Laurenzana
La riscoperta di un borgo d’arte e di storia Elisa Acanfora
Link di Sineresi periodico di Arte e Cultura direttore Anna R.G. Rivelli allegato al n. 6. Si ringraziano la BCC Basilicata Credito Cooperativo di Laurenzana e comuni lucani, Teresa Fiordelisi, Egidio Comodo, Fabio Amendolara, Antonio Candela. Crediti fotografici Pierangelo Laterza e Giovanni Motta. Un particolare ringraziamento ad Andrea Lettini per la sua fattiva collaborazione. Immagine di copertina Giovanni Todisco, NativitĂ (particolare) foto di Pierangelo Laterza
Perché Laurenzana? Laurenzana perché, pur essendo solo un paese dell’entroterra lucano, può essere luogo emblematico, capace di rappresentare tanti altri luoghi più o meno piccoli, più o meno sconosciuti della Basilicata e dell’Italia tutta; luoghi che spesso oggi lottano per scongiurare l’abbandono, per non scomparire, ma che hanno alle spalle un passato illustre, vivace, ricco di una cultura di cui restano tracce importanti tanto nel patrimonio materiale quanto in quello immateriale. Laurenzana, che qui vi presentiamo con le sue architetture, i suoi affreschi, le sue statue, le tracce del suo Santo e la sua storia tutta, è perciò uno di quei frammenti di cui il nostro Paese è fatto, frammenti senza i quali l’Italia non sarebbe mai stata questa Italia. Anna R.G. Rivelli
Laurenzana: la riscoperta di un borgo d’arte e di storia
Elisa Acanfora
Pittore lucano attivo nella seconda metà del XVII secolo “Eterno Padre Benedicente” Foto: Pierangelo Laterza
Insieme a Mauro Vincenzo Fontana ho da poco curato il volume Laurenzana: studi e ricerche (Foggia, Claudio Grenzi editore, 2018), che raccoglie i contributi di vari specialisti sul patrimonio d’arte e di storia della cittadina lucana. Il format editoriale - con saggi introduttivi e una scelta di opere di qualità tra le più rappresentative - è quello che avevo ideato per la fortunata monografia su Forenza barocca nel 2012 1. La Basilicata reclama da tempo, su salde basi scientifiche, una riscoperta capillare del proprio patrimonio artistico che porti a una corretta e doverosa valorizzazione, ma ben poche sono invero le realtà cittadine che si sono dotate sinora di studi aggiornati e di volumi monografici che valgono come guide per la conservazione e come itinerari per il cittadino e per il visitatore attento. Come già era avvenuto per Forenza, anche in questo caso c’è voluta un’amministrazione accorta e sensibile - supportata dal contributo della banca BCC Basilicata Credito Cooperativo di Laurenzana e dei comuni lucani, nonché dalla collaborazione della Pro Loco “Universitas Laurentianae”, della Diocesi e della Parrocchia Santa Maria Assunta, un’amministrazione che ha capito le potenzialità del territorio lucano e ha voluto superare con un impegno concreto l’attuale paradosso di una vocazione turistica territoriale sbandierata troppo spesso cui non corrisponde, purtroppo, una pari sollecitudine
soprattutto sul fronte dello studio e della valorizzazione dei beni storico artistici. Eppure il territorio della Basilicata non manca mai di stupirci favorevolmente. Ci meraviglia l’incontaminata conservazione dei paesaggi e dei borghi cittadini, come pure ci incanta un patrimonio d’arte, anche numericamente sorprendente, da riscoprire in contesti rimasti pressoché intatti. E quest’ultimo aspetto non è di poco conto. Anzi, rappresenta una splendida eccezione nel quadro generale della situazione di degrado del paesaggio nostrano, “il grande malato d’Italia”, come Salvatore Settis ha dovuto segnalare in maniera drammatica, ormai da tempo. Se, infatti, (ancora citando lo studioso) “il nostro bene culturale più prezioso è il contesto, il continuum fra i monumenti, le città, i cittadini”,2 la Basilicata - con la ricchezza e la varietà dei suoi beni culturali, con i suoi paesaggi incantevoli, con la cordialità antica, oraziana, dei suoi residenti - rappresenta un caso esemplare (ma purtroppo poco noto) della nostra forza identitaria. A sorprenderci ora, positivamente, è Laurenzana, che disvela - grazie a una seria ricerca conoscitiva affidata a specialisti - un’insospettata ricchezza di beni artistici non di second’ordine. È questa la riprova - se fosse ancora necessaria una conferma ulteriore - che l’Italia può dispiegare un imponente Museo diffuso, sebbene ancora da ri-
Statua lignea, scultore napoletano del 600 La Madonna del Melograno Foto: Pierangelo Laterza
Giovanni Zito - Crocifissione olio su tela cm 303x200 Foto: Pierangelo Laterza
scoprire. Per la regione lucana, le occasioni di larghe, e ormai pluridecennali, ricognizioni mi hanno fatto toccare con mano la solidità di tale affermazione e mi hanno portato alla riscoperta (tra i tanti temi possibili di nuove esplorazioni) del Sei e del Settecento sul territorio, proponendo la mostra, appositamente dedicata, Splendori del barocco defilato. Arte in Basilicata e ai suoi confini da Luca Giordano al Settecento (2009-2010),3 nel cui catalogo non sono mancate numerose precisazioni sul patrimonio di Laurenzana. L’affluenza notevole di visitatori nella sede fiorentina dell’esposizione (circa 16.000 visitatori in un mese) ha dimostrato che ci possono essere ampi margini di manovra fuori dagli itinerari ormai canonici del turismo di massa. Siamo per la Basilicata solo all’inizio di un percorso, che ci auguriamo virtuoso. In questa direzione sono andati gli eventi per Matera Capitale Europea della Cultura 2019, tra cui in primo luogo la grande mostra su Rinascimento visto da Sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ’400 e’500, a cura di Dora Catalano, Matteo Ceriana, Pierluigi Leone de Castris e Marta Ragozzino (catalogo: Napoli, Art’em, 2019), dove la lettura del patrimonio lucano è inserita nei fenomeni di diffusione e di circolazione mediterranei. Tra le iniziative voglio ricordare anche il volume Il Rinascimento in Basilicata: Simone “de Fiorentia” (Lagonegro, Zaccara editore, 2019), che ho redatto su promo-
Francesco Antonio Labriola Estasi di San Francesco d’Assisi - olio su tela cm 160x200 Foto: Pierangelo Laterza
zione della Diocesi di Tursi-Lagonegro e l’esposizione sempre da me curata Maternità divine: sculture lignee della Basilicata dal Medioevo al Settecento (2017-2018) (catalogo: Firenze, Aska,2017), con cui l’APT Basilicata ha voluto proporre a Firenze, quale anteprima di Matera 2019, una selezione di capolavori della scultura lignea appartenenti all’intero territorio regionale. Venendo al campo dell’arte contemporanea merita di essere segnalata la mostra “Contemporanea”, a cura di Anna R.G. Rivelli, che ha presentato artisti lucani nati tra il 1930 e il 1960 (catalogo edito dal Consiglio Regionale della Basilicata, 2018). Al momento, tuttavia, e non possiamo non rammaricarcene, la grande opportunità offerta dalla nomina di Matera Capitale Europea 2019 non ha avuto, sino in fondo, quel portato che ci saremmo augurati, ossia di riuscire a collegare i vari centri lucani in un unico intento di valorizzazione capillarmente esteso sul territorio a scala regionale, paese per paese, facendo rete. Davvero un peccato che peserà sulle nuove generazioni. A fronte di questo e dei tanti progetti non andati in porto (da tempo penso a una collana sui centri del barocco lucano che non riesce però a decollare)4, credo che emerga con grande chiarezza la rilevanza dell’operazione culturale, prima ancora che di fruizione turistica, che ha messo in campo il Comune di Laurenzana e che, pur mirata a un singolo borgo,
Girolamo Todisco TrinitĂ con la Vergine e la Maddalena Foto: Pierangelo Laterza
Cesare Scerra Madonna del Carmine con anime purganti e i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista Foto: Pierangelo Laterza
Francesco Paterna (attribuito) Madonna col bambino con i Santi Michele Arcangelo, Gaetano e Biagio seconda metĂ del XVII secolo - olio su tela cm 193x144 Foto: Pierangelo Laterza
getta luce sull’entroterra potentino pochissimo conosciuto. Il volume Laurenzana: studi e ricerche si apre con alcuni saggi introduttivi, affidati a Brunella Gargiulo per il patrimonio archeologico sino all’età medievale, a chi scrive per una panoramica sui beni artistici, a Mauro Vincenzo Fontana per la pittura riformata, a Giuseppina Merola per la scultura lignea, a Giovanni Boraccesi per l’oreficeria, mentre a chiusura il contributo di Giuseppe Damone ripercorre i danni occorsi al patrimonio costruito di Laurenzana per il sisma del dicembre 1857. Queste aperture critiche si corredano di un Catalogo delle opere scelte, che si dipana a mo’ di guida per il visitatore - introdotta dalle note storiche di Francesco Giaconella - tra il patrimonio conservato nelle chiese: la matrice di Santa Maria Assunta e le chiese della Madonna del Carmine, di Santa Maria Potentissima Coronata, di San Giorgio e di Santa Maria della Neve. Nel volume, il saggio di Brunella Gargiulo, dedicato all’analisi delle evidenze archeologiche, principia il capitolo sulla storia della città e del suo territorio. Posta su un crinale roccioso, difeso naturalmente dai corsi d’acqua dello Scarranfone e del Serrapotamo, a guardia del valico che collegava la valle del Basento con la val d’Agri, Laurenzana, come osserva la studiosa, ebbe un ruolo strategico, in un’area popolata già in età preistorica e, senza soluzione di continuità,
Foto: Pierangelo Laterza
Pittore napoletano inizio XVII secolo Battesimo di Cristo - olio su tela cm 80x60 Foto Pierangelo Laterza
sino all’età classica. Testimonianze, legate per lo più a contesti sepolcrali e a ville rustiche, e affidate a ritrovamenti ceramici e numismatici (tra cui un inedito tesoretto), sono riemerse soprattutto attraverso ritrovamenti fortuiti o scavi d’emergenza. Per il Medioevo, nell’attesa che siano avviate più ampie campagne sistematiche di scavo, è attestata la presenza monastica, ai cui edifici si affiancarono gli impianti fortificati e le strutture castellari. E, dunque, con le difficoltà di determinazione cronologica che oggi si registrano in mancanza di indagini archeologiche puntuali, è merito del contributo della Gargiulo una preziosa analisi del tessuto urbanistico e architettonico ancora oggi sopravvissuto e leggibile. In questo, si segnala l’impianto in muratura del castello cittadino che ricade nel sistema di fortificazioni afferente la valle del Basento con venti siti e nove castelli (Abriola, Anzi, Brindisi di Montagna, Castelmezzano, Garaguso, Pietrapertosa, Potenza e Tricarico). A una fase successiva risale la trasformazione del castello in palazzo baronale, che si lega alla figura di Raimondo Orsini del Balzo, uno dei principali artefici della congiura ordita contro Ferrante d’Aragona nel 1485. Va ricordato che alla storia di Laurenzana si connette, in primo luogo, la personalità del Beato Egidio, al secolo Bernardino di
Bello, nato nella cittadina, secondo le fonti, nel 1443. Il saggio di Nicola Montesano ripercorre, in una lettura larga e imprescindibile sull’importante fenomeno del monachesimo lucano e con un attento esame delle fonti agiografiche, il percorso del beato laurenzanese, che, professati i voti perpetui di castità, di povertà e di obbedienza, scelse un nome significativo, in ossequio agli ideali di povertà evangelica di San Francesco e del suo compagno, fra Egidio da Assisi. E l’uscita del volume, nel 2018, ha voluto appunto celebrare l’anniversario dei cinquecento anni dalla morte del beato, avvenuta nel 1518 nel convento di Santa Maria della Neve. A questo convento francescano il Beato Egidio rimase sempre legato, svolgendovi la sua opera di apostolato che fece capo prevalentemente a Laurenzana, tranne un breve soggiorno nel convento di Santa Maria del Sepolcro a Potenza. Il grande fervore spirituale, legato ai francescani, continuò in seguito nella cittadina grazie al colto frate minore Bonaventura da Laurenzana, che fu abate, teologo e predicatore generale della riformata provincia di Basilicata e cui si dovette nel 1674 la celebrazione a stampa del Beato Egidio, appartenuto al medesimo ordine osservante. Sulle fondamenta della chiesa e del monastero extra moenia intitolati a Santa Maria della Neve, soppressi nel 1861, si erge oggi il cimitero co-
Chiesa Madre Foto: Giovanni Motta
Chiesa Madre Foto: Giovanni Motta
munale, costruito tra il 1878 e il 1879 su progetto dell’ingegnere Alfredo Grimaldi 5. La chiesa conventuale originaria, realizzata a partire dal 1473, in base alla bolla di autorizzazione di Papa Sisto IV, doveva seguire i canoni della tradizionale architettura mendicante, con uno schema ad aula unica e quattro cappelle, dedicate rispettivamente al Beato Egidio, all’Immacolata, alla Madonna del Soccorso e al Crocifisso, come attestano le descrizioni contenute nelle visite pastorali sino al 1822 6. Oltre ai frammenti di due mal conservati cicli dedicati, rispettivamente, al Beato Egidio e a San Francesco, si rintracciano gli affreschi visibili nel “corrituretto” del convento, raffiguranti la Natività con i Santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova, corredata dal corteo dei magi e da ornati abitati da profeti e da dottori della chiesa. Già datati in modo erroneo al 1511 e in seguito riconosciuti dalla Villani e dalla Grelle più convincentemente alla mano di Giovanni Todisco intorno alla metà del Cinquecento, questi dipinti murali rivelano la persistenza di uno spirito illustrativo ancora di matrice tardogotica che si unisce, come sempre in questo prolifico pittore originario di Abriola, a nuove istanze prettamente rinascimentali e antiquarie, che vanno viste in parallelo, e probabilmente al seguito, delle novità introdotte in scultura da Altobello Persio 7. Nell’economia del volume si è potuto solo accennare ai duchi di Laurenzana e alla figura di Aurora Sanseverino, la cui rilevan-
Interno Chiesa Madre
Giovanni Todisco NativitĂ affreschi Convento Santa Maria della Neve Foto: Pierangelo Laterza
Santa Maria della Neve - particolare
Giovanni Todisco NativitĂ Affreschi Convento Santa Maria della Neve - particolare Foto: Pierangelo Laterza
za nel contesto intellettuale e artistico meridionale le avrebbe fatto meritare, da sola, un capitolo apposito. Moglie di Niccolò Gaetani dell’Aquila d’Aragona, IV duca di Laurenzana, Aurora Sanseverino dei Principi di Bisignano viene celebrata a più riprese da Bernardo de Dominici nelle Vite, come “virtuosa Dama”, “virtuosa Eroina” e anche definita “Eroina de’ nostri tempi” 8. Ricordandone gli interessi artistici e il sodalizio con Francesco Solimena, nella biografia del pittore lo storiografo le dedica un cammeo encomiastico, lodando “in lei una soda virtù nella moral Filosofia, e una perfetta cognizione delle scienze, e più nella Poesia, come si vede dai di lei Sonetti, che vanno stampati in diverse raccolte, sotto nome di Lucinda Coritesia”. Il De Dominici si avvantaggiava di una familiarità con la famiglia e di una conoscenza personale della duchessa di Laurenzana, che, per sua stessa testimonianza, servì “per molti anni in qualità di Pittor di Paesi, Marine, e Bambocciate”, ovvero “dichiarato pittor di corte da quella gentilissima dama” 9. Frequentata anche da Giovan Battista Vico, la colta e raffinata Aurora, come osservava Ferdinando Bologna,10 fu una delle personalità più in vista del mondo letterario napoletano e del movimento arcadico. Non da meno fu il marito, Niccolò Gaetani, esemplare figura di aristocratico letterato, che ne condivise la passione collezionistica e il mecenatismo nei confronti di artisti,
Giovanni Todisco Natività Affreschi Convento Santa Maria della Neve - particolare Foto: Pierangelo Laterza
musici e letterati 11. A entrambi i coniugi o forse proprio ad Aurora, come avanzo in via ipotetica nel volume, potrebbe essersi accostato, tra i molti artisti, anche Domenico Guarino, ricordato dal De Dominici tra gli allievi di Paolo de Matteis, un maestro quest’ultimo che fu particolarmente legato alla duchessa di Laurenzana: non è da escludere, infatti, che attraverso il caposcuola il giovane Guarino fosse riuscito a conoscere per tempo a Napoli la celebre poetessa, morta nel 1726, e ad avere, in seguito, la strada aperta alla committenza laurenzanese, per la quale eseguì, nel sesto decennio, due tele (l’Incontro tra San Francesco e San Domenico (cat. 1.15) collocato nella chiesa matrice e la Madonna del Carmine con le anime purganti già nella chiesa della Potentissima). Al di là di questa possibilità, emerge per Laurenzana, attraverso la famiglia ducale, un forte legame con Napoli e con i salotti intellettuali e artistici della capitale. Legame che poté avere riflessi, come credo, soprattutto nelle commissioni, di cui diremo, delle opere di scultura lignea del periodo. Affondi dunque necessari sulla storia locale - e molti altri, come dico, se ne potevano fare - che il volume presenta a più mani, che aiutano a comprendere la posizione culturale non isolata di Laurenzana e la composizione del suo patrimonio d’arte, cui le ricerche qui esposte sono, in primo luogo, dedicate.
Girolamo Todisco Adorazione dei pastori XVII secolo olio su tela cm 128x167 Foto: Pierangelo Laterza
Rimandando allora per completezza al ricco volume edito da Claudio Grenzi e illustrato dalla campagna fotografica di Pierangelo Laterza, ripercorro in questa sede solo alcune delle opere eminenti e delle novità emerse. In questo anno, in cui l’evento cardine di Matera 2019, come si è testé anticipato, ha riportato alla ribalta il Rinascimento meridionale, anche Laurenzana dimostra di avere i titoli per essere inserita nei percorsi che fiancheggiano l’esposizione materana, grazie soprattutto alla notevole Madonna delle Grazie del 15151525 circa, in legno intagliato e dipinto (cm 144), conservata nella chiesa madre (cat. 1.1). Ancora anonima, come molte sculture lignee lucane del periodo rinascimentale, essa è da ascriversi, come ha da tempo considerato il Naldi 12, allo stesso artefice della statua di analogo soggetto collocata nella nicchia centrale dell’ancona lignea conservata nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Pietrapertosa. Pensare che questo scultore di forte impronta classicista - e che dal namepiece è comunemente indicato come Maestro del polittico di Pietrapertosa - possa essere lucano, significa, come ha indicato lo studioso e sottolinea ora la Merola, riportare tali opere nel proprio contesto produttivo. Un contesto, che, definito impropriamente provinciale, rivela invece “tratti di originalità e di indipendenza” nei confronti della coeva produzione scultorea napoletana.
Donato Affortunato Madonna con bambino Foto: Pierangelo Laterza
Non di botteghe di scultori in legno quanto piuttosto di una lunga tradizione di maestri intagliatori accertano a Laurenzana varie attestazioni che arrivano sino al Settecento. Di nascita laurenzanese, così come si dichiarano firmandosi, risultano essere stati quel frate Marco, autore nel 1651 di alcune porte lignee ora nel Museo di Potenza, e Linardo Laraia che verga il suo nome nel 1671 sul portone ligneo della chiesa del Rosario a Tramutola. Secondo una notizia che mi comunica Domenico Seracino, il ricordato Linardo sarebbe appartenuto a una famiglia che continuò a Laurenzana la professione dell’intaglio sino all’Ottocento. Altre opere di pregio, quali la cornice che attornia un Eterno Padre Benedicente (parte residuale di un polittico già nella matrice: cat. 1.7) e la grande macchina lignea sopra il coro della chiesa madre attestano nel tardo Seicento una produzione molto probabilmente lucana, anche se non abbiamo prove che sia effettivamente di mano di maestranze laurenzanesi. Al Settecento, per date sicure, appartengono il bel coro intagliato e intarsiato della chiesa madre, sul quale l’iscrizione apposta ne ricorda la commissione nel 1765 da parte dell’abate Giovanni Reginelli, e la sontuosa cornice lignea di gusto tardobarocco, intorno alla pala dello Scerra (cat. 2.1) sull’altare maggiore della chiesa del Carmine, una carpenteria quest’ultima attestata al 1777 e sempre sostenuta dal mecenatismo dello stesso abate. Purtroppo non sono emersi sinora riscontri documentari su queste botteghe di intagliatori ancora anonimi, e per il Settecento, in particolare, si avverte la grave mancanza del catasto onciario di
Nicola Fumo (bottega) San Giuseppe col bambino Foto: Pierangelo Laterza
Laurenzana, come mi segnala Italia Manolio che sta trascrivendo i catasti della Basilicata per la sua tesi di Dottorato in corso di stesura. Quanto alla pittura, dopo che all’incirca alla metà del Cinquecento Giovanni Todisco concluse il suo ciclo ad affresco nella chiesa di Santa Maria delle Neve, già ricordato, si ebbe una ricca stagione artistica nell’età post-conciliare. Una storia della grande fioritura della pittura riformata in Basilicata è ancora tutta da scrivere e, come spesso ho avuto occasione di indicare, ci si augura che essa sgombri il campo dai pregiudizi di una cattiva storiografia che ancora trovano consensi, sebbene non supportati da verifiche documentarie di prima mano. Le ricerche che ho in corso dimostrano tra Puglia e Basilicata una partecipazione diretta dei vescovi al Concilio tridentino più larga di quella che usualmente si è portati a credere, e ciò, unito a una massiccia diffusione di testi a stampa, portò, nei decenni seguenti, a conseguenze rilevanti. Non solo si imposero i dettami conciliari, tra cui l’obbligo per i presuli di risiedere nella propria diocesi, ma soprattutto si innescò un nuovo e sentito fervore devozionale, che portò a mutamenti sostanziali nella pala d’altare, che venne segnata da un rinnovamento iconografico e indirizzata in maniera precipua al culto mariano, mentre un profondo aggiornamento decorativo cambiò radicalmente gli edifici di culto locali. Ciò avvenne nei vari centri (esempio noto ne è l’altare maggiore della cattedrale di Matera con la pala di Fabrizio Santafede sistemata nel 1581)13 e così anche a Laurenzana, dove, significativamente, la chiesa madre,
San Girolamo Pittore meridionale attivo fine XVII secolo olio su tela cm 170x73 Foto: Pierangelo Laterza
fondata nel 1222, subì una trasformazione giusto prima del 1583, come ricorda una lapide appostavi e un “ragguaglio” del 1933. Difficile oggi stabilire come ne fosse l’aspetto al tempo, poiché nel 1780 venne ultimato un nuovo cantiere di ammodernamento che ci ha consegnato una chiesa radicalmente diversa. Tuttavia, come di consueto, la campagna di rinnovamento dell’edificio secondo le istanze riformate dovette proseguire agli inizi del Seicento negli altari laterali. Prove ne sono l’Adorazione dei Pastori (cat. 1.2), firmata da Girolamo Todisco nel 1606, per l’altare della cappella della Natività e la Trinità (cat. 1.3), non lontana per autografia e per datazione, per la cappella omonima. Alla Madonna del Carmine, il cui culto conobbe una straordinaria diffusione in ambito meridionale post-tridentino, venne intitolata una chiesa cittadina forse di nuova fondazione, che venne ornata, nell’altare maggiore, dalla grande pala firmata e datata 1616 dal pittore di Tricarico Cesare Scerra, che vi illustrò, ispirandosi alla celebre immagine mariana venerata nel Carmine Maggiore di Napoli, la Madonna del Carmine con le anime purganti e i Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista (cat. 2.1). Le scelte iconografiche di queste pale riformate sono molto interessanti, e si chiarisce nel volume, per esempio, come il soggetto della Trinità con ai lati la Vergine e la Maddalena dipenda da quello del Christus fons misericordiae, un tema che circolava in
Pietro di Giampietro da Brienza Polittico murale con la Madonna col bambino e i santi Giovanni Battista, Antonio Abate, Monica, Agostino e il Padre Eterno Benedicente. Particolare Foto: Pierangelo Laterza
Europa attraverso le stampe (anche a corredo di qualche catechismo o “istrutione” di stampo tridentino) e che poneva l’accento sul significato eucaristico del sacrificio di Gesù in croce e sul primato dell’Eucarestia. In questa sede mi voglio soffermare sull’Adorazione dei Pastori (cat. 1.2) di Girolamo Todisco, che dopo il restauro risulta firmata in modo frammentario, come scioglie Mauro Vincenzo Fontana, e provvista di data. Le accensioni che caratterizzano il dipinto, e che schiariscono con lume crepuscolare i personaggi che si affollano intorno alla culla, non vanno solamente ricondotte agli umori fiamminghi usuali nella parlata del Todisco, ma denunciano, come qui osservo, la conoscenza - non diretta ma certamente mediata da derivazioni che ne circolavano - della celeberrima Notte del Correggio, alla cui innovativa iconografia spetta l’invenzione del lume emanato dalla figura del Bambino, un’opera in tal senso lodata dal Vasari nel 1568 nella Vita dell’Allegri (“[del Correggio] È in Reggio medesimamente una tavola, drentovi una Natività di Cristo, ove partendosi da quello uno splendore fa lume a’ pastori et intorno alle figure che lo contemplano, e fra molte considerazioni avute in questo suggetto, vi è una femina che volendo fisamente guardare verso Cristo, e per non potere gli occhi mortali sofferire la luce della sua divinità, che con i raggi par che percuota quella figura, si mette la mano dinanzi agl’oc-
Domenico Guarino Incontro fra San Francesco e San Domenico 1752 olio su tela cm 168x78 Foto: Pierangelo Laterza
chi, tanto bene espressa, che è una maraviglia. Èvvi un coro di Angeli sopra la capanna che cantano, che son tanto ben fatti che par che siano piutosto piovuti dal cielo, che fatti dalla mano d’un pittore”).14 La encomiastica citazione vasariana certamente aveva accresciuto la fama eccezionale del dipinto oggi a Dresda, e un tempo nella chiesa reggiana di San Prospero, tanto da farne subito un modello molto, e variamente, replicato. Se il Saraceni fu a Roma uno degli artisti maggiormente affascinato dal nuovo “suggetto” correggesco, tanto da elaborarne una variante da lui stesso più volte reiterata, c’è da chiedersi quali furono le derivazioni che circolavano a Napoli e nel Meridione e la cui conoscenza poté veicolare il tema iconografico sino in Basilicata. Secondo i dettami della Controriforma, e seguendo esempi napoletani come la lipsanoteca del Gesù Nuovo, dall’inizio del Seicento si diffuse anche nel territorio lucano il forte interesse per il reperimento e l’esibizione delle reliquie, come testimonia la bella serie di Busti reliquiario dei Santi Adeodato Papa, Evaristo Papa, Vescovo e martire, Ippolito, Sulpicio, Teofilo e Vito nella chiesa di Santa Maria Assunta, la cui collocazione cronologica certa al 1626 - data segnata sul Busto di San Sulpicio - la pone in parallelo alla coeva serie conservata a Melfi. Ancora per il Seicento, solo per via di ipotesi riusciamo a sciogliere la questione della paternità del bel dipinto conservato nella
matrice, raffigurante la Madonna col Bambino con i Santi Michele Arcangelo, Gaetano e Biagio (cat. 1.5), certo una delle opere migliori conservate nella cittadina lucana e da porsi tra gli esemplari di rilievo di una persistenza naturalistica che si riscontra tra la Basilicata e la Puglia ancora nell’avanzare del secolo. Sinora anonima, la pala, guarnita in basso della veridica illustrazione della città di Laurenzana, potrebbe essere riferita, come propongo nel volume, alla mano del campano Francesco Paterna, un pittore attivo in Lucania, riscoperto modernamente, e che nella Sacra Famiglia con i Santi Anna e Gioacchino del 1663, nella chiesa di Sant’Antonio a Vaglio di Basilicata, si dichiara originario di Buccino. Un altro momento di particolare splendore per Laurenzana fu senza dubbio il Settecento. Lo dimostrano le numerose commissioni non solo negli intagli, come si è detto, ma anche di oreficerie sacre, analizzate con la consueta competenza dal Boraccesi, e di scultura lignea, ai cui pezzi, anch’essi di buona levatura esecutiva, la Merola cerca di dare tentativamente un nome, togliendoli da un generico anonimato che li avvolgeva sinora. Proprio in questo campo, se sono giusti i nomi proposti, si riscontra un’intensa immissione di manufatti di provenienza napoletana, cui verosimilmente si accompagnava una produzione locale. All’uscita del volume, come sottolineava lo stesso Boraccesi nel suo prezioso saggio, la ricognizione esaustiva sugli argenti laurenzanesi si poteva affiancare a quelle analoghe - ma davvero esigue nel numero - che avevano interessato altre città lucane,
Madonna del Carmine Foto: Giovanni Motta
ossia unicamente le città di Castelluccio, di Matera e di Forenza. E questo dato, se restituisce senza dubbio la situazione di arretratezza degli studi sulle cosiddette arti applicate nella regione, penso possa costituire uno dei motivi di apprezzamento delle ricerche su Laurenzana. Qui, per la pittura settecentesca siamo maggiormente forniti di dati certi, poiché non mancano opere provviste dell’apposizione di firme e di date sicure. Per la chiesa matrice penso all’Estasi di San Francesco d’Assisi sottoscritta dal pittore locale Francesco Antonio Labriola nel 1749 e all’Incontro tra San Francesco e San Domenico firmato da Domenico Guarino nel 1752, mentre a fine secolo spetta al modesto Giovanni Zito la Crocifissione datata 1796. Per via attributiva, sempre nella stessa chiesa, si giunge a confermare il riferimento (già proposto da Anna Grelle e Sabino Iusco nel 2001) 15 a Pietro di Giampietro da Brienza per l’esecuzione ad affresco di un finto polittico sulla parete, raffigurante la Madonna col Bambino con Dio Padre e vari santi, e a proporre il nome di Angelo Galtieri, artista prolifico nativo di Mormanno e documentato tra il 1716 e il 1739 tra la Lucania e la Calabria, quale autore del rinnovamento decorativo avvenuto verosimilmente agli inizi del quarto decennio del XVIII secolo e costituito dalla serie con gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa, incorniciati da stucchi, sopra gli arconi della navata centrale. Vengo, infine, al contributo di Giuseppe Damone, dedicato alla disamina dei danni occorsi al patrimonio laurenzanese a seguito del terremoto del
16 dicembre 1857, un tema drammaticamente attuale in una regione sismica qual è la Basilicata, dove anche nei giorni in cui sto stendendo queste note sparse si registrano varie scosse, con epicentri nel potentino, per fortuna senza esiti gravi. Di certo, invece, tra i sismi più devastanti che hanno colpito la Basilicata, il terremoto del 1857, con le sue conseguenze disastrose, fa venire in mente tristemente quello che, in un’epoca più vicina a noi, colpì la regione nel 1980. I documenti d’archivio recuperati dal Damone attestano, oltre alle vittime e alle molte difficoltà per la popolazione, danni “immensi ed incalcolabili” al patrimonio architettonico religioso di Laurenzana. Il saggio ci permette allora di capire quale fu l’opera di ricostruzione, avviata dall’aprile del 1858, da cui non possiamo prescindere non solo per una lettura corretta di ciò che resta ma anche per immaginare quanto tra i beni artistici è andato verosimilmente perduto nel terremoto e negli incendi conseguenti, e questo ci restituisce, pur in assenza, un quadro ancor più articolato di quello che era il patrimonio d’arte di Laurenzana. La fragilità dei beni di un territorio a rischio sismico come la Basilicata è un aspetto sul quale il saggio di Giuseppe Damone ci fa tornare a riflettere e che ci impone, dunque, una attenzione quanto mai sensibile circa la loro conoscenza e la loro conservazione.
Laurenzana Castello medievale Foto: Giovanni Motta
E. Acanfora, Forenza barocca, catalogo della mostra (Forenza, 2012), Napoli 2012. Si trattava di una mostra itinerante in un percorso urbano di valorizzazione, il cui catalogo vale come guida alle bellezze artistiche della città.
1
S. Settis, Italia S.p.A. L’assalto al patrimonio culturale, Torino 2002, pp. 10-21.
E. Acanfora (a cura di), Splendori del barocco defilato. Arte in Basilicata e ai suoi confini da Luca Giordano al Settecento, catalogo della mostra (Matera-Potenza, 2009; Firenze, 2010), Firenze 2009.
2 3
Oltre al volume dedicato a Forenza, da me curato (citato qui alla nota 1), ricordo la tesi di laurea di cui sono stata relatore, pubblicata grazie al contributo del Comune di Matera: E.C. Bianco, Matera barocca:cantieri, committenti e rinnovamento del gusto, con introduzione di E. Acanfora, Firenze 2010.
4
Cfr. R. M. Motta in Santa Maria della neve in Laurenzana. La vicenda di un insediamento francescano sepolto, Lavello 1995. 1995, p. 45.
5
G. Morena, in Santa Maria cit. 1995, pp. 55-60.
Su questo aspetto cfr. ora E. Acanfora, Pittura e scultura del primo Cinquecento in Basilicata, in Rinascimento visto da Sud Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ’400 e ’500, catalogo della mostra (Matera, 2019), a cura di D. Catalano, M. Ceriana, P. Leone de Castris, M. Ragozzino, Napoli 2019, p. 177.
6 7
B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, 3 voll., Napoli 1742-1745; rist. anast. Bologna 1979; ed. in 4 voll., Napoli 1840-1846; ed. commentata a cura di F. Sricchia Santoro e A. Zezza, 2 voll., Napoli 2003, III (1745), pp. 165, 466, 516, 596-597, 622-623, 711, 1049.
8
Ivi, pp. 165, 466, 1049.
9
Cfr. F. Bologna, De Dominici, Bernardo, voce in Dizionario Biografico degli Italiani, XXXIII, Roma 1987, ad indicem.
10
Sulle due figure si veda ora A. Zezza, Bernardo de Dominici e le vite degli artisti napoletani: geniale imbroglione o conoscitore rigoroso?, Milano 2017, in part. pp. 11-18, con bibl.
11
R. Naldi, in Scultura lignea in Basilicata: dalla fine del XII alla prima metà del XVI secolo, catalogo dellamostra (Matera, 2004), a cura di P. Venturoli, Torino 2004, pp. 49, 216.
12
Sebbene la cattedrale materana sia stata sostanzialmente aggiornata secondo il gusto tardobarocco, ritengo che un’ampia campagna di rinnovamento secondo le istanze controriformate abbia dovuto investire, tra il nono decennio del Cinquecento e al massimo entro gli inizi del secolo successivo, anche gli altari laterali.
13
G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architettori, Firenze, 1568, ed. a cura di G. Milanesi, Firenze, 1878-1885, 9 voll., ed. a cura di P. Della Pergola, L. Grassi, G. Previtali, Novara 1967, III, pp. 429430.
14
A. Grelle - S. Iusco, in Arte in Basilicata. Rinvenimenti e restauri, catalogo della mostra (Matera, 1979), a cura di A. Grelle Iusco, Roma 1981; rist. anast. con note di aggiornamento di A. Grelle Iusco e S. Iusco, Roma 2001, p. 311, nota 124/5.
15
Laurenzana Castello medievale Foto: Giovanni Motta
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