Niki de Saint Phalle

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Niki de Saint Phalle a cura di Stefano Cecchetto


Pagina 1 Fotogramma del film Daddy di Niki de Saint Phalle © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved Catherine Marie-Agnès Fal de Saint Phalle, luglio 1932 © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved Niki a Greenwich, primavera 1936 Niki de Saint Phalle davanti a Tiro, azione del 26 giugno 1961 © Roy Lichtenstein Foundation


Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely a Gregy, aprile 1961 Š Roy Lichtenstein Foundation

Niki de Saint Phalle che spara contro a un Tiro, Impasse Ronsin, Parigi, 1961 Š Roy Lichtenstein Foundation


Niki de Saint Phalle che dipinge Le Temoin (Il testimone), 1969

Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely durante l’inaugurazione di Hon (Lei), Stoccolma, 1966 © Moderna Museet, Stockholm

Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely e Per Olof Ultvedt che lavorano a Hon (Lei), Moderna Museet, Stoccolma, 1966 © Moderna Museet, Stockholm


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Niki de Saint Phalle sulla sua sedia Charly mentre dipinge una versione ridotta di Le monde (Il mondo); i primi mobili da lei disegnati uscirono nel 1979 Jean Tinguely e Niki de Saint Phalle a Garavicchio, 1979 Š Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved Veduta del Giardino dei Tarocchi con annotazioni scritte a mano di Niki de Saint Phalle


Le paradis fantastique (Il paradiso fantastico) Š Roy Lichtenstein Foundation


Niki de Saint Phalle nello studio di Soisy, 1980 © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely davanti alla fontana di Château-Chinon, 1988 © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved


Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely, Château-Chinon, 1988

Niki de Saint Phalle incide un motivo su un sentiero del Giardino dei Tarocchi, 1990 © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved Pontus Hulten e Niki de Saint Phalle alla retrospettiva di Bonn, 1992 © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved


Sarah G.Wilson

Tu es moi: il Sacro, il Profano e il Segreto nell’opera di Niki de Saint Phalle*


“L’immagine è forse l’unico legame che ci resta con il Sacro: con lo spavento provocato dalla morte e dal sacrificio, con la serenità che scaturisce dal patto di identificazione fra sacrificati e sacrificatori, e con la gioia della rappresentazione indissociabile dal sacrificio, il suo unico passaggio possibile…”1 Julia Kristeva, Visions Capitales, 1998 “Non ho mai sparato su Dio… Sparo sulla Chiesa. Glorifico la Cattedrale.”2 Niki de Saint Phalle, 1991

L’

opera di Niki de Saint Phalle si colloca in una tradizione che ha origine agli albori della religione cattolica in Europa per arrivare ad artisti contemporanei quali Orlan. Le dimensioni sacre e profane della sua arte nascevano dal con-

flitto interno e dalla politica del suo tempo. Al termine del suo annus mirabilis, il 1961, durante il quale inventò gli shooting paintings, Tirs (Tiri) [azioni durante le

quali l’artista o il pubblico sparavano contro sacchetti di pittura che esplodevano sulla tela, N.d.T.], le fotografie delle cattedrali, le performance e i filmati in coproduzioni internazionali, partecipò alla storica mostra del Museum of Modern Art di New York intitolata “The Art of Assemblage” che inaugurò a ottobre (e fu portata a Dallas e San Francisco). Tu es moi, paysage de la mort entrò nella collezione personale della moglie del curatore, Irma Seitz, un altissimo riconoscimento3. E Niki restò con i piedi per terra nel momento di grande euforia al culmine dell’avanguardia internazionale, a cavallo fra il neodada e la performance, in un clima di fête e celebrazione4. Tu es moi è stato realizzato a Parigi nel momento di transizione fra gli as* Pubblicato per la prima volta dalla Tate Liverpool nel catalogo della mostra “Niki de Saint Phalle”, 1 febbraio - 5 maggio 2008. 1 “L’image est peut-être le seul lien qui nous reste avec le sacré: avec l’épouvante que provoquent la mort et le sacrifice, avec la sérénité qui découle du pacte d’identification entre sacrifié et sacrifiants, et avec la joie de la représentation indissociable du sacrifice, sa seule traversée possible”, J. Kristeva, prefazione a Visions Capitales, Musée du Louvre, Paris 1998, p. 11. 2 “Je n’ai jamais tiré sur Dieu… Je tire sur l’église. Je glorifie La Cathédrale”, Niki de Saint-Phalle, in Niki de Saint Phalle, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Paris 1981, p. 17. 3 Si veda W.C. Seitz, The Art of Assemblage, Museum of Modern Art, New York 1961, p. 122. Le evidenti “somiglianze di famiglia” del catalogo che associano l’opera di Niki agli oggetti surrealisti, al Merzbau di Kurt Schwitter, alle Watts Towers di Simon Rodia e ad artisti contemporanei al di là dei Nouveaux Réalistes, da Parisian Yolande Fièvre a Enrico Baj in Italia, hanno implicazioni che trascendono il campo di analisi del presente saggio. 4 Niki non è affatto riduttivo; ripetere de Saint Phalle (come a dire “Bourgeois” o “Hepworth”) è prolisso e pomposo. 5 Fu senz’altro la recensione del poeta John Ashbery a Hors d’oeuvre (esposta al Salon Comparaison, n. 350), uscita sul “New York Herald Tribune” dell’8 febbraio 1961, a sancire la celebrità di Niki in America.

semblaggi di paesaggi e i primi “target-portait”, i suoi ritratti-bersaglio, di rue Alfred-Durand-Claye. Un cielo nero con un Sole rosso al tramonto è sospeso su un orizzonte bianco, e non è popolato dai personnages degli incrostati paesaggi di Jean Dubuffet (precedenti dal punto di vista formale), ma da pistola, martello, forbici, lama da rasoio, corda, forcone a due denti, verga e pugnale. Delitto passionale? O gli strumenti di passione evocati dall’eco delle rappresentazioni crucifissorie dai cieli cupi, quando il Sole è eclissato nel momento più buio dell’agonia del Cristo? Ogni oggetto, lievemente inclinato verso sinistra, invita lo spettatore a raccoglierlo con la mano destra e colpire, o sparare. Tu es moi: il paesaggio come allegoria della rabbia della stessa Niki? Le altre rotazioni sono metaforiche: evidenti i movimenti dal Sole alla cattedrale sulla testa-bersaglio circolare, dal paesaggio corrugato di gesso alla camicia spiegazzata. Tu es moi anticipa Hors d’oeuvre (Portrait of my Lover / Portrait of Myself), il primo ritratto-bersaglio e i successivi ritratti di San Sebastiano5. Il Sole fluttua, incorporeo, decapitato. Il contrappunto a Tu es moi, forse il primo delle serie Death Landscape, è Collage de la mort. Un Sole nero è sospeso in un livido cielo rosso; la mano mozzata di una bambola e uno spillone da cappello si uniscono agli strumenti di aggressione. Un rivolo di colore scende come sangue secco dal Sole nero al paesaggio; diventa il retro di uno specchio attraverso il quale non possiamo vedere, nemmeno in modo confuso. La quotidianità degli oggetti già intrappolati, semiavvolti in una sepoltura di gesso, allude alla tradizione della vanitas. Le Soleil noir de la Mélancolie – il Sole nero della Malinconia – viene evo-

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cato come atto luttuoso – o proiezione. Per Niki, come per qualsiasi altra ragazza che sta imparando la poesia simbolista di Gérard de Nerval dove viene introdotto questo Sole nero, avviene un processo di transfert: immaginiamo il misterioso principe di Aquitania nella sua torre abolita, non come narratore della poesia, ma come romantico oggetto d’amore6. Noi introiettiamo, nel momento in cui la sua malinconia diventa il nostro desiderio, e la sua perdita il nostro struggimento dell’attesa. Tu et moi – tu e io – un sogno impossibile? Ma i Death Landscapes (i cui titoli Paysages de la mort s’ispiravano a Natures mortes) sono molto aggressivi. Tu es moi è anche Tuez-moi: Uccidetemi! Un imperativo che scaturisce dall’opera stessa, un’esortazione ad afferrare pistola e martello e fare a pezzi gli oggetti rappresentativi (in uno dei film, le scene ripetute di Niki finiscono con la distruzione dell’intera armatura del Tir e dei suoi contenuti che cadono come un corpo morto, sanguinante nella neve – un’abietta massa di liquidi mescolati e colorati). Oppure, eccepibilmente, l’esortazione “Uccidetemi!” viene Tu es moi (Tu sei me), 1960

dalla stessa Niki? In Le Martyr nécéssaire (Saint Sebastien), il bersaglio è al posto della testa, appena sospeso sopra la camicia vuota; una decapitazione precede l’assalto al bersaglio alternativo. L’opera attrae le spettatrici donne, pervertendo il tema santo e omoerotico dell’arte rinascimentale. L’arte di Niki è un atto di profanazione. E quale piacere nel ribaltare il tropo di san Sebastiano, per puntare i propri dardi su questo emblema assoluto del male! Il précoce, precursore, sottotitolato Saint Sebastian (Portrait of my Lover), con la sua camicia tutta gocce e schizzi alla Jackson Pollock, rivela indirettamente l’impatto di questa mostra itinerante, “The New American Painting”, che approdò a Parigi nel gennaio 19597. Il testo di presentazione all’opera

G. de Nerval, El Desdichado, in Les Chimères – Poèmes de Gérard de Nerval (1854), El Desdichado, trad. in Chimere e altre poesie, trad. di D. Grange Fiore, Giulio Einaudi Editore, Torino 1972, pp. 30-31. 7 The New American Painting as shown in Eight European countries, 1958-9, The Museum of Modern Art, New York 1959. Parigi fu l’ultima tappa di questa sensazionale tournée della mostra. 8 “Il y à la fois du cow-boy et du werther dans cette histoire de pistolet […] le geste de l’assassin ou du mari trompé devient un invitation au voyage”, P. Restany, Tir à volonté, Galerie J, Paris 1961. 9 “Dans un monde d’étranges merveilles où le sang cède la place au plus riches couleurs, où l’explosion suscite la forme neuve, où la blessure est poésie”, P. Restany, op. cit. Si veda E. Lawson, Pierre Restany, Janine de Goldschmidt and the Galerie J, 1961–66: The Art of Making Nouveau Réalisme, tesi di dottorato, Courtauld Institute of Art, University of London, London 2002. 10 All’epoca della prima Biennale dei Giovani, del 1959, a Parigi, le instabili “macchine da disegno” di Tinguely fecero scalpore sulla spianata della Tour Eiffel. 11 “Posséder et détruire, les stratégies sexuelles dans l’art d’occident”, Musée du Louvre, Parigi, 2000, racconta come la tradizione classica abbia portato ad Antonin Artaud, agli azionisti viennesi e a Yves Klein. A cura di Regis Michel, questo spettacolo erotico non venne contestato o demolito. 6

di Niki Tir a volonté, curato da Pierre Restany per la Galerie J nel 1961, venne impaginato su un bersaglio da luna park in carta, tutto bucherellato (la mente va all’ultimo gesto dada di sparare all’impazzata sulla folla). Dichiarava Restany: “Nella storia della pistola c’è sia il cow-boy che il giovane Werther… il gesto dell’assassino o del marito tradito diventa un invito al viaggio”8. Per Restany è una sparatoria uomo a uomo: marito contro amante. Lungi dal simpatizzare con i desideri di Niki, egli si guarda anche dal simpatizzare con il ruolo femminile. Il viaggio baudelairiano descritto da Restany avviene in un “mondo di strane meraviglie dove il sangue cede il posto ai colori più ricchi, dove l’esplosione crea una nuova forma, dove la ferita è poesia”9. In Shooting Picture – Galerie J (1961), realizzato proprio in quel periodo, le strisce dell’arcobaleno sgocciolano da una superficie: una parodia dello sfinimento dei gesti esistenzialisti di un informel internazionale ed europeo (viene da pensare agli effetti simili ottenuti da Painting Machines di Jean Tinguely, del 1959)10. L’equivalenza fra sparare a una vittima e sparare a un quadro – pittura come sangue – evoca tutta la tradizione occidentale in cui la tela rappresenta il corpo femminile: nudo, oggetto d’amore, dea, Venere, – o in alternativa il ratto d’Europa, di Lucrezia, delle Sabine… Niki spara su tutta la tradizione artistica occidentale. “Posséder et détruire” è il titolo di una mostra che ripercorreva questa tradizione al Museo del Louvre di Parigi11. Una brillante parodia dunque; ma sta sparando all’artista maschio oppure a un corpo non maschile, ma femminile? Tu es moi - Tu sei me: la vittima come esecutore, l’esecutore come vittima. Tu et moi - Tu e io o Tuez-moi - Uccidetemi? Come dovremmo rispondere alle Nana

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Nana maison I (Nana-casa I), 1966-1967

l’immensa, splendida donna-cattedrale realizzata insieme a Tinguely all’interno del Moderna Museet di Stoccolma nel 1966. Le associazioni con i luoghi sacri della fertilità, le antiche sacerdotesse e l’arco della cattedrale e il postribolo presenti nel-

Se si raffronta “bad” come nella mostra Bad Girls, la forma rappresentativa Middle English dell’Old English baeddel assume degli accenti ermafroditi; il derivato baedling significa “effemminato, uomo femmineo”; ma “bad” può essere positivo, dionisiaco, umoristico. Si veda L. Cottingham, What’s So Bad About ’Em?, in Bad Girls, Institute of Contemporary Arts, London 1993 (per l’etimologia si veda p. 59, nota 2). 26 La pubblicazione commemorativa del Moderna Museet di Stoccolma, Hon - en Katedral, con la parola “cattedrale” cancellata e sostituita dalla parola “historia”, ripercorre la storia di Niki e la realizzazione di Hon, la mostra, la reazione della stampa e la demolizione; con paralleli che vanno dalla Venere di Lespugue alla Statua della Libertà, studi storico-artistici e moltissime citazioni tratte dall’Interpretazione dei sogni di Sigmund Freud. 27 Si veda la ristampa dei cataloghi delle due mostre intitolata The Complete Book of Erotic Art, a cura di P. e E. Kronhausen, Bell Publishing Company, New York 1987. 25

l’origine del latino fornix, i labirinti sacri tracciati sulle pavimentazioni delle antiche chiese, come pure il legame etimologico fra la donna e il diavolo, vengono sbandierati all’entrata di questo divertente palazzo. Sulla giarrettiera di Hon, nella porta-vagina, Niki ha scritto il motto “Honi soit qui mal y pense”, sia vituperato chi pensa male25. Celebrativa, democratica – un’esperienza di “rinascita” –, Hon fece scalpore sulla stampa internazionale, anticipando lo spirito dell’Estate dell’Amore del 196726. Preannunciava un clima scandinavo nel quale più di duecentocinquantamila persone andarono a vedere la prima e la seconda mostra internazionale dell’arte erotica in Svezia e Danimarca, nel 1968 e 1969, allestite nei musei pubblici27. Il suo successo portò all’incarico con Jean Tinguely di Paradise Garden sul tetto simil-barbacane del padiglione francese all’Expo ’67 di Montreal, dove delle “Nana-kebab” (Nanas-en-brochette) volteggiano gioiose in aria. Il Paradiso fu portato a una festa per l’Albright-Knox Gallery di Buffalo e poi al Central Park di New York, per gli appassionati e i bambini di Harlem. Con la Nana maison “meravigliosamente tatuata” esposta al Musée Galliera di Parigi, questi furono i contributi di Niki al maggio Sessantotto28. La Nana maison anticipò i set per il suo spettaco-

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Giardino dei Tarocchi La Force (La Forza) © Niki Charitable Art Foundation, All rights reserved

va stare a sentire le mie speranze e le mie tribolazioni! Anzi, non credo di aver mai trovato interlocutore più saggio e attento. Quello naturalmente, (avevo quindici anni), era il periodo delle prime, devastanti cotte. A differenza di amici e familiari, Niki non aveva preconcetti di sorta. La sua visione mi pareva chiara e generosa e il Giardino dei Tarocchi diventò di lì a poco il mio nascondiglio preferito, il mio rifugio. Ci passavo ore e ore a trafficare, a pasticciare con i suoi colori, a leggere i suoi libri, a gironzolare, e non ero la sola. Anche a Federico, il figlio di Grazia, che è più giovane di me, piaceva trascorrere il tempo con Niki. E lo stesso valeva per mio cugino Edoardo che veniva, parlava con lei e se ne andava in giro per il Giardino. E man mano che crebbe e fiorì di sculture, il Giardino si fece sempre più accogliente. Il Giardino dei Tarocchi era il nostro teatro privato, il nostro palcoscenico. Succedeva sempre qualcosa, gente che andava e veniva, personaggi affascinanti. Ricordo Edward James che arrivava dal suo regno autoproclamato nella giungla sudamericana, in compagnia del suo giovane indio. Era uno di quei sofisticati inglesi alla Somerset Maugham, ben educati, ben istruiti, e finiti ai Tropici pur di sfuggire alle restrizioni della loro educazione. In Messico creò una fantastica architettura, una specie di tempio in mezzo ai boschi in cui viveva come un re pagano, circondato da servitori e animali selvaggi. Un mondo a parte. Poi ricordo di aver incontrato uno strano, elettrico pit-

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Nana P


Power


[Nana baigneuse] (Nana bagnante), 1965-1967 circa Pennarello nero su carta da blocco, 270 x 210 mm

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[Nana Waldaff], 1965-1967 circa Pennarello nero su carta da blocco, 270 x 210 mm

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Nana boule (orange) (Nana palla – arancione), 1966-1967 circa Poliestere dipinto, 100 x 105 x 80 cm Nana assise (Nana seduta), 1965 Lana, cartapesta e rete, 100 x 140 x 140 cm

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Gwendolyn, 1966-1990 Poliestere stratificato, colore flash verniciato su zoccolo in metallo fornito da Jean Tinguely, 262 x 200 x 125 cm Big Lady (Black) (La grande Lady – nera), 1968/1992/1995 Poliestere, colore acrilico, vernice, zoccolo in metallo, 247 x 157 x 80 cm

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Mini Nana maison (Mini Nana-casa), 1968 circa Poliestere dipinto, 16 x 15 x 9 cm Mini Nana acrobate (tête bleue) (Mini Nana acrobata – testa blu), 1969 Poliestere dipinto, 19,5 x 21 x 9 cm

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Mini nana qui court (noire) (Mini Nana che corre – nera), 1970 circa Poliestere dipinto, 20 x 16 x 10 cm The Unicorn (L’unicorno), 1994 Resina stratificata poliestere, colore poliuretanico e vernice flash, zoccolo in metallo, 96 x 38 x 138 cm

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Les trois Gr창ces (Le tre Grazie), 1994 Resina sintetica e colore vinilico, 66 x 79 x 89 cm Nana sur le dauphin (Nana sul delfino), 1994 Resina poliestere stratificata, colore flash non verniciato, zoccolo in metallo, 83 x 27 x 76 cm

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IlGiardin deiT


no Tarocchi


Italy/Viva Italia, 1984 Serigrafia, 98,5 x 68,3 cm

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La Lune (La Luna), 1985 Poliestere dipinto, 68 x 31 x 23 cm

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Le Grand Diable (The Devil) (Il Grande Diavolo), 1989 Poliestere dipinto, 250 x 150 x 96 cm La Justice (La Giustizia), 1990 Poliestere dipinto, oro, 38 x 33 x 23 cm

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