Sineresi Link n. 2

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Il giorno 18 dello scorso mese di luglio Arcangelo Moles, schivo e rassicurante com’era

per natura, lasciandoci credere che sarebbe rimasto a lungo, se n’è invece andato, burlandosi un po’ dapprima del male, poi di tutti noi che in un’alba d’estate ci siamo svegliati senza di lui. Tra le sue mani e nell’incessante tramestio della sua creatività sono rimasti gli appunti per Sineresi e le pagine di straordinaria eleganza che per la rivista ha disegnato, riuscendo a reinventare per il linguaggio della pubblicità un lessico nuovo e raffinato, capace di affermare che il luogo dell’arte è ovunque. E se il luogo dell’arte è ovunque, il tempo dell’arte è sempre. Ed è nel sempre che va collocata la figura di questo artista - antiartista per eccellenza nella sua assoluta e spiazzante autenticità- geniale, poliedrico, instancabile. Fanciullo sapiente, guardava il mondo con disincanto, ma lo restituiva nell’alone sognante di una speranza, dentro la trascendenza del mistero dell’uomo, in una crudezza di morte che aspirava alla vita sempre. Il quotidiano nella sua dimensione concreta o simbolica è infatti micro e macrocosmo nella sua opera, reso ora in una geometrica razionalità, ora nel puro lirismo di una finta indifferenza; sempre scandagliato, però, nel profondo attraverso l’icasticità delle sue linee che a volte sono ricami, a volte vettori ad altri mondi. Quello di Arcangelo, plurimo e multiforme, si potrebbe definire sempre un linguaggio mitologico che nel suo favoleggiare precede e anticipa la storia. Appartengono al linguaggio del mito, infatti, certi suoi originali topoi, certe cadenze ritmiche, gli epiteti che attribuisce alla realtà perché resti riconoscibile pur dentro la finzione. Il suo racconto è però di una solennità ironica e proditoria, sempre in agguato alla deificazione di una società massificata, quasi monito alla cecità di ogni tracotante miscredenza. L’eternità, insomma, Arcangelo Moles se l’è costruita da sé. A noi tocca soltanto non sottrargliela nella tenebra che troppo spesso si lascia calare sui grandi, allontanandoli dai nostri giorni, improvvidamente certi della fatalità del domani; ci tocca restituirgli la voce che tante volte ci ha prestato, le mani che hanno fatto per noi, gli occhi che per il nostro cammino hanno saputo discernere sempre la via migliore. Perché se oblio ci fosse, sarebbe oblio di un universo fatto delle strade che Arcangelo ha battuto, delle persone con cui si è accompagnato, delle meraviglie che ha lasciato in dono alla sua terra/mondo. Siamo qui per questo. Per il gusto di ascoltare un artista vero. Perché solo il silenzio è un insopportabile addio. Anna R. G. Rivelli


Alla fine degli anni ’70, la fama di Arcangelo Moles, grafico pubblicitario, ha precedu-

to, di gran lunga, quella dell’artista e dell’operatore creativo e culturale. Di questo periodo è un suo manifesto per una campagna promozionale del Corpo Forestale dello Stato, sulla tutela e sul rispetto dell’ambiente. All’epoca altrettanta considerazione s’iniziava, inoltre, a nutrire nei confronti dell’Arcangelo Moles, fine incisore. La sua formazione artistica è avvenuta tra Roma e Bologna. Nel 1977 ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Via di Ripetta, avendo come docente Franco Gentilini, considerato uno dei maggiori artisti figurativi italiani del Novecento, con un’ampia esperienza creativa nel campo dell’illustrazione editoriale. Nella stessa Accademia di Roma, Arcangelo Moles ha frequentato i corsi d’incisione calcografica di Arnoldo Ciarrocchi e di Lino Bianchi Barriviera, riconosciuti come due tra i maggiori interpreti italiani della pratica dell’acquaforte. Due anni dopo, nel 1979, Arcangelo Moles ha frequentato, a Bologna, il corso di calcografia e tecniche incisorie, diretto da Mario Leone. Mentre gran parte del mondo dell’arte moderna e contemporanea era raccolto, in quella fine degli anni ’70 del secolo scorso, in esperienze di tipo concettuale (inglobando, in queste attività di genere creativo, l’Arte Povera, la Land Art e la Body Art) l’interesse artistico di Arcangelo Moles era concentrato su un genere di rappresentazione pittorica d’impegno sociale che è stata definita Nuova Figurazione. Essa nacque in forma parallela all’Arte Concettuale e in contrapposizione al linguaggio Informale della pittura, anch’esso imperante in quegli anni. Quello della Nuova Figurazione è stato un genere artistico che si discostava dalla corrente del Realismo puro per i toni assurdi, a tratti illogici e persino irrazionali, sempre e comunque di denuncia, fortemente espressivi e finanche onirici, con cui l’artista descriveva la realtà. In quegli anni Arcangelo Moles si lasciò prendere in maniera piena dalle istanze della Nuova Figurazione, intrecciando un rapporto stilistico/semantico/speculativo con l’opera di alcuni tra i rappresentanti di questo movimento pittorico, tra i quali Renzo Vespignani e Gianfranco Ferroni. Esperienze creative, le loro, di gran lunga differenti da quella di Arcangelo Moles, salvo, però, che nella maniera di dividere e di definire gli spazi all’interno del piano prospettico dell’opera. E non solo. Era molto omogenea e somigliante, a quella di Vespignani e Ferroni, la maniera con la quale Arcangelo Moles denunciava, attraverso le figure e le forme, l’avanzare di una società industriale tecnologicamente avanzata, che andava producendo, di pari passo, una massificazione della società così com’è stata teorizzata dalla Scuola filosofica di Francoforte, attraverso Theodor Adorno e Herbert Marcuse. Sono stati quelli, pure, gli anni in cui nell’arte, come nella letteratura, si è fatto un


gran parlare della differenza che intercorreva tra la visione speculativa/intellettuale del “significato” (che si associava alla “semantica del segno”) e l’elemento formale del “significante” (inteso, al contrario, come faccia estetica, e quindi esterna, della figura e della forma). Alla fine degli anni ’70, attraverso una mostra personale dedicata al fenomeno, allora prepotente, dell’inurbamento delle città, Arcangelo Moles ha presentato, alla Galleria Spazio di Potenza, alcuni suoi disegni a china e a tecnica mista. Attraverso queste opere egli ha voluto denunciare la mutazione del “vivere insieme”, in corrispondenza con il miracolo economico italiano, ovverosia con la conquista del boom economico caratterizzato da una forte crescita produttiva e da un formidabile sviluppo tecnologico. Una situazione, questa, che portò larghi strati della popolazione a una concentrazione demografica nelle città, non più intese come luoghi del “vivere associato” ma - in maniera quasi esclusiva - come spazi di lavoro e di produzione terziaria (ovverosia di servizi). Arcangelo Moles ha denunciato tutto questo, dando piena sostanza a delle immagini ornate che hanno percorso, in maniera trasversale, quella che, in quel periodo, fu definita come la “cultura dell’underground”. Essa si poneva in maniera alternativa alla “cultura di massa” mettendo in primo piano la “dimensione del sotterraneo” e “l’ampiezza del resiliente”. A scriverne il manifesto estetico è stato - in qualche misura - Marcel Duchamp (molto apprezzato da Arcangelo Moles) sulla scia di quei fenomeni letterari e poetici - della “beat generation” e dell’ “on the road” che dagli anni ’50 del Novecento iniziarono a percorrere, in maniera globale, il mondo intero abbattendo, in questo modo, in “dimensione transeunte” (quello che è stato, poi, definito come “nomadismo culturale”) la differenza tra occidente e oriente. Collateralmente alle scelte estetiche effettuate in questo periodo, Arcangelo Moles ha intrapreso, con sua moglie Angela, un viaggio in India che molto l’ha segnato sul piano della sua capacità individuale di rapportarsi alle dimensioni del Metafisico e del Trascendente. Lui, artista di cultura cristiana, leggeva quel mondo come una proiezione dell’ “occhio che tutto vede”, capace di rappresentare, sul piano simbolico, la verità spirituale e il risveglio interiore, a qualsiasi latitudine, o religione, ciascun individuo appartenga. Ed è sempre della fine degli anni ’70 l’impegnata partecipazione di Arcangelo Moles alle attività condotte dal Co.S.P.I.M (il Collettivo di Pittori - Scultori - Incisori - Musicisti, diretto dall’artista Ninì Ranaldi) con sede in Vico Luigi La Vista, a Potenza. A questo periodo risale l’inizio di alcune sue amicizie artistiche, che sono durate nel tempo: Salvatore Comminiello, Giovanni Cafarelli, Gerardo Cosenza, Marco Santoro, Gerardo Corrado D’Amico e Roberto Santomassimo.


Con gli anni ’80, l’esperienza artistica di Arcangelo Moles si è consolidata, prima, in ambito grafico, con la collaborazione alla rivista d’arte contemporanea Perimetro, che gravitava intorno all’Associazione Arti Visive Quinta Generazione, di cui facevano parte (oltre a lui stesso) Giovanni Cafarelli, Felice Lovisco, Marco Santoro, Gerardo Cosenza, Salvatore Comminiello, Salvatore Sebaste, Luigi Lapetina e Giuseppe Filardi. E, poi, attraverso i contributi editoriali, da lui stesso offerti, all’attività organizzativa di tipo espositivo, svolta da don Vito Telesca, allora rettore del Seminario di Potenza e poi divenuto vicario dell’arcivescovo metropolita, del capoluogo regionale lucano. È di questo stesso periodo la prima attenzione professionale prestata da Arcangelo Moles alla fotografia, in particolare attraverso un reportage fotografico realizzato sui luoghi del “cratere” del terremoto del 23 novembre del 1980 che colpì l’Irpinia e la Basilicata, provocando molte vittime. Egli si recò tra Balvano e Ricigliano per fermare, attraverso lo scatto fotografico, i luoghi della tragedia umana vissuta e i danni subiti dal patrimonio storico, artistico, architettonico e monumentale, a causa di quel devastante fenomeno tellurico che fece 2914 morti, 8848 feriti e 280000 sfollati. Per certi aspetti si è trattato, da parte sua, di una sorta d’inconsapevole iniziazione a quello che sarebbe stato, poi, per trentacinque anni, il suo lavoro di assistente tecnico/scientifico presso la Soprintendenza Archeologica di Basilicata. In questa veste di dipendente del Ministero dei Beni Culturali, Arcangelo Moles ha progettato e allestito, in tre musei della Basilicata, oltre trenta scenografie, alcune delle quali di genere multimediale e altre di tipo monumentale. Sempre a livello di progettazione scenografica Arcangelo Moles ha curato, negli anni 90, l’allestimento dello studio televisivo per la messa in onda della terza edizione del telegiornale Rai di Basilicata che all’epoca andava in onda da Via della Pineta, a Potenza. A cavallo del Duemila (allorquando ottenne, per i suoi meriti artistici, la cittadinanza onoraria del Comune di Bernalda, in provincia di Matera) e poi a seguire - nei tre lustri successivi - è andata sempre più crescendo la sua esperienza creativa, continuamente divisa tra l’attività grafica di tipo editoriale (importante segnalare, a questo riguardo, la sua collaborazione con Sineresi, il trimestrale diretto da Anna R. G. Rivelli e edito dall’Associazione PAN – Centro di Produzione Culturale), il disegno (sempre molto essenziale, scarno e asciutto), la pittura (di afflato romantico e di poderosa tensione emotiva ed emozionale) e la manipolazione plastica della creta (svolta in una doppia “chiave semasiologica” di “scandaglio etno/antropologico” e di “rappresentazione


demologica” delle cosiddette “culture subalterne”); e poi, anche, attraverso la fotografia (intesa - alla maniera di Ugo Mulas - quale occasione per esplorare e investigare la realtà, senza mai perdere la completa aderenza con il lato estetico e creativo). Attraverso una serie di mostre personali (una delle quali tenuta al Centro culturale italo-francese, di Muro Lucano) e di rassegne collettive (tra cui alcune esposizioni d’arte sacra, insieme alla sua partecipazione allo spazio Basilicata del “Padiglione Italia” della 54^ Biennale di Venezia, curata da Vittorio Sgarbi) Arcangelo Moles si è sempre presentato come un artista molto attento al controllo dei dettagli di ogni sua opera, molto minuzioso nell’elaborazione dei suoi progetti creativi, dimostrando - in questa maniera - di essere un artista capace di lavorare a tutto tondo e in grado, al tempo stesso, non solo di distruggere ogni sua incertezza creativa (eliminando ogni sua opera che non riteneva degna) ma, anche, dotato della capacità di spaziare dalle operazioni di “environment creativo” (ovverosia di “recupero concettuale” dei materiali poveri, ricavati dall’ambiente) fino alla Minimal Art (intesa come possibilità di “amplificazione semantica” del dettaglio, del particolare, ottenuta attraverso un processo di riduzione della forma e del segno). Abbiamo la certezza che lui (che nella vita si è sempre dimostrato un animo generoso, sempre aperto e disponibile a collaborare con gli artisti, bravi e meno bravi) ha scelto di rifiutare tutte queste definizioni estetiche e stilistiche, forse per modestia da parte sua, o forse perché convinto (per la sua abitudine a badare alla sostanza delle cose e per la sua natura romantica) che a lui sono sempre interessati “gli sconfinamenti linguistici, come pure le integrazioni” al solo scopo “di trovare l’unità nelle differenze”. Tutto questo perché - nel suo progettare continuo - Arcangelo Moles ha sempre cercato i risultati estetici e culturali piuttosto che la fama. Di tutto questo è testimone, tra gli altri, il curatore di mostre Cataldo Colella al quale ha confidato il suo desiderio d’inseguire - in maniera incessante - “vari momenti poetici, usando media diversi; fattori plastici che si dilatano e che s’integrano, quali la fotografia, la grafica, oggetti dipinti; la verità e l’installazione”. E di tutto questo non gli si può non rendere omaggio. -Rino Cardone-









































Quaderni di Arte Sacra contemporanea

Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla croce Lin Delija n.1, 2007

Compianto sul Cristo morto Piero Vignozzi n.3, 2010

Via Crucis a Stagliuozzo (Potenza) 18 artisti italiani raccontano la Via Crucis insieme alla storia del cinema sulla passione di Cristo n. 2, 2008

Q

“Tu scendi dalle stelle” 24 pittori italiani raccontano il Mistero del Natale nella Cattedrale di Potenza n.4, 2010-11

“Non forzarti all’oscurità, tu sei la nostra luce” Felice Lovisco n. 5, 2013

“Crucis splendor” Rassegna di scultura sacra 9 aprile / 20 maggio 2014


Palo del Colle (BA) 25 /12/1954 - Potenza 18/07/2015 Inizia ad esporre nel 1975 in mostre personali, in collettive e in rassegne,regionali e nazionali. Nel 1977 studia all’Accademia di Belle Arti di Roma nei corsi di Franco Gentilini e incisione calcografica nei corsi di Ciarrocchi e Barriviera. Nel 1979 frequenta a Bologna il corso di calcografia del maestro Mario Leone. Dal 1980 è dipendente nel Ministero dei Beni Culturali. Ha fatto parte del collettivo Quinta Generazione, editore della rivista d’arte Perimetro che determinò sinergie intellettuali, contribuendo a registrare e vitalizzare dibattiti culturali in ambito nazionale. Ha curato come graphic- designer numerosissimi progetti grafici intesi come interazione tra parola e immagine. Ha progettato e allestito oltre trenta scenografie, spesso monumentali, in diversi musei per la Soprintendenza Archeologica di Basilicata, tra cui tre musei multimediali, le scenografie per RaiTG3 e APT Basilicata – ottenendo riconoscimenti nazionali – e lo spazio di Public Art all’interno delle Scale Mobili di Piazza 18 Agosto di Potenza, ha curato, inoltre, la progettazione scenografica del Museo di Arte Sacra della Diocesi di Potenza. Sue opere sono in collezioni private e pubbliche, nazionali e internazionali. E’ cittadino onorario di Bernalda (Matera) per la scultura. Ha Partecipato nel 2011 al Padiglione Italia, Regione Basilicata della 54^ Biennale di Venezia, curata da Vittorio Sgarbi. Diceva di sé: “mi interessano gli sconfinamenti linguistici, come pure le integrazioni, allo scopo di trovare l’unità nelle differenze. Nel progettare le mie opere inseguo vari momenti poetici, usando media diversi, fattori plastici che si dilatano e integrano, quali la fotografia, la grafica, oggetti dipinti, la verità e l’ installazione”. Hanno scritto su rivisteria regionale e nazionale: R.Cardone, R. Agosto, R. Brancati, F. Corrado, A. D’Elia, M. Centomani, N. Cutro, L. De Venere, A.T. Laurita, S. Fizzarotti, L.Fontana, F. Leth, L. Lozito, G. Martucci, M. Murro, P. Nicoletti, B. Panella, S. Pagliuca, P. Ragone,V. Antonio Telesca, A.R.G. Rivelli, V. Sabia, P. Settembrino, F. Sossi, L. Spadano, O. Tagliavini, P. Totaro Ziella, F.J. Turner, S. Fugazza. Esposizioni personali, rassegne e mostre in collettivo in numerose gallerie, centri culturali e musei, tra cui: Potenza, Bari, Taranto, Salerno, Tolve, Palo del Colle,Trani, Campagna, Maratea, Muro Lucano, Venezia, Matera, Parigi, Budapest e Varsavia…



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I progressi scientifici e tecnologici, si susseguono a ritmo frenetico, aprono la via a nuove applicazioni nei settori delle cure sanitarie. Medical & Dental Project è una società al passo con i tempi, offre agli specialisti del settore e quindi al paziente una serie di servizi innovativi nell'ambito dell'odontoiatria e delle specializzazioni mediche afferenti alle Neuroscienze, per rispondere a una gran parte delle necessità legate all'invecchiamento, all'alimentazione e all'ambiente.. Segue l'idea del Dr.Nicola Straziuso, acquisita dopo anni di studio, di collaborazioni scientifiche nei settori delle Neuroscienze, della Riabilitazione, della Odontoiatria con le diverse Università Italiane di Pisa, di Napoli, di Torino, di Roma, di adottare in ambito clinico le conoscenze e le strumentazioni usate nella Ricerca Avanzata. Per saperne di più mette a disposizione un Presidio Ambulatoriale MedicoOdontoiatrico Multifunzionale con Ambienti dedicati, attrezzature medicoscientifiche, software di valutazione e databases comparativi, un Sistema di Gestione Prenotazione visita e Supporto Scientifico a Professionisti che si occupano della Riabilitazione Orale, Posturale, della Voce, del Canto, del Linguaggio, dell'Udito, dei disturbi neuropsicologici, dei disturbi NeuroMotori, dei disturbi Cranio-Mandibolari e dei disturbi della Deglutizione. Estetica della voce, della Postura e del Sorriso.

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