kyoss maggio 2015

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KYOSS - MENSILE N. 178 MAGGIO 2015 - POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, NE/VR - EURO 7,00

B i e n n a l e A r t e Ve n e z i a EXPO Milano

VENEZIA 56ª Biennale Arte Padiglione Japan - Chiharu Shiota Ph simone pavan

PEGGY GUGGENHEIM COLLECTION I MART ROVERETO I MUSE TRENTO I BIENNALE DI VENEZIA I CULT VENEZIE I TRIENNALE DESIGN MILANO I MAXXI ROMA I MAX MUSEO CHIASSO I MAMBO BOLOGNA I GAM TORINO

maggio 2015



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MAGGIO

Art Director, Direttore Responsabile: Simone Pavan artdirector@kyoss.it Mensile Maggio 2015 anno 15 numero 178 Capo redattore: Elisabetta Badiello redazione@kyoss.it Progetto grafico: Kyoss Agency

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BIENNALE ARTE VENEZIA COSA SUCCEDE IN CITTà ARTE MUSEUM - critica TEATRO - DANZA CINEMA FOOD MUSICA SPECIALE EXPO MILANO INTERVISTA ALESSANDRO MENDINI

Fotografia: Simone Pavan Wilder Biral Hanno collaborato a questo numero: Cristiana Albertini Guendalina Anzolin Elisabetta Badiello Michele Bertuzzo Wilder Biral Annachiara Brighenti Anna Caldera Andrea Danzo Stefano Danzo Joelle De Jaegher Salvatore Fazia Laura Ferraro Michela Luce Alessandra Plichero Gelindo Pretto Riccardo Ricci Giorgia Riconda Carlo Stratta Giorgia Toscani

kyoss collabora con:

MUSEO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI TRENTO E ROVERETO

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Edito da: KYOSS agency Agenzia di Pubblicità e Marketing Vicenza - Milano +39 0445 1880522 www.kyoss.it info@kyoss.it Iscrizione al Tribunale di Vicenza n° 1002 28/05/01 numero del Repertorio del ROC 19214. Stampa: DEL GALLO EDITORI - SPOLETO www.delgalloeditori.com

Museo delle Scienze di Trento

Museo Design Chiasso Svizzera


l’altra copertina paolo baratta presidente della biennale di venezia

le caricature di kyoss www.andreadallabarba.com


biennale arte venezia Di Elisabetta Badiello e Simone Pavan

lasciate ogni speranza, voi ch’entrate

A volte ritornano. Parliamo di Das Kapital di Karl Marx, opera rivoluzionaria, alla base delle teorie sul marxismo, la cui lettura integrale dei quattro libri in inglese rappresenta il fulcro della Biennale Arte, aperta in questi giorni e più che mai longeva, a 120 anni dalla prima edizione. Lo spazio è l’Arena, appositamente allestita all’interno del padiglione centrale dei Giardini, gradinate e cuscini per uno spazio ampio, una sorta di agorà dove i visitatori siedono, ascoltano, riflettono. La facciata dell’edificio è vestita con lunghi drappi neri dall’aspetto un po’ inquietante: tele dipinte dell’artista colombiano Oscar Murillo che lanciano oscuri presagi. Come spiega il curatore Okwui Enwezor, direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera, questa esposizione è una biennale sociopolitica, che mette in luce disagi e lacerazioni. Okwui ritiene che l’arte possa essere un formidabile strumento di comunicazione e richiama quindi tutti gli artisti all’impegno civile. Molti gli spunti di riflessione lungo il percorso dell’esposizione, di non facile lettura anche perché il viaggio non può che essere personale e le corde attivate dalle suggestioni esterne non sono uguali per tutti. Non cercate risposte, non ci sono. Giardini o Arsenale il fulcro è la guerra, la violenza quotidiana, i diritti umani negati, lo sfruttamento, il femminismo. Ciò che emerge leggendo i nomi degli artisti, per lo più giovani e poco conosciuti, è che pochi vivono ancora nel luogo dove sono nati, gran parte hanno lasciato il paese d’origine per trasferirsi altrove e sebbene la provenienza, le diverse latitudini e culture, i temi sono gli stessi. Una biennale multietnica, con una certa propensione all’Africa, dove il virtuale sembra sparito, così come l’abilità tecnica e le installazioni si alternano a film e performance.


provocation is at home or Leave all hope, thou who enter

Sometimes they return. We’re talking about Das Kapital by Karl Marx, revolutionary oeuvre , all at the basis of the theories of marxism, the entire four books reading representing the cornerstone of the Bienale Arte, open in these days and more than ever long-lasting, 120 years from the first edition. The space is the Arena, especially prepared inside the central pavilion of the Giardini, terraces and cushions for a wide space, a sort of agorà where visitors can sit, listen, reflect. The facade of the building is dressed with long black drapes with a sort of disturbing look: canvases painted by the Colombian artist Oscar Murillo that throw obscure omens. As explained by the curator Okwui Enwezor, director of the Haus der Kunst in Munich, this exhibition is socio-political biennial, that highlights bothers and wounds. Okwui claims that art can be a formidable tool of communication and summons all of the artists to civil commitment There is a lot of food for thought along the path of the exhibition, hard to interpret also because the journey cannot be but personal and the strings pulled by the external suggestions aren’t the same for everyone. Don’t look for answers, there aren’t any. Giardini or Arsenale, the cornerstones are war, everyday violence, denial of human rights, exploitation, feminism. What emerges when reading the names of the artists, mostly young and quite unknown, is that few of them still live in the place where they were born, the majority have left the country of origin to move elsewhere and despite the different origins, latitudes and cultures, the topics are the same. A multiethnic biennale, with a certain propensity towards Africa, where virtuality seems to have disappeared, in the same way technical skills and and installations interchange with films and performances.


biennale arsenale All’ingresso delle Corderie il benvenuto sono i coltelli dell’algerino Adel Abdessemed e le scritte al neon di Bruce Nauman, già Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1999, che recitano morte, paura, odio. Si prosegue tra le motoseghe nere di Monica Bonvicini. In un’atmosfera cupa, assorti nel buio che si fa opprimente, a inondare l’occhio con il colore ci sono le macerie dell’installazione di Katharine Grosse. Siamo in pieno conflitto, una crisi epocale dove regnano violenza, dolore e morte. Ostilità non circoscritta alle zone di guerra ma ormai diffusa, globalizzata. In fondo se la cultura è globale perché la guerra, che ne fa parte, dovrebbe restare tra in confini di uno stato? E ancora una suggestiva torre di tamburi di ben sette metri opera dell’artista americano Terry Adkins, scomparso nel 2014. Si prosegue. Un’imponente parete bianca con 177 coppie di libri, una per ogni giorno della manifestazione. Tra le pagine il concetto di “latenza”, quello spazio tra lo scatto e lo sviluppo fotografico, quell’intervallo in cui nulla esiste. Autori i libanesi Hadjithomas Joana & Joreige Khalil che rappresentano lo stato di latenza in cui vive la popolazione del loro paese. Ancora, i vestiti che sono stati lanciati contro Putin da Gluklya (Natalia Pershina-Yakimanskaya fondatrice del collettivo Factory of Found Clothes) simbolo di ribellione e i grossi timbri di Barthélémy Toguo, mezzi busti di legno con scritte ambigue.

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Il padiglione del fino ad ora sconosciuto Tuvalu. Non sapevamo nemmeno dell’esistenza di queste piccole isole che scopriamo essere nell’oceano Pacifico, a metà strada tra le Hawaii e l’Australia. Ebbene Tuvalu è a rischio inabissamento per l’innalzamento dei mari, in analogia con Venezia. All’Arsenale per la seconda volta il Padiglione della Santa Sede, nella Sala d’Armi nord con un allestimento ispirato al Nuovo Testamento. “In Principio… la parola si fece carne” il tema scelto dal Cardinal Ravasi e curato da Micol Forti. Tre spazi collegati tra loro che si prestano a diversa lettura. Sempre all’Arsenale, verso il Giardino delle Vergini, uno spazio ampio rappresentato da più artisti quello della Cina. Lu Yang, nata a Shangai, è autrice di un lavoro complesso ma suggestivo dal titolo Nucleo di King Kong Adirato. Secondo il buddismo l’epoca in cui viviamo è il “Periodo del declino” e Vajrabhairava, un King Kong iracondo ma abbastanza potente per sottomettere tutti i mali, brucerà gli ostacoli karmici di tutte le vite precedenti con il fuoco della misericordia. Un’opera che utilizza una serie di animazioni 3D, grafici medici, documenti complementari e musica.


At the entrance you are greeted by the knives of the Adel Abdessemed and Bruce Nauman’s neon writings, which are about death, fear, hate. Then there are Monica Bonvicini’s black chainsaws. In a dark atmosphere, flooding the eye with color, there’s the installation by Katharine Grosse. We are in total conflict and violence, pain and death reign. Hostility isn’t only in war zones but is by now widespread, globalized. After all, if culture is global, why should war remain within a country’s borders? And again an evocative seven meter drum tower by Terry Adkins, who passed away in 2014. And then there’s an impressive white wall with 177 pairs of books, one for each day of the event. Between the pages the concept of “latency”, that space between the click and the photographic development, the interval in which nothing exists. A work by Hadjithomas Joana & Joreige Khalil who represent the state of latency in which their country’s population lives.

Then there are the clothes thrown against Putin by Gluklya, a symbol of rebellion and the big stamps of Barthélémy Toguo, wooden meat puppets with ambiguous writings. Another pavilion is Tuvalu’s. We’d never heard of these Pacific little islands that risk sinking because of sea levels rising, like Venice. For the second time at the Arsenale the Holy See’s Pavilion, in the Northern Hall of Arms with a set-up inspired by the New Testament. “In the Beginning ... the Word became flesh” the theme chosen by Cardinal Ravasi and conceived by Micol Forti. Three interconnected spaces that lend themselves to different interpretations. Still at the Arsenale, towards the Giardino delle Vergini, the Chinese wide space represented by many artists. Lu Yang is the author of a complex work called Nucleus of angry King Kong. According to Buddhism ours the “Age of decline” and Vajrabhairava, an angry King Kong though strong enough to tame all evil, will burn the Karmic obstacles of all previous lives with the fire of mercy. A work that uses a series of 3D animations, medical diagrams, complimentary documents and music.

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codice italia Codice Italia è l’interessante padiglione dell’Italia all’Arsenale dove il curatore Vincenzo Trione ha scelto di sviluppare il tema della memoria. Dal bisogno di continuità con il passato gli artisti si “riappropriano della storia, la distruggono, la profanano e la fanno succedere oggi”. Opere dove la ricerca di un nuovo linguaggio convive con i momenti della storia dell’arte, l’avanguardia flirta con la memoria. Stanze monografiche dedicate ciascuna a un artista, un ambiente rigoroso dove gli artisti si esprimono con il mezzo a loro più congeniale sia pittura, scultura, disegno, fotografia, video, performance o cinema. All’ingresso l’allestimento di Peter Greenaway che rende omaggio all’Italia con un felice caleidoscopio di immagini e di parole che ripercorre la nostra storia dell’arte.

Codice Italia is the Italian pavilion at Arsenale where the curator Vincenzo Trione has developed the theme of memory. The artists “repossess their history, they destroy it, they profane it, and make it happen today”. Works where the pursuit of a new language coexists with moments of art history, avant-garde flirts with memory. Monographic rooms dedicated to one artist, a strict environment where artists express themselves with the media they prefer. At the entrance the setting by Peter Greenway which pays tribute to Italy with a cheerful kaleidoscope of images and words which retrace our history of art.

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biennale giardini Il tema del conflitto è ricorrente. A partire dal padiglione Russo con una gigantesca maschera antigas di Irina Nakhova. Per alleviare la pesantezza Sarah Lucas ha realizzato per la Gran Bretagna un edificio dove regna il giallo, per “inondare il padiglione con la luce del sole e mettere tutti di buon umore”. La mostra nasce con l’idea del dessert, di un dolcetto da gustare e come tale è ricca di…sculture. Visitare per…sorridere. Fanno poi discutere il padiglione della Germania spostato in alto con un’angusta scala che conduce al piano dove è stato allestito uno spazio espositivo e la Spagna che tra i numerosi video che scorrono su schermi affissi alle pareti ha disposto un’edicola dove ridicolizza la figura politica di Berlusconi con riferimenti alla politica italiana, a corruzione e bunga bunga. Il tutto di fianco a un’altra edicola coperta da un telo con la scritta “materiali per adulti vietato ai minori”, un chiaro invito al quale pochi resistono. Interessante il progetto di Moon Kyungwon & Jeon Joonho per il padiglione coreano dove con un’installazione cinematografica multicanale, partendo dalla cultura taoista, si esprimono il desiderio dell’essere umano di superare le barriere fisiche e quelle percepite attraverso la proposta di diverse tipologie di futuro. Poetica l’installazione dell’artista Chiharu Shiota nel padiglione del Giappone curato da Hitoshi Nakano dal titolo The Key in the Hand. Le chiavi sono un elemento familiare a tutti, proteggono persone per noi importanti oltre agli spazi dove viviamo. La chiave diviene così metafora della memoria, dei pensieri che ogni visitatore porta con se e che si accavallano con quelli dell’artista, la possibilità di comunicare in modo nuovo e comprendere meglio l’affinità con gli altri, accrescendo l’intesa.

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The theme of conflict is recurring. Starting from the Russian pavilion with an enormous gas mask by Irina Nakhova. In order to alleviate the heaviness Sarah Lucas made for GB a yellow dominated building, to “flood the pavilion with sunshine and make cheer everyone up”. The exhibition was born with the idea of dessert, of a candy to be savored and so it’s rich of...sculptures. Arguable are the German pavilion which is up some narrow stairs and the Spanish one where among the many videos that flow on screens on the walls there’s a newsagent which ridicules Berlusconi with references to Italian politics, corruption and bunga bunga. All next to another newsagent covered by a cloth with written “adult material under 18s not admitted”. Interesting project by Moon Kyungwon & Jeon Joonho for the Korean pavilion where with a multichannel cinema installation, starting from taoist culture, the human desire to breaking physical barriers and those per perceived through the suggestion of different types of future are expressed. Poetical installation by Chiharu Shiota in the Japanese pavilion by Hitoshi Nakano called The Key in the Hand. Keys are a familiar element for everyone, they protect the people we care about as well as the spaces where we live. The key becomes a metaphor of memory, of the thoughts that each visitor brings along and which are welter with the artist’s ones, the chance of communicating in a new way and better understanding affinity with others.


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ARNAUD & ADELINE NAZARE-AGA Il designer francese Arnaud Nazare-Aga, e la moglie filippina Adeline, si incontrano per la prima volta a Hong Kong. Da questo incontro di due cosi diverse culture, nasce un percorso di vita e artistico che cambierà radicalmente il mondo dei due artisti. Con Adeline al volante creativo e con le capacità imprenditoriali di Arnaud, creano la loro firma “Artheline” e il conseguente “Artheline PAJ’Art”, uno studio d’arte con sede a Bangkok dedicato alla produzione delle loro sculture creative. Oltre che in Francia, Italia e altri paesi Europei, la loro produzione artistica si espande anche in Asia, dove espongono in AAF (Affordable Art Fair) Singapore, in gallerie di Hong Kong, Australia, Singapore e Bangkok. Durante l’AAF Singapore le opere Artheline hanno un grande successo e registrano un quasi tutto esaurito. Si tratta di sculture di svariate dimensioni, con linee sinuose e dai colori sgargianti. Secondo i due artisti, queste sculture dalle forme dolci, lisce e colorate, hanno il compito di infondere gioia ed elevare l’umore di tutti coloro che le osservano.

Le opere di ARNAUD & ADELINE NAZARE-AGA, sono di varie dimensioni, in resina e fibra di vetro, rigorosamente tutte dipinte a mano, firmate e numerate. Sono disponibili solo ed esclusivamente presso la galleria Deodato Arte, Le opere sono disponibili a partire da 295,00 euro presso la Galleria Deodato Arte Presentando in Galleria questa pagina entro il 15 giugno 2015, avrai uno SCONTO di 100,00 euro su ognuna di queste sculture Via Carlo Pisacane 36, Milano www.deodato.com 02 39521618


ANA tzarev celebration of life

Love, 2013 Edizione 1/12 Brinzo e pittura rossa 80 x 69 x 71 cm Courtesy foto: Today Art Museum

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ARTIST

ANA tzarev celebration of life Dall’8 maggio al 22 novembre mostra presso Museo Diocesano Sant’Apollonia a Venezia Inaugurazione: 8 maggio ore 18. La mostra raccoglie più di venticinque opere, tra pittura e scultura, realizzate dall’artista croata negli ultimi dieci anni. Dopo aver girato in lungo e largo il pianeta con mostre nei musei tra i più interessanti, da Londra a Mosca, da Pechino a Istanbul, passando per Roma, Singapore e New York, l’artista croata Ana Tzarev approda per la terza volta al Museo Diocesano di Venezia. L’accoglienza delle mostre precedenti ha guidato la nuova proposta espositiva che, col titolo “Celebration of Life” dichiara apertamente la ricerca dell’artista: un omaggio alla vita intesa come espressione gioiosa della natura. Natura madre, accogliente, spiritualmente pacificante, rigogliosa e morbida, finanche carnosa se ci si sofferma sui petali dei grandi fiori che si aprono agli occhi dei visitatori.

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La mostra potrebbe quasi definirsi retrospettiva, considerando che propone opere che attraversano una decade, pur mantenendo una freschezza e una vitalità costante. A far immergere totalmente il visitatore nel lavoro è anche il progetto allestitivo, affidato allo Studio di architettura Verlato+Zordan e alla società di servizi per l’arte Green Spin, entrambi di Vicenza. La Galleria Ana Tzarev di New York li ha selezionati per la loro già nota esperienza, che unisce conoscenza dell’arte e capacità allestitive e gestionali. Entrando al Museo Diocesano si percepisce appieno un sentimento tra meraviglia e stupore, vicino a quello che si prova proprio di fronte allo spettacolo della natura. Celebration of Life si presenta come un vortice di colori in cui le dimensioni di spazio e tempo perdono i contorni, sfumandosi in un unicum dal sapore di eternità, in cui forme semplici, senza fronzoli, sono capaci di condurre in una “serra” di oli su tela e sculture in vetroresina. Tra i lavori che più rappresentano queste esplorazioni, figura l’opera centrale della mostra: Peace (2013), una scultura di tre metri e mezzo in vetroresina, raffigurante una ninfea color acquamarina. Come è anche per la sua pittura, questa scultura è un intreccio di forme naturali ed elementi di vita organica reinterpretati in modo fantastico e dilatati nello spazio. La mostra rappresenta pienamente la produzione di Ana Tzarev, creando una soluzione di continuità tra ogni lavoro che, però, è capace di una vita e di una forza autonoma, con richiami naturali al naïf e riferimenti che vanno da Van Gogh a Monet, da Georgia O’Keefe a Marc Queen, come rilevato dal critico Marco Tonelli (M.Tonelli, Re-enchantment, 2013). 22

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-3-41 - Peace (Aquamarine), 2013 Vetroresina 350 x 400 x 300 cm Courtesy foto: Clément Duquenne 2 - Emerald Spring II, 2010 Olio su lino 146 x 114 cm Courtesy foto: Ana Tzarev Gallery 3 - Emperator (Iris)(Garden La Fleur du Cap), 2011 olio su lino, 195 x 195 cm Courtsy Ana Tzarev Gallery 4 - April Song, 2012 Olio su lino 195 x 195 cm Courtesy foto: Ana Tzarev Gallery 5 - Birth of Spring I (1 di 5), 2014 Olio su lino 250 x 195 cm Courtesy foto: Ana Tzarev Gallery 6 - Amber Treasure, 2011 Olio su lino 195 x 195 cm Courtesy foto: Ana Tzarev Gallery

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Info: Ana Tzarev Celebration of Life a cura di Alex Gao Museo Diocesano-Sant’ Apollonia Sestiere Castello, 4312, Venezia Ingresso gratuito Giorni e orari di aperture: dal martedì alla domenica dalle 10 alle 17 museodiocesano@patriarcatovenezia.it T.+39 041 5229166 Ana Tzarev Gallery, New York jw@anatzarev.com Produzione mostra: Green Spin Srl

CENNI SULL’ARTISTA Le opere di Ana Tzarev, definita “pittrice dinamica e visionaria” dal critico d’arte Edward Lucie-Smith, colpiscono l’osservatore per l’elaborata trama pittorica e il vivace cromatismo. Gli strati “scolpiti” di colore si sollevano dalle tele per raggiungere lo spazio dello spettatore, che viene così catturato nel linguaggio visivo proprio dell’artista. Ana Tzarev (nata nel 1937 a Trogir, Croazia) ha iniziato la sua carriera di pittrice e scultrice attorno ai cinquant’anni. La professione e i numerosi viaggi fatti prima di intraprendere la carriera artistica hanno influenzato molto il suo stile e il contenuto delle opere. Nei dipinti ad olio e negli acquerelli degli ultimi vent’anni l’artista ha esplorato molto l’aspetto materico, testando così i confini tra le diverse tecniche artistiche. I motivi e la consistenza delle pennellate che caratterizzano le tele di quest’artista hanno radici nel suo passato di sarta e disegnatrice di tessuti. Molto portata per il cucito e i lavori a maglia, poté continuare gli studi nella Croazia del dopoguerra, fino ad ottenere un diploma in fashion design. I decenni trascorsi nel campo della manifattura di tessuti e stampa delle sete le permisero di affinare la tecnica cromatica. Una forte passione per i fiori e per le tradizioni culturali definiscono le opere di Ana Tzarev. Nelle sue collezioni Masterpiece Theatre: Legends of the Japanese Kabuki Stage, Spirit of Hawaii e Journey of Discovery, pennellate energiche e colori brillanti vengono usati per rendere il movimento e la memoria, per fermare nel tempo un attimo fugace o ricordi di vita vissuta. In Life of Flowers, infatti, l’artista unisce all’osservazione diretta di forme e colori presenti in natura le immagini dei mercati di fiori visitati in Europa ed Asia. Negli anni recenti lo spazio come dimensione ha avuto un ruolo sempre più rilevante nelle opere dell’artista permettendole di evidenziare le qualità scultoree della sua pittura. Nelle collezioni Exposed e Wonderland dipinge su più pannelli, conferendo alle voluttuose raffigurazioni della natura un aspetto fortemente coinvolgente. I fiori sono portati in primo piano, ogni soggetto è dotato di sua personalità, sovvertendo così le rappresentazioni pittoriche tradizionali. Queste stesse qualità sono presenti nelle iconiche sculture floreali in vetroresina della serie Love &Peace. Proprio come le immagini dei dipinti ad olio colpiscono per la capacità di emergere dalla tela, i papaveri e le ninfee di tre metri e mezzo invitano il visitatore ad interagire con esse. La produzione artistica di Tzarev è motivata dal fermo convincimento che come la natura e la bellezza sono fonti di rinascita, l’arte può portare un cambiamento positivo nel mondo. Dalla sua prima personale alla Saatchi Gallery di Londra nel 2012, le opere di Tzarev sono state ammirate in Europa, Asia e Nord America, compresi il Museo di San Pietroburgo, il Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma, la Cité des Arts di Parigi e il Today Art Museum di Pechino. Le sculture dell’artista sono state esposte nelle città di tutto il mondo, incluse mostre pubbliche a Londra, Singapore, New York e Venezia. 23


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ROMA COSA SUCCEDE IN CITTà?

romart

Fino al 18 maggio 17 mila metri quadrati allestiti per la Biennale Internazionale di Arte e Cultura che approda per la prima volta nella capitale. Pittura, scultura, digital art, fotografia: sarà l’incontro con l’arte, a prescindere dalla sua forma, il tema dominante. Sono previsti premi per le diverse sezioni, alcuni decisi da una giuria virtuale e altri dai visitatori stessi. Si tratta di una grande scommessa per Roma e per il mondo dell’arte che è riuscito a imporsi con un evento di tale portata. Saranno numerosi gli incontri proposti, da presentazioni di libri a mostre fotografiche e conferenze quale, per esempio, “Il Dialogo del Bello e del Sublime” (in programma il 17 maggio). Inoltre, in ossequio al motto dell’esibizione “l’arte è per tutti”, l’ingresso all’evento sarà gratuito.

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Guendalina Anzolin Corrispondente da Roma info@kyoss.it

i colori di matisse

oltre lo sguardo Fino al 20 settembre Steve Mc Curry torna a Roma dopo quattro anni e lo fa con una mostra, da poco ospitata a Monza, che ha avuto un enorme successo. Cinecittà raccoglie le opere di Oltre lo sguardo, con gli ultimi lavori del fotografo americano che rispondono all’esigenza di una nuova ricerca di luce e spazio. Non mancano i ritratti classici e le finestre sui viaggi che hanno scandito la sua vita.

Fino al 21 giugno “Il colore esiste in sé stesso, possiede una sua reale bellezza”. Queste parole di Matisse, il genio anti Picasso, riecheggiano nelle novanta opere esposte alle Scuderie del Quirinale. Emergono i colori puri, la mancanza di profondità e i richiami all’amata arte africana e orientale.

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milano cosa succede in città?

mercato metropolitano

Dopo quello del Duomo, ha aperto il 1° maggio anche il Mercato Metropolitano, un farmer market di eccellenze italiane in zona Navigli, aperto per l’intero periodo di Expo, tutti i giorni fino a sera tarda per accogliere i visitatori con cinema all’aperto, concerti, corsi di cucina e orti condivisi. Il Mercato Metropolitano, con i sui 15 mila metri quadrati, punta a diventare un altro polo gastronomico importante per la città, dove trovare il meglio dell’ortofrutta italiana, street food di qualità, gastronomia regionale ma anche formazione sui temi del cibo e intrattenimento per tutte le età. La zona interna è divisa in 3 aree: una dedicata alla ristorazione con oltre 15 ristorantini, una riservata al vero e proprio market dove espongono oltre 200 piccoli produttori e infine una terza dedicata alla formazione, con una cucina didattica per imparare passo passo a cucinare in maniera salutare secondo i 5 colori del benessere. www.mercatometropolitano.it

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Giorgia Toscani Corrispondente da Milano info@kyoss.it

devil town Fino il 30 maggio Galleria Giò Marconi La Galleria Giò Marconi organizza la prima personale italiana di Alex Da Corte, che vive e lavora a Philadelphia. L’artista americano modifica gli spazi espositivi con le sue particolari installazioni ambientali, eccentriche e surreali. Interventi globali, che alterano le dimensioni reali con l’uso di luci, colori, oggetti, prospettive e wall painting. www.giomarconi.com

il racconto onesto

world press photo Fino al 31 maggio Fotografia e giornalismo: le immagini premiate nel 2015 Galleria Carla Sozzani, Corso Como, 10 Il Premio World Press Photo è uno dei più significativi riconoscimenti nell’ambito del Fotogiornalismo. Le fotografie dei vincitori sono pubblicate nel caratteristico catalogo e vengono esposte in tutto il mondo in importanti gallerie e musei in un tour sempre più ampio, che quest’anno prevede mostre in circa 100 città e in 45 diversi Paesi. www.galleriacarlasozzani.org

Fino il 7 giugno Forma Meravigli Fondazione Forma per la fotografia propone come prima mostra inaugurale la collettiva “Il racconto onesto”. Scrittori e fotografi hanno risposto all’invito di Goffredo Fofi: interrogarsi sul “da dove veniamo”, per capire “chi siamo”. Alle immagini dei reporter Guido Piscitelli, Tommaso Ausili e Nicolò Degiorgis si affiancano gli scritti di Roberto Saviano, Antonio Scurati e Silvia Ballestra. www.formafoto.it

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VENEZIA COSA SUCCEDE IN CITTà?

nuova oggettività Fino alla fine di agosto sarà possibile visitare, nelle sale del Museo Correr di Piazza San Marco, la mostra “Nuova Oggettività” dedicata all’arte tedesca al tempo della Repubblica di Weimar (1919-1933). L’esposizione, divisa in cinque sezioni (la vita nella democrazia e le conseguenze della guerra, la città e la natura del paesaggio, natura morta e beni di consumo, l’uomo e la macchina e nuove identità), vede la partecipazione sia di grandi artisti come Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann e

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di nomi meno noti al grande pubblico, tra cui Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann… Gli artisti tedeschi dell’epoca si confrontano con le devastanti conseguenze della Prima Guerra Mondiale; con gli effetti sociali, culturali ed economici del rapido processo di modernizzazione e urbanizzazione che muta il volto della Germania; con la piaga della disoccupazione dilagante e la disperazione di vasti strati della società; con i mutamenti delle identità di genere e gli sviluppi della tecnologia e dell’industria.


Giorgia Riconda corrispondente da Venezia info@kyoss.it

Cy Twombly Paradise Fino al 13 settembre sarà possibile visitare negli spazi della Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro, la mostra monografica “Cy Twombly Paradise”. L’esposizione è un percorso iniziatico che attraversa sessant’anni della produzione di Twombly pittore e scultore e della sua indefessa creatività, che a Venezia ritrova una nuova prospettiva sui misteri e le rivelazioni dell’arte di Twombly. L’opera di Cy Twombly, scomparso nel 2011, ruota intorno ai temi universali di amore, arte, bellezza e morte, tuttavia la peculiarità della sua visione artistica e la sua prospettiva del mondo ne offrono un’interpretazione straordinariamente originale. Come molti della sua generazione, Twombly ha reagito contro la tendenza pittorica dominante dell’Espressionismo Astratto, ma a differenza di altri, indirizzati verso l’immaginario Pop e il Neodadaismo, egli ha operato una sintesi tra i lasciti e le tecniche consolidate dell’astrazione gestuale e la tradizione della pittura europea.

Jimmie Durham

Beyond the lens Fino al 14 giugno è possibile visitare “Beyond the lens”: mostra personale di Carlo d’Orta che raccoglie una selezione degli ultimi lavori del fotografo italiano tra grandi immagini, intriganti installazioni e delicate sculture di vetro. Come sottolineano i curatori: “Beyond the lens non è solo una mostra, è il racconto di un’evoluzione semantica che si realizza a partire dal mezzo fotografico. La parte prettamente visiva, ciò che si può definire il risultato oggettivo e tangibile, ne è solo una porzione. Ciò che compone il processo creativo, che sta dietro le lenti e al di là dell’obiettivo, è quello che connette l’artista intimamente ed intuitivamente con l’oggetto del suo lavoro”.

Objects, Work and Tourism Fino al 20 settembre sarà possibile visitare negli spazi della Fondazione Querini Stampalia (Campo Santa Maria Formosa) “Venice: Objects, Work and Tourism” (Venezia: gli oggetti, il lavoro e il turismo) di Jimmie Durham. L’installazione sarà costituita da oggetti frutto di combinazioni inattese: pezzi di vetro raccolti nel corso di anni accanto a vernici dalle tinte vivaci, mattoni veneziani vecchi di trecento anni accanto a elementi tratti dall’industria turistica e dal quotidiano commercio di Venezia. Un’opera, non pensata come un monumento, ma piuttosto come un veicolo di dialogo, capace di cogliere la complessa mescolanza di queste idee: il turismo, l’immaginario sociale di Venezia, il lavoro e l’oggetto artigianale. 31


BOLOGNA COSA SUCCEDE IN CITTà?

christian boltanski tra passato e presente Ci sono artisti che fanno della memoria una delle principali cifre stilistiche della propria opera. Fra questi vi è certamente Christian Boltanski, che ha legato la sua espressione artistica alla città di Bologna. Fin dal 1997, con la mostra Pentimenti a Villa delle Rose e nel 2007, quando è stato inaugurato il Museo per la Memoria di Ustica con la sua installazione permanente A proposito di Ustica che commemora le 81 vittime della strage. Il 21-22 aprile, per il 70° anniversario della Liberazione e della Resistenza, l’artista ha

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partecipato a una serie di appuntamenti organizzati da Istituzione Bologna Musei, Accademia di Belle Arti di Bologna e Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Bologna. Tra questi il progetto Les Archives du Cœure che consiste nel far registrare ai visitatori il proprio ritmo cardiaco con una macchina che lascia traccia del cuore di ognuno su memoria elettronica e permette di portarsi a casa su cd la testimonianza del proprio essere al mondo. Dal 2008 l’artista colleziona la registrazione di battiti cardiaci, raccolti in giro per il mondo e archiviati dal 2010 sull’isola giapponese di Teshima. La raccolta dei battiti continuerà a Bologna, nei giorni di venerdì, sabato e domenica fino al 31 maggio al Museo per la Memoria di Ustica (via di Saliceto 3/22) dalle ore 14 alle 18.


Carlo Stratta corrispondente da Bologna info@kyoss.it

julian casablancas

cimabue - morandi escher a palazzo albergati Fino al 19 luglio Con oltre 150 opere inaugura a Bologna, a Palazzo Albergati, una grande mostra antologica interamente dedicata Maurits Cornelis Escher, incisore e grafico olandese. La mostra ne contestualizza il linguaggio artistico e racconta l’intrecciarsi di ambiti culturali apparentemente inconciliabili che, grazie alla sua arte e alla sua spinta creativa, si armonizzano, invece, in una dimensione visiva decisamente unica.

Felsina Pittrice Fino al 30 agosto La mostra, a cura di Vittorio Sgarbi, è ospitata a Palazzo Fava Palazzo delle Esposizioni. Nelle splendide sale affrescate dai Carracci e dalla loro scuola, è possibile ammirare duecento opere che illustrano ciò che di più significativo in campo artistico la città ha realizzato nel corso di oltre sette secoli, mettendo in risalto quella specificità che l’ha resa uno dei centri più importanti della storia dell’arte italiana ed europea.

Al Bolognetti Rocks Il 9 giugno Julian Casablancas, il leader dei The Strokes, gruppo che ha scalato le classifiche nei primi anni 2000 con la hit Last Nite e che ha aperto la strada a un’intera generazione di band, (Black Keys, The Libertines, Arctic Monkeys, ecc..) sarà in concerto al Bolognetti Rocks martedì 9 giugno insieme alla sua nuova band, The Voidz. Sarà l’unica data italiana del gruppo, che ha trascorso più di due anni a scrivere l’album Tiranny, registrandolo in sette mesi e lavorando ogni notte dalle sette di sera fino all’alba.

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arte

tamara viaggiatrice

Il mistero avvolge la sua vita, dalla data di nascita, al paese di origine. Russa o polacca? Divenne poi francese, ungherese, americana, persino messicana. Esempio di cittadina di un mondo globalizzato ante litteram, capace di parlare una koinè moderna e di esprimersi attraverso un esperanto pittorico. Tamara Gerske, sposata de Lempicka, lasciò San Pietroburgo all’epoca della Rivoluzione d’ottobre; diciottenne, già con figlia e marito, si trasferì in una Parigi attraente e ricettiva per tutti gli esuli che vi trovarono stimoli, accoglienza, divertimento. Un po’ per passione, un po’ per bisogno, si dedicò alla pittura, formandosi a contatto con Maurice Denis. Una bella mostra allestita a Torino a Palazzo Chiablese e curata da Gioia Mori, ripercorre il suo peregrinare in quel mondo a la page, tra feste e piaceri, buon gusto e cultura, moda, cinema, arte, sempre alla ricerca di fama, e per essere protagonista sulle prime pagine dei rotocalchi. Dal profilo “importante”, con un trucco capace di esaltarne lo sguardo intenso, Tamara resta invischiata nel fascino di una Parigi dalle luci notturne che rendevano spigolose le vie, perfette per ispirarle dipinti come Strada nella notte del 1923 di influenza cubista, o interni del suo studio alla Cezanne, come Angolo d’Atelier del 1925. Artista capace di trovare armonie cromatiche raffinate ed eleganti, riesce a fissare nei ritratti personaggi di moda, membri dell’aristocrazia come il Principe Eristoff, o semplicemente la figlia Kizette in primo piano con alle spalle una Parigi “scomposta” e brulicante di case alla maniera futurista, o ancora, vestita con una semplice tonaca dalle sfumature di grigio, lo sguardo ammiccante che diventa devoto nella Comunicanda, circondato da riccioli d’oro, mossi o a caschetto. Una figlia nascosta, o presentata come sorella minore al suo arrivo a Beverly Hills nel 1940, invece sbandierata quando le faceva ottenere premi o riconoscimenti.

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Gli anni migliori di Tamara pittrice sono in pieno stile Decò, quando le sue figure diventano straordinarie ed eleganti forme a tuttotondo quasi fossero sculture dipinte su tela, in nuance raffinatissime di colori modulate su una tavolozza giocata sui bianchi e grigi, rossi e verdi per le ricercate femme fatale del bel mondo, o blu e azzurri per le figure sacre di improbabili madonne. Panneggi di latta che possiamo far risalire a Squarcione e Mantegna, Michelangelo, Pontormo, fino a Cezanne e Picasso. Ogni cambio di città, corrispondeva ad un cambio di casa e di arredamento. Tra tutte, bellissima, quella parigina di rue Mechain, opera della sorella Adrienne, dove visse dal 1930 al ‘39, testimoniata in mostra dagli scatti di Therese Bonney. Negli States la villa di Beverly Hills, già di King Vidor, dove sfilavano tra gli ospiti attori, attrici e registi, diventa palcoscenico della sua vita mondana per raccogliere fondi a favore della sua attività di beneficenza che gli costò la separazione dei beni dal nuovo marito barone Kuffner, sposato nel 1929. La mostra di Torino si sofferma anche sul momento difficile dell’artista quando, per una crisi depressiva, si ritirò in convento dove ritrasse la Madre Superiora che l’aveva aiutata a superarla. Opera controversa e stroncata dalla critica, si rivelò una pittorica “prova di bravura” come scrive Gioia Mori in catalogo, che rivela lo studio dell’arte fiamminga della Lempicka, persino anticipatore di certo iperrealismo. Epoca di grandi dive come Marlene Dietrich e Greta Garbo, anche Tamara riflette nelle sue pose movenze mai casuali dove le mani erano seducenti quanto uno sguardo. Per questo un’intera sezione è dedicata a ritrarle come fossero un nudo suadente o ammiccante, mentre aprono una grata o accarezzano dei fiori.


Michela Luce Corrispondente da Venezia info@kyoss.it

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intervista a manuela bedeschi Di Elisabetta Badiello

luce e architettura C’è chi ha la fortuna di veder realizzati i propri sogni, di amare l’arte e vivere nell’arte, inseguire la propria ricerca e sperimentare. Manuela Bedeschi, collezionista d’arte e proprietaria di Villa Pisani, oltre ad aver fondato nella villa un’Associazione Culturale per l’arte contemporanea, è innanzitutto artista. I suoi ultimi lavori hanno aperto a Roma, alla Galleria Pio Monti con la mostra LUCE 2015, l’Anno Internazionale della Luce proclamato dall’UNESCO. Frutto di una ricerca incentrata sulla relazione tra inconscio e formalizzazione visiva della luce, attraverso l’uso di led e neon - che richiamano i lavori di Dan Flavin e James Turrrel – ha esposto opere realizzate appositamente per lo spazio romano.

Come è arrivata alla luce delle ultime installazioni? Si tratta di un percorso molto lungo. Ho cominciato a creare installazioni con materiali di recupero legate all’arte povera, un po’ barocca, dove ho cominciato a inserire la luce per rischiarare atmosfere che risultavano cupe e decadenti. Si tratta di un approccio graduale, una scoperta nel mio percorso di ricerca. E a mano a mano che l’esigenza di luce aumentava, cresceva anche il desiderio di sperimentarla inserendola nelle parole, giocando con le forme e producendola nei più svariati contesti. L’uso del tubo al neon mi ha fatto abbandonare i materiali di recupero per sondare nuove strade. Quali sono stati i suoi primi lavori e quando ha cominciato? Iscritta all’Accademia di Belle Arti di Verona a trent’anni, ho cominciato con la scultura. Cresciuta in una sartoria, la mia prima sperimentazione è stata con i tessuti: rivestivo con tessuti forme e oggetti, creavo con le stoffe oggetti immaginari. Come realizza le sue opere? Per i lavori con la luce, mi avvalgo della collaborazione di un artigiano. Elaboro il progetto e ne verifico la fattibilità. Il maneggio di vetro e gas presuppone una certa conoscenza tecnica e la persona che mi aiuta a dar forma al progetto, dallo schizzo all’opera, riesce perfettamente a interpretare il mio sentire. Una sorta di complicità e di fiducia che sono fondamentali.


Che sensazione prova una volta realizzata l’opera, quando la vede esposta? Sono contenta, mi sento gratificata e provo il piacere di un lavoro compiuto. Ovviamente alcuni progetti mi soddisfano più di altri ma provo comunque sempre un senso di appagamento. In che cosa verte la sua attuale ricerca? Sto lavorando sempre con la luce ma ho introdotto grandi monocromi di varie forme e dimensioni che retroillumino. La luce che proviene dall’interno ha quasi una valenza spirituale. Continuo quindi a sperimentare l’uso della luce, in diversi contesti. La mia ricerca si muove in tutti i campi, con sempre nuove idee e voglia di realizzarle. C’è qualcosa che le sta particolarmente a cuore, che ritiene importante, un sogno che vorrebbe realizzare? Trovare maggiori opportunità di operare sulle facciate, intervenendo sull’aspetto architettonico, ricostruire un blocco come ho già fatto nelle realizzazioni a Palazzo Zaccaria, sede della Biblioteca la Vigna o a Palazzo Festa Marzotto, sempre a Vicenza. Attualmente, sto ricominciando a introdurre elementi di recupero nelle mie opere, una forma di narrazione dove accosto luce a oggetti che parlano di passato, affascinata dalla storia che raccontano, immaginando che cosa li ha generati, dove erano e che cosa sono stati. Un rapporto tra passato ed elaborazione della memoria.

Quali sono i suoi interessi oltre all’arte? Arte e storia dell’arte. Fondamentalmente questo è il mio interesse principale. In passato gestivo una galleria a Verona ora mi occupo dell’Associazione di Arte contemporanea che ha sede nella villa di Bagnolo, oltre ai lavori di restauro della villa. Progetti futuri per l’Associazione che presiede? Organizziamo mostre di arte contemporanea in dialogo con l’architettura. Si tratta di eventi realizzati in un contesto di conoscenze e amicizie, gli artisti che espongono hanno con noi un rapporto personale, umano, emotivo. In fondo è una casa privata che apriamo a persone che conosciamo. Qualcuno lo ha definito un mecenatismo contemporaneo, ma non c’è nessun interesse di natura economica. Oltre all’Associazione, mi occupa molto tempo anche il restauro delle barchesse della villa dove stiamo realizzando un importante centro congressi e annessa locanda con alcune stanze per alloggio. Magari con l’idea di farne delle residenze artistiche? Questo è un bel sogno, che spero prima o poi di realizzare. manuelabedeschi@alice.it - www.bedeschimanuela.com


MUSEUM

Charles e jackson

Jackson Pollock, Murale, Alchimia, Chapala, Roma, 1943, olio e caseina su tela, 242,9 x 603,9. Donazione Peggy Guggenheim, 1959. University of Iowa Museum of Art. Riproduzione concessa dalla University of Iowa.

Mostra retrospettiva: fino al 14 settembre Mostra Murale: fino al 16 novembre

Se Milano è al centro dell’attenzione mondiale con l’Expo, la Collezione Peggy Guggenheim ha decretato il 2015 come l’anno dei Pollock, Jackson e Charles proponendo di entrare direttamente nel cuore pulsante dell’Espressionismo astratto americano con l’anteprima del Murale (un’opera di oltre sei metri realizzata nel 1943) che fa seguito ad Alchimia, sempre di Jackson Pollock, “tornata a casa” dopo oltre un anno di permanenza all’Opificio delle Pietre dure di Firenze, dove è stata riportata all’antico splendore. Ai due gioielli di Jackson Pollock si aggiunge la più esaustiva retrospettiva mai realizzata su Charles Pollock, fratello maggiore di Jackson.

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Curata da Philip Rylands, direttore della Collezione Peggy Guggenheim, la mostra documenta la carriera di Charles Pollock attraverso oltre 120 opere, in gran parte inediti, concessi dall’Archivio Charles Pollock di Parigi. Si tratta di lavori mai esposti prima che oltre a lettere, riproduzioni fotografiche e bozzetti documentano i rapporti con il più famoso fratello e con gli altri membri della famiglia. Una storia, quella di Charles Pollock (Denver 1902 – Parigi 1988) estremamente interessante che incarna un “secolo americano”. Maggiore di cinque figli, trasferito a New York nel 1926, studia arte con Thomas Hart Benton e nel 1930, insieme al fratello Frank, convince il più giovane Jackson a raggiungerli. Dopo un percorso analogo a quello di altri artisti degli anni ’30, lasciato New York nel ’35 per trasferirsi a Washington DC, si allontana dal gruppo emergente di artisti avanguardisti newyorkesi che stava portando il fratello Jackson alla scoperta di un nuovo tipo di arte.


www.guggenheim-venice.it

pollock

Charles Pollock Senza titolo (Post Roma) blu, verde, nero, 1964. Olio su tela. Collezione privata © Charles Pollock Archives.

La Collezizione Peggy Guggenheim gestisce uno dei più importanti musei in Italia per l’arte europea e americana del XX secolo con sede a Venezia, Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande, in quella che fu l’abitazione di Peggy Guggenheim.

Charles Pollock delta, 1967. Acrilico su tela. Collezione privata © Charles Pollock Archives.

Tipica dell’artista americano dell’epoca anche la crisi di Charles nei confronti della pittura figurativa regionalista nel 1944, e il conseguente spostamento verso un linguaggio pittorico astratto. Dopo un periodo come insegnante di design e tipografia in Michigan, realizza nel 1950 il primo grande dipinto astratto Fuochi d’artificio e nel 1956 produce il primo sostanzioso corpo di opere astratte, la serie Chapala, ispirata a un lungo soggiorno sul lago Chapala in Messico. Tra il 1962-’63 parte per l’Europa, primo tra i fratelli, e con base a Roma viaggia per scoprire i grandi maestri classici dell’arte italiana conoscendo artisti come Piero Dorazio, Giulio Turcato, i fratelli Pomodoro, James Brooks e Giorgio Cavallon. Realizza in questo periodo una nuova, consistente serie di dipinti astratti, la serie Roma. Da questo momento in poi Charles si lega al movimento avanguardista conosciuto poi come Colorfield: una pittura a campi di colore molto estesi su tele di canapa, quell’avanguardia da cui si era distaccato qualche decennio prima. Continua a dipingere campi di colore astratti anche dopo il suo trasferimento a Parigi nel 1971, dove trascorrerà il resto della sua vita, fino al 1988, anno della sua morte.

Le opere Murale e Alchimia di Jackson Pollock, sono all’interno nella casa di Peggy Guggenheim, tra la collezione permanente.

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#collezionemart Viaggio nella storia dell’arte del ‘900. Fino all’8 novembre Nelle due gallerie al primo piano un percorso in un lungo e appassionato racconto per immagini, un viaggio per ritrovare i capolavori e i protagonisti del XX secolo e arrivare con loro ai giorni nostri. La prima sezione di mostra si snoda in un percorso che va da Medardo Rosso a Giorgio Morandi, passando per Mario Sironi, Carlo Carrà, Arturo Martini, Giorgio de Chirico, Fausto Melotti, Massimo Campigli e molti altri. Si prosegue con il secondo ‘900 da Lucio Fontana a Teresa Margolles incontrando, tra gli altri, John Baldessari e Alberto Burri, ma anche Bruce Nauman, Candida Höfer, Robert Mapplethorpe, Luigi Ontani, Cindy Sherman, Wolfang Tillmans.

La guerra che verrà non è la prima Grande Guerra 1914 - 2014 Fino al 20 settembre Prosegue il progetto, Mart/ Grande guerra 1914-2014, che si sviluppa a Rovereto, nel Museo e a Casa Depero oltre che a Trento negli spazi della Galleria Civica e realizza un programma collaterale di eventi, incontri, convegni e appuntamenti. Il centenario della Prima guerra mondiale, tra gli eventi più drammatici e significativi della modernità, rappresenta per il Mart il punto di partenza per un’indagine più ampia che attraversa la storia del XX secolo fino ad arrivare ai conflitti dei nostri giorni.

Crali. Testimonianze futuriste Casa d’Arte Futurista Depero Fino al 31 agosto Conosciuto soprattutto come futurista e aeropittore, Tullio Crali è stato uno sperimentatore totale, un artista eclettico che consacrò la propria vita alle arti, dalla pittura al teatro, dall’architettura alla moda. Attraverso l’importante nucleo di opere presenti al Mart, frutto di acquisizioni e donazioni, il Museo, che da tempo è impegnato nello studio del futurismo storico e dei suoi interpreti, propone una mostra che offre una panoramica sulla prima fase del lavoro di Crali, legata soprattutto ai bozzetti per il teatro e la moda.

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Il sosia Artisti e collezioni private Dal 30 maggio all’11 ottobre Galleria Civica, Trento Otto artisti contemporanei sono invitati a confrontarsi con alcune delle collezioni più rilevanti del territorio per trovare il “sosia”, ovvero le opere in cui questi si riconoscono, si sentono sedotti o raccolgono come spunto per altri e nuovi progetti. Il risultato è un percorso fra capolavori di diversi periodi storici, dalle avanguardie alle ricerche contemporanee, che esalta intreccio e pluralità dei linguaggi generando complicità, deviazioni e inaspettate familiarità. Gli artisti invitati sono Luca Coser, Michael Fliri, Eva Marisaldi, Marzia Migliora, Adrian Paci, Giacomo Raffaelli, Alice Ronchi, Luca Vitone.


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Alla collezione permanente del Muse, che rappresenta un viaggio esplorativo dalle alte vette alla serra tropicale tra natura alpina, raccontata fin dai primi abitatori di questo ambiente, alla storia delle Dolomiti, si aggiungono le esposizioni temporanee. Un viaggio che rappresenta una vera e propria esplorazione dove quasi tutto è da toccare, vivere, respirare e dove la conoscenza si acquisisce…sperimentando.

Ask the scientist Ogni sabato C’è qualcosa che sei curioso di sapere ma non hai mai avuto il coraggio di chiedere? Vuoi vedere da vicino come si svolge il lavoro di uno scienziato? Ogni sabato, dalle 14.00 alle 18.00, è possibile dialogare con i ricercatori del MUSE all’interno dei laboratori di ricerca.

Michele Lanzinger , Direttore del MUSE museo delle scienze di Trento.

OLTRE IL LIMITE

TINKER FUN

Viaggio ai confini della conoscenza Fino al 2 giugno Prosegue il viaggio attraverso proposto dal Muse: capovolgere e trasformare le idee su cui si basa la conoscenza della realtà che accompagna il visitatore così da comprendere come la stessa tecnologia debba la sua forza a questa capacità di guardare ed esplorare oltre, più che al potenziamento di ciò che già sappiamo fare. Grazie a exhibit interattivi, allestimenti, video ed esperienze multimediali, ci si avventura alla scoperta dell’universo e dei suoi misteri. Tra i temi trattati, il big bang, l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, le relazioni tra energia e materia, l’antimateria, i limiti della mente e della tecnologia scientifica e la natura del tempo.

Tutte le domeniche pomeriggio All’interno del museo, in uno spazio appositamente riservato, i piccoli visitatori possono cimentarsi a costruire strutture e oggetti per poi riadattarli alla luce di nuove “scoperte” fatte durante l’attività. Il tutto, con un approccio giocoso, mutevole e flessibile. Tinkering, significa “armeggiare”, “trafficare” e, in questo caso, vuol dire sperimentare in modo diverso la scienza e la tecnologia, utilizzando prima di tutto la creatività come strumento per relazionarsi e per comprendere ciò che ci circonda. Spazi analoghi si trovano all’Exploratorium di San Francisco e, in Italia, al Museo della Scienza e Tecnologia di Milano.

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MUSEUM www.fondazionemaxxi.it

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Fino al 20 settembre Dopo dieci anni, da quando la prima opera di Lara Favaretto è entrata nella collezione permanente del Museo, attraverso il Premio per la Giovane Arte, oggi Premio MAXXI, il Museo dedica un’intera galleria alla sua ultima ricerca, in un momento in cui il lavoro dell’artista è internazionalmente riconosciuto come uno dei più significativi della sua generazione. Good Luck riunisce, per la prima volta, diciotto dei venti cenotafi realizzati da Lara Favaretto dal 2010 fino a oggi, diversi nella forma e nella dimensione. Il cenotafio è una tomba vuota, un monumento sepolcrale dal valore altamente simbolico, eretto fin dall’antichità per conservare la memoria di un defunto senza contenerne le spoglie, collocate in altro luogo o mai rinvenute. Ogni cenotafio di Favaretto è dedicato a uno degli “scomparsi”, tema di una ricerca sviluppata dall’artista nel corso degli anni, che l’ha portata a riunire sotto questa definizione comune un gruppo di venti personaggi noti che hanno fatto perdere le proprie tracce, scomparendo in senso reale o metaforico dalla vita pubblica.

Maurizio Sacripanti 1916-96 Dal 29 maggio al 18 ottobre Dal 2010 il Maxxi ha dedicato mostre fotografiche ad autori come Carlo Scarpa, Luigi Moretti, Pier Luigi Nervi, Ludovico Quaroni, Giovanni Michelucci, Michele Valori, Alessandro Anselmi e in questo panorama si inserisce anche quella dedicata a Sacripanti, all’avvicinarsi del centenario della sua nascita. In movimento, pulsante, racchiuso da un involucro che muta in modo imprevedibile, vivente: è il progetto del Concorso per il padiglione italiano all’Esposizione Internazionale di Osaka ’70 di Maurizio Sacripanti. In mostra disegni, fotografie, documenti, un modello e video interviste dedicate allo spazio del padiglione, per conoscere la poetica e le riflessioni progettuali di un grande architetto.

FOOD Dal 29 maggio all’8 novembre Nell’anno dell’EXPO di Milano, la mostra approfondisce i temi architettonici legati a immagazzinamento, distribuzione, consumo e smaltimento del cibo e delle materie prime, stimolando il confronto con le questioni primarie dello spazio e del tempo che abitiamo. Un percorso attraverso oltre 50 opere di diversi artisti e architetti, che si espande dalla dimensione del corpo umano fino a quella globale, dalla cucina alla casa, dalla città alla regione e al mondo, affrontano gli effetti globali politici, sociali, urbani ed economici, che la produzione, la distribuzione, il consumo e lo smaltimento del cibo hanno sulle comunità e i territori.


www.mambo-bologna.org Il MAMbo, museo di arte moderna di Bologna, è stato inaugurato a maggio del 2007 convogliando al suo interno le raccolte dell’ex Galleria d’Arte Moderna, il GAM. Nell’autunno del 2012 è stato trasferito al MAMbo anche il Museo Morandi con l’intera collezione. Oggi, grazie a un incremento continuo del patrimonio con nuove acquisizioni, donazioni e prestiti in comodato, la Collezione è oggetto di ricerca e rinnovamento.

morandi e l’antico Morandi e l’antico: Vitale da Bologna, Barocci, Rembrandt e Crespi Fino al 17 maggio Prosegue ancora per pochi giorni l’allestimento che indaga sul rapporto di Morandi con l’arte antica attraverso alcuni capolavori di autori del passato, amati e studiati dall’artista, anche a testimonianza di quanto la modernità della pittura di Morandi abbia tratto origine dall’antico. Nel percorso espositivo, opere di Federico Barocci, Giuseppe Maria Crespi, Rembrandt van Rijn e Vitale da Bologna comprese in un arco temporale che va dal Trecento al Settecento e provenienti da altre sedi dell’Istituzione Bologna Musei – Collezioni Comunali d’Arte, Museo Davia Bargellini, Casa Morandi – e dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna.


MUSEUM

wunderkammer lucio fontana

Fino al 30 agosto Per il progetto Wunderkammer di GAM torna, dopo il recente restauro, il grande Concetto spaziale di Lucio Fontana del 1952. Con il grande disco giallo di Concetto spaziale, Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé 1899 - Comabbio 1968) ha rivoluzionato il modo di pensare la scultura: con spirito antimonumentale, l’opera si sviluppa su una dimensione totalmente orizzontale, accostando otto sottili lamiere metalliche sagomate e forate di un giallo saturo e brillante. La scelta di un colore fortemente antinaturalistico da parte dell’artista, poi, doveva creare un contrasto surreale nella sua originaria collocazione su un prato, con i fili d’erba che sbucavano dalle forature.


www.gamtorino.it GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea è il più antico museo d’arte moderna d’Italia. Aperto al pubblico nel 1863, la collezione comprende oggi oltre 40.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni e fotografie, cui si aggiunge una raccolta ricca di disegni e incisioni e una, tra le più importanti in Europa, relativa ai film e video d’artista. In esposizione i lavori dei massimi artisti dell’Ottocento italiano, come Fontanesi, Fattori, Pellizza da Volpedo e Medardo Rosso come quelli del Novecento, tra cui Morandi, Casorati, Martini e De Pisis. Presenti anche le avanguardie storiche internazionali, tra cui Marx Ernst, Paul Klee e Picabia, e le più importanti raccolte di Arte Povera, come i lavori di Paolini, Boetti, Anselmo, Zorio, Penone e Pistoletto oltre alla più attuale produzione artistica, cui il museo dedica ampi spazi espositivi.

MODIGLIANI E LA BOHèME DI PARIGI

TUTTTOVERO - LA NOSTRA CITTÀ LA NOSTRA ARTE, TORINO 2015

Fino al 19 luglio Attorno alla figura emblematica di Amedeo Modigliani, considerato tra i più affascinanti e influenti protagonisti dell’arte moderna, la mostra presenta la straordinaria atmosfera culturale creata dalla “École de Paris”, corrente che ebbe tra i protagonisti alcuni artisti attivi nel primo dopoguerra che si raccolsero a Montmartre, creando una completa simbiosi tra vita e arte. Sono 90 le opere che raccontano questa esperienza artistica e oltre a Modigliani sono presenti alcuni nomi eccezionali come Brancusi, Soutine, Utrillo, Chagall, Gris, Marcousiss

Fino all’8 novembre 2015 I quattro musei di arte contemporanea dell’area metropolitana torinese – la GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e la Fondazione Merz – ospitano una grande mostra curata da Francesco Bonami, in collaborazione con un comitato scientifico formato da Danilo Eccher, Marcella Beccaria, Irene Calderoni e Beatrice Merz. Si tratta di un progetto che declina l’interpretazione artistica del concetto di vero, o della realtà, lungo due secoli: dal 1815 al 2015. Per TUTTTOVERO il curatore ha selezionato, dall’immenso e diversificato patrimonio artistico di cui sono ricchi i musei pubblici e privati torinesi, le opere che raccontano come il mondo è mutato, trasformandoci e trasformando il concetto di realtà nella nostra cultura e società. Ognuna delle quattro sedi espone una selezione di opere che meglio rappresenta la propria identità museale.


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art events

Cy Twombly Paradise VENEZIA Fino al 13 settembre Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Tra i massimi maestri della contemporaneità torna a Venezia con un’importante mostra monografica, dove è stato presente alla Biennale per ben cinque volte a partire dal 1964, l’ultima della quale nel 2001 quando ha ottenuto il Leone d’Oro. Un’artista che non finisce mai di stupire “per la straordinaria intelligenza visiva e l’acuta sensibilità verso le forme della bellezza fisica, naturale e artistica”.

CUSTODIRE IL CREATO, COLTIVARE L’UMANO

Cagnaccio di San Pietro VENEZIA Fino al 27 settembre Il richiamo della Nuova Oggettività. Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna. A ventiquattro anni dalla retrospettiva al Museo Correr Cagnaccio di San Pietro torna a casa, nella sua Venezia e in quel museo, Ca’ Pesaro, dove mosse i primi passi ufficiali della sua carriera. Campione del realismo magico e del ritorno alla classicità, tra gli Anni Venti e Trenta, una selezione di capolavori illustra il ventaglio tematico di questo maestro schivo e appassionato, scomparso prematuramente all’età di quarantanove anni.

VICENZA - Inaugurazione: Venerdì 22 Maggio ore 18.30 Aperta fino al 13 giugno 2015 Villa Pisani Bonetti Sei artisti per il Festival Biblico Villa Pisani Bonetti ospita un evento correlato all’XI Festival Biblico dal titolo Custodire il Creato, coltivare l’Umano in cui sei artisti interpretano il tema di quest’anno: Manuela Bedeschi propone una installazione inedita in cui mescola ad elementi naturali opere precedenti dedicate all’iconografia religiosa; Mats Bergquist espone opere che uniscono la modernità del monocromo all’antica tecnica dell’encausto su legno usato per le icone russe; Giuliano Dal Molin espone opere su legno dipinte a tecnica mista sulle quali la contrapposizione netta dei colori riprende il movimento vitale della natura; Manlio Onorato allestisce una installazione che unisce delicati acquerelli dedicati ai colori dei giardini fioriti e poesie di Francesca Ruth Brandes; Gino Prandina presenta opere a tecnica mista dedicate al tema delle Quattro Stagioni; Fulvio Testa dipinge il deserto in oli ed acquerelli. A cura di: Maria Lucia Ferragutti VILLA PISANI BONETTI – via Risaie, 1 – Bagnolo di Lonigo (Vicenza) ORARI: lunedì-sabato 10.00-12,00 15,00-18,30 domenica su app. Info: Tel 0444 831104 villapisanibonetti@alice.it

Jenny Holzer War Paintings VENEZIA Fino al 22 novembre Museo Correr, Sala delle Quattro Porte. La mostra dell’artista concettuale americana rappresenta un evento collaterale della 56° Biennale di Venezia. Le opere esposte al museo Correr sono selezionate tra i dipinti di guerra realizzati dall’artista nel corso dei dieci anni, con un significativo mutamento di approccio rispetto ai LED luminosi per i quali Jenny Holzer è più conosciuta.

Proportio Palazzo Fortuny VENEZIA Fino al 22 novembre L’esposizione esplora l’onnipresenza delle proporzioni universali nell’arte, nella scienza, nella musica e nell’architettura mirando a riavviare un dialogo contemporaneo attorno alla conoscenza perduta delle proporzioni e della geometria sacra. 51


arte critica

E dunque io vado a Milano perché c’è chi mi aspetta e mi riapre la scena, così il mondo mi ricompare e si dà un’altra occasione, e mi dà un po’ di sapere per riaprirmi all’immaginazione e alla mia breve azione costituente.

L’expo è una risposta alla più grande domanda umana, che è in radice una domanda d’amore, e in fondo è una risposta che va al di là del bisogno, in cerca di un desiderio che, oltre a obliterare il bisogno, accende tutta un’estetica compulsiva che va a decorarsi di cultura e infine di trasfigurazione: quella di portare una soggettività a sciogliersi in una identità astratta e transitiva, pura e liberata. Così se il desiderio è la condizione assoluta, in generale vissuta come mancanza a essere, il godimento s’incontra con la propria originaria causalità di cui assume il senso e intanto la responsabilità etica. L’illusione più grande di tutta la messinscena è quella di potersi salvare dalla delusione politico-filosofica di essere soli e senza scuse, e quella invece di venire ad essere trovati, e dunque di stare in compagnia. è la migliore illusione, anche come soggetti in gioco tra soggetti. E dunque io vado a Milano perché c’è chi mi aspetta e mi riapre la scena, così il mondo mi ricompare e si dà un’altra occasione, e mi dà un po’ di sapere per riaprirmi all’immaginazione e alla mia breve azione costituente. è ancora possibile? Si può ancora riaprire la via a un qualche diritto di cittadinanza? Cos’è se no la mia passione? Da qualche parte, in qualche altra direzione, l’Italia, oltre all’offerta d’amore costituita dal cibo e dal migliore sapore di stile nel gusto del cibo, da qualche altra parte convoca sulla stessa scena dell’Expo la scena dell’Arte, per essa la scena più famosa dell’arte, tra Giotto, Michelangelo e Leonardo, e tutti gli altri nella più bella scenografia artistica di tutti i tempi, nel suo proprio infinito italiano e di geografia locale. Ma ecco tutte le mostre d’arte a Milano nel 2015: - Leonardo da Vinci 1452 – 1519. La più grande esposizione dedicata a Leonardo mai ideata in Italia - Gli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino - Al Castello Sforzesco, Pietà Rondanini D’après Michelangelo. La fortuna dei disegni per gli amici Attraverso alcuni disegni originali di Michelangelo, realizzati per Tommaso Cavalieri e Vittoria Colonna, la mostra racconta il successo senza tempo di alcuni soggetti, ripresi nell’interpretazione di altri Maestri in diversi linguaggi e tecniche artistiche: disegni, ma anche incisioni, dipinti, cristalli, maioliche e smalti. - I venti arazzi cinquecenteschi commissionati da Cosimo I De’ Medici ad Agnolo Bronzino, Jacopo Pontormo e Francesco Salviati e realizzati per la Sala de’ Dugento di Palazzo Vecchio - Giotto, l’Italia. Da Assisi a Milano. Le tappe del lavoro del Maestro in Italia fino al suo arrivo nella città, dove realizzò la sua ultima creazione, - Natura e Mito e paesaggio nel mondo antico. Attraverso una selezione di capolavori del mondo antico, la mostra presenta un ampio percorso nella produzione figurata ispirata alla natura, al paesaggio e all’azione dell’uomo sull’ambiente. - La grande madre. La mostra analizza l’iconografia e la rappresentazione della maternità nell’arte del Novecento, dalle Avanguardie fino ad oggi, ideata da Fondazione Nicola Trussardi, a cura di Massimiliano Gioni.


Salvatore Fazia salvatorefazia@alice.it

LA GRANDE MADRE Dal 26 agosto al 15 novembre 2015 Attraverso le opere di centoventisette artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estenderà su una superficie di circa 2.000 metri quadrati al piano nobile di Palazzo Reale, La Grande

Madre analizzerà l’iconografia e la rappresentazione della maternità nell’arte del Novecento, dalle avanguardie fino ai nostri giorni. Dalle veneri paleolitiche alle “cattive ragazze“ del post-femminismo, passando per la tradizione millenaria della pittura religiosa con le sue innumerevoli scene di maternità.


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movie

la vita una festa per i sensi

Dal 13 maggio al 30 agosto 2015 Spazio dell’Open Air Theater all’EXPO di Milano. A maggio i teatri italiani propongono gli ultimi spettacoli in cartellone per le stagioni di teatro e di danza per poi lasciare il posto alle grandi manifestazioni all’aperto dell’estate. Ormai da anni, in questo periodo, il pubblico appassionato delle arti performative si organizza per cercare e prenotare gli spettacoli che saranno ospitati nelle più importanti città d’arte e nei piccoli borghi storici con una tradizione culturale. In occasione dell’evento più importante dell’anno, l’Expo 2015, non mancheranno in tutta Italia una moltitudine di eventi teatrali e

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di danza che animeranno le serate della primavera e dell’estate dedicate al tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. L’organizzazione dell’Esposizione Universale di Milano propone al pubblico una grandiosa e magica festa per i sensi, uno spettacolo della compagnia canadese, ma internazionale per numero di artisti partecipanti, Cirque du Soleil. Lo show Alla vita!, composto da performance di danza, musica e arte, si ispira al tema dell’alimentazione e narra le vicende di un ragazzino che riceve in dono un seme magico. Lo spettacolo che costituisce certamente un riferimento artistico unico nel suo genere accompagnerà l’evento fino ad agosto e sarà rappresentato all’interno dell’Expo Milano nello spazio dell’Open Air Theater.


Riccardo Ricci redattore jacoricci@gmail.com

MUMMENSCHANZ ROMA - Teatro Olimpico Fino al 17 maggio Festival Internazionale della Danza 2015 dell’Accademia Filarmonica Romana e del Teatro Olimpico Le storie raccontate da Mummenschanz sono soltanto visive, senza accompagnamento musicale e nessuna scenografia, solo maschere-oggetti, corpi in evoluzione su uno sfondo nero, creature senza tempo dalle forme incredibili e colorate che fanno a gara per incantare il pubblico. Da quarant’anni le brillanti idee del gruppo sono state presentate alle platee di tutto il mondo. Il loro lavoro si è trasformato in una forma d’arte, in un linguaggio divertente che gioca con le emozioni e che può essere compreso da tutti. www. teatroolimpico.it

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movie

magicarena movie l’arte, la musica e l’arena

L’ARENA: il più antico teatro all’aperto del mondo e la sua musica, le opere liriche che da 100 anni sono la cultura di Verona e del mondo. Marja, Filippo, Maggie, Massimo, Marco, Federico e Nadine sono i sette protagonisti di Magicarena, volti dietro le quinte, protagonisti e membri del gruppo catalano La Fura dels Baus che insieme alla Compagnia dell’Arena di Verona, preparano in occasione del Centenario della stagione d’Opera, una nuova versione dell’Aida di Giuseppe Verdi. Un documentario di 90 minuti che racconta, con dovizia di particolari, il processo creativo che crea la nuova edizione dell’opera, la macchina da presa coglie, con discrezione, momenti e stralci

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di vita di coloro che si muovono dietro le quinte, i personaggi diventano soggetti carichi di umanità, con i loro sogni e le loro paure, i desideri e le fragilità. I registi, Andrea Prandstraller e Niccolò Bruna, seguono il percorso dei personaggi dando la stessa importanza all’aiuto regista come all’ultima delle comparse, una sorta di diario di viaggio che rivela i timori e sfocia nella soddisfazione e nella consapevolezza di creare un grande evento artistico. Interessante e coraggioso scegliere un tema così legato alla musica e all’arte e, allo stesso tempo, alla storia alla ricerca di un connubio tra tradizione e innovazione in modo che il “lavoro” che si fa ogni estate nell’Arena di Verona possa essere colto come una grande e attuale sfida culturale. “In un secolo, infatti, sono stati messi in scena oltre 40 mila allesti-


Cristiana Albertini redattore info@kyoss.it

menti delle opere più famose del repertorio lirico mondiale, a cui hanno partecipato più di 20 milioni di spettatori. Cifre da capogiro che ben testimoniano anche l’esigenza, se vogliamo, di un approfondimento come questo di Magicarena che si situa a metà tra la fiction e il documentario”. A produrre questo film corale sono stati la casa di produzione veronese K+ (kplusfilm.com) e la Fondazione Arena. Presentato in anteprima il 27 marzo scorso al Festival del Cinema di Bari, il BIFeST, al teatro Petruzzelli, l’executive producer di K+ Nicola Fedrigoni ha dichiarato che “si tratta per noi di un’immensa soddisfazione aver portato Verona e il suo monumento simbolo, L’Arena, a un Festival del cinema prestigioso come quello di Bari che sta crescendo di anno in anno. In questo documentario Verona diviene lo sfon-

do pulsante per vite fra loro parallele, che ci conducono, nel loro svolgersi, tra l’arte, la storia e la cultura di un luogo senza eguali. Perchè Verona non sia il solito scenario da cartolina per turisti…” Il film, già presentato al Festival del Cinema del Cairo e uscito nelle sale in Asia, è già stato proiettato in Veneto in due serate speciali: al cinema Lux di Padova il 23 aprile e al Giorgione di Venezia il 4 maggio. Grande attesa per il debutto nella città di Verona, magari in pieno Expo.

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La guerra attraverso l’arte di Maffeo

MAFFEO DA ARCOLE www.maffeodarcole.com

In mostra dal 23 maggio finoi al 23 agosto 2015 presso: TheArtsBox : Contrà San Paolo, 23 - Vicenza - info@theartsbox.com

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cucina con vista

il vino diventa opera d’arte Durante l’ultima edizione di Vinitaly, quello tra arte e vino è stato un fil rouge continuo, con performance artistiche live, stand progettati e disegnati da importati designer, opere in esposizione. Ospite nello stand della Cia (Confederazione italiana agricoltori), Mauro Pallotta, in arte Maupal. Durante i quattro giorni di fiera, il writer romano, diventato celebre in tutta Europa per la sua opera Super Pope, ha realizzato in diretta un’originale interpretazione del peccato originale, dove il simbolo biblico del peccato da mela è diventato uva. “Con questa immagine ho voluto dare la mia interpretazione rivisitata in chiave ironica della Genesi, immaginando che il frutto del peccato non fosse una mela bensì un grappolo d’uva. Eva coglie l’uva mentre Adamo, alle sue spalle, già degusta un buon calice di vino”. Spiega lo street art più discusso del momento. “Certamente ognuno potrà interpretare questa iconografia come crede, ma io sono un istintivo e ho avuto questa visione pensando al vino.

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Anche il vino è una forma d’arte, così come il design e il packaging di una bottiglia e dell’etichetta che l’accompagna. Il vino, ma l’agricoltura e le produzioni agricole più in generale, non rappresentano per il nostro paese solo un grande valore economico, il vino racconta il territorio, tramanda storie”. Un museo a cielo aperto è invece il progetto presentato a Vinitaly dall’azienda il Campo della Sughera, di Castagneto Carducci (LI). Urban Artist provenienti da tutto il mondo saranno chiamati a raccontare con le loro opere cosa rappresenta il vino per loro e lo faranno tra i vigneti dell’azienda. Un museo senza muri, diviso dai filari, senza quadri, ma con grandi pannelli che saranno progressivamente trasformati in opere d’arte. “Il writing sta divenendo sempre più protagonista nel mondo dell’arte e della cultura contemporanea - spiega Felice Tirabasso, direttore di Campo alla Sughera - e il nostro mondo deve stare al passo coi tempi. Abbiamo quindi deciso di comunicare il vino in modo totalmente nuovo”.


Michele Bertuzzo Corrispondente da Vicenza mic.bertuzzo@gmail.com

La prima artista coinvolta è Olivia Paperina, che durante l’ultima edizione di Vinitaly ha decorato con i suoi graffiti lo stand dell’azienda toscana. Divertenti e irriverenti le sue opere, ispirate al mondo dei cartoon e alle citazioni letterarie e cinematografiche. Cinque sono i nomi delle illustratrici coinvolte nel progetto di Quota101, cantina di Torreglia (PD), che ha voluto raccontare i suoi vini e i Colli Euganei con acquarelli e disegni realizzati con matite colorate. Il risultato: una Mappa per degustatori romantici. Il progetto è nato da due giorni in cantina dove le illustratrici hanno conosciuto l’azienda e partecipato ad un workshop sull’acquerello con Marina Marcolin. La tovaglia a quadretti per il pic-nic di Ilaria Falorsi, l’omino in bicicletta di Ilaria Faccioli, gli amici seduti sul divano di Giulia Sagramola, la forchetta nel bicchiere di Irene Moresco, i grappoli e le bottiglie rosse di Stefania Tonello. Le illustrazioni realizzate narrano il vino e la degustazione secondo l’interpretazione della cantina. Un modo nuovo di raccontare i vini e i luoghi in cui si trova l’azienda, nel formato, nello stile e nei contenuti.

Da un lato della mappa la presentazione della cantina con i vini e le persone che ne fanno parte, dall’altro alcuni suggerimenti sui luoghi da pic nic, i percorsi da fare in bicicletta, le ricette street food della tradizione. A Verona, il rapporto tra arte e vino è diventato anche il tema di un’importante mostra realizzata in occasione di Expo al Palazzo della Gran Guardia che rimarrà aperta fino al 16 agosto. Un percorso di 170 opere che si articola tra sacro e profano, dal Cinquecento al Novecento. Si inizia con alcune suggestioni dall’antichità, a dimostrare come la cultura del vino sia presente già dagli Estruschi. Poi le opere di Tiziano e di tutta la tradizione cristiana, le figure mitologiche del dio dell’ebrezza Bacco, di Carracci, Rubens e Caravaggio. E ancora Picasso, Sironi, Depero, Morandi e Guttuso come interpreti dell’arte del 900. All’interno del bookshop è stata allestita anche un’enoteca nella quale continuare la visita degustando non solo con gli occhi. 63


SOUND AND VISION

marco mengoni

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Gek Folley alias Gelindo Pretto redattore gelindo.pretto@gmail.com

“Credo negli esseri umani che hanno coraggio, coraggio di essere umani”

È partito da Mantova il 5 maggio il nuovo tour di Marco Mengoni, prodotto e distribuito da Live Nation, che ha già visto raddoppiare la data al Mediolanum Forum di Assago, di cui la prima è già sold out. Biglietti terminati anche per Conegliano e Mantova, mentre per la data di Bologna è stata spostata la location, vista la grande richiesta, all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno. Nato a Ronciglione (Vt) nel 1988 partecipa e vince la terza edizione di X Factor, grazie anche al suo mentore, il mitico Morgan. Nel 2010 partecipa di diritto a Sanremo dove si piazza al terzo posto con la canzone “Credimi Ancora”. Esce in contemporanea l’album “Re Matto” che va direttamente in cima alle classifiche e conquista il disco di platino. Nel 2011 esce il suo nuovo album: “Solo 2.0”, un altro grande successo per l’artista. Nel 2013 con “L’Essenziale” Marco Mengoni vince la 63esima edizione del Festival di Sanremo e rappresenta l’Italia all’Eurosong Contest ad Amsterdam, dove arriva settimo. A marzo esce il nuovo album: “Pronto a Correre”. E Marco è pronto per il mercato straniero; nel febbraio del 2014 esce “Incomparable”, versione spagnola di L’Essenziale, e si prepara a un tour che toccherà Spagna, Giappone e America. A marzo dello stesso anno è premiato a Los Angeles come miglior cantante italiano durante i Kids’ Choice Awards e vince ben quattro statuette in occasione degli MTV Awards 2014. Il 21 novembre pubblica il singolo “Guerriero”, che anticipa l’uscita del terzo album in studio del cantautore, “ Parole in Circolo”. Nel video Mengoni lancia un messaggio importante, di speranza e cambiamento, contro le incomprensioni quotidiane, il bullismo e i disagi familiari: “Il guerriero è un po’ la nostra coscienza è la forza che ci spinge a scegliere tra una strada piuttosto che un’altra. Il guerriero siamo un po’ anche tutti noi...” spiega Mengoni. Nel febbraio 2015 esce il nuovo singolo “Esseri Umani”, scritto in collaborazione con Matteo Valicelli. “Ho scelto questo brano come secondo singolo perché, in qualche modo, è un pezzo che fa riflettere sullo stato dei rapporti umani. Quella attuale è una società che spesso fa paura, non ci si conosce mai veramente e portare una maschera sembra essere l’unico modo per affrontare il mondo”, racconta Mengoni presentando il brano, “in questo siamo tutti uguali, non c’è distinzione di classe sociale, sesso, idee politiche o credenze religiose. Ognuno ha una maschera che nasconde agli altri i suoi veri lineamenti. Proprio per questo ho scelto di utilizzare, nel video, il linguaggio dei segni. Volevo che il messaggio arrivasse a tutti, senza alcuna barriera. “Credo negli esseri umani che hanno coraggio, coraggio di essere umani”, è una sorta di dichiarazione d’intenti, un messaggio chiaro e diretto, comprensibile e immediato, proprio in un momento in cui le tensioni, la violenza, la paura, sembrano dominare lo scenario mondiale. Non ci resta che partire per almeno una delle sue date, magari partecipando al concerto con l’applicazione disponibile gratuitamente su iTunes e Google Play. Io ci sarò. Give peace a chance.

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ANDREA E STEFANO DANZO INTERIOR DESIGNERS

D&D Service was established as a company in 1994. Founded by Andrea and Stefano Danzo, D&D is an interior design business. The company furnishes public and private spaces, with unique and exclusive handmade products to transform these spaces into places where they can live. D&D is able to offer project realization, from concept to completion. The quality of the products used is an expression of luxury, sophistication, but never pretentious. Materials, colours and lights are designed to give joy and warmth to any environment. Types of project: Interior design Lighting design Objects and furniture design Garden projects Graphic design

D&D Service nasce come azienda nel 1994. Fondata da Andrea e Stefano Danzo, D&D è uno studio di interior design con commerciale. La società tratta l’arredo di spazi pubblici e privati, con prodotti artigianali unici ed esclusivi per trasformare gli spazi in luoghi personali dove poter vivere. D&D è in grado di offrire la completa realizzazione di un progetto, dall’idea alla realizzazione finale. La qualità dei prodotti utilizzati è espressione di lusso, sofisticato, ma mai presuntuoso. Materiali, colori e luci sono studiate per dare allegria e calore a tutto l’ambiente. Rami del progetto: Interior design Progettazione illuminotecnica Oggetti e mobili di design Progetti giardini Progetto grafico

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incontri ravvicinati Il mondo si incontra all’Expo e noi saremo presenti per tutta la sua durata. Servizi fotografici, interviste e reportage in sei numeri speciali. L’Expo ripresa con obiettivi artistici e vista con gli occhi di Kyoss.

The world meets up at the Expo and we will be present during the entire duration. Photographic services, interviews and reports in six special editions. Expo taken with an artistic lens and through the eyes of Kyoss. Photo by Simone Pavan and Wilder Biral

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Su quanti progetti ha lavorato per produzioni di oggetti per la cucina e la tavola. E quale ritiene maggiormente riuscito? Dimentico molto le cose che faccio per cui non so su quante cose per la tavola ho lavorato e con quali materiali. Ho lavorato la porcellana, la ceramica, ho progettato oggetti d’acciaio, d’argento, vetri, servizi da tè, servizi di piatti, cavatappi, bicchieri, posate, per più di un’industria vicina o lontana e alcune di queste cose sono andate meglio, altre sono andate peggio ma l’arte della tavola mi ha sempre affascinato col presupposto che non so far da mangiare e pertanto quando disegno queste cose devo essere consigliato da qualcuno che sa cucinare, cosa che avviene ripetutamente. Qualsiasi cosa progetti, anche in altri campi, ho bisogno di essere consigliato. Se dovesse pensare a un piatto, un bicchiere, a strumenti per mangiare adatti e attuali per tutti i popoli, come li disegnerebbe? Il bicchiere universale o il piatto universale potrebbe anche esistere però i modi di mangiare sono locali e pertanto specializzati. Più universale è il contenitore e meno raffinata è la risposta nei confronti del cibo che vi è contenuto. Quello a cui tendo va oltre la funzionalità che deve avere un oggetto, un bicchiere, un piatto o una posata. L’oggetto ha anche un senso di ritualità del proprio uso per cui l’atto del mangiare è un atto simbolico e mitologico. Un atto carico di significati che vanno al di là della funzionalità e io cerco che questo rito compaia in ciò che progetto.

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intervista alessandro mendini Di Simone Pavan

Cosa ne pensa dell’idea di un “pacchetto di sopravvivenza” per dare una risposta d’emergenza al problema della fame nel mondo? Questa Expo che sta succedendo a Milano pone in maniera drammatica, secondo me, il divario tra l’alta cucina dei grandi chef che si faranno grandissima pubblicità in questi sei mesi e la fame nel mondo che sembra quasi divenuto un sotto problema rispetto alla forza d’urto che hanno a livello di pubblicizzazione i grandi cuochi. Pensare a un pacchetto di sopravvivenza come quelli degli astronauti mi sembra una cosa paradossale, una specie di “boutade”, non so se va bene pensare una cosa del genere. Quale cibo cosiddetto “basic” le piace di più e quale di lusso? Sono contrario all’alta cucina e ai grandi cuochi che sono dei mistificatori, sono dei pubblicitari di se stessi e raramente stanno nelle loro cucine. Per questa ragione mangiare presso questi grandi cuochi risulta una cosa arida, fredda, complicatissima, che genera fatica invece di generare il piacere di mangiare. Il mio modo di mangiare è semplicissimo. Mi piacciono il pane, la verdura, i formaggi e più mangio elementare, più sono contento. Qual è il cibo che preferisce? Pane grosso ritagliato, un buon olio e sopra il pepe nero. Che rapporto ha con i fornelli? Recentemente mi è stato proposto di studiare un pentolino per fare le uova al tegamino, un uovo o due quindi un pentolino rotondo e uno a forma di otto. La richiesta è molto specializzata, mi si da lo spessore del metallo, mi si dice il tipo di metallo, mi si dice come dev’essere il manico e io devo ottenere un oggetto funzionalsimbolico che invogli a fare l’uovo al tegamino. Come dicevo, ho bisogno di essere consigliato perché quando tentai anni fa di cucinare, dovetti buttare via uovo e tegamino perché avevo bruciato tutto. Per questa ragione affermo di non saper fare da mangiare. Questo mi dispiace perché è un atto anti artigianale. La cucina è artigianato ma io non so nemmeno fare i plastici di architettura. Con le mani a livello progettuale so solo usare la matita e la biro.

Le piace l’Expo? L’expo ha tanti modi attraverso i quali essere guardata. Il modo più positivo è che produce lavoro e produce energia in un’Italia latente e disincantata. Bello vedere Milano che assume un certo grado di effervescenza. Poi il fabbricare l’Expo ha prodotto denaro per persone che lavorano e comunque produrrà altro denaro per motivi complementari. Questi sono fatti positivi. Il fatto negativo invece è che c’è un grande squilibrio tra l’obiettivo vero che sarebbe la fame nel mondo e gli obiettivi marginali che prenderanno il sopravvento. Dal punto di vista architettonico è possibile che ci siano dei padiglioni interessanti, però la formula dell’Expo è una formula ottocentesca e pertanto non è contemporanea. Si va a vedere degli stand che sono una specie di mercatini più o meno folcloristici. Ma forse è carino anche questo se la frequenza fondamentale è quella dei bambini. Poi si ha modo di vedere una specie di catalogo di tutte le presenze dei modi e dei cibi del mondo. Sappiamo che è un estimatore di Peck, cosa ci racconta in merito? Ho tantissimi anni e vivo a Milano da sempre. Quando ero bambino, mio padre andava da Peck e io andavo con lui da Peck. Si usciva con i pacchetti confezionati con la carta gialla e il logo Peck. Sono un frequentatore di Peck da sempre, mi piacciono tutte le sezioni, che sono anche una sorta di museo da guardare nel senso che ci sono dei piatti ben precisi, preparati da sempre, che si ritrovano sia quando si acquista il risotto giallo con il pesce sia quando si va al ristorante al primo piano. Frequento quindi spesso i ristoranti al punto che conosco anche i camerieri che spesso ritrovo e che sono bravi e simpatici. Mi viene in mente Berlino dove c’è il KADEVE e questi grandi rivenditori di cibo ad altissimo livello, sono interessanti e impressionanti.

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interview alessandro mendini By Simone Pavan

On how many projects for kitchen objects have you worked? And which is the one that you consider most successful? I forget the stuff I do therefore I don’t remember how many kitchen objects I designed and with which materials. I’ve worked with porcelain, ceramics, I’ve designed stainless steel objects, silverware, glass, teacups, plates, corkscrews, glasses, cutlery for more than a local or far away industry and some of these things went well while other went worse but the art of kitchen design has always fascinated me, with the premise that I don’t know how to cook, so when I design these things I must be supervised by someone who knows how to cook, which happens repeatedly. In every project, even in other fields, I need to be advised. If you had to think of a plate, a glass and modern tools to eat with suitable for all populations, how would you design them? A universal glass or plate could even exist, however the ways of eating are local and therefore specialized, so the more universal the container, the less refined the response towards the food that is contained within. What I tend towards goes beyond the functionality that an object must have, a glass, a plate or cutlery. The object has also a ritual meaning of its own use so the act of eating is a symbolic and mythological one, it is an act that is full of meanings that go beyond its function and I seek this rituality in what I design.

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What do you thin of the idea of a “survival packet” to give an answer to the problem of hunger in the world? This Expo in Milan, poses in a dramatic way, I reckon, the gap between high cuisine of great chefs who will get a lot of advertising in these six months and famine in the world which seems to have become almost a sub-problem compared with the impact that the great chefs are achieving in terms of advertising. Thinking of a survival packet like the ones that astronauts have seems paradoxical, a sort of “joke” and I don’t know if it’s all right to think of something like that. What sort of “basic” food and luxury food do you like most? I’m against high cuisine and great chefs because they distort reality, they are their own advertisers and are rarely actually in kitchens. So eating at these great chefs’ is arid, cold, extremely complicated and it’s an effort of eating rather than a pleasure. My way of eating is very simple. I like bread, vegetables, cheese, and the more elementary I eat the more I am happy. What’s your favorite food? Thick cut bread, with good olive oil and black pepper on top.


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What’s your relationship with cooking like? I was recently asked to design a saucepan to cook fried eggs, one or two eggs so a roun one and and eight shaped one. The request is very specific, they give me the width of the metal, the type of metal, they tell what the handle’s got to be like and I have to obtain a functional-symbolic object that makes you want to cook fried eggs. As I said, I need advice since when I tried cooking years ago, I had to throw away eggs and saucepan because I’d burned everything, so claim I can’t cook. I’m sorry about this because it’s an artisanal job. Cooking is handicraft but I can’t even make architecture scale models. On a practical level I can only use pencil and biro. Do you like the Expo? Expo can be looked at in many ways. The most positive one is that it produces jobs and energy in a disillusioned and inactive Italy. It’s good to see Milan with all this effervescence. Then creating expo has made money for people who work and will also produce money for complementary reasons. These are positive facts. The negative side is that there is great inequality between the real aim that should be feeding the world and marginal objectives that will prevail. From an architectural point of view it is possible that there are interesting pavilions, although the Expo formula is from the 19th century and therefore it isn’t contemporary. One goes to see stands that are a bit like market stalls more or less folkloristic. But perhaps this is nice if the main attendants are kids. Then there’s also the chance of seeing a sort of catalog of all the different food and ways of cooking in the world.

We know you’re an estimator of Peck, what can you tell us about this? I’m very old and I’ve always lived in Milan. When I was a child, my father used to go to Peck’s and I would go with him. We used to come out with these yellow paper packages with the Peck logo on them. I’ve always been going to Peck’s, I like all of the sections, that are a bit like a museum to visit in the sense that there are some specific dishes, that have always been prepared that you can find when buying the yellow risotto with fish and when you go to the restaurant on the first floor. I go often to the restaurants to such an extent that I even know the waiters because I often bump into them and they’re good and friendly. It makes me think of Berlin where there’s KADEVE and these big high quality food dealers are interesting and impressive.

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