato come un gioco: dallo schermo vengono presentate immagini e commenti che si riferiscono a specifici elementi naturali e i bambini sono guidati alla ricerca delle stesse morfologie all’interno delle miniature posizionate su una mensola, come una piccola teca di tesori naturali. Una volta scovata la miniatura corrispondente, il bambino conclude il gioco posizionandola all’interno di una ciotola integrata all’interno del tavolo, che leggerà il tag RFID contenuto nella miniatura, riproducendo un piccolo film relativo al paesaggio o roccia in questione.
A partire dall’alto: - GEOSPIRE, vista dell’installazione e delle sue componenti - GEOSPIRE, le miniature di paesaggi o elementi naturali interattive
34
31: Geospire, Jørn Knutsen, Einar Sneve 32: Museo Geologico di Olso, Martinussen, 2011, www.nhm.uio.no/english/visiting/ www.voyoslo.com/projects/geospire/ geological-museum
Personalmente trovo che questo progetto sia particolarmente efficace per avvicinare i bambini all’apprendimento di una materia che in altri contesti potrebbe risultare noiosa e poco attraente. Geospire è consapevole della mentalità dei bambini, per loro la realtà è tutta un “qui, adesso”, e il metodo migliore per farli imparare divertendosi è proprio quello di fornirgli strumenti di gioco tangibili, piuttosto che un apprendimento esclusivamente tramite video o, peggio, dietro un vetro. Questo progetto mi ha interessato anche per la scelta dei materiali utilizzati. Il progetto degli elementi tattili e delle grafiche mostrate a video sono del duo di designer Skrekkøgle33, i quali si sono cimentati nell’uso di materie plastiche come il poliuretano34. Dovendo progettare un’installazione destinata ad una fruizione da un pubblico di bambini, particolare attenzione è stata data alla scelta del materiale impegato, che doveva presentare diverse caratteristiche quali la predisposizione ad essere maneggiato e non distrutto, e anche la possibilità di essere modellato facilmente per permettere l’inserimento del tag RFID al suo interno.
A partire dall’alto: - GEOSPIRE, due bambini interagiscono con l’installazione - GEOSPIRE, la produzione delle miniature con poliuretano colorato
33: Il duo Skrekkøgle è composto da Theo Tveterås e Lars Marcus Vedeler, www.skrekkogle.com/ 34: “Con il termine poliuretano si indica una vasta famiglia di polimeri in cui la catena polimerica è costituita
di legami uretanici. I polimeri uretanici sono largamente impiegati nella produzione di una grande varietà di materiali”. www.it.wikipedia.org/wiki/Poliuretano
Primi passi 35
I prossimi due progetti spostano leggermente l’area di interesse includendo anche il tema della condivisione e comunicazione in remoto. Pas a Pas35 è uno strumento interattivo per le scuole che permette ai bambini di apprendere i concetti legati alle figure geometriche con un approccio fisico anziché teorico, tramite un set di elementi diversi animati. Lo strumento è composto di una base con uno schermo e una camera posizionata al di sopra: i bambini interagiscono con delle figure geometriche solide sopra lo schermo, e scattano fotografie delle varie composizioni create attraverso la fotocamera (un’interfaccia tangibile di pulsanti posti sulla base permettono di selezionare le funzioni). Una volta terminato il processo è possibile riprodurre gli scatti effettuati in sequenza, in modo da creare un’animazione in stop motion36. Aspetto interessante è proprio la condivisione dei filmati generati attraverso un sistema di connessioni remote, tra diversi Pas a Pas all’interno della scuola, o in scuole diverse, per incentivare la creatività dei bambini e l’apprendimento. Se Pas a Pas introduce la condivisione pur mantenendo come fine ultimo l’apprendimento, il prossimo progetto si concentra esclusivamente sul tema della condivisione abbandonando gli aspetti educativi e trasformando l’interfaccia tangibile di gioco in un social network. IOBR37 è un progetto dello studio Passiripatti38, che sfrutta la struttura del classico gioco educativo delle forme geometriche da inserire nei relativi spazi all’interno di una base. Nel caso di IOBR ogni forma riporta l’icona di una specifica attività che i bambini compiono durante la giornata, come il momento del pasto, lavarsi i denti o andare a dormire. Ogni volta che una forma viene posizionata al suo posto all’interno della base, lo stesso spazio relativo alla stessa forma sul dispositivo IOBR di un altro bambino si illumina. Questo processo stimola i bambini a condividere i momenti della giornata tra di loro e li aiuta a portare a termine le proprie attività più velocemente.
A partire dall’alto: - PAS A PAS, bambini interagiscono con il gioco muovendo le forme sullo schermo - IOBR, il bambino è attratto dai blocchi: ad ogni colore e forma diversa corrisponde una diversa attività
36
35: Pas a Pas, Ishac Bertran, 2010, www.pasapas-project.com 36: “Stop motion è una tecnica di animazione che in cui gli oggetti vengono mossi di piccoli incrementi tra un fotogramma e l’altro, creando l’illusione di movimento quando la serie di fotogrammi viene riprodotta in sequenza continua”.
www.en.wikipedia.org/wiki/Stop_ motion 37: IOBR, Passiripatti, 2010, www.designboom.com/weblog/cat/16/ view/12399/passi-ripatti-iobr.html 38: Passiripatti è composto da Janne Passi e Hannu Ripatti, www.passiripatti.com/
A partire dall’alto: - PAS A PAS, gli elementi che compongono il giocattolo interattivo - IOBR, l’interfaccia tangibile è composta da una base dotata di lettore RFID e tre forme
Primi passi 37
1.6 Tirando le somme
Il progetto precedente, IOBR, mi ha incuriosito molto suscitando in me delle riflessioni riguardo il potere della “condivisione” sulle attività dei bambini. Osservando il mondo dei bambini ho potuto constatare in svariate occasioni che quando un bambino sa di fare una determinata azione o di svolgere un compito con lo scopo di condividerne i risultati con un’altra persona , bambino o adulto che sia, il coinvolgimento aumenta sensibilmente e il momento stesso dello svolgimento dell’attività ne risente positivamente. Con questa cognizione ho deciso di indagare i progetti analizzati alla fine della fase di ricerca, per scoprire quanti di questi introducano la tematica della condivisione (intesa nel senso più ampio di “comunicazione”). Per fare ciò ho raccolto tutti i progetti all’interno di una tipologia di grafico, denominata scattergraph39 che permette di comparare le caratteristiche principali di ogni progetto paragonandoli visivamente. Con quest’operazione si può osservare il quadro della situazione generale e capire in che modo i progetti si relazionino tra di loro, prendendo in esame le due coppie di caratteristiche principali: tangibile/digitale e comunicativo/educativo. Ho posizionato i progetti all’interno del grafico secondo il mio personale criterio di giudizio e alla fine non mi ha sorpeso constatare che nessuno dei progetti da me studiati presentasse contemporaneamente i fattori educativo e digitale. Infatti tra i progetti che ho selezionato per questo capitolo e tutti gli altri che ho studiato, ho volutamente scartato quei progetti educativi basati esclusivamente su una piattaforma digitale (come ad esempio il filone relativo all’e-learning40) in quanto non affini al mio ambito di ricerca: nonostante siano fortemente legati al mondo della scuola, questi progetti concentrano le due caratteristiche opposte alla mia area di interesse. Il mio progetto infatti, come dimostra il grafico, non si prefigge di essere uno strumento educativo, bensì comunicativo, a favore della condivisione di contenuti.
39: “Scatter plot, o scatter graph, è un tipo di grafico in cui due variabili di un set di dati sono riportate su uno spazio cartesiano. [...] Uno degli aspetti più interessanti dello scatter plot [...] è l’abilità di mostrare relazioni non lineari tra variabili”. www.it.wikipedia.org/wiki/Grafico_di_ dispersione
38
40: “Per e-learning (in italiano apprendimento on-line) s’intende l’uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione”. www.it.wikipedia.org/wiki/E-learning
COMUNICATIVO
Interactive Learning Diary
Memory Jar
Schoolcomms
Presence in Absence Gerd
Footprints
IOBR
RetroCam I Mirabilia TummyTunes What’s Up Pas a Pas
TANGIBILE
DIGITALE
Skål
Calen3dar
Geospire
E-Learning
EDUCATIVO
In questa pagina: SCATTERGRAPH, grafico che evidenzia le caratteristiche peculiari dei progetti analizzati, in relazione visiva tra loro
Primi passi 39
2.
Idee in movimento 2.1
Quali utenti?
2.2
Si torna a scuola
2.3
Due mondi a confronto
2.4
Definendo l’idea progettuale
2.5
Prove ed errori
2.6
Il nome del progetto
2.7
IdentitĂ stilistica
2.
Idee in movimento La fase di ricerca e analisi svolta sui progetti esistenti mi aveva aiutato a definire il percorso che stavo intraprendendo e districarmi nel groviglio di idee e intuizioni che sin dall’inizio avevano affollato la mia mente. I molti spunti e le intuizioni tratte dai libri e dal web confermavano i punti fermi da cui ero partito: offrire un servizio ai genitori lavoratori che permettesse loro di avvicinarsi al mondo scolastico dei figli e seguirne da vicino la crescita. Dovevo però capire cosa avrebbe concretamente offerto questo servizio e come si sarebbe presentato al mondo. 2.1 Quali utenti?
Per mettere le prime basi del progetto sono tornato indietro alle prime settimane in cui l’idea cominciava a formarsi nella mia testa: ciò che volevo era trovare un rimedio al progressivo allontanamento tra genitori e figli che mina e indebolisce il loro rapporto. Al di là delle motivazioni per cui questo avviene e alle possibili risoluzioni, il punto fermo era rappresentato dalle persone in gioco, vale a dire genitori e figli. Essendo il mio approccio al progetto basato sugli utenti era importante definire esattamente chi potessero essere questi utenti-tipo, per cui ho stilato delle persona41 con descrizioni dettagliate delle loro caratteristiche. Individuare quali potessero essere gli utenti è stato molto semplice. Dal momento che l’idea di progetto è nata prendendo spunto dalle persone con cui ho lavorato durante la mia esperienza di internship presso Fjord, facendo riferimento alle loro esperienze ho individuato due utenti che riassumessero tutte le loro peculiarità. Ecco quindi, ad esempio, un papà, Andrea, e suo figlio Luca. Andrea ha 42 anni, lavora a tempo pieno come sociologo presso una fondazione privata ed è sposato con Giulia, da cui ha avuto due figli. Oltre a passare otto ore al giorno in ufficio, viaggia molto per lavoro ed è spesso assente da casa per tre-quattro giorni consecutivi.
Nella pagina accanto: PERSONA, alcune schede realizzate per identificare gli utenti che avrebbero utilizzato il servizio, con delle brevi descrizioni personali.
42
41: “In marketing and user-centered design, personas are fictional characters created to represent the different user types within a targeted demographic, attitude and/or behavior
set that might use a site, brand or product in a similar way”. http://en.wikipedia.org/wiki/Persona_ (user_experience)
Andrea 42 anni, sociologo, vive a MIlano - Sposato con Giulia, 39 anni - Padre di Luca, 4 anni, e Laura, 6 anni - Lavora 40 ore a settimana - Viaggia spesso per lavoro - Ama la cucina etnica - Odia perdere tempo
Luca 4 anni, frequenta la scuola d’infanzia, vive a Milano - Figlio di Andrea e Giulia - Ha una sorella, Laura, di 6 anni - Passa 40 ore a settimana a scuola - Ama disegnare, guardare la TV e giocare con gli amici - Gli piace giocare con la plastilina a scuola - Odia i temporali e dormire con la porta chiusa
Anna 35 anni, account mananger, vive a Lugano - Separata - Ha una figlia, Claudia, 5 anni, che vive a Roma con il padre - Torna ogni fine settimana a Roma - Ogni giorno videochiama Claudia tramite il computer - Le piace la musica classica e guidare - Ama avere tutto sotto controllo
Claudia 5 anni, frequenta la scuola d’infanzia, vive a Roma - Figlia di Marcello e Anna - È figlia unica - Passa 8 ore a scuola ogni giorno - Dopo la scuola Marcello la accompagna a danza classica - Le piace giocare con il suo cane Mimì - La mamma Anna la videochiama ogni sera prima di dormire
Idee in movimento 43
Luca ha 4 anni e frequenta la scuola d’infanzia che lo tiene impegnato tutti i giorni per 40 ore settimanali, durante gli orari di lavoro dei suoi genitori. Quando incontra il padre durante le ore serali è molto felice di poter spendere del tempo insieme, ma non sa mai cosa raccontare. Successivamente ho svolto lunghe fasi di brainstorming42 durante le quali ho riempito innumerevoli quantità di Post-It con idee, parole chiave e immagini, le quali hanno restituito il mosaico del mio schema mentale: alla fine avevo domande e problemi, a cui cercavo di trovare soluzioni. Guardando e riguardando il muro di Post-It che andavo costruendo, c’era un concetto fondamentale che saltava fuori con evidenza: i problemi che cercavo di risolvere non riguardavano solo l’aspetto pratico e la sua risoluzione, bensì erano le persone coinvolte e la relazione tra di loro al centro della mia ricerca. A questo punto era chiaro che la mia attenzione si stava concentrando non più solo sul processo di allontanamento progressivo tra genitori e figli ma, in particolare, stava prendendo forma il concetto di “rapporto genitore-figlio” come elemento fondamentale su cui dovevo basare il progetto e su cui avrei dovuto lavorare. Come già accennato nel capitolo precedente, questa considerazione mi ha portato a impostare il processo progettuale nell’ottica della comunicazione tra genitore e figlio, unico vero elemento che potesse permettere il raggiungimento degli obiettivi e che costituisce la chiave di lettura del progetto. Ma quale poteva essere l’oggetto della comunicazione? E quali dispositivi potevano permettere lo scambio di tali informazioni? Quale tipologia di contenuti? In alto: ANALISI delle idee elaborate durante il brainstorming, tradotte in forma cartacea e assemblate tra di loro come le tessere di un mosaico
44
42: “Il brainstorming è una tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Sinteticamente consiste, dato un problema, nel proporre
ciascuno liberamente soluzioni di ogni tipo senza che nessuna di esse venga minimamente censurata”. http://it.wikipedia.org/wiki/ Brainstorming
2.2 Si torna a scuola
Per rispondere a questa ed altre domande ho cominciato ad analizzare il contesto da cui tutto il processo di comunicazione sarebbe partito, la scuola, e indagare i luoghi dove i bambini svolgono le loro attività quotidiane, i momenti della giornata e le persone con cui interagiscono. Le mie conoscenze riguardo l’ambiente scolastico infantile risalgono a quando io stesso lo frequentavo da bambino, per cui non potevo basarmi sui miei ricordi per la progettazione del sistema che avevo in mente dal momento che sono abbastanza confusi e sicuramente alterati da quella che a quei tempi era la mia percezione della realtà; inoltre il sistema scolastico che ho vissuto io da piccolo è profondamente diverso dal sistema attuale, come sono diversi anche i bambini che lo frequentano tutti i giorni. Per questi motivi ho deciso di muovere i primi passi verso una maggiore comprensione della scuola attuale parlandone con chi la vive da vicino ogni giorno: genitori e insegnanti, e non c’era modo migliore se non recarmi fisicamente all’interno di una struttura scolastica. Ho visitato la scuola d’infanzia Tiziano Vecellio a Mestre, una struttura scolastica pubblica che ospita in totale circa 140 bambini per una fascia di età che va dai 3 a i 5 anni. Le classi ospitano 20—25 bambini alla volta, distribuiti secondo età anagrafica, crescita cognitiva e comportamentale. L’insegnante Maria R. che si è offerta di accompagnarmi all’interno della struttura mi ha subito mostrato le due caratteristiche fondamentali dell’organizzazione scolastica: innanzitutto i bambini svolgono le attività ogni giorno dalle 8:00 alle 17:00, secondo un’orario prefissato e durano 1—2 ore l’una; inoltre la struttura scolastica è suddivisa nei cosiddetti “angoli” destinati alle attività, cioè quegli spazi fisici tra i quali i bambini si muovono durante le ore della giornata, passando da un’attività all’altra. L’organizzazione dei tempi è stabilita meticolosamente dalle insegnanti e dal personale amministrativo in modo da permettere ai genitori di far coincidere gli orari lavorativi con quelli scolastici e ai bambini di strutturare le giornate secondo una routine di eventi e luoghi.
In alto: SCUOLA VECELLIO, uno dei corridoi della scuola con gli armadietti dei bambini
Idee in movimento 45
Orario scolastico43 bambini 3—4 anni: 8:00 - 9:00 Entrata a scuola
12:00 - 12:45 Pranzo
9:00 - 11:30 Angolo dell’incontro con presenze e relativo cartellone, canzoni; igiene personale; conversazioni, narrazioni di fiabe, attività come da programmazione, giochi liberi in sezione, attività di laboratorio, giochi in salone o giardino
12:45 - 15:30 Gioco libero, attività ricreative
11:30 - 12:00 Preparazione per il pranzo
16:30 - 17:00 Uscita
15:30 - 16:00 Bagno per l’igiene personale e prime uscite 16:00 - 16:30 Merenda pomeridiana
Orario scolastico43 bambini 5 anni: 9:00 - 10:00 Accoglienza e inizio attività, osservazione del tempo, conversazione sulle attività del giorno (in piccoli gruppi). 10:00 - 11:30 Attività in classe e giochi nei vari angoli
13:00 - 14:00 Gioco libero, attività ricreative 14:00 - 15:30 Attività in classe e giochi nei vari angoli 15:30 - 16:00 Igiene personale e prime uscite
11:30 - 12:00 Preparazione per il pranzo
16:00 - 16:30 Merenda pomeridiana
12:00 Pranzo
16:30 - 17:00 Seconde uscite
In alto: SCUOLA dell’infanzia T. Vecellio, orario della giornata e viste delle classi e con angoli dedicati alle diverse attività
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Puntando all’aspetto di mio interesse, ho intervistato alcune insegnanti riguardo i rapporti genitori/figli/scuola secondo la loro esperienza, alla ricerca di feedback che confermassero o smentissero le considerazioni che avevo fatto fino a quel momento. Dalle conversazioni effettuate, emerse che 6 insegnanti su 8 notarono nel giro degli ultimi 5 anni un progressivo allontanamento dei genitori dalla vita scolastica dei figli e una riduzione nelle presenze dei genitori alle attività di incontro tra scuola e famiglia. Ovviamente gli effetti di queste mancanze si sono riscontrate principalmente nei bambini, i quali risultano sempre più insoddisfatti e con poca concentrazione. L’offerta formativa delle scuole dell’infanzia prevede che le attività siano rivolte non solo alla formazione dei bambini, ma anche alla realizzazione di piccoli lavori o preparazione di recite scolastiche che dovrebbero essere condivise con i genitori a casa o all’interno dello stesso contesto scolastico. Secondo gli insegnanti il motivo per cui i bambini presentano tali comportamenti al giorno d’oggi risale Gli adulti di fronte ai disegni dei bambini, Paola Federici, Franco Angeli Editore proprio alla mancanza di condivisione di queste piccole creazioni che i bambini si impegnano a realizzare durante le loro giornate a scuola e su cui investono grandi aspettative nell’attesa di mostrarle ai loro genitori, risultando quindi delusi nel momento in cui questo importante processo non avviene. Durante la conversazione con le maestre stavo realizzando ciò che si sarebbe rivelato fondamentale per il progetto: l’oggetto di comunicazione tra genitori e figli dovevano essere quei lavoretti artistici che i bambini realizzano quotidianamente a scuola, come ad esempio i disegni. Questi ultimi, come confermato dalle insegnanti, costituiscono il mezzo più efficace e spontaneo che i bambini utilizzano per esprimersi e per comunicare con chi gli sta intorno, i cui contenuti, inoltre, riflettono i progressi e le nozioni apprese. Quindi perché non sfruttare questo semplice strumento ai fini del mio progetto?
“L’evoluzione dell’attività grafica di un bambino può diventare un sistema di follow-up importante e fondamentale per seguirne la crescita. [...] Il disegno è strumento educativo e psicologico e offre la possibilità di analizzare caratteristiche specifiche della vita del bambino.”
43: L’orario fa riferimento alla programmazione didattica dell’anno scolastico 2011/2012 http://www.comune.venezia.it/flex/ cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/ IDPagina/9005#e0bbf4
Idee in movimento 47
2.3 Due mondi a confronto
L’esperienza alla scuola d’infanzia è stata fondamentale per capire quale tipologia di contenuti poteva essere oggetto della comunicazione tra genitore e figlio, ma a questo punto era necessario individuare il modo in cui la documentazione di tali contenuti sarebbe avvenuta. Improvvisamente il progetto cominciò a prendere forma. Avevo immaginato un sistema composto da un dispositivo tangibile e un’applicazione per smartphone: il dispositivo doveva essere facilmente manipolato dai bambini, capace di registrare contenuti visivi in modo intuitivo, con un’interfaccia tangibile priva di pulsanti o manopole, ma interattiva tramite semplici gesti. Sarebbe stato utilizzato dai bambini a scuola e tramite connessione internet avrebbe comunicato con lo smartphone dei genitori, generando un network per la condivisione dei contenuti. Il sistema che stavo progettando si configurava come un ponte tra due mondi generalmente distinti tra di loro: il mondo digitale e il mondo analogico. Per mondo analogico intendo quello costituito da ciò che si può toccare con mano, come i disegni dei bambini o lo stesso dispositivo di ripresa. Il mondo digitale invece è costituito dal contenuto generato dal dispositivo e inviato ai genitori per essere consultato. Era proprio l’intersezione tra questi due mondi che mi interessava indagare, spinto principalmente dalla possibilità di sperimentare con la manipolazione fisica di contenuti digitali.
In alto: SCHEMA, l’interazione tra i vari elementi come si presentava all’inizio del percorso progettuale
48
In alto: SCHEMA, illustrazione delle prime idee sul dispositvo per documentare i progressi dei bambini a scuola
Idee in movimento 49
Con questi presupposti ho cominciato ad elaborare il concept del dispositivo destinato ai bambini, che fin da subito ho immaginato essere un pupazzo interattivo. Considerando la fascia di età degli utenti e il contesto scolastico in cui il dispositivo sarebbe stato utilizzato, il pupazzo mi è sembrato l’oggetto migliore per stimolare l’interesse e la curiosità dei bambini. La forma richiamava quella di un animale, con un grande occhio dietro il quale si mascherava una fotocamera. Premendo il pupazzo con due mani i bambini potevano scattare una foto o registrare un video tenendo premuto più a lungo. Una volta rilasciata la presa, la pancia del pupazzo si sarebbe illuminata delicatamente per segnalare l’avvenuta registrazione del contenuto. In questa pagina: SCHEMA, illustrazioni del pupazzo e delle interazioni da parte del bambino
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Ma riflettendo sul modo in cui il contenuto sarebbe stato inviato ai genitori mi sono trovato ad un bivio: la prima strada mi suggeriva di dotare la scuola di un unico pupazzo con cui tutti i bambini avrebbero potuto interagire nel momento in cui preferivano; la seconda possibilità invece consisteva nell’assegnare ad ogni bambino il proprio pupazzo, il quale avrebbe comunicato direttamente con l’applicazione smartphone del genitore. La prima strada sembrava essere la più difficoltosa: affinché il sistema inviasse il contenuto al genitore giusto, poteva essere introdotto un piccolo tag RFID che, indossato come una spilla, sarebbe stato l’identificativo personale di ogni bambino. In questo modo, dopo aver documentato il proprio lavoro, ogni bambino avrebbe dovuto accostare il proprio tag RFID al dispositivo, il quale avrebbe poi inviato automaticamenLo sviluppo mentale del bambino, Jean Piaget, Einaudi, Torino, 1967 te il contenuto al genitore. Questo processo, oltre ad essere tecnicamente più complesso, aggiungeva un elemento in più all’interno del sistema il quale, per risultare sufficientemente intuitivo da essere utilizzato da un bambino dai 3 ai 5 anni di età, doveva essere il più semplice possibile. Inoltre la presenza di un unico pupazzo all’interno della scuola non avrebbe assolutamente agevolato le insegnanti, le quali avrebbero dovuto organizzare e sorvegliare il momento della documentazione dei disegni, con conseguente frustrazione per le insegnanti e gli stessi bambini. Il senso di gioco che avrebbe portato i bambini ad utilizzare il pupazzo spontaneamente si sarebbe perso poiché si sarebbero trovati a dover portare a termine un ulteriore compito. Per tutti questi motivi ho deciso di seguire la seconda strada.
“l bambino, come l’adulto, non esegue alcuna azione, esterna o anche totalmente interiore, se non è spinto da un movente. [...] L’incontro con un oggetto esterno provocherà il bisogno di giocare, la sua utilizzazione a fini pratici o susciterà un interrogativo, un problema teorico”.
Ho immaginato allora un pupazzo più piccolo, più maneggevole, che potesse essere custodito facilmente all’interno della tasca del grembiule che indossano tutti i bambini della scuola d’infanzia. Inoltre, non volendo progettare un servizio che interferisse con le normali attività scolastiche, ho pensato di circoscrivere l’utilizzo del pupazzo in un preciso momento
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della giornata e due precisi spazi all’interno della scuola: l’angolo della creatività e l’angolo del gioco. Questi sono gli spazi in cui i bambini vengono lasciati liberi di esprimersi a livello creativo (in particolar modo con disegni) e a livello interpersonale tramite il gioco. L’intento era quello di dare ai bambini un pupazzo che fosse in grado di documentare non solo i prodotti creativi come i disegni, ma anche il percorso scolastico nel suo insieme, per rendere i genitori partecipi della crescita dei loro figli anche nel campo delle relazioni sociali. Il progetto si stava dividendo in due momenti fondamentali, determinati dalla qualità delle relazioni personali stabilite: la fase introspettiva del disegno e la fase sociale del gioco. Per permettere al dispositivo di avere un ruolo attivo in entrambi i momenti, ho immaginato un pupazzo che si trasformasse nell’aspetto e assolvesse compiti diversi. Nel momento del disegno, il bambino poteva documentare il lavoro premendo il pupazzo e scattando una foto, che poi sarebbe stata inviata al genitore. Nel momento del gioco, manipolando la stoffa, il pupazzo poteva essere trasformato per diventare uno strumento di gioco, coinvolgendo gli altri bambini e i loro pupazzi. A questo punto però mi resi conto che la successione di azioni e la duplicità dell’oggetto rendeva il modello interattivo del dispositivo troppo complesso per essere usufruito da un bambino nella fascia d’età in oggetto e che, per quanto l’idea di un pupazzo trasformabile fosse particolarmente coinvolgente, le due versioni di un unico dispositivo avrebbero reso il progetto finale disgiunto, perdendo l’identità di un oggetto unico con un’unica funzione. Era importante che il pupazzo mantenesse viva l’attenzione del bambino mascherando le sue funzionalità sotto forma di gioco, aspetto fondamentale nella mentalità dei bambini che Jean Piaget44 individua all’interno di quella che lui denomina “fase pre-concettuale” in cui il gioco occupa la maggior parte della giornata, perché per il bambino tutto è gioco: addirittura ripete in forma di gioco le azioni reali che sperimenta (ad esempio per lui è un gioco vestirsi e svestirsi). In questa pagina: IL PUPAZZO, prove di interazione da parte del bambino nella fase di registrazione dei contenuti
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44: Jean Piaget (1896—1980) elaborò la teoria dello sviluppo mentale del bambino in una delle sue opere divulgative più conosciute: Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, 1967.
In questa pagina: LE AREE DELLA SCUOLA e le attività specifiche svolte. Per ogni attività svolta si stabiliscono diverse relazioni sociali: nel momento del gioco il rapporto è tra il singolo bambino e la comunita; nel momento creativo ogni bambino si rapporta con sè stesso e la propria interiorità
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In seguito anche il feedback mandato dal genitore mi sembrò fuori luogo: ciò che avevo immaginato dovesse arrivare da parte dei genitori ai dispositivi dei figli non rappresentava la giusta metodolgia di comunicazione, poiché non arricchiva in nessun modo il rapporto tra genitori e figli, al contrario, lo inaridiva. Non volevo che un genitore in preda agli impegni quotidiani controllasse frettolosamente i lavori del figlio per poi mandargli indietro un segnale con un semplice tocco sullo schermo e, dall’altro lato, che il bambino ricevesse un segnale di contatto con il genitore rappresentato da una luce all’interno del pupazzo. Probabilmente non ne avrebbe compreso il significato, o magari ne sarebbe stato deluso nel momento in cui non l’avesse ricevuto. Così, infine, decisi che sarebbe stato necessario limitare il campo e concentrarmi esclusivamente su un unico aspetto, la creatività artistica: era quello l’aspetto più interessante che avrebbe coinvolto i bambini accendendo la loro curiosità e che mi avrebbe permesso di sperimentare sull’intersezione tra i mondi digitale e tangibile. In alto e nella pagina accanto: SCENARI, illustrazioni realizzate per rappresentare l’interazione tra gli utenti e il servizio all’interno di un contesto di utilizzo specifico
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2.4 Definendo l’idea progettuale
Da questo punto del percorso in poi, ho focalizzato l’attenzione solo sulla generazione e manipolazione di contenuti artistici, basandosi sulla cospicua produzione grafica dei bambini Ho immaginato quindi un pupazzo che potesse trasportare il disegno del bambino dalla forma tangibile su carta alla forma digitale, che avrebbe permesso di arricchire l’opera del bambino di nuove interpretazioni e interazioni. Immaginando come i due mondi potessero comunicare tra loro avevo portato avanti una ricerca sulle possibili interazioni tra dispositivi fisici e schermi digitali, fino a scovare nel mondo dell’elettronica una tecnica particolarmente semplice, ma efficace nel suo effetto finale. Tramite un pattern realizzato con materiale conduttivo e applicato sul pupazzo, quest’ultimo poteva essere utilizzato per interagire con uno schermo dotato di tecnologia touch (ciò di cui sono dotati tutti gli attuali tablet PC45 ) costituendo di fatto un prolungamento della mano del bambino. In questo caso però dal punto di vista del bambino sarebbe stato il pupazzo, investito di una propria personalità, ad interagire con lo schermo rendendo l’esperienza interattiva molto più ricca e coinvolgente. Dal colloquio con gli insegnati alla scuola d’infanzia e ricercando sul web è emerso che l’utilizzo di supporti tecnologici all’interno delle scuole, come i tablet, è al giorno d’oggi una realtà. Per quanto ancora in espansione, sono molte le scuole che cominciano ad introdurre la tecnologia a supporto degli strumenti didattici e di gioco, quindi includere l’acquisto di strumentazioni simili alla dotazione scolastica è un obiettivo facilmente raggiungibile per una scuola. Durante la mia ricerca mi sono poi imbattuto negli affascinanti progetti realizzati dallo studio parigino Les Éditions Volumiques46, che opera nel campo dell’editoria interattiva dal 2008 a oggi. In particolare negli ultimi anni la loro sperimentazione si è concentrata sullo sviluppo di giochi e pupazzi per bambini in relazione alle nuove tecnologie. Hanno sviluppato una serie di progetti basati su piccoli pupazzi o semplici elementi di carta il cui significato viene notevolmente arricchito dall’interazione con uno schermo touch. Infatti, collocando o muovendo gli elementi fisici sullo schermo è possibile vivere un’esperiena sensoriale totalmente nuova. Seppur nella loro
A partire dall’alto: - TOWERS, Les Éditions Volumiques, screenshot del video di presentazione - CARTES, Les Éditions Volumiques, screenshot del video di presentazione
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45: “Il tablet PC (lett. PC tavoletta) è un computer portatile che grazie alla presenza di uno o più digitalizzatori permette all’utente di interfacciarsi con il sistema direttamente sullo schermo mediante
una penna e, in particolari modelli, anche le dita”. http://it.wikipedia.org/ wiki/Tablet_PC 46: Bertrand Duplat, Étienne Mineur, http://volumique.com/v2/
semplicità questi progetti mi hanno colpito molto per la forza espressiva e comunicativa, ma anche per la loro capacità di coinvolgere emotivamente un pubblico di utenti che al giorno d’oggi è continuamente bombardato dalle immagini di oggetti sempre più tecnologicamente avanzati ma anche sempre più freddi e asettici. Quello che volevo passare ai bambini che avrebbero utilizzato il dispositivo che avevo in mente era proprio il senso di calore ed empatia immediata che si prova nell’approcciarsi ad un comune pupazzo per bambini o un libro di favole, evitando di renderlo impersonale per via della sua anima elettronica. Il modo più immediato era di costruire il dispositivo con forma, materiali e i colori vicini all’universo fantasioso e giocoso dei bambini, ma ciò che lo avrebbe davvero caratterizzato era rendere l’esperienza interattiva unica e coinvolgente tramite un uso non invasivo delle nuove tecnologie. Così pensai di sperimentare con le nuove tecniche appena scoperte e capire se poteva esserci un modo di adattarle all’interno del progetto. Riflettendo su queste possibilità, avevo immaginato un In questa pagina: DANIEL JOHNSTON’S SPACE DUCKS per iPad, Les Éditions Volumiques, gioco interattivo che costituisce un ponte tra editoria tradizionale e digitale
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nuovo processo interattivo. Allo stesso modo in cui i bambini disegnano con i loro colori e pastelli, nella sua nuova versione il pupazzo poteva essere collocato sopra un normale pennarello realizzato appositamente per ospitare il dispositivo; una volta realizzato il disegno su carta il bambino avrebbe potuto documentare il proprio lavoro premendo il dispositivo, scattando una foto e inviando il contenuto al genitore Il disegno così digitalizzato poteva essere utilizzato in un secondo momento, nell’area gioco della scuola, aumentato di nuovi contenuti digitali: tramite uno schermo touch, lo stesso pupazzo che prima aveva documentato il lavoro cartaceo, adesso poteva interagire con lo schermo per manipolare il disegno creando nuove configurazioni, nuovi mondi e nuovi personaggi, stimolando anche il gioco di più bambini contemporaneamente nel creare nuove storie mescolando i loro disegni. In questo panorama di interattività tra bambini e dispositivi, bambini e bambini, dispositivi e schermi touch, il ruolo dei genitori era la parte del progetto che creava maggiori difficoltà. All’interno dello storyboard il genitore avrebbe ricevuto il documento digitale inviato dal dispositivo del figlio e, una volta visionato il disegno, avrebbe potuto assegnare dei tag47 su specifiche porzioni del disegno per individuare gli elementi ritratti, come ad esempio “luna”, “orso”, “casa” e inviare una notifica al pupazzo del bambino, la cui pancia si sarebbe illluminata. Questo passaggio era fondamentale per permettere al sistema di isolare i singoli elementi del disegno e permettere al bambino di poterci giocare come fossero delle figurine sullo A partire dall’alto: - PROTOTIPO non definitivo del dispositivo, con evidenziate le parti principali: l’occhiofotocamera e le aree sensibili. - SCHEMA delle funzioni svolte dal dispositivo in relazione alle relazioni sociali stabilite.
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47: “Un tag è una parola chiave o un termine associato a un’informazione (un’immagine, una mappa geografica, un post, un video clip ...), che descrive l’oggetto rendendo possibile
la classificazione e la ricerca di informazioni basata su parole chiave”. http://it.wikipedia.org/wiki/ Tag_(metadato)
schermo. Illustrando diversi scenari di funzionamento del sistema, il procedimento di assegnazione dei tag effettuato dal genitore risultava complesso e poco intuitivo, inoltre richiedeva del tempo che il genitore avrebbe dovuto ritagliare durante la giornata, ed era proprio contro i presupposti del progetto stesso. Eppure, se il genitore non avesse effettuato questa operazione, il bambino sarebbe rimasto molto deluso dal non ricevere la notifica sapendo che non avrebbe potuto giocare con il suo pupazzo successivamente.
In alto: IL FLUSSO dell’interazione tra figlio e genitore in cui sono evidenti le tre fasi principali
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Era necessario quindi rendere il processo più lineare, semplificare le operazioni e le interazioni tra le componenti del sistema. Decisi di risalire per astrazioni successive al concetto principale, eliminare il superfluo e mantenere solo gli aspetti fondamentali da cui ero partito. Dal momento che il progetto si basava sulla condivisione di prodotti artistici come i disegni, mi concentrai sul significato del disegno come mezzo di comunicazione: il disegno non è altro che un racconto per immagini di un mondo interiore, un’interpretazione personale di un contesto, di una persona, di una storia. Ecco la parola chiave: storia. Quale modo migliore per far comunicare un genitore col proprio figlio se non attraverso il racconto di una storia? Da generazioni l’atto del racconto caratterizza i momenti più intimi e personali del rapporto genitorifigli e contribuisce a rafforzare le basi cognitive del bambino. Secondo la psicologa Maria Chiara Levorato la pratica dello storytelling assume un ruolo fondamentale nel caso, ad In alto: LO SCHEMA evidenzia i livelli relazionali che si instaurano tra genitore e figlio tramite l’uso del servizio: lo scambio si basa sulla comunicazione e condivisione di storie, disegni e aggiornamenti sulla crescita educativa
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esempio, della lettura di fiabe con l’adulto e l’ascolto di storie narrate, le quali rappresentano per il bambino “strumenti privilegiati per lo sviluppo linguistico e per la conoscenza del mondo”48. Oltre l’aspetto educativo stava emergendo fortemente anche la parte emozionale, di grande importanza ai fini del mio progetto, che mi ha permesso di focalizzare il concept una volta per tutte: il pupazzo sarebbe stato l’amico fidato di ogni bambino, custode delle storie e delle emozioni che lo legano ai suoi genitori. Dopo queste considerazioni il funzionamento del sistema si delineò chiaramente: ribaltando la struttura del processo interattivo sarebbe stato non più il figlio, ma il genitore, a dare avvio al sistema registrando tramite il suo smartphone e con la sua voce un piccolo brano o la frase iniziale di una storia inventata da lui a cui avrebbe assegnato delle illustrazioni di scenari e personaggi proposte dal sistema stesso e ispirate alla storia appena raccontata. In alto: STORYBOARD del funzioamento del sistema interattivo
48: Racconti, storie, narrazioni, Maria Chiara Levorato, Il Mulino,, 1988, p. 26
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Se, ad esempio, la storia avesse narrato di un castello nella foresta in un giorno di pioggia, il genitore avrebbe potuto scegliere all’interno di un catalogo di immagini e personaggi proposti il castello, la foresta, la nuvola e la pioggia. Una volta inviato il contenuto al pupazzo, quest’ultimo avrebbe custodito la storia fino a quando il bambino avrebbe deciso di ascoltarla poggiando il pupazzo sullo schermo interattivo. A questo punto la storia sarebbe stata raccontata e le immagini sarebbero apparse sullo schermo, permettendo al bambino di giocarci liberamente tramite il suo pupazzo come parte attiva del racconto, muovendole sullo schermo, colorandole e imparandone i nomi e la pronuncia, ricreando la storia appena ascoltata in forma visiva o generandone di nuove. Il gioco si sarebbe svolto attraverso lo schermo di un tablet collocato nell’area gioco della scuola, permettendo quindi a più bambini di giocare contemporaneamente con i loro pupazzi. Terminata questa fase, il disegno così composto sarebbe stato inviato al genitore, il quale nel tempo avrebbe collezionato un diario delle storie elaborate dal figlio e dai suoi amici. Oltre a rappresentare un indicazione dei progressi cognitivi e creativi del figlio, nel momento in cui genitore e figlio si sarebbero incontrati di persona queste storie illustrate sarebbero state anche uno spunto su cui basare un nuovo racconto, incentivando la comunicazione tra di loro. Il processo si basava dunque sul racconto di storie, tradotte in immagini dal sistema e manipolate dal bambino tramite il suo pupazzo interattivo. Infine avevo ottenuto un sistema che svolgeva un’unica funzione, ma che si presentava chiaramente e senza complicazioni, sia dal lato dei genitori, i quali avrebbero interagito con i loro smartphone attraverso un’applicazione con un’interfaccia semplice e intuitiva (che ne avrebbe permesso un uso veloce e non impegnativo), sia dal lato dei bambini, che avrebbero giocato con il pupazzo come fosse un pastello per colorare e muovere i personaggi sul foglio interattivo.
In alto: DISPOSITIVO, schema delle componenti: i materiali di rivestimento, componenti elettroniche interne e pattern conduttivo alla base per l’interazione con lo schermo
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In questa pagina: SCENARIO, alcune illustrazioni che evidenziano i momenti principali del sistema, basate sulle personas individuate all’inizio del processo progettuale
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2.5 Prove ed errori
A partire dall’alto: - PROTOTIPO del disposisitvo basato sull’idea del pupazzo trasformabile in base alla funzione da svolgere - PROTOTIPO del pupazzo applicabile sul pennarello e interattivo con uno schermo touch. Il dispositivo in questo caso era più piccolo e maneggevole, con evidenziate le parti fondamentali della struttura
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Durante le fasi di sviluppo e brainstorming ho realizzato diverse prototipi più o meno dettagliati del pupazzo che avevo in mente, per avere un riscontro immediato e verificare se le idee fossero corrette o meno. La fase di testing si è estesa durante tutto il processo di elaborazione del progetto e si è caratterizzata da continui tentativi e prove su dispositivi diversi e modalità di interazione diverse. Inizialmente ho elaborato i diversi pupazzi in base all’idea che volevo testare, concentrandomi solo sul dispositivo, le modalità di interazione, ciò che avrebbe comunicato al suo utente — il bambino — a prima vista e come avrebbe potuto stimolare interesse e curiosità anche in base alla sua configurazione. In un momento successivo, quando l’idea si è concretizzata, ho elaborato un prototipo di carta del sistema pupazzo-schermo che simulasse l’esperienza sensoriale ed emotiva che il bambino avrebbe potuto vivere, e ne ho testato il funzionamento facendolo utilizzare direttamente ad un bambino.
Cominciando a sperimentare sul dispositivo, ho studiato la forma che avrei voluto dare al pupazzo scavando dentro l’immaginario di forme e colori che caratterizza il mondo dei bambini. Per dare libero sfogo alle mie idee ho disegnato su carta diverse possibili interpretazioni del pupazzo che avevo in mente, sperimentando anche sui probabili accostamenti cromatici di quello che sarebbe stato il tessuto finale. Una volta trovata una forma convincente sono passato al prototipo fisico, anche se i primi prototipi non presentavano una particolare qualità di dettaglio, dal momento che il loro scopo era di rendere un’idea generale dell’effetto finale del prodotto. Il colore del tessuto era casuale, ma alcuni elementi come l’occhio/ fotocamera e il profilo delle zone interattive erano già visibili, poiché elementi fondamentali. Successivamente, quando ho introdotto l’idea di un pupazzo che interagisse con lo schermo, la dimensione dell’oggetto è stata riadattata a favore della facilità di impugnatura da parte di un bambino (il pupazzo sarebbe stato utilizzato come un pennarello, quindi ho trovato una via di mezzo tra le dimensioni della mano di un bambino e quelle di un pupazzo che avesse una sua corporeità). Il test sul prototipo di carta è stato fondamentale
“Quando sono a scuola la maestra mi dà il libro per capire quali sarebbero state le reazioni di un [delle favole] per colorare e io mi diverto tantissimo.” bambino messo di fronte ad un gioco di questo Michele, 4 anni, parlando della sua giornata a scuola
tipo. Il bambino in questione si chiama Michele, ha 4 anni e si è dimostrato molto felice di partecipare a questo esperimento. Avevo costruito il prototipo del pupazzo e dello schermo in carta, comprese le immagini con cui poter giocare, per poter simulare al meglio l’ipotetico prodotto finale. Il progetto che stavo testando in quel momento si fondava su un sistema di tessere che rappresentavano i volti di vari personaggi e animali che potevano essere scelte liberamente dal bambino per poi essere applicate sul suo pupazzo, come per assegnargli un’identità. All’interno di ogni tessera un tag RFID avrebbe comunicato con il sistema e, una volta poggiato il pupazzo con la sua nuova identità sullo schermo, un set di immagini relative all’universo di quel determinato personaggio sarebbero apparse permettendo al bambino di giocarci per costruire una storia. Per testare questo procedi-
In alto: PROTOTIPO DI CARTA, simulazione dell’esperienza interattiva tra il dispositivo e lo schermo. Tramite questo prototipo ho anche testato la disposizione e dimensione degli elementi interattivi sullo schermo
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mento ho dato il pupazzo di carta in mano a Michele, con i volti dei personaggi poggiati a terra accanto a lui, e ho osservato le sue reazioni. Inizialmente Michele ha maneggiato il suo nuovo gioco e lo ha studiato a fondo, dopodiché la sua attenzione si è spostata sullo “schermo” di carta posizionato al suo fianco, e ha cominciato a toccare le immagini al suo interno, muovendole e posizionandole a suo piacimento. Quello che stava succedendo mi sorprese molto: avevo passato molto tempo a pensare e progettare un sistema di connessioni e interazioni tra oggetti diversi, mentre le uniche cose che interessavano davvero Michele erano il pupazzo e le immagini sullo schermo. Aveva completamente ignorato i volti dei personaggi poggiati accanto a lui e questo mi fece capire che dovevo tagliare dal progetto quelle parti superflue che forse non sarebbero state adatte alla mentalità di un bambino di quell’età. Successivamente, una vota individuata la strada finale del progetto, ho realizzato il prototipo del pupazzo dandogli una forma che ricordava quella di una volpe. Avevo deciso fin dal principio che il pupazzo avrebbe avuto la forma di un animaletto, un essere non bene identificato e non reale, ma arrivato agli ultimi sviluppi mi resi conto che il pupazzo avrebbe dovuto avere una sua identità ben precisa, poiché a questo punto il progetto si basava su un pupazzo/personaggio coinvolto nella storia raccontata all’interno di un contesto definito, come succede nelle comuni favole per bambini. Quindi ho scelto la figura di una volpe come personaggio principale della storia e ne ho studiato forme e colori. Questa volta la qualità di dettaglio del prototipo doveva avvicinarsi molto a quella finale, così realizzai una piccola volpe di stoffa, morbida e maneggevole, un unico pezzo impugnabile come fosse un pennarello un pò più largo del normale, realizzata dall’unione di tessuti normali e tessuti conduttivi per permetterne l’interazione con uno schermo touch. La dimensione del pupazzo, inoltre, è stata calcolata anche in base alle componenti elettroniche che prevedevo di inserire all’interno. L’imbottitura e le cuciture di chiusura dovevano permettermi di poter introdurre ed estrarre comodamente le componenti senza dover scucire ogni volta In alto: STUDIO DEI COLORI del materiale, illustrazioni del dispositivo
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A partire dall’alto: - LAVORAZIONE del prototipo prima di essere assemblato, con il cartamodello di riferimento - PROTOTIPI a confronto durante le fasi di lavorazione
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il pupazzo, così ho deciso di praticare un foro sulla schiena del dispositivo coperto da un lembo di stoffa rifinito in modo da creare un’apertura e chiusura a velcro. I colori erano quelli caldi e avvolgenti del rosso/arancione tipico del manto della volpe, con dei contrasti più chiari per segnarne la sagoma. Non avendo disponibilità di una macchina da cucire, né Designing Interactions, Bill Moggridge, The MIT Press 2007, p. 698 esperienza con il cucito in generale, i primi tentativi di realizzazione del prototipo realizzato a mano furono alquanto modesti. In seguito, provando e riprovando, ho affinato la manualità fino a realizzare un modello che, per quanto abbozzato e non rifinito nei punti di cucitura e nei tagli, rendeva fedelmente il progetto grafico del pupazzo dal quale ero partito, dandomi la possibilità di testare il sistema interattivo interamente in tutte le sue parti. Una volta testato il progetto e rilevate le modifiche da apportare, era arrivato il momento di realizzare il prototipo finale, rifinito e dettagliato.
“They build prototypes of the designs that are close to the intended result, so that they can try them out on kids and see if they like them. Having the kids play with the prototypes is essential to inform the iterative processes of prototyping”.
I passi successivi consistevano nel trovare un nome per l’intero progetto che lo rappresentasse e ne riassumesse le caratteristiche e assegnare un’identità stilistica comune a tutti gli elementi del sistema.
In questa pagina: LAVORAZIONE del dispositivo e dettaglio del tessuto conduttivo alla base Nella pagina accanto: DETTAGLIO dell’imbottitura del dispositivo con la bambagia. Sul retro del dispositivo ho praticato un foro, in seguito coperto, per inserire la luce LED dietro la pancia.
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2.6 Il nome del progetto
Il progetto sembrava aver trovato una sua definizione ma mancava ancora l’elemento comune che avrebbe dato unità e consistenza al tutto. La scelta del nome, come succede spesso durante l’elaborazione dei progetti, è la fase in sé più semplice se si considera il risultato, ma complicata in relazione al percorso effettuato per raggiungerlo. Il nome del progetto è il riassunto dell’intero contesto semantico del progetto, ne deve rispecchiare le intenzioni, i significati, il mood, far combaciare tutto all’interno di una parola, o poche parole, che arrivino all’utente esprimendo un messaggio diretto. Durante la ricerca del nome giusto ho riempito molti fogli di carta e Post-It di termini, aggettivi e sensazioni che ritenevo potessero essere le parole chiave del progetto. Inizialmente mi sono concentrato sui concetti di arte, creatività, storia, racconto, ma nessuno di questi sembrava esprimere in termini generali ciò di cui il progetto trattava, anzi presa singolarmente ogni parola poteva essere fuorviante per l’utente, portandolo a pensare erroneamente che si trattasse di un libro digitale da colorare, o ad un’applicazione racconta-storie, o un videogioco con un pupazzo interattivo. Decisi quindi di risalire agli aspetti basilari e partire da quelli, alla ricerca di un concetto generale. Ciò che caratterizzava il progetto era il concetto di percorso tradotto in termini di diario visivo, la documentazione di un’evoluzione e la possibilità di visionare a ritroso i passi precedenti per comprendere meglio i passi attuali. Riflettendo sull’idea di un percorso e dei passi che lo costituiscono ho
In alto: STUDIO delle FORME del dispositivo e ESPRESSIONI FACCIALI. La scelta del nome finale del progetto è stata elaborata in parallelo con la definizione del dispositivo finale, per trovare una linea comune in termini di significato e stile grafico
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pensato ai sentieri in montagna durante l’inverno: una volta intrapresa una strada è possibile tornare indietro sui propri passi lasciandosi guidare dalle impronte lasciate in precedenza sulla neve. Le impronte, infatti, non sono altro che la traccia di un passaggio, segnano una tappa durante un percorso. Come nel progetto che stavo elaborando, in cui le storie illustrate erano le impronte lasciate dai bambini durante il percorso che i genitori potevano visualizzare e con cui potevano interagire. Inoltre, Il concetto di impronta era figurativamente legato al pupazzo che avevo progettato, dal momento che il modo in cui veniva impugnato e per come era stata pensata l’interazione con lo schermo, la volpe sembrava “scrivere” al suo passaggio come se lasciasse delle impronte sullo schermo. Dopo queste considerazioni il termine “impronta” mi sembrò quindi il più adatto per esprimere il concetto generale che sottosta al progetto, ma la fonetica del termine in sé non mi convinceva. Alla ricerca della sonorità più piacevole, ho cercato dei sinonimi della parola “impronta” sul dizionario dei sinonimi49, e ho ottenuto “segno”, “traccia”, “orma”, “marchio”, “caratteristica” e “stampo”, ma nessuno di questi mi ha convinto. Allora ho provato a tradurre “impronta” in varie lingue, fino a trovare nel termine inglese “footprint” la giusta sonorità. Per il progetto, però, sarebbe stato più adatto declinare il termine al plurale, “footprints”, perché rendeva meglio il senso della molteplicità di più impronte facenti parte di un gruppo unico che è il percorso. In alto: NOME del progetto, soluzioni possibili prese in esame. Ho sperimentato con font e stili diversi, alcuni realizzati a mano da me
49: Dizionario dei sinonimi e dei contrari, Barbara Colonna, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 1995, p. 132
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2.7 Identità stilistica
Dopo aver trovato un nome al progetto dovevo dargli uniformità visiva, cioè conferire elementi grafici simili per ogni elemento, fisico o digitale che fosse, per renderli partecipi di un’unica entità progettuale. L’immaginario visivo a cui facevo riferimento era quello delle illustrazioni delle favole per bambini, con i loro personaggi sognanti, i colori tenui e i disegni che trasportano sia bambini che adulti in un mondo magico e incantato. Le parti del sistema che avevo progettato con cui gli utenti avrebbero interagito (e di cui dovevo progettare un’identità stilistica) erano: il pupazzo e l’applicazione digitale a schermo per il bambino; l’interfaccia dell’applicazione mobile del genitore. Oltre l’immagine coordinata del progetto che comprende il titolo del progetto e l’icona dell’applicazione nelle sue declinazioni e dimensioni. Sono partito, come descritto in precedenza, dal definire l’immagine e la forma del pupazzo che avevo in mente e da lì ho trasportato la qualità stilistica su tutti gli altri elementi grafici del progetto. Il riferimento principale per il progetto grafico era quindi l’utente del pupazzo, il bambino, con il suo mondo di sensazioni e percezioni visive. Per la grafica dell’applicazione con cui avrebbe interagito il pupazzo ho passato molto tempo a riempire fogli di carta disegnando i vari personaggi e oggetti che avrebbero popolato le storie illustrate del progetto, partendo dalla volpe in quanto personaggio principale e immagine rappresentativa dell’intero progetto. Spinto dalla passione che provo verso la sperimentazione stilistica, ho tentato diverse strade fino ad individuare quella che secondo me avrebbe reso quel senso di piacevolezza e magia che ricercavo. Considerando l’unione del mondo
A partire dall’alto: - GRAFICA finale dell’applicazione per i bambini che funge da riferimento per lo stile di tutto il progetto - ILLUSTRAZIONI da cui sono partito per realizzare la grafica
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tangibile con quello digitale che già era avvenuta rendendo il pupazzo fisico interattivo con lo schermo, volevo enfatizzare ulteriormente il concetto tramite la resa stilistica delle grafiche digitali. Il mondo che avevo in mente e che poi ho realizzato era composto di immagini bidimensionali, caratterizzate da riempimenti di colori e textures che rendessero un effetto molto materico e fisico, in contrasto con il mezzo digitale su cui sarebbero stati visualizzati. Anche gli elementi tipografici avrebbero contribuito ad enfatizzare l’effetto, per cui ho elaborato un carattere a mano che sembra essere stato scritto virtualmente sullo schermo. Nel caso dell’applicazione smartphone gli utenti non erano più i bambini, ma gli adulti; cambiando gli utenti e il contesto di utilizzo cambia anche la modalità di percezione e l’interazione con l’output visivo. In questo caso ho iniziato con il determinare la flowchart della successione delle schermate e impostare lo scheletro delle schermate. Una volta stabilito come disporre gli elementi all’interno di ogni schermata, ho applicato la grafica, riprendendo gli stessi colori e le textures dell’applicazione del bambino, ma utilizzando una font digitale per i testi. Infine mi sono concentrato sul logo e l’icona dell’applicazione, elementi fondamentali perché costituiscono il primo contatto con l’utente. Arrivato a questo punto il progetto aveva una solida base sia teorica che sperimentale. Adesso bisognava definire l’aspetto teorico per le parti che erano rimaste inconcluse e rifinire i prototipi, sia fisici che digitali, per renderli funzionanti e convincenti. Dopo aver percorso passo dopo passo l’intero iter progettuale nelle pagine precedenti, nel prossimo capitolo illustrerò il progetto finale nelle sue parti, frutto delle analisi e sperimentazioni svolte fino a questo punto. A partire dall’alto: - WIREFRAMES dell’applicazione per smartphone dei genitori - SCHERMATA principale dell’applicazione dopo aver applicato la grafica.
Idee in movimento 73
3.
Destinazione finale 3.1
Il progetto finale
3.2
Footprints: funzionamento
3.3
Il dispositivo
3.4
L’applicazione
3.5
Componenti tecniche
3.6
User testing
3.7
Footprints nel mercato
3.
Destinazione finale
3.1 Il progetto finale
Dopo aver illustrato nei capitoli precedenti i vari passaggi del percorso progettuale, nelle prossime pagine mi occuperò della descrizione del progetto finale in ogni sua parte, frutto delle elaborazioni precedenti. Footprints è un sistema composto da un pupazzo interattivo, un’applicazione per tablet e un’applicazione per smartphone, il cui scopo è connettere genitori e figli nella quotidianità. I genitori possono registrare una storia vocale tramite il loro smartphone, allegarvi le immagini dei personaggi e degli scenari che la compongono e inviarla al pupazzo dei figli. Questi ultimi, durante le ore scolastiche, possono giocare con la storia dei genitori, colorando e manipolando i personaggi direttamente sullo schermo del tablet tramite il pupazzo, il quale diventa uno strumento interattivo per la creatività dei bambini sotto forma di gioco. Le storie con cui i bambini interagiscono sono un tramite per collegare genitori e figli, ma anche uno strumento per permettere loro di esercitarsi con i nomi di animali e oggetti e giocare con altri bambini. In questo modo i genitori possono essere anche aggiornati riguardo le conoscenze dei loro figli e le relazioni sociali che instaurano con gli altri bambini. I due utenti che utilizzano il servizio si trovano in contesti differenti: la scuola è il contesto di utilizzo del pupazzo interattivo, poichè è il posto dove i bambini passano maggior parte delle loro giornate, e per lo stesso motivo i luoghi di lavoro
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sono il contesto principale di utilizzo dell’applicazione smartphone da parte dei genitori. Tenendo conto di questo, ho progettato i tre elementi che compongono il sistema sulla base delle necessità degli utenti che le utilizzeranno. A scuola i bambini sono abituati ad interagire con fogli, pennarelli, giocattoli, oggetti che scatenano la loro creatività, così ho pensato di plasmare il pupazzo come un giocattolo che potesse essere utilizzato come un pennarello: ha l’aspetto di un buffo animale, in particolare ricorda la fisionomia di una volpe, ed ha una forma che permetta al bambino di poterlo impugnare comodamente dalla parte inferiore, leggermente più stretta di quella superiore, e non essere intralciato da elementi quali braccia o zampe. inoltre la sua dimensione lo rende pratico da portare all’interno della tasca del grembiule, tipico indumento che tutti i bambini indossano alla scuola d’infanzia. Nel caso dei genitori, invece, in cui l’applicazione viene utilizzata durante le pause lavorative, la necessità è di ottenere dei risultati in tempi brevi tramite un’interfaccia semplice e intuitiva Quindi ho racchiuso tutte le funzionalità in poche schermate, riducendo il numero di operazioni e concentrando diverse funzioni in semplici gesti. Nelle prossime pagine analizzerò il funzionamento del sistema nel suo insieme e andrò a descrivere nello specifico le caratteristiche dei singoli elementi, gli scenari di utilizzo, le componenti tecniche del pupazzo e i dettagli delle interfacce delle applicazioni. In alto: VISTA D’INSIEME degli elementi che compongono il sistema: il pupazzo e il tablet con cui il bambino interagisce e lo smartphone del genitore
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3.2 Footprints: funzionamento
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Il sistema Footprints è destinato all’uso di due categorie di utenti: i genitori e i figli. Per permetterne il corretto funzionamento entrambe le figure devono avere un ruolo attivo all’interno del processo ed è indispensabile che non venga a mancare l’apporto di nessuna delle due parti, altrimenti il processo stesso non può avere luogo. Come si può vedere nella figura in questa pagina, il processo nasce dal genitore, si sviluppa tramite l’apporto del bambino e si conclude nuovamente con il genitore. In particolare, la sequenza di azioni si sviluppa in questo modo: il genitore registra una storia vocale tramite l’applicazione Footprints installata sul suo smartphone (punto 1) e la invia. Il sistema conosce il determinato pupazzo a cui l’applicazione è associata e quando il bambino si trova nell’area gioco della scuola la sua pancia si illumina per segnalare la presenza di una storia (punto 2). Il bambino interagisce tramite il pupazzo con lo schermo di un tablet su cui è installata l’applicazione, ascolta la storia e sceglie le immagini con cui giocare (punto 3). Interagendo con un’immagine alla volta, il bambino colora e posiziona un numero massimo di quattro immagini nello schermo, componendo un unico disegno (punto 4). Quando le quattro immagini sono completate, il sistema invia automanticamente il disegno al genitore, il quale potrà documentare e visionare nel tempo i contenuti ricevuti.
In alto: BREVE STORYBOARD che illustra il funzionamento del sistema.
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A partire dall’alto: - IL PUPAZZO è il dispositivo con cui il bambino interagisce attraverso il tablet per realizzare la storia illustrata - L’APPLICAZIONE raccoglie i disegni del bambino e li mostra in ordine cronologico, sotto forma di diario Nelle pagine successive: SCENARIO di un ipotetico contesto di utilizzo.
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3.3 Il dispositivo
Dopo aver illustrato in termini generici il funzionamento di Footprints, adesso mi concentrerò sulla descrizione del dispositivo, il suo aspetto, le caratteristiche tecniche e le modalità di interazione con lo schermo del tablet. Il pupazzo interattivo è l’elemento più coinvolgente e magico all’interno dell’intero sistema, e non è un caso che il suo uso sia limitato al mondo dei bambini. Come i protagonisti delle loro favole preferite, il pupazzo prende vita, si illumina e li accompagna durante il processo creativo di immaginazione nella costruzione di una storia illustrata. Inoltre la sua presenza fisica li accompagna tutto il giorno come un amico fidato, potendo essere facilmente custodito all’interno delle tasche del grembiule o nello zaino di scuola per via delle sue forme e dimensioni. Ma è soprattutto un compagno di giochi, un tramite tra il mondo reale e quello digitale, potenzialmente più ricco e aumentato di aspetti fantastici, che permette ai bambini di vivere un’esperienza divertente e coinvolgente, sia da soli che in compagnia dei loro compagni di scuola.
In alto: IL PUPAZZO interattivo, la forma è stata progettata per renderne agevole l’impugnatura. Il dispositivo misura 12,5 cm in altezza, 5 cm in larghezza e 2,5 cm in profondità. I materiali di cui è composto sono: un tessuto di colori diversi per distinguere le varie parti, un particolare tessuto conduttivo localizzato al livello dell’impugnatura e un pattern conduttivo al di sotto. Nelle pagine successive: SEQUENZA di azioni compiute da un singolo utente
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Luca è all’interno dell’area gioco della scuola e la pancia del pupazzo si illumina per indicare che c’è una storia da ascoltare. Luca decide di ascoltarla e poggia il pupazzo all’interno del cerchio disegnato sullo schermo...
Una volta poggiato il pupazzo sullo schermo la storia viene riprodotta dal tablet e la luce si spegne gradualmente. A questo punto Luca sceglie la prima immagine con cui costruire il disegno...
Appena selezionata l’albero si accende la luce nel pupazzo per simboleggiare che il contenuto è al suo interno. Al centro dello schermo appare il profilo tratteggiato e man mano che Luca ci passa sopra con il suo pupazzo la luce si spegne e l’immagine si colora con il suo riempimento...
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Più l’immagine si colora più la luce si spegne...
Quando l’albero è completato la luce nel pupazzo è spenta del tutto e viene riprodotto il nome dell’albero sia in forma sonora che testuale.
A questo punto Luca può interagire con l’immagine spostandola sullo schermo...
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Decisa la sua collocazione, Luca preme con il pupazzo il cerchio posto sulla parte alta dello schermo per tornare al menu con le altre immagini...
Questa volta sceglie l’orso...
E il processo ricomincia allo stesso modo. Luca colora l’orso e appena lo completa appare sullo schermo il disegno lasciato poco prima, con l’albero già posizionato, all’interno del quale posiziona anche l’orso...
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Infine, una volta colorate quattro immagini, il sistema invia automaticamente il disegno al genitore...
Il disegno si racchiude su sè stesso...
Il pupazzo di Luca adesso è spento perchè la sua storia è già stata raccontata, quindi il sistema si resetta per essere utilizzato da un nuovo pupazzo.
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Il processo interattivo inizia nel momento in cui il bambino entra all’interno dell’area gioco della scuola. Il sistema wireless copre solo quella specifica area e appena rileva la presenza del dispositivo al suo interno manda un segnale al pupazzo, il quale risponderà illuminandosi. Allo stesso modo, anche durante la fase di colorazione e manipolazione delle immagini ad ogni azione che avviene sullo schermo corrisponde una reazione luminosa del pupazzo, che rende l’esperienza più coinvolgente. Il pupazzo interagisce con lo schermo in modo figurato: ad esempio nel momento in cui il bambino seleziona l’immagine da colorare il pupazzo si comporta come se avesse “preso” l’immagine e l’avesse conservata dentro di sé. Quando successivamente il bambino inizia a colorarla, man mano che il disegno si riempie sullo schermo il pupazzo si spegne, come se “rilasciasse” lentamente l’immagine sullo schermo. Al primo contatto tra il dispositivo e lo schermo all’inizio del processo il sistema rileva di quale pupazzo si tratti e mostra sullo schermo del tablet lo scenario e le immagini che il genitore ha selezionato per allegarle alla storia che ha registrato tramite il suo smartphone. Il genitore può quindi scegliere scenari diversi e immagini diverse all’interno di un range di possibilità offerte dal sistema stesso. Il sistema però è programmato in modo tale che il bambino possa colorare e posizionare sullo schermo un numero massimo di quattro immagini (selezionate una alla volta tra quelle proposte), perché rende la composizione finale equilibrata, non troppo affollata nè troppo vuota, e inoltre permette di non dilungare troppo il processo e renderlo più snello. Nel caso in cui più di un bambino voglia giocare nello stesso momento, ogni bambino potrà ascoltare la storia del primo pupazzo che tocca lo schermo e, uno alla volta, partecipare alla costruzione del disegno relativo a quella storia selezionando le immagini e colorandole. Alla fine del processo ogni bambino avrà preso parte alla costruzione di un unico disegno che ha preso vita da un’unica storia, il risultato viene inviato al genitore di ogni bambino che ha contribuito e ogni genitore potrà visualizzare quali bambini hanno giocato insieme. In alto: SCHEMA delle possibili interazioni tra gli utenti e il dispositivo. Il sistema può essere utilizzato da un singolo bambino oppure da un numero massimo di quattro bambini che colorano, a turno, un’immagine alla volta per comporre il disegno Nelle pagine seguenti: SEQUENZA di azioni eseguite da due utenti contemporaneamente
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Luca appoggia il suo pupazzo sullo schermo...
Luca
Anna
Ascolta la storia che gli viene raccontata e sceglie l’immagine da colorare...
Luca
Anna
Sceglie e colora l’albero...
Luca
Anna Destinazione finale 89
Una volta che l’albero è stato colorato e posizionato, Anna decide di prendere parte al gioco e torna al menu delle immagini con il suo pupazzo...
Luca
Anna
Anna non ha una storia da ascoltare perchè sta contribuendo al disegno di Luca, quindi seleziona un’altra immagine per completare quel disegno...
Luca
Anna
Il suo pupazzo si illumina e Anna comincia a colorare l’immagine della volpe. Alla fine la posiziona all’interno del disegno che Luca aveva già cominciato...
Luca 90
Anna
Luca ed Anna compongono insieme il disegno e una volta posizionate quattro immagini il sistema invia tutto ai rispettivi genitori...
Luca
Anna
Il disegno si racchiude su sè stesso...
Luca
Anna
E adesso Anna può giocare con la sua storia.
Luca
Anna Destinazione finale 91
Dal momento che il numero di immagini per completare un disegno sono quattro, il numero ideale di bambini che possono giocare contemporaneamente con la stessa storia è uguale o inferiore a quattro. Da questo ne consegue che la scuola dovrebbe essere dotata di quattro o cinque tablet, in rapporto al numero di bambini che mediamentente frequentano contemporaneamente l’area gioco. L’interfaccia grafica dell’applicazione per tablet non è navigabile al pari di una comune applicazione digitale. Infatti non c’è una schermata di apertura nè un menu che permette la transizione tra schermate diverse. L’unico elemento di navigazione presente é il cerchio tratteggiato che all’inizio dà avvio al processo, e durante l’interazione con le immagini consente di tornare alla schermata iniziale. In questa pagina: ESEMPIO di una possibile illustrazione realizzata tramite il pupazzo interattivo, in uno scenario notturno
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Tale scelta è stata la risposta ad un problema di user experience50: gli utenti in questione sono bambini dai 3 ai 5 anni che interagiscono con il servizio all’interno di un contesto di gioco. L’obiettivo dell’esperienza che vivono tramite il pupazzo interattivo è da considerarsi prettamente ludica ed emozionale e l’interfaccia grafica con la quale interagiscono è il mezzo per veicolare un’esperienza simile. Un’esperienza di questo tipo è simile al colorare un libro di favole, in cui le azioni eseguite dall’utente sono suggerite dal mezzo con cui si sta interagendo. La scelta che i bambini possono fare è di decidere quale immagine colorare e come comporre il disegno, qualsiasi altra possibilità o funzione offerta dall’interfaccia sarebbe stata superflua. Un sistema di navigabilità dell’interfaccia dotato di pulsanti e bottoni quindi non rientrava negli obiettivi preposti.
In questa pagina: ESEMPIO di una possibile illustrazione in uno scenario diurno
50: “Experience or User Experience is not about good industrial design, multi-touch, or fancy interfaces. It is about experiences created and shaped through technology. [...] It is about
creating an experience through a device”. http://www.interaction-design.org/ encyclopedia/user_experience_and_ experience_design.html
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In questa pagina, a partire dall’alto: - IL PUPAZZO, le fotografie dimostrano la dimensione del dispositivo in relazione alla mano che lo impugna - IL PUPAZZO durante l’interazione con lo schermo del tablet
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In questa pagina, a partire dall’alto: - IL PUPAZZO si illumina durante la colorazione di un’immagine - IL PUPAZZO e IL TABLET con il disegno realizzato
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3.4 L’applicazione
Dopo aver illustrato il processo di interazione tra il pupazzo e il tablet adesso mi concentrerò sull’applicazione smartphone, descrivendo le operazioni che conducono il genitore alla registrazione della storia, la condivisione con il pupazzo e la documentazione del materiale ricevuto. A differenza dell’applicazione per tablet, l’applicazione per smartphone ha una sua interfaccia ben definita in termini di successione di schermate e sistema di navigazione. L’utente del servizio in questo caso è il genitore e ha necessità diverse rispetto al bambino. L’applicazione del genitore infatti dà avvio al sistema interattivo, ed è anche l’ultimo passaggio del processo. L’applicazione è il centro operativo del sistema, in quanto gestisce i profili del genitore e del bambino, a cui si associa un pupazzo specifico e a cui l’applicazione invia automaticamente le storie registrate e i contenuti relativi. Nello specifico, l’applicazione consente al genitore di registrare una storia, allegarne le immagini dei personaggi e del contesto che la compongono e inviarla al dispositivo del figlio.
In alto: - VISTA dell’elenco delle applicazioni con dettaglio dell’icona Footprints - SCHERMATA iniziale all’apertura dell’applicazione
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Pulsante a sinistra: MENU
Pulsante a destra: NAVIGAZIONE tra le schermate
La struttura dell’interfaccia è composta dalla barra di navigazione posta sulla parte alta dello schermo come elemento costante tra tutte le schermate. Il pulsante sulla sinistra conduce al menu e resta fisso sulla barra di navigazione, mentre i pulsanti sulla parte destra permettono la navigazione tra le varie schermate. I contenuti principali dell’interfaccia che occupano la parte restante dello schermo invece sono organizzati in modo tale da offrire diverse funzioni concentrando i movimenti e le azioni in pochi semplici gesti all’interno della stessa schermata. Il motivo di questa scelta è di agevolare la velocità delle operazioni e andare incontro alle necessità dei genitori, i quali utilizzano l’applicazione principalmente durante le pause lavorative e hanno bisogno di raggiungere rapidamente gli obiettivi. Il primo accesso all’applicazione è un passaggio fondamentale per la registrazione del genitore come possessore dello smartphone e del dispositivo del figlio. Dopo la prima schermata di avvio, al genitore è richiesto di creare un suo profilo personale In alto: STRUTTURA delle schermate con la barra di navigazione sempre visibile
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fig. 1a
fig. 1b
fig. 2a
fig. 2b
In questa pagina: SUCCESSIONE di schermate durante il processo di registrazione profilo per il genitore e identificazione del pupazzo associato al bambino
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fig. 3
per accedere all’applicazione, quindi scatta una foto del proprio viso, inserisce il suo nome utente e ne associa una password (fig. 1a e 1b). Nella schermata successiva è possibile identificare il pupazzo e associarlo al profilo del bambino. Per la registrazione del dispositivo basta poggiarlo sullo schermo dove indicato, in modo tale che il sistema possa leggere il pattern del pupazzo. Per procedere alla registrazione del profilo del bambino basta inserire, nella stessa schermata, il nome del bambino e allegarne una sua foto (fig. 2a e 2b). In questo modo il sistema potrà associare il bambino al relativo pupazzo. Con questa operazione si conclude la fase di registrazione dei profili e si passa automaticamente alla schermata successiva, che è la home dell’applicazione. Questa schermata che generalmente dovrebbe mostrare i disegni realizzati dal bambino, nel caso del primo accesso è ovviamente vuota, ma un testo posto al centro dello schermo suggerisce all’utente di dare avvio al processo registrando la prima storia. Per farlo basta premere il pulsante “+” sulla destra della barra di navigazione (fig. 3). In alto: SCHERMATA principale dell’applicazione visitata per la prima volta
Destinazione finale 99
fig. 4a
fig. 4b
fig. 4c
All’interno di questa schermata l’interfaccia presenta tutti gli elementi sufficienti per poter registrare una storia, associare le immagini dei personaggi e del contesto che la compongono e inviarla al dispositivo del bambino (fig. 4a). Premendo il grande pulsante al centro dello schermo, lo smartphone inizia a registrare la storia raccontata dalla voce del genitore (fig. 4b). Premendo nuovamente lo stesso pulsante la registrazione si interrompe e la storia viene salvata. In questo momento l’icona dell’altoparlante posta in alto alla sinistra del pulsante di registrazione, che fino a questo momento era spenta, si attiva e, se premuta, permette di riprodurre la storia appena registrata, nel caso in cui il genitore volesse riascoltarla (fig. 4c). Se si desidera cancellare la storia per registrarne una nuova è sufficiente ripetere l’operazione interagendo di nuovo con il pulsante centrale di registrazione. Una volta registrata la storia, il genitore può associarne le immagini con cui il bambino poi giocherà tramite il suo pupazzo. In base al contenuto della storia appena raccontata, il genitore seleziona i personaggi che la compongono all’interno di una In alto: REGISTRAZIONE della storia e ascolto
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fig. 4d
fig. 4e
fig. 4f
serie di immagini proposte dal sistema stesso, scorrendo orizzontalmente l’elenco delle icone poste nella parte inferiore dello schermo (fig. 4d). Per associare le immagini alla storia basta trascinare l’icona dell’immagine scelta all’interno del cerchio al centro dello schermo che contiene la storia registrata. Appena rilasciata l’icona al suo interno una delle piccole luci poste sul lato sinistro dello schermo si illumina (fig. 4e). Nel caso in cui il genitore cambi idea sull’immagine appena scelta, basta toccare due volte l’icona inattiva dell’immagine, e questa tornerà al suo stato precedente, spegnendo una delle luci sulla sinistra. Le luci hanno lo scopo di restituire un’immagine immediata del numero di immagini già selezionate e di quelle che restano per poter inviare la storia al figlio (il numero di immagini con cui il bambino può giocare sono sette). Infine, quando sette immagini sono state associate alla storia e tutte le luci sono accese, il pulsante invia posto nella parte inferiore dello schermo si attiva e, se premuto, invia la storia e le relative immagini al bambino (fig. 4f). In alto: ASSEGNAZIONE delle immagini che compongono la storia
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fig. 5a
fig. 5b
fig. 5c
A partire dall’alto: - SCHERMATA principale dell’applicazione con i contenuti visualizzati - VISTA a schermo intero di un singolo disegno
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Una volta ricevuti i disegni dal figlio, la schermata principale dell’applicazione li documenterà disposti in ordine cronologico (fig. 5a). Scorrendo il contenuto della schermata in verticale si può rivedere, a ritroso, i disegni meno recenti (fig. 5b). Sulla sinistra dello schermo una barra verticale rappresenta delle impronte che, scorrendo il contenuto verticalmente, si colorano dinamicamente per evidenziare il disegno visualizzato. Le impronte rappresentano quindi una metafora del percorso effettuato dal figlio, che il genitore può ripercorrere tramite l’applicazione. Ogni disegno mostrato è accompagnato dalla data e ora di ricezione, e dalle foto dei bambini che hanno partecipato alla sua realizzazione. In questo modo il genitore può essere informato su due aspetti contemporaneamente: il disegno in sé e quali bambini hanno giocato con il figlio per realizzarlo. Sopra il disegno, sulla destra è presente l’icona dell’altoparlante che, se premuta, permette di riascoltare la storia che era stata inviata e da cui è scaturito il disegno ricevuto. Toccando un disegno, quest’ultimo verrà visualizzato a schermo intero, in formato orizzontale (fig. 5c).
fig. 6
Il menu, è sempre raggiungibile durante la navigazione dell’applicazione (fig. 6) tramite l’apposito pulsante posto sulla sinistra della barra di navigazione, e conduce alle schermate di gestione profili del genitore e del bambino. Nel caso in cui il genitore avesse più figli, ognuno con il suo pupazzo interattivo, i diversi profili sarebbero visualizzati nell’elenco. Ogni profilo può essere editato o eliminato, oppure è possibile aggiungerne di nuovi tramite il pulsante “aggiungi dispositivo”. In fondo alla schermata è presente il pulsante che permette di scollegare l’account del genitore. Infine, dopo aver presentato i vari elementi che compongono il sistema, è possibile notare come siano qualitativamente connessi tra loro in termini di colori utilizzati per il disegno degli elementi grafici. Tutto il progetto è pervaso da una sensazione accogliente di fascino e incanto in cui il tema ricorrente è il richiamo alla materialità della carta e del tessuto, prendendo spunto dal pupazzo interattivo, elemento principale del progetto.
In alto: MENU dell’applicazione a comparsa sulla sinistra dello schermo
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INAT TIVO
ASCOLTA
INVIA
IMMAGINE
REGISTRA
MENU
In alto: SCHEMA degli elementi sensibili dell’interfaccia. Gli elementi rispondono all’interazione da parte dell’utente e modificano il proprio aspetto per comunicare un’azione o uno stato
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AT TIVO
PREMUTO
3.5 Componenti tecniche
Nelle prossime pagine affronterò l’aspetto tecnico del funzionamento di Footprints, ne descriverò le singole componenti interne e il modo in cui comunicano tra di loro. Innanzitutto è necessario descrivere il modo in cui i vari elementi che compongono Footprints scambiano le informazioni tra di loro. Le operazioni di comunicazione remote avvengono attraverso internet e i dati scambiati sono collocati all’interno di un cloud51 generato specificamente per Footprints, il quale ha la funzione di archiviare e gestire i dati. Quindi tutte le informazioni che vengono inviate dai dispositivi passano attraverso il cloud, prima di giungere a destinazione. Il processo può essere riassunto in questo modo: i dati riguardanti la storia e le immagini sono inviati dallo smatphone dei genitore, vengono raccolti all’interno del cloud e lì restano in attesa. Quando il bambino poggia il dispositivo sul tablet, l’applicazione legge il pattern conduttivo e invia una richiesta al cloud, all’interno del quale sono salvate le informazioni relative allo quello specifico pattern. A questo punto il cloud interpreta la richiesta e invia al tablet la storia e le immagini.
In alto: SCHEMA di funzionamento del sistema. I dati vengono scambiati tra i vari elementi tramite connessione internet e sono raccolti all’interno di un Footprints cloud generato appositamente per il sistema
51: “In informatica con il termine inglese cloud computing (in italiano nuvola informatica) si indica un insieme di tecnologie che permettono, tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider al cliente, di
memorizzare/archiviare e/o elaborare dati (tramite CPU o software) grazie all’utilizzo di risorse hardware/ software distribuite e virtualizzate in Rete”. http://it.wikipedia.org/wiki/ Cloud_computing
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Il pattern funziona quindi come un codice identificativo del singolo pupazzo, al quale è associato un determinato profilo, l’insieme di informazioni relative alla storia da ascoltare e le immagini con cui giocare. Il bambino comincia quindi a comporre il proprio disegno tramite il pupazzo e, una volta completato, il tablet lo invia automaticamente al cloud insieme al codice identificativo del pupazzo. Qui il disegno viene associato al profilo del genitore e viene inviato allo smartphone, da cui sarà poi visualizzato, insieme agli altri disegni, sotto forma di diario. Spostando l’attenzione verso il pupazzo, nelle prossime righe illustrerò le singole componenti interne che lo rendono vivo e ne permettono l’interazione. Il pupazzo interagisce con lo schermo sfruttando la tecnologia touch di cui sono dotati i moderni tablet. Normalmente, la tecnologia touch permette di eseguire delle azioni e provocare dei cambiamenti di stato del sistema semplicmente manipolando con le dita della mano gli elementi grafici sullo schermo, operazione che tecnicamente può avvenire tramite una conduzione di elettricità tra lo schermo e il dito (in questo modo si chiude un circuito elettrico, il sistema è programmato in modo tale da rilevare la posizione sullo schermo in cui il collegamento è avvenuto e causare un’azione specifica). In questo senso il pupazzo funziona come un prolungamento delle dita, in quanto il materiale di cui è costituita l’impugnatura è un tessuto conduttivo al cui interno una trama metallica consente la conduzione degli impulsi elettrici, per questo motivo è importante che il pupazzo venga impugnato in quella specifica area. Questo tessuto è collegato ad un pattern di schiuma conduttiva che è in diretto contatto con lo schermo e costituisce il sistema di identificazione dei singoli pupazzi. Il pattern è infatti generato dalla posizione di tre piccoli dischi di schiuma conduttiva che vengono letti dall’applicazione tablet come un unico elemento, al quale poi vengono associate le coordinate per rilevarne lo spostamento o la rotazione sullo schermo. L’applicazione è programmata in modo tale da interpretare esclusivamente questi pattern come elementi inteA partire dall’alto: - IL TESSUTO conduttivo è il punto di contatto tra il pupazzo e lo schermo del tablet. Nell’illustrazione è dimostrato come impugnare il pupazzo, evidenziando il contatto tra le dita e il tessuto conduttivo - IL PATTERN conduttivo è letto dal codice di programmazione dell’applicazione come un unico elemento, a cui si attribuiscono spostamento e rotazione
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rattivi, restando quindi inerte alle interazioni tramite le dita delle mani. Inoltre la posizione dei tre elementi che compongono il pattern è diversa per ogni dispositivo in modo da differenziare ogni dispositivo dagli altri e permetterne la corretta associazione con il profilo utente dell’applicazione dei genitori. Un discorso a parte deve essere affrontato per descrivere il modo in cui il pupazzo interagisce, tramite accensione o spegnimento della luce LED posta al suo interno, con ciò che accade sullo schermo del tablet. Allo stesso modo in cui i dispositivi multimediali presi in considerazione per questo progetto (smartphone e tablet) godono tutti della capacità di collegarsi ad internet tramite l’esistenza di un router al loro interno, anche il pupazzo sarà dotato di una componente elettronica simile. Considerando le dimensioni dell’oggetto, è necessario utilizzare una componentistica adeguatamente piccola per poterla inserire al suo interno, così nel caso del router è possibile pensare di utilizzare un modulo WiFly prodotto dalla Roving Networks52, il quale riceve le informazioni riguardo a ciò che succede sullo schermo direttamente dal tablet, nel momento in cui entrambi sono collegati alla stessa rete internet. In alto: LO SCHEMA riassume il modo in cui si verifica la comunicazione tra il dispositivo e il tablet, tramite l’ausilio di una connessione wireless
52: Roving Networks, http://www. rovingnetworks.com/WiFly
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Il modulo, per poter funzionare, è collegato al microprocessore Arduino53 Mini 05 che, ricevendo segnali dal modulo wireless, comunica alla luce LED quando accendersi o spegnersi. Infine, entrambi sono alimentati da una batteria da 3.7 volt collegata al microprocessore. In questo modo il pupazzo interagisce con l’applicazione tablet fisicamente tramite il pattern conduttivo posto alla sua base e indirettamente tramite WiFi per accendere o spegnere la sua luce. Le componenti ipotizzate per essere incluse all’interno del pupazzo sono adeguatamente contenute nelle loro dimensioni, in modo da poter essere facilmente collegate tra loro e inserite nel pupazzo (lo spessore delle singole componenti ne permette la sovrapposizione: Arduino Mini 05 è una scheda a circuito stampato che misura 1,2 cm, compreso lo spazio occupato dai connettori, mentre il modulo WiFly ha uno spessore di 4 mm, per un totale di 1,6 cm).
A partire dall’alto in senso antiorario: - BATTERIA al litio da 3.7 volt - ARDUINO Pro Mini, scheda microprocessore che induce gli stati di accensione e spegnimento della luce LED posta all’interno del pupazzo - MODULO WIFLY per la ricezione di dati provenienti dal Footrpints Cloud tramite connessione wireless
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53: “Arduino è un framework open source che permette la prototipazione rapida. [...] Arduino può essere utilizzato per lo sviluppo di oggetti interattivi stand-alone ma può anche interagire, tramite collegamento, con
software residenti su computer, come Adobe Flash, Processing, Max/MSP, Pure Data, SuperCollider, Vvvv”. http://it.wikipedia.org/wiki/Arduino_ (hardware)
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In alto: SCHEMA della disposizione degli elementi all’interno del pupazzo: 1. Tessuto cucito e imbottito 2. Batteria da 3.7 volt 3. Modulo WiFly 4. Arduino Pro Mini 5. LED bianco 6. Tessuto ricamato 7. Tessuto conduttivo 8. Pattern conduttivo
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Il prototipo che ho realizzato non possiede al suo interno un router per la connessione wireless, per cui mi sono avvalso delle potenzialità fornite dal microprocessore Arduino per simulare l’interazione tra il dispositivo e gli eventi sullo schermo. La luce LED presente all’interno del pupazzo, infatti, è collegata ad Arduino, il quale è posizionato all’esterno del pupazzo ed è a sua volta collegato al computer. In tal modo Arduino può comunicare con Processing54 e gestire gli stati di accensione e spegnimento in base agli avvenimenti che avvengono sullo schermo del tablet. Nel caso di una effettiva realizzazione del progetto, il pupazzo sarebbe già dotato al suo interno di tutte le componenti necessarie per gestire la luce LED, compreso il router per il collegamento alla rete wireless, in tal modo il dispositivo risulterebbe autonomo e privo di cavi per collegamenti esterni.
In alto: COMPONENTI che costituiscono il prototipo e ne permettono l’interattività: 1. Arduino 2. Resistenza da 100 Ohm 3. Cavi di collegamento 4. Il pupazzo 5. LED bianco 6. Breadboard
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54: “Processing è un linguaggio di programmazione basato su Java, che consente di sviluppare diverse applicazioni come giochi, animazioni e contenuti interattivi”. http://it.wikipedia.org/wiki/Processing
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In alto: SCHEMA della disposizione degli elementi che compongono il prototipo: 1. Tessuto cucito e imbottito 2. LED bianco 3. Arduino 4. Computer 5. Tessuto ricamato 6. Tessuto conduttivo 7. Pattern conduttivo
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3.6 User testing
Una volta aver definito il progetto nelle sue parti, descriverò nelle prossime ricghe l’esperienza di user testing che ho svolto con Simone, un bimbo di 5 anni che si è prestato con curiosità per provare il prototipo del pupazzo interattivo e dell’applicazione per talbet che ho realizzato. Il test effettuato con Simone mi ha permesso di elaborare delle considerazioni alla luce del lavoro svolto, che possano servire come spunti di riflessione per un’ eventuale sviluppo futuro del progetto. Il giorno in cui ho incontrato Simone mi è bastato dargli in mano il pupazzo per instaurare subito un contatto con lui. L’iniziale timidezza si è subito trasformata in curiosità nel vedere la piccola volpe colorata, che è subito diventata l’oggetto del suo interesse. Gli ho spiegato che il pupazzo tra le sue mani non era come gli altri che riempivano la sua stanza, ma aveva qualcosa di speciale: poteva permettere di ascoltare delle storie e colorare delle immagini. Dopo le mie parole, Simone è rimasto incredulo e ha iniziato a guardare il pupazzo su tutti i lati cercando di capire come poterlo utlizzare. Il tablet nel frattempo è sempre stato accanto a lui, con la schermata
In alto: Una istantanea dell’USER TEST svolto da Simone (5 anni) del pupazzo e dell’applicazione tablet, ripreso nel momento della scelta dell’immagine da colorare
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iniziale dell’applicazione attiva, in attesa di essere utilizzato. Notando l’incertezza di Simone, ho deciso di indirizzarlo dicendogli che il pupazzo può essere utilizzato come una penna, mostrandogli il modo in cui avrebbe dovuto impugnarlo per trasformare il normale pupazzo in una penna interattiva da poter utilizzare sullo schermo. Dopo aver ammirato il pupazzo tra le sue dita con la consapevolezza che l’oggetto si era trasformato in penna, si è subito rivolto verso lo schermo e ha iniziato a muoverlo sullo schermo, eseguendo un movimento come per voler scarabocchiare qualcosa. A quel gesto l’applicazione ha reagito riproducendo la storia registrata e mostrando le immagini, con la sorpresa di Simone il quale è rimasto particolarmente attratto visivamente non tanto dallo schermo ma dalla luce posta all’interno del pupazzo, che ha cominciato ad affievolirsi man mano che la storia veniva raccontata, fino a spegnarsi del tutto. A quel punto ha notato sullo schermo alcune delle immagini dei personaggi nominati nella storia e li ha indicati uno ad uno, chiamandoli con i loro nomi: “orso”, “volpe”, “albero”. L’ho incoraggiato a In alto: Durante la fase di TEST Simone ha provato a comporre un disegno con il pupazzo interattivo. In questa foto Simone sta collocando il castello all’interno del disegno
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sceglierli toccandoli con il pupazzo e Simone si è indirizzato subito verso l’orso. Una volta selezionato, sullo schermo è apparsa la sagoma tratteggiata dell’orso e, senza alcuna esitazione, Simone ha cominciato subito a colorare l’immagine con il pupazzo, probabilmente memore della stessa operazione eseguita con le figure di carta e le matite colorate. Anche in questo caso è rimasto molto colpito dalla pancia del pupazzo, la cui luce continuava ad affievolirsi man mano che il disegno si colorava. Ha sperimentato questa operazione più volte, poggiando il pupazzo sullo schermo e togliendolo poco dopo, fino ad aver capito dopo qualche tentativo che il fenomeno dello spegnimento della luce era dovuto alla sua azione di colorazione dell’immagine. Una volta colorata l’immagine è apparso il testo “orso” sullo schermo accompagnato dalla riproduzione vocale della stessa parola. Dopo, vedendo sia lo schermo che il pupazzo inerti, dopo qualche secondo ha cominciato a muovere il pupazzo sullo schermo, fino a toccare l’immagine dell’orso che ha cominciato a muoversi con lui. Compreso il meccanismo ha spostato l’orso sullo schermo più volte, afferrando e rilasciando l’immagine col pupazzo. A quel punto l’ho incoraggiato a tornare indietro per scegliere e colorare altre immagini, toccando il cerchio sullo schermo con il pupazzo. La stessa operazione si è ripetuta con le altre immagini, questa volta eseguita in modo totalmente autonomo e spedito, fino al completamento dell’immagine con quattro figure, momento in cui l’intero disegno è scompraso in dissolvenza dallo schermo, mostrando la schermata iniziale con il cerchio. Successivamente, Simone ha voluto continuare a giocare con la stessa storia per altre tre volte di seguito. Da quest’esperienza ho capito che in caso di effettiva realizzazione del progetto, il primissimo approccio tra il bambino e il pupazzo potrebbe necessitare di un accompagnamento e una spiegazione da parte delle insegnati della scuola, ma anche che le azioni potrebbero risultare generalmente di facile comprensione, rese intuitive dai feedback luminosi del pupazzo. Come dimostra l’esperienza di Simone, questi ultimi consistono probabilmente nell’aspetto più inaspettato e coinvolgente per la mentalità dei bambini. In questa pagina: Istantanee scattate durante la fase di USER TESTING del pupazzo interattivo
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3.7 Footprints nel mercato
Alla fine di questo percorso descrittivo del progetto e delle sue singole parti, dedico queste ultime pagine all’illustrazione di un possibile scenario di vendita e concreta realizzazione del progetto nell’ambito commerciale. Il progetto Footprints si propone come uno strumento per il racconto di storie associato al gioco e alla creatività Durante l’elaborazione del progetto ho immaginato che le storie raccontate dai genitori e le immagini con cui i bambini interagiscono potessero essere ispirate a storie già conosciute, come le più famose favole per bambini, o magari potessero ispirarsi all’ultimo film di animazione in uscita al cinema. In quest’ottica è possibile estendere il progetto ad una linea di pupazzi interattivi Footprints in cui ogni pupazzo rappresenti uno dei personaggi che compongono una singola storia. Il prodotto finale quindi potrebbe essere presentato al pubblico come un pacchetto “all inclusive”: acquistando un pupazzo interattivo Footprints si otterrebbe in allegato una serie di immagini correlate alla storia specifica, o al film di animazione, da cui è tratto il personaggio rappresentato dal pupazzo.
In alto: PACKAGING per una ipotetica linea di pupazzi interattivi Footprints
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Il genitore in questo caso registrerebbe una storia attinente allo personaggio rappresentato dal pupazzo e la invierebbe al bambino, insieme alle immagini selezionate attraverso l’applicazione smartphone. Le applicazioni per i dispositivi mobili potrebbero essere scaricate dagli store in forma gratuita, ma per utilizzarle sarebbe necessaria la presenza del pupazzo Infatti, l’applicazione per tablet risponde solo agli input provenienti dal pattern conduttivo posto sotto il pupazzo, mentre l’applicazione smartphone deve essere associata ad uno specifico pupazzo durante la registrazione del profilo del bambino per poter proseguire con il suo utilizzo. Considerando i vari elementi che compongono il pupazzo interattivo, si può approssimarne una stima del prezzo di vendita, in relazione ai costi dei singoli elementi. Per la realizzare un singolo prototipo, l’acquisto del materiale necessario è approssimabile per eccesso alla somma di 80 euro. In particolare, la somma totale della cifra è dovuta al costo del tessuto conduttivo (ho acquistato un campione di dimensioni 15 x 15 cm dal sito Plug and Wear55 ma ne ho utilizzato meno della metà, per In alto: SCHERMATA di presentazione e descrizione dell’applicazione per tablet da scaricare dopo l’acquisto del pupazzo
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un costo approssimativo di 4 euro), del microprocessore Arduino Mini 05 (venduto sull’Arduino store56 al prezzo di 20 euro), del modulo di connessione WiFly (venduto da Sparkfun57 al prezzo di 49,95 euro) e della batteria al litio (venduta da Sparkfun al prezzo di 6,95 euro). Ovviamente la mia stima non rende conto dei costi dei materiali acquistati all’ingrosso, sicuramente diversi rispetto a quelli dei materiali acquistati al dettaglio, come nel mio caso Inoltre andrebbero aggiunti i costi dovuti alla manodopera e ad altri fattori collaterali alla produzione, che non mi è stato possibile considerare per via delle diverse variabili che nelle realizzazioni industriali concorrono alla quantificazione monetaria, come ad esempio la sede geografica di produzione, la quantità di merce prodotta, le ore di lavoro, e così via. La valutazione che ho espresso può quindi essere interpretata esclusivamente come un’indicazione generale dei costi, ma non può sostituirsi ad una concreta stima che dovrebbe essere verificata nel caso di una realizzazione effettiva del progetto.
In alto: SCHERMATE descrittive dell’applicazione per smartphone all’interno degli app store
55: http://www.plugandwear.com/ 56: http://store.arduino.cc/ 57: http://www.sparkfun.com/
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Conclusioni Footprints è un sistema di condivisione di storie interattive tra genitori e figli. Il progetto si avvale delle moderne tecnologie per ovviare alla mancanza di comunicazione tra genitori impegnati e figli in cerca di attenzioni, facendo leva sugli strumenti della narrazione e della storia illustrata come chiavi di accesso ai mondi interiori dei bambini. Per la definizione e realizzazione di Footprints ho unito la mia passione per l’illustrazione agli scopi che il progetto doveva perseguire, come elemento comunicativo di grande efficacia nei confronti dei bambini. Le storie illustrate sono capaci di stimolare visivamente i bambini inducendoli a esternare le loro sensazioni ed emozioni, inoltre la narrazione di storie per immagini è un momento intimo che lega profondamente genitore e figlio rafforzando la loro relazione. L’elaborazione di Footprints mi ha permesso di fare luce su diversi aspetti che da sempre mi hanno interessato, ma che non avevo mai avuto modo di approfondire, come la cognizione e interpretazione delle arti creative nel mondo dell’infanzia e le tecniche specifiche di rappresentazione delle storie illustrate. Ho sperimentato diverse tecniche e stili di rappresentazione prendendo spunto dal mondo dell’illustrazione dell’infanzia fino a trovare nello stile “materico” di cui si costituiscono le illustrazioni finali la forma corretta di rappresentazione per il progetto. Per la comprensione teorica dei temi affrontati dalla tesi è stato sicuramente di grande aiuto lo studio di manuali di pedagogia e scritti specializzati, come nel caso dei trattati di Jean Piaget, ma è stato soprattutto il verificare dal vivo, in campo scolastico, la vita quotidiana dei bambini che mi ha permesso di capire realmente ciò che leggevo sui libri. Ciò che mi interessava indagare nel campo dell’interaction design era l’intersezione tra il mondo digitale e quello tangibile, prendendo spunto proprio dall’immaginario infantile ricco di caratteristiche fantastiche e magiche. Footprints infatti rende un pò di questa magia sfruttando le potenzialità della tecnologia e del physical computing, ambito del quale sono interessato e in cui mi sono cimentato per la prima volta da
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solo, dopo i progetti universitari realizzati in gruppo con altri studenti, per la realizzazione del pupazzo interattivo Sicuramente le mie capacità manuali per la realizzazione del prototipo di stoffa possono essere perfettibili in vista di progetti futuri, ma in linea generale mi ritengo soddisfatto del risultato ottenuto. Ho riscontrato diverse difficoltà all’inizio del percorso, nel decifrare all’interno del mosaico di idee la combinazione di tessere giusta per raggiungere l’obiettivo preposto. Moltissime erano le idee, ma nessuna sembrava essere convincente, ma poi è stata l’analisi approfondita degli utenti presi in esame e delle loro vite quotidiane a farmi trovare la soluzione più indicata al problema. Una conoscenza più approfondita dal punto di vista tecnico sulle possibilità di connessione e comunicazione tra dispositivi diversi mi avrebbe consentito di sviluppare l’aspetto tecnologico del sistema in modo più veloce, sia per la progettazione del pupazzo interattivo che per la sua effettiva realizzazione. Alla fine di questo percorso di elaborazione della tesi posso auspicare che il progetto realizzato possa un giorno essere ampliato nelle sue potenzialità, magari espandendosi anche ad altre fasce di età nel caso dei bambini, o ampliando l’offerta di immagini e personaggi per diversi pupazzi interattivi Risulta chiaro che l’intero progetto si inserisce all’interno del meccanismo di introduzione della tecnologia all’interno dei sistemi scolastici, che lentamente sta prendendo avvio negli ultimi anni. Ciò che mi auguro di aver raggiunto con Footprints è dare un incentivo a tale processo, che possa stimolare la visione di una scuola connessa col mondo che tragga il meglio dalle potenzialità della tecnologia, senza snaturare il necessario e fondamentale approccio umano che bisogna mantenere nei confronti dei bambini. La tecnologia, quindi, in questo caso vuole essere un’aggiunta alla realtà, che intervenga a sostegno e ampliamento dell’educazione e della comunicazione senza sostituirsi a nessuna delle due, promuovendo il ritrovamento di un contatto umano e concreto.
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Appendici Appendice A - Schema del circuito del prototipo - Flowchart del pupazzo Lo schema del circuito è realizzato tramite il software open source Fritzing, http://www.fritzing.org/
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Appendice B - Sequenza delle schermate dell’applicazione per tablet - Flowchart dell’applicazione per tablet
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Appendice C - Flowmap delle schermate dell’applicazione per smartphone - Flowchart dell’applicazione per smartphone
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Ringraziamenti Arrivato alla fine di questo lungo percorso di tesi, ricco di momenti di allegria e soddisfazione, ma anche di tensione e duro lavoro, mi sento di ringraziare e citare di seguito tutte le persone che in un modo o in un altro sono state fondamentali per la buona riuscita del progetto. Il ringraziamento più grande va alla mia famiglia per avermi sempre supportato e sopportato durante tutti gli anni di studio e per aver creduto in me, la mia mamma Etta per l’aiuto che mi ha dato con le sue sorprendenti doti di sarta, mio papà Paolo e mio fratello Marco per avermi assistito e aiutato a fare luce nella foresta di idee e intuizioni. Grazie agli insegnanti e relatori della mia tesi Philip Tabor e Gillian Crampton Smith per avermi aiutato e consigliato scrupolosamente in questi mesi e per avermi permesso di vedere il mondo da un punto di vista nuovo, formandomi come futuro interaction designer. Un grazie alle amiche e coinquiline con cui ho condiviso la quotidianità durante tutti questi mesi tra spensieratezza, sessioni di supporto psicologico e assistenza medicale: Marika Ciocca, Maria Fiore, Marianna Morgante, Anna Rodighiero. Grazie a tutti i miei compagni di viaggio e amici tesisti, in particolar modo Amanda Rezza con la quale ho condiviso diversi momenti di ordinaria follia. Grazie anche a Massimo Ghiotto e a suo nipote Simone per essersi prestati come attori del video. Grazie agli amici e colleghi di Fjord Berlin e Fjord Paris, con cui ho condiviso un’esperienza fantastica e che mi hanno ispirato in vari modi per la realizzazione di questa tesi, in particolar modo Xavier Blanc Baudriller, Gianni Cardone, Anna Kraft, Martina Maitan, Christine Modica, Jannes Peters, Nicolas Potier. Infine un grazie a tutte le persone che in vari modi durante questo percorso si sono interessate alla tesi e a quelle che, con i migliori auspici, se ne interesseranno in futuro.
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Fonti Libri
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Articoli
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Immagini
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pp. 36-37: www.pasapas-project.com www.designboom.com/weblog/cat/16/view/12399/passiripatti-iobr.html pp. 39-43: illustrazioni personali p. 44: foto personale pp. 45-46: http://www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/50634 pp. 48-50: illustrazioni personali pp. 52-55: illustrazioni personali p. 56: estratti dai video di presentazione disponibili alle pagine http://volumique.com/v2/?portfolio=27 http://volumique.com/v2/?portfolio=20 p. 57: http://www.fastcocreate.com/1680125/meet-danieljohnston-s-space-ducks#9 p. 58: foto e illustrazioni personali pp. 59-63: illustrazioni personali pp. 64-65: foto personali p. 66: illustrazione personale pp. 67-69: foto personali pp. 70-74: illustrazioni e immagini personali p. 77: foto personale p. 78: illustrazione personale
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p. 79: foto personali pp. 80-82: illustrazioni personali p. 83: foto personale pp. 84-93: illustrazioni e immagini personali pp. 94-95: foto personali pp. 96-104: immagini personali pp. 105-107: illustrazioni personali p. 108: http://www.adafruit.com/products/258 http://www.sparkfun.com/products/11303 http://www.sparkfun.com/products/10004 p. 109: illustrazione personale p.110: foto personale p. 111: illustrazione personale pp. 112-114: foto personali p. 115: illustrazione personale pp. 116-117: immagini personali pp. 120-125: immagini e schemi personali
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Colophon Font testo PT Sans (Regular, Italic, Bold) corpo 10 pt interlinea 13 pt
Font titoli PT Sans (Italic) corpo 50 pt interlinea 42 pt
Font note PT Sans (Regular) corpo 8 pt interlinea 10 pt
Font didascalie PT Sans (Italic) corpo 8 pt interlinea 9,6 pt
Software Adobe InDesign CS5 Adobe Photoshop CS5
Carta Bianca patinata opaca - 130 g Bianca patinata lucia - 250 g
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UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA FACOLTA’ DI DESIGN E ARTI
DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELL’ELABORATO FINALE (da inserire come ultima pagina della dell’elaborato finale) Simone Capano 272251 Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...…………….
Comunicazioni Visive e Multimediali laureando/a in ………………………………………………... Aprile 2013 2011/2012 sessione ………………………… dell’a.a. …………….………….
DICHIARA
che l’elaborato finale dal titolo: …………………………………………………………………………………………. Footprints: storie interattive per la comunicazione tra genitori e figli ………………………………………………………………………………………….
√ è consultabile da subito potrà essere consultato a partire dal giorno ………………….. non è consultabile (barrare la casella della opzione prescelta)
data …………………..
firma ………………………