Master Thesis

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Scuola di Architettura e SocietĂ Corso di Laurea Magistrale in Architettura - Anno Accademico 2016/2017 Tesi in Progettazione Architettonica Relatrice: Prof.ssa Isabella Sara Inti Studente: Simone Venditti (816066)



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I

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Progetti e strategie di rigenerazione per la valorizzazione delle prime XVI miglia della via Appia Antica


Premessa

Modello territoriale di Ariccia, Roma (120x80 cm)


Appiè

Abstract

Architetti, artisti e poeti di diversa provenienza geografica hanno da sempre contribuito a mantenere vivo ed accrescere il valore dell’Appia Antica, fin dal Rinascimento. Pensando alle strade di Roma vengono in mente il basolato antico in pietra basaltica, i sepolcri, i mausolei e le ville della “Regina Viarum”, tappa fissa del Grand Tour. Fondata sulla colata lavica del Vulcano Laziale, l’Appia Antica ha avuto origine dall’ingegno del censore Appio Claudio Cieco e dalla geologia del territorio. Nel corso dei secoli l’Appia Antica ha visto mutare più volte la sua natura: via di commercio e via militare, via di sepoltura e via di residenza, via di pellegrinaggio e via di turismo. Per questo suo mutare la “Regina Viarum” è stata soggetta, per molti anni e in diverse epoche, a dilapidazione e saccheggi che hanno messo in pericolo non solo i manufatti presenti sul suo tracciato ma anche la sua stessa esistenza, complici in maggior misura l’abusivismo edilizio e lo sviluppo urbanistico del secondo dopoguerra. Fu Napoleone che per primo ipotizzò di progettare un grande parco archeologico che avrebbe dovuto coprire il territorio compreso tra la Colonna Traiana e i Castelli Romani, ma solo nel XIX secolo l’architetto-archeologo Luigi Canina si impegnò nella tutela e nella valorizzazione dell’antico tracciato e dei monumenti creando il “Museo all’Aperto”, tra il 1851 e il 1855. Successivamente, il giornalista-politico Antonio Cederna e l’architetto-urbanista Italo Insolera fecero istituire nel 1988 il Parco Regionale dell’Appia Antica, grazie alle loro pubblicazioni su Casabella, la Repubblica e altri giornali di rilevanza. La tutela del paesaggio ha origine anche dall’iniziativa dei cittadini, come nel caso del Parco Regionale dei Castelli Romani che fu istituito, grazie ad una raccolta firme, nel 1984. L’importanza paesaggistica del Parco dei Castelli Romani è stata riconosciuta dalla

Comunità Europea che ha individuato la presenza di 4 SIC, uno dei quali anche ZPS, i quali aiutano a mantenere la biodiversità nel territorio. I due parchi, quello dell’Appia Antica e quello dei Castelli Romani, contigui, creano un sistema protetto che si estende per più di 16 miglia, dove vi è la prima stazione di sosta romana coincidente con l’insediamento di Aricia, oggi Ariccia. Il sistema paesaggistico prosegue in maniera perfettamente rettilinea fino a Terracina, intercetta l’agro-pontino romano, il Parco Nazionale del Circeo e giunge infine al Tempio di Giove Anxur sul Mar Tirreno. L’Appia Antica offre un insieme di Architettura, Archeologia e Paesaggio ineguagliabili al mondo e proprio per la rilevanza monumentale presente sulla prima sezione del tracciato si è spesso trascurata la visione d’insieme della via, catalizzando le energie sui singoli manufatti. Unificare il percorso tra le diverse stazioni di sosta romane e creare un sistema a tappe successive è una prospettiva che si può attuare nell’ottica di una valorizzazione di turismo sostenibile con una visione globale del tracciato. Il progetto prende in analisi il tratto che va dalla Porta Capena delle Mura Serviane alla prima stazione di posta in Ariccia e vuole fornire un modello applicabile all’intero sviluppo dell’Appia Antica, alle altre vie consolari o ad altre realtà europee. Percorsi culturali, sportivi, esperienziali vengono creati lungo il tracciato fornendo una successione di servizi agli utenti. Si vuole rendere facilmente accessibile la porzione di territorio a tutta la comunità e collegare il grande sistema del Parco Regionale dell’Appia Antica e del Parco Regionale dei Castelli Romani con il sistema del G.R.A.B., il Grande Raccordo Anulare delle Bici, progetto di mobilità sostenibile ciclopedonale approvato lo scorso agosto dal Comune di Roma e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.


Indice

Indice

Capitolo 1 STRUMENTI PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO 1.1 - I principi fondatori del Parco dell’Appia Antica

pag. 10

1.2 - Patrimonio in Europa 1.2.1 Rete Natura 2000 1.2.2 MAB, Unesco

pag. 14

1.3 - Parchi regionali e nazionali in Italia 1.3.1 SIC, ZPS e ZSC

pag. 24

1.4 - Parchi del Lazio 1.4.1 Parco Regionale dell’Appia Antica 1.4.2 Parco Regionale dei Castelli Romani 1.4.3 Parco Nazionale del Circeo

pag. 32

1.5 - L’Agro Pontino-Romano

pag. 54

Capitolo 2 LE INFRASTRUTTURE ED IL TERRITORIO CHE CAMBIA 2.1 - Per le vie Consolari 2.1.1 L’Appia Antica 2.1.2 Le Stazioni di posta dell’Appia Antica

pag. 64

2.2 - I Colli Albani ed i paesi intercettati dall’Appia Antica 2.2.1 Marino 2.2.2 Castel Gandolfo 2.2.3 Albano Laziale

pag. 78

2.3 - Ariccia, ieri ed oggi 2.3.1 Evoluzione del territorio aricino 2.3.2 Economie: agro-pastorizia, turismo, cultura

pag. 102

2.4 - La cronaca sul territorio 2.4.1 Antonio Cederna 2.4.2 Paolo Rumiz

pag. 118


Appiè

Capitolo 3 L APPIÈ, PROGETTO E NUOVO IMMAGINARIO 3.1 - Esperimenti di successo 3.1.1 Estate Romana 1977-85 3.1.2 Effimero - Architettura alla piccola scala 3.1.3 GRAB - Grande Raccordo Anulare delle Bici

pag. 136

3.2 - Architettura nel paesaggio 3.2.1 Fiumara d’Arte a Castel di Tusa 3.2.2 Land-Art. I precursori del deserto del Nevada 3.2.3 Speleoterapia

pag. 154

3.3 - Progetti di riattivazione sul territorio 3.3.1 Concorso per Piazza di corte 3.3.2 Il tratto aricino della Regina Viarum 3.3.3 Progetto Albanus e l’emissario di Nemi 3.3.4 Appia Day e Dal Tramonto all’Appia

pag. 170

3.4 - Una prospettiva per il futuro 3.4.1 L’esempio del Cammino di Santiago

pag. 190

3.5 - Aspetti teorici e metodologici 3.5.1 Landscape Urbanism 3.5.2 Pianificazione aperta 3.5.3 Riuso Temporaneo

pag. 194

3.6 - Obiettivi e strategie 3.6.1 Riattivare la percorribilità dell’Appia Antica con una nuova identità unitaria 3.6.2 Preservare e valorizzare il patrimonio architettonico 3.6.3 Rigenerare le periferie e i paesaggi della cultura rurale 3.6.4 Promuovere il turismo sostenibile ai Castelli Romani

pag. 200

3.7 - Processo di riattivazione delle prime XVI miglia dell’Appia Antica 3.7.1 Tavole di progetto

pag. 210

Bibliografia, sitografia e filmografia

pag. 252



Capitolo 1

STRUMENTI PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO

11

Definizione del campo d’indagine


Capitolo I

I principi fondatori del Parco dell’Appia Antica

12

Dopo il grande progetto del “Museo all’Aperto” realizzato da Luigi Canina nella metà dell’Ottocento, una triste realtà fatta di incuria e degrado si affaccia sullo scenario della Via Appia Antica. Da oltre mezzo secolo, abusivismo edilizio e atti di vandalismo vengono combattuti per tutelare il patrimonio archeologico della strada, portando avanti, da parte della Soprintendenza Archeologica, numerosi progetti di valorizzazione e costanti opere di conservazione mirati alla fruizione da parte di tutti i cittadini di questo immenso bene pubblico. L’impegno di tutela dei manufatti storici deve essere affiancato da interventi di sistemazione per lunghi tratti della Via, connettendo i 3980 ettari e creando un sistema fruibile dal quale la collettività può trarre godimento e acquisire la consapevolezza della rilevanza di tale patrimonio. Uno degli interventi, realizzati nell’ambito del Grande Giubileo del 2000, è stata la ricucitura dell’Appia Antica nel punto in cui l’attraversamento dell’anello stradale del G.R.A. aveva diviso in due la strada. Tale obiettivo è stato raggiunto tramite il sottopasso del Raccordo, prestando attenzione anche agli aspetti paesaggistici in modo che l’interramento iniziasse da entrambe le parti almeno a 2 km di distanza dalla linea dell’Appia Antica e fosse protetto da piantumazioni arboree. Dal primo intervento del Canina nel 1851 fino al 1988, anno di istituzione del Parco, vi è stata una continua lotta tra abusi e denuncie, concessioni ed espropri, condoni e demolizioni che hanno creato confusione tra gli attori partecipanti e le Istituzioni e minato sempre più la conservazione della Via e dei

suoi monumenti storici. Si pensi che, per l’elevato numero di illeciti, oltre l’82% del territorio del Parco dell’Appia Antica è di proprietà privata, dove il 38% è rappresentato da proprietà medio-grandi appartenenti alle famiglie della vecchia aristocrazia, il 30% da piccole proprietà private ed il 14% da enti religiosi. Le aree di proprietà pubblica sono poco più del 17,5% del territorio e sono più o meno equamente divise tra patrimonio dello Stato, di cui fa parte ovviamente l’Appia Antica, e patrimonio di Roma Capitale, più un 2% circa che rientra, invece, nel Demanio Militare. La Via Appia Antica quindi, costituendo una parte sostanziale della proprietà pubblica del territorio, deve tornare ad assumere il valore di un monumento antico con il ruolo di “Museo all’Aperto” conferito dai restauri eseguiti nella metà del 1800 con il fine di preservare e illustrare le testimonianze archeologiche nel tempo. Rendendo il tracciato accessibile a tutti si offre una infrastruttura leggera per i cittadini, una maggiore consapevolezza del patrimonio e si può far muovere l’opinione pubblica, e di conseguenza le istituzioni, verso una più incisiva campagna di valorizzazione.

G.B. Piranesi, Veduta dell’Antica via Appia, (acquaforte, 1764)


Campo d’indagine

13


Capitolo I

14

Basolato lungo l’Appia Antica, III miglio


Campo d’indagine

15


Capitolo I

Patrimonio in Europa

Rete NATURA 2000

16

La rete NATURA 2000 è il principale strumento che l’Unione Europea ha per preservare ed incrementare la biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” per garantire il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. NATURA 2000 è costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), identificati dagli Stati Membri, che vengono successivamente designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli” concernente la conservazione dei volatili selvatici. Le aree della rete NATURA 2000 non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse; la Direttiva “Habitat” intende garantire la protezione della natura tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali. Soggetti privati possono essere proprietari dei siti Natura 2000, assicurandone una gestione sostenibile sia dal punto di vista ecologico che economico. La Direttiva riconosce il valore di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell’uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra attività antropiche e natura. Ad esempio, alle 3 aree agricole identitarie presenti nella campagna romana, connesse dal tracciato dell’Appia Antica, sono legate numerose specie animali e vegetali la cui sopravvivenza è necessaria per la prosecuzione e la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o

l’agricoltura non intensiva. Nella Direttiva viene specificato l’obiettivo di conservare non solo gli habitat naturali ma anche quelli seminaturali, come le aree ad agricoltura tradizionale, i boschi utilizzati ed i pascoli. Lunghi tratti dell’Appia Antica sono stati realizzati su antichi tratturi di età pre-romana utilizzati dai pastori per la transumanza delle mandrie o delle greggi quindi la “Regina Viarum” ha nella sua origine la stessa natura dei già citati habitat. Nei 28 Stati Membri dell’Unione Europea oltre il 18% del territorio e il 6% della superficie marina è rappresentato da NATURA 2000 che costituisce la più grande rete coordinata di aree protette in tutto il mondo. In Italia, i SIC, le ZSC e le ZPS coprono complessivamente circa il 19% del territorio terrestre nazionale e quasi il 4% di quello marino, quindi il nostro Paese, in materia di territorio emerso, è al di sopra della media comunitaria. Partendo dal Parco Regionale dell’Appia Antica la via connette una grande parte di questo esteso sistema in tutta l’Italia meridionale, ovvero il Parco Regionale dei Castelli Romani, il Parco Nazionale del Circeo, il Parco dei Monti Aurunci, il Parco Riviera di Ulisse, il Parco Roccamonfina Foce Garigliano, il Parco del Partenio, il Parco Taburno Camposauro, il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, il Parco della Murgia Materana ed il Parco Terra delle Gravine. Siti Natura 2000 Siti candidati


Campo d’indagine

Il 24% del territorio dell’UNIONE EUROPEA fa parte della Rete NATURA 2000 “Oltre 26000 aree protette per una superficie complessiva di 850000 km2”

17

“In Italia i siti ricoprono il 19% del territorio emerso e il 4% di quello marino, coinvolgendo 1/4 della popolazione”


Capitolo I

18

Mandria di mucche sull’Appia Antica


Campo d’indagine

19

Gregge di pecore sull’Appia Antica


Capitolo I

MAB, Unesco

20

Il Programma MAB (Man and Biosphere) è stato avviato dall’UNESCO nel 1971 allo scopo di migliorare ed integrare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita di biodiversità attraverso azioni di tutela, valorizzazione e ricerca. Il programma scientifico ha portato al riconoscimento delle Riserve della Biosfera, aree marine e/o terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire nell’ottica della conservazione delle risorse e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo della proclamazione delle Riserve è promuovere e dimostrare una relazione equilibrata fra la comunità umana e gli ecosistemi, creare siti privilegiati per la ricerca, la formazione e l’educazione ambientale, oltre che poli di sperimentazione per politiche mirate allo sviluppo e alla pianificazione territoriale. Le Riserve della Biosfera sono quindi indirizzate ad incoraggiare la conservazione degli spazi naturali, ma anche a promuovere il territorio, il suo sviluppo economico e le sue specificità culturali. In tutto il mondo vi sono 669 Riserve in 120 paesi, di cui 14 in Italia, la quale detiene il primato mondiale del Patrimonio dell’Umanità con 51 siti UNESCO (giugno 2016). L’UNESCO ha promosso la creazione di un Network mondiale delle Riserve della Biosfera al fine di promuovere su scala internazionale lo scambio di studi, ricerche, strumenti di monitoraggio, percorsi educativi, formativi e di turismo partecipativo realizzati all’interno delle Riserve stesse. Le Riserve della Biosfera hanno tre zone interdipendenti che mirano a soddisfare funzioni complementari e sinergiche: una zona centrale stretta-

mente protetta, in cui viene preservata la biodiversità vegetale e animale, destinata alla ricerca; una zona cuscinetto, di gestione ecologica per le attività a basso impatto in termini di silvicoltura, agricoltura ecologica e turismo sostenibile; una zona di transizione, per lo sviluppo dell’artigianato, dei servizi e delle attività agro-silvo-pastorali. Il Parco Nazionale del Circeo è stato uno dei luoghi nei quali lo stesso concetto del programma Man and Biosphere dell’UNESCO è nato e si è sviluppato, con la proclamazione della Riserva nel 1977, estesa poi nel 2013, fino a raggiungere i confini attuali, che comprendono i comuni di Sabaudia, San Felice Circeo e parte di quelli di Latina e Terracina. L’Appia Antica si colloca a pieno titolo in questo panorama, collegando i parchi del sud del Lazio e custodendo un patrimonio culturale e paesaggistico senza eguali. Per questo motivo è stata richiesta la sua iscrizione alla lista dei siti UNESCO il 1° giugno 2006, richiesta avanzata dal MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) e dalle Regioni Lazio, Campania, Basilicata e Puglia, ma che rimane ancora nella “tentative list”.

2 PRT

4 PRT

9 PRT

3 PRT

7 PRT

6

46

ESP

16 ESP

ESP

41 ESP


Campo d’indagine

669 RISERVE della BIOSFERA in 120 Paesi del MONDO e 224 siti in UNIONE EUROPEA “1045 miliardi di ettari e 98 milioni di persone interessate nel mondo” 1 FIN SWE 2

4

EST

2

1

1

5

1

LVA 4

1

3

LTU

1 1 BLR

6

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GBR

10

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9 13

8

5

DEU

1

3

10

POL

7 12

2

UKR 8 6 7 6 3 4 5 14 11 4 3 3 5 2 1 15 1 6 2 SVK 2 10 1 HUN 3 5 AUT 4 2 4 1 3 2 3 FRA ROU 3 1 6 1 SVN CHE 3 11 2 2 3 2 11 HRV 13 6 12 9 43 38 12 SRB 14 4 1 15 16 13 4 7 22 23 18 27 14 7 13 1 40 36 BGR 2 3 29 42 32 24 20 9 10 1 9 8 11 14 5 9 MNE 47 35 19 5 ITA 28 26 31 6 1 8 2 1 7 8 17 1 MKD 3 1 33 3 11 45 PRT 1 2 ALB 34 44 6 1 2 25 5 13 10 48 5 4 GRC ESP 10 21 8 7 4 1 10 37 14 15 4 3 3 3 6 2 4 1 5 12

8

MAR

12 30 ESP

ESP

39 ESP

1

4 2

6

7

2

1

7

2 3 9 6

5

5 CZE

1

1

21

2

1

TUR

SYR 3 1 LBN 2 2

TUN

DZA

1

2

1

JOR ISR 2 1

1

1

EGY

“Sulla nostra penisola insistono 14 Riserve della Biosfera e l’Appia Antica ne connette 2, quella del Circeo e quella del Vesuvio”


Capitolo I

Siti MAB Albania ALB 1 Austria AUT 1 AUT 2 AUT 3 Bulgaria BGR 1 BGR 2 BGR 3 BGR 4 BGR 5 BGR 6 BGR 7 BGR 8 BGR 9 BGR 10 BGR 11 BGR 12 BGR 13 BGR 14 BGR 15 BGR 16 Belarus BLR 1 BLR 2 BLR 3

Ohrid-Prespa (transboundary with MKD, 2014) Großes Walsertal (2000) Wienerwald (2005) Salzburger Lungau und Kärntner Nockberge (2012) Alibotouch (1977) Bistrichko Branichté (1977) Boitine (1977) Djendema (1977) Doupkata (1977) Doupki-Djindjiritza (1977) Kamtchia (1977) Koupena (1977) Mantaritza (1977) Ouzounboudjak (1977) Parangalitza (1977) Srébarna (1977) Steneto (1977) Tchervenata Sténa (1977) Tchoupréné (1977) Tsaritchina (1977) Berezinskiy (1978) Belovezhskaya Pushcha (1993) West Polesie (2003, transboundary with POL and UKR)

Switzerland CHE 1 Val Müstair - Parc Naziunal (1979) CHE 2 Entlebuch (2001)

22

Czech Republic CZE 1 Krivoklátsko (1977) CZE 2 Trebon Basin(1977) CZE 3 Lower Morava (1986) CZE 4 Sumava (1990) CZE 5 Krkonoše (transboundary with POL, 1992) CZE 6 Bílé Karpaty (1996) Germany DEU 1 DEU 2 DEU 3 DE U 4

DEU 13 DEU 14 DEU 15

Flusslandschaft Elbe (1979) Vessertal-Thüringer Wald (1979) Berchtesgadener Land (1990) S c h l e s w i g -H o l s te n i s c h e s W a tte n m e e r, Halligen (1990) Schorfheide-Chorin (1990) Rhön (1991) Spreewald (1991) Südost-Rügen (1991) Hamburgisches Wattenmeer (1992) Niedersächsisches Wattenmeer (1992) Vosges du Nord/Pfälzerwald (1992; transboundary with FRA, 1998) O b e r l a u s i tz e r H e i d e und Teichlandschaft (1996) Schaalsee (2000) Bliesgau (2009) Schwäbische Alb (2009)

Denmark DNK 1

North-East Greenland (1977)

Egypt EGY 1 EGY 2

Omayed (1981, ext. 1998) Wadi Allaqi (1993)

Spain ESP 1 ESP 2 ESP 3 ESP 4 ESP 5 ESP 6 ESP 7 ESP 8

Grazalema (1977) Ordesa-Viñamala (1977) Montseny (1978) Doñana (1980) La Mancha Húmeda (1980) La Palma (1983) Las Sierras de Cazorla y Segura (1983) Marismas del Odiel (1983)

DEU 5 DEU 6 DEU 7 DEU 8 DEU 9 DEU 10 DEU 11 D E U 12

ESP 9 ESP 10 ESP 11 ESP 12 ESP 13 ESP 14 ESP 15 ESP 16 ESP 17 ESP 18 ESP 19 ESP 20 ESP 21 ESP 22 ESP 23 ESP 25 ESP 24 ESP 26 ESP 27 ESP 28 ESP 29 ESP 30 ESP 31 ESP 32 ESP 33 ESP 34 ESP 35 E S P 36 ESP 37 ESP 38 ESP 39 ESP 40 ESP 41 ESP 42 ESP 43 ESP 44 ESP 45 ESP 46 ESP 47 ESP 48

Urdaibai (1984) Sierra Nevada (1986) Cuenca Alta del Río Manzanares (1992) Lanzarote (1993) Menorca (1993, change in zonation 2004) Sierra de las Nieves y su Entorno (1995) Cabo de Gata-Nijar (1997) Isla de Hierro (2000) Bardenas Reales (2000) Muniellos, Gran Cantábrica (2000) Somiedo (2000) Redes (2001) Las Dehesas de Sierra Morena (2002) Terras do Miño (2002) Valle de Laciana, Gran Cantábrica (2003) Monfragüe (2003) Picos de Europa, Gran Cantábrica (2003) Valle de Jubera, Leza, Cidacos y Alhama (2003) Babia, Gran Cantábrica (2004) Alto de Bernesga, Gran Cantábrica (2005) Área de Allariz (2005) Gran Canaria (2005) Los Argüellos, Gran Cantábrica (2005) Los Valles de Omaña y Luna (2005) Sierra del Rincón (2005) Las Sierras de Béjar y Francia (2006) Los Ancares Leoneses, Gran Cantábrica (2006) L o s A n c a r e s L u c e n s e s y M o n te s d e Cervantes, Navia y Becerrea, Gran Cantábrica (2006) Reserva de la Biosfera intercontinental del Mediterraneo (transb. with MAR, 2006) Rio Eo, Oscos y Terras de Buron (2007) Fuerteventura (2009) Gerês (transboundary with PRT, 2009) La Gomera (2012) Las Ubinas - La Mesa (2012) Marinas Corunesas e Terras do Mandeo (2013) Terres de l‘Ebre (2013) Real Sitio de San Ildefonso - El Espinar (2013) Macizo de Anaga (2015) Meseta Ibérica (transboundary with PRT, 2015) Tejo/Tajo Internacional (transboundary with PRT, 2016)

Greece GRC 1 GRC 2 Croatia HRV 1 HRV 2 Hungary HUN 1 HUN 2 HUN 3 HUN 4 HUN 5 HUN 6 Ireland IRL 1 IRL 2 Israel ISR 1 ISR 2 Italy ITA 1 ITA 2 ITA 3 ITA 4 ITA 5 ITA 6 ITA 7 ITA 8 ITA 9

Mount Carmel (1996) Ramat Menashe (2011)

Dana (1998) Mujib (2011)

Lithuania LTU 1

Zuvintas (2011) North Vidzeme (1997)

Finland FIN 1 FIN 2

North Karelian (1992) Achipelago Sea Area (1994)

Morocco MAR 1 MAR 2 MAR 3

United Kingdom GBR 1 Wester Ross (1976, ext. and ren. 2016) GBR 2 Braunton Burrows - North Devon (1976) GBR 3 Biosffer Dyfi (1976) GBR 4 Galloway and Southern Ayrshire (2012) GBR 5 Brighton and Lewes Downs (2014) GBR 6 Isle of Man (2016)

Dublin Bay (1981) Killarney (1982)

Jordan JOR 1 JOR 2

Latvia LVA 1

FRA 7 FRA 8 FRA 9 FRA 10 FRA 11 FRA 12 FRA 13 FRA 14

Aggtelek (1979) Hortobágy (1979) Kiskunság (1979) Lake Fertö (1979) Pilis (1980) Mura Drava Danube (transboundary with HRV, 2012)

ITA 10 ITA 11 ITA 12 ITA 13 ITA 14

West-Estonian Archipelago (1990)

Camargue (Rhône-Delta,1977) Commune de Fakarava (1977) Vallée du Fango (1977) Cévennes (1984) Iles et Mer d‘Iroise (1988) Vosges du Nord / Pfälzerwald (1988; transboundary with DEU) Mont Ventoux (1990) Archipel de la Guadeloupe (1992) Luberon-Lure (1997) Fontainebleau et du Gâtinais (1998) Bassin de la Dordogne (2012) Marais Audomarois (2013) Mont-Viso (transboundary with ITA, 2013) Gorges du Gardon (2015)

Velebit Mountain (1977) Mura Drava Danube (transboundary with HUN, 2012)

Circeo (1977) Collemeluccio-Montedimezzo (1977) Miramare (1979) Cilento and Valle di Diano (1997) S o m m a -V e s u v i o a n d M i g l i o d ’ O r o ( 1 9 9 7 ) Valle del Ticino (2002) Tuscan Islands (2003) Toscana (2004 ) Area della Biosfera del Monviso (transboundary with FRA, 2013) Sila (2014) Ledro Alps and Judicaria (2015) Po Delta (2015) Appennino Tosco-Emiliano (2015) Collina Po (2016)

Estonia EST 1

France FRA 1 FRA 2 FRA 3 FRA 4 FRA 5 FRA 6

Gorge of Samaria (1981) Mount Olympus (1981)

MAR 4

Arganeraie (1998) Oasis du sud marocain (2000) Réserve de biosphère intercontinentale de la Méditerranée (transboundary with ESP, 2006) Atlas Cedar (2016)

Ex Yugoslav Republic of Macedonia MKD 1 Ohrid - Prespa (transboundary with ALB, 2014) Montenegro MNE 1 Tara River Basin (1976) Netherlands NLD 1 Wadden Sea Area (1986) Poland POL 1 POL 2 POL 3 POL 4 POL 5 POL 6 POL 7 POL 8

Babia Gora (1976, ext. 1997&2001) Bialowieza (1976, ext. 2005) Lukajno Lake (1976) Slowinski (1976) Karkonosze (transboundary with CZE, 1992) Tatra (transboundary with SVK, 1992) East Carpathians (transboundary with SVK and UKR, 1998) Puszcza Kampinoska (2000)


ESP 9 ESP 10 ESP 11 ESP 12 ESP 13 ESP 14 ESP 15 ESP 16 ESP 17 ESP 18 ESP 19 ESP 20 ESP 21 ESP 22 ESP 23 ESP 25 ESP 24 ESP 26

ESP 27 ESP 28 ESP 29 ESP 30 ESP 31 ESP 32 ESP 33 ESP 34 ESP 35

E S P 36

ESP 37

ESP 38 ESP 39 ESP 40 ESP 41 ESP 42 ESP 43 ESP 44 ESP 45 ESP 46 ESP 47 ESP 48

Campo d’indagine

Urdaibai (1984) Sierra Nevada (1986) Cuenca Alta del Río Manzanares (1992) Lanzarote (1993) Menorca (1993, change in zonation 2004) Sierra de las Nieves y su Entorno (1995) Cabo de Gata-Nijar (1997) Isla de Hierro (2000) Bardenas Reales (2000) Muniellos, Gran Cantábrica (2000) Somiedo (2000) Redes (2001) Las Dehesas de Sierra Morena (2002) Terras do Miño (2002) Valle de Laciana, Gran Cantábrica (2003) Monfragüe (2003) Picos de Europa, Gran Cantábrica (2003) Valle de Jubera, Leza, Cidacos y Alhama (2003) Babia, Gran Cantábrica (2004) Alto de Bernesga, Gran Cantábrica (2005) Área de Allariz (2005) Gran Canaria (2005) Los Argüellos, Gran Cantábrica (2005) Los Valles de Omaña y Luna (2005) Sierra del Rincón (2005) Las Sierras de Béjar y Francia (2006) Los Ancares Leoneses, Gran Cantábrica (2006) L o s A n c a r e s L u c e n s e s y M o n te s d e Cervantes, Navia y Becerrea, Gran Cantábrica (2006) Reserva de la Biosfera intercontinental del Mediterraneo (transb. with MAR, 2006) Rio Eo, Oscos y Terras de Buron (2007) Fuerteventura (2009) Gerês (transboundary with PRT, 2009) L’Appia è nella La Gomera (2012) “tentative list” Las Ubinas - La Mesa (2012) da giugno 2006 Marinas Corunesas e Terras do Mandeo (2013) Terres de l‘Ebre (2013) Real Sitio de San Ildefonso - El Espinar (2013) Macizo de Anaga (2015) Meseta Ibérica (transboundary with PRT, 2015) Tejo/Tajo Internacional (transboundary with PRT, 2016)

Greece GRC 1 GRC 2 Croatia HRV 1 HRV 2 Hungary HUN 1 HUN 2 HUN 3 HUN 4 HUN 5 HUN 6 Ireland IRL 1 IRL 2 Israel ISR 1 ISR 2 Italy ITA 1 ITA 2 ITA 3 ITA 4 ITA 5 ITA 6 ITA 7 ITA 8 ITA 9

Mount Carmel (1996) Ramat Menashe (2011)

Dana (1998) Mujib (2011)

Lithuania LTU 1

Zuvintas (2011) North Vidzeme (1997)

Latvia LVA 1

North Karelian (1992) Achipelago Sea Area (1994)

Morocco MAR 1 MAR 2 MAR 3

United Kingdom GBR 1 Wester Ross (1976, ext. and ren. 2016) GBR 2 Braunton Burrows - North Devon (1976) GBR 3 Biosffer Dyfi (1976) GBR 4 Galloway and Southern Ayrshire (2012) GBR 5 Brighton and Lewes Downs (2014) GBR 6 Isle of Man (2016)

Dublin Bay (1981) Killarney (1982)

Jordan JOR 1 JOR 2

West-Estonian Archipelago (1990)

FRA 7 FRA 8 FRA 9 FRA 10 FRA 11 FRA 12 FRA 13 FRA 14

Aggtelek (1979) Hortobágy (1979) Kiskunság (1979) Lake Fertö (1979) Pilis (1980) Mura Drava Danube (transboundary with HRV, 2012)

ITA 10 ITA 11 ITA 12 ITA 13 ITA 14

Finland FIN 1 FIN 2

Camargue (Rhône-Delta,1977) Commune de Fakarava (1977) Vallée du Fango (1977) Cévennes (1984) Iles et Mer d‘Iroise (1988) Vosges du Nord / Pfälzerwald (1988; transboundary with DEU) Mont Ventoux (1990) Archipel de la Guadeloupe (1992) Luberon-Lure (1997) Fontainebleau et du Gâtinais (1998) Bassin de la Dordogne (2012) Marais Audomarois (2013) Mont-Viso (transboundary with ITA, 2013) Gorges du Gardon (2015)

Velebit Mountain (1977) Mura Drava Danube (transboundary with HUN, 2012)

Circeo (1977) Collemeluccio-Montedimezzo (1977) Miramare (1979) Cilento and Valle di Diano (1997) S o m m a -V e s u v i o a n d M i g l i o d ’ O r o ( 1 9 9 7 ) Valle del Ticino (2002) Tuscan Islands (2003) Toscana (2004 ) Area della Biosfera del Monviso (transboundary with FRA, 2013) Sila (2014) Ledro Alps and Judicaria (2015) Po Delta (2015) Appennino Tosco-Emiliano (2015) Collina Po (2016)

Estonia EST 1

France FRA 1 FRA 2 FRA 3 FRA 4 FRA 5 FRA 6

Gorge of Samaria (1981) Mount Olympus (1981)

MAR 4

Arganeraie (1998) Oasis du sud marocain (2000) Réserve de biosphère intercontinentale de la Méditerranée (transboundary with ESP, 2006) Atlas Cedar (2016)

Ex Yugoslav Republic of Macedonia MKD 1 Ohrid - Prespa (transboundary with ALB, 2014) Montenegro MNE 1 Tara River Basin (1976) Netherlands NLD 1 Wadden Sea Area (1986) Poland POL 1 POL 2 POL 3 POL 4 POL 5 POL 6 POL 7 POL 8

Babia Gora (1976, ext. 1997&2001) Bialowieza (1976, ext. 2005) Lukajno Lake (1976) Slowinski (1976) Karkonosze (transboundary with CZE, 1992) Tatra (transboundary with SVK, 1992) East Carpathians (transboundary with SVK and UKR, 1998) Puszcza Kampinoska (2000)

POL 9 POL 10

West Polesie (2002; ext., ren.&transboundary with UKR and BLR, 2012) Tuchola Forest (2010)

Portugal PRT 1 PRT 2 PRT 3 PRT 4 PRT 5 PRT 6 PRT 7 PRT 8 PRT 9 PRT 10

Paúl do Boquilobo (1981) Corvo Island (2007) Graciosa Island (2007) Flores Island (2009) Xurés (transboundary with ESP, 2009) Berlengas (2011) Santana Madeira (2011) Meseta Ibérica (transb. with ESP, 2015) Fajãs de São Jorge (2016) Tejo/Tajo Internacional (transb. ESP, 2016)

Romania ROU 1 ROU 2 ROU 3

Pietrosul Mare (1979) Retezat (1979) Danube Delta (1992; tbr. with UKR, 1998)

Serbia SRB 1

Golija-Studenica (2001)

Slovakia SVK 1 SVK 2 SVK 3 SVK 4 Slovenia SVN 1 SVN 2 SVN 3

Slovenskiý Kras (1977) Polana (1990) Tatra (transboundary with POL, 1992) East Carpathians (transboundary with POL and UKR, 1998) Julian Alps (2003) The Karst (2004) Kozjansko and Obsotelje (2010)

Sweden SWE 1 SWE 2 SWE 3 SWE 4 SWE 5

Kristianstad Vattenrike (2005) Lake Vänern Archipelago (2010) Blekinge Archipelago (2011) Nedre Dalälven River Landscape (2011) East Vättern Scarp Landscape (2012)

Turkey TUR 1

Camili (2005)

Ukraine UKR 1 UKR 2 UKR 3 UKR 4 UKR 5 UKR 6 UKR 7 UKR 8

Chernomorskiy (1985) Askaniya-Nova (1985) Carpathian (1992) Danubel Delta (transboundary with ROU, 1998) East Carpathians (transboundary with POL and SVK, 1998) West Polesie (2002; ext., ren.&transboundary with POL and BLR, 2012) Desnianskyi (2009) Roztochya (2011)

Algeria - l‘Algérie - Argelia - Algerien (DZA) DZA 1 Tassili N’Ajjer (1986) DZA 2 El Kala (1990) DZA 3 Djurdjura (1997) DZA 4 Chrea (2002) DZA 5 Gouraya (2004) DZA 6 Taza (2004) Belezma (2015) DZA 7 DZA 8 Monts de Tlemcen (2016) Tunisia - la Tunisie - Túnez - Tunesien (TUN) TUN 1 Djebel Bou-Hedma (1977) TUN 2 Djebel Chambi (1977) TUN 3 Ichkeul (1977) TUN 4 Iles Zembra et Zembretta (1977) Syria - la Syrie - Siria - Syrien (SYR) SYR 1 Lajat (2009) Lebanon - le Liban - el Libano - Libanon (LBN) LBN 1 Shouf (2005) LBN 2 Jabal Al Rihane (2007) LBN 3 Jabal Moussa (2009)

23


Capitolo I

24

Il litorale Pontino visto dal promontorio del Circeo


Campo d’indagine

25


Capitolo I

Parchi Nazionali e Regionali in Italia

26

Nella definizione di Parco Nazionale rientrano tutte le aree terrestri, fluviali, lacustri, lagunari e marine che contengono uno o più ecosistemi intatti, o anche parzialmente alterati da interventi antropici, che contengano una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, estetici, scientifici, culturali, educativi e ricreativi, tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future. La Normativa di riferimento dei Parchi Nazionali è la Legge Quadro sui Parchi 394/1991. In Italia vi sono 24 Parchi Nazionali, che complessivamente coprono oltre un milione e mezzo di ettari, tra terra e mare, pari al 5% circa del territorio nazionale. Il Parco Nazionale integra e completa la salvaguardia operata dai Parchi Naturali Regionali, e viceversa, occupandosi di territori alquanto vasti e coinvolgendo diverse decine di Comuni. Oltre alla pianificazione e alla vigilanza dunque, il Parco Nazionale deve esaltare la sua missione di strumento di collegamento e valorizzazione delle realtà locali che devono trovare nella bellezza (e delicatezza) del territorio su cui abitano l’elemento di coesione, la risorsa chiave del loro sviluppo. Ad arricchire questo panorama concorrono i 140 parchi regionali e interregionali che sono costituiti da aree di valore naturalistico ed ambientale situate all’interno di una sola regione o di più regioni contigue. Le riserve naturali, nazionali o regionali che sono costituite da aree contenenti una flora ed una fauna di particolare valore naturalistico, oppure da ambienti importanti per

la loro biodiversità. Le zone umide che sono costituite da superfici acquitrinose, da paludi, da torbiere, ma anche da zone di acqua marina con profondità non superiore ai 6 m. Le oasi, aree di particolare interesse scientifico o paesaggistico che sono gestite generalmente da associazioni naturalistiche e culturali come il WWF, la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) ed il FAI (Fondo per l’ambiente italiano). Questo sistema tocca in maniera differente oltre la metà dei comuni italiani e deve costituire per essi soprattutto una grande risorsa. La conservazione della biodiversità può affiancarsi non solo alla produzione di beni comuni ma anche alla creazione di valore economico, facendo leva su un capitale naturale e culturale che rappresenta un giacimento unico al mondo, e soprattutto inesauribile se ben valorizzato, capace di creare benessere diffuso su tutto il territorio. Ecco perché l’attenzione alle aree protette è congeniale al tema dello sviluppo e del rilancio dell’economia su basi nuove. Il tracciato che l’Appia Antica disegna è di importanza strategica per il gran numero di siti e sistemi naturali e culturali che questa mette in relazione, connettendo i quali è realizzabile l’auspicato rilancio del Mezzogiorno Italiano. Via Appia Antica Parchi Regionali Parchi Nazionali


Campo d’indagine

24 PARCHI NAZIONALI, 26 AREE MARINE PROTETTE 140 Parchi Regionali ed Interregionali

Roma Terracina

27 Ariccia Benevento Brindisi

Capua Taranto

“L’Appia Antica si sviluppa per 365 miglia romane (540 km), connette 10 Parchi Regionali e 2 Parchi Nazionali per una estensione territoriale di 185000 ettari”


Capitolo I

28

Circo di Massenzio, Via Appia, III miglio


Campo d’indagine

29


Capitolo I

SIC, ZPS e ZSC

30

Il SIC (Sito di Importanza Comunitaria) è un concetto stabilito dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat”. Si definisce il Sito di Importanza Comunitaria come quell’area che contribuisce in maniera significativa a conservare ed arricchire gli habitat naturali e seminaturali della flora e della fauna selvatiche. Tale Direttiva costituisce il fulcro della politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità ed è la base su cui si fonda la rete NATURA 2000. Ad oggi sono stati individuati da parte delle Regioni italiane 2314 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), 671 dei quali sono stati designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC), e 610 Zone di Protezione Speciale (ZPS); di questi, 335 sono siti di tipo C, ovvero SIC/ZSC coincidenti con ZPS. All’interno dei siti NATURA 2000 in Italia sono protetti complessivamente 131 habitat, 90 specie di flora e 113 specie di fauna (delle quali 21 mammiferi, 10 rettili, 16 anfibi, 25 pesci, 41 invertebrati). Inoltre vengono tutelate 387 specie di avifauna ai sensi della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”. Nel Lazio sono stati individuati 183 SIC-ZSC, 21 SIC-ZSC coincidenti con ZPS e 42 ZPS per un totale di 225 siti e per una estensione di 402.846 ettari pari a circa il 23% del territorio regionale. Le ZSC (Zone Speciali di Conservazione) sono designate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e costituiscono un’evoluzione dei SIC in materia di misure di conservazione che saranno integrate rispetto a quelle dei SIC. Le ZPS (Zone di Protezione Speciale) sono poste lungo le rotte di migrazione dell’avifauna, sono finalizzate al mantenimento ed alla valoriz-

zazione di idonei habitat per la conservazione e gestione delle popolazioni di uccelli selvatici migratori e sono individuate grazie alla Direttiva 2009/147/ CE “Uccelli”. In Italia l’individuazione delle ZPS spetta alle Regioni e alle Province autonome, che trasmettono i dati al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. La presenza di un SIC, di una ZSC o di una ZPS per un territorio implicano misure di conservazione specifiche, che prevedono divieti elementari, come quello di caccia e pesca e piani di gestione. Ogni attività che ricade dentro uno di questi siti necessita di un parere di incidenza per qualsiasi intervento voglia apportare alle strutture o ai sistemi di coltivazione. È importante quindi, nell’ottica di sviluppare un progetto di valorizzazione dell’Appia Antica, prestare particolare attenzione all’aspetto di sostenibilità economica ed ambientale dell’intervento e definire come fondanti pratiche di turismo leggero e di attività agro-silvo-pastorali, quindi attività non intensive.

Via Appia Antica

ZPS

SIC


Campo d’indagine

2314 SIC, dei quali 671 ZSC e 610 ZPS 225 siti nel LAZIO con un’estensione di 402.800 ettari

31

Roma

Brindisi

“In Italia il 23% del territorio rientra nei siti di interesse, sono protetti 131 habitat, 90 specie di flora e 113 di fauna e vengono tutelate 387 specie di avifauna”


Capitolo I

32

Palazzo Chigi, Ariccia via Appia, XVI miglio


Campo d’indagine

33


Capitolo I

Parchi del Lazio

34

I parchi e le riserve del Lazio comprendono 205.930 ettari di natura pari al 12% dell’ intera superficie regionale, una percentuale superiore alla media nazionale. Il Lazio è la regione dei mille paesaggi e delle mille culture, dei mutamenti improvvisi e dell’antichissima presenza umana: una terra estremamente eterogenea e per questo lontana, nel complesso, dalle facili etichette e dai banali stereotipi del turismo moderno. Nel passato il Lazio accolse una delle espressioni più alte e nobili del concetto di viaggio: Roma e i suoi dintorni furono infatti la meta privilegiata del Grand Tour, fenomeno culturale di vasta portata, sviluppatosi dalla seconda metà del ‘700 fino ai primi del ‘900, che vide protagonisti artisti, letterati e studiosi provenienti da tutta l’Europa (soprattutto da Francia, Inghilterra e Germania), che consideravano il “viaggio in Italia”, e la riscoperta della sua ricchezza ambientale ed artistica, come un fondamentale momento di crescita intellettuale e persino spirituale. Giunsero, così, nomi illustri, quali Byron, Goethe, Stendhal, Gregorovius, Lawrence ed altri, attratti innanzitutto dalla superba e drammatica grandezza delle rovine dell’Urbe, disseminate nelle lande ondulate della Campagna Romana, ma anche dalle vestigia del misterioso popolo etrusco, dalle bellezze e dal clima dei Castelli Romani, dallo scenario selvaggio delle Paludi Pontine. Ancora oggi, nonostante le gravi manomissioni operate dalla materialistica e consumistica società moderna, il Lazio può riproporre in molte zone i vecchi, cari paesaggi del Grand Tour.

Per tutelare il territorio dai già citati abusivismi e vandalismi il Lazio ha portato avanti, a partire dalla metà del ‘900, una politica di salvaguardia del patrimonio architettonico, artistico e naturalistico ed è tra le regioni in Italia che ha uno dei territori più protetti da Parchi Nazionali, Parchi Naturali, Parchi Regionali ed Interregionali, Riserve ed Oasi. Nel Lazio, c’è un’area naturale protetta nel territorio di circa 140 comuni su 376, cioè più di un comune su tre. Molte di queste zone conservano ambienti di grande pregio dal punto di vista naturalistico, biologico ed ecologico come il Parco Nazionale del Circeo, il Parco Regionale dell’Appia Antica ed il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. I parchi le oasi e le riserve della regione Lazio sono un preziosissimo patrimonio, non solo economico, ma anche ambientale, costituendo una delle principali attrazioni turistiche e uno scrigno di bellezze da conservare al meglio, per le generazioni future. Riguardo alla Rete Natura 2000, tra le regioni della penisola italiana il Lazio è quella che presenta il più alto numero di siti di importanza comunitaria (SIC) ben 183. Quanto alle zone di protezione speciale (ZPS), sono 42 e dopo un recente ampliamento interessano adesso un’area complessiva di 402.846 ettari, pari al 23% del territorio laziale. La riconnessione di queste aree può essere una opportunità per sviluppare porzioni di territorio ancora troppo isolate dai flussi turistici principali e costituire una potenzialità per rigenerare quelle periferie in degrado.

Via Appia Antica Aree Protette Aree Identitarie


Campo d’indagine

Nel LAZIO ci sono 140 COMUNI PROTETTI su 376 Più di un comune su tre si trova all’interno di un’area protetta

35 Roma

Ariccia

Circeo

Capua

“I Parchi nel Lazio comprendono 205.930 ettari, pari al 12% della superficie regionale. 225 SITI nel LAZIO, 183 SIC E 42 ZPS, 402.800 ettari, pari a circa il 23% del territorio laziale”


Capitolo I

36

Roma

Ariccia

Circeo

Capua

Via Appia

ZPS

SIC


Campo d’indagine

37

Linee Archeologiche Visuali Panoramiche


Capitolo I

38

Veduta aerea del Lago di Nemi, del Lago di Albano, di Vallericcia, del Parco dell’Appia Antica e Roma sullo sfondo


Campo d’indagine

39


Capitolo I

40

La periferia romana vista da Monte Cavo


Campo d’indagine

41


Capitolo I

42

I Colli Albani visti da Monte Cavo


Campo d’indagine

43


Capitolo I

Parco Regionale dell’Appia Antica

44

L’idea di un grande Parco Archeologico che avrebbe dovuto coprire il territorio compreso tra la Colonna Traiana e i Castelli Romani emerge per la prima volta durante il periodo napoleonico. Il governatore De Tournon richiama a questo progetto artisti come il Valadier e Canova. Successivamente Papa Pio IX lancia un piano di recupero dell‘Appia Antica, affidato a Luigi Canina, architetto e archeologo piemontese. Dopo l’Unità Rodolfo Lanciani, Guido Baccelli e Ruggero Bonghi lanciano i primi progetti di recupero dell‘Appia Antica. Da tali progetti nascerà la “Passeggiata Archeologica” tra il Circo Massimo e le Terme di Caracalla. Nel 1931 la via Appia Antica viene descritta nel nuovo piano regolatore come “Grande Parco” circondato da una zona di rispetto. Ai tentativi di cementificazione selvaggia si oppose una sparuta minoranza rappresentata da un gruppo di architetti, di urbanisti, di giornalisti, di intellettuali idealmente guidati dall’infaticabile opera di denuncia di Antonio Cederna e dell’associazione Italia Nostra. E’ una battaglia destinata a durare per decenni. Ancora nel 1960 un piano paesistico si limita a destinare a verde pubblico solo una striscia di terra di pochi metri ai lati della strada. Nel 1965 il Ministro dei Lavori Pubblici Mancini destina a Parco pubblico 2500 ettari dell’agro dell’Appia Antica, ma il Consiglio di Stato definisce illegittima tale destinazione. Negli anni ’70 e ’80 le battaglie di salvaguardia e di tutela interessano fette sempre più ampie della popolazione e sempre più associazioni. La richiesta dell’istituzione di un Parco diventa sempre più pressante. Nel 1979

il Sindaco Argan fa propria la proposta di creare un grande Parco Archeologico nel centro di Roma, che si dovrà collegare con quello dell’Appia Antica. Cominciano o si fanno più incisivi i provvedimenti di tutela e di esproprio. Anche questa fase della battaglia è durissima, ma pur tra mille difficoltà e ostacoli politici e giuridici la nascita del parco si avvicina e finalmente nel 1988 la Regione Lazio approva l’istituzione del Parco Regionale dell’Appia Antica comprendendo un’area vasta circa 3.400 ettari. Nel 1998 l’area dove sorgeva uno dei più grandi stabilimenti di produzione di carta del Centro Sud, la Cartiera Latina, è stata concessa al Parco Regionale dell’Appia Antica, per farne la propria sede e un centro polifunzionale di servizi e accoglienza. Il complesso dell’ex Cartiera Latina è dotato di due sale per esposizioni (Nagasawa e Appia), una sala conferenze, una biblioteca e uno spazio didattico espositivo dove si svolgono attività per le scuole e le famiglie dove è presente un punto informativo con bookshop. Inoltre vi è uno spazio verde esterno che ospita un orto didattico, un’area dedicata alle tradizioni della campagna romana ed una area attrezzata per la sosta.

Carta del Parco Regionale dell’Appia Antica


Campo d’indagine

Roma

45

Ciampino G.R.A.

Via Appia Frattocchie

Parco dell’Appia Antica

Ariccia


Capitolo I

46

Appia Antica, V miglio


Campo d’indagine

47


Capitolo I

Parco Regionale dei Castelli Romani

48

I Castelli Romani sono, da sempre, legati a Roma, dalla quale distano pochi chilometri. Questo legame ha influenzato l’evoluzione dell’area che, a partire dagli anni Settanta, ha registrato un incremento significativo della demografia, infatti la popolazione residente dei 14 Comuni (16 se si considerano Velletri e Lariano), che oggi sono inseriti all’interno del Parco, è passata da 166.707 abitanti nel 1961 a 291.056 nel 2013. La storia del Parco dei Castelli Romani inizia nell’aprile del 1975, quando si costituisce il “Comitato per la tutela del Tuscolo”. L’obiettivo è portare all’attenzione dell’opinione pubblica le gravi minacce all’ambiente e al patrimonio artistico-culturale derivanti dall’incremento dell’edilizia, auspicando un intervento regolamentare da parte delle Amministrazioni. Il 5 febbraio del 1977 oltre 2.000 persone marciano da Frascati al Tuscolo contro i progetti di lottizzazione, costringendo la giunta comunale di Monte Porzio Catone ad apportare una variante al Piano Regolatore Generale, rendendo non edificabile la zona boschiva oltre i 450 metri di altitudine. A distanza di pochi mesi, il 16 dicembre 1978, il Comitato elabora una proposta di legge regionale e chiede la predisposizione di apposite varianti di Piano per tutte le zone di elevato valore naturalistico e storico-archeologico destinate a essere urbanizzate. La proposta di legge non viene discussa dalla Giunta regionale, ma nel 1980 il Comitato ha a sua disposizione un nuovo strumento per far sentire la propria voce, ovvero l iniziativa referendaria. Il 23 aprile 1981 il Comitato presenta la proposta di legge di iniziativa popolare “Istituzione del

Parco Naturale Regionale dei Castelli Romani”, raccogliendo in soli due mesi oltre 7.000 firme. Finalmente il 13 gennaio 1984 Il Consiglio regionale del Lazio istituisce il Parco dei Castelli Romani con Legge Regionale n.2. All’interno del Parco, in un’area vasta ben 15.000 ettari, insistono 4 SIC (uno dei quali è anche ZPS) e sono il Maschio dell’Artemisio, ovvero la più significativa formazione forestale dei Colli Albani, l’area Cerquone-Doganella, ovvero formazioni palustri di media quota (esempio ben conservato di un habitat poco frequente nella Regione), il Lago di Albano, unico sito ZPS dei Castelli, e la Località Miralago, posta in sommità del cratere vulcanico. Gli itinerari escursionistici presenti sul territorio fanno parte della rete sentieristica dell’area protetta dei Castelli Romani. Il percorso del Tempio di Diana e dell’Emissario del Lago di Nemi, il percorso dei Monti Tuscolani e di Tuscolo Antica ed il percorso del Maschio d’Ariano, del Maschio delle Faete e di Monte Cavo sono solo alcuni fra quelli che si possono intraprendere, e sono quelli che presentano maggior qualità paesaggistiche, naturalistiche e storico-archeologiche. In tutto il territorio, inoltre, vi sono 21 musei e 23 biblioteche, tutti servizi ospitati in edifici di concezione non moderna ad eccezione del Museo delle Navi Romane situato sul Lago di Nemi, inaugurato il 21 aprile del 1940 ad opera dell’architetto Vittorio Morpurgo.

Carta del Parco Regionale dei Castelli Romani


Campo d’indagine

Roma

Lago Albano

49

Ariccia Lago Nemi

Via Appia Parco dei Castelli Romani

Bosco

Laghi

Circeo


Capitolo I

50

Museo delle Navi Romane di Nemi


Campo d’indagine

51


Capitolo I

Parco Nazionale del Circeo

52

Nel Parco Nazionale del Circeo sono presenti 5 aree principali che caratterizzano l’intero territorio del parco e sono la Duna, la Foresta, il Promontorio, le Zone Umide e l’Isola di Zannone e si estendono per circa 8.500 ettari. Lungo la costa si sviluppa per 25 km la Duna Litoranea, con la sua caratteristica forma a mezzaluna. La Duna è costituita da tre principali aree distinte con diverse caratteristiche morfologiche e vegetazionali. La battigia che è la porzione di duna che si affaccia direttamente sul mare e battuta dalle onde. L’avanduna che è la porzione di duna che non viene di solito raggiunta dalle onde ma che è comunque fortemente esposta alla forza del vento carico di salsedine. Il retroduna che è la porzione di duna protetta dai venti marini, in cui si sviluppa una rigogliosa macchia mediterranea. La sommità della Duna è percorsa da una strada che, nel tratto in corrispondenza del Lago dei Monaci, è percorribile solo a piedi o in bicicletta. Quella che oggi è conosciuta come Selva di Circe, è uno dei pochi esempi meglio conservati e più estesi di foresta planiziaria, ossia in pianura, esistente in Italia e si estende per circa 3.300 ettari. Nella Foresta del Parco Nazionale del Circeo esistono tre aree di Riserva Naturale Integrale, la Piscina delle Bagnature, la Piscina della Gattuccia e la Lestra della Coscia. Le Piscine sono delle aree paludose che si formano in modo naturale, per accumulo di acqua piovana e affioramento delle falde. Le Lestre invece, sono zone dove un tempo gli abitanti stagionali costruivano i loro villaggi, e di cui oggi conserviamo solo poche rovine. Il Promontorio del Circeo è un rilievo calca-

reo alto 541 metri a picco sul mare. È suddiviso in due versanti principali, a seconda dell’esposizione, Quarto Caldo e Quarto Freddo. Il versante Nord, Quarto Freddo, è caratterizzato dalla macchia alta, tipica foresta sempreverde mediterranea, mentre il versante meridionale, Quarto Caldo, è sottoposto a fortissima insolazione e scarsa piovosità soprattutto in estate ed è caratterizzato da una vegetazione xerica. La presenza diffusa di numerose grotte sul versante a mare, rende questo ambiente particolarmente interessante sotto il profilo geo-speleologico e per questo è meta di numerosi ricercatori ed escursionisti. A ridosso e parallelamente alla Duna Litoranea, si sviluppa un ambiente umido e lagunare costituito da quattro laghi costieri in successione, il Lago di Sabaudia o di Paola, il Lago di Caprolace, il Lago dei Monaci e il Lago di Fogliano e da Zone Umide, stagionalmente allagate. I laghi e le Zone Umide circostanti costituiscono il più importante ecosistema palustre d’Italia e formano un complesso territoriale dichiarato “Zona Umida di Interesse Internazionale” ai sensi della Convenzione di Ramsar (Iran 1971). L’Isola di Zannone fa parte dell’Arcipelago delle Isole Pontine, con Ventotene, Ponza, Palmarola, Santo Stefano e Gavi e grazie alla sua notevole rilevanza naturalistica e archeologica, nel 1979 è entrata a far parte del Parco Nazionale del Circeo, diventandone geograficamente l’appendice insulare. Il monastero di Santo Spirito di Zannone testimonia la presenza dei monaci cistercensi sull’isola dal IX secolo al 1295, anno in cui i monaci chiesero di trasferirsi a causa dei pirati.

Carta del Parco Nazionale del Circeo


Campo d’indagine

Ariccia

Borgo San Donato

Terracina

53

Sabaudia

Via Appia Transition Area Buffer Zone Core Area

San Felice Circeo


Capitolo I

54

Torre Paola, Circeo


Campo d’indagine

55


Capitolo I

L’Agro Pontino-Romano

56

L’Agro Pontino-Romano è quella vasta area rurale, in parte pianeggiante ed in parte collinare che si estende nell’area sud-orientale attorno a Roma. Quest’area pianeggiante è stata interessata da un intervento di bonifica realizzato per volere di Mussolini tra gli anni ’30 e ’40. Nel panorama delle nuove fondazioni, è probabilmente il caso più noto, anche per l’enorme risalto ottenuto dalla stampa nazionale ed internazionale, quello delle cinque città dell’Agro Pontino-Romano: Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia. Il luogo in cui dovevano sorgere queste città era nell’immaginario collettivo una grandissima area paludosa del tutto inviolabile di circa 80.000 ettari, la cui bonifica rappresentava per il regime fascista un’occasione imperdibile di propaganda. In realtà la bonifica dell’area era un’obiettivo che si perseguiva dal rinascimento, tanto che furono utilizzati per il progetto degli anni ’30 gli studi che aveva fatto Leonardo da Vinci sull’area. Mussolini crea di Littoria e delle altre città pontine l’immagine di un comune rurale, di un centro di servizio corollario alla grande opera di bonifica e di costruzione di un “orto produttivo” intorno a Roma, affinché la fondazione di nuove città non fosse letta in contrasto con la politica antiurbana che professava il regime. Quindi l’urbanesimo è “anti-civiltà” il ruralesimo diviene invece costruzione attiva della civiltà. La “Pentapoli” pontina però venne impostata quasi occasionalmente, senza un piano organico, nonostante gli architetti ed urbanisti razionalisti sostenessero la necessità di un Piano Regolatore Nazionale che fosse poi legato a dei Piani Regolatori Regionali. Anche la bonifica dell’O.N.C. (Opera Nazionale a favore dei Combattenti) fu in verità condizionata sia dall’asse

romano della Via Appia, che costituisce una sorta di decumano maximus del territorio, sia dalla bonifica di Pio VII, impostata sul reticolo di venti canali o “Fosse Miliare” ortogonali alla via Appia e alla “Linea Pio”. Vennero dunque ripresi questi allineamenti per tracciare attraverso la selva e la palude una serie di strade dette “Miliari” fra la via Appia e la Via Litoranea. In questa griglia si inseriscono in modo irregolare i poderi. Al posto della pianificazione c’era piuttosto la volontà forte di Mussolini, che inaugurato un centro rurale fissava la data dell’inaugurazione di quello successivo. E nonostante si potessero accelerare i tempi di costruzione dei centri altrettanto non era possibile fare per le opere di bonifica, che avevano altre tempistiche, così succedeva che all’assegnazione della casa ai coloni non sempre corrispondesse l’assegnazione del podere. Il rapporto città-campagna riferito a questo territorio è abbastanza esplicativo dell’intera vicenda urbanistica ed architettonica italiana di questo periodo. La città e la campagna tendono l’una nell’altra fino a perdere identità. Tutti i nuovi insediamenti sono caratterizzati dallo stesso tipo di contraddizione, ovvero riproporre in scala molto ridotta un impianto costituito da un nucleo centrale e da un tessuto circostante costituito da moduli costanti reiterati. Paradossalmente però questo nucleo centrale è privo di centralità in termini di valori urbani e di effettivi rapporti di fruizione. Il centro non serve a mettere gli abitanti in relazione fra loro ma solo ad indicare il loro individuale rapporto con l’autorità. Il centro è l’antitesi dell’Agorà, della Piazza comune Medioevale: non è luogo collettivo ma è una scena.

Carta Marchi, progetto di bonifica dell’Agro Pontino, 1918


Campo d’indagine

Ariccia

57 Sabaudia Capua

Terracina

San Felice Circeo

Via Appia


Capitolo I

58

Torre Littoria e Palazzo Comunale, Sabaudia


Campo d’indagine

59

Angiolo Mazzoni, Palazzo delle Poste, Sabaudia


Capitolo I

60

Rio Cavata, Sermoneta, Latina


Campo d’indagine

61



Capitolo 2

LE INFRASTRUTTURE ED IL TERRITORIO CHE CAMBIA

63

Panoramica del territorio sud-laziale


Capitolo II

64

G.B. Piranesi, Idea della Via Appia (AntichitĂ Romane, 1756)


Territorio sud-laziale

65


Capitolo II

Per le vie consolari

66

Le vie consolari costituivano la vasta rete infrastrutturale che i romani hanno realizzato e attraverso la quale hanno potuto espandere i territori dell’Impero Romano in ben tre continenti. La prima strada consolare, l’Appia Antica, fu costruita proprio a scopo militare per permettere ai romani di raggiungere più rapidamente e conquistare i territori dell’Italia meridionale occupati dai Sanniti. Spesso erano gli stessi soldati che offrivano la mano d’opera per permettere la costruzione della strada. Precedentemente alle vie consolari vi era già una rete viaria, ma le strade esistenti innanzitutto non erano nominate come il censore fautore della loro costruzione ed inoltre non prevedevano la solida tecnica costruttiva sviluppata dalla via Appia in poi. Le strade esistenti erano prevalentemente sterrate o ricoperte con ghiaia e prendevano il loro nome o dal ruolo che svolgevano, come ad esempio la via Salaria (via del sale) o dal luogo al quale portavano, come per la via Ostiense (via per Ostia). La rete viaria esistente fu comunque importante perchè molte delle strade consolari costruite successivamente sfruttarono proprio le vie già esistenti come ad esempio la via Albana, ovvero la via che portava ai Colli Albani, che fu sfruttata proprio per la costruzione della via Appia Antica. L’importanza che svolse la via Appia è evidente se si pensa che la prima strada consolare costruita al di fuori del territorio italiano è stata la via Egnazia, ovvero la prosecuzione naturale dell’Appia oltre il mar Adriatico e che costituiva il collegamento principale tra le due parti dell’Impero Romano e permetteva di raggiungere la sua seconda capitale, Costantinopoli (Bisanzio). La tecnica costruttiva impiegata per la

realizzazione delle consolari prevedeva l’adozione di quattro strati successivi di materiale che variava per grandezza e per densità. Lo strato più in basso era lo statumen, costituito da un letto di pietre di grosse dimensioni; il secondo strato era il rudus, costituito da pietrisco mischiato a malta; il terzo era il nucleus, strato di ghiaia mista a malta; ed infine lo strato più in alto il pavimentum, che era lo strato di rivestimento della strada e che era costituito dai grossi lastroni basaltici, chiamati basoli, che venivano lavorati sul posto e posizionati in modo da formare una tessitura. Nelle aree più argillose i romani prevedevano anche un quinto strato costituito da una palificata infissa nel terreno che serviva a migliorare la coesione tra le pietre dello statumen e ad impedire quindi il loro sprofondamento. Il patrimonio architettonico lasciatoci dai romani è indiscutibile e una vasta parte di tale patrimonio è costituito proprio dalle infrastrutture antiche che vengono troppo spesso ignorate, sottovalutate o addirittura distrutte in nome dell’espansione edilizia, della cementificazione incontrollata e dell’abusivismo. Si stima che nel territorio interessato dall’espansione dell’Impero siano presenti ben 372 strade romane, per una estensione di circa 53.000 miglia di vie consolari, ovvero un monumento continuo di 80.000 chilometri.

Le vie Consolari in Europa I - Via Egnazia II - Via Domizia III - Via Militaris IV - Via Aquitania V - Via Agrippa VI - Via Augusta VII - Via Limitanea VIII - Via dell’Argento IX - Via Traianea X - Via Tingitana


Territorio sud-laziale

67 Rotterdam Colonia

Canterbury

VII

Santiago de Compostela

V

Bordeaux IV

IX

II

Narbona

Marsiglia Roma

VIII VI Cadice Tingis X

Sulina

Belgrado

Cartagine

Durazzo

III I

Costantinopoli


Capitolo II

Crepidine

Pavimentum

68

Statumen

Nucleus

Rudus

Sezione e pianta tipo delle vie consolari romane


Territorio sud-laziale

69

Spaccato prospettico tipo delle vie consolari romane


Capitolo II

70

Appia Antica, VI miglio


Territorio sud-laziale

71


Capitolo II

L’Appia Antica

72

L’Appia è stata la prima vera strada dei romani. Porta il nome del console Appio, il cui nome completo era Appio Claudio, che l’ha fortemente voluta per collegare Roma alla capitale dei Sanniti: Capua, centodue miglia a Sud. Roma prima di allora non aveva strade lastricate, ma sentieri di cui alcuni a malapena ricoperti di ghiaia. Così nel 312 a.C Appio Claudio fece tracciare la prima strada consolare di Roma, che voleva che fosse costruita solidamente, sfruttando una strada presistente che portava ai Colli Albani, la via Albana. All’epoca in cui fu costruita la strada, Roma aveva già ingegneri molto abili che venivano chiamati “architecti”, per la costruzione usarono il materiale che era più a portato di mano: la dura lava basaltica, una pietra durissima grigio-nera che in tempi remotissimi (260.000 anni fa) era traboccata dal Vulcano Laziale, si era indurita e si trovava in immense cave. Il silice veniva tagliato in grandi lastroni, che trainati da buoi venivano portati lungo la strada, venivano squadrati da centinaia di lavoratori ed incuneata al proprio posto. Ottocento anni dopo un viaggiatore greco ancora ne elogia la cura e la precisione della fattura, descrivendo come le lastre, nonostante l’incuria e l’usura del tempo risultassero perfettamente combaciare come a formare un “tuttuno”. La via Appia procedeva in linea retta, sfruttando la colata basaltica del Vulcano Laziale, e man mano che il tracciato procedeva Appio faceva piantare alberi in due filari lateralmente in modo che ombreggiassero poi i viaggiatori. Capua era una città della massima importanza per i Romani, per il suo

mercato e le sue fabbriche di oggetti di rame. La via Appia raggiunse Capua, nel 307 a.C., ma più tardi fu proseguita fino a Benevento (268 a.C.) e poi a Brindisi (191 a.C.), per raggiungere il porto di principale collegamento di Roma con la parte orientale del suo impero che intanto cresceva. Due anni dopo aver raggiunto Brindisi, nel 189 a.C., la strada non era ancora interamente lastricata ed il rivestimento originario in tufo che i romani avevano iniziato ad utilizzare fu sostituito velocemente dai famosi basoli perchè molto più resistenti. Quando Appio Claudio morì, la famiglia gli fece costruire una tomba lungo la via che aveva preso il suo nome. Divenne consuetudine costruire le tombe personali o familiari lungo le vie consolari, in seguito al divieto di seppellire i morti all’interno delle mura ed inoltre il continuo passaggio dava molta visibilità al caro defunto ed alla sua famiglia. Per l’affluenza di persone e bighe che attraversavano l’Appia furono aggiunti dei marciapiedi laterali. Il tratto alternativo all’Appia da Capua a Brindisi fu voluto da Traiano ed iniziato nel 114 d.C , per segnalare questo nuovo inizio fu fatto costruire un arco di trionfo a Benevento in onore di Traiano. A quel tempo tutta l’Italia era ormai solcata in lungo e in largo di ampie e robuste strade, ma la via Appia rimane sempre con le sue 365 miglia (540 km) la Regina Viarum, ed una delle sue monumentali colonne che la celebravano davanti al Mare Adriatico è ancora in piedi come un vessillo della grandezza di Roma.

Le vie Consolari in Italia I - Via Appia II - Via Aurelia III - Via Flaminia IV - Via Valeria V - Via Giulia VI - Via Emilia VII - Via Postumia VIII - Via Popilia IX - Via Cassia X - Via Traiana


Territorio sud-laziale

VII

V

VI IX

III

II

IV Roma

73 I

X Benevento Brindisi

Capua VIII

Altre Consolari Via Appia

Taranto


Capitolo II

74

Colonne monumentali al molo di Brindisi (fine della via Appia)


Territorio sud-laziale

75


Capitolo II

Le stazioni di posta dell’Appia Antica

76

Man mano che le strade crescevano venivano immediatamente utilizzate e quindi logorate dal continuo passaggio per cui il Senato istituì un primitivo ministero del controllo del traffico, i cui membri erano chiamati curatore viarum. Fu nel 123 a.C che un patrizio tribuno di Roma ordinò che le strade fossero segnate da pietre miliari ad ogni miglio. La pietra miliare era in genere alta sette piedi, pesava mille libbre e veniva disposta su una base in pietra. In genere portava le iscrizioni di colui che l’aveva voluta o di chia aveva contribuito all’opera di realizzazione di quel tratto di strada. Le distanze sulle vie consolari vengono considerate a partire dal Miliarium Aureum, la pietra miliare d’oro che era stata posta all’interno del foro. Vespasiano fece porre nel Foro una gigantesca mappa, incisa nel marmo, con i nomi dei luoghi e delle strade. Le strade romane indipendentemente dalla loro lunghezza erano provviste di stazioni di posta, dove il viaggiatore poteva riposare, si potevano cambiare i cavalli o anche acquistare merci. le prime vere stazioni di sosta organizzate lungo le strade erano state istituite in precedenza dagli Assiri, ed è infatti il persiano Ciro ad aver istituito i punti di ristoro ogni quindici miglia all’incirca, con stalle palafreni, non era insolito percorrere circa cento miglia al giorno. Le mansiones ad intervalli di venti miglia, in genere costruite dalle comunità delle zone limitrofe e mantenute attraverso il pagamento delle tasse locali. Era importante che in ogni mansione ci fossero sempre le camere pronte per i viaggiatori, e del cibo a portata di mano. Accanto alle mansiones sorgevano locande chiamate tabernae. Queste,

tuttavia, non sempre erano, almeno secondo ciò che ne diceva la gente, i posti migliori per ristorarsi, tenute e frequentate com’erano da elementi di infimo rango, talvolta soldati che avevano servito, anni ed anni nell’esercito. Vi erano muli e cavalli nelle scuderie, cibo, vino ed idromele. Vi si poteva incontrare ogni sorta di gente, contadini della zona, vecchi soldati, corrieri postali, conducenti di grossi carri cigolanti, mulattieri e viaggiatori, e si può ben immaginare che genere di luoghi fossero. Ad una estremità della sala vi era un caminetto con, sul fuoco, una caldaia di minestra oppure di stufato; oppure vi si stava cuocendo del pane, mentre delle ragazze andavano in giro servendo il vino e gli avventori sedevano ai loro Posti intenti a discorsi piuttosto volgari. L’importanza di questi posti di ristoro era dovuta al fatto che essi erano di somma utilità per coloro che dovevano percorrere lunghe distanze e davano quindi loro la possibilità di fermarsi per riposare, rendendo il viaggio meno faticoso. Un fatto ancora più importante era quello che intorno alle taverne sorgevano degli agglomerati conosciuti come cabanae. I proprietari vi facevano venire i venditori di vino, i carradori per riparare i carri, i fabbri ed i veterinari. Vi era poi un molino per macinare il grano. Erano anche frequentati dai rivenditori di bottini di guerra. Molto presto, poi, le cabanae divennero villaggi ed i villaggi divennero città, di cui alcune tra le più famose da ciò trassero la loro origine. Molte delle città che ora sorgono lungo il Reno e lungo il Danubio, come Colonia, Magonza, Strasburgo, Vienna e Budapest, furono edificate come cabanae.

Stazioni dell’Appia I - Ariccia II - Forum Appii III - Terracina IV - Fundi V - Minturnae VI - Capua VII - Caudium VIII - Beneventum IX - Aeclanum X - Venusia XI - Gravina XII - Palagiano XIII - Tarentum XIV - Oria XV - Brundisium


Territorio sud-laziale

Roma I II

III

IV

V

VIII

VI VII

IX

X

XI

XII XIII

Via Appia

Brindisi XIV

77


Capitolo II

78

Letocetum, Lichfield, Staffordshire, Regno Unito


Territorio sud-laziale

79


Capitolo II

I Colli Albani ed i paesi intercettati dall’Appia Antica

80

Il territorio di quelli che sono comunemente conosciuti come i “Castelli Romani” corrisponde geograficamente ai rilievi dei Colli Albani, a poche decine di chilometri a Sud di Roma. I colli Albani sono un gruppo di rilievi montuosi che si innalzano nella campagna romana sono costituiti dalla caldera e dai coni interni di un vulcano quiescente: il Vulcano Laziale. Dal punto di vista geologico questo territorio si è formato a seguito dell’intensa attività eruttiva che durò per un lunghissimo periodo: tra i 630.000 ed i 20.000 anni fa, con un processo che può essere idealmente suddiviso in tre fasi: - durante la prima fase un’intensa attività eruttiva ha formato un imponente cono vulcanico la cui base raggiungeva i sessanta chilometri di diametro. Il bordo superiore del cratere successivamente crollò, originando la larga “caldera” dei monti Tuscolani e dell’Artemisio. - la seconda fase ha inizio dopo un lungo periodo di pausa in cui l’attività eruttiva ricominciò dando vita ad un nuovo cono vulcanico all’interno della prima caldera. Il cratere centrale di questo secondo cono più piccolo oggi costituisci i “Campi di Annibale” e due coni secondari hanno originato le alture che oggi prendono i nomi di “Monte Cavo” e “Colle Iano”. - la terza fase, detta idromagmatica perché consistente in violente esplosioni di lapilli provocate dal contatto delle falde acquifere con delle sacche di magma incandescente, ha originato, lungo il bordo sud-occidentale della caldera originaria, diversi altri crateri divenuti poi laghi vulcanici. Di questi laghi attualmente se ne conservano

due (il lago di Nemi, ed il lago di Albano) mentre gli altri sono stati prosciugati e costituiscono oggi le valli agricole: Prata Porci, Pantano Secco, Valle Marciana, Laghetto e Vallericcia. L’escursione altimetrica del territorio dei Colli Albani va dai 47 metri s.l.m a Monte Compatri, ai 956 metri s.l.m del Maschio della Faete nel comune di Rocca di Papa. I comuni sono mediamente disposti ad un livello collinare tra i 300 ed i 700 metri s.l.m.. Fino al XVII secolo le penosi forestali spontanee che dominavano incontrastate sul territorio dei Colli Albani, a seconda delle fasce altimetriche erano: - la Lecceta, tra i 200-300 m slm - Il Bosco a Roverella tra i 400-500 m slm - Il Bosco a Latifoglie (Querce, Tigli ed Aceri) tra i 700-800 m slm - la Faggeta al di sopra degli 800 m slm Gli estesi boschi di Castagno che ora ricoprono i rilievi dei Colli Albani non costituiscono una vegetazione endemica, ma il frutto del processo di antropizzazione che ha sempre interessato questo territorio e che si è enormemente intensificato nel corso degli ultimi tre secoli. L’intervento umano ha portato alla graduale sostituzione di parte delle foreste spontanee con coltivazioni di importante interesse economico. - Vigneto tra i 400-500 m slm - Oliveto tra i 400-500 m slm - Castagneto tra i 700-800 m slm.

Carta Storica Geologica dei Colli Albani


Territorio sud-laziale

81


Capitolo II

Carta geologica semplificata del Lazio

Complesso dei depositi di copertura indifferenziati (potenzialità acquifera da bassa a medio-alta)

Complesso dei travertini

(potenzialità acquifera medio-alta)

Complesso delle vulcaniti indifferenziate (potenzialità acquifera da bassa a medio-alta)

82 Complesso dei depositi clastici indifferenziati (potenzialità acquifera da bassa a medio-alta)

Complesso dei depositi flyschioidi

(potenzialità acquifera da bassissima a bassa)

Complesso delle argille marine (potenzialità acquifera bassissima)

Complesso dei depositi carbonatici della successione laziale-abbruzzese indifferenziati (potenzialità acquifera da medio-alta ad altissima)

Complesso dei depositi carbonatici della successione umbro-marchigiana indifferenziati (potenzialità acquifera da bassa ad altissima)

Complesso dolomitico basale (potenzialità acquifera medio-bassa)

Complesso metamorfico (potenzialità acquifera bassa)


Territorio sud-laziale

83

Area in dettaglio (pagina 82-83)


Capitolo II

Carta geologica particolareggiata dei Castelli Romani e di Roma nord

Complesso delle pozzolane(potenzialità acquifera media) Depositi da colata piroclastica, massivi e caotici, litoidi, ignimbriti e tufi (PLEISTOCENE)

Complesso dei depositi detritici (potenzialità acquifera medio-alta) 84

Detriti di falda e di pendio, depositi morenici, di conoidi e di frana e terre rosse (PLEISTOCENE - OLOCENE)

Complesso delle lave, laccoliti e coni di scorie(potenzialità acquifera medio-alta) Scorie saldate, lave e laccoliti (PLEISTOCENE)

Complesso dei depositi alluvionali recenti (potenzialità acquifera da bassa a medio-alta) Alluvioni ghiaiose, sabbiose, argillose, coperture eluviali e colluviali (OLOCENE) Complesso dei depositi fluvio palustri e lacustri (potenzialità acquifera bassa)

Depositi limo-argillosi, intercalazioni ghiaiose e travertinose (PLEISTOCENE - OLOCENE)

Complesso dei tufi stratificati (potenzialità acquifera bassa) Tufi stratificati, tufi terrosi, brecce piroclastiche, pomici, lapilli e blocchi lavici (PLEISTOCENE)

Complesso delle argille (potenzialità acquifera bassissima)

Argille con locali intercalazioni marnose, sabbiose e ghiaiose (PLIOCENE - PLEISTOCENE) argille con gessi (MIOCENE)

Complesso delle sabbie dunari (potenzialità acquifera medio-alta) Sabbie dunari, depositi interdunari, depositi di spiaggia recenti, dune deltizie (PLEISTOCENE - OLOCENE)


Territorio sud-laziale

85


Capitolo II

Carta orografica e sezioni territoriali dei Castelli Romani e di Roma nord

Monte Fogliano

Monte Soratte Fiume Treia

Lago di Vico Vetralla

Sant’Anselmo

965 m.s.l.m. Sant’Oreste 0 m.s.l.m.

Monte Ceri

86

Fosso Galeria

Cerveteri

Monte Mario Torre Vecchia

139 m.s.l.m. 0 m.s.l.m.

Monte Cavo Lago di Nemi

Colle di Mezzo

Monte Compatri

Genzano

Fiume Aniene

Tivoli

Guidonia

Terme di Cretone

958 m.s.l.m.

0 m.s.l.m.

Isoipse (25 metri) Fiumi e falde Via Appia


Territorio sud-laziale

Roma

21 m s.l.m.

87 124 m s.l.m. G.R.A. Ciampino

Marino

360 m s.l.m. Castel Gandolfo

Albano

Ariccia

958 m s.l.m.

426 m s.l.m.

324 m s.l.m.


Capitolo II

88


Territorio sud-laziale

89


Capitolo II

90

Profilo del Vulcano Laziale ed i Colli Albani visti da Roma


Territorio sud-laziale

91


Capitolo II

Marino

92

Il primo comune dei Castelli Romani che si incontra uscendo da Roma percorrendo è Marino, nella sua frazione di Bovillae, oggi Frattocchie: ultima località interessata del progetto di recupero di Luigi Canina del 1853. Nel periodo romano Marino era denominata Castrimoenium, e da essa partiva l’acquedotto che assicurava parte del rifornimento idrico di Roma. Il borgo venne disseminato di ville degli aristocratici latini. Nel 1962, durante i lavori per la costruzione della stazione ferroviaria di Marino fu rinvenuto il Mitreo di Marino. È uno dei luoghi di culto mitriaci meglio conservati al mondo, quello di Marino è stato edificato su una preesistente cisterna scavata nel tufo e vi sia accede attraverso una galleria lunga 29 metri e larga tre. Il Mitreo di Marino è uno dei tre mitre ritrovati finora in Italia che riporta ancora l’affresco della scena del Mistero, gli altri due sono il vitreo Barberini a Roma ed il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere. L’affresco rappresentante la Tauroctonia: l’uccisione da parte del dio persiano Mithra del toro sacro bianco, si trova sulla parete di fondo, il dio indossa abiti orientali( il mantello stellato, cappello frigio e calzoni) è rappresentato nell’atto di tagliare la gola al toro bianco, in basso un cane ed un serpente ne bevono il sangue che esce. Ai lati della grotta sono rappresentati le fasi più significative del mito. Nel lato sinistro troviamo le raffigurazioni della lotta fra Giove ed i Giganti, Saturno sdraiato, la nascita di Mithra dalla roccia, e Mithra che soggioga e cavalca il toro bianco. Nella parete laterale destra invece viene raffigurata la scena di Mitra che

trascina il toro per le zampe posteriori all’interno della grotta, Mithra che inizia il dio Sole ai misteri, le due divinità stringono la mano destra e diventano alleati, Mitra fa sgorgare l’acqua dell roccia. La pittura del mitreo di Marino è datata al II secolo d.C, ed è in ottimo stato di conservazione. Un’iscrizione posta in un cippo davanti al dipinto centrale porta un’iscrizione per gli schiavi delle cave di peperino poco distanti, a testimonianza del fatto che erano appartenenti a diverse classi sociali i frequentatori di questo santuario. Durante il Medioevo Marino, sotto la famiglia Orsini fu teatro di un’importante battaglia del papato contro l’antipapa. Marino però conobbe il suo periodo più ricco e prospero sotto la famiglia dei Colonna tra il Cinquecento ed il Seicento , in particolare sotto il dominio di Marcantonio Colonna. Il XVIII secolo invece portò all’evento più negativo nella storia e nell’economia di Marino: la decisione di Papa Pio VI intorno al 1780 di aprire la via Appia Nuova, il ripristino di questa rapida alternativa alla più lunga via per Napoli passante per Marino, fece decadere Marino come luogo di scambi commerciali e di sosta mentre fece la fortuna dei centri posti sulla direttrice dell’Appia, come Albano Laziale, Ariccia e Genzano di Roma.

Mitreo di Marino


Territorio sud-laziale

93


Capitolo II

94

Acquedotto Anio Novus sull’Appia, in lontananza Marino


Territorio sud-laziale

95


Capitolo II

Castel Gandolfo

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Il secondo comune dei castelli romani che si attraversa lungo la via Appia Antica è quello di Castel Gandolfo, nella zona delle Mole. Castel Gandolfo è comunemente conosciuta anche come la Città del Papa, in quanto ne ospita la famosa residenza estiva. Il borgo del centro storico si trova oggi a picco sul lago di Albano, sull’orlo del cono vulcanico, e ogni anno rientra tra i “Borghi più belli di Italia”. Come gli altri castelli romani fu una delle località predilette per la costruzione delle loro dimore fuori dall’Urbe prima dalle famiglie patrizie romane ed imperatori, e successivamente da esponenti dell’alto clero e della nobiltà romana. Le testimonianze più importanti dell’epoca romana sono costituite dai resti della villa di Domiziano, dei quali fa parte il Ninfeo Bergantino. che si trovano sulle rive occidentali del lago di Albano, questa struttura che un tempo era annessa alla Villa di Domiziano, sia pre in una grotta circolare di 17 metri di diametro, il pavimento della grotta era completamente rivestito di mosaici ed al centro si trova una vasca che conteneva gruppi scultorei copie del Ninfeo di Tiberio a Sperlonga. Un’altra opera antica ancora visibile a Castel Gandolfo è una grande opera di ingegneria idraulica risalente al 398 a.C.: l’emissario del Lago di Albano. Quest’opera di ingegneria costruita dai romani durante l’assedio di Veio per regolare il livello dell’acqua del Lago di Albano è uno scavo di un tunnel aperto nella roccia per un chilometro e mezzo. L’ingresso dell’emissario è oggi ben visibile e raggiungibile dalla strada in quanto il livello dell’acqua del lago è oggi molto inferiore.

Il Castrum di Castel gandolfo fu fatto erigere come lo vediamo oggi a partire dal 1200 dalla famiglia di origine genovese dei Gandolfi, è passato poi nelle mani dei Savelli, a cui fu confiscato dalla Curia per la loro insolvenza di un debito e fu annesso ai beni della Santa Sede nel 1604. Sotto il governo del papato furono fatti la gran parte dei lavori per il miglioramento e l’ampliamento del borgo, fu iniziata la costruzione del Palazzo Pontificio nel 1628 per volere di Urbano VIII su progetto di Carlo Maderno e Gian Lorenzo Bernini, per volere di Alessandro VII, progettò nel 1661 la Collegiata pontificia di San Tommaso da Villanova, prospicente la stessa piazza del Palazzo Pontificio Quando il 20 settembre 1870 fu presa Porta Pia ed i bersaglieri entrarono a Roma finì ufficialmente l’epoca dello Stato Pontificio, e né il Papa PioIX né i suoi successori poterono entrare al Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo. Fu l’11 febbraio del 1929, che Mussolini attraverso i Patti Lateranensi concedeva al nascente Stato della Città del Vaticano il Palazzo Pontificio e le ville attigue. Dal 2015 il Papa ha deciso di aprire i bellissimi giardini del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo per visite guidate durante la domenica, questi giardini che per secoli sono stati interdetti agli abitanti locali oggi attirano la curiosità di molti turisti che si recano appositamente a Castel Gandolfo.

Emissario del Lago di Albano


Territorio sud-laziale

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Capitolo II

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Palazzo Pontificio e Chiesa di San Tommaso, Castel Gandolfo


Territorio sud-laziale

99


Capitolo II

Albano Laziale

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Proseguendo lungo l’Appia dopo Castel Gandolfo vediamo Albano Laziale. Uno dei castelli più antichi, la sua fondazione è precedente all’impero romano, ed era l’antica capitale latina Alba Longa, che il mito vuole essere stata fondata da Ascanio, figlio di Enea. La città di Albalonga e Roma al crescere della potenza dia quest’ultima divennero nemiche, e sotto il re di Roma Tullo Ostilio scoppiò fra le due rivali la guerra. Per evitare spargimenti di sangue i re decisero di far sfidare i tre campioni romani contro i tre campioni albani, per i romani si schierano i fratelli Orazi e per Alba Longa si schierarono i fratelli Curiazi, Albalonga cadde così sotto l’egemonia di Roma, ma gli eroi morirono tutti e furono sepolti insieme in un mausoleo lungo la via Appia. Il mausoleo detto degli “Orazi e Curiazi” si trova al limite del centro abitato di Albano ed è visitabile. La conformazione urbanistica dell’odierno centro storico segue le vie dell’antico Castrum romano, l’accampamento della seconda legione Partita Severiana, costruito nel 202 d.C. a pianta rigidamente rettangolare, parte delle mura sono ancora visibili nei resti della Porta Pretoria. Le terme, l’anfiteatro ed i Cisternoni costituiscono le principali testimonianze dell’importanza del castrum, e dei servizi e delle strutture pubbliche che erano messe a disposizione dei legionari e delle loro famiglie. L’anfiteatro di Albano è l’unico in tutti i castelli romani ad essere stato rinvenuto. Nonostante fosse stato utilizzato come fortezza nel periodo medievale la sua struttura complessiva ha mantenuto le sue caratteristiche ed è tutt’oggi utilizzato e valorizzato con

spettacoli teatrali di musica e danza durante il periodo estivo, il suo carattere di”rovina” conferisce agli spettacoli un’atmosfera suggestiva. I Cisternoni sono uno dei simboli di Albano, è un’enorme cisterna di cinque navate di 30x20 metri sottostante il complesso del Seminario annesso alla Chiesa di San Paolo. I ciesternoni raccoglievano le acque di tre acquedotti, sono stati in funzione, e sarebbero ancora perfettamente funzionanti, dopo l’età romana, dal XVII secolo alla fine dell’Ottocento, servivano a rifornire d’acqua le civili abitazioni e successivamente anche per l’irrigazione. Le terme di Cellomaio, sono attribuite all’imperatore Caracalla, come dono per placare gli animi dei soldati. Durante il periodo medioevale al loro interno è sorto un pittoresco borgo, trasformandolo in una roccaforte. In epoca moderna era stato occupato da civili abitazioni, in seguito ad una campagna di recupero è oggi completamente visibile. Domiziano in età imperiale fece erigere qui la sua monumentale residenza che inglobava i resti delle domus del patriziato romano, i ruderi si trovano all’interno dell’attuale giardino di Villa Doria-Pamphilj. Il cambiamento più significativo per l’assetto urbanistico di Albano è stato conseguente alla costruzione del Ponte di Ariccia sotto i pontificati di Papa Gregorio XVI e papa PioIX, creando l’attuale tracciato di Via Appia Nuova. L’apertura del nuovo percorso portò indubbi benefici ad Albano ed ad altri centri situati lungo il suo percorso come Velletri, a scapito di importanti centri di scambio come Marino e Nemi, che persero la loro centralità dal cambiamento del tracciato.

Cisternoni di Albano Laziale


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Capitolo II

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“Ingombrando il Terzo Paradiso� Saverio Teruzzi, Teatro Severiano Albano Laziale (rif. Michelangelo Pistoletto)


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Capitolo II

Ariccia, ieri ed oggi

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Ariccia fu un’importante città della lega latina, la cui fondazione ha delle origini così antiche da ricadere nel mito. Quando si disciolse la lega latina Aricia divenne territorio di Roma. Dal 312 a.C. il territorio aricino fu attraversato dalla Via Appia, e Aricia ne era proprio la prima mansio, la prima stazione di sosta. La decadenza della città bassa iniziò con il sacco di Roma da parte dei Visigoti nel 410 d.C. ed andò consolidandosi il centro abitato posto sul colle dell’antica acropoli cittadina. Durante il periodo medievale fu completamente spopolata e se ne perdono quasi del tutto le tracce. La dominazione feudale dei Savelli inizia nel 1473 a seguito di uno scambio con Papa Giulio II, ma viene presto passata alla famiglia Chigi. Papa Alessandro VII della casata dei Chigi non tarda a ricoprire Ariccia della sua magnificenza, ordinando la costruzione del Palazzo, facendo disegnare a Lorenzo Bernini la Collegiata di Santa Maria Assunta, che costituisce un esempio paradigmatico dell’architettura barocca, e tutti gli altri edifici del complesso chigiano che affacciavano su Piazza di Corte: la Locanda Martorelli, precedentemente chiamato Casino Stazi ed il Casino del Ministro, dove si amministrava la giustizia e si detenevano i carcerati. Il parco del palazzo Chigi e la Chiesa di San Nicola furono eseguite rispettivamente da Carlo Fontana e Luigi Bernini, fratello di Gian Lorenzo. Ariccia divenne punto obbligato di sosta e permanenza per tutti coloro che intraprendevano il Grand Tour diItalie, divenne il centro di una vera e propria accademia di pittura “en plein air” dove soggiornarono i più grandi paesaggisti del XVII e XVIII secolo, da Turner a Corto al

russo Ivanov, attratti dal parco Chigi, e dall’area archeologica a cielo aperto che si estendeva lungo la via Appia, che incarnavano i loro ideali romantici. Papa Pio VI nel 1777 si era interessato al ripristino della percorribilità della Via Appia, ed aveva avviato la bonifica delle paludi Pontine fino a Terracina. L’opera del ponte Monumentale su tre arcate fu portata a termine nel 1780 e alla vecchia via postale per Napoli, che attraversava Marino, Nei e Velletri, si sostituì la via Appia che seguendo un percorso rettilineo accorciava i tempi di percorrenza, attraversando Albano Laziale, Ariccia e Genzano includeva questi territori in un sistema di sviluppo commerciale. Inizialmente il tracciato evitava di passare per il centro abitato di Ariccia per il forte dislivello e e faceva piuttosto un lungo giro per Vallericcia. Fu papa Gregorio XVI che per ovviare e risolvere definitivamente il problema avviò i lavori di costruzione del ponte di Ariccia, iniziati nel 1847 e conclusi nel 1854 sotto il regno di Papa Pio IX. Durante la seconda guerra mondiale il ponte fu bombardato dai tedeschi nel febbraio del 1944, a seguito dello sbarco degli americani ad Anzio. Ricostruito nel dopoguerra subì un ulteriore crollo alla fine degli anni ’60 del Novecento, fu prontamente ricostruito ma oggi l’amministrazione locale ha lanciato l’allarme per la stabilità del viadotto, inadatto al traffico pesante in transito sulla via Appia Nuova, ha promosso e realizzato quindi una tangenziale alternativa che collega i comuni di Albano, Ariccia e Genzano e promesso la pedonalizzazione del pone e di Piazza di Corte, riportando almeno in parte la Piazza a rivivere del progetto originario di Gian Lorenzo Bernini.

Uccelliera del Parco Chigi, Ariccia


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Capitolo II

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Palazzo Chigi, Ariccia


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Ponte di Ariccia


Capitolo II

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G.L. Bernini, Chiesa di S. Maria Assunta, Ariccia


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Capitolo II

Evoluzione del territorio aricino

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Il territorio di Ariccia come quello dell’intera area dei Colli Albani è stato soggetto all’intensa attività vulcanica del Vulcano Laziale tra i 600.000 ed i 20.000 anni fa. Il suolo è composto in massima parte da materiale vulcanico, ed abbondano materiali caratteristici come il peperino, la pietra sperone del Tuscolo ed il tufo. Il vasto cratere di Vallericcia occupa gran parte del territorio comunale, ed è un terreno estremamente fertile, il cui paesaggio è caratterizzato oggi dal susseguirsi di vigneti ed oliveti che beneficiano della terra e delle particolari condizioni climatiche: inverni temperati ed estati molto ventilate. È importante considerare che nonostante i vulcani siano quiescenti da oltre 20000 anni non sono considerati inattivi, l’attività vulcanica è costantemente monitorata: ed i sismologi sostengono che il livello di magma sta lentamente salendo ed è prevista una nuova eruzione di tipo esplosivo nel giro di mille anni. L’aumento del livello di magma comporta l’innalzamento del suolo di circa 2 millimetri all’anno e dei fenomeni bradisismi, che impongono una classificazione sismica da parte della normativa italiana di livello 2, corrispondente ad una sismicità medio-alta. La presenza idrografica è l’altro elemento che più caratterizza Ariccia. Anticamente anche la depressione di Vallericcia era occupata da un lago vulcanico, sul quale sfociava l’emissario del lago di Nemi, quest’ultimo insieme al lago di Albano costituiscono un elemento fortemente caratterizzante della località di tutti i Castelli Romani. Il sito archeologico più importante diAriccia si trova anch’esso nell’area di Vallericcia, in prossimità della via Appia e della prima

stazione di sosta, ai piedi dell’acropoli su cui si trova arroccato il centro del borgo. Lungo l’antico tracciato della via Appia si trovava la parte più vitale dell’antica città, dove oggi troviamo fra campi agricoli e capannoni le rovine dell’antica Mansio, un tempo fervevano le attività mercantili della città. Sono stati trovati a sessanta metri dalla regina viarum i resti di un tempio tuscanico di età repubblicana databile al II secolo a.C.. Poco più avanti sempre seguendo la via Appia troviamo i resti della grande sostruzione della via Appia, che permetteva di superare il dislivello tra Vallericcia e Colle Pardo per raggiungere l’attuale Genzano di Roma e proseguire il cammino verso Capua. Le indagini di scavo sul territorio non sempre sono state eseguite con metodo di ricerca e molti reperti sono andati dispersi o rubati. Oggi parte del territorio comunale di Ariccia fa parte del parco dei castelli romani, ente di tutela ambientale regionale istituito nel 1984. L’area più estesa di verde pubblico è il parco Chigi, un tempo era stata la tenuta di caccia privata della famiglia Chigi, l’estensione attuale dell’area verde è di ventotto ettari, ma nell’Ottocento aveva raggiunto la sua estensione massima di 274 ettari. Il Parco grazie alla scrupolosa attenzione della famiglia Chigi ha mantenuto intatto il suo aspetto originario di bosco di latifoglie, in quanto impedirono la contaminazione fra l’originaria flora ed il castagno, introdotto nei Colli Albani per ragioni economiche tra Seicento e Settecento. Alcuni tesori originari del territorio sono andati persi, ma è importante diffondere la cultura della tutela per non perdere altri preziosi lasciti del passato.

L. Canina, topografia dell’Appia ad Ariccia (incisione 1856)


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Capitolo II

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Antonio Dal Muto, ricostruzione acropoli di Aricia, VI secolo a.C.


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Antonio Dal Muto, ricostruzione antica Aricia, IV secolo a.C. V secolo d.C.


Capitolo II

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L. Canina, topografia dell’Appia da Bovillae ad Ariccia


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Capitolo II

Economie: agro-pastorizia, turismo e cultura

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La voce legata al settore primario, in particolare a quello agricolo, è nella storia della città la maggiore, l’agricoltura è la principale risorsa economica del territorio ariccino, i cui prodotti erano noti fin dall’antichità. L’intera estensione di Vallericcia, corrispondente circa a duecentosessanta ettari, apparteneva interamente alla famiglia Chigi, e lo sfruttamento della terra era stato razionalizzato, e l’intera estensione era stata divisa in tre parti: una coltivata a lino, una a grano e la terza veniva lasciata a maggese. La famiglia Savelli aveva introdotto dal Quattrocento la coltivazione della vite e di altri alberi da frutto. Nel resto del territorio Ariccino, oltre Vallericcia, la destinazione prevalente del suolo era a grano- considerando che il grano arriccino veniva considerato uno dei migliori per qualità al fine di ottenere il pane bianco. La viticoltura, già nel Settecento era la maggior fonte di introito dell’economia ariccina, e mentre il grano era monopolio della famiglia Chigi, dal prezzo e dalla bontà del vino dipendeva l’utile che si faceva durante l’anno. Oggi nonostante ci sia un generale calo del settore primario in Italia, nel comune di Ariccia la viticoltura è ancora la maggiore fonte di introito, grazie anche alla Cantina Sociale “Fontana di Papa” fondata nel 1959, che ancora oggi raccogli 400 fra piccoli e medi produttori vinicoli. La coltivazione dell’ulivo ad Ariccia è ancora poco diffusa, probabilmente anche a causa dell’inflazione di uliveti presenti nel resto dei Colli Albani. Sono di secondaria importanza anche gli utili ricavati dalle piantagioni da frutta e l’allevamento, fatta eccezione per quello suino, che costituisce la

materia prima per un importantissimo prodotto locale: la porchetta. Lo sviluppo industriale ad Ariccia ha preso piede nella secondo dopoguerra, con l’inclusione del comune di Ariccia, l’unico comune dei Castelli Romani, e fra i pochi della regione laziale, nei finanziamenti della “cassa del Mezzogiorno”. Così in aree precedentemente destinate alla coltivazione cominciarono a sorgere nelle zone più periferiche di piccoli e medi impianti industriali, da cui sorsero i primi due agglomerati industriali del comune. Un’importante voce nella produzione industriale di Ariccia è la produzione della caratteristica porchetta ariccina, per la quale i produttori, sostenuti dal comune, stanno aspettando che il loro prodotto sia riconosciuto dal marchio di Indicazione geografica protetta. La porchetta e la romanesca, tipico vino dolce ariccino, veicolano anche un’importante fetta di turismo enogastronomico, che viene attirato ogni finesettimana dalle numerose “fraschette” che animano il centro storico di Ariccia. Nella provincia di Roma Ariccia è uno dei comuni più coinvolti dal turismo italiano ed internazionale, attirati anche dal patrimonio storico in particolare del Barocco romano, di cui Piazza di Corte con i suoi edifici ne sono uno dei massimi esempi. Indubbiamente le potenzialità per poter investire tempo e risorse in progetti che incentivino un maggior flusso turistico nel territorio di Ariccia ci sono, è importante focalizzare quali siano i principali motori di spinta ed individuare e correggere le maggiori carenze e lacune in modo tale che le due risorse, agricola e turistica, cooperino per lo sviluppo economico e culturale del territorio.

Vigneto in Vallericcia


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Capitolo II

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Museo del Barocco, Palazzo Chigi, Ariccia


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Capitolo II

La cronaca sul territorio

Antonio Cederna

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Antonio Cederna solo su “La Repubblica” ha scritto più di 750 articoli tra l’84 ed il 95 per tenere viva l’attenzione pubblica sull’importanza della valorizzazione della “regina viarum”. Tante cose sono state fatte e l’interesse è mantenuto attivo ancora oggi dalle diverse iniziative organizzate dal Parco e del Ministero dei Beni Culturali che continuano ad organizzare eventi ed attività lungo il tratto della via Appia che è stato chiuso al traffico e reso pedonale. La pedonalizzazione della via Appia è una delle maggiori richieste dei cittadini che fruiscono del percorso oggi ed un progetto di parco ad ampia scala che restituisca al pubblico ettari di spazi verdi che sono stati privatizzati abusivamente e successivamente condonati. Nel ’53 un Cederna al colmo della collera denunciava la speculazione edilizia che stava mangiando ettari di prati e terreni agricoli intorno alla via Appia, denunciando una strumentazione normativa di tutela totalmente inefficace e risibile. Molti terreni in vendita, i lavori avviati per la realizzazione di viadotti che avrebbero dovuto connettere velocemente questi nuovi quartieri periferici con il centro della città gli facevano orrore, pensando a coloro che avrebbero percorso la via Appia come via Francigena verso Roma o a colore che avessero voluto ripercorrere i passi di Orazio o un Grand Tour nella sua versione classica, che avrebbero raggiunto Roma attraverso una “galleria” di sotto-passi di queste nuove tangenziali. Il quartiere di cui parlava Cederna, oggi collega un quartiere popolare ma vivo e pulsante come la Garbatella alla via Appia è uno dei principali bacini di utenza del tratto pedonalizza-

to della via Appia, ma oggi la visione dev’essere sicuramente più ampia e la missione esplicitata dallo statuto del Parco di voler delocalizzare la gestione e la tutela della via Appia dai singoli comuni che attraversa è corretta nella sua ambizione ma ancora è necessaria una regia generale che converga le energie in progetti di valorizzazione ad ampia scala. Sull’Appia Antica si rilevano oggi 220 ville di cui 50 con piscina e si stima che circa 300 ettari siano stati privatizzati a seguito di condono edilizio. Quel che è rimasto da Roma fino a Frattocchie, come era stato previsto dal piano del Ministro dei Lavori pubblici nel 1965 Giacomo Mancini è stato compreso nel Piano del Parco e da quello che era un sentiero fra reti metalliche ritroviamo oggi una strada pedonalizzata che può ancora diventare uno dei più grandi parchi archeologici d’Europa. Ma l’Appia non termina a Frattocchie e ora l’impegno deve concentrarsi su una visione di un parco esteso che arrivi fino ai Castelli Romani, attraversando un territorio che si trasforma velocemente e che passa dalla città consolidata di Roma, attraverso la periferia fino al paesaggio rurale.

“In nome di un principio fondamentale: ossia che prioritaria è la salvagurdia dei beni culturali, paesistici e naturali. Tutto il resto viene dopo e qualunque ipotesi di cambiamento o di sviluppo del territorio va rigorosamente subordinata a questi valori”. - Antonio Cederna -

Articolo in “Il Mondo” Roma, 27 / 12 / 1956


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Capitolo II

Nel 1965 il P.R.G. di Roma sottopone a vincolo di Parco Pubblico l’intero comprensorio dell’Appia, stabilendone l’assoluta inedificabilità

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Articolo in “Il Mondo” Roma, 30 / 3 / 1954


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Nonostante tale decisione, tra il 1967 ed il 2002 nel Parco Regionale dell’Appia sono stati costruiti oltre 1 MILIONE di METRI CUBI

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Articolo in “Il Mondo” Roma, 8 / 9 / 1953


Capitolo II

1958

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2006

Trasformazione del territorio della via Appia, da S. Sebastiano al G.R.A.


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Capitolo II

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Carta dell’abusivismo tra il 1967 ed il 2002 nel Parco dell’Appia


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1.000.000 di METRI CUBI ABUSIVI nel Parco Archeologico

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Capitolo II

Paolo Rumiz

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“Discesa la tangenziale sulla destra l’Appia cambia ancora nome, ora è via della Stella - ed è già profumo di campagna. Muretti di lava, campi di patate, autodemolizioni, un cane rauco che abbaia, patetico, dietro un cancello, un arco romano battezzato Basto del Diavolo. Ma ecco un fico con le prime foglie: per i Romani significava il tempo buono per partire. I viaggi sono sempre costellati di segni. I ponti, le salite, le soglie, non sono cose ma simboli. E noi si va per vigne, costeggiando siepi di borragine e sambuco, pisello odoroso e parietaria, talmente presi dalla Linea da seguire in quel saliscendi di vulcani spenti che ai piedi di Ariccia quasi non ci accorgiamo di passare sopra un monumentale viadotto. E’ la prima rampa dell’antichità, nientemeno che questo. Un gigante di 230 metri vecchio di 19 secoli, con cui l’Appia affronta la prima importante salita, dal fondo di una conca fin su verso Genzano... Poco più in là scopriamo che il primo sbarramento della direttice millenaria non è la frana di un monte, il collasso di un muraglione o lo straripamento di un torrente. E’ il bar Fly di Genzano di Roma. Tutto è di una sconcertante evidenza. Sopravvissuta al G.R.A., al traffico della S.S.7, alle discariche edilizie, al rombo dei decolli da Ciampino e al pantano ai piedi dei Colli Albani, la linea indefettibile, capace di resistere persino ai cambi di nome si arresta davanti a una banconiera che ci chiede cosa vogliamo bere - un succo di pomodoro, grazie.” - Paolo Rumiz, aprile 2015 -

In questo passaggio del libro di Paolo Rumiz, “Appia”, possiamo ben comprendere quali siano i paesaggi e le strutture che si incontrano percorrendo la via, le potenzialità e le criticità disseminate lungo il tracciato. Tra il 28 aprile e il 13 giugno del 2015 Rumiz ha percorso e riscoperto letteralmente l’Appia Antica ormai lunga 612 km a causa delle deviazioni obbligatorie. Ricoperta di tangenziali, parcheggi, supermercati, cave, acciaierie, sbarrata con cancelli, camuffata con cento altri nomi, presa talvolta a picconate peggio dell’Isis. Durante tutto il loro Grand Tour, i viaggiatori sono stati in bilico tra rabbia e meraviglia, tra un tuffo al cuore e una pugnalata nel costato. Emozioni che venivano mosse sia dal tracciato che percorrevano sia dagli incontri fatti con le persone dei vari luoghi. Il viaggio, o meglio i viaggi, sono stati quattro. Il primo di esplorazione, da Roma verso Brindisi, il secondo in macchina al contrario, il terzo è stato necessario per risolvere i nodi critici affrontati nel primo viaggio ed il quarto effettuato durante la stesura del libro. Il tutto è stato reso possibile grazie alla collaborazione di Riccardo Carnovalini, noto camminatore e fotografo, che ha raccolto le mappe ed incrociato molti dati GPS necessari alla individuazione del cammino, al video-maker Alessandro Scillitani, che si è interessato della documentazione video e che ha realizzato il video-documentario “Il cammino dell’Appia Antica” ed alla partecipazione di Irene Zambon. Illustrazione di Riccardo Mannelli


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“In principio fu l’idea, l’idea generò la Linea e la Linea si fece strada” -Paolo Rumiz-

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Capitolo II

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Paolo Rumiz sulle tracce dell’Appia Antica


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Capitolo II

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Il cammino dell’Appia Antica di Paolo Rumiz


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Capitolo 3

APPIÈ, PROGETTO E NUOVO IMMAGINARIO

Progetti e strategie di rigenerazione per la valorizzazione delle prime XVI miglia della via Appia Antica


Capitolo III

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G.B. Piranesi, Dimostrazioni dell’emissario del Lago di Albano e della sostruzione di Ariccia (acquaforte, 1770)


Appiè

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Capitolo III

Esperimenti di successo

Estate Romana 1977-85

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L’Estate Romana è stata una iniziativa culturale pioneristica organizzata per la prima volta nell’agosto del 1977 dal Sindaco e storico dell’arte Giulio Carlo Argan, con il coordinamento dell’architetto Renato Nicolini, Assessore alla Cultura. L’iniziativa prevedeva l’organizzazione di eventi cinematografici e musicali e rappresentazioni teatrali e coreografiche che si svolgevano dapprima nei siti e nelle aree archeologiche della città, ma, spesso, anche negli spazi in abbandono o sottoutilizzati. Estate Romana era l’occasione per riproporre gli spazi della città poco esplorati al pubblico e far vivere quelli già noti con una nuova veste, facendo dilatare lo spazio pubblico di Roma. Il centro storico, con le installazioni realizzate per gli eventi artistici, divenne un luogo di incontro per tutta la popolazione, abbattendo le barriere tra la cultura popolare e la cultura dotta e aprendolo verso la periferia. Durante la prima manifestazione la risposta del pubblico fu inattesa: la proiezione di Senso (film del 1954 di Luchino Visconti) nella Basilica di Massenzio fu vista da più di 50.000 persone. Dopo questo successo l’esperienza divenne un festival estivo del film all’aperto annuale organizzato negli anni successivi anche in altri scenari della città eterna, ma sempre conosciuto come “Massenzio”. Estate Romana è stata un successo fin dall’inizio tanto che, durante gli anni ‘80, l’iniziativa fu emulata in molte altre città italiane ed europee, stimolando il dibattito internazionale riguardo il ruolo che può avere l’amministrazione locale sulla promozione

e organizzazione degli eventi culturali pubblici. Confrontata con le politiche attuali, l’Estate Romana che si è svolta dal 1977 al 1985 durante gli anni di assessorato alla cultura di Renato Nicolini, anticipa una strategia di intervento urbano basata su un tempo preciso e limitato, quello delle stagioni. La progettualità temporalmente definita, la distruzione programmata, l’assenza di tracce durevoli dell’architettura non rappresentano dunque fattori discriminanti ma, al contrario, valori. Adottando tali principi si vuole sganciare l’architettura da criteri di valore comunemente legati alla sua durata. L’idea di “Effimero” come caratteristica dequalificante dell’architettura, dimostra infatti il persistere di un giudizio di superiorità nei confronti dell’architettura solida, capace di rispettare i canoni della classicità definiti dalle categorie vitruviane. L’esperienza romana può essere tradotta ed interpretata come una strategia a tempo capace di misurare l’architettura in termini di sua durata ed in grado di riaccendere luoghi, o meglio non-luoghi, divenuti ormai ombre all’interno della città.

“Quella che viene chiamata politica dell’Effimero è una cosa semplicissima: cercare di rispondere alle domande del presente, proporre soluzioni per l’oggi. In fondo è la forma più evidente di concretezza”. - Renato Nicolini, 23 luglio 1983 -

Proiezione di “Senso” nella Basilica di Massenzio, Roma 1977


Appiè

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Capitolo III

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Franco Purini, Disegno di passarella elevata con televisioni, Roma, Villa Torlonia 1979


Appiè

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Franco Purini, Disegno di pista da ballo con scenografie di CinecittĂ , Roma, Valle della Caffarella 1979


Capitolo III

Effimero - Architettura alla piccola scala L’Architettura alla Piccola Scala è connotata prevalentemente da due caratteristiche, talvolta compresenti, la dimensione contenuta e la durata effimera. Gli eventi espositivi, non legati a processi di musealizzazione, sono effimeri e rientrano nel più ampio ambito della comunicazione.

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Una struttura di tubi “innocenti” parzialmente rivestita in pannelli di fibra di legno tinteggiata in grigio cielo si arrampica sulla parete del Colosseo, riecheggiandone le caratteristiche arcate, ne travalica l’altezza e deborda all’interno in una lingua scalettata che conduce alla piattaforma posta al di sopra dei ruderi del Colosseo. Una costruzione che vagamente richiama le torri d’assedio consente di arrampicarsi con esercizi di free climbing e, anche per altra via, raggiungere l’inizio di una pista da sci rivestita in materiale plastico di colore azzurro che domina l’area centrale del Foro Italico. Una nave di cartapesta, il mitico transatlantico Rex, si infila nel portico del Palazzo della Civiltà del Lavoro all’EUR. Sono solo alcuni degli eventi che hanno utilizzato temporaneamente i mo numenti e gli spazi della città per la realizzazione di manifestazioni di vario genere ma caratterizzate comunque da intenti esibizionistici. Il Colosseo, che nel 1984 è stato utilizzato per la mostra della produzione industriale degli anni Venti, pur avendo scatenato allora un acceso dibattito sull’opportunità o addirittura sulla legittimità di un uso così disinvolto delle icone del passato, non costituisce certo un caso limite. Infatti la scalinata di

Piazza di Spagna e l’invaso di Piazza Navona vengono frequentemente utilizzati per sfilate di moda e non solo. Evidentemente è il fine commerciale che fa nascere il disaccordo: infatti quando nel mese di maggio la Scalinata di Trinità dei Monti esplode nei colori accesi delle azalee nessuna voce si leva contro. Del resto lo straordinario richiamo che alcuni monumenti riescono ad esercitare finisce per attribuire ad essi un grande valore in termini di immagine e di comunicazione. Delle manifestazioni che in passato hanno coinvolto monumenti o spazi della città rimane la curiosa documentazione iconografica e sicuramente il vantaggio dei risultati della sperimentazione qualunque ne sia il giudizio, perché costituiscono testimonianze reali e analizzabili criticamente. Del resto, quando sia possibile escludere qualunque rischio di deterioramento, appare difficile che il coinvolgimento per un tempo assolutamente breve rispetto alla lunghezza della loro vita, in eventi effimeri, possa realmente portare detrimento a spazi monumentali, in eventi che per contro ne consentono una rivisitazione visiva e psicologica. Altro aspetto di carattere espositivo in questo caso dotato di forte connotazione promozionale e pubblicitaria è costituito dalla ”mitigazione d’impatto”, una suggestiva categoria della comunicazione urbana. Intervento temporaneo sul Colosseo per la mostra ”L’economia italiana tra le due guerre 1919/1932”, Roma 1984


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Capitolo III

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Questa prassi recentemente ha vissuto una stagione di positivo sviluppo grazie al contributo crescente degli sponsor che abbinano al recupero dell’opera, la promozione della propria immagine. Il restauro di un edificio, specie se di pregio, o addirittura di un monumento o di un sito archeologico, consente sicuramente il coinvolgimento di sponsor. Ma anche quando la costruzione non ha altro pregio di quello di trovarsi in un’area centrale o fortemente interessata da flussi di traffico è possibile durante la sua ristrutturazione utilizzare l’involucro di protezione per anticipare i risultati del restauro e contemporaneamente veicolare messaggi pubblicitari. Si attua in questo modo un ciclo virtuoso che favorisce il decoro urbano in corso d’opera, crea una suggestione visiva dovuta al cambiamento temporaneo dei luoghi rinnovandone l’interesse e consente di abbattere i costi del rifacimento delle facciate aumentandone di conseguenza il numero e la frequenza. Infine l’effimero si manifesta nella sua forma più estrema creando inusitati punti di vista con una città vista dall’alto e per pochi costosi minuti dall’Ottavo Colle. Nome dell’aerostato, il pallone frenato che da Villa Borghese, in prossimità di Porta Pin- ciana, consente un panorama dell’urbano da un punto fisso e mobile, reale ma con- temporaneamente transitorio. L’esigenza di comunicare in modo rapido, accattivante ed incisivo un evento, sia esso in corso o in programmazione, trasforma spesso gli spazi urbani e ancor più visibilmente gli spazi della città storica, in modo radicale. La trasformazione modifica lo spazio

cambiando le relazioni sia tra le quinte e i differenti piani di calpestio, sia le quinte stesse con allestimenti differenti per proporzioni, dimensioni, forme e colori. Strani oggetti e segni compaiono tra le facciate e nello spazio cittadino che catturano l’attenzione. Essi rappresentano il nostro “spirito del tempo” spesso con pari massività e immediatezza dell’architettura stessa. Suggeriscono comportamenti e ci spingono ad una interpretazione diversa dei luoghi antichi, ma anche di quelli contemporanei consolidati. Si individuano nuove possibilità di interpretare la città, che al pari di tutte le altre manifestazioni dell’uomo, è viva, in continua mutazione e risulta refrattaria ad ogni tentativo di sclerotizzazione.

Studio Metaimago, “La nave va”, Roma 1993


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Capitolo III

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Allestimento per la “2° Settimana dello Sport” Foro Italico, 1984


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Cantiere schermato da Laura Biagiotti, Roma, Giubileo 2000


Capitolo III

GRAB - Grande Raccordo Anulare delle Bici

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Il Grab, il Grande Raccordo Anulare delle Bici, è il progetto partecipato per la realizzazione di un anello ciclo-pedonale di 44,2 chilometri che si sviluppa completamente all’interno della città di Roma. Il GRAB costituisce sia un efficiente infrastruttura di mobilità alternativa per la città, che una risorsa per ampliare l’offerta turistica nell’ambito del turismo sostenibile, diventando così un propulsore per l’innalzamento della qualità dello spazio pubblico. Si sono definiti gli elementi ricorrenti in grado di assicurare la giusta riconoscibilità di un percorso dal forte carattere identitario e, al contempo, le variabili necessarie a garantirne l’integrazione armonica nei differenti contesti. Tra gli elementi ricorrenti vi è l’uso di una pietra miliare in travertino e lamiera che garantisce un apparato informativo riconoscibile e che consente di eliminare la segnaletica verticale, spesso in disarmonia con il contesto, nonché l’utilizzo di un giardino mediterraneo lineare del tipo “dry garden”, a ridotto impatto ambientale ed economico perché a basso fabbisogno idrico, per assolvere alla funzione di separazione/protezione della sede ciclo-pedonale. Il GRAB impone finalmente la pedonalizzazione dell’Appia Antica ed è il prologo della nascita di un unico Parco Archeologico Capitolino dai Fori Imperiali alla Regina Viarum. Rappresenterà una calamita per le nuove concezioni di turismo, dai ciclo-viaggiatori agli amanti del trekking urbano, una via car-free per la mobilità interquartiere, il raccordo attorno a cui sviluppare e cucire una vera rete ciclabile metropolitana, il volano di interventi diffusi di rigenerazione delle periferie

e di rifunzionalizzazione di spazi marginali e degradati. Il GRAB è la ciclovia più affascinante del mondo ed insieme una lezione itinerante di storia, parte dall’Impero Romano e arriva alle Architetture Contemporanee di Zaha Hadid e Renzo Piano e alla street-art del Quadraro e Torpignattara. Unisce tra loro Colosseo, San Pietro, Trastevere, centro storico, Galleria Borghese, Auditorium, MAXXI e tantissimi altri punti di interesse, attraversando parchi, riserve e inaspettati paesaggi bucolici (a 3.000 metri dal Foro Romano ci sono pastori e greggi di pecore) e costeggiando i fiumi Tevere, Aniene e Almone. Il percorso, tutto pianeggiante, si snoda per 2/3 lungo vie pedonali e ciclabili, ville storiche e argini fluviali (29,7 chilometri, pari al 66% del tracciato). Altri 15,3 chilometri interessano strade attualmente destinate alla viabilità ordinaria, tra cui alcune arterie congestionate da un intenso flusso di veicoli motorizzati dove bisognerà attuare una decisa azione di redistribuzione dello spazio pubblico, restituendolo alle persone e togliendolo alle auto. Una volta completato, l’anello per pedoni e pedali regalerà al Paese una green-way unica e irriproducibile che trasmetterà nell’immaginario di chi abita a Roma e di chi la vive da turista l’idea che si tratta di una città accogliente, sana, moderna.

Studio Piano B, Mappa del GRAB, Roma


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Capitolo III

Le 24 tappe del GRAB

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Appiè

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Capitolo III

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1° tappa, dal Colosseo al Circo Massimo, Roma


Appiè

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Capitolo III

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21° tappa, Lungotevere tra Castel Sant’Angelo e Piazza San Pietro, Roma


Appiè

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Capitolo III

Architettura nel paesaggio

Fiumara d’Arte a Castel di Tusa

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La Fiumara di Tusa è situata sulla costa tirrenica a nord della Sicilia, a metà strada tra Palermo e Messina. E’ il letto di un antico fiume che un tempo lontano scorreva tra i monti Nebrodi per ventuno chilometri fino all’antica Halesa, un fiume secco e solo d’inverno a carattere torrentizio in un paesaggio che alterna pietrosa desolazione a tratti di vegetazione rigogliosa, e che laddove ci si inerpichi offre scorci straordinari tra le montagne ampie e il mare in lontananza. L’idea di “Fiumara d’Arte” nasce nel 1982 quando, scosso dalla perdita del padre, Antonio Presti, che già colleziona arte contemporanea, si rivolge allo scultore Pietro Consagra per commissionargli una scultura di commemorazione al padre. Immagina fin da subito di non farne un semplice fatto privato, una stele del proprio giardino, ma di donare la scultura alla collettività, e pensa di collocarla alla foce della fiumara. Il progetto muta presto di segno e diventa più ampio. Antonio Presti già immagina di dar vita a un parco di sculture che coniughi il linguaggio contemporaneo all’aspra bellezza dei luoghi. L’inaugurazione della scultura di Consagra, il 12 ottobre 1986, coincide con l’annuncio del museo a cielo aperto, tra il consenso dei sindaci del comprensorio. Intanto Presti ha già contattato un altro scultore, Paolo Schiavocampo, al quale commissiona una scultura da porre al bivio tra la strada che porta a Castel di Lucio e una vecchia strada di campagna, e la allega come arredo urbano, da lui finanziato, al progetto di rifacimento stradale di cui è incaricata la sua impresa.

Il battesimo del progetto complessivo della Fiumara d’Arte coincide però paradossalmente con il suo arresto. Stanza di barca d’oro, una realizzazione di straordinaria suggestione e bellezza, realizzata dall’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa come un vano ipogeo, introdotto da un corridoio sotterraneo di 35 metri rivestito di lastre metalliche, nel quale si evidenzia la sagoma di una barca capovolta rivestita di foglie d’oro viene messa sotto sequestro durante la sua inaugurazione. Lo stesso giorno viene notificato anche un provvedimento contro “Monumento per un poeta morto”, conosciuta meglio come “Finestra sul mare”, per occupazione di demanio marittimo e abusivismo edilizio. Contro le opere della Fiumara vengono avviati cinque procedimenti giudiziari e ha inizio l’intricata vicenda processuale che ne blocca di fatto il completamento, che prevedeva anche la realizzazione di opere di grandi maestri come lo spagnolo Edoardo Chillida, Fausto Melotti e Arnaldo Pomodoro. I sindaci lasciano solo Presti di fronte alla giustizia e le opere non vengono demolite unicamente perché al momento della sentenza il reato era caduto in prescrizione. Dopo anni di incuria e 25 anni di battaglie legali nel 2006 viene riconosciuto il Parco di Fiumara d’Arte viene istituzionalizzato ma soprattutto viene premiato il genio di Presti che ha costituito attorno alla Fiumara di Tusa un nuovo ed eccezionale comprensorio artistico, culturale e paesistico di rilievo internazionale. Tano Festa, Monumento per un poeta morto, 1989


Appiè

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Capitolo III

I tour della Fiumara

Tour 2 ore - opere 1,2,3 Per vedere le opere le opere non è necessario allontanarsi dalla costa. Il tour inizia a Castel di Tusa dove è presente l’Art Hotel, Atelier sul mare, albergo d’arte e punto di informazione per la visita della Fiumara e della sua storia. Seguendo per 2 km le indicazioni per Pettineo, nell’alveo della fiumara, si vede la grande opera scultorea di Pietro Consagra “La materia poteva non esserci”, costruita nel 1986. Riprendendo la strada sulla costa verso S. Stefano in Camastra dopo 4,9 km ci si trova lungo la spiaggia di Torremuzza dove è collocata la monumentale “Finestra sul Mare”.

Tour 4 ore - opere 1,2,4,5,6 158

Se si ha mezza giornata è possibile fare un giro più ampio pur rimanendo con il mare negli occhi. Da Castel di Tusa si inizia con lo stesso percorso del Tour 2 ore e si prosegue per raggiungere Pettineo, paese collocato su uno sperone di roccia al centro della fiumara. Le targhe alle porte che indicano il Museo Domestico (1991-1996) segnalano che lì è stato ospitato l’artista che ha realizzato l’opera e che ha poi regalato alla famiglia ospitante. Si può visitare il Municipio, dove sono esposte bellissime opere, e la Società Operaia. Ripresa la strada si sale per 5 km verso Motta d’Affermo e costeggiando il paese si apre un viale dal quale è possibile raggiungere l’Energia Mediterranea. Proseguendo sulla stessa strada per 4,7 km si raggiunge la fine del percorso e così l’ultima opera, la Piramide. Affaciandosi verso la vallata, dalla fine si vede l’inizio, e viceversa: un racconto che si rinnova ogni volta attraverso l’esperienza di ciascun visitatore.

Tour 1 giorno opere 1,3,7,8,9,10,11,4,2 Questo tour è per addentrarsi nel cuore della terra e della storia, salendo anche di altitudine. Visitato l’Art Hotel a Castel di Tusa si prosegue sulla statale 113 verso S.Stefano e lungo la strada si vede dall’alto la monumentale “Finestra sul Mare” del tour 2 ore. Alle porte di S.Stefano si imbocca la strada per Mistretta e su questo tratto è collocata la Stanza di barca d’oro, opera importante ma non visitabile, se non fra cent’anni. Una camera ipogea nera e lucida sigillata appena collocata. Ripresa la strada si prosegue verso Castel di Lucio e dopo 7,7 km è visitabile il Muro della Vita. Da qui è possibile vedere l’insieme delle opere e la spettacolare vallata ad anfiteatro. Proseguendo il percorso si incontra la caserma dei carabinieri, la più colorata d’Italia grazie all’opera Arethusa. Sulla medesima strada dopo 1,5 km si incontra la segnalazione per il Labirinto di Arianna,. Tornati sulla strada principale si scende e dopo 9 tornanti appare la Curva gettata alle spalle del tempo, mostra deformato dal vento, dal tempo e dai nostri sogni. Si scende ancora fino alla fiumara che si attraversa con un ponte. Da lì dopo 3,7 km di risalita portano a Pettineo, il paese del Museo Domestico. Continuando la strada a scendere, verso la costa, ecco che sotto i piloni del viadotto autostradale appare resistere tenacemente all’invadenza dell’uomo la Materia poteva anche non esserci, prima opera della Fiumara e ultima della giornata.

1 - Art Hotel, atelier sul mare 2 - La materia poteva non esserci 3 - Monumento per un poeta morto 4 - Museo domestico 5 - Energia mediterranea 6 - Piramide al 38° parallelo 7 - Stanza di barca d’oro 8 - Il muro della vita 9 - Arethusa 10 - Labirinto di Arianna 11 - Una curva gettata alle spalle del tempo


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Tour 2 ore

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Tour 4 ore Tour 1 giorno Fiume Tusa

Castel di Lucio


Capitolo III

Le opere della Fiumara

1 - Su Barca di Carta d’Imbarco, Maria Lai (1993)

7 - Stanza di barca d’oro - Hidetoshi Nagasawa (1989)

10 - Labirinto di Arianna - Italo Lanfredini (1990)

5 - Energia mediterranea - Antonio Di Palma (1990)

4 - La Stanza del Profeta, Antonio Presti (1995)

6 - Piramide al 38° parallelo - Mauro Staccioli (2010)

8 - Il muro della vita - AA.VV. (1991)

9 - Arethusa - Piero Dorazio, Graziano Marini (1990)

11 - Una curva gettata alle spalle del tempo - Paolo Schiavocampo (1990)

2 - La materia poteva non esserci - Pietro Consagra (1986)

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3 Castel di Tusa

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Motta d’Affermo Reitano

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Mistretta

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Tour 2 ore

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Tour 4 ore Tour 1 giorno Fiume Tusa

Castel di Lucio


Capitolo III

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Mauro Staccioli, 38° Parallelo - Piramide, Motta d’Affermo 2010


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Capitolo III

Land-Art. I precursori del deserto del Nevada

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L’arte è uscita dai musei quando Michael Heizer, Robert Smithson e Walter De Maria si sono opposti all’establishment del sistema delle gallerie d’arte e musei del loro tempo, per dar vita a delle opere che fossero autonome, in cui potessero convergere architettura, paesaggio, scultura, fotografia ed archeologia. La terra come soggetto materiale e pratica della propria arte. Realizzarono delle opere in scala monumentale nei vasti e desolati spazi desertici del Sud-Ovest americano. Erano artisti-esploratori. La Land-Art è una delle correnti più fisiche dell’arte concettuale, rifletteva il tempo vero, il mondo vero, nasce sulla stessa tela delle guerre e delle crisi del mondo. La Land-Art nasce al tempo dei voli aerei e dei voli nello spazio, è figlia di un cambio di prospettiva. La terra stessa è la tela da dipingere e blocco di marmo da scolpire, non è più il contesto. E’ il convergere di informazioni-tecnologia, informazioni e storia che crea la landart. Gli artisti cercavano degli spazi che dessero un’esperienza allo spettatore che nessuna galleria o museo potevano dare, immensi spazi aperti dove c’era solo natura. Nessuna delle prime opere della Land Art poteva avere luogo nella città, per l’enorme bisogno di spazio. Ma se l’arte si sposta nel deserto, vuole fuggire dalle persone o cerca di richiamarle al di fuori dell’urbano? L’interesse dell’artista è creare un nuovo legame e scambio con la natura, e per questo cercavano luoghi isolati. Il richiamo che questa nuova forma d’arte genera porta molti a fare dei veri e propri pellegrinaggi nel deserto. In Europa questa forma d’arte ha avuto meno ambito, perché la dimen-

sione era un carattere fondamentale per i primi artisti del Nevada, che in Europa venivano costretti e vincolati in spazi delimitati. In Europa la Land-Art si è legata alla Landscape Architecture per le esigenze di recupero degli spazi, degli edifici dismessi e delle immense aree industriali che venivano abbandonate e che diventavano fonte d’ispirazione di artisti. Nello scenario europeo l’arte del paesaggio si lega maggiormente all’architettura e alll’archeologia industriale. All’alba dal fenomeno “Floating Pears”, qualsiasi sia l’opinione personale a riguardo, è innegabile che l’esperienza artistica smuove una grossa fascia popolare attirata dalle forme d’arte inserite nel paesaggio. Le persone diventano parte integrante dell’arte, l’attesa, il viaggio, l’idea dell’arte è l’esito dell’arte. La salvaguardia del paesaggio in Italia è una questione calda, come dimostra la sostanziosa normativa a riguardo. Oggi più che mai ci si deve chiedere cosa sia in grado di valorizzare il patrimonio immenso di paesaggio in Italia, perché si dovrebbe vivere sempre di più di arte e di cultura.

“È interessante realizzare una scultura che provi a creare un’atmosfera di sgomento. Lo sgomento è una disposizione analoga all’esperienza religiosa”. - Michael Heizer -

Robert Smithson, Spiral Jetty, Great Salt Lake (Utah, 1970)


Appiè

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Capitolo III

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Magdalena Iceland

Jetelova,


Appiè

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Richard Long, A line made by walking


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Michael Heizer, Double negative,


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Capitolo III

Speleoterapia

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La speleoterapia è un trattamento terapeutico basato nella permanenza in grotte naturali o gallerie minerarie al fine di curare alcune malattie del tratto respiratorio, con particolare riferimento all’asma e all’allergia da pollini e polveri. Nelle caverne umide l’umidità relativa dell’aria si avvicina al grado di saturazione, ossia al 100 per cento. Per questo motivo le particelle in sospensione e gli allergeni si legano nell’aria e si abbattono sulle pareti umide. In queste caverne si incontra così un’aria purissima. L’aria può assumere tanto più vapore acqueo, quanto più è calda. Nelle gallerie fresche la temperatura varia da 8 a 10 gradi Celsius per cui, nonostante l’aria sia quasi completamente satura di vapore acqueo, essa contiene in valore assoluto pochissima acqua. Quando l’aria, inspirando, si riscalda ai 37 gradi della temperatura corporea, essa può assumere ancora tantissima acqua. Quest’acqua, durante il passaggio attraverso le vie respiratorie, viene ora sottratta alle mucose che spesso, a causa delle infiammazioni croniche o dell’asma bronchiale, sono gonfie. In tal modo il gonfiore si riduce ed il paziente respira più liberamente. Nell’intervista a Peter Deetjen, professore emerito di Fisiologia e Balneologia all’Università di Innsbruck (Austria), autorevole esperto di speleoterapia, sostiene che sebbene non sia ancora una terapia diffusa e riconosciuta dalla medicina perché non sono ancora state sviluppate delle indagini condotte con metodo scientifico, sono stati fatti degli studi che dimostrano gli effetti positivi della speleoterapia. In Germania ci sono dodici località in cui si pratica la

speleoterapia, mentre Predoi è la prima galleria in Italia ad aver ottenuto la concessione per istituire un centro di speleoterapia. Predoi è un borgo in cui era attiva una miniera di rame che ha chiuso nel 1893. Nel 1996 è stato aperto il museo della Miniera di Predoi. E nel 2000 a seguito della relazione favorevole del dott. Peter Deetjen ha aperto il “Centro climatico Predoi” per i trattamenti alle vie respiratorie. Nel giugno 2014 in Valle Aurina si è svolto uno studio dettagliato dei benefici di queste attività, con l’obiettivo specifico di esaminare gli effetti della permanenza all’interno del Centro Climatico di Predoi sulle funzioni respiratorie di bambini affetti da asma. La ricerca ha interessato 40 bambini altoatesini di età compresa tra 6 e 14 anni affetti da problemi di asma, che in compagnia di un genitore hanno soggiornato per 16 giorni in Valle Aurina. Non appena disponibili, gli esiti dello studio saranno pubblicati su una rivista specialistica internazionale di ricerca medica, affinché anche altri ricercatori e medici ne possano prendere atto e farne uso.

Miniera di Predoi, Valle Aurina, Bolzano


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Capitolo III

Progetti di riattivazione sul territorio

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All’interno dei Castelli Romani, pur costituendo un’identità compatta, non si è sviluppata nelle amministrazioni locali una volontà di creare dei progetti unitari ed univoci che convogliassero le risorse in obiettivi comuni e questo ha portato ad una sovrapposizione di bandi e concorsi di progettazione disparati ed a volte contrastanti. Alcuni progetti più di altri hanno attirato l’interesse dei professionisti che si sono cimentati nella progettazione di diverse strutture di cultura, sistemi di riassetto urbano, valorizzazione delle aree archeologiche, salvaguardia e tutela del patrimonio, oltre a vere e proprie campagne di scavo. Le risorse da dedicare alla cultura ed all’accrescimento del patrimonio intellettuale sono sempre meno, ma è fondamentale mantenere attivo l’interesse dei professionisti che dedicano le loro capacità alla valorizzazione di un territorio che ha ancora tanto potenziale. Il coinvolgimento della cittadinanza allo sviluppo dei nuovi programmi di intervento è una strada che sempre di più viene intrapresa dalle amministrazioni locali, che cerca nella via della partecipazione il successo della propria gestione. Purtroppo ci troviamo ancora in una condizione in cui solo una marginalità dei cittadini sente davvero di poter intervenire insieme all’amministrazione nella gestione della cosa-pubblica. Un maggior coinvolgimento può essere ottenuto attraverso un sistema comunicativo più efficiente e mirato e dei nuovi servizi culturali volti ad investire sulla conoscenza in modo da innescare un benefico effetto a catena: più informazione, più partecipazione, più cultura.

I progetti a larga scala che interessano e che incrociano il tracciato dell’Appia Antica nel territorio dei Castelli Romani sono tre: -Il progetto indetto nel 2003 per il riassetto di Piazza di Corte ad Ariccia che si ampliava nella vallata di Vallericcia e comprendeva il collegamento tra il borgo e la via Appia, del quale solo il collegamento con il parcheggio Bernini è stato realizzato. -Il progetto del tratto aricino della Regina Viarum che prevede diverse campagne archeologiche, ad oggi siamo alla quarta, e l’istituzione del museo del Grand Tour in seguito al recupero dei manufatti collocati lungo il tracciato. -Il progetto degli emissari del lago di Nemi e del lago di Albano. Il primo completamente recuperato e idoneo per le visite turistiche. Il secondo in via di recupero grazie al lavoro avviato nel 2013 dai gruppi associativi A.S.S.O., Egeria C.R.S., Roma Sotterranea, sotto il coordinamento generale di HYPOGEA, ricerca e valorizzazione cavità artificiali. C’è una quarta iniziativa che però non rientra nel territorio dei Colli Albani e che consiste nell’organizzazione di eventi culturali, musicali e sportivi svolti nel tratto dell’Appia Antica nel Comune di Roma. Sono riportati nelle pagine seguenti alcuni esempi dei progetti sopracitati e dei bandi indetti dell’amministrazione per valorizzare le potenzialità del territorio, coinvolgere la comunità in attività che generino un senso di appartenenza e non da ultimo migliorare l’ambiente ed il paesaggio, il più grande patrimonio da valorizzare.

Localizzazione degli eventi e dei progetti sull’Appia Antica


Appiè

Roma

Appia Day e “Dal tramonto all’Appia”

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Progetto Albanus Emissario di Nemi

Concorso per Piazza di Corte e il tratto aricino della Regina Viarum


Capitolo III

Concorso per Piazza di Corte

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Nel 2003 il Comune di Ariccia d’intesa con l’Ordine degli Architetti, pianificatori di Roma e provincia ha indetto un concorso di idee per la pedonalizzazione, la sistemazione e l’utilizzo del ponte monumentale, il recupero dell’area archeologica e la riqualificazione del centro storico. Piazza Indipendenza detta “di Corte” deve il suo aspetto attuale principalmente ai lavori svolti tra il 1661 e il 1664, voluti da papa Alessandro VII, affiancato da Gian Lorenzo Bernini e dal suo giovane assistente Carlo Fontana. La trasformazione dell’area centrale del borgo, comprendente in primo luogo la completa ristrutturazione dell’antico Castello dei Savelli, oggi Palazzo Chigi-Savelli. Si inizia inoltre la sistemazione della piazza con la realizzazione di due fontane monumentali, una dedicata al Principe (in travertino) ed una dedicata al popolo (in Marmo di Carrara), nonché la costruzione della collegiata di Santa Maria dell’Assunzione, caratterizzata da una pianta circolare su cui si innesta un pronao a tre arcate, secondo una soluzione chiaramente riferita al Pantheon. Ad essa vengono affiancati due edifici che avvolgono interamente “la Rotonda” e si affacciano sulla piazza con due porticati, leggermente arretrati e destinati, il primo, a carceri, il secondo, ad alloggio del Governatore. L’operazione sul Palazzo riporta Ariccia entro un circuito di Ville e Palazzi nobiliari che, in questo secolo e in quello successivo, richiama una tradizione antica, le Ville Tuscolane: da quella di Cicerone a quella Montalto, a quella Muti, alla Rufinella. Nel 1703 la Piazza viene selciata, per interessamento del Principe

Agostino Chigi, riutilizzando in gran parte il basalto della via Appia, opera che venne ritenuta necessaria perché il continuo transito di calessi e carrozze introdotte proprio dalla famiglia Chigi, provocava avvallamenti e deformazioni dello spiazzo antistante il Palazzo. Ma la trasformazione più significativa fu sicuramente quella che riguarda la costruzione del ponte Monumentale, iniziato e voluto da Pio IX nel 1846, per una più agevole comunicazione con l’esterno del borgo ed in particolare con Albano. Furono allora demoliti il parapetto che richiudeva la piazza di Corte verso Albano ed il traffico carrabile ha stravolto completamente la percezione e la fruizione della Piazza progettata dal Bernini. Il concorso di idee indetto nel 2003 è volto proprio a ripensare un nuovo assetto per la Piazza di Corte, prevedendo di spostare la viabilità carrabile su tracciati esterni al borgo originario, ripristinare quindi il belvedere sulla vallata ripensando il ponte monumentale attraverso una nuova funzionalizzazione. Il progetto vincitore del team ApriStudio, Maurizio Petrangeli e Laura Guglielmi, proponeva l’utilizzo del ponte per scopi di esposizioni temporanee e percorsi espositivi, la realizzazione di un sistema di rampe e scalinate che riconnettesse il borgo con la vallata, riproponendo quindi il tracciato che originariamente dava accesso a Piazza di Corte e un sistema museale che caratterizzasse la vallata a tutela e valorizzazione dell’area archeologica adiacente la via Appia. ApriStudio, Masterplan per Ariccia


Appiè

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Capitolo III

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ApriStudio, Tavola di Concorso per Ariccia


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Capitolo III

Il tratto aricino della Regina Viarum

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La via Appia Antica scorre ai piedi dell’acropoli dell’antica città latina di Aricia, le cui vestigia sono ancora rilevabili all’interno del centro storico e nella valle sottostante. Il Comune di Ariccia nel 2012 ha approvato il progetto di Campagna Archeologica proposto dall’Archeoclub-Italia per il tratto Aricino-Nemorense della via Appia, che si inserisce nel progetto nazionale dell’Archeoclub “Le Vie Consolari Romane”. Il progetto arrivato oggi alla quarta campagna di scavo prevede il recupero e la valorizzazione delle aree archeologiche comunali. Il progetto di scavo si sviluppa attraverso due fasi indipendenti e ciascuna fase può svilupparsi in più sottofasi, seguendo la stessa logica complessiva. La prima fase individuava cinque aree a cui dare la priorità nelle indagini di scavo e valorizzazione: -Area archeologica del pacchetto Chigi-Savelli; -Area archeologica del Torrione Chigi; -Sostruzione della Via Appia; -Emissario del Lago di Nemi: -Le necropoli di Via Romana. La, successiva, seconda fase si focalizza su: -Recupero dell’antico edificio rurale nell’area archeologica della Vigna d’Aste. -Recupero dell’Ex Mattatoio prospiciente Torrione Chigi -Consolidamento e restauro delle emergenze presenti all’interno delle aree archeologiche del “Parco Chigi-Savelli” -Campagna di scavo presso l’area archeologica del Parco Chigi-Savelli che costeggia la fascia sinistra dell’Appia.

L’obiettivo atteso da questo progetto è di rendere “vitale” e comunicativo il tratto dell’Appia Antica con la creazione di un percorso di visita permanente ed integrato costituito da un nuovo polo culturale, il Museo del Grand Tour. Questo può inserirsi nel più ampio sistema di Musei e vestigia presenti sul territorio (mura dei Castra, Anfiteatro Severiano, Cisternoni, Museo Civico, Mausoleo Orazi e Curiazi, Catacombe di San Senatore), di eccellenze architettoniche (Palazzo e Parco Chigi, la Locanda Martorelli, Museo Nazionale delle Navi Romane di Nemi, area archeologica del Tempio di Diana) e di infrastrutture naturalistiche (la via Sacra di Monte Cavo), costituendo la naturale prosecuzione del Parco Archeologico Regionale dell’Appia Antica. Mediante un programma di ciclo-pedonalizzazione e la limitazione del traffico veicolare ai soli residenti, si potrà favorire l’afflusso di turismo sostenibile sul territorio e una maggiore attenzione alla tutela delle emergenze sopracitate. Nonostante i numerosi saccheggi di cui è stata teatro la Via Appia, in tempi passati e recenti, ed il depauperamento dei materiali, consuetudine dell’antichità che si è trasmessa ad oggi nella sua forma illegale il tratto della via consolare che costeggia la vallata di Ariccia è ancora molto ricco di testimonianze dell’antica ricchezza della cultura ariccina e dei Colli Albani.

Aree di interesse archeologico 1 - Torrione della Stella 2 - Catacombe di S.Senatore 3 - Romitorio di Villa Aricia 4 - Sepolcreto pagano 5 - Sostruzione del crocifisso 6 - Parchetto Chigi-Savelli 7 - Vigna d’Aste 8 - Orto di Mezzo 9 - Porta Urbica 10 - Torre della Palombara 11 - Torrione Chigi 12 - Sostruzione Appia 13 - Emissario di Nemi 14 - Necropoli


Appiè

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Via Appia Nuova SS7 Via Appia Antica


Capitolo III

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Carlo Labruzzi, ricostruzione sostruzione Appia (incisione Parboni e Poggioli)


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Sostruzione pia, Ariccia

dell’Ap-


Capitolo III

Progetto Albanus e l’emissario di Nemi

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La tradizione storica colloca l’emissario di Albano tra i più arcaici reperti documentati dell’opera cunicolare romana, secondo solo alla costruzione della Cloaca Massima. Non mancano ipotesi che attesterebbero la realizzazione dell’emissario in epoca ancora più antica (V. Castellani, 1999). Nel 2013 i gruppi speleologici A.S.S.O., Egeria e Roma Sotterranea hanno deciso di affrontare in modo sistematico e con tecniche avanzate l’esplorazione dell’antico emissario del lago Albano, per valutarne anche il ripristino funzionale e nel 2014 ha preso avvio ufficialmente il PROGETTO ALBANUS, coordinato dalla Federazione Speleologica “Hypogea - Ricerca e Valorizzazione Cavità Artificiali”. Inizialmente sono state effettuate delle analisi chimiche e batteriologiche delle acque che sono risultate balneabili e con una temperatura costante di 15°. Dal lato del lago le esplorazioni speleosubacque si sono fermate dopo solo 36 metri perchè è stato trovato un muro di limo, deposto dal flusso dell’acqua nel corso di 2400 anni, che impedisce l’avanzamento in sicurezza. Dal lato delle Mole è presente una ostruzione in corrispondenza del primo pozzo, a circa 70 metri, composta da terra e materiali di scarto provenienti dai campi sovrastanti. Nel 2014 l’emissario risultava esplorato solo per pochi metri a fronte dei 1.450 totali. Le operazioni di pulitura sono iniziate dal lato delle Mole in corrispondenza del primo pozzo e questo ha permesso, grazie alla rimozione della terra, l’abbassamento del livello dell’acqua di circa 90 centimetri. Successivamente gli speleosubacquei han-

no potuto percorrere l’emissario per 1.020 metri, arrivando fino al blocco di limo presente nel lato dell’incile. Nel 2015 sono state effettuate le operazioni di documentazione video, rilievo topografico dei 1.020 metri del canale sottorraneo e rilievo architettonico di dettaglio della camera di filtraggio in pietra e dell’incile. Sul tema è stata dedicata una puntata di Voyager su RAI 2 e l’intera struttura è stata segnalata al FAI affinchè venga inserita nei “Luoghi del cuore”. Il costo degli interventi già sostenuti da Hypogea è di 45.000 euro ed è stato stimato un costo di 35.000 euro per il completamento del progetto, ma v per ora non sono stati investiti, ne dalle amministarzioni pubbliche ne da privati. L’emissario di Albano, come quello di Nemi, furono scavati per regolarizzare il livello dei laghi che erano privi di emissari naturali e quindi soggetti a variazioni di livello, soprattutto a seconda delle precipitazioni atmosferiche. La variazione del livello dell’acqua non permetteva l’utilizzo dei terreni limitrofi alle sponde del lago che successivamente sono state coltivate e urbanizzate. Ad oggi l’emissario di Nemi risulta interamente percorribile e visitabile e prosegue con un sistema di condotti anche oltre Vallericcia. Il completamento dell’emissario di Albano è una occasione per mettere in relazione i due laghi tramite il tracciato dell’Appia Antica, che ne costituisce un collegamento naturale. Mappa degli emissari del lago di Albano e del lago di Nemi


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Emissario del lago di Nemi


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Lago di Albano, sullo sfondo Monte Cavo


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Capitolo III

Appia-Day e “Dal Tramonto all’Appia”

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Diverse organizzazioni che cooperano su tutto il territorio italiano quali: MIBACT, Legambiente, Touring-Club Italia, Anarchy Bike Roma, Archeoclub Italia, FederTrek e diverse organizzazioni che lavorano su territorio regionale e locale hanno costituito un comitato che promuove ogni anno diverse giornate di eventi, passeggiate, pedalate e diversi itinerari lungo l’Appia, che per l’occasione viene completamente chiusa al traffico. Il programma prevede partenze da Roma verso l’area rurale e viceversa, altri itinerari sono dedicati all’aspetto monumentale o naturalistico più specializzato. Dalla sua prima edizione questo evento riscontra una grande adesione, grazie soprattutto alla grande libertà di circolazione dovuta alla completa assenza di macchine anche in quei tratti che generalmente spezzano la continuità e la fruibilità della strada. Altre iniziative consistono nell’organizzare espositizioni temporanee nei siti archeologici più importanti come la Villa dei Quintili o manifestazioni musicali nella piazza antistante il Mausoleo di Cecilia Metella e del Castrum Caetani. Tali eventi hanno avuto una eco non indifferente, pur essendo organizzati in periodi dell’anno limitati ed in aree del tracciato circoscritte, per cui potrebbero accrescere considerevolmente l’attenzione pubblica sul territorio e di conseguenza la partecipazione dei fruitori se si pensasse di estendere questi eventi non solo nel comune di Roma, ma anche in tutti gli altri comuni attraversati dal tracciato dell’Appia e nel territorio dei Castelli Romani.

Un evento che fa godere della bellezza inedita della via Appia è l’evento organizzato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali: Dal tramonto all’Appia. Dal 2012 i primi di luglio si svolge lungo l’Appia un festival di concerti di musica classica, jazz e danze multiculturali, sono organizzate visite guidate serali e notturne e alle performance fanno da scenografia i monumenti della via Appia illuminati e curati per l’occasione. Anche questa opportunità è molto sfruttata, da romani e non, per riappropriarsi della Regina Viarum e bearsi dell’atmosfera delle sere estive della campagna romana.

Appia Day, 8 maggio 2016, coordinatore Alberto Fiorillo


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Capitolo III

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Appia Day, 8 maggio 2016, musicisti


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Appia Day, 8 maggio 2016, ciclisti


Capitolo III

Una prospettiva per il futuro

L’esempio del Cammino di Santiago

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I pellegrinaggi verso la tomba di Giacomo, l’apostolo evangelizzatore della Spagna, iniziarono non appena fu rinvenuta nell’813. Da alcuni secoli nella Spagna si erano insediati e dominavano gli arabi. Giacomo divenne il simbolo della riconquista dei principi spagnoli, e del cattolicesimo della penisola occupata dai mori. Intanto intorno alla sepoltura era sorta una cattedrale ed una città: Compostela. In origine alla partenza del pellegrino c’era il rito di vestizione e consegna della bisaccia. Il pellegrinaggio era una scelta spontanea, chi lo faceva si spogliava di tutti i suoi averi per onorare un voto o chiedere una grazia, che spesso lasciava alla Chiesa, e dava disposizioni per la sua eredità, per questo era una figura estremamente rispettata ed ammirata. Compostela è diventa ormai la terza città santa dopo Gerusalemme e Roma. Dante parla di tre grandi direttrici dei pellegrini: - Un insieme di vie che attraversavano la Francia, confluivano a Roncesvalles e a Puente la Reina per poi dirigersi verso Santiago. - Le vie Francigene che da diverse città d’Europa confluiscono a Roma. - La via Appia che era il naturale proseguimento per i pellegrini che dall’Europa e da Roma andavano a Gerusalemme salpando dal porto di Brindisi. Lungo le vie per Santiago nacquero servizi per il sostentamento dei pellegrini: chiese, monasteri, alberghi, locande molti dei quali ancora visibili. Il pellegrinaggio iniziò il suo declino nell’XVIII secolo, età dell’Illuminismo e del Neoclassicismo. La maggior parte

delle strutture cadde in abbandono o cambiò destinazione d’uso. La ripresa è nata negli anni ’80, con il pontificato di Giovanni Paolo II, che nell’89 organizzò a Santiago da Compostela la giornata mondiale della gioventù. Mezzo milione di giovani si trovò per l’evento a Santiago, e quella fu la più grande concentrazione di pellegrini mai registrata. Da allora il flusso dei pellegrini è aumentato costantemente, ad oggi si calcola che ogni anno arrivano a Santiago duecentocinquantamila persone. I percorsi che portano a Santiago sono stati tutti recuperati e così le strutture ed i servizi annessi. Nel 1993 l’UNESCO ha dichiarato il cammino di Santiago patrimonio dell’umanità. Altrettanto impulso dev’essere dato all’antico cammino dell’Appia, principale via per i “romei” (nome attribuito ad i pellegrini verso Roma) che partono dal Sud, e per chi voglia raggiungere Brindisi alla volta di Gerusalemme. La richiesta per l’inserimento dell’Appia nel patrimonio dei beni Unesco è stata inviata il 1° giugno del 2006 secondo i criteri di selezione 1,3,4,5,6, rispetto ai 10 totali, ma, da allora, l’Appia rimane ancora nella tentative list dell’Unesco.

Cammino di Santiago Via Francigena da Roma a Canterbury Via Francigena da Roma a Brindisi Direttrice da Brindisi a Gerusalemme


Appiè

193 Canterbury Reims

Parigi

Besancon Santiago de Compostela Porto

Arles

Sarzana Istanbul

Leon Roma

Brindisi

Salonicco

Ankara

Lisbona Merida Siviglia Damasco

Gerusalemme


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Camminatori sul Cammino di Santiago


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Capitolo III

Aspetti teorici e metodologici Landscape Urbanism di Charles Waldheim e Terrafluxus di James Corner

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A partire dai primi anni del XXI secolo il tema del paesaggio è ritornato ad essere centrale sia per la maggiore consapevolezza dell’importanza di salvaguardare l’ambiente, sia per preservare le aree rurali dalla crescita massiccia delle città. L’identità del luogo è diventata centrale nei discorsi architettonici, che hanno preso un’accezione più concettuale intorno ad argomenti come il paesaggio, il territorio, il luogo e le connessioni. Così ci spiega James Corner nel suo “Terra Fluxus” diventato ormai il nuovo manifesto dell’approccio contemporaneo alla progettazione del paesaggio, e conclude affermando: “In conclusion, I would return to the paradoxical separateness of landscape from urbanism: neither term is fully conflated into others. I do believe that this paradox is not only inescapable but necessary to mantain.(…) In other words, the union of landscape with urbanism promises new relation and systemic working across territories of vast scale and scope, situating the parts in relation to the whole, but at the same time the separateness of landscape from urbanism.” Sostiene quindi la necessaria separazione dei due concetti ed il legame indissolubile che lega il paesaggio all’urbanistica. Un paesaggio che, afferma concludendo, è in continua mutazione, che è ma che è in continuo divenire. I quattro punti principali alla base della nuova teoria di “Landscape-Urbanism” proposta da Corner all’interno dell’articolo riportato anche da Waldheim in “The Landscape Urbanism Reader” sono: - Il processo temporale, derivando dall’ecologia l’aspetto temporale dei progetti di paesaggio.

- La superficie orizzontale come campo d’interazione vista come il palcoscenico dell’azione del paesaggio e dei suoi attori. -Il metodo operativo, Corner critica la poca praticità del metodo urbanistico della classica pianificazione perché analizzando tutto in generale non si pone una strategia per il particolare rimanendo immobilizzata nella carta. -La visione: sostiene Corner deve essere uno strumento fondamentale del progettista del paesaggio, che non è solo interprete e risolutore delle necessità contingenti ma portatore dei desideri e delle aspirazioni di coloro che l’ambiente lo vivono.

Pianificazione aperta di Lucius Burkhardt. Incertezza e pianificazione E’ possibile progettare trasformazioni nell’incertezza? Lucius Burckhardt parla di palinsesto e “pianificazione aperta” (offenen Planung). Lindblom spiega che i complessi problemi urbani e sociali si possono risolvere grazie ad adattamenti incrementali e piccoli compromessi.

Jane Jacobs: Who Plan? Il fallimento dei tradizionali sistemi di pianificazione centralizzata è ormai dimostrato. Una delle prime urbaniste a muovere una critica al sistema ortodosso di pianificazione dall’alto è stata Jane Jacobs nel suo “The Death and Life of Great American Cities” del 1961. In cui sostiene tre cambiamenti nella strategia della pianificazione principali:


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- Un approccio Site Specific. - Una progettazione decentralizzata e partecipata con i cittadini. “Who Plans?” - Auto-gestione come risultato dell’azione umana e non l’esecuzione di un progetto centralizzato.

Tempo Riuso - Tra visione e concretezza La visione di questa tesi nasce da un desiderio di poter realmente concretizzare un progetto di recupero per la via Appia e nel panorama delle visioni concrete non si può non fare riferimento alla realtà di Tempo Riuso. Nata con il proposito di utilizzare il patrimonio edilizio esistente ma anche gli spazi aperti vuoti in abbandono o sotto-utilizzati per riattivarli con progetti legati non ad uno sviluppo commerciale ma come luoghi di sperimentazione. Nuove forme d’arte e di cultura legate al sociale ed associazioni per eventi ricreativi sono state attratte da questi luoghi abbandonati in cui hanno trovato il loro spazio. In Italia il fenomeno delle ghost-town è inserito in un sistema più ampio di svuotamento delle città. Un significante numero di città sta affrontando il decremento della popolazione o una recessione economica o entrambe. L’invecchiamento della popolazione, che per il 2060 avrà una media di oltre 60 anni, fa aumentare la pressione sui servizi pubblici, sulle infrastrutture urbane e cambia la richiesta di lavoro. Questo orizzonte deve far sviluppare nuove risposte ai futuri progettisti, urbanisti ed artisti del paesaggio. L’urbanistica e l’architettura in quest’era

di crisi si trovano ad affrontare nuove problematiche con diverse risorse. Infatti se fino ad oggi la costruzione era la principale ambizione di progettisti e pianificatori in questo periodo storico i presupposti da cui partire sono diversi. Negli ultimi 200 anni si sono dovuti fronteggiare quasi esclusivamente problemi relativi alla crescita delle città e all’aumento demografico, fin ora la progettazione era vista come un atto legato alla colonizzazione di nuovo spazio, di apertura e lottizzazione di nuove aree. Ma ora che quasi tutto è stato urbanizzato ed i cittadini si trovano in una condizione stagnante o addirittura in calo l’idea di colonizzazione si sta tramutando in conversione. L’edificio non è più l’obiettivo ma il punto di partenza. Allo stesso modo si può e si deve ripartire anche dai percorsi e dai tracciati storici che per secoli hanno consentito il collegamento di grandi centri urbani e che sono stati abbandonati o dismessi in larga parte per via dello sviluppo delle infrastrutture ad alta velocità, perdendo così quella possibilità di attraversamento dei luoghi in modo lento e di scoperta del territorio meno urbanizzato.

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Capitolo III

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James Corner, Taking Measures Across the American Landscape, 1996


Appiè

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James Corner, Taking Measures Across the American Landscape, 1996


Capitolo III

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Temporiuso, spazi in abbandono e progetti di riuso temporaneo, Milano, giugno 2015


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Temporiuso, progetti pilota per il centro storico di Chiari, settembre-dicembre 2015


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Obiettivi e Strategie

Riattivare la percorribilità dell’Appia Antica

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Il recente viaggio di Paolo Rumiz, da cui sono scaturiti un appassionante libro di report di viaggio ed il relativo film-documentario, hanno suggestionato un grande pubblico ed ha fatto sorgere spontaneo un progetto di valorizzazione dell’antica via Appia. Il grande materiale documentale raccolto dal giornalista, e l’interesse dimostrato da un’ampia parte della comunità scientifica e dal Ministero dei Beni Culturali sono stati di riferimento per lo sviluppo del progetto di questa tesi. Questo progetto coniuga la volontà di tutela e valorizzazione di questa strada romana che ha avuto un ruolo fondamentale nell’antichità mantenendo per lungo tempo la sua funzione di elemento di raccordo fra territori e culture. La proposta è quella di un diverso modello di fruizione turistica, poco presente ancora in Italia, ma molto diffuso all’estero: il Cammino. La realizzazione di percorsi, itinerari e circuiti che favoriscano il turismo lento è il primo elemento costitutivo del progetto in modo da valorizzare la varietà e la complessità dell’offerta nazionale, che spesso viene circoscritta in poche aree molto conosciute a scapito di aree meno note e che altrettanto meriterebbero di essere apprezzate. L’idea di recuperare un’infrastruttura storica ai fini di realizzare una lunga percorrenza storico-culturale consente inoltre di valorizzare nel complesso i sistemi economici dei territori attraversati dall’antica strada e più direttamente collegati alla fruizione turistico-culturale sollecitando le filiere economiche che operano nell’ambito dei sistemi cultura e turismo e soprattutto nella loro integrazione, alla co-

struzione di nuove reti di offerta. Il progetto si articola in tre fasi, che fatta salva l’opportuna propedeuticità delle prime azioni di impostazione generale e gestione non si sviluppano necessariamente in sequenza ma seguiranno piuttosto il diverso grado di maturazione del progetto nei diversi ambiti territoriali interessati. La prima fase ha come obiettivo la puntuale individuazione del tracciato e la realizzazione delle opere necessarie per il Cammino dell’antica via Appia alla piena fruizione turistica. Sarà necessario assicurare una chiara lettura del percorso antico. I rilievi ed i sopralluoghi effettuati hanno messo in luce la presenza di tratti tutt’oggi basolati, o in cui è visibile la sola sottofondazione (rudus). Sono stati individuati viadotti o archi strettamente correlati alla strada che presentano gravi situazioni di manutenzione nonostante si trovino in contesti paesistici di naturale bellezza e che meriterebbero di essere valorizzati. Resti di città antiche, ville, insediamenti rurali, vici ,antichi complessi produttivi tra cui sono state individuate le mansiones e le stationes citate dalle fonti letterarie per la sosta dei viaggiatori vengono intercettate dalla Via Appia lungo il suo percorso e costituiscono una potenzialità di sviluppo per il progetto. Basandosi sul tracciato del percorso seguito da Paolo Rumiz, ed avvalendosi del patrimonio conoscitivo con oggetto l’antica via Appia oggi disponibile si è messo a punto il primo tracciato della via che si intende promuovere in questo progetto, individuando le evidenze archeologiche, storico-architettoniche, gli ambiti naturalistici, che insistono lungo il percorso,


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i tratti già percorribili e le necessarie varianti rispetto al tracciato antico che andranno proposte. Le categorie di percorrenza privilegiate sono quelle lente e legate allo sport, le emergenze storico-archeologiche ne scandiranno le tappe e saranno valorizzate da un sistema unitario di elementi architettonici e di illuminazione riconoscibili. Dovranno essere individuati dei tratti alternativi al tracciato originale dove l’Appia risulti irrisolvibilmente interessata da flussi intensi di traffico veicolare o dove particolari caratteri dell’orografia consentono la possibilità di uno “sguardo dall’alto”, e l’apertura di percorsi naturalistici nel verde della campagna circostante. La complessità e la dimensione di questo progetto rendono indispensabile la convergenza delle energie e dell’attività di più attori a diversi livelli istituzionali. In questa prima fase sarà anche necessario individuare quali sono le amministrazioni locali e nazionali e i possibili contributi di soggetti privati interessati alla costituzione del Cammino dell’Appia. In questa prima fase sono indispensabili alcune azioni: - la creazione di un logo dedicato al riconoscimento visivo del cammino. - l’ideazione di un’immagine unitaria con elementi nel paesaggio riconoscibili ed ascrivibili al Cammino. - il posizionamento di cippi miliari, originari o copie simboliche, per la corretta lettura dell’intero tracciato fino a Brindisi. - il posizionamento su base cartografica del tracciato e delle evidenze archeologiche, storico-architettoniche, paesagistiche ad essa connesse. - la creazione di un sito internet dedi-

cato al cammino con tutte le informazioni necessarie ed utili per la fruizione turistica. - la pulizia, il diserbo e la manutenzione dell’area interessata dal progetto. - la creazione della cartellonistica dedicata. La seconda fase del progetto si configura come un sistema di azioni di valorizzazione territoriale che trarranno forza dalla presenza del Cammino dell’Appia. Sarà opportuno, infatti su base territoriale-regionale, integrare quanto realizzato in prima fase, attraverso processi di confronto ai vari livelli istituzionali, valorizzare i beni di competenza regionale e locale che possono afferire all’Appia, come in questo caso si è scelto di prendere l’esempio del borgo di Ariccia, consolidando e organizzando un itinerario di eccellenza, integrando ed ampliando la fruizione ad altre risorse ed infrastrutture del territorio, materiali ed immateriali, che compongono e caratterizzano l’offerta turistica dei territori attraversati dal Cammino. Nel caso di Ariccia verranno messi a sistema con il tracciato dell’Appia un certo culturale e polifunzionale posto in corrispondenza del XVI miglio dell’Appia Antica dove si trovava la prima stazione di sosta. Il Centro culturale di Ariccia integrerà un sistema di sistemazione dell’area archeologica del parco Chigi-Savelli, con una biblioteca e una sala conferenze che potrà essere adibita a piccolo teatro, un laboratorio per artisti con le relative residenze ed un ristorante. La terza fase prevede di procedere in tempi diversi a seconda delle possibilità dei singoli territori. Nel caso di

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Capitolo III

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Ariccia con un percorso circolare che passando per il borgo e poi per l’abitato di Albano giunge al Lago sotto il centro di Castel Gandolfo. Il progetto prevede di ampliare il sistema ai territori circostanti, in questo caso si potrà riaprire l’emissario artificiale del lago vulcanico di Albano, oggi parzialmente allagato, favorendo il collegamento tra il lago stesso, la via Appia e la frazione delle Mole. Secondo questa logica sarà altresì necessaria un’efficiente attivazione della componente imprenditoriale nell’integrazione dei sistemi cultura-turismo, nella costruzione delle reti di offerta e di fruizione legate agli ambiti territoriali interessati dal Cammino e nell’animazione dei sistemi produttivi locali.

Preservare il pa

Riattivare la percorribilità


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Eventi ed installazioni

Cultura dello sport

Itinerari naturalistici

Museo diffuso 205

Appia Rigenerare la periferia

Diffondere la cultura rurale

atrimonio architettonico

Obiettivi Strategie


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Preservare e valorizzare il patrimonio architettonico

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Era il 1887 quando è stata fatta la prima proposta di un “giardino-parco archeologico” lungo l’Appia da Roma a Brindisi con un progetto di Guido Baccelli e Ruggero Bondi. Il progetto realizzato da Canina tra il 1853 ed il 1855 prevedeva la realizzazione di un grande “museo all’aperto della Via Appia” tra il III ed il IX miglio. E secondo le fonti storiche tale tratto era ben mantenuto e curato, e sappiamo dalle stesse fonti che la via Appia antica nel 1868 veniva percorsa mediamente da 60 carrozze al giorno. Come precedentemente spiegato nei capitoli di analisi la normativa attuale non è sufficiente a garantire la salvaguardia del comprensorio dell’Appia: la tendenza che talvolta riaffiora è quella di limitare la tutela al solo patrimonio in vista, e questo fatto è estremamente grave ma soprattutto mina la radice stessa del concetto di Parco archeologico.

atto e ripristinare uno stato di legalità, ponendo fine al perdurare dell’abusivismo. - Risolvere i casi più eclatanti di condono nelle zone di elevatissimo interesse archeologico, disponendo le demolizioni e le acquisizioni necessarie da concordare tra le soprintendenze competenti nel territorio. - Promuovere la partecipazione ed il coinvolgimento dei privati residenti anche attraverso degli incentivi per interventi conservativi, di pulizia e fruizione pubblica delle aree di interesse archeologico ricadenti in aree private. - Provvedere alla sistemazione della pavimentazione di tutto il tratto dell’Appia che ancora non è stato interessato da interventi di manutenzione, per agevolare la fruizione a piedi ed in bicicletta predisponendo le adeguate sezioni di passaggio, aree di sosta e servizi igienici essenziali.

Il problema dell’Appia, come appare anche dalla storia della sua tutela, è dato dall’eccessiva ricchezza del patrimonio culturale che non è concentrato intorno ad un nucleo, ma è esteso in lunghezza e larghezza: si tratta di un bene culturale complesso, che ha come cardine l’asse della via Appia, elemento portante di un sistema viario primario e secondario storico, di insediamenti antichi, di luoghi attrezzati per la sosta dei viaggiatori, insediamenti di antichi villaggi di diverse epoche, ville, monumenti funebri, una serie ininterrotta di cimiteri pagani e cristiani.

In una seconda fase il progetto di valorizzazione potrà essere integrato attraverso le seguenti azioni: - Progettare e realizzare un sistema di illuminazione lungo il tracciato dell’Appia che ne renda sicura la fruizione durante le ore notturne, rendendo l’area più sicura ma non interferendo con la fauna della campagna. - Incentivare il turismo dei camminatori, predisponendo alloggi per “pellegrini”, ostelli e servizi di ristorazione lungo il percorso, pensando anche a sistemi di incentivi per i residenti lungo la via Appia che vorranno accogliere i pellegrini che decidono di intraprendere il cammino della via Appia. - Realizzare un sistema diffuso di musealizzazione attraverso degli elementi

Per affrontare e gestire questo patrimonio occorre in una prima fase: - Rispettare i provvedimenti messi in

Luigi Canina, Veduta dell’Ariccia con ricostruzione della città romana (incisione 1856)


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Capitolo III

riconoscibili, che fungano da centri di servizi, aree di sosta e punti informativi lungo il percorso. - Incentivare la realizzazione di eventi e spettacoli lungo il sistema di Parco Archeologico attrezzando alcune aree in modo da rendere agevole l’organizzazione di concerti, spettacoli teatrali e festival e richiamando un turismo sempre più ampio.

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In una terza fase, quando il sistema del parco sarà consolidato, il cammino della via Appia sarà un motore di turismo e di economia per il Parco della Via Appia si potrà pensare di ampliare l’offerta culturale e rinnovare il patrimonio artistico dell’Appia invitando artisti contemporanei ed artisti del paesaggio a realizzare delle opere e delle installazioni temporanee e permanenti che rinnovino il paesaggio e amplino l’offerta già ricchissima di bellezza lungo il cammino.

Luigi Canina, Tempio e mura dell’Orto di Mezzo con ipotesi ricostruttiva (incisione 1856)


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Capitolo III

Rigenerare le periferie e i paesaggi della cultura rurale

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È inutile illudersi, il problema delle periferie è grandissimo e complesso, e non pretendo certo di risolvere completamente questioni stratificate da tanto tempo; tuttavia i sopralluoghi fatti “in cammino” sull’Appia sono stati importanti per capire anche le lacerazioni della città di Roma, nelle sue periferie e nella sua relazione con la sua provincia più prossima, costituita dai comuni di Ciampino e dei Castelli Romani. L’antica via Appia attraversa uscendo da Roma l’XI municipio, che è costituito da alcuni quartieri molto noti della periferia come quello Ostiense e la Garbatella. Quest’ultima nata come quartiere popolare, ora si è riscattata diventando una delle zone immobiliari maggiormente richiesta. Il valore degli immobili è salito tantissimo e anche la provenienza sociale ed il livello culturale è molto diversificato, e questo rende molto interessante questo episodio come oggetto di studio ed esempio per il recupero della periferia. Purtroppo non tanto avviene nelle aree periferiche ad essa limitrofe, un pò perché non si verificano le stesse condizioni ambientali, di mescolanza tra ambiente cittadino e rurale. Tuttavia il quartiere Ardeatino, che viene costeggiato ad est dall’antica via Appia presenta delle potenzialità che possono essere sfruttate come fenomeni di innesco per rendere più fruibili questi quartieri e trasformarli in “grumi” di qualità urbana e renderli familiari e godibili non solo da chi ci abita. Alcuni quartieri come l’Appio Pignatelli e il quartiere Ardeatino sono oggi quartieri quasi esclusivamente residenziali, con pochi e limitati servizi e soprattut-

to sconosciuti a quasi tutti i romani. La risistemazione e una migliore agibilità della percorrenza dell’Appia potrebbe essere un innesco migliorativo per far in modo che le periferie non siano frequentate solo dai cittadini che le abitano, le periferie devono essere innervate da luoghi di rilevanza territoriale che fungano da attrattori. Potrebbero essere strutture private: incubatori, centri di consulenza, aziende o poli di eccellenza, biblioteche, università, luoghi d’arte o luoghi di particolare valore ambientale, come potrebbe essere una strada percorribile in questo caso. Infatti in queste aree periferiche dotate di ampi spazi verdi potrebbero essere inseriti dei parchi e degli impianti sportivi che vadano a rispondere ad una domanda che oggi non trova ancora la giusta risposta. La via Appia antica potrebbe essere un nuovo agile accesso alla rete viabilistica, inoltre una buona qualità dei trasporti pubblici sono punti cruciali per una strategia di riqualificazione urbana che abbia successo. Buoni servizi di collegamento invertono la tendenza alla segregazione. Inoltre occorre che nell’ottica delle città metropolitane si superi il concetto di trasporto come linea di connessione fra il centro e le singole periferie, è opportuno ragionare in termini di sistemi di collegamento capillari che mettano in contatto le periferie fra loro. La via Appia potrebbe svolgere un ruolo di attrattore e quindi sviluppare una rete capillare di comunicazione fra le periferie che si sviluppano fra le sue sponde occidentale ed orientale.


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Promuovere il turismo sostenibile ai Castelli Romani La via Appia Antica era la via principale di collegamento di Roma con la sua più vicina campagna. I Castelli Romani, così denominati perché queste colline vulcaniche ospitavano i castelli delle famiglie feudali più importanti e potenti di Roma e d’Italia. Il primo paesaggio naturale che si incontra percorrendo la via Appia è quello rurale caratterizzato da uliveti e vigneti che costituiscono anche la principale ricchezza della zona. L’economia dei Castelli Romani è basata soprattutto sul settore primario vista la grande fertilità del terreno vulcanico. Anche l’industrializzazione, avvenuta in gran parte nel secondo dopoguerra, è legata alla produzione di olio e vino. Il turismo è la seconda fonte di ricchezza per i Castelli, che sono un luogo di villeggiatura fin dal Duecento; i monaci cistercensi di Sant’Anastasio a Roma avevano scelto Rocca di Papa come località estiva per via dell’aria insalubre di Roma, così come facevano molte famiglie patrizie di Roma, che lasciavano Roma nei mesi più caldi, per evitare il caldo eccessivo della città che portava spesso al diffondersi di epidemie. Questo connubio di agricoltura e turismo costituisce la vocazione che anche nel futuro dev’essere presa in considerazione per lo sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro. Attualmente infatti nonostante i Castelli siano ancora una delle zone turistiche più frequentate del Lazio, il turismo odierno è più orientato all’offerta enogastronomica che alla bellezza paesistica dei luoghi. La prima fase consiste nel migliorare il servizio di collegamento “lento” attraverso la pavimentazione di tutto il tratto che conduce al sedicesimo mi-

glio dell’Appia, il che porterebbe ad un nuovo attraversamento del paesaggio da Roma alla vicina campagna, consentendo di rivivere l’emozione del paesaggio che cambia, che da urbanizzato si trasforma in rurale e boschivo. La seconda fase di intervento prevede la progettazione e la realizzazione di un centro culturale proprio in corrispondenza dell’antica zona di sosta del sedicesimo miglio: la prima della via Appia. È infatti una grande opportunità per il territorio dei Castelli Romani, la cui offerta culturale si potrebbe arricchire grazie ad un nuovo spazio preposto, posizionato proprio in un punto di attraversamento nevralgico. Il centro culturale dovrà essere anche un centro promotore della cultura rurale dei Castelli Romani, della cultura enogastronomica, del suo patrimonio archeologico e storico ma sarà anche occasione di un accrescimento della sua offerta per gli abitanti. Infatti verranno pensati anche degli spazi per una biblioteca, una sala per rappresentazioni teatrali e di danza, ed uno spazio workshop ed alloggi per artisti, così da diventare un incubatore di nuovi talenti a servizio del paesaggio circostante e della via Appia.

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Capitolo III

Processo di riattivazione delle prime XVI miglia dell’Appia Antica Tavole di progetto

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Vision Progetto Appiè (84,1x260 cm)


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Vision Progetto Appiè 1/5

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740 m

1480 m


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Vision Progetto Appiè 2/5

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740 m

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Vision Progetto Appiè 3/5

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740 m

1480 m


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Vision Progetto Appiè 4/5

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740 m

1480 m


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Capitolo III

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Vision Progetto Appiè 5/5

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740 m

1480 m


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Capitolo III

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Stazione di Posta di Ariccia, planimetria

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75 m

150 m


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Capitolo III

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Stazione di Posta di Ariccia, prospetto 1/2

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35 m

70 m


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Capitolo III

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Stazione di Posta di Ariccia, prospetto 2/2

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35 m

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Emissario e Circolo del Lago di Albano, planimetria

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75 m

150 m


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Emissario e Circolo del Lago di Albano, sezione 1/2

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35 m

70 m


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Emissario e Circolo del Lago di Albano, sezione 2/2

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35 m

70 m


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Capitolo III

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Circolo del Lago di Albano, esploso


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Emissario del Lago di Albano, sezione


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Modello territoriale di Ariccia, Roma (120x80 cm)


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Modello territoriale di Ariccia, Roma (120x80 cm)


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Modello territoriale di Ariccia, Roma (120x80 cm)


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Modello territoriale di Ariccia, Roma (120x80 cm)


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Modello territoriale di Ariccia, Roma (120x80 cm)


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Modello territoriale di Castel Gandolfo, Roma (120x80 cm)


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Capitolo III

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Modello territoriale di Castel Gandolfo, Roma (120x80 cm)


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Stazione di posta di Ariccia, Roma (65x50 cm)


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Stazione di posta di Ariccia, Roma (65x50 cm)


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Emissario al Lago di Albano


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Auditorium al Ponte di Ariccia


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Parco Chigi-Savelli


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Belvedere di Ariccia


Bibliografia

Bibliografia

- AA.VV., Roma e le vie consolari: paesaggi storici e artistici, Scienze e lettere, Roma 1964 - AA.VV., Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano: città, agricoltura, commercio: materiali da Roma e dal suburbio, Soprintendenza archeologica di Roma, Panini, Modena 1985 - Ashby, Thomas; Le Pera Buranelli, Susanna; Turchetti, Rita, Sulla via Appia da Roma a Brindisi: le fotografie di Thomas Ashby, 1891-1925, L’Erma di Bretschneider, Roma 2003 - Boeri, Stefano; Marini, Edoardo; Lanzani, Arturo, Il territorio che cambia: ambienti, paesaggi e immagini della regione milanese, Abitare Segesta cataloghi, Milano 1993 - Boeri, Stefano, Multiplicity; Koolhaas, Rem, Harvard project on the city, S. Kwinter, N. Tazi, H.U. Obrist, Mutations, Barcelona, 2001 - Caliari, Pier Federico, Villa dei Quintili: otto progetti per un Polo della cultura tra il 5° ed il 6° miglio della via Appia Antica, Libreria Clup, Milano 2005

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Articoli

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- Cederna, Antonio, Appia industriale, in «Il Mondo», Roma, 21 marzo 1961 - Cederna, Antonio, La campagna dell’Appia Antica è salva. Tra Roma e i Colli il cemento s’è fermato, in «Il Giorno», Milano, 28 febbraio 1966 - Cederna, Antonio, Dopo la sentenza del Consiglio di Stato. Ricomincia la battaglia per salvare l’Appia Antica, in «Corriere della sera», Milano, 23 febbraio 1968 - Cederna, Antonio, Il Giardino d’Europa. Il parco dell’Appia Antica, in «Abitare», Milano, 10 marzo 1968 - Cederna, Antonio, Un assurdo progetto di tendopoli per l’anno santo. Bivacco di pellegrini sull’Appia Antica, in «Corriere della sera», Milano, 15 febbraio 1975 - Cederna, Antonio, L’estate culturale romana presenta anche aspetti poco confortanti. Pezzi d’Appia Antica tornano ai privati, in «Corriere della sera», Milano, 18 agosto 1980 - Cederna, Antonio, Parco dell’Appia Antica. Una storia di fallimenti, in «la Repubblica», Roma, 22 marzo 1988 - Cederna, Antonio, Due tunnel per l’Appia, in «Roma Ieri Oggi Domani anno VI n. 55», Roma, aprile 1993 - Cederna, Antonio, Metamorfosi sull’Appia, in «Roma Ieri Oggi Domani anno VI n. 61», Roma, novembre 1993 - Cederna, Antonio, La via Appia è ancora privata, in «Roma Ieri Oggi Domani anno VIII n. 79», Roma, giugno 1995


Appiè

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Simone Venditti

Simone Venditti phone - (+39) 340 3620514 mail - vendittisimone.architetto@gmail.com linkedin - https://www.linkedin.com/in/vendittisimonearchitetto/




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