Orto Botanico di Palermo

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Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci Orazio, Ars poetica, verso 343


la cultura della biodiversità

L’ Ideazione Maurizio Rotolo e Francesco M. Raimondo Testi di Santi Galatioto Sergio Marino Paolo Mattina Francesco M. Raimondo Maurizio Rotolo Natale Surano Coordinamento scientifico dei testi Francesco M. Raimondo

Orto Botanico di

Palermo a cura di

Francesco M. Raimondo e Maurizio Rotolo

Consulenza storico-architettonica Maurizio Rotolo Coordinamento editoriale Riccardo Giannuzzi Savelli

fotografie di

Luca Lo Bosco

Fotografie Luca Lo Bosco Ricerche bibliografiche ed iconografiche Associazione Naturama Progetto grafico, impaginazione e stampa Officine Grafiche Riunite, Palermo Collaborazione esterna Diana Lo Cicero, Francesco Pusateri

© 2010 PROVINCIA REGIONALE DI PALERMO Tutti i diritti sono riservati. É vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore ISBN: 978-88-96762-12-7

Dicembre 2010


L’

Orto Botanico la cultura della biodiversità

di

Indice

Palermo

9 Presentazione

Giovanni Avanti, Presidente della Provincia Regionale di Palermo

13 Introduzione Francesco M. Raimondo e Maurizio Rotolo

19 Dall’Hortus Conclusus all’Hortus Botanicus Maurizio Rotolo

29 La Botanica a Palermo nella seconda metà del XVIII secolo

Francesco M. Raimondo

35 Fondazione ed ampliamento dell’Orto Botanico di Palermo Natale Surano

53 Organizzazione funzionale e distribuzione delle collezioni Natale Surano

67 Il restauro del Gymnasium: Alla riscoperta del colore perduto Paolo Mattina e Maurizio Rotolo

75 La pavimentazione in macadam dei giardini storici Sergio Marino

79 L’Orto Botanico di Palermo nelle cartoline Santi Galatioto

82 Colore, Architettura, Natura Luca Lo Bosco


Giovanni Avanti

Presidente della Provincia Regionale di Palermo

“L’Orto botanico di Palermo è una delle magnificenze naturalistiche che l’Europa ci invidia. Istituito nel 1779, è insieme istituzione museale e didattico-scientifica del Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Ateneo di Palermo. Questo antico giardino scientifico di via Lincoln è per molti un vero e proprio regno delle piante e ve ne sono infatti di straordinarie e di uniche, e sono numerose quelle provenienti da zone tropicali. In tutto dieci ettari che ne fanno un luogo di conservazione di specie che rischierebbero altrimenti la scomparsa ma l’Orto botanico palermitano è anche e soprattutto un esempio illuminante di biodiversità, oltre che centro sperimentale di acclimatazione e di diffusione di piante. Nel centro del capoluogo siciliano, dunque, uno dei più bei giardini botanici d’Europa, che vanta una grande varietà di diverse specie di piante. L’Orto botanico anche come luogo storico di grande importanza architettonica con edifici che fanno parte del complesso, con opere artistiche di grande valore, statue, fontane e palazzine decorate. Una vera e propria istituzione a servizio degli studi e delle attività di ricerche e del territorio, e meta di appassionati e di turisti che ne rimangono stupiti per l’intatta bellezza e per la sua maestosità. Il 2010 è l’anno internazionale della Biodiversità e la Provincia regionale di Palermo vuole, per tutti questi motivi insieme, continuare a sostenere questa struttura, proprio nell’anno in cui le Nazioni Unite richiamano l’attenzione sul tema che è sempre stato oggetto di interesse e di indagini scientifiche da parte degli studiosi che vi hanno operato e chi vi si sono formati e, tra questi, Vincenzo Tineo, Agostino Todaro, Michele Lojacono Pojero, Antonino Borzì, Luigi Montemartini, Francesco Bruno. La Provincia di Palermo sceglie quindi di promuovere, ancora una volta, una delle più importanti e prestigiose istituzioni siciliane che ha sempre sottolineato, con iniziative e appositi studi, il valore della biodiversità, per contrastarne la riduzione da una parte e per valorizzarla dall’altra. L’impegno dell’amministrazione provinciale in favore dell’ambiente e della difesa della Natura si articola attraverso vari strumenti e in tutte queste occasioni si è registrato un crescente interesse della comunità nei confronti delle bellezze naturalistiche e paesaggistiche di cui il nostro territorio è ricco e che molto spesso noi stessi, per primi, non conosciamo. L’opera di tutela delle nostre risorse naturalistiche e la loro valorizzazione non può che essere motivo di una ritrovata sinergia tra le diverse istituzioni pubbliche e in tale prospettiva la Provincia di Palermo continuerà a collaborare con l’Università per il bene dell’Orto botanico e per una sua migliore fruizione. E’ per questo che la proposta, in seno all’Unesco, di riconoscere l’Orto botanico patrimonio dell’umanità, e da sottoporre all’attenzione del rappresentante italiano dell’Organizzazione, non può che essere sostenuta con forza ed entusiasmo dall’Ente Provincia di Palermo”.


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

INTRODUZIONE Francesco M. Raimondo e Maurizio Rotolo

Negli ultimi anni. l’Orto botanico di Palermo ha

moderna e raffinata sala dedicata a Domenico

subito una serie di avvedute trasformazioni che

Lanza; così anche la vicina serretta delle felci

ne hanno recuperato la fisionomia generale e ne

adattata come suo utile complemento, ovvero in

hanno anche potenziato le collezioni scientifi-

uno spazio flessibile, dunque multifunzionale.

che e la fruibilità complessiva. Grazie ad alcu-

Nel Giardino, spazi prima destinati a caotici

ni interventi finanziari della Regione Siciliana,

impianti o a parcelle sperimentali sono stati de-

della Provincia Regionale di Palermo e della

stinati a nuovi ordinamenti che qualificano la

stessa Università degli Studi è stata restaurata

collezioni dell’Orto. Il Palmetum e il Cycadetum

la parte del giardino storico e tutto il corpo del

sono l’espressione più notevole di questi nuovi

complesso monumentale che hanno permes-

impianti. Ma lo sono anche i più modesti spa-

so di rifunzionalizzare spazi interni ed esterni.

zi dedicati all’inserimento in piena terra di col-

Così, nel Ginnasio è stata allestita una sezione

lezioni prima in vaso, come ad esempio quelli

del museo botanico dedicata alla storia dell’Or-

inerenti generi di legumiose legnose (Acacia,

to; nel Calidarium è stata organizzata la sezione

Bauhinia ed Erythrina). Ancora, rappresentano

pittorica con le opere ispirate alle palme; il Tepi-

novità le collezioni di piante sicule attorno alla

darium, originariamente destinato ad ospitare la

collinetta mediterranea su lato di via Tirasse-

collezione di maschere di Giampistone del Cen-

gno e le ricostruzioni dei più classici fitosistemi

tro Internazionale di Etnostoria di Palermo, è in-

mediterranei della nostra regione. In questa ras-

vece sede espositiva di opere che s’ispirano allo

segna sono da ricordare anche la realizzazione,

stesso Orto e, occasionalmente, di mostre tem-

nell’area prossima al bambuseto, di percorsi

poranee. L’edificio dell’antico semenzaio è sta-

d’acqua utili a definire l’ambiente per l’inseri-

to trasformato in uno spazio espositivo su due

mento di piante palustri e di felci esigenti in fat-

livelli (Padiglione Giuseppe e Vincenzo Tineo);

to di umidità atmoferica.

la modesta saletta delle conferenze, ricavata

Per finire, non si possono trascurare la colle-

dall’adattamento di un antico magazzino, è sta-

zione di rampicanti sul muro di confine con il

ta trasformata dall’arch. Gaetano Cataldo in una

Gasometro o la spalliera di grandi Plumerie ad-


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

dossate all’edifico dell’Erbario mediterraneo di Via

risce grande dignità alla via Lincoln – non a caso

Lincoln.

riferita al Presidente degli Stati Uniti d’America –

Completa il quadro delle realizzazioni operate in

per respirare un’aria densa di simbolismi scientifici

seno all’Orto, l’organizzazione di un punto di sosta

preminentemente legati alle piante. E’ un’immer-

esterno e di ristoro al coperto, all’interno del giar-

sione nella storia della botanica: oltre alle mitologi-

dino, per gli operatori, studenti e visitatori.

che raffigurazioni del Velasco (1750-1827), la Schola

In una parola, a distanza di oltre due secoli dal

è un concentrato di storia della scienza, dall’anti-

suo primo impianto, l’Orto è stato rinnovato radi-

chità ai tempi in cui nasceva la stessa istituzione.

calmente, mantenendo la dimensione ereditata da

Le statue di fronte alla cattedra ricordano Teofrasto

Agostino Todaro, alla fine dell’Ottocento, e razio-

allievo di Aristotile (ca. 371-286 a.C.) e Dioscoride

nalizzando tutti gli spazi interni ed esterni, senza

(I’ secolo d.C.), i medici dell’antichità ai quali viene

compromettere la leggibilità degli impianti stori-

attribuita la nascita della Botanica. Ai lati s’impon-

cizzati e le stesse tappe evolutive dell’istituzione.

gono Tournefort (1656-1708) e Linneo(1707-1778),

Quello che era il giardino scientifico a servizio

i due studiosi che diedero i fondamenti scientifici

della didattica e della ricerca universitaria è oggi

alla Sistematica delle piante. Meno noti sono invece

un armonico centro di studi sulla biodiversità ol-

i personaggi raffigurati nei medaglioni che a cingo-

tre che centro attivo di promozione della cultura

lo definiscono la base della volta: tra di essi anche i

scientifica, aperto anche alla città e al territorio. In

siciliani Boccone(1633-1704) e Cupani (1657-1710),

questo senso, la qualifica nec plus ultra attribuita al

padri della scuola botanica palermitana. Il ciclo dei

Ginnasio del Dufourny da Giuseppe Pagnano – noto

personaggi inizia già nel vestibolo del Ginnasio

storico dell’architettura, professore ordinario prima

con Esculapio, a destra, e Igiea, a sinistra, ripettiva-

nell’Ateneo palermitano, ora in quello di Catania –

mente mitici personaggi legati alla medicina..

può ben essere estesa all’insieme dell’Orto.

Oggi, l’Orto palermitano è una sintesi di cultura e

Istituzione da sempre di respiro internazionale, oggi

natura, di scienza e diletto, oltre che un concentrato

essa è frequentata da studiosi di vari Continenti, e

di biodiversità che si richiama alla flora dei tropici

soprattutto da un pubblico sempre più interessato.

e oggi anche della Sicilia e dell’intera regione bio-

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il so-

geografia mediterranea.

stegno finanziario di istituzioni pubbliche esterne

In conclusione, tutto questo è ciò che il presente vo-

all’Università. Occorrerebbe ricordare varie ammi-

lume vuole presentare dell’Orto palermitano.

nistrazioni e dar loro merito del dell’insostituibile apporto; fra queste figura la Provincia Regionale di Palermo a cui si deve la rinascita dello storico Ginnasio dell’Orto, il tempio di Flora. Come già ricordato in altri scritti sull’Orto botanico, non esiste edificio consacrato a Flora come il Ginnasio della Regia Schola Botanices , così come non esiste altro orto botanico che alla dea Flora abbia innalzato un tempio così imponente e raffinato nella sua architettura: il primo edificio neoclassico eretto in Sicilia, il Gymnasium di Léon Dufourny (1754-1818), secondo Rezzonico (1742-1796) “il monumento più solenne che siasi in Palermo inalzato”. Basta entrare dentro il razionale tempio che confe-


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

STORIA ARTE CULTURA

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

DALL’ HORTUS CONCLUSUS ALL’ HORTUS BOTANICUS Maurizio Rotolo

Il giardino è un luogo in cui l’uomo riesce con

Non avrei mai immaginato, iniziando la mia car-

facilità a trascendere i propri limiti per elevarsi

riera di architetto, che mi sarei trovato nel giro di

verso l’eterno e l’universale; esso è da sempre

pochi anni ad esplorare e studiare queste tre di-

lo strumento attraverso cui egli, con il massi-

mensioni nei miei interventi sul chiostro di Cefalù,

mo dell’artificio, ha dato forma alla sua idea di

Villa San Cataldo a Bagheria e l’Orto Botanico di

natura realizzando una compiuta metafora dal

Palermo. Tre tappe importantissime che hanno ar-

profondo significato simbolico.

ricchito il mio bagaglio culturale e professionale.

Innanzi tutto esso è simbolo per antonomasia

Tutti e tre i tipi di “Hortus”, conclusus, deliciarum

del locus amoenus inteso come rivisitazione del

e botanicus derivano dagli orti monastici medie-

paradiso terrestre, luogo di pace e beatitudine.

vali intesi come spazi chiusi, protetti e coltivati.

Trovare una definizione univoca alla parola

Presero così forma l’Hortus conclusus, nel mon-

“giardino” non è affatto semplice: Giulio Carlo

do religioso e l’ Hortus deliciarum nel mondo

Argan (1909 - 1992) definiva il giardino una “si-

laico–cortese; in entrambi i casi lo spazio verde

stemazione artificiosa, secondo moduli geome-

era cinto da un muro che lo isolava dal mondo

trici o fantastici, di terreni coltivati, allo scopo di

esterno: le mura claustrali per l’ hortus conclusus

ottenere un risultato prettamente estetico”.

e le mura del castello per l’ hortus deliciarum.

In ogni caso diverse sono le dimensioni in cui

In un angolo del monastero era d’uso impian-

si sviluppa un giardino: quella spirituale, che

tare il cosiddetto “giardino dei semplici” dove

invita l’animo umano alla quiete ed alla rifles-

venivano coltivate le essenze vegetali che ave-

sione su di sé ed il mondo che ci circonda a

vano proprietà curative, era questo l’antesigna-

quella estetica che attraverso la combinazione di

no dell’ hortus botanicus.

forme e colori della vegetazione stimola quello che Kant definiva il “sentimento del bello” e

Hortus conclusus

infine quella cognitiva rivolta alla conoscenza e

L’ Hortus conclusus dei monasteri, era un giar-

comprensione del mondo vegetale.

dino chiuso da un muro. Nato dalle profonde


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

DALL’ HORTUS CONCLUSUS ALL’ HORTUS BOTANICUS

Maurizio Rotolo

esigenze culturali e religiose che caratterizzavano

mi delle varie specie vegetali, degli alberi da frutto,

dino vegetale si innesta e si sovrappone un giar-

simo splendore. Così l’ Hortus sanitatis non è più

l’uomo medievale, questo giardino si configurava

delle piante ornamentali con refrigerante apporto

dino di pietra ricco di vasi, obelischi, sedili, porti-

solo il luogo dove si coltivano piante medicinali e

come il luogo concreto in cui l’uomo poteva trovare

dell’acqua. In pratica una riproposizione del Pa-

ci, portali, loggiati, esedre, fontane, voliere, sedili,

aromatiche ma diviene un centro di aggregazione

le risposte a quesiti esistenziali della vita quotidia-

radiso Terrestre. Come metafora dell’”amore cor-

ninfei e caffeaus.

per la coltivazione, conservazione, esposizione del-

na e a scoprire la relazione tra sé stesso, la Natura

tese”, l’ Hortus deliciarum è il simbolo del percorso

In questo giardino o villa, come ora viene chiama-

le piante officinali ed aromatiche dando spazio alla

e Dio.

che il cavaliere compie per raggiungere la felicità.

ta, sovrasta la dimora nobiliare dove il proprietario

educazione, studio, formazione, ricerca scientifica

Esso era dunque un luogo segreto, chiuso e protetto

Nello spazio chiuso e inaccessibile dell’ hortus de-

da una lato si dedica ad una sorta “otia atque nego-

e sperimentazione.

il cui modello di riferimento può trovarsi nei giar-

liciarum, protetto da incantesimi e consacrato da

tia” allo stile degli antichi romani e dall’altro trova

Di conseguenza gli orti botanici non solo divengo-

dini descritti nella Genesi, nel Vangelo, nell’Apo-

una presenza femminile che lo protegge, la natu-

una buona occasione per stupire e meravigliare

no sede della conoscenza del mondo vegetale ma

calisse e nel Cantico dei Cantici. La sua forma qua-

ra ritrova la condizione di originaria purezza della

sodali e sottoposti con la grandezza e munificenza

sono anche centri di riferimento di importanti atti-

drata allude ai quattro angoli dell’Universo: il suo

creazione.

del proprio casato.

vità economiche e commerciali.

centro è tipicamente costituito da un albero (albe-

Esso è situato all’interno del castello, chiuso tra le

Questo è il secolo dello stupore e della meraviglia,

Nel Rinascimento la coltivazione di piante medici-

ro della vita), da un pozzo, o da una fonte (inte-

mura dei bastioni per consentire al principe ed alla

della natura amica dell’uomo e nascono così giar-

nali si diffonde negli Horti sanitatis situati presso i

sa come fonte di sapienza e di vita e simbolo dei

sua corte di goderne in sicurezza.

dini che hanno un significato profondamente de-

monasteri e presso le scuole di medicina e farmacia

quattro fiumi del Paradiso). Nel simbolismo misti-

Un “pezzo” di natura formato da rettangoli di

corativo e architettonico nella loro geometricità con

delle Università.

co medievale, diventa spesso metafora della sposa,

prato costellati di fiori profumati e colorati, dove

particolare attenzione agli effetti panoramici e agli

Il primo orto botanico del mondo occidentale, pro-

della Vergine Maria e della stessa Chiesa.

voliere, fontane e panche creano angoli di gioia e

assi prospettici.

babilmente, sorge a Salerno ad opera di Matteo

Nell’Hortus conclusus trovano posto fiori e frutti

riposo.

caricati di significati simbolici: la rosa (fiore della

Questo giardino è in antitesi con la selva esterna:

Hortus Botanicus

Medica Salernitana. Egli si distingue come profon-

Vergine, ma anche simbolo del sangue divino), le

locus amoenus contro il locus horridus rappresentato

Già nei primi anni dell’800 d.C., i monaci presero a

do conoscitore di piante per la produzione di me-

cui spine sono simbolo delle pene d’amore, il giglio

dalla natura bruta.

coltivare in un angolo della clausura le piante dal-

dicamenti. Nel suo giardino dei semplici, il Giardino

(purezza e povertà), la palma (giustizia, gloria e

Si dà origine ad un paradosso che vede un locus

le virtù particolarmente curative. L’abbazia di San

della Minerva (ancora oggi esistente), vengono per

fama), il melograno (simbolo dell’unità della chie-

amoenus (ovvero privo di mura e quindi indefinito)

Gallo, in Svizzera, già nel 820 aveva un giardino

la prima volta coltivate e classificate una grande

sa, fratellanza, e solidarietà), il fico metafora del-

contrapposto ad un locus conclusus, ovvero rigoro-

di erbe mediche, una farmacia e 6 camere per gli

quantità di piante ed erbe, per studiarne a scopo

la dolcezza, della fertilità e della salvezza, l’olivo

samente chiuso. L’eterna opposizione tra cosmos

ammalati, di fatto il primo esempio di “ospedale”

scientifico le proprietà terapeutiche e medicamen-

simbolo della misericordia e della pace, e il trifoglio

(ordine) e caos (disordine).

in Europa Occidentale.

tose. Silvatico svolge una vera e propria attività di-

che allude alla trinità.

Questa concezione si sviluppa fin quando nel XVI

Fu così che nacque il cosiddetto Hortus botanicus

dattica per mostrare agli allievi della Scuola Medi-

Considerato giardino dello spirito, l’ hortus conclu-

secolo Torquato Tasso (1544 - 1595) celebra il rap-

(o botanicum herbarium), chiamato in epoca rinasci-

ca le piante con il loro nome e le loro caratteristiche

sus é metafora dell’esistenza umana e il muro che

porto tra natura ed arte, intendendo il giardino

mentale orto dei semplici dal latino medievale “me-

fondamentali.

lo circonda diventa il limite tra dentro e fuori, sepa-

come luogo di effetti bizzarri, imprevisti, ed inven-

dicamentum simplex” che definiva in tal modo un

L’Italia nel corso del XVI secolo diviene la culla del

rando e allo stesso tempo proteggendo.

zioni ingannevoli.

erba medicinale o un medicamento fatto con erbe

rinnovato interesse per l’osservazione naturalistica

Comincia a prevalere una visione geometrica che

medicinali.

e per la classificazione delle piante. Le istituzioni

Hortus Deliciarium

ritaglia in precise proporzioni lo spazio del giardi-

Il monachus infirmarius preparava le medicine e cu-

di questo tipo più antiche sono l’Orto Vaticano di

L’ Hortus deliciarum viene invece cantato nei ro-

no di modo che la natura appare controllata dalla

rava i monaci malati, i pellegrini, i vecchi ed i po-

Roma (1447) e l’Orto Echtiano di Colonia (1490).

manzi cavallereschi. Il poema anglo–normanno

sapiente mani dell’architetto che la contiene all’in-

veri in genere. Farmacologo, medico e farmacista

A questo si aggiunge un’esigenza di tipo didattico

“Roman de Tristan” scritto da Thomas d’Angleterre

terno di un impianto formale.

ad un tempo.

rivolta agli studenti delle Università, che porta alla

intorno al 1170 lo descrive come recinto, carico di

Nel Settecento il giardino si adorna di elementi sce-

Ben presto la tradizione benedettina degli orti me-

nascita dei primi orti botanici universitari, l’Orto

frutti e fiori eterni, velato di penetrante atmosfera

nografici, architettonici e scultorei tratti dal ricco

dievali entra in sinergia con la Scuola Medica Saler-

botanico di Pisa, nel 1544; l’Orto botanico di Pado-

mistica. Esso ci rende partecipi dei colori e i profu-

repertorio barocco dell’epoca e così accanto al giar-

nitana che tra l’XI e il XIII secolo raggiunge il mas-

va nel giugno del 1545, quello di Bologna nel 1567.

Silvatico (1285 - 1342) illustra maestro della Scuola

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

DALL’ HORTUS CONCLUSUS ALL’ HORTUS BOTANICUS

Maurizio Rotolo

L’Hortus Botanicus come Locus Mnemonicus Abbiamo visto come concetto di orto botanico si sia evoluto nel tempo man mano che andavano chiarendosi le sue finalità ed i suoi scopi. Con “orto botanico” oggi intendiamo un luogo creato artificialmente, preposto alla coltivazione e conservazione di specie vegetali per scopi scientifici ed educativi. Esso é quindi organizzato in modo da essere fruibile dal pubblico e facilmente “studiabile”. Le piante sono catalogate e solitamente raggruppate in base alle differenti cenosi di appartenenza e a diverse caratteristiche sia estetiche che tassonomiche. Nell’orto botanico si cerca di ricostruire artificialmente l’ambiente originario delle specie, servendosi spesso dell’aiuto di serre che regolano l’umidità dell’aria e il calore. Si tratta quindi di una vera e propria “collezione di piante vive”. A questo tipo di collezioni si affiancano gli “erbari” dove le piante (dopo opportuna essiccazione) sono conservate in appositi fogli ed esposte al pubblico ed agli studiosi che ne possono osservare le parti più significative, in qualsiasi stagione. Nel corso dei secoli gli orti botanici sono sorti in ogni parte del mondo. Oggi se ne contano circa 1800 tra cui 465 in Europa, 150 nell’ex Unione Sovietica, 95 in Italia, essi sono spesso sono integrati con strutture universitarie o addirittura sono sede di alcune facoltà universitarie. 3.

Hortus Deliciarum. Master of the Prayerbooks (Bruges, circa 1500). Miniatura fiamminga dal “Roman de la Rose” di Guillaume de Lorris (ca. 1230) - British Library Harley MS 4425, f. 12v All Rights Reserved. The British Library Board. Licence Number: NATURA01’

1. 2.

Matteo Silvatico (ca 1285 – ca 1342) insegna ai suoi allievi nel suo giardino dei semplici detto Giardino della Minerva (Salerno). Xilografia tratta da: Mattheus Silvaticus, Opus Pandectarum Medicinae, Taurini, Impressum per Anthonium Ranotum, 1526 ”Schola Botanices” dei giorni nostri

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

LA BOTANICA A PALERMO NELLA SECONDA METÀ DEL XVIII SECOLO Francesco M. Raimondo

FOTO

Durante la prima metà del XVIII, il contesto cul-

che all’opera che vi svolse Marcello Malpighi (1627

turale della Palermo capitale del Regno non era

-1694), il fondatore – assieme all’inglese Nehemiah

molto diverso rispetto alle altre città siciliane, in

Grew (1628 - 1711) – dell’istologia e dell’anatomia

particolare Catania e Messina, sedi già di affermati

vegetale, autore di due fondamentali opere: Anato-

Atenei. Catania aveva avuto dei cultori di botanica

mes Plantarum Idea e Anatome Plantarum, pubblicate

non accademici, ma una istituzione scientifica, in

a Londra rispettivamente nel 1675 e 1679 – trasferi-

campo botanico, che potesse suscitare l’interesse

tosi dall’Università di Bologna a quella di Messina

di un colto forestiero, mancò fin oltre metà Otto-

dove, successivamente, ebbero appena il tempo di

cento. Nel Settecento, nella città etnea si avevano,

professare Bernardo Cagliostro, Carlo Fracassati e

invece, numerosi giardini privati; fra questi emer-

Pietro Elfeburè. Infatti, l’istituzione ebbe vita breve

gevano, per ricchezza di piante medicinali, quel-

essendo stata distrutta dopo meno di quarant’anni

li del principe Biscari e del duca Furnari, nonché

dalla sua fondazione, precisamente nel 1678, per-

quello del monastero benedettino di S. Nicolò la

ché considerata focolaio di idee rivoluzionarie che

Rena. In mancanza di un orto accademico, i docen-

avrebbero nociuto al governo spagnolo del tempo2.

ti dell’Università utilizzavano proprio quei giardi-

Dunque, in Sicilia, nella seconda metà del Settecen-

ni per le loro lezioni . Nella più antica università

to, la botanica organizzata in senso accademico, era

siciliana, la condizione istituzionale della botanica

appena agli inizi e una sua prima installazione si

si consoliderà qualche anno prima dell’annessione

aveva solo a Palermo dove, con la nascita dell’Ac-

dell’Isola al Regno d’Italia: ciò, malgrado la prima

cademia dei Regi Studi, avvenuta nel 1781, si dava

cattedra di botanica vi fosse stata istituita nel 1788.

la possibilità di realizzare, sul Baluardo di Porta

Anche a Messina le condizioni non erano propizie,

Carini, un modesto orto limitato alla coltivazione

seppure sede del più antico e celebre orto botanico

ed alla ostensione dei “semplici” sotto la direzio-

accademico concepito nel 1639 dal romano Pietro

ne di padre Eutichio Barone. In verità, esso nasce-

Castelli (1574 - 1662), allievo dell’aretino Andrea

va per emulazione dell’Orto cattolico, istituito nel

Cesalpino (1519 - 1603). Scientificamente ben orga-

1692 a Misilmeri, cittadina prossima a Palermo,

nizzato, quell’Orto ebbe grande notorietà, grazie an-

dal principe di Cattolica don Giuseppe del Bosco

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

LA BOTANICA A PALERMO NELLA SECONDA METÀ DEL XVIII SECOLO

Francesco M. Raimondo

e Sandoval3. Questi ne affidò la cura al discepolo

porale intercorso – ben due secoli – saranno i nu-

città capitale del regno poté svilupparsi contando,

dotto frate del tempo, per discutere di argomenti

del noto Niccolò Gervasi , il religioso Francesco

merosi giardini privati presenti in città ad assume-

altresì, sulla favorevole condizione generatasi in

scientifici alla maniera di come si pratica nelle mo-

Cupane la cui fama di valentissimo botanico finì

re la funzione di giardino dei semplici e a non far

seguito alla penetrazione nell’ambiente colto del-

derne Accademie”. Inoltre, fra i personaggi attivi,

per alimentare, localmente, l’interesse attorno allo

disperdere del tutto l’eredità culturale dell’Hortus

la nobiltà, della parte del clero più aperta e della

cita il Principe di Torremuzza, il Duca di Cacca-

studio delle piante e alla loro coltivazione a scopo

messanensis. Come si è detto, la cattedra di bota-

nascente borghesia di un forte spirito illuministico.

mo e il Duca di Monteleone. Rinomato era anche

didattico e scientifico. Francesco Cupane – quasi

nica sarà ripristinata nel tardi Ottocento e ne sarà

In Città, dopo l’esperienza dell’Hortus Catholicus

il giardino posseduto dal principe di Villafranca

sempre citato come Cupani – originario di Mirto,

primo titolare Antonino Borzì. In ogni caso, nella

realizzato nel 1692 e l’opera del Cupane, nascono

presso il parco di Firriato alle porte di Palermo nel

nel Messinese, è una delle figure più rappresenta-

seconda metà del Settecento, a Messina orti attivi,

diversi orti fra i quali, ricorda Borzì richiamandosi

piano di Santa Oliva.

tive della botanica prelinneana, non solo in Sicilia.

non accademici, erano quelli dell’ospedale e quello

allo Scinà , l’orto dei fratelli Pier Celestino e Cle-

La realizzazione della “Flora” e del confinante

La notorietà della sua opera avrà positive ricadute

del semplicista Francesco Arrosto. Nella più antica

mente Gazzara presso il convento francescano di

Orto botanico fanno parte del disegno rinnovato-

anche presso i maggiori centri di studio della Pe-

Università dell’Isola, quella di Catania fondata nel

Sant’Antonino , quello del marchese Francesco

re di sviluppo della città, orientato fuori le mura

nisola italiana e in Europa . Come ricorda Borzì ,

1434, la cattedra di Botanica sarà istituita nel 1788,

Gastone – presidente del Regio Patrimonio – fuori

verso la marina. Ne fu interprete l’allora pretore

è grazie alla sua opera, ancora in parte manoscrit-

ma dovranno passare diversi decenni prima di ve-

di Porta d’Ossuna, quello del gesuita P. La Lumia

di Palermo, il marchese di Regalmici don Antonio

ta, che si alimenterà e si manterrà vivo a Palermo

dere impiantare l’Orto di via Etnea. La fondazione

e quello del Principe di Galati. Presso quest’ultimo

Maria La Grua. L’inserimento del nuovo orto bo-

l’interesse per la botanica fino a determinare l’isti-

dell’Orto botanico avverrà, infatti, solo nel 1858 e ne

– scrive Borzì – nella metà del 700, convenivano di-

tanico in un insieme di trasformazioni urbanistiche

tuzione in seno all’Accademia del piccolo Orto di

sarà suo primo direttore il monaco cassinese Fran-

versi cultori di botanica, “dall’umile speziale al più

iniziate dal pretore della Città – trasformazioni che

Porta Carini e, dopo meno di dieci anni, nel 1789,

cesco Tornabene (1813 - 1897). Malgrado tutto, nel-

il suo trasferimento nel Piano di Sant’Erasmo, ac-

la città etnea in quel periodo era rinomato l’orto di

canto alla “Flora”, dove in sei anni si edificheranno

Francesco Carlo Arcidiacono. Si è detto che la si-

non solo il giardino, organizzato secondo il sistema

tuazione di Palermo era ben diversa. In effetti, erano

di Linneo, ma anche gli edifici neoclassici proget-

state superate tante ostilità. Borzì9 in un suo saggio

tati da Leòn Dufourny, fra cui il solenne Gymna-

su “Botanica e botanici in Sicilia nel secolo XVIII”,

sium, autentico tempio di Flora, sede della Schola

analizza il periodo mettendo in luce l’empirismo

Botanices. Sul finire del secolo dei lumi, dunque,

regnante in quel secolo e come, grazie all’opera di

mentre a Palermo si dava corso alla realizzazione

due grandi precursori, Paolo Boccone (1633 - 1704)

dell’istituzione scientifica destinata a mantenersi

e Francesco Cupane (1637 - 1714), la botanica nella

2. Paolo Boccone (1633 - 1704), incisione su rame

3. Francesco Cupani (1637 - 1714), litografia

4

5

6

8

10

11

e ad espandersi fino ai nostri giorni, la situazione delle altre due sedi accademiche non era altrettanto promettente. A Messina, dopo la soppressione dell’Università avvenuta nel 1678 e la conseguente distruzione del glorioso Orto botanico, bisognerà attendere l’istituzione della nuova Università nel 1838 perché si torni a progettare la realizzazione di un nuovo orto che, tuttavia, avverrà nel 1883 grazie all’opera di Antonino Borzì (1852 - 1921) che ne fu il fondatore e direttore fino al 18927. Tuttavia, anche questo Orto ben presto verrà distrutto, questa volta dall’inclemenza dei ricorrenti eventi tellurici che interesseranno la Città. Nell’ampio spazio tem-

1. Antonio Borzì riposa ai piedi del “suo” Ficus magnolioides (ora noto come Ficus macrophylla ssp. columnaris) (Collezione Galatioto)

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

LA BOTANICA A PALERMO NELLA SECONDA METÀ DEL XVIII SECOLO

Francesco M. Raimondo

il clima culturale della capitale nell’ultimo quarto

dei benefici. A fine Settecento, in tutto il Regno,

del secolo aveva saputo comprendere ed apprezza-

l’opera di promozione della scienza è frutto della

re – può essere considerato come logico non tanto

politica perseguita da alcuni vicerè illuminati come

perché la Palermo di questo periodo si presenti in

Caracciolo e Caramanico. Ad essi, secondo Rosa-

una maniera tanto diversa dalle altre città italiane,

rio Gregorio13, si deve la realizzazione del nuovo

ma, al contrario, perché tra di esse esistono interes-

orto botanico. E’ significativo quanto osserva Du-

santi punti di somiglianza. Va osservato che a quel

four (op. cit.), ovvero che mentre a Catania nel 1779

tempo Palermo, in fatto di passeggiate e di giardi-

Giuseppe Gioeni dà vita a un museo di storia natu-

ni pubblici, non era per niente in ritardo rispetto

rale, a Palermo, nella Regia Accademia, si istituiva

alle altre città europee, anzi trova nelle sue élites

la cattedra di storia naturale, assegnata a Eutichio

un largo consenso per l’aggiornamento dello spa-

Barone, con l’intendimento di impiantare un orto

zio urbano. Espressione di tale apertura è proprio

botanico affinché “ i giovani interessati alle scien-

il trasferimento del preesistente orto botanico al di

ze tanto utili alla società” avessero la possibilità

fuori delle mura, in una zona in cui il richiamo era

di un riscontro pratico delle cognizioni acquisite

costituito dallo spazio libero ed in questo caso par-

nello studio. Secondo Dufour (op. cit.), l’ipotesi di

ticolare, dalla recente installazione di villa Giulia.

un orto botanico integrato al progetto della Flora,

Secondo quanto osserva Dufour12 “erano maturi i

o almeno direttamente da esso derivante, sarebbe

tempi perché anche nel capoluogo del Regno, così

alquanto suggestiva e conforme al sistema di idee

come a Parigi ed in altre capitali europee si proget-

relative alla natura, al ruolo di essa nella scienza,

tassero passeggiate e giardini per il piacere dei cit-

alla crescita delle conoscenze ed all’aumento del

tadini”. Per quanto riguarda la scienza e l’istruzio-

benessere delle popolazioni.

ne, le idee nuove ne sostengono la consapevolezza

Le argomentazioni sono note e non mancano di

riferimenti ed è proprio sulle loro basi che venne

orto giocherà un ruolo determinante la moderna

invocata a Palermo la necessità del trasferimento

visione della botanica non più circoscritta alla sem-

dell’orto accademico di Porta Carini “ in un luogo

plice identificazione e illustrazione delle piante ma

proprio, frequentato ed a portata dei cittadini per

scienza aperta alla speculazione.

apprendere, o per ammirare la qualità e la varietà delle erbe che vi sono” come annoterà Lima14. Dunque, sul finire del Settecento, rivoluzionari progetti urbanistici interessano Palermo; si potrebbe allora asserire che due correnti di idee progressiste e abbastanza condivise convergevano verso il Piano di Sant’Erasmo: in primo luogo l’apertura dello spazio urbano, quindi la scienza. E tuttavia, come osserva Dufour (op. cit.), si deve constatare che “ la posizione di villa Giulia e dell’Orto botanico sembrano più il risultato di un collage che di una visione globale dello spazio in termini di progettazione”. Indipendentemente da ciò, la “Flora” era un giardino pubblico aperto a tutti, mentre l’Orto era un luogo di studi, “anche se frequentato alle volte dalla povera gente che veniva a chiedere consigli e ricette”. L’Orto botanico di Palermo offre senza dubbio un’ottima occasione per riflettere sul processo di modernizzazione delle città poiché si inserisce nel grande quadro dell’illuminismo ovvero “ nel movimento generale del ‘700 che concretizzava il

4. Frontespizi dei testi di Paolo Boccone

progresso delle idee”. Nella concezione del nuovo

NOTE 1

Pavone P, Guglielmo A., 1992 – L’Orto botanico dell’Università di Catania. In: Raimondo F.M., Orti botanici, Giardini alpini, Arboreti italiani. – Edizioni Grifo, Palermo. Pp. 79-87. 2 Raimondo F.M., Garbari F., 1986 – Gli Orti botanici in Italia. In: Montacchini F., Erbari e iconografia botanica. – Umberto Allemandi & C., Torino. Pp. 15-23. 3 Oltre all’Orto di Misilmeri questo mecenate finanzierà la realizzazione della connessa opera del Cupani, l’Hortus Catholicus, edita a Napoli nel 1696. 4 Diretto allievo del Boccone, possiede un suo piccolo orto “ricco di scelte piante” (Scinà, 1859). 5 Dollo C., 1979 – Filosofia e Scienza in Sicilia. – CEDAM, Padova. 6 Borzì A., 1906 – Botanica e Botanici in Sicilia nel secolo XVIII. – Boll. R. Giard. Orto Bot. Palermo, 5(1-2): 3-21. 7 Nel 1892, in seguito alla morte di Agostino Todaro, Borzì si trasferirà all’Università di Palermo per assumervi la cattedra di Botanica e la direzione dell’Orto contribuendo al suo potenziamento. 8 Tripodi G., 1992 – L’Orto botanico dell’Università di Messina. In: Raimondo F.M., Orti botanici, Giardini alpini, Arboreti italiani. – Edizioni Grifo, Palermo. Pp.115118. 9 Borzì A., 1906 – Op. cit. 10 Scinà D., 1859 – Prospetto della Storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo. Palermo. Officio Tipografico Lo Bianco. 11 In questo giardino si alimenterà l’interesse per la botanica di frate Bernardino da Ucria, che a fine Settecento svolgerà nell’Accademia dei Regi Studi un ruolo chiave perché si dotasse Palermo di un prestigioso stabilimento scientifico dedicato alla coltivazione e allo studio delle piante: l’attuale Orto. 12 Dufour L., 1996 – L’Orto botanico di Palermo nella Città e nell’immaginario dei viaggiatori. In: Lèon Dufourny e l’Orto botanico di Palermo. – Ediprint, Siracusa. 13 Gregorio R., 1845 – Considerazioni sopra la storia di Sicilia dai tempi normanni sino ai presenti. In: Opere scelte del can. Rosario Gregorio. – Palermo, Pp. 755-756. 14 Lima A.I.,1989 – L’Orto botanico di Palermo. – S.F. Flaccovio Editore, Palermo.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO Natale Surano

Sulla nascita dell’Orto botanico molto si è scritto e

catalizzatore in un processo, già in corso, che rico-

alquanto note sono le vicende che condussero alla

nobbe anche alla Botanica dignità di scienza nuova

sua fondazione. Meno chiare, invece, appaiono le

dotata di norme euristiche e di peculiari esigenze

trasformazioni che lo interessarono e che gli con-

metodologiche e strumentali, prima fra tutte quella

sentirono di raggiungere l’estensione attuale dopo

di disporre non soltanto di un insegnamento auto-

non pochi impedimenti e avversità.

nomo ma anche degli spazi idonei per la collezione

L’Orto botanico di Palermo oggi si estende su una

e lo studio delle piante.

superficie complessiva molto vicina ai dieci ettari,

Numerosi e concomitanti furono gli avvenimenti

raggiunti in seguito all’ultimo ampliamento realiz-

che in quegli anni condussero alla realizzazione a

zato all’inizio del Novecento. Sebbene si tratti di

Palermo di un orto botanico degno di tale nome Tra

un’area nove volte più estesa del primo nucleo che

questi, la presenza a Palazzo reale del vicerè princi-

vide la luce sul finire del XVIII secolo, l’aspetto sin-

pe di Caramanico, il favore di cui godeva la Regia

golare è che le diverse espansioni avvennero qua-

Deputazione degli Studi, il dinamismo dei pretori

si sempre in concomitanza con le alterne vicende

succedutisi in quegli anni, che si prodigavano con

politiche e storiche che contrassegnarono la storia

singolare solerzia nella realizzazione di importanti

della Sicilia in poco più di un secolo. Significativi

opere pubbliche per la città, nonché l’occasiona-

appaiono, dunque, anche lo sfondo storico e i per-

le – ma non per questo trascurabile – presenza a

sonaggi che contribuirono alla sua realizzazione

Palermo dell’architetto francese Leon Dufourny.

e, soprattutto, coloro i quali ne condizionarono lo

Al contempo, altri influenti personaggi, di ben di-

sviluppo.

verso orientamento ideologico, contrastarono tali

Non è un caso che l’Orto botanico di Palermo ven-

nuovi fermenti intellettuali e le lodevoli iniziative,

ne realizzato e inaugurato nell’ultimo decennio del

di respiro europeo, che ne scaturivano sul piano

XVIII secolo, periodo contrassegnato da eventi che

politico, amministrativo e culturale, contribuendo

ebbero decisive ripercussioni soprattutto sui più

a instaurare un periodo di ristagno che arrestò il

vasti e complessi scenari europei. L’inarrestabile

processo di espansione dell’Orto, sostenuto però,

avanzare delle idee “nuove” agì sicuramente da

in più occasioni, dalla tenace volontà di alcuni di-


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

rettori che, in qualche caso, dovettero lottare per

di”1 . Essa costituì sin da subito il supporto istitu-

terre e alla soppressione del vassallaggio cui era-

e per via della sua vigorosa azione politica, può es-

assicurarne la sua stessa conservazione.

zionale , l’interlocutore per talune richieste e talvol-

no ancora assoggettati i lavoratori agricoli. Anche

sere considerato il più famoso dei vicerè che la Si-

Nel regno di Napoli e di Sicilia, l’arco di tempo che

ta anche l’occasione per certe concessioni, come nel

sul fronte della cultura, il Caracciolo non venne

cilia abbia mai avuto. Venne sostituito, su sua stes-

va dagli ultimi decenni del XVIII secolo alla pri-

caso dell’istanza al Senato cittadino sulla possibili-

meno alle sue idee riformiste: chiamò dalla Francia

sa scelta, da Francesco Maria Venanzio D’Aquino,

ma metà del successivo, fu contraddistinto da due

tà di destinare un piccolo spazio edificato nel 1572 ,

eminenti studiosi cui affidare alcune cattedre del-

principe di Caramanico. Napoletano e illuminista,

fasi storiche contrastanti: a un’epoca connotata da

il baluardo sopra Porta Carini, a nuovo orto botani-

la Deputazione degli studi, quali il Lagrange per

massone anch’esso, vissuto in Francia come am-

numerose riforme e da grandi aperture nel segno

co . Nel 1781, l’orto ebbe, così, sede per quasi dieci

la matematica e il Piazzi per l’astronomia; ma allo

basciatore, ebbe il merito di perseguire gli stessi

della cultura europea di marca illuministica, suc-

anni su quel baluardo dove prima si conservava

stesso tempo non mancò di offrire il suo sostegno

obiettivi del Caracciolo mutando però strategia, al

cedettero anni di oscurantismo e di terrore – ultimi

la polveriera pubblica. Alla fine dello stesso anno

agli studiosi locali – De Cosmi, Gregorio, Meli e

fine di ottenere risultati più certi: la sua tecnica con-

spasmi d’un mondo agonizzante – culminati con

venne a Palermo, quale nuovo vicerè, il marchese

Balsamo – perché andassero fuori regno per meglio

sisté infatti nell’intaccare gradualmente il vecchio

cruente rivolte e, infine, con la caduta dei Borbone.

Domenico Caracciolo di Villamajna, già ambascia-

specializzarsi. Tra questi anche il medico Giuseppe

regime, anziché attaccarlo frontalmente5.

La riorganizzazione dell’istruzione, conseguenza

tore della corte napoletana a Parigi. La sua nomina

Tineo, già dimostratore delle piante presso l’orto

Giuseppe Tineo ebbe modo di continuare i suoi

della messa al bando dei gesuiti, fu una delle cause

fu molto controversa ed, inizialmente, non ben ac-

botanico.

viaggi: Pavia, Torino, Padova furono le università

che concorsero indirettamente alla nascita dell’Or-

cetta all’interessato stesso che, riluttante, giunse in

Il Caracciolo concluse la sua esperienza a Palermo

che in quegli anni egli visitò in missione di studio,

to. L’inizio del vero movimento culturale e scien-

Sicilia ben un anno dopo l’investitura. Sta di fatto

nel 1786. L’ostilità suscitata nel tentativo di scardi-

al fine di perfezionarsi e potere tenere già dal 1788,

tifico siciliano avvenne nel 1778 con la creazione,

che, una volta insediatosi, intraprese una politica,

nare il baronaggio fu immensa e per questo lo si al-

col consenso del nuovo vicerè, un corso di botani-

su disposizione del governo guidato dal marchese

solo parzialmente riuscita, di riforme molto radica-

lontanò, promuovendolo a succedere al Sambuca,

ca al posto dell’abate Eutichio Barone6 , fino ad al-

della Sambuca, di una “Deputazione de’ Regi Stu-

li, miranti soprattutto alla defeudalizzazione delle

a Napoli. In base a quanto effettivamente realizzò

lora titolare della cattedra di Storia naturale e che

2

3

4

proprio in quell’anno era deceduto. Dall’esperienza maturata durante i suoi viaggi, nacque in lui la consapevolezza della necessità di farsi portavoce, presso la Deputazione degli Studi, della limitatezza e dell’inidoneità del luogo in cui era stato impiantato l’orto botanico7. E’ probabile che sia stato proprio egli stesso a suggerire il luogo dove impiantare il nuovo orto. L’idea di destinare a verde il piano di S. Erasmo non era però nuova: già nel 1737 e nel 1753 si era cercato di realizzarvi un giardino, prima ancora quindi che vi nascesse nel 1777 la Villa Giulia. In entrambe le occasioni, tuttavia, l’idea non andò in porto: furono di impedimento le condizioni della zona per l’aere salso, la salsedine che proveniva dal mare8 e, soprattutto, i pescatori del luogo che utilizzavano quello spazio per distendere le loro reti. La storiografia non è molto attendibile sulla reale paternità della fondazione dell’Orto, che di fatto 1. Villamage L., 1699 – Veue de la ville et port de Palerme – Bibliothèque Nazionale Paris, Département des plants et maps. Palermo prima dell’impianto di Villa Giulia, avvenuto nel 1777. La veduta, come del resto la maggior parte delle piante prodotte fino al XIX secolo è orientata ad Ovest. Il bastione in alto a destra, lungo la cinta muraria è quello di Porta Carini. In basso a sinistra, il piano di S. Erasmo.

2. Ritratto del Principe di Caramanico, in un dipinto di ignoto, conservato presso il museo dell’Osservatorio astronomico “G. Vaiana” di Palermo.

venne impiantato a partire dal 22 febbraio del 17899. Il Villabianca ne dà giusto merito all’allora Presi-

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

dente di giustizia, Giovan Battista Paternò Asmun-

di guerra alla Francia14 ; il Caramanico, invece, morì

ternò Asmundo21. In esso si citano alcune spese per

lunga almeno 250 – rappresentò per il nuovo orto

do, ricordato come “l’autore e il sommo motore di que-

improvvisamente e prematuramente l’8 gennaio

“firriato di muri fatto nel boschetto dentro il nuovo reale

un’estensione ulteriore di circa 3000 metri quadra-

sta grande opera”.

1795 . Il poeta palermitano Giovanni Meli, sebbe-

orto” (11 marzo 1789) e per “avere fatto piantare tanti

ti. Il viale esisteva già dal 1784, allorquando il Pa-

Eglì però agì per conto e su mandato del Senato

ne critico nei riguardi del vivace dibattito culturale

alberi e altro nel boschetto …” (10 febbraio 1790), spese

ternò Asmundo, nell’occuparsi della gestione del-

cittadino, contribuendo alla “fondazione di un orto

e delle radicali trasformazioni economiche e sociali

per “avere costruito il nuovo muro di balatoni incutti nel

la Villa Giulia, acquistò dal Duca d’Archirafi una

botanico in novello terreno, piano, campestre, opportuno

iniziate col Caracciolo e proseguite dal Caramanico,

compimento del boschetto” (30 marzo 1790) e ancora

striscia di tre mondelli della Vigna del Gallo con

alle piante e agli alberi e dell’erbe, tutte germinanti nelle

non poté fare a meno di dedicargli alcuni versi.

per “aver costruito una casotta o sia pagliaia in fondo

l’intento di farne uno stradone che consentisse di

del boschetto” (11 ottobre 1791). Anche Dufourny il 5

completare il perimetro esterno della villa. Era un

agosto, nel suo diario, annota lo stato di avanzamen-

viale alberato con landri, creato perché si potesse

to dei lavori nel giardino “già recintato, alberato e ab-

godere della splendida vista della Villa senza ne-

bellito con piante vigorose”, ma soprattutto ci consente

cessariamente attraversarla in carrozza, così come

di farci un’idea del perimetro del nuovo Orto, grazie

avveniva in principio.

15

graste e nelle caselle” , individuato per l’appunto di 10

Vivrà, principi egregiu,

fianco alla pubblica Villa Giulia e del quale il Tineo

To nomu e tua virtuti

stesso curò direttamente la sistemazione iniziale.

In pettu a li tardissimi

L’idea di dotare il nuovo orto di una imponente

Ed ultimi niputi16.

scuola di botanica fu, invece, del principe di Caramanico che, oltre a contribuire di persona alle

Anche Gaspare Palermo così scriveva nella sua

ad alcuni suoi disegni. In questo schizzo già si in-

Il 1798 è anche l’anno in cui il re e la regina, con

spese necessarie – in due distinte occasioni elargì

guida , la prima sulla città, a proposito degli edifici

travede quella zona destinata a boschetto, pressoché

buona parte della corte, si rifugiarono a Palermo:

complessivamente 2100 onze e ne procurò altre

monumentali e dell’Orto stesso:

identica a come poi venne disegnata dal Trombetta,

era la prima volta che il re veniva nell’isola in qua-

nella prima planimetria ufficiale del giardino bota-

rant’anni di regno. L’occasione – non delle più pro-

nico palermitano, datata 1796. Il disegno riproduce

pizie – gli fu data dall’esercito di Napoleone che,

un’area estesa quasi una salma e mezzo (24 mila

invadendo il regno di Napoli, lo costrinse a ripara-

metri quadrati), il doppio di quanto originariamen-

re frettolosamente nell’Isola. Questo soggiorno fu

te indicato dal Villabianca, senza considerare 7000

molto breve, perché i sovrani riuscirono a ritornare

metri quadrati relativi all’appendice sotto il bastione

nella loro Napoli e a reinserdiarsi sul trono già nel

dello Spasimo, al di là dello stradone di S. Antoni-

1799. Ma, nel 1806, una nuova irruzione dei Fran-

no . In realtà quanto riportato dal noto cronachista

cesi li costrinse ancora a tornare e questa volta la

9000, dono del Re Ferdinando , affidò all’architet11

to francese Leon Dufourny l’incarico di realizzarne il progetto. “Varie combinazioni di cui non importa qui rendere conto, fecero si che ci si rivolgesse a me”: Dufourny ne ebbe notizia il 9 settembre 1789, a un anno esatto dal suo arrivo in Sicilia . I lavori inizia12

rono già da fine ottobre e si conclusero con la solenne inaugurazione del dicembre 1795. E’ unanime il

17

Ne siamo debitori al favore ed agli auspicj del Vicerè D. Francesco di Aquino Principe di Caramanico, Napolitano, il quale ci fece ottenere dalla Real munificenza del nostro Re Ferdinando III Borbone, promotore delle Scienze, e delle pubbliche opere, non solo le necessarie somme per edificarsi, ma ben anche un’annua rendita di once 400, per gli ulteriori progressi, ed ornamenti dello stesso.

22

riconoscimento, di alcuni coevi commentatori, del

Il nucleo originario nel quale l’orto fu impiantato

palermitano non è altro che la superficie del primo

permanenza fu molto più lunga – Ferdinando poté

determinante contributo che il vicerè Caramanico

misurava “tumoli dieci e mondelli tre di terra” , circa

nucleo di orto originariamente impiantato nel 1789 e

nuovamente tornare a Napoli solo nella primavera

diede allo sviluppo e al potenziamento del nuovo

11 mila settecento metri quadrati . Il proprietario, il

sicuramente non la superficie equivalente ai quattro

del 1815 – in anni, tra l’altro, di epocali stravolgi-

orto. Scrive di lui l’abate Rosario Gregorio, citando

Duca Vanni d’Archirafi “fu obbligato a forza” a ceder-

quartini, successivamente definiti dal progetto del

menti politici, economici e sociali24.

l’Orto:

lo al Senato “smembrandoli dalla sua vigna, detta di Gal-

Dufourny. La pianta pubblicata sui diari nel 1789

Nell’ottobre 1801 si ha l’acquisizione di una porzio-

“E si deve esso alla intelligenza e allo

lo”, per un “annuo censo di oncie 12 di giusta stima” .

testimonia di un orto ben più grande, con una su-

ne di Vigna del Gallo. L’area viene descritta25 come

zelo del vicerè principe di Caramanico,

Del terreno si venne in possesso già nel febbraio del

perficie quasi doppia a quanto in precedenza scritto,

un striscia di terreno di forma rettangolare lunga

il quale niuna cosa lascia indietro, per-

1789 e di lì a poco iniziarono i lavori nel giardino; il

il cui lato maggiore è pari a quello di Villa Giulia, in

120 canne e larga 5,5, con al centro una piazza lun-

ché le belle arti ed ogni maniera di utili

9 settembre venne dato incarico al Dufourny perché

accordo con quanto evidenziato anche nella carta di

ga 21,6 canne e larga 10. Quest’area, di circa 3000

lavorasse alla realizzazione del progetto degli edi-

Palermo, del 1791, dello stesso Villabianca.

metri quadrati, adiacente all’Orto, è individuata

fici monumentali, progetto che venne completato

E’ invece del 1798 un piccolo allargamento derivato

sull’allora confine occidentale, lungo il viale Tineo.

Sia il Dufourny che lo stesso Caramanico non videro

in pochissimo tempo, tanto che a dicembre si pose

dalla chiusura del viale che separava l’Orto dalla

La piazza è, invece, quello spazio in cui oggi si am-

però completare l’opera per la quale si erano pro-

la prima pietra del Ginnasio. Nel frattempo i lavo-

villa Giulia, realizzato a lavori ultimati e successi-

mira la bella serra conosciuta anche come “Giardi-

digati. Il primo dovette abbandonare Palermo alla

ri per la costruzione dell’Orto continuavano senza

vo al trasferimento dell’ingresso principale sullo

no d’inverno”26. Con quest’ultima annessione, la

fine del 1793, come tutti i cittadini francesi allora

sosta, come dimostra lo stralcio dell’elenco delle

stradone di S. Antonino23. Questa nuova acquisizio-

superficie dell’orto raggiunse quasi i 4 ettari.

presenti in Sicilia, in coincidenza della dichiarazione

spese sostenute durante i lavori compilato dal Pa-

ne – una striscia larga non più di dodici metri, ma

Nel 1819, durante la direzione di Vincenzo Tineo

13 lettere fosse qui coltivata” .

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

3

5

4

3. Pianta geometrica e novella secondo lo stato presente della città di Palermo, capitale del regno di Sicilia, coll’antico Palermo giacente in essa e co’ sobborghi, molo e campagna con particolari (a destra) relativi al Piano di S. Erasmo secondo le edizioni del 1777. L’area evidenziata mostra il piano di S. Erasmo e la Vigna del Gallo, luoghi dove vennero impiatati la Villa Giulia e l’Orto Botanico. 4. Pianta dell’Orto al 1789, da un disegno dello stesso Villabianca (Qq D 111). 5. Pianta dell’Orto al 1796 su disegno dell’arch. Pietro Trombetta Dai diari del Villabianca (Qq D 107) conservati presso la Biblioteca Comunale di Palermo.

6A 6B 6C

7

6. Stralci raffiguranti il Piano di S. Erasmo. a) Pianta della città di Palermo e suoi contorni realizzata da G. Lossieux nel 1818; b) Pianta geometrica della Città di Palermo co’ sobborghi, molo e campagna del 1825 di F. B. de Behrend; c) Pianta Geometrica della Città di Palermo con i suoi sobborghi, molo e campagna del 1834 di A. Musumeci. 7. Pianta dell’Orto botanico disegnata dal Basile nel 1872, pubblicata sui Nuovi Annali di Costruzioni, Arti ed Industrie di Sicilia.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

L’idea di creare, una volta realizzato un ulteriore

mento dell’Orto un’opera di pubblica utilità. Anche

gabella, mise seriamente in pericolo gli intenti del

ampliamento dell’Orto, una sezione speciale per

la Deputazione degli Studi – ormai divenuta Regia

Tineo. Gli appetiti di cui sopra, nuovi e inaspettati,

l’acclimatazione di piante utili, fu però ripetuta-

Università –, nel 1820 aveva negoziato nella Vigna

furono probabilmente generati da molteplici fattori

mente scoraggiata ed ostacolata.

del Gallo un fondo di proprietà Amato, esteso cir-

a noi sconosciuti, ma sicuramente accentuati dalla

Gli eventi che si verificarono in Sicilia durante la

ca due salme, con l’idea di utilizzarlo come campo

necessità, che già a quel tempo esisteva, di espan-

prima metà del XIX condizionarono profondamen-

sperimentale. L’acquisto fu sancito nell’aprile dello

dere il perimetro urbano della città in virtù della

te la storia dell’Orto botanico e il suo progressivo

stesso anno, ma quasi subito perse l’originaria de-

notevole crescita demografica che interessò la città

28

sviluppo. I moti del ’20 e del ’48, oltre a creare

stinazione, poiché un progetto simile era in corso di

negli anni a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo34. Un

una spaccatura nella storia siciliana29, generarono

realizzazione nella Piana dei Colli, presso Palermo,

appoggio inaspettato giunse dalla rivoluzione del

quella conflittualità tra Napoli e Palermo che portò

su iniziativa del principe di Castelnuovo . Questa

’4835 e ancor più dai fatti del 1860. La rivolta di metà

in frantumi il Regno. La Sicilia, ridotta a lontana

decisione fu suggerita dalla convenienza; in parec-

secolo prima e la caduta del regime borbonico poi,

provincia, finì con l’essere amministrata nel mal-

chi avevano manifestato più di un parere contrario

essenzialmente scongiurarono il rischio che l’Orto

governo e nella speculazione; in particolare, venne

all’iniziativa ; le terre furono così tenute e cedute

fosse privato di quelle due salme36; il disordine che

meno l’interesse del governo per tutti quei centri

temporaneamente in gabella con la speranza di

si originò in quegli anni e che colpì, tra l’altro, l’am-

di cultura, ora ritenuti causa di tali nefasti eventi e

utilizzarle in appresso per un’eventuale permuta

ministrazione pubblica del Regno, raffreddò ogni

(1791-1856), subentrato nel 1815, non senza dif-

potenziale focolaio di fermenti rivoluzionari. In un

con altre terre degli Archirafi. E’ alquanto incerta

tipo di interesse e di aspettativa. Si deve ad Ago-

ficoltà , nella carica di direttore al padre Giusep-

tale frangente storico, divenne quasi impossibile

la loro esatta localizzazione; ma una tale estensione

stino Todaro337, nuovo direttore dell’Orto dal 1856,

pe, morto sette anni prima, avvenne una nuova

cogliere l’occasione per ottenere un nuovo amplia-

(35 mila metri quadrati circa) è, invece, certo non

e ad un provvidenziale atto del 1860 dell’appena

estensione, la terza in ordine di tempo, dei confi-

mento; le aspirazioni di Tineo, mortificate dall’im-

fosse confinante con l’Orto.

insediato Governo dittatoriale38, il passo quasi de-

ni dell’Orto. Realizzata per volontà di Ferdinan-

mobilismo di un governo guidato dal risentimento

L’insistente interesse che un privato mostrò in più

finitivo verso il compimento dei propositi di Tineo.

do stesso, essa permise di ampliare la superficie

e caratterizzato da una politica reazionaria di un re

occasioni (nel 1838, 1848, 1860) per le terre Amato,

Sebbene dal 1862, grazie a una delibera della Facol-

dell’Orto di quasi un ettaro, ingrandendo il bo-

che ormai più non concedea aperta e solenne protezio-

tanto da ricorrere perfino presso il Ministro degli

tà Fisico-matematica e all’interesse del Todaro, le

schetto già esistente nell’estremo limite meridiona-

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ne alle scienze e alle lettere , vennero del tutto com-

Affari Interni a Napoli, col pretesto di riparare a

terre Amato fossero già parte dell’Orto quali viva-

le del giardino. L’ampliamento conferì all’Orto una

promesse. Tineo, forse consapevole delle difficoltà

un eventuale danno erariale derivato dallo squili-

io di piante utili, nel 1886 il Piano di risanamento

superficie complessiva di circa 46000 metri quatrati

a venire, già nel 1823 aveva abbozzato una trattati-

brio economico tra somma investita e canone della

della Città, predisposto in seguito all’epidemia di

e quel tipico aspetto triangolare, che caratterizzò

va col duca d’Archirafi per l’acquisto di un nuovo

colera che aveva colpito Palermo nel 188539, mise

il disegno del suo perimetro fino ai primi anni del

terreno lungo il confine meridionale dell’Orto e,

nuovamente in pericolo non soltanto la tanto va-

XX secolo. Questa singolare forma venne da allora

sebbene il progetto fosse stato accolto positivamen-

gheggiata espansione dell’Orto, ma soprattutto la

rappresentata in quasi tutte le planimetrie generali

te dall’allora Deputazione della Pubblica Istruzio-

sua stessa integrità. A seguito di vivaci e sostenute

della città e, soprattutto, nella pianta che Giovan

ne ed Educazione, non poté essere perfezionato per

proteste che il Todaro estese, oltre che al Munici-

Battista Filippo Basile realizzò, in una scala molto

l’opposizione della Gran Corte dei Conti e dell’al-

pio, anche al Ministero dell’Istruzione, un nuovo

prossima a 1:1000, intorno al 1872. Con quest’ul-

lora Luogotenente generale, il principe di Cutò.

Piano regolatore fu fortunatamente presentato in-

tima annessione l’Orto raggiunse una superficie

Proposte, istanze, sollecitazioni e ricorsi furono

torno al 1887, completo delle varianti che esclude-

complessiva di circa 39600 metri quadrati, 4 ettari

presentate almeno fino al 1837; tutti questi tentati-

vano l’Orto da ogni tipo di intervento. In virtù di

circa.

vi furono resi vani non soltanto dalla mancanza di

ciò, l’anno seguente risultò possibile stabilire un

La direzione del Tineo fu caratterizzata dal deside-

risorse economiche, ma ancor più dall’ostruzioni-

rio di aggiungere altri spazi all’Orto, al fine di ren-

smo delle locali autorità che opponevano continui

derlo il più possibile adeguato alle necessità della

e pretestuosi ostacoli malgrado esistesse una reale

botanica, scienza nuova e in continua evoluzione.

determinazione del 1833 che indicava nell’amplia-

8. Pianta topografica della città del 1864 redatta dall’Officio Superiore dello Stato Maggiore, Sez. di Napoli: il fondo Amato veniva già identificato come “Vivai dell’Orto Botanico”.

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31

32

33

9. Comparazione diacronica del perimetro dell’Orto botanico. 1) Confine secondo il disegno di P. Trombetta (1796). 2) Ingrandimento del 1798 (viale di separazione con Villa Giulia). 3) Ingrandimento del 1801 (piazzale sul quale venne poi collocata la “Serra Carolina” e l’area corrispondente al viale Tineo). 4) L’ultimo ingrandimento che permise di ingrandire il boschetto nel 1806.

primo accordo fra gli eredi Archirafi, l’Orto botanico, l’Università e il Comune di Palermo. A questo ne seguirono diversi altri, in ottemperanza alla volontà degli Archirafi che, col passare del tempo,

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

oltre a mutare, diventava sempre più onerosa. Le

per quanto appena pochi mesi prima ottenuto. In

L’idea di realizzare al suo interno un giardino di

nire affinché si realizzasse detto Istituto43.

esose richieste di risarcimento non furono mai ac-

conseguenza dello scambio tra l’Orto botanico e gli

acclimatazione per specie esotiche, perseguita da

Gli anni successivi il 1860 ebbero notevole peso sul-

colte dalla Giunta Amministrativa Provinciale e lo

eredi Archirafi di 37980 metri quadrati di terreno,

Tineo durante tutto il suo mandato, fu ripresa e

le sorti dell’Orto botanico. In quel periodo, infatti,

scambio delle terre, così come auspicato, non ebbe

questi ultimi, a fronte di un certo numero di faci-

in qualche modo superata con la creazione di un

l’Orto vide venir meno progressivamente tutti gli

soluzione immediata.

litazioni, avrebbero ceduto al Municipio due stri-

“giardino coloniale” .

spazi potenzialmente idonei a un suo eventuale

Nell’aprile 1892, Agostino Todaro morì. Lettere, re-

sce di terreno identificate oggi con la via Archira-

L’idea di elevare l’Orto a Istituto Botanico Interna-

ampliamento. Primo fra tutti, il piano di S. Erasmo,

lazioni e solleciti furono, comunque, prodotti con

fi, quale elemento di separazione fra le due nuove

zionale rappresentò invece la conferma del grande

in prossimità del confine meridionale di Villa Giu-

altrettanta solerzia dal suo successore, Antonino

proprietà e la via Gian Filippo Ingrassia. Compito

lavoro promosso e condotto dalla Botanica paler-

lia, sbocco quasi obbligato per la realizzazione di

Borzì, che, riprendendo le trattative, promosse un

del Comune, le opere di primaria urbanizzazione

mitana sin dalla sua nascita e per tutto il XIX se-

un’area verde di immenso valore scientifico oltre

nuovo progetto di permuta. Gli adempimenti per

entro sei mesi dal decreto.

colo. Purtroppo, quest’ultimo proposito non poté

che storico e paesaggistico. Inserita in un quadrila-

l’approvazione da parte dei vari uffici pubblici si

Con il completamento della via Archirafi, furono

essere portato a compimento, nonostante la stessa

tero di circa 50 ettari fu, invece, sacrificata già dal

protrassero fino al maggio 1896, a un anno esatto

aperti anche gli sbocchi nelle vie Tiro a Segno e Lin-

Camera dei Deputati, in una seduta del 29 maggio

1861 all’impianto delle officine di produzione del

dalle manifestazioni indette per il primo centena-

coln e fu realizzata la recinzione dell’Orto botanico,

1905, avesse invitato il Governo di allora a interve-

gas44. Il prezzo che si dovette pagare al progresso e

rio dalla fondazione dell’Orto40. In questa occasione

secondo un nuovo perimetro che comprendeva an-

si approvò un ulteriore atto – sottoscritto stavolta,

che il terreno fino ad allora appartenuto al Vivaio

oltre che dalla direzione dell’Orto botanico, anche

comunale e ceduto, dallo stesso Comune, quale in-

dagli eredi Archirafi e dai rappresentanti della Re-

dennizzo per la parte sottratta all’Orto sul lato di

gia Università e dell’Intendenza di Finanza – che

via Archirafi ed utilizzata per la realizzazione de-

venne successivamente discusso e ratificato l’11

gli edifici scientifici dell’attuale Facoltà di Scienze.

gennaio 1906, in una riunione del Consiglio Comu-

Con queste modalità, si rese possibile la definitiva

nale che approvò quanto in precedenza stabilito. A

sistemazione dell’Orto. Il congresso della Socie-

sancire il tanto desiderato scambio fu una inaspet-

tà Botanica Italiana, tenutosi a Palermo dieci anni

tata visita del giovane sovrano, Vittorio Emanuele

prima, in occasione del primo centenario della fon-

III , che la mattina del 13 maggio dello stesso anno,

dazione dell’Orto, rappresentò l’occasione ideale

alle ore 7,30, visitò l’Orto palermitano mostrando

per dare origine a un progetto molto più articolato,

soddisfazione per quanto realizzato e, ovviamente,

che andava oltre i semplici piani di ampliamento.

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10. Il Piano di S. Erasmo e la Vigna del Gallo in tre carte realizzate tra il 1880 e il 1886. A sinistra, parte della Pianta della Città di Palermo e dei suoi contorni, edita da Vallardi, Milano per l’Atlante Geografico dell’Italia. Al centro, Carta del Porto di Palermo dell’Istituto Idrografico della Marina del 1896. A destra l’intorno dell’Orto Botanico secondo il piano presentato dall’Ing. Felice Giarrusso. Il confronto tra le tre carte fa emergere l’aumento della parte costruita nei pressi del Corso dei Mille dove, per quanto riguarda la seconda carta, è ben visibile lo scalo ferroviario di Palermo realizzato nel 1886.

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11. Pianta della Città di Palermo, UTET, 1893. Nella carta sono ben visibili la nuova stazione ferroviaria e le istallazioni per l’Esposizione Nazionale del 1891-92 nonché l’espansione urbana che ha riguardato il sud e il nord della città. La carta, ovviamente, non mostra il taglio del Centro Storico conseguente la realizzazione di via Roma i cui lavori iniziarono nel 1895 e si conclusero nel 1922.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

alla modernizzazione della città – nel 1886 fu realizzata la Stazione centrale e furono gettate le basi per l’urbanizzazione e la creazione della zona residenziale intorno ad essa – incluse anche il tramonto definitivo di ogni altra possibile occasione di incrementare significativamente la superficie dell’Orto. Sebbene nei primi anni del XX secolo si riuscì ad ottenerne l’ampliamento, l’Orto palermitano venne in più occasioni interessato da progetti di trasformazione delle zone ad esso adiacenti che misero in grave pericolo non soltanto il suo possibile ingrandimento, ma ne minacciarono seriamente la stessa integrità. Prima di raggiungere l’attuale configurazione, l’Orto rischiò più volte di legare il suo destino a politiche urbanistiche “poco rispettose” della sua esistenza. Esso, infatti, è riuscito a superare, indenne, le prospettive dei piani del ‘39 e del ‘46, per i quali la priorità assoluta era rappresentata dalla zonizzazione e dal riordino dell’assetto viario. Migliore, invece, è risultata la sorte dell’Orto legata al piano del 1962, che ne ha garantito in via definitiva l’integrità, anche se ne ha di fatto impedito l’ulteriore espansione. Il già citato piano Giarrusso del 1885 e poi il piano del 1939, promosso in sua sostituzione, attraverso la creazione di nuove arterie di deflusso per il sempre crescente numero di autoveicoli che giornalmente raggiungevano ed attraversavano il centro cittadino, avevano tra i tanti obiettivi la creazione di assi viari che, attraversando l’Orto, lo tagliassero ora in prossimità del confine di Villa Giulia, ora in prossimità dell’area appartenente al Giardino coloniale, acquisita suc12. Il vialetto centrale che conduceva all’estremo limite meridionale dell’Orto, ormai non più esistente. La foto risulta scattata approssimativamente da dove sarebbe in appresso sorto il piazzale antistante il nuovo istituto di Botanica; Sullo sfondo sono evidenti i vecchi muri perimetrali e, a destra, si scorge l’alberatura costituita già dagli annosi platani che oggi fanno parte del viale Montemartini. 13. Comparazione diacronica del perimetro dell’Orto botanico. 1 Confine dell’Orto alla fine del XIX secolo. 2 Terreno acquisito in seguito allo scambio con gli eredi Archirafi. 3 Parte ceduta al Comune per la realizzazione degli istituti scientifici. 4 Parte ceduta al comune per l’apertura della via Archirafi. 5 Parte acquisita come risarcimento per l’estensione data sul fronte di via Archirafi.

cessivamente alla permuta con gli Archirafi.

14 15

16

Al pari di Todaro, anche Francesco Bruno, direttore dell’Orto negli anni a cavallo del Secondo conflitto mondiale, si erse a paladino dell’integrità del giardino botanico, ricorrendo a tutti i mezzi in suo possesso per scongiurare il suo smembramento e la parziale distruzione. Se la Seconda Guerra Mon-

14. Pianta dell’Orto Botanico realizzata da Giacomo D’Africa intorno al 1930. 15. Dettaglio del piano di ricostruzione della città del 1947. In giallo evidenziato l’asse viario destinato ad attraversare parte dell’Orto. 16. Dettaglio della strada prevista dal piano di ricostruzione, all’interno del perimetro dell’Orto botanico.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

FONDAZIONE ED AMPLIAMENTO DELL’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Natale Surano

NOTE

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Pagnano G., 1996 – Il dorico nec plus ultra di Léon Dufourny – In: La Sicilia del ‘700 nell’opera di Léon Dufourny. L’Orto Botanico di Palermo – Ediprint, Palermo, p. 45. Gregorio R., 1821 – Discorsi intorno alla Sicilia – Pedone e Muratori Libraj, Palermo, pp. 95-97 (II). 14 La Duca R., 1977 – La città perduta – S. III, Palermo, p. 205. 15 Renda F., Op. cit., p. 795. 16 Meli G., 1915 – A S.E. sig. don Franciscu D’Aquinu principi di Caramanica e vicerè di Sicilia in occasioni di la sua provida e generusa cura in preservari lu dittu regnu nella terribili carestia accaduta l’annu 1793. In: Poesie. Secondo l’edizione definiva del 1814 curata dall’Autore – Libreria Internazionale A. Reber, Palermo. 17 Palermo G., 1816 – Guida istruttiva per potersi conoscere con facilità tanto dal siciliano, che dal forestiere tutte le magnificienze, e gli oggetti degni di osservazione della città di Palermo Capitale di questa parte de’ R. Dominj – 5:29-38. Reale Stamperia, Palermo. 18 Deputazione Gegerale de’ Pesi e Misure, 1812 – Codice Metrico Siculo – Stamperia dell’Università degli Studi, Catania. Dal 1811, pesi e misure vennero uniformate in tutto il Regno, senza differenza “da Vallo a Vallo, e da Città a Città”. L’antico palmo siciliano, col tempo, era stato alterato; si faceva più piccolo a Palermo, più grande a Messina e in altri paesi. Lo stesso si dispose per i pesi, le misure di superficie, di capacità per i liquidi e per gli “aridi”. Mondelli e tumoli erano multipli del palmo quadrato: 64 palmi quadrati corrispondevano a un mondello, 256 a un tumolo, 4096 palmi quadrati erano una salma. Quest’ultima valeva 16 tumoli. 19 Agnello A., 1861 – Tavole prontuarie officiali di pesi e monete del sistema metrico decimale e del sistema metrico legale antico di Sicilia – Stamperia Piola e Tamburello, Palermo. In virtù della legge 28 luglio 1861 – proposta dall’allora ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio, il siciliano Filippo Cordova, ed approvata dal primo Parlamento italiano – venne proclamato vigente in tutte le province italiane il Sistema Metrico Decimale. Secondo le tavole che furono approntate, un palmo corrispondeva a 0,258 metri, un palmo quadrato a 0,066 metri quadrati. 20 Emanuele e Gaetani di Villabianca F. M. – Palermo d’oggigiorno – In: Di Marzo G., 1873 – Opere storiche inedite sulla città di Palermo ed altre città siciliane, pubblicate su manoscritti della Biblioteca Comunale – Luigi Pedone Lauriel Editore, Palermo, 1873, p. 128 (III). 21 Lima A.I., 1978 – L’Orto Botanico di Palermo – S. F. Flaccovio Editore, Palermo, p. 226. 22 Di questa piccola superficie posta sotto il bastione dello Spasimo, non è ancora molto chiara l’origine. La comparazione di diverse planimetrie della città pubblicate durante tutto l’Ottocento ci fa intuire soltanto il periodo in cui l’Orto resta privo di una parte di quel terreno indicato dal Trombetta nella sua pianta e mostra come quest’appendice, già dalla metà del XIX, appaia equivalente a quella oggi in possesso dell’Orto. Qui vengono indicati due spazi complessivamente estesi per circa 3500 metri quadrati. Oggi la parte restante è molto ridotta e misura non più di 1000 metri quadrati. Quando sia avvenuto questo ridimensionamento e quando siano iniziati i lavori di costruzione delle abitazioni adiacenti non è indicato in alcun documento. Già nel 1818 il Lossieux (Fig. ) rileva, all’angolo dell’odierno Vicolo del Pallone con lo stradone di S. Antonino, un edificio verosimilmente corrispondente a quello ancora oggi esistente. E’ presumibile, pertanto, che già in quegli anni sarebbe venuto meno alla proprietà dell’Orto l’ampio spazio disegnato dal Trombetta. L’emiciclo, oggi di pertinenza dell’Orto botanico, è uguale a quello disegnato dallo stesso Trombetta, ma soltanto come invito alle due parti del giardino che adesso risultano invece occupate da alcuni edifici. 23 Originariamente, l’ingresso dell’Orto era stato posto lungo l’ideale prolungamento del viale centrale (asse est-ovest) della Villa Giulia, oggi testimoniato dalla presenza di due pilastri portanti le statue di Dioscoride e Teofrasto. 24 In occasione del ritorno di Ferdinando a Palermo, l’atteggiamento della popolazione era mutato. Le finanze dello stato non erano più floride come prima e allo stesso tempo il re necessitava di grandi risorse per mantenersi e mantenere l’intera corte, specie ora che erano venuti meno, con l’occupazione della parte continentale del regno, i 5/6 degli suoi proventi. Il tentativo di imporre nuove e più vessatorie tasse fece precipitare una situazione divenuta ormai sempre più complicata, al punto che i contrasti tra il re, la nobiltà e il parlamento locale culminarono nel 1812 con la concessione forzata di una costituzione di ispirazione liberale. 25 Lima, Op. cit., p. 57. 26 Lima, Op. cit., p. 66. Tra il 1839 e il 1862 vengono realizzati i padiglioni neoclassici e una nuova serra in ferro e vetri. Creata su progetto di Carlo Giachery, architetto nonché professore di Architettura nella R. Università di Palermo, fu di fatto prefabbricata a Parigi, nel 1857, presso la ditta dei fratelli Lefevbre. Nacque in sostituzione di una stufa grandiosa ed a vetri costruita, che forma ora il più bello ornamento delle scienze e di Palermo, e ricorderà ai posteri la generosità dell’augusta Carolina (Scinà, Op. cit., p. 154). Più dettagliata la descrizione di V. Mortillaro, nel 1844 (Opere, Stamperia Oretea, Palermo, p. 64), il quale precisa che la fu augusta Maria Carolina beneficar volendo questo stabilimento un ricco dono gli fece nel 1799 di una magnifica stufa a vetri, che una si è delle più belle macchine nell’Inghilterra in siffatto genere costruite, già destinata per l’Orto botanico di Vienna (Essa però non fu situata quivi che nel 1823). Nessun cenno, a tal proposito, si riscontra nella guida del Palermo (Op. cit.), pubblicata infatti nel 13

1

17. Particolare di due piante della città di Palermo realizzate rispettivamente intorno al 1915 dall’Ufficio Tecnico del Comune e nell’immediato dopoguerra dall’Istituto Geografico Visceglia, che evidenziano il nuovo assetto della Vigna del Gallo in seguito all’ampliamento dell’Orto e la realizzazione della via Archirafi.

diale, con il conseguente blocco di qualsiasi attività

oggi occupata dall’Azienda Municipale del Gas –

edilizia, impedì l’attuazione del piano del 1939, nel

così come sarebbe dovuto avvenire prima del suo

1946, in piena ricostruzione post-bellica, si profilò

insediamento – qualche tempo fa fu prospettato un

un’ulteriore minaccia nel nuovo piano di ricostru-

ulteriore, altrettanto storico ampliamento dell’Orto

zione, che prevedeva la realizzazione di una stra-

che ne avrebbe raddoppiato la superficie attuale.

da larga ben 32 metri, di convoglio del traffico tra

Nel 1985, un concorso di idee a cui parteciparono

corso dei Mille e piazza Marina . L’Orto, secondo

diverse scuole europee e italiane di urbanistica ed

il progetto, sarebbe stato attraversato dalla strada

arte dei giardini, organizzato dal Dipartimento

lungo tutto il suo asse trasversale, restando diviso

di Scienze Botaniche e dalla Cattedra di Arte dei

in due parti; quest’opera, allo stesso tempo, avrebbe

Giardini dell’Università di Palermo, ebbe come

compromesso gravemente anche l’attività dei ben

vincitore il progetto presentato dalla Department

quattordici istituti delle facoltà di Scienze, Agraria

of landscape Architecture della Agricoltural Uni-

e Farmacia, che si sarebbero così trovati stretti tra

versity di Varsavia48. Trascorsi ormai ben 25 anni, è

due strade, la già esistente via Archirafi e la nuova

molto improbabile che un ampliamento ulteriore si

arteria . Sarà lo stesso Bruno ad ottenere quindi, nel

possa vieppiù realizzare, sebbene la storia e i tempi

1954, dopo una personale battaglia che coinvolse il

di attuazione dello sviluppo di questo Orto, fin qui

mondo accademico e culturale palermitano, il voto

trattata, autorizzano ancora a sperare in un auten-

unanime del Consiglio comunale di Palermo del 22

tico miracolo!

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46

marzo, con cui si deliberava la definitiva e integrale conservazione47 dell’Orto. Da un possibile ridimensionamento, a un’ultima occasione per ingrandirsi. Nell’unica area disponibile, in un contesto ormai totalmente circondato da edifici e strade, a ridosso della via Tiro a Segno, tra il confine meridionale dell’Orto e il fiume Oreto, nonché in parte nell’area

Scinà D., 1827 – Prospetto della Storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo – Tipografia Reale di Guerra, Palermo, p. 4 (III). Così scriveva lo Scinà, riguardo alla suddetta determinazione: “Perciò onorata sarà sempre tra noi la memoria di Giuseppe Beccadelli di Bologna, marchese della Sambuca, ch’essendo ministro di Stato propose ed ottenne dal re la fondazione di nuove accademie e di nuovi seminari, delle istituzioni utili alle lettere e dei premi agli studiosi, l’aumento in somma e la stabilità della pubblica cultura in Sicilia”. 2 Renda F., 2003 – Storia della Sicilia dalle origini ai giorni nostri – Sellerio editore Palermo, pp. 747-749. Il siciliano Giuseppe Beccadelli, marchese della Sambuca, fu chiamato nell’ottobre del 1776 alla carica di primo Segretario di Stato di re Ferdinando e della regina Maria Carolina in sostituzione del Marchese Tanucci, accusato di condurre una politica troppo condizionata dalla corona spagnola. Tra i tanti e importanti provvedimenti del suo governo và ricordata l’attenzione posta al problema dell’istruzione superiore universitaria attraverso la riforma delle università di Napoli e Catania e, successivamente, con la fondazione della Regia Accademia degli Studi di Palermo. Dotata di 20 cattedre e finanziata con i beni confiscati ai gesuiti – ma impedita a rilasciare diplomi di laurea per un veto dell’ateneo catanese, unico in Sicilia ad avere questa prerogativa – non poté vantare una vera e propria cattedra di botanica. Nell’ordinamento universitario, approvato dal re il 14 maggio 1779, questo insegnamento fu infatti associato a quello di Storia naturale. 3 Nel 1778, cioè il primo dei tre anni in cui il marchese di Regalmici rivestiva la carica di pretore della città, si decise di mettere in vendita a privati i baluardi della città, già dal 1774 erano sguarniti di cannoni e quant’altro fosse necessario alla difesa delle mura, poiché si pensava di utilizzarne i ricavati per provvedere a nuove opere pubbliche. Venne concesso, dall’allora pretore Giuseppe Lanza, principe di Trabia, alla Deputazione degli Studi per 200 onze. 4 Emanuele e Gaetani di Villabianca F. M. – Diario palermitano da gennaio 1780 a dicembre 1782 – In: Biblioteca storica e letteraria di Sicilia ossia raccolta di opere inedite di scrittori siciliani dal secolo XVI al secolo XIX, per cura di Gioacchino di Marzo (Palermo, 1869-77). Con provvista del 9 ottobre 1779, la Deputazione dei Regi Studi ottenne dal Senato cittadino l’uso del Baluardo di porta Carini per destinarlo a Orto di Botanica, per farlo piantare in parte, tenerlo ben coltivato e procurare per esso tutte quelle piante che le era stato agevole di rinvenire con aver financo mandato i suoi Botanici più di una volta in varie parti del Regno. 5 Mack Smith D., 2003 – Storia della Sicilia medievale e moderna – Editori Laterza, pag. 426. 6 Tornabene F., 1847 – Quadro storico della Botanica in Sicilia – Tipografia del Reale Ospizio di Beneficenza, Catania, p. 31. 7 Emanuele e Gaetani di Villabianca F. M. – Diario palermitano da gennaio 1780 a dicembre 1782 – In: Biblioteca storica e letteraria di Sicilia ossia raccolta di opere inedite di scrittori siciliani dal secolo XVI al secolo XIX, per cura di Gioacchino di Marzo (Palermo, 1869-77). Sull’inadeguatezza del luogo così scriveva il Villabianca: “Bisognò tuttavia erogarvisi buona somma di danaro, si per il ricapito della graste in buon numero, e sì per le divisioni e cellule, che vi si fabbricarono, piantandovi al tempo stesso arboscelli botanici in cave profonde di terra, che fu ammonticchiata sopra li strati di pietra della fortezza. L’acqua poi, che era l’anima delle piante, vi si provvedeva per via di acquedotti, che la faceano salire in quel luogo; e se faceva l’adacquamento a mani con spesa quotidiana di molto interesse. Non era in tal guisa da potere a lungo tirarla; e perciò il pubblico non ne restava contento, essendo cosa di accomodo temporaneo, e sol per bastare a dirsi, che verdeggiava in Palermo un orto medicinale botanico. Posto ciò quindi, si pensò meglio; ed il senato trovò occasione di vender le fabbriche e tutta la mole del fiorito baloardo Aragona, o di porta Carini, al vicino monastero detto della Concezione, che en fece la compra, sborsando oncie mille in contante”. 8 Emanuele e Gaetani di Villabianca F. M. – Diario palermitano da gennaio 1776 a dicembre 1779 – In: Di Marzo G., 1873 – Diari della Città di Palermo dal secolo XVI al XIX pubblicati su manoscritti della Biblioteca Comunale – Luigi Pedone Lauriel Editore, Palermo, pp. 125-128 (XVII). In occasione dell’inaugurazione della Pubblica Villa Giulia, l’11 settembre del 1777, il Villabianca, sul piano di S. Erasmo, commenta così: “Perocché molto più ne venia manco la voglia dopo il tentativo infelice del duca Luigi Gaetani, il qual, come pretore nel 1737, avendo voluto coronar d’olmi e di platani quel piano, li vide tutti perire nel corso stesso di detto anno per opera de’ medesimi paesani, che pieni di mal talento, o per capriccio, o per mandato de’ marinai, mandarono a male tutto il benfatto. […] E’ da notar però parimenti siccome non solo al duca Gaetani era andata a vuoto una simile impresa, ma bensì al duca di Moltalbo Giovan Maria Sammartino di Ramondetto, pretore della città del 1753: onde non so dir se altresì la presente non sia per incontrar la medesima sorte”. 9 Borzì A., 1905 ¬– Ampliamento e sistemazione dell’Orto botanico – Boll. del R. Orto Bot. di Palermo. 10 Emanuele e Gaetani di Villabianca F. M., Op. cit., p. 126. 11 D’Africa G., 1945 – Il R. Istituto – Orto Botanico e il R. Giardino Coloniale di Palermo – Tipografia Nazionale, Palermo. Pag. 9.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

1816, periodo in cui l’Orto non disponeva neppure dello spazio poi destinato ad accogliere la citata serra. 27 Cancila O., 2006 – Storia dell’Università di Palermo dalla fondazione al 1860 – Laterza Ed., p. 251. 28 Borzì A., 1897 – Reliquiae Tineane – Boll. del R. Orto Bot. di Palermo, pp. 11-12 (I). “Durante i moti rivoluzionari del 1820 l’Orto divenne preda al saccheggio. In poche ore tutto fu manomesso – biblioteca, collezioni, erbario; ogni cosa dispersa e distrutta dalla plebaglia tumultuante e inferocita”. Infatti, la drammatica notizia della concessione ai napoletani di una nuova costituzione arrivò a Palermo proprio nel momento più pericoloso dell’anno, quando le strade della città erano affollate di cittadini e campagnoli per le feste di S. Rosalia. I moti della popolazione, dei reparti militari e del clero causarono, quindi, ingenti danni all’Orto Botanico. “I soldati si fortificarono dentro l’Orto e lo difesero per 11 giorni. Povero Tempio della Flora! I cannoni rotolavano sopra le aiuole, i soldati realizzavano tappi con fogli d’erbario e i più belli oggetti di rame finirono in polveriera; 18.000 vasi furono distrutti, in parte per formare barricate, in parte per lanciarli, in mancanza d’altro dalle più alte finestre dell’istituto contro gli attaccanti”. Guntz E., 1830 – Ueber den Botanisschen Garten, “Flora”, in Portoghesi P., Lo Nardo S., Raimodo F.M. (a cura di), 1996 – Ispirandosi all’Orto Botanico. Rapporto tra arte,cultura e natura - Palermo, Orto Botanico, ottobre 1996, p. 31. 29 Renda F., Op. cit., p. 783. 30 E’ molto probabile che Ferdinando III fu smisuratamente e lungamente lodato dagli scrittori e cronachisti suoi contemporanei. Allo stesso tempo è anche molto probabile che lo stesso Scinà (Op. cit.) non si fosse distaccato dall’ufficialità, come già in passato avevano fatto il Fazello o il Mongitore per il loro tempo. In realtà, sin dai primi anni del XIX secolo, il regime borbonico si rivelò molto differente da quello del secolo precedente e, quando nel maggio 1815 Ferdinando lasciò definitivamente Palermo, il rancore accumulato durante gli ultimi anni passati in esilio, lo spinse a vendicarsi della Sicilia e dei siciliani. Nel dicembre del 1816 egli emanò un nuovo statuto che sanciva la fine dei due regni, quelli di Napoli e di Sicilia, e la nascita del solo Regno delle Due Sicilie. Gli eventi del 1812, culminati con la concessione della Carta costituzionale, sembrarono ormai lontanissimi. Con la caduta di Napoleone e la successiva Restaurazione, la Sicilia non solo venne privata di tutto ciò che aveva conquistato, ma anche di quello che possedeva in precedenza. Palermo non fu più la capitale; la città perse moltissimo in prestigio, cessando di essere il centro della vita di corte e divenendo provincia del nuovo regno; da allora non vi risiedette più un vicerè, ma soltanto un luogotenente generale. 31 Cancila O., Op. cit., p. 185. Il 22 agosto 1805 fu approvata con Regio decreto la proposta della Deputazione degli Studi di trasformare l’Accademia in Università. Il 3 settembre 1805 un dispaccio reale comunicò che la regia Maestà si era degnata di erigere ad Università di Studi l’Accademia palermitana. Il 12 gennaio 1806 Ferdinando firmò la cedola reale (decreto) che conteneva il provvedimento. La costituzione di una vera e propria università avvenne con dispaccio reale del 3 novembre 1805 ed il diploma del re Ferdinando III di Borbone che dava all’accademia il titolo di Università reale degli studi giunse a Palermo il 12 gennaio 1806. 32 Inzenga G., 1863 – Descrizione dello Istituto Agrario Castelnuovo – Tipografia della Forbice, Palermo, pp. 5-7. Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, all’inizio del 1819 col proposito di istruire giovani agricoltori aveva utilizzato la sua villa nella Piana dei Colli per ospitare un “Seminario di Agricoltura”. Gli avvenimenti politici del 1820, susseguenti a quattro anni disorganizzazione amministrativa e politica derivata dai decreti del 1816 che abolivano la costituzione del ‘12 ritardarono il completamento dell’opera che, comunque, vide la luce dopo la sua morte, solo nel 1847. 33 Mangano G., 1898 – L’ingrandimento del R. Orto Botanico – Boll. del R. Orto Bot. di Palermo, n. 1-2(II), p. 10. 34 Poiché nei primi decenni del XIX secolo la popolazione cominciò sempre più a spostarsi all’esterno delle mura rinascimentali, non essendo più possibile trovare spazio sufficiente per edificare nuove abitazioni all’interno di esse, l’amministrazione comunale nel 1819 decise di dare vita a nuovi quartieri, iniziando anche diversi lavori di miglioramento dei tracciati viari di collegamento, tra i quali anche il proseguimento della via Maqueda. Da qui l’interesse per la Vigna del Gallo e per le zone limitrofe dove già era in costruzione il quartiere Oreto. 35 La rivolta indipendentista siciliana del 1848 fu la prima in assoluto di un anno colmo di rivoluzioni e di moti popolari che riguardarono l’intera Europa. Scoppiata inizialmente a Palermo il 12 gennaio, coincise, non a caso, con il compleanno di Ferdinando II, essendo egli stesso nato a Palermo lo stesso giorno, nel 1810. Rappresenta l’inizio della fine del regno dei Borboni nelle Due Sicilie. Diede luogo al fiorire di nuove coscienze che culminarono col Risorgimento e, infine, riveste un significato particolare perché la Sicilia, in tale occasione, visse per sedici mesi come stato semiindipendente grazie all’applicazione della costituzione del 1812 che contemplava i principi della democrazia rappresentativa e della centralità del Parlamento nel governo dello stato. I suoi effetti cessarono, temporaneamente, il 15 maggio 1849, quando l’esercito borbonico riprese con la forza il pieno controllo dell’Isola. 36 Borzì A., Op. cit., p. 11. 37 Mangano G., Op. cit., p. 11. Agostino Todaro, nobile avvocato e senatore del Re-

gno nella XIV legislatura (1880-1882) ma soprattutto botanico di grande fama, prese il posto di Vincenzo Tineo alla sua morte, nel 1856. Fu impegnato durante tutto il suo mandato non soltanto nella ricerca di un possibile ampliamento dell’Orto ma, sotnella difesa dei suoi stessi confini. Scomparsa delle maestranze, inurbamento della popolazione contadina, aumento demografico, valore fondiario che diviene strumento per la misurazione dei terreni, diventano concause che influiscono e concorrono al dimensionamento dell’Orto ma a volte rischiano di pregiudicarne l’esistenza. E’ dell’aprile 1860 una ulteriore, nuova e puntuale sollecitazione da parte dell’Intendente della provincia di Palermo, affinché si venda il lotto “Amato” allo stesso privato, tale Francesco Canzoneri. L’ingiunzione di vendere fu trasmessa al nuovo direttore agli inizi di maggio; ma il 27 dello stesso mese il governo borbonico cadde e la faccenda si risolse nel nulla. Todaro fu impegnato anche nella difesa dell’integrità dell’Orto nel 1885, quando dovette fronteggiare, con successo, il piano di risanamento realizzato in seguito alla epidemia di colera che colpì Palermo. 38 AA.VV., 1861 – Raccolta degli Atti del Governo Dittatoriale e Prodittatoriale (1860) – Stabilimento Tipografico di Francesco Lao, Palermo, p. 484. “L’Orto botanico di Palermo sarà aggrandito e migliorato, aggiungendovi un campo di sperimento e d’acclimatazione per le piante utili”. Art. 24 della Legge n. 263 del 17 Ottobre 1860 con la quale si adotta in Sicilia la Legge sull’Istruzione pubblica promulgata in Torino il 13 novembre 1859. 39 Nell’estate del 1885 una grave epidemia di colera colpì Palermo; in settembre la città fu isolata dal resto del Paese per i numerosissimi decessi che colpirono la popolazione. Per far fronte a una carenza igienica della città ormai insostenibile, lo stesso anno il Comune di Palermo decide di affidare all’Ing. Felice Giarrusso un incarico per la realizzazione di un piano di espansione, la cui prima stesura prevede, tra i tanti interventi all’interno del centro storico, la distruzione di una considerevole parte dell’Orto. Dopo numerosi e vani appelli alle autorità locali, Agostino Todaro pone la questione a livello nazionale con un Reclamo del Real Orto botanico a S. E. il Ministro dell’Interno contro il Piano regolatore di Palermo e ottiene l’attenzione del mondo politico e scientifico che si schiera a difesa dell’Orto Botanico e a tutela della sua integrità, il che diede origine all’approvazione di una variante del Piano. 40 Nel 1893, in vista del I centenario della fondazione dell’Orto, il Borzì invitò la Società Botanica Italiana a tenere un congresso a Palermo nel 1895. Questo si svolse nel mese di maggio e durante le varie riunioni che ne seguirono venne resa nota l’idea di elevare l’Orto a Istituto Botanico Internazionale. 41 Borzì A., 1906 – Cronaca dell’Istituto Botanico di Palermo durante l’anno 1906 – Boll. del R. Orto Bot. di Palermo, 1-2(V):111-112. 42 Catalano G., 1917 – Il R. Giardino Coloniale di Palermo – Stabilimento Tipografico 39 Industriale, Palermo, pp. La Sezione Coloniale dell’Orto botanico sorta, malgrado le scarse risorse, già nel 1892 sotto la direzione di Antonino Borzì, in seguito alla nascita della prima colonia italiana in terra d’Africa, l’Eritrea, fu progressivamente implementata ed arricchita di specie di origine esotica provenienti dalle altre colonie ed in particolare dalla Somalia, divenuta italiana nel 1905. In seguito all’occupazione di Tripolitania e Cirenaica (Libia) e all’istituzione di un Ministero delle Colonie, nel 1913 (Legge n. 971 dell’11 luglio) venne istituito un “Giardino Coloniale presso l’Orto botanico” col fine di promuovere la conoscenza scientifica e pratica delle piante di origine esotica utili alle industrie e ai commerci […] e di curare la diffusione delle piante riconosciute utili fra gli istituti di studi agrari e fra privati agricoltori. Esso ebbe grande rilievo e sviluppo durante il periodo fascista contemporaneamente con la nascita dell’impero, conseguenza dell’ultima conquista, l’Abissinia. Dotato di risorse proprie, venne soppresso nel 1975. 43 Atti Parlamentari del Regno LXXXVI p. 3082 e successive. 44 Il 1861 vide la nascita della prima officina di produzione del gas a Palermo. Di proprietà dell’impresa francese Favier, essa produceva il gas per l’illuminazione pubblica per alcune limitate zone della città. Le officine, alla fine del XIX secolo, furono cedute alla Società italiana per il Gas, che le gestì fino al 1906, anno in cui nacque l’Azienda municipale del Gas. 45 Bruno F., 1951 – É necessario difendere l’integrità del patrimonio scientifico dell’Orto Botanico – Lavori dell’Ist. Bot. e del Giard. Col. di Palermo, pp. 1-19 (XIII). 46 Bruno F., 1954 – Gli Istituti Universitari di via Archirafi ed il prolungamento della via del Porto dalla piazza dello Spasimo al ponte dell’Ammiraglio – Boll. di Studi ed Informazioni del Giard. Colon. di Palermo, pp. 1-14 (XX). 47 Bruno F., 1957 – L’Orto Botanico, il Giardino Coloniale e gli Istituti Universitari di via Archirafi sono salvi – Lavori dell’Ist. Bot. e del Giard. Col. di Palermo, pp. 1-32 (XV). Nonostante una deliberazione del Consiglio comunale dell’ottobre 1952 avesse bocciato il progetto di realizzazione di un asse viario passante all’interno dell’Orto, l’Ufficio tecnico comunale già dal 1953 aveva ripreso ad operare in tal senso. Stranamente, se da un lato aveva negato l’autorizzazione per la realizzazione di alcuni edifici sulla via Lincoln, a ridosso dell’Orto, nello stesso tempo aveva però provveduto a concedere nuove licenze edilizie lungo il prolungamento della via Carlo Rao, a monte della via Archirafi, unica e idonea alternativa per la realizzazione dell’importante asse viario. 48 Pirrone G., 1987 – Il Concorso per l’Orto Botanico di Palermo. In: Giorgetta F. (ed.) Natura e progetto del parco contemporaneo. C.L.U.P. Milano, pp. 67-72.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI Francesco M. Raimondo

Struttura e organizzazione delle collezioni

via Archirafi, e un settore dedicato alle piante utili.

L’Orto botanico di Palermo, essendosi sviluppato

In questo ambito figurano anche specie medicinali

in un contesto temporale che ha visto non solo i più

tra cui Carica quercifolia, Melaleuca leucodendron, Ela-

significativi progressi sulle concezioni sistematiche

eodendron australe, Pilocarpus pennatifolius Ricinus

inerenti gli organismi vegetali ma anche una diver-

communis, Cinnamomum camphora, Salvia menthi-

sa visione circa l’utilità delle piante, non più conce-

folia, ecc.. Altresì sono presenti piante di interesse

pite come fonti di principi terapeutici, è il risultato

industriale come l’aleurite (Aleurites moluccana), la

dell’evoluzione della scienza specifica e delle stesse

manioca (Manihot palmata), il ramiè (Bohemeria ni-

funzioni.

vea), Questi settori costituiscono i resti del Giardino

Esso è stato gradualmente ampliato fino a raggiun-

coloniale, uno spazio in atto in progressiva trasfor-

gere, nel 1906, la configurazione e l’estensione di

mazione. In esso vengono tuttora ospitate collezio-

circa 10 ettari. Oggi è costituito da due corpi princi-

ni di piante tropicali di interesse economico. Agli

pali, corrispondenti rispettivamente alla porzione

ordinamenti sistematici e ai due ultimi settori si

più antica, prossima al Ginnasio, dove le collezioni

aggiungono anche gli ordinamenti bioecologici e

sono disposte secondo il sistema di classificazione

geografici – posti tra l’antico giardino linneano, il

delle piante messo a punto da Carlo Linneo e ad

settore delle piante utili e il sistema di Engler – deli-

una più recente, prossima all’edificio sede dei labo-

mitati ad est dal viale Luigi Montemartini. Si tratta

ratori didattici e scientifici, in cui viene rappresen-

del giardino delle succulente, della giungla a Ficus

tato il sistema di classificazione di Engler.

rubiginosa, del boschetto mediterraneo a Quercus

Questo, attribuito al Borzì ma realizzato successi-

ilex e Viburnum tinus – di recente realizzazione in

vamente da Montemartini, rispecchia l’ordinamen-

parte dello spazio prima occupato da un boschet-

to filogenetico ed è noto con il nome di “nuovo

to costituito da piante di varia provenienza – del

sistema”. Oltre ai due citati ordinamenti sistema-

piccolo arboreto a prevalenza di piante australiane

tici, il giardino comprende un settore sperimenta-

come Meryta denhamii, Macadamia ternifolia, Grewil-

le, concentrato in buona parte nella sua porzione

lea robusta, Araucaria columnaris, A. cunninghamii e

meridionale addossata agli edifici universitari di

A. bidwillii. In questo contesto fitogeografico, con


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI

Francesco M. Raimondo

il suo potente apparato di radici aeree colonnari e

Lotus commutatus, Salsola oppositifolia, Rosmarinus

te fra le quali la flottante Pistia stratioides dei fiu-

di bouganvillea – si aggiungono la serra delle suc-

tabulari, troneggia il grande ficus magnolioide (Fi-

officinalis, Thapsia garganica, Tanacetum vulgare sub-

mi tropicali. In prossimità e nel cuore dell’Orto,

culente e le tre serre riscaldate, la più grande delle

cus magnolioides = F. macrophylla subsp. columnaris)

sp. siculum, Saccharum aegptiacum e Capparis spinosa,

trovano oggi ospitalità due interessanti collezioni

quali, la centrale detta della Regione, ospita nume-

originario dell’Isola di Lord Howe di fronte la costa

le felci Asplenium onopteris e Dryopteris pallida. Vi

di palme e di cicadee, impiantate a costituire due

rose specie di Aracee, alcuni Croton, pandani e una

pacifica dell’Australia, capostipite di una serie di

si trovano anche alcune brassiche endemiche tra

nuovi ordinamenti tassonomici in progressivo ar-

mangrovia (Rhizophora mangle).

grandi alberi presenti in diversi giardini ottocen-

cui B. insularis e B. incana, In prossimità, a ridosso

ricchimento: appunto il Cycadetum e il Palmetum,

Esauriscono gli spazi protetti dell’Orto altre tre pic-

teschi di Palermo e di altre città mediterranee. Po-

del muro, lungo il confine orientale dell’Orto, sono

un contesto unico in tutti gli orti e giardini botanici

cole serre dedicate ad attività sperimentali.

sizione marginale trovano qui anche Calodendrum

presenti piccole collezioni di endemiche sicule tra

europei per la ricchezza di specie coltivate in pie-

Numerose sono le collezioni in vaso, riunite per

capensis, rutacea del Sud Africa, Aspidosperma que-

le quali, Seseli bocconi subsp. bocconi, Colimbada

na aria. Nella vasta superficie del rigoglioso giar-

famiglie e per generi e distribuite ai margini dei

braco-blanco, apocinacea del Sud America, Cassine

acaulis, C. tauromenitana, Ptilostemon greuteri, Cen-

dino, intersecata da bellissimi viali fiancheggiati

viali, nelle varie piazzole e sui muretti perimetrali

maurocenica, un’ espressivo quanto raro ficus del

taurea aeolica, Silene hicaesie, Caralluma europaea, Bu-

da palme (Viale Francesco Bruno), querce (Viale

o all’interno di alcune delle citate serre. Fra queste

Bengala (Ficus benghalensis) e Taxodium disticum,

pleurum dianthifolium, Oncostema hughii, Tripolium

Vincenzo Tineo e Viale Filippo Parlatore), chori-

collezioni assumono notevole rilievo quelle relati-

conifera delle paludi nord americane, adattata a

sorrentinoi, Calendula maritima, Hieracium lucidum

sie (Viale Antonino De Leo), platani (Viale Luigi

ve a Cactacee, Liliacee, Leguminose, Aizoacee, Bro-

vivere su suoli asfittici, attraverso l’emissione in

subsp. lucidum, alcune specie di Limonium endemi-

Montemartini) e agrumi (Viale Fratelli Riccobono

meliacee, Crassulacee, Euforbiacee, Asclepiadacee,

superficie di robusti pneumatofori.

che in Sicilia, come L. minutiflorum,L. hyblaeum, L.

e Viale Andrea Di Martino), vegetano piante dalle

Moracee, Aracee, Labiate, Mirtacee, Agavacee e

A ridosso del confine meridionale-orientale di via

todaroanum, L. mazzarae, L. lopadusanum, L. optimae

straordinarie forme e fioriture, di fronte alle quali

Amarillidacee. Ovviamente non vi possono man-

Tirassegno, si colloca anche la “collinetta mediter-

e L. densiflorum ed ancora Urtica rupestris, Jacoaba-

anche i meno attenti visitatori restano attratti. Si ri-

care le curiosità botaniche. Fra queste si ricordano

ranea”; si tratta di uno spazio organizzato a pira-

ea maritima subsp. bicolor ed Helichrysum stoechas

cordano le numerose specie di Erithryna, Bahuinia,

l’albero del sapone (Sapindus mukorossi), il sico-

mide in cui trovano sede espressioni della flora del

subsp. barrelieri. Altra piccola collezione: le piante

Dracaena, Yucca, Acacia, Sterculia, Melaleuca e le rare

moro (Ficus sycomorus), una mangrovia (Rizophora

distretto siculo, unità fitogeografica comprendente

dei litorali sabbiosi della Sicilia fra cui Ammophila

Ceiba pentandra, Tabeuia ipe, Spathodea campanulata e

mangle) e alcune sensitive come la ricordata Mimosa

la Sicilia e le isole maltesi. Vi si rinviene un ricco

areanaria, Cyperus capitatus, Retama raetam subsp.

Cupania vernalis; in particolare, l’ipè è ormai parte

spegazzinii e Sparmannia africana.

numero di specie di cui talune endemiche di setto-

gussonei, Seseli tortuosum var. maritimum, Eryngium

del paesaggio urbano esterno all’Orto. Meritevoli

Una peculiarità dell’Orto botanico palermitano è

ri circoscritti. In particolare figurano: Vitex agnus-

maritimum, Agropyrum mediterraneum, Silene sedoi-

di attenzione sono le collezioni in vaso di alcune

data dal fatto che esemplari di alcune specie, svi-

castus, Nerium oleander, Ephedra fragilis, E. distachya,

des, Euphorbia paralias e il giglio delle spiagge (Pan-

famiglie e generi rappresentativi, allevate in parte

luppandosi come nei luoghi di origine hanno poco

Phlomis fruticosa, Urginea maritima, Narcissus seroti-

cratium maritimum).

all’esterno. Al riguardo, si ricordano le collezioni

per volta sopraffatto le piante vicine, meno vigoro-

nus, diverse specie di Euphorbia tra cui E. dendroi-

Alla base della collinetta, ai lati del vialetto di ac-

di Cactaceae, Aizoaceae, Asclepiadaceae, Apocynaceae,

se e quindi meno competitive, sconvolgendo l’as-

des, E. bivonae, E. pithyusa subsp. cupanii, E. cerato-

cesso, si impongono due annosi esemplari di Cal-

Aloaceae, Agavaceae ed Euphorbiaceae, quest’ultima

setto originario dell’impianto. Forse proprio per

carpa, E. meuselii, E. melapetala, E. characias subsp.

litris quadrivalvis, cupressacea nord-africana, in na-

arricchita da una recente donazione di un amatore

questo, l’Orto ha gradualmente assunto la sua ri-

characias, due sottospecie di Micromeria graeca (M.

tura presente in una unica stazione anche a Malta.

romano. Anche le numerose serre, fra cui per fat-

nomata monumentalità. Esempio emblematico ne

g. subsp. fruticulosa e M. g. subsp. consentina), Pra-

Nell’Orto non mancano i sistemi acquatici; tra que-

tezze architettoniche spicca la “Carolina”, recente-

è il grande Ficus magnolioides (F. macrophylla subsp.

sium majus, Rhus pentaphylla, Anagyris foetida, Osyris

sti emerge il citato Aquarium dove prosperano varie

mente restaurata assieme a tutto il giardino linnea-

columnaris) che con la sua amplissima chioma so-

alba, Crataegus laevigata, Erica multiflora, Juniperus

idrofite come alcune specie e varietà di Nynphaea,

no e al complesso degli edifici monumentali; al suo

stenuta da un imponente apparato di radici aeree,

turbinata, Pistacia lentiscus, Rhamnus alaternus, Ficus

il loto indiano (Nelubium nucifera), Nuphar luteum,

interno trovano sede permanente esemplari di non

rappresenta un autentico monumento della natura

carica, Rosmarinus officinalis, Asparagus acutifolius,

Sagittaria lancifolia, ecc. Ai margini, dal lato oppo-

comuni essenze tropicali come lo strofanto (Stro-

vivente.

Lomelosia cretica, Anthyllis barba-jovis, Citysus aeoli-

sto all’antico sistema di Linneo, delimitano il setto-

phanthus scandens), la falsa cannella (Pimenta acris),

cus, Cheirolophus crassifolius, Prunus webbii, Genista

re più antico dell’Orto rigogliosi gruppi di bambù

esemplari di caffè (Coffea arabica), papaia (Carica

Distribuzione spaziale ed ecologica delle colle-

tyrrena, Limoniastrum monopetalum, Hyoseris taurina,

appartenenti a vari generi. A ridosso di questi, in

papaya) e alcune sensitive come Mimosa spegazzinii.

zioni

Helichrysum hiblaeum, Coronilla valentina, Periploca

una piccola palude, prosperano il papiro egiziano

Al suddetto giardino d’inverno – in cui fra l’altro

Un orto botanico si caratterizza da un semplice

graeca,P. angustifolia, Rumex lunaria, Salvia argentea,

(Cyperus papyrus), Eichornia crassipes e altre idrofi-

lussureggiano annosi esemplari di delicate varietà

giardino botanico per il fatto che le collezioni non

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI

Francesco M. Raimondo

sono soltanto disposte secondo canoni estetici e

nosperme e Angiosperme, queste ultime distinte in

palude insieme a varie altre specie fra cui il papi-

rappresentate da individui di entrambi i sessi e,

identificate scientificamente, ma sono anche di-

Dicotiledoni e Monocotiledoni. Le famiglie vengo-

ro egiziano (Cyperus papyrus) e la flottante lattuga

quasi sempre, di età differente; alcuni sono annosi,

sposte secondo criteri scientifici: si parla dunque

no presentate in una sequenza che va dalle meno

d’acqua (Pistia stratoties).

altri di media età. Questo nuovo ordinamento, in

di ordinamento. Fra gli ordinamenti adottati ricor-

evolute a quelle più evolute.

considerazione del valore, della delicatezza e della

rono quello sistematico, quello tassonomico, quello ecologico, quello fitogeografico, quello delle piante

rarità di alcuni reperti – è dotato di impianto di vi-

Cicadeto Ordinamenti bioecologici e geografici

Ordinamento

tassono-

deosorveglianza ed è sotto continua vigilanza del

utili (alimentari, medicinali, coloranti, tessili).

Fanno parte di questo

mico dedicato al gruppo

personale, nelle ore di apertura al pubblico. Pan-

Nell’Orto palermitano ricorrono un pò tutti, anche

gruppo il vecchio giardi-

delle Cycadopsida, una

nelli esplicativi ne rendono agevole la visita. L’ef-

se alcuni lo sono in maniera particolarmente evi-

no delle succulente, co-

classe di piante a semi,

ficacia didattica è determinata dal richiamo che il

dente. Fra di essi si ricordano quelli appresso pre-

stituito da specie di dif-

primitive. Si tratta di una

gruppo alimenta. Il continuo riferimento ai “fossili

sentati.

ferenti famiglie (Agava-

cospicua collezione di

viventi”, alle “prime piante dotate di semi”, all’evi-

ceae, Aloaceae, Cactaceae,

autentici fossili viventi,

dente carattere dioico delle piante, ne fa oggetto di

Crassulaceae,

Didiereace-

ovvero gimnosperme in

istintiva curiosità fra studenti e visitatori in genere.

Rappresenta la parte più

ae, Euphorbiaceae). Generi

gran parte provenienti dall’emisfero australe, ri-

Il nuovo impianto, inquadrabile fra gli ordinamen-

antica dell’Orto. Impian-

rappresentati sono: Agave, Alluaudia, Aloe, Cereus,

salenti al Mesozoico. L’Orto vanta il primo esem-

ti tassonomici, di per sé costituisce un tematismo

tato dal francescano Ber-

Crassula, Echinocactus, Euphorbia e Opuntia; un bo-

plare di Cycas revoluta – dono di Maria Carolina

che ben si presta alla finalizzazione didattica delle

nardino da Ucria tra il

schetto esotico, dove vegeta un singolare Ficus ru-

di Borbone – messo a dimora nel 1799. Ricordato

collezioni scientifiche degli orti botanici e nell’Orto

1789 e il 1791, il giardino

biginosa, e la “collinetta mediterranea” che ospita

come primo esemplare di questa specie coltivato

di Palermo esso costituisce uno straordinario stru-

linneano è organizzato in

alcune significative componenti della flora spon-

in piena aria in Europa1 oggi è parte di una colle-

mento di sensibilizzazione del pubblico per quanto

quattro quartini all’inter-

tanea sicula, inclusi diversi importanti endemismi.

zione che documenta circa la metà delle cicadee

concerne l’evoluzione dei vegetali.

no dei quali le collezioni

Rientra in questo stesso contesto il piccolo arbo-

conosciute. Essa vanta diversi esemplari di pregio

sono distribuite in ortuli

reto australiano in cui danno bella mostra di sé

coltivati all’aperto, tra cui Encephalartos altensteinii

(piccole aiuole rettangolari), per classi e sottounità,

rigogliosi esemplari di Merita denhamii, Macadamia

e Macrozamia moorei. All’interessante gruppo tas-

Anche per le palme si

secondo il sistema di classificazione del naturalista

ternifolia, Grevillea robusta, Araucaria cunninghamii, A.

sonomico, è stato dedicato uno specifico spazio a

può dire la stessa cosa

svedese, basato essenzialmente sui caratteri ses-

bidiwilii e A. columnaris, il più alto albero della città di

contatto dell’area destinata al Palmetum. I supersti-

detta per le cicadee. Ri-

suali dei fiori: in particolare in funzione del nume-

Palermo.

ti “dinosauri” del mondo vegetale sono stati così

spetto ai classici pochi

posti a confronto con piante apparentemente simili

generi ereditati dal se-

ma assai distanti filogeneticamente. Nell’Orto, la

colo precedente, l’Orto

rappresentativi

dotazione di generi di Cycadopsida è passata da

dispone di un’imponen-

Rappresenta il settore

sono l’Aquarium e la pa-

3 (Cycas, Dioon, Ceratozamia) a 9, mentre si è note-

te collezione disposta in

più moderno seppure

lude vicina. Nel primo

volmente arricchita quella dei taxa specifici che da

piena aria, in cui sono rappresentati svariati generi,

risalente ai primi del No-

trovano ospitalità diver-

4 (Cycas revoluta, C. circinalis, Dioon edule e Cerato-

in natura diffusi in tutti continenti.

vecento. Le piante sono

se varietà di ninfee le

zamia mexicana) è passata a un centinaio, apparte-

Grazie al favore del clima, esemplari di oltre cento

disposte secondo lo sche-

cui fioriture policrome

nenti a 9 degli 11 generi conosciuti. Escludendo

specie sono state impiantate in un vasto spazio cen-

ma sistematico del bota-

si ammirano per tutta

infatti Chigua e Bowenia, vi sono rappresentati tutti

trale all’Orto: il palmetum. In esso si contano oggi

nico tedesco, di origine

l’estate. Questa grande

i generi (Cycas, Dioon, Ceratozamia, Encephalartos,

polacca, Adolf Engler,

vasca circolare, a comparti, che risale alla fonda-

Microcycas, Zamia, Macrozamia, Lepidozamia e Stan-

che studiò le relazioni filogenetiche tra i vari grup-

zione dell’Orto, ospita anche il notissimo loto in-

geria). Fra di essi, per ricchezza di taxa specifici,

pi di vegetali. Le collezioni sono suddivise in Gim-

diano (Nelumbo nucifera) presente pure nella vicina

emergono Encephalartos e Cycas. Varie specie sono

Ordinamento sistematico di Linneo

1. Carolus Linnaeus (1707 1778)

ro degli stami e dei relativi rapporti. Sistemi acquatici Ordinamento sistematico di Engler

2. Adolf Engler (1844 - 1930)

Sistemi

Palmeto

1

Sembra tuttavia che l’esemplare donato all’Orto dalla consorte di Ferdinando di Borbone, provenga invece da una pianta già coltivata nel giardino degli Alliata a Villa Valguarnera (Bagheria), presso cui la famiglia reale fu ospitata al suo arrivo in Sicilia, dopo essersi prudentemente allontanata da Napoli, via mare, protetta dall’ammiraglio Nelson, prima dell’arrivo nella capitale partenopea delle truppe francesi di Murat.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI

Francesco M. Raimondo

numerose specie provenienti dall’Asia tropicale,

ma, da caucciù, oleose e tessili. Le diverse specie

Serre

Felceto

dall’America centrale e meridionale e da molte iso-

Di recente allestimento è

L’Orto botanico dispone

presenti sono raggruppate anche in base all’origine

le tropicali.

lo spazio destinato a felci

di serre per complessivi

geografica.

Tra le tante, sono di rilievo Roystonea regia di Cuba,

e ad alcune significati-

1300 metri quadri. La più

Bismarckia nobilis, Dypsis decaryi e Ravenea rivularis

ve igrofite nel cuore del

antica di esse è la “Serra

del Madagascar, Serenoa repens della Florida, nota

Giardino.

Carolina”, realizzata in-

Questo settore – impian-

palma medicinale, Wallichia densiflora dell’Hymala-

Tra le prime, in un am-

torno al 1860 in ghisa,

tato alcuni anni fa all’in-

ya, Crysophila argentea del Centro America.

biente percorso da rivoli

in sostituzione di una

terno dello spazio di

Vi figura buona parte delle specie del genere Phoe-

d’acqua, trovano albergo

precedente, dono della

pertinenza del Giardino

nix, tra cui P. theophrasti del Mediterraneo orientale,

felci arborescenti come Alsophila australis, A. coope-

regina Maria Carolina di Borbone. Ospita numero-

coloniale a ridosso degli

nonchè P. humilis e P. sylvestris, entrambe indiane;

ri, le rare Woodwardia radicans ed Osmunda regalis,

se piante poste in piena terra tra cui lo strofanto

edifici universitari di via

altresì alcune specie di Arenga, tra cui A. engleri di

presenti in natura anche in Sicilia, poi Cyrtomium

(Strophanthus scandens), il caffé (Coffea arabica) e la

Archirafi –

Formosa e A. caudata della Tailandia, di Caryota (C.

falcatum, Hypolepis tenuifolia, Pteris cretica, P. vittata,

sensitiva Mimosa spegazzinii. Delle altre serre, signi-

alle piante officinali e in

maxima di Java, C. ochlandra dell’Hymalaya), di Tri-

Dryopteris exstensa, Polypodium musaefolium, P. irioi-

ficative sono la Serra della “Regione”, che ospita

particolare alle piante di interesse fitoterapeutico.

trinax (T. brasieliensis e T. campestris rispettivamen-

des, e varie igrofite tra cui alocasie e colocasie, pan-

piante proprie dei climi caldo-umidi tropicali ed

Vi si trovano specie note per i loro diversi usi sia

te del Brasile e dell’Argentina), di Archathophoenix

dani e, infine, anche l’espressiva Gunnera manicata,

equatoriali e la Serra delle succulente, con piante

nell’ambito farmaceutico che cosmetico e gastro-

(A. cunninghamiana dell’Australia) e ancora diverse

dalle grandi foglie.

di ambienti caldo-aridi. In questa, oltre a Cactace-

nomico. Tra i casi più significativi figurano Carica

specie dei generi Raphis e Chamaedorea.

L’endemismo siciliano vi è altresì ospitato con l’ec-

ae, Euphorbiaceae, Asclepiadaceae, Aizoaceae, trovano

quercioli, Moringa oleifera, Catha edulis, Glycirrhyiza

cellente esempio di Petagnaea gussonei, rara umbel-

sede magnifici esemplari di Weliwischia mirabilis,

echinata, Hypericum perforatum, Chrisanthemum bal-

lifera dei monti Nebrodi.

un’antica gimnosperma del deserto centroafricano,

samita, Aloe vera, Artemisia abisinthium, Cymbopogon

unica espressione superstite di un intera famiglia

citratus, Tagetes lemmonii, e varie specie di labiate,

delle Gnetopsida (Gimnosperme): un caso unico

dei generi Salvia, Mentha e Origanum in particolare.

Bambuseto In prossimità dell’Aquarium grossi cespi di bam-

Rampicanti

Giardino dei semplici

è dedicato

bù2 fanno da cortina a

Addossato al muro di

per il carattere di persistenza delle foglie nastri-

detto sistema. Si tratta

cinta, lungo il confine

formi possedute, che si continuano ad accrescere

di varie specie di grami-

con il gasometro, si può

dalla base indefinitamente, venendo contenuta nel

In continuità con la tradi-

nacee (Poaceae) della sot-

ammirare una significa-

suo allungamento dal progressivo disseccamento

zione che vede l’Orto bo-

tofamiglia Bambusoideae,

tiva collezione di piante

dell’estremità.

tanico primo importatore

alcune delle quali di anti-

rampicanti, tra cui particolarmente espressive

ca introduzione e di eccezionale esuberanza.

Frutteto tropicale

in Europa di molte specie esotiche di interesse agri-

Piante utili

Si ricorda al riguardo Dendrocalamus giganteus.

9. Aristolochia gigantea

sono alcune specie di ge-

Questo settore fino al

colo ed economico, negli

Espressivi del gruppo sono altresì Arundinaria lon-

neri di Bignoniacee e Convolvulacee e,ancor di più,

1985 era parte del Giar-

anni sono stati acclima-

gifolia, le Phyllostachis (P. aurea e P. nigra), Bambusa

la collezione di specie del genere Aristolochia fra cui

dino coloniale. Ospita

14. Carica papaya

vulgaris, tra cui anche la forma con culmo variegato,

si fa notare A. gigantea.

diverse piante di origine

numero di piante fruttifere. Tra queste il manda-

B. nitida e, infine, le ”new entry” B. ventricosa, Semi-

Non inosservata la presenza della leguminosa Vi-

per lo più tropicale e sub-

rino (Citrus deliciosa), il pummelo (Citrus grandis)

arundinaria fastuosa, Quadrangularis chimonobambu-

gna caracalla.

tropicale, introdotte per

il nespolo del giappone (Eriobotrya japonica), l’an-

sa, Arundinaria amabilis, Himalayacalamus asper, Phil-

2

essere studiate e diffuse

nona (Annona cherimola), la papaya (Carica papaya),

a seconda del loro impie-

il mango (Mangifera indica), il noce del Queensland

go in agricoltura e nell’ industria. E’ suddiviso in

(Macadamia alternifolia), alcune specie di pecan (Ca-

piante da essenza, da corteccia, da resina e gom-

rya illinoensis, C. cordiformis e C. ovata) diverse va-

lostachis bambusoides, Atatea atzecorum, Sinobambusa tootsik e Tumidinoda chimonobambusa.

La maggior parte delle specie di bambù sono originarie dell’Asia (dove raggiungono il limite settentrionale del loro areale a 50° N di latitudine) e dell’America (dove raggiungono i 47° S in Cile). Li si può trovare ad altitudini variabili, sino ai 3000 m sull’Himalaya. Alcune specie sono spontanee in Africa (in particolare nell’Africa sub-sahariana e in Madagascar) e in Oceania. Non esistono specie spontanee in Europa.

tati con successo un gran

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI

Francesco M. Raimondo

rietà di avogado (Persea gratissima e P. americana)

Nella secondo metà del Novecento in continuità

trina (sotto Erythrina corallodendron) su cui Todaro

ti, la specie è riportata nel medesimo anno sia nel

e banano (Musa paradisiaca e M. cavendishii), altre

con quella odierna, l’attività sperimentale in cam-

istituì poi la nuova specie Erythrina viarum che si

catalogo di Boccadifalco sia in quello dell’Orto di

specie tra cui Diospyros digyna, Myrciaria cauliflora,

po, dopo Borzì, sarà portata avanti da Francesco

ammira ancora in alcune delle più spettacolari al-

Palermo, e in quest’ultimo è indicata anche la pro-

Lophostemon confertus, Pyrus pyrifolia, Syzygium jam-

Bruno e dagli allievi Antonino De Leo, Vittorio

berature della città. Pochi anni prima, nel 1793, la

venienza dai Giardino botanico di Kew (Regno

bos, Eugenia smithii, E. dombeyi e Psidium guajava.

Camarrone, Rosa Bonomo e Andrea Di Martino.

regina Maria Carolina aveva messo a dimora un in-

Unito). Inoltre, dai registri del 1826 nell’Orto Bota-

Di tutta questa attività, nel settore sperimentale

dividuo di Cycas revoluta, che fu il primo a essere

nico risultano presenti tre differenti varietà di man-

Giardino sperimentale

dell’Orto, in coltura e come documentazione, resta-

coltivato in pieno campo in Europa. Ciò, in accordo

darino, inclusa quella di Malta. Varie piante della

L’Orto botanico di Palermo, fin dalle sue origini,

no oggi i materiali studiati: appunto la collezione

con il succitato atteggiamento di compiacenza per

specie in questione pervennero, dunque, in Sicilia

ha dedicato ampio spazio all’introduzione e all’ac-

di piante vive che contraddistingue questo speciale

il quale i regnanti avevano già consistentemente

per vie differenti e pressoché contemporaneamen-

climatazione di piante utili di interesse alimentare,

giardino.

contribuito con l apporto di fondi, di strutture e in

te. Per altro verso, questioni di merito fra i due orti

vari altri modi. L’importanza delle specie sopra ci-

botanici oggi costituiscono un falso problema per-

medicinale, ornamentale e tessile. Pertanto, lo spazio sperimentale in seno all’Orto fù il cuore dell’ex

Le introduzioni più significative

tate, era preminentemente decorativa. Infatti, i me-

ché quello di Boccadifalco dopo poco tempo, nel

Giardino Coloniale fondato nel 1913 da Antonino

A un anno dall’inizio dei lavori per la realizzazione

riti accampati da Giuseppe Tineo relativamente a

1831, confluì nell’altro. Nei primi decenni dell’800

Borzi e disattivato nel 1973. In esso si coltivano, tut-

della definitiva sede dell Orto botanico, Giuseppe

Broussonetia papyrifera, Arachys hypogaea, Indigofera ar-

si diffuse in Italia anche il nespolo del Giappone,

tora, piante tropicali e subtropicali sottoposte a stu-

Tineo pubblicò l’indice delle piante che vi si colti-

gentea e Indigofera tintoria erano piuttosto modesti

Eriobotrya japonica. Questa specie orientale che era

di, già conclusi o in corso, condotti nell’istituzio-

vavano, molte delle quali di recentissima introdu-

dato che non c era ancora corrispondenza fra esiti

coltivata a Parigi nel 1784 e nel 1787 a Londra; era

ne palermitana. Tra

zione in Europa. Al-

di esperienze colturali ed effetti economici. Anche

presente a Torino nel 1812 e nel 1813 a Napoli. An-

questi figurano quelli

cune di esse, Brousso-

in questo campo, tuttavia, non tardarono a presen-

che a Palermo era stata introdotta nel 1812 in una

su cotone (Gossypium

netia papyrifera, Parkin-

tarsi esempi di specie la cui introduzione e diffu-

villa patrizia, ma solo intorno al primo quarto del

sp.pl.), agrumi, canna

sonia aculeata e forse

sione ebbero immediate ripercussioni in Sicilia e

secolo Vincenzo Tineo la incluse nel catalogo delle

da zucchero (Saccha-

anche Sophora japonica,

successiva-mente anche nel Mediterraneo. Il più ri-

piante dell’Orto botanico. E’ notevole il fatto che

rum officinarum), sor-

varie specie del gene-

levante di tali esempi fu il mandarino, Citrus delicio-

egli la riportava fra le piante ornamentali da foglia-

go zuccherino (Sor-

re Aloe, ecc., ebbero

sa, che a meno di trent’anni dal suo ingresso nel

me adatte a vivere all’aperto, attribuendole le me-

ghum saccharatum), ra-

presto ampia diffusio-

paesaggio agrario dell’isola divenne uno dei fattori

desime prerogative per le quali essa veniva coltiva-

miè (Bohemeria nivea)

ne nei giardini e nei

preminenti nelle crisi agrumarie per sovrapprodu-

ta nel resto dell’Europa; tuttavia subito dopo egli

e altre piante, fra cui

viali della città di Pa-

zione. Questa specie apparve in Europa nei primis-

stesso la divulgava come pianta da frutto; e come

Argania spinosa origi-

lermo. Parkinsonia acu-

simi anni del 19° secolo; nel 1805 fu introdotto a

tale, nel volgere di pochissimi anni, essa fu propa-

naria del Marocco e,

leata, che era citata per

Londra e subito dopo a Malta da dove, secondo al-

gata negli ambienti irrigui della costa siciliana

ancora, Sechium edule,

la prima volta in Ita-

cuni, la importò V. Tineo che nel 1812 era succedu-

insieme agli agrumi. La fortuna del nespolo del

Carica quercifolia, Plec-

lia, si sarebbe succes-

to al padre Giuseppe nella direzione dell’Orto. Al-

Giappone fu tale che alla fine del secolo era diffuso

tranthus pseudomarru-

sivamente

sponta-

fonso ricorda che Gussone nel 1817 importò 10 in-

anche nel meridione italiano, mentre nel Palermita-

bioides, Cucumis metu-

neizzata nel Palermi-

dividui di mandarino da Malta per impiantarli nel

no gli impianti produttivi specializzati annovera-

liferus, specie di Cyna-

tano e così pure An-

Regio Orto botanico di Boccadifalco da lui diretto e

vano un buon nu­mero di cultivar pregiate selezio-

ra, la coloquintide (Ci-

tholyza

e

che forse, intorno al 1810, il principe Francesco di

nate localmente. Altre specie come l’annona (Anno-

trullus colocynthis), la

Asclepias

curassavica,

Borbone ne aveva già ricevuti due in dono da Luigi

na cherimola), anch’essa introdotta da V. Tineo, eb-

sisal (Agave sisalana),

anch’esse nuove per

Filippo d’Orlèans. Il dibattito sulla priorità di una

bero una certa diffusione in Sicilia e, specialmente,

il kenaf (Hibiscus can-

l Italia. Poco dopo lo

coltura tanto importante fu vivace ed ebbe sosteni-

in Calabria; altre ancora, come il guaiabo (Psjdium

stesso Tineo include-

tori per ciascuna delle tre versioni, nessuna delle

guayava), non si propagarono immediatamente.

va nell’indice un’eri-

quali tuttavia esclude la veridicità delle altre. Infat-

D’altro canto, entità potenzialmente interessanti

nabinus) e l’aleurite (Aleurites moluccana).

aethiopica

15. Mappa della disposizione delle piante in tutto il perimetro dell’Orto Botanico

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62

LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI

Francesco M. Raimondo

per l’agricoltura mediterranea che si coltivano

te esotiche che in precedenza, malgrado i vistosi

sul finire dell’800, fornisce un efficace esemplifica-

dell’avocado, Persea gratissima, e di indicare le re-

nell’Orto senza che si sia ancora provato a immet-

risultati, erano stati sempre caratterizzati da una

zione attraverso la rassegna delle piante nuove o

lative tecniche colturali; inoltre, non era raro che i

terle nel territorio sono una moltitudine. Né le enti-

certa episodicità, furono potenziati e divennero

rare descritte e illustrate nei Delectus seminum degli

curatori di alcune delle maggiori ville della città

tà decorative introdotte nei primi decenni di attivi-

presto un’importante branca delle attività dell Or-

anni 1856-1896 e nell’Hortus Panormitanus di Todaro.

segnalassero eventi verificatisi a Palermo per la

tà dell’ Orto si limitano alle poche citate sopra: nei

to. Subito fu approntato un succinto catalogo delle

A questo periodo risale la diffusione di varie specie

prima volta in Europa come la fioritura di Washing-

cataloghi di questo periodo vengono riportate le

piante vive disponibili per scambi e nell’anno suc-

di Aloe, Ficus, Dracaena, Yucca, Duranta e, inoltre, di

tonia filifera introdotta nel 1874 nell’Orto botanico

prime specie di Ficus – fra cui anche F. microcarpa

cessivo, l’Index Seminum, che non si pubblicava da

Cactacee, Liliacee, Sterculiacee, Arecacee (prima in

di Palermo e da qui diffusa in Sicilia. E si dovrebbe

(sotto F. benjamina) – alcune delle quali accentuaro-

più di un ventennio, riapparve molto arricchito e

Sicilia erano presenti solo Phoenix dactylifera e Chama-

accennare anche a varie altre specie che non ebbero

no notevolmente il processo di tropicalizazione del

corredato di note tassonomiche. Inoltre, a partire

erops humilis) ecc., in parte introdotte da tempo

un successo immediato e che oggi vengono ripro-

paesaggio vegetale urbano. Quella di maggior rilie-

dal 1859, si pubblicò anche l’elenco delle piante col-

nell’Orto e in parte dal medesimo Todaro il quale

poste come nuove colture di un certo interesse per

vo fu introdotta da Vincenzo Tineo intorno al 1840

tivate in un piccolo vivaio annesso all’Orto e poste

dedicava ad esse gran parte della sua attenzione e

il Mediterraneo. Tutto ciò era incoraggiato da To-

con il nome errato di F. ner-

in vendita: cospicue quan-

dei suoi studi. E’ abba-

daro e ancora di più dal

vosa. Alla fine del secolo,

tità di piante ornamentali

stanza significativo il fatto

suo successore Borzì il

quando ormai imponenti

e produttive erano offerte

che i suoi primi contributi

quale promosse addirittu-

esemplari di questa specie,

a prezzi irrisori con lo sco-

pubblicati dopo avere as-

ra la nascita della Società

dopo aver sconvolto gli

po di contribuire all’incre-

sunto la direzione dell’Or-

Orticola di Mutuo Soccor-

accurati disegni dei giardi-

mento qualitativo e quan-

to riguardassero appunto

so che curava la divulga-

ni

conferivano

titativo del patrimonio

piante siciliane ed esoti-

zione attraverso scambi di

monumentalità al verde di

coltivato siciliano. I pro-

che che vi si coltivavano; e

materiale e di informazio-

Palermo e delle altre città

fitti veniva-no devoluti

così anche gli ultimi. Degli

ni mediante un apposito

del litorale siciliano, Bor-

all’acquisto

studi di particolare inte-

bollettino. Sebbene non ci

zì la studiò e descrisse con

piante e semi. Il vivaio fu

resse

sviluppo

fosse una collaborazione

il nuovo nome di F. magno-

successivamente ingran-

dell’agricoltura vanno ri-

ufficiale, la dipendenza

dimento e collegato alla

cordati specialmente quel-

Società di Acclimazione ed

li di Todaro sui cotoni per

formali,

lioides basando la diagnosi sul più vecchio individuo

16. Il viale Antonino De Leo e la sua caratteristica alberura di Chorisia speciosa

di

nuove

per

lo

17. Particolare della coltivazione del banano (Musa sp.) all’interno del settore sperimentale

di

questa

istituzione

dall’Orto (presso cui era

coltivato nell’Orto botanico la cui chioma ricopriva

Agricoltura in Sicilia, anche questa fondata nel

il rilievo che ebbero sia sotto gli aspetti tassonomici

per altro insediata) fu così stretta che lo stesso Borzì

una superficie di 800 metri quadr. Il nuovo nome

1861 da Todaro, la cui attività veniva documentata

che per il rinnovamento della cotonicoltura. Ma,

ne era presidente onorario e la rivista era diretta da

entrò nel lessico volgare generando anche qualche

e diffusa mediante la pubblicazione periodica degli

accanto alle attività programmate, era rilevante an-

Vincenzo Riccobono, giardiniere capo dell’Orto.

confusione con le vere magnolie e così oggi a Paler-

atti. Disciplinate da un apposito regolamento, la di-

che la costante attenzione per tutte le piante, di an-

Conseguentemente, i contributi scientifici relativi a

mo esiste un Viale delle magnolie” fiancheggiato

vulgazione e la diffusione rientrarono, quindi, fra i

tica o nuova introduzione, che nell’Orto manife-

piante che potevano suscitare un certo interesse

da begli esemplari del fico di Borzì. In virtù degli

servizi ordinari dell’Orto. Attraverso questa via un

stassero un accenno di potenziale interesse pratico.

pratico o collezionistico, dopo essere stati pubblica-

esempi apportati si può considerare che l’incidenza

gran numero di altre specie fluì dai paesi temperati

E tale atteggiamento era diffuso anche nell’ambien-

ti ne periodici dell’Orto, anche questi istituiti da

dell’Orto botanico di Palermo è tale che quanto

mediterranei e subtropicali di tutto il mondo ai

te circostante l’Orto, particolarmente a Palermo

Borzì, spesso venivano ripresi e diffusi attraverso il

dell’ambiente antropizzato siciliano ci appare fa-

giardini e ai parchi siciliani i quali, insieme all’Orto

dove s’era determinato un particolare clima di col-

succitato bollettino. Un buon esempio di ciò è for-

miliare e tradizionale si deve appunto all’indirizzo

botanico di Palermo, assunsero gradualmente l’at-

laborazione nei confronti di questa istituzione. In-

nito dalla revisione tassonomica delle cactacee col-

avviato da Giuseppe Tineo e sviluppato dal figlio

tuale aspetto peculiare per i riferimenti a varie flore

fatti, mentre Todaro curava la divulgazione del

tivate a Palermo che Riccobono redasse pressoché

Vincenzo. Alla direzione di quest’ultimo, morto

subtropicali, nessuna delle quali però costituisce

frugale Sechium edule (che acquistò presto una certa

contemporanea-mente in due versioni, una scienti-

nel 1856, successe quella di Agostino Todaro. Con

un modello preciso. Relativamente agli aspetti

popolarità) altri come Inzenga non tralasciavano di

fica e una divulgativa. In tal modo si spiega in buo-

questi, gli studi applicati e tassonomici sulle pian-

quantitativi e qualitativi di tale flusso, Terracciano,

segnalare la prima fruttificazione in Europa

na parte lo sviluppo e la monumentalità raggiunti

63


64

LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE E DISTRIBUZIONE DELLE COLLEZIONI

Francesco M. Raimondo

dai giardini di diverse ville private palermitane

climi subaridi termo-mediterranei nell’Orto bota-

cune partite di semi di C. speciosa e di C. insignis fu-

orti botanici. Alcune delle sperimentazioni fatte re-

come Villa Trabia, Villa Malfitano, Villa Tasca, ecc.

nico di Palermo. Nell’isola le piantagioni furono

rono introdotte, probabilmente, per una sperimen-

centemente, che testimoniano questo rinnovato in-

che in quell’epoca venivano classificate fra le più

abbandonate solo quando la coltura non fu più red-

tazione sulla produzione di crine vegetale come

teresse, riguardano Musa cavendishii, Sorghum saccha-

belle e ricche d’Italia e che per le relazioni che inter-

ditizia. Ma la specie, anziché perdersi, si sponta-

s era per altro già fatto su Ceiba pentandra, altra bom-

ratum, alcune specie dei generi Opuntia ed Euphorbia,

correvano con l’Orto stesso rappresentavano, sotto

neizzò in varie località, specialmente fra Milazzo

bacacea africana che produce un Kapok più pregia-

fra le piante di interesse agrario e industriale. Altre

molti aspetti, una sua espansione. Relativamente

e S. Agata di Militello nel Messinese, a Palermo sul

to. In realtà, dieci anni dopo, le chorisie venivano

sperimentazioni riguardano specie di interesse de-

alle specie di interesse economico, l’incremento

Monte Pellegrino e nel Trapanese a Marettimo.

diffuse come piante da Kapok ma oggi si distribui-

corativo e paesaggistico. Fra queste, Tabebuia ipe, in-

delle attività sperimentali fu molto maggiore. Ai

Dopo Borzì, morto nel 1922, il filone delle speri-

scono ancora per il loro grande interesse ornamen-

trodotta dall’Argentina nel 1982 e coltivata prima

primi del secolo, si cercò di farle rientrare fra i com-

mentazioni su piante coltivate nell’Orto è legato

tale confermando in pieno le previsioni del Lojaco-

sperimentalmente in varie località litoranee e colli-

piti istituzionali di apposite strutture annesse

preminentemente alle ricerche di base. Montemar-

no. Nell’ ultimo dopoguerra, con il venir meno de-

nari siciliane, oggi si presenta ben adattata e ormai

all’Orto botanico di portata ben maggiore di quelle

tini fra le principali attività del Giardino coloniale

gli interessi coloniali, l’attenzione sulle piante utili

diffusa in diversi contesti all’interno della città di

realizzate cinquant’anni prima da Todaro. Tali

(che egli stesso definisce come l’unica stazione spe-

di climi tropicali e subtropicali si ridusse gradual-

Palermo e in varie altre località della regione.

strutture, in un primo momento, furono individua-

rimentale agraria specializzata negli studi colonia-

mente e portò alla soppressione del Giardino Colo-

te in un centro per lo studio delle piante tropicali e

li) riporta le ricerche sui cotoni e su altre specie da

niale come ente ad amministrazione indipendente;

subtropicali. Tuttavia, dopo breve tempo, fidando

fibra come Boehmeria nivea (ramiè) e Hibiscus cannabi-

tutto ciò malgrado i notevoli contributi pionieristici

nelle tendenze espansionistiche italiane, Borzì si

nus oltre agli studi su piante da caucciù come Par-

di Francesco Bruno e Antonino De Leo che per anni

dedicò alla realizzazione di un Giardino Coloniale

thenium argentatum (guayule) e su essenze foragge-

in Sicilia sperimentano con successo la coltivazione

che, istituito nel 1913, fu riservato a colture speri-

re, medicinali, da olio ecc. Inoltre, come attività

della soia nello stesso giardino. A tutto ciò corri-

mentali di specie da introdurre nei territori colo-

normale del Giardino stesso, riporta anche la di-

spose anche una perdita dell’interesse sul piano

niali e nelle aree subaride dell’Italia meridionale e

stribuzione gratuita di rizomi, bulbilli, semi e altro

della sperimentazione fino al punto che gli ultimi

insulare. Questa parte dell’Orto Botanico si arricchì

materiale adatto alla propagazione di piante di

volumi dei periodici pubblicati presso l’Istituto di

presto di rilevanti collezioni di piante fruttifere,

particolare interesse come Boehmeria nivea, Agave

Botanica annesso all’Orto, non conteneva-no alcun

tessili, resinifere, oleifere, da caucciù, da essenza,

sisalana, Pennisetum purpureum e Chorisia speciosa. Il

lavoro di stampo applicato. In questo periodo, a

ecc. che la caratterizzano ancora come serbatoio di

caso di Chorisia rientra fra i maggiori esempi di di-

parte la diffusione delle chorisie alla quale s’è già

piante subtropicali utili. Già qualche anno prima,

vulgazione avvenuti attraverso l’Orto botanico di

fatto riferimento, i soli ingressi di piante esotiche in

per varie entità introdotte da tempo e ben note tas-

Palermo. Pertanto, come s è già fatto per il manda-

Sicilia tramite l’Orto furono accidentali come quel-

sonomicamente, si cercavano le possibili utilizza-

rino e il nespolo del Giappone si dà un cenno sulla

lo relativo a Euphorbia geniculata. Questa situazione

zioni economiche. Così i Ficus coltivati nell’Orto

sua introduzione. Alcuni individui di Chorisia spe-

di indifferenza che, in un ambito così ricco come

venivano ristudiati sotto gli aspetti applicativi e il

ciosa, giunti dal Brasile intorno al 1896, furono posti

quello in questione, oltre che innaturale appare del

loro latice inviato agli stabilimenti della Pirelli per

in piena aria in un giardino di Palermo dove, nel

tutto improbabile, non si protrasse per più di una

l’esame qualitativo del caucciù e le palme, partico-

1910, furono notati in pieno rigoglio e fruttificanti

decina di anni. Infatti, l’attenzione sull’Orto oggi

larmente del genere Washingtonia, si sperimenta-

da Lojacono Pojero che ne fornì una descrizione e

ritorna a manifestarsi concretamente sia rispetto

vano come piante tessili o utili per altri scopi indu-

alcuni cenni sulla biologia ed ecologia preconiz-

alla potenzialità delle collezioni nei confronti della

striali. Altre specie in questo periodo entrarono

zando che questa bombacacea sarebbe rientrata

riqualificazione paesaggistica ed anche economi-

stabilmente a far parte del paesaggio vegetale sici-

presto fra gli elementi di maggior decoro della cit-

ca del territorio (a tal proposito va tenuto presente

liano e fra esse Agave sisalana: fra il 1900 e il 1920,

tà. Che la propagazione delle chorisie in Sicilia e in

che l’esempio dell’avocado, riportato sopra, po-

vari impianti sperimentali di tale agave furono rea-

altre parti del Mediterraneo abbia avuto inizio da

trebbe non essere il solo), sia a carico delle strutture

lizzati sia nelle colonie che in Sicilia sullo stimolo

tale primo nucleo è possibile; ma la loro maggiore

da adeguare funzionalmente agli orientamenti

degli studi condotti sulle piante da fibra adatte ai

diffusione ebbe luogo dopo che, intorno al 1930, al-

scientifici e divulgativi che oggi prevalgono per gli

18. Orologio solare collocato nel Mezzoarancio dell’Orto botanico, sulla via Lincoln, in ricorrenza del 215° anniversario della solenne inaugurazione dell’Orto avvenuta il 9 dicembre 1795. Con l’occasione si è voluto commemorare il 2010 Anno internazionale della Biodiversità.

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IL RESTAURO DEL GYMNASIUM: ALLA RISCOPERTA DEL COLORE PERDUTO Paolo Mattina e Maurizio Rotolo

L’aspetto più importante del restauro del Gymna-

essere ancora molto edotti sul colore originario degli

sium dell’Orto Botanico di Palermo, recentemente

edifici storici di Palermo.

realizzato dalla Provincia Regionale di Palermo, è

È capitato di avere un malinteso con un accademi-

riconducibile al problema del colore.

co convinto che l’intonaco dei fondi del prospetto

I palazzi storici palermitani quasi sempre costrui-

di un importante palazzo palermitano in restauro,

ti, ampliati e ricostruiti su se stessi anche più volte,

fosse sempre stato bianco in accordo con la classi-

riparati e manomessi, spesso riservano, per questo,

ca bicromia degli intonaci degli edifici palermitani,

non poche sorprese. In genere si è tentati di ricon-

specie sei-settecenteschi, e cioè ocra per le nervatu-

durre tutte le considerazioni rispetto ai colori degli

re e bianco per i fondi. Il degrado dovuto alle cro-

edifici storici a degli schemi precostituiti e anche

ste nere ed ai depositi superficiali aveva ingannato

giustamente; però bisogna pur riconoscere di non

anche questo dotto osservatore che credette che la riproposizione degli sfondati in finto marmo fosse stata un’invenzione degli sprovveduti restauratori tra cui chi scrive. In realtà sotto quella coltre di smog che aveva annerito tutto ritrovammo un intonaco a finto marmo grigio-azzurro con venature nerobrune, testimoniato anche dalla riscoperta dei documenti originali della costruzione di questa dimora patrizia. Il Gymnasium all’epoca del progetto, si presentava di colore marrone chiaro all’esterno ed un grigio chiaro alle pareti dei due pronai, che fu valutato di recente fattura, probabilmente del secondo dopoguerra. Era piuttosto evidente che l’immagine del monumento ne risultava alterata, addirittura falsata di-

1. La cupola del Gymnasium prima del restauro

remmo.


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

Nel corso dei lavori, Maurizio Rotolo e Salvo Lo

(1792 – 1867), allievo del Dufourny, pubblica-

Nardo, si dedicarono alla ricerca del colore origi-

te nel 18241 e riprese nel 18302 danno origine al

nario dell’edificio con l’esecuzione di alcuni saggi

più intenso dibattito architettonico ottocentesco,

randomizzati sull’intera struttura. A questo punto si

quello sulla policromia, le cui basi teoriche erano

è cercato di ricostruire le tappe del processo costrut-

state gettate già in innumerevoli saggi, ma la cui

tivo dell’edificio.

evidenza architettonica aveva dovuto aspettare le

Le evidenti tracce di vari colori risalgono alle inten-

stupende tavole tratte da suoi acquarelli perché

zioni di Léon Dufourny (1754 – 1818), progettista

dall’immaginario neoclassico si evolvesse una

dell’edificio, di rievocare l’architettura classica dei

nuova e originale visione della grecità.

templi della Magna Grecia di cui fu uno dei primi a

Il tema della policromia delle architetture classiche

riconoscere l’esistenza di intonaci policromi.

attraversa, sommessamente, tutta la grande stagio-

Con il Gymnasium Dufourny segna l’avvio del ne-

ne del revival greco del neoclassicismo e finisce

oclassicismo in Sicilia superando il fastoso barocco

per imporsi all’attenzione internazionale solo dopo

locale. Per amor del vero già i

che i primi fermenti romantici

sintomi di un rinnovamento

avevano cominciato a criticare

erano nell’aria: Giuseppe Ve-

e porre in discussione la tesi

nanzio Marvuglia (1729 – 1814)

del preteso candore neoclas-

con la “Casina Cinese”, dive-

sico.

nuto amico del Dufourny, ne

Questa non fu una pacifica

diviene seguace e prepara una

evoluzione del gusto e degli

serie di progetti per una serie

studi di archeologia. La sto-

di palazzi urbani.

ria

Le intuizioni di Dufourny, de-

policromia è la storia di una

rivate da dirette osservazioni

battaglia che ebbe anche mo-

sul tempio di Selinunte (1789

menti di feroce, quasi perso-

circa), vengono successivamen-

nale, polemica tra i migliori

te confermate dall’architetto

2. Jakob Ignaz Hittorff (1792 - 1867)

John Peter Gandy (1787 – 1850)

dell’affermazione

della

archeologi dell’epoca. Così Dufourny non si lascia

e dall’archeologo Sir William Gell (1777 – 1836) nel

sfuggire l’occasione di divulgare la sua scoperta e

1817 con la pubblicazione delle celebri Unedited An-

di abbinare la grandezza dell’architettura classica

tiquities of Attica (Longman and Co Murray, 1817).

alla policromia.

I due autori insistono sull’aspetto policromo sia

I colori prevalenti degli antichi templi sono l’avo-

delle architetture che delle sculture mettendo in

rio (ocre naturali miste a biacca), il giallo (da ocre

crisi il paradigma winckelmanniano-canoviano

naturali), il rosso (dal cinabro), il bruno (da me-

della algida bellezza del marmo o della pietra e

scolanze di vari pigmenti) e l’azzurro (dal blu egi-

sul pregiudizio che il colore è simbolo di rozzez-

ziano, tetrasilicato di calcio e rame). Una serie di

za, o segno di istinto primitivo.

indagini stratigrafiche effettuate su campioni di

Le successive conferme derivate dalle ricerche

intonaco esterno del Gymnasium rivelò che furono

in Agrigento e Selinunte di Jakob Ignaz Hittorff

scelti da Dufourny tre colori: il giallo-ocra, il rosso


70

LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

IL RESTAURO DEL GYMNASIUM: ALLA RISCOPERTA DEL COLORE PERDUTO

Paolo Mattina e Maurizio Rotolo

ed il bruno.

sultato ottimale impercettibile da lontano ma chia-

Il giallo-ocra fu utilizzato per il paramento murario

ramente visibile a distanza ravvicinata.

esterno, per le colonne, per le paraste e la trabea-

Tale scelta garantito la visibilità dell’intervento evi-

zione; il bruno fu scelto per evidenziare la metope

tando qualsiasi forma di falsificazione del vero.

e le decorazioni degli acroterii, il rosso per i pronai e la cupola. C’è da notare come la cupola fosse un elemento del tutto estraneo alla cultura classica ma costituiva per il Dufourny l’occasione per ricordare le cupole arabo-normanne della città da cui fu mutuato il colore rosso. Il Gymnasium è per Dufourny l’occasione per recuperare la memoria storica sotto due aspetti, quella della Magna Grecia con i suoi peristili dorici e quella arabo-normanna con la cupola del padiglione centrale. Operazione audace e difficile dove solo un genio dell’architettura poteva concepire così mirabilmente ma che gli valsero da parte di Edoardo Caracciolo (1906-1962) l’accusa di uno “…. strafare eclettico esornativo”. Entrando nello specifico del restauro vero e proprio occorre precisare che nel corso dei lavori l’intonaco dei prospetti è stato in parte recuperato e in parte rifatto secondo ricette analoghe all’originale ovvero con l’utilizzo di polvere di marmo, calce, pigmenti naturali, acqua e sabbia ottenuta dalla frantumazione di materiale lapideo simile a quello esistente. Nella sala centrale l’intervento di restauro è stato prevalentemente operato sugli stucchi che si presentavano in una condizione di degrado elevata. Inoltre si è provveduto al recupero della stanza circolare, della stanza del direttore e dei cicli pittorici del Velasco; in questo caso l’integrazione cromatica delle lacune e di alcuni settori interessati da lesioni è avvenuta attraverso la cosiddetta “tecnica sotto-tono” e la integrazione dei colori a tratteggio. La reintegrazione cromatica è stata eseguita selezionando i colori della parte da reintegrare con il tratteggio che segue l’andamento direzionale degli elementi formali esistenti al fine di ottenere un ri-

3. Alcuni degli stucchi restaurati (sopra e pagina a fianco) 4. Schema della colorazione del prospetto del Gymnasium su via Lincoln note

Hittorffs Reise durch Sicilien (Aus einem Brief an den Herausgeber), in «Kunstblatt», nr. 28, Montag, den 5 April 1824, p. 111

1

De l’architecture polychrôme chez les Grecs, ou restitution complète du temple d’Empedocle dans l’Acropolis de Sélinunte, Paris, 1830 2

71


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

LA PAVIMENTAZIONE IN MACADAM DEI GIARDINI STORICI Sergio Marino

L’evoluzione storica del macadam

origine calcarea, che veniva fatta penetrare per un

Pochi sanno, oltre agli addetti ai lavori, che le odier-

certo spessore con l’aiuto di acqua di innaffiamento.

ne pavimentazioni in macadam dei giardini storici

Questa soluzione si rivelò ben presto vincente, poi-

un tempo venivano utilizzate ordinariamente come

ché si ottenevano pavimentazioni caratterizzate da

pavimentazioni stradali. Agli albori dell’ingegneria

una maggiore regolarità superficiale, grazie all’uso

stradale tra il XVIII e il XIX secolo, quando il traffico

della sabbia in superficie detta di chiusura, da un mi-

era costituito soltanto da carri e carrozze, i proble-

gliore drenaggio dell’acqua dall’alto e dall’assenza

mi costruttivi a cui si andava incontro risiedevano

di acqua di risalita dal basso. Le pavimentazioni

esclusivamente nella necessità di garantire una buo-

così realizzate, dette comunemente in macadam dal

na regolarità del piano viabile ed una adeguata ca-

nome del suo ideatore, si diffusero rapidamente in

pacità di smaltimento dell’acqua piovana.

tutta Europa, essendo peraltro caratterizzate da una

Gli schemi costruttivi allora utilizzati erano dovuti

maggiore semplicità esecutiva dovuta all’assenza

all’opera di due ingegneri scozzesi Thomas Telford

dell’ingente manodopera richiesta per la collocazio-

(1757-1834) e John Loudon Mac Adam (1756-1836).

ne manuale degli scapoli di cava. Ai vantaggi dal

Il primo realizzava le pavimentazioni con delle ro-

punto di vista costruttivo si sommavano dunque

buste fondazioni in pietrame, costi-

quelli dovuti all’economicità degli

tuite da grossi scapoli di cava messi

interventi, con particolare riguardo

in opera a mano, sovrapposte da uno

alle località dove era facile reperire

strato superficiale costituito da mate-

del buon materiale lapideo. Nelle aree

riale di minore pezzatura non legato.

mediterranee, ricche di cave di calca-

Mac Adam invece propose uno sche-

renite, la comune pietra arenaria detta

ma costruttivo, particolarmente inno-

volgarmente tufo, si adottò la pratica

vativo ed alternativo al precedente,

di utilizzare come sabbia di chiusura

costituito da un’unica massicciata di

quella ottenuta dalla sua lavorazione:

pietrisco, i cui vuoti superficiali ve1. Villa Giulia, Palermo pavimentazione in macadam

nivano intasati con sabbia di cava di

2. John Loudon Mac Adam (1756 - 1836)

la tufina. Si ottennero così le diffusissime pavimentazioni in tufina dal


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

LA PAVIMENTAZIONE IN MACADAM DEI GIARDINI STORICI

Sergio Marino

caratteristico colore giallastro, che oltretutto risul-

La tecnica costruttiva

Eseguito il cassonetto, è necessario conferire alla su-

so in opera e del grado di addensamento richiesto.

tavano di particolare pregio estetico, per cui presto

Le massicciate in macadam sono realizzate normal-

perficie del sottofondo la configurazione di proget-

Durante la cilindratura inoltre bisogna aggiungere

vennero adottate anche negli esterni delle ville e nei

mente utilizzando del pietrisco calcareo di pezzatu-

to; deve essere cioè preparata a mezzo di rulli com-

la sabbia di chiusura, la cui penetrazione deve essere

camminamenti dei giardini al posto delle preziose

ra 40/60 e della sabbia di chiusura che può essere ot-

pressori secondo un piano o seguendo la sagoma

resa più agevole a mezzo di spazzoloni ed acqua di

ma costosissime pavimentazioni lapidee in basole,

tenuta o dalla frantumazione dello stesso materiale

del manto superficiale o a doppia falda, assumendo

innaffiamento.

soprattutto laddove le superfici da pavimentare ri-

lapideo utilizzato per il pietrisco o dalla lavorazione

comunque un aspetto quanto più regolare possibile.

La sabbia di chiusura e l’acqua costituiscono in un

sultavano particolarmente ingenti.

di altro materiale lapideo sempre di origine calca-

La fase successiva consiste nella messa in opera del-

certo senso l’unico legante delle pavimentazioni

Questa tecnica costruttiva permetteva inoltre di ot-

rea. Un caso concreto di quest’ultima alternativa è

la massicciata. Inizialmente si procede a spargere

in macadam, che per questa ragione sono chiamate

tenere con costi contenuti pavimentazioni più fun-

costituito dai macadam dei giardini storici, in cui la

il pietrisco partendo dal centro verso l’esterno del-

spesso anche macadam all’acqua. L’acqua di innaffia-

zionali anche rispetto alla semplice terra battuta, che

sabbia è costituita dalla tufina mentre a volte per il

la sede da pavimentare, in modo da costituire uno

mento non deve però mai essere eccessiva, poiché

soprattutto nella stagione invernale risultava del

pietrisco, al posto del tufo, si preferisce adottare dei

spessore non superiore a 15 cm. Generalmente quin-

si correrebbe certamente il rischio di danneggiare il

tutto inagibile a causa delle ripetute precipitazioni

calcari più tenaci.

di la massicciata viene realizzata in due o più strati

sottofondo, soprattutto nel caso in cui questo con-

meteoriche. Con l’avvento del traffico moderno le

A causa della estrema suscettibilità all’acqua dell’ar-

sovrapposti. Ogni strato deve es-

tenga una frazione di argilla.

pavimentazioni stradali in macadam mostrarono tut-

gilla è particolarmente importante che la sabbia di

sere quindi compattato, in modo

Lo spargimento dell’acqua vie-

ti i loro limiti, poiché i carichi di maggior peso e no-

chiusura non ne contenga alcuna traccia, poiché po-

da ridurre il volume dei vuoti in-

ne dunque limitato alla fase ini-

tevolmente più frequenti producevano rapidamente

trebbe essere messa a rischio la durabilità della pa-

tergranulari e da garantire la ne-

ziale della cilindratura ed inoltre

dissesti diffusi e le maggiori velocità di percorren-

vimentazione stessa, per cui non si può prescindere

cessaria robustezza alla pavimen-

spesso si provvede a costituire

za rendevano le strade particolarmente polverose.

dall’uso di sabbia di cava.

tazione.Questa operazione viene

preventivamente una via di scolo

Oggi dunque le pavimentazioni in macadam restano

La prima operazione da effettuare per mettere in

eseguita ancora una volta utiliz-

per l’acqua che eventualmente si

riservate all’ambito meno diffuso ma certamente

opera la pavimentazione in macadam è costituita dal-

zando rulli compressori e dunque

dovesse infiltrare al disotto della

più nobile degli esterni delle ville e dei giardini sto-

lo scavo di sbancamento per uno spessore adegua-

prende il nome di cilindratura. In

massicciata. Quella citata rappre-

rici, poiché si inseriscono particolarmente bene nei

to a contenere la massicciata. Questo scavo prende

genere le massicciate prima della

senta la tecnica costruttiva dei ma-

contesti architettonici di questi luoghi.

il nome di cassonetto e deve essere dimensionato in

cilindratura contengono circa il

cadam tradizionali, per completez-

In particolare dalle nostre parti si è mantenuta nel

modo da garantire una certa robustezza della pavi-

40% del volume dei vuoti, che si

za va detto però che oggi esistono

tempo l’abitudine di utilizzare la tufina come sab-

mentazione, nel senso di una adeguata resistenza ai

riduce al 15 ÷ 20% ad operazioni

bia di chiusura, anche per il gradevole accostamento

carichi. Tuttavia nel caso dei giardini storici i carichi

ultimate. La compattazione av-

cromatico con l’ambiente circostante che ne deriva e

esterni sono del tutto trascurabili essendo costituiti

viene facendo passare i rulli lun-

che costituisce ormai un tratto distintivo dei giardini

quasi esclusivamente dai mezzi adoperati per la ma-

go delle fasce contigue di larghezza pari a quella del

chiusura insieme anche ad una piccola frazione di

storici siciliani.

nutenzione del giardino.

rullo stesso, tante volte quante sono quelle necessa-

legante idraulico, consentono di garantire una mi-

Il Giardino dell’Orto Botanico di Palermo ne rappre-

Le azioni dovute alla vegetazione circostante, inve-

rie ad ottenere il volume dei vuoti residui voluto,

gliore durabilità dell’opera senza compromettere

senta un mirabile esempio e il recente recupero dei

ce, possono risultare per nulla trascurabili, soprat-

procedendo in questo caso dall’esterno della sede

l’aspetto estetico e cromatico che risulta essenzial-

suoi viali impreziosisce questo gioiello urbanistico

tutto nel caso in cui questa sia caratterizzata da un

verso l’interno e avendo cura di battere le fasce con-

mente identico a quello dei macadam tradizionali.

della nostra città. Quanto detto sta alla base delle

apparato radicale piuttosto superficiale. Si compren-

tigue mantenendo delle sovrapposizioni di almeno

provvide scelte, comunemente operate dalle Sovrin-

de facilmente come la determinazione di tali azioni

20 cm. La cilindratura ha termine approssimativa-

tendenze ai Beni Culturali Artistici ed Ambientali, di

sia comunque abbastanza aleatoria, per cui solita-

mente quando un elemento lapideo, sotto l’azione

consentire il recupero dei giardini storici nel mante-

mente lo spessore del cassonetto viene determinato

del rullo, si frantuma anziché incastrarsi fra gli altri.

nimento di questa tecnica costruttiva, in quanto rite-

affidandosi all’esperienza e tralasciando qualunque

In realtà il peso del rullo e il numero di passaggi ne-

nuta in grado di avvalorarne e mantenerne il conte-

tipo di calcolo, adottando dimensioni comprese tra

cessari andrebbero determinati con metodi più ac-

nuto artistico.

i 20 e i 30 cm.

curati che tengono conto del tipo di materiale mes-

3. Orto Botanico, Palermo pavimentazione in macadam di uno dei viali

in commercio e vengono utilizzati nella pratica corrente degli additivi che, miscelati alla sabbia di

Bibliografia Conran T., Pearson D., Il Libro Essenziale del Giardino. Umberto Allemandi & C., Torino, 1998. Ferrari P., Giannini F., Ingegneria Stradale. Corpo stradale e pavimentazioni. Vol. II. Isedi, Torino, 2007. Lima A. I., L’Orto Botanico di Palermo. S. F. Flaccovio, Editore, Palermo, 1978. Tesoriere G., Strade Ferrovie Aeroporti Opere in terra e soprastrutture, Vol. 2. UTET, Torino, 1979.

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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

L’ORTO BOTANICO DI PALERMO NELLE CARTOLINE Santi Galatioto

Tra le cartoline paesaggistiche più rappresentative

sizione Nazionale di Palermo del 1891-1892 ed ha

della nostra città un ruolo di primo piano è sempre

un certo interesse storico documentario in quanto si

stato ricoperto da quelle raffiguranti l’Orto Botani-

parla della famosa “corrida dei tori” che si svolse a

co.

Piazza Vittoria (Villa Bonanno) il 19 di maggio del

Le prime cartoline illustrate comparvero in Italia

1892 con relativa sfilata dei toreri per la vie della

nel 1882 ad opera della tipografia Danesi di Roma

città: evento a cui parteciparono migliaia di perso-

che raffiguravano alcune vedute opera del pitto-

ne e che rimase a lungo impresso nell’immaginario

re Baldassare Surdi. La stessa tipografia Danesi nel

collettivo dei palermitani.

1889 diede alle stampe le prime cartoline illustrate

Il soggetto dell’Orto maggiormente ritratto è quel-

di Palermo.

lo del prospetto del Gymnasium di Dufourny su via

Per quanto riguarda l’Orto Botanico la cartolina più

Lincoln.

antica, che ritrae il Gymnasium, risale al 1892.

Meno ricorrente, invece, l’altro prospetto, quello che

Essa fu spedita nel mese di maggio in concomitanza

da direttamente sul viale principale dell’Orto, sul

dell’evento più importante di quel periodo, l’Espo-

quale signoreggiano le statue raffiguranti le quattro stagioni di Gaspare Firriolo, valente stuccatore attivo a Palermo nella seconda metà XVIII secolo che realizzò anche gli stucchi fitomorfi dell’interno del Gymnasium. La maggior parte delle cartoline sull’Orto rientrano nel periodo di direzione del professore Antonino Borzì (1852-1921) a cui dobbiamo la fondazione del Giardino Coloniale, inaugurato nel 1913. E’ proprio degli anni ’20 una serie di venti cartoline che oltre che a ritrarre tutti i soggetti di maggior ri-

1. Prospetto del Gymnasium sulla via Lincoln 2. Prospetto del Gymnasium sull’interno dell’Orto 3. La più antica cartolina raffigurante il Gymnasium (1892)

lievo dell’Orto ci danno anche un’idea di quale fosse in quei tempi la sua struttura didattico-scientifica.


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LA CULTURA DELLA BIODIVERSITÀ: L’ORTO BOTANICO DI PALERMO

L’ORTO BOTANICO DI PALERMO NELLE CARTOLINE

Santi Galatioto

Un altro soggetto molto ricorrente è Viale delle Palme, al termine del quale si trova la statua di Paride, opera di Nunzio Morello (1806-1875 o 1878), uno dei maggiori esponenti dell’arte siciliane dell’800, e la serra Carolina, dono della regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena (una delle sorelle della celebre Maria Antonietta). Originariamente la serra era in legno: fu ricostruita in ghisa nella seconda metà dell’800 dall’architetto Carlo Giachery (1812-1865). Meno comuni le cartoline che raffigurano l’Aquarium, una grande vasca circolare posta in fondo al viale centrale, suddivisa in 24 comparti, ottenuti ripartendo radialmente tre settori concentrici in 8 parti, dove sono tuttora ospitate numerose specie acquatiche. Dopo il 1940 non si trovano più cartoline dell’Orto, l’ultima delle quali che sembra risalire al 1950 fu prodotta dalla ditta Bucaro. Da quella data l’Orto sembra essere stato dimenticato dagli editori specializzati. Malgrado le più accurate ricerche non siamo riusciti a trovare una cartolina che ritraesse il Gymnasium poco prima del recente restauro che documentasse i tristi colori spenti che avevano ricoperto l’opera del Dufourny così mirabilmente colorata.

4. Piantagione di canna da zucchero (1920 circa) 5. Il bananeto (1920 circa) 6. La statua di Paride, opera di Nunzio Morello (1900 circa) 7. Il viale del giardino coloniale (1920 circa) 8. La vasca centrale o Aquarium (1920 circa) 9. I papiri della vasca centrale (1920 circa) 10. Un magnifico esemplare di Dracaena (1920 circa) 11. Un esemplare gigantesco di Piptantocereus, ai suoi piedi il capo giardiniere dell’orto Vincenzo Riccobono 12. Imponente esemplare di Pinus canariensis (1920 circa) 13. Il Direttore Borzì passeggia sul Viale delle Palme 14. Prospetto del Gymnasium visto dal viale principale con le statue delle quattro stagioni, opera di Gaspare Firriolo 15. La serra grande (1920 circa)

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