La Venta. 25 Years of Exploration

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INTO THE HEART OF THE WORLD

25 Years of Exploration

a cura di Antonio De Vivo e Francesco Sauro


Design Marcello Francone Redazione Emma Cavazzini Emanuela Di Lallo Impaginazione Marcello Francone Traduzioni Richard Sadleir

First published in Italy in 2015 by Skira Editore S.p.A. Palazzo Casati Stampa via Torino 61 20123 Milano Italy www.skira.net Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore © 2015 Skira editore, Milano Tutti i diritti riservati All rights reserved under international copyright conventions. No part of this book may be reproduced or utilized in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopying, recording, or any information storage and retrieval system, without permission in writing from the publisher. Printed and bound in Italy. First edition ISBN: 978-88-572-3035-1 Distributed in USA, Canada, Central & South America by Rizzoli International Publications, Inc., 300 Park Avenue South, New York, NY 10010, USA. Distributed elsewhere in the world by Thames and Hudson Ltd., 181A High Holborn, London WC1V 7QX, United Kingdom. Finito di stampare nel mese di novembre 2016 a cura di Skira, Ginevra-Milano Printed in Italy


I principali progetti realizzati dall’associazione nei suoi 25 anni di attività, ripercorsi attraverso immagini e diari. Per ogni progetto ancora in corso, un racconto principale, che riesca a legare cronologicamente le varie spedizioni partendo dalle esperienze più recenti, e diari più brevi che raccontino episodi particolari e significativi di quel progetto. Per quanto riguarda i progetti già conclusi, l’approccio potrà essere o storico, quindi raccontato al passato, o tramite diari raccontati al presente storico. Le immagini saranno descritte da ampie didascalie. Ogni capitolo sarà corredato da cartografia generale e di dettaglio. Nel testo che segue vengono descritti sinteticamente i vari progetti e proposti i testi che li potrebbero raccontare, con indicazione di massima degli autori. I racconti principali non dovranno superare le 5000 - 7000 battute, i diari box le 1500. Per ogni progetto ci sarà un box con i risultati, i dati tecnici, le statistiche. I principali progetti realizzati dall’associazione nei suoi 25 anni di attività, ripercorsi attraverso immagini e diari. Per ogni progetto ancora in corso, un racconto principale, che riesca a legare cronologicamente le varie spedizioni partendo dalle esperienze più recenti, e diari più brevi che raccontino episodi particolari e significativi di quel progetto. Per quanto riguarda i progetti già conclusi, l’approccio potrà essere o storico, quindi raccontato al passato, o tramite diari raccontati al presente storico. Le immagini saranno descritte da ampie didascalie. Ogni capitolo sarà corredato da cartografia generale e di dettaglio. Nel testo che segue vengono descritti sinteticamente i vari progetti e proposti i testi che li potrebbero raccontare, con indicazione di massima degli autori. I racconti principali non dovranno superare le 5000 - 7000 battute, i diari box le 1500. Per ogni progetto ci sarà un box con i risultati, i dati tecnici, le statistiche. I principali progetti realizzati dall’associazione nei suoi 25 anni di attività, ripercorsi attraverso immagini e diari. Per ogni progetto ancora in corso, un racconto principale, che riesca a legare cronologicamente le varie spedizioni partendo dalle esperienze più recenti, e diari più brevi che raccontino episodi particolari e significativi di quel progetto. Per quanto riguarda i progetti già conclusi, l’approccio potrà essere o storico, quindi raccontato al passato, o tramite diari raccontati al presente storico. Le immagini saranno descritte da ampie didascalie. Ogni capitolo sarà corredato da cartografia generale e di dettaglio. Nel testo che segue vengono descritti sinteticamente i vari progetti e proposti i testi che li potrebbero raccontare, con indicazione di massima degli autori.

I racconti principali non dovranno superare le 5000 - 7000 battute, i diari box le 1500. Per ogni progetto ci sarà un box con i risultati, i dati tecnici, le statistiche. I principali progetti realizzati dall’associazione nei suoi 25 anni di attività, ripercorsi attraverso immagini e diari. Per ogni progetto ancora in corso, un racconto principale, che riesca a legare cronologicamente le varie spedizioni partendo dalle esperienze più recenti, e diari più brevi che raccontino episodi particolari e significativi di quel progetto. Per quanto riguarda i progetti già conclusi, l’approccio potrà essere o storico, quindi raccontato al passato, o tramite diari raccontati al presente storico. Le immagini saranno descritte da ampie didascalie. Ogni capitolo sarà corredato da cartografia generale e di dettaglio. Nel testo che segue vengono descritti sinteticamente i vari progetti e proposti i testi che li potrebbero raccontare, con indicazione di massima degli autori. I racconti principali non dovranno superare le 5000 - 7000 battute, i diari box le 1500. Per ogni progetto ci sarà un box con i risultati, i dati tecnici, le statistiche. I principali progetti realizzati dall’associazione nei suoi 25 anni di attività, ripercorsi attraverso immagini e diari. Per ogni progetto ancora in corso, un racconto principale, che riesca a legare cronologicamente le varie spedizioni partendo dalle esperienze più recenti, e diari più brevi che raccontino episodi particolari e significativi di quel progetto. Per quanto riguarda i progetti già conclusi, l’approccio potrà essere o storico, quindi raccontato al passato, o tramite diari raccontati al presente storico. Le immagini saranno descritte da ampie didascalie. Ogni capitolo sarà corredato da cartografia generale e di dettaglio. Nel testo che segue vengono descritti sinteticamente i vari progetti e proposti i testi che li potrebbero raccontare, con indicazione di massima degli autori. I racconti principali non dovranno superare le 5000 - 7000 battute, i diari box le 1500. Per ogni progetto ci sarà un box con i risultati, i dati tecnici, le statistiche.


Sommario

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L’inizio dell’avventura

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La prima discesa del Rio La Venta, Chiapas, Messico (1990)

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Il diario della lunga discesa Antonio De Vivo

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Il progetto Rio La Venta, Chiapas, Messico (1994 - 2015)

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L’esplorazione della Cueva del Rio La Venta Tullio Bernabei La civiltà perduta del Rio La Venta Davide Domenici L’Ombligo del Mundo Antonio De Vivo Le esplorazioni recenti Natalino Russo, Francesco Sauro L’odore della selva Gianni Todini, Francesco Lo Mastro

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Il Progetto Samarcanda (1989 - 2015)

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Nel cuore ghiacciato di Dark Star Francesco Sauro e Giuseppe Spitaleri Il meandro senza fine di Boy Bulok, Giovanni Badino La calata verso Ulugh Beg, Antonio De Vivo

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Il Progetto Quarziti, Tepui, Venezuela (1992 - 2016)

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Alle porte del tempo Leonardo Piccini, Francesco Sauro Un progetto, un premio: il premio Rolex Francesco Sauro Concrezioni viventi Francesco Sauro, Jo de Waele Notte in Aonda Giovanni Badino Luoghi irraggiungibili Antonio De Vivo

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Grotte di Cielo: il Mondo Fluttuante (1985 - 2016)

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Cueva de Los Cristales, Naica, Chihuahua, Messico (2002 - 2010)

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Carsismo glaciale alpino Trent’anni sul ghiacciaio Gorner Giovanni Badino, Leonardo Piccini, Alessio Romeo Planet Earth: sul ghiacciaio con la BBC Inquinamento endoglaciale Larry Engel Ghiacciai sotterranei, il cenote di Conturines, Francesco Sauro

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Un’esplorazione astronautica sulla terra Tullio Bernabei, Giovanni Badino Costruire la sopravvivenza Giovanni Badino, Francesco Lo Mastro, Giuseppe Casagrande Non di questo mondo Paolo Forti

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Carsismo glaciale polare L’esplorazione delle Grotte dell’Antartide e dell’Artide Giovanni Badino Una grotta chiamata Brunello Antonio De Vivo Patagonia Il Mondo Fluttuante Giovanni Badino, Leonardo Piccini Ameghino Leonardo Piccini I nomadi del fuoco Tullio Berrnabei, Ernesto Piana

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Puerto Princesa Underground River, Palawan, Filippine (1989 - 2011)

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L’estuario della Notte Antonio De Vivo Maree sotterranee Paolo Forti Un pezzo di passato Paolo Forti Per la prima volta in vetta Leonardo Piccini

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Cuatro Ciénegas, Coahuila, Messico (1998 - 2002)

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Acque nel deserto Tullio Bernabei, Italo Giulivo Antichi artisti rupestri Davide Domenici Miniere senza fondo Antonio De Vivo Nuvole sottoterra Giovanni Badino

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L’esplorazione senza fine

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Il continente buio Giovanni Badino, Francesco Sauro Appendice

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Spedizioni Partecipanti Premi Patrocini e collaborazioni Sponsors Bibliografia Glossario


IL PROGETTO QUARZITI, TEPUI, VENEZUELA 1992–2016

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Alle porte del tempo Francesco Sauro

L’elicottero si solleva leggero nell’aria, sorvolando praterie e foreste, spingendosi sempre più contro l’immane massa rocciosa dell’Auyan Tepui. Solo da questa prospettiva ci si rende conto dell’immensità di queste fortezze di quarzo. Dal campo base, giù al villaggio indigeno di Kavak, le forme bizzarre di torrioni e quinte rocciose sembrano un giocattolo della natura, troppo ardite per essere vere, troppo slanciate per essere così gigantesche. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Raul, il nostro mitico pilota, comincia a far virare l’elicottero allontanandosi dalle pareti, per poi risvoltare pochi secondi dopo. Ci dirigiamo a tutta velocità contro l’ammasso roccioso, sembra impossibile non andarci contro. E invece, al momento giusto, il rotore di coda diminuisce la potenza e ci troviamo a volteggiare lenti al di sopra di una piattaforma, un balcone incredibile sospeso sopra centinaia di metri di pareti. È da qui che comincerà la nostra avventura. Un balzo dal pattino dell’elicottero e siamo di nuovo sulla terra, ma qualche centinaia di milioni di anni addietro, mentre la nostra “macchina del tempo” si lascia precipitare nel vuoto scomparendo sotto la soglia dell’orizzonte. Dall’inizio degli anni ’90, i “tepui” della Guyana, tra Venezuela e Brasile, sono diventati parte di un grande sogno esplorativo, alla ricerca di risposte su alcune delle più enigmatiche grotte della Terra. Questi massicci sono formati da sabbie silicee cementate (le quarziti) deposte circa due miliardi di anni fa, quando America meridionale ed Africa erano unite. Tutta la zona è rimasta per un tempo lunghissimo

stabile, al centro di questo supercontinente, sino a che, circa 150 milioni di anni fa, Africa e America meridionale iniziarono a separarsi, a causa di quel fenomeno noto come “deriva dei continenti”. Ciò provocò cambiamenti sostanziali nella geografia di quei luoghi e la comparsa di fiumi che prima non esistevano. È in questo periodo che si sono formati i bacini del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, i cui affluenti iniziarono ad incidere profondamente le antiche e durissime quarziti della Gran Sabana. I canyon che si sono formati, ampliandosi, hanno col tempo isolato le singolari montagne che oggi chiamiamo tepui. Nel Cretaceo i dinosauri camminavano su questi pianori in un paesaggio che doveva essere molto simile a quello attuale. Ed è così che i tepui sono diventati delle “Isole nel Tempo”, dove piante e animali hanno subito un’evoluzione affascinante e indipendente dalle pianure sottostanti. E noi siamo di nuovo qui, dopo tante spedizioni, alla ricerca del cuore di queste montagne antichissime. Un viaggio nel tempo che è cominciato per La Venta nel 1993, con la prima spedizione sull’Auyan Tepui nella zona della Sima Aonda. Era evidente già allora che i tepui erano scolpiti dal proprio interno attraverso un processo di alterazione che trasforma questa roccia durissima in sabbia facilmente erodibile dai torrenti sotterranei. Le esplorazioni avevano portato a discendere quello che era il più profondo abisso del mondo nelle quarziti, il Sistema Auyan Tepui Noroeste, una serie di profondissimi baratri e altissimi canyon percorsi fino a -390 metri dalla superficie. In quegli ambienti incontaminati, vera protagonista rimaneva l’acqua che in questa zona del mondo cade talmente copiosa da superare i 5 metri annui. Pioggia che si trasforma in rivoli e torrenti, inghiottiti dalle

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Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la

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gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice

mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate.


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Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la

gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice

mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri.

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fratture a formare enormi cascate e impetuosi fiumi sotterranei. La loro forza aveva costretto noi impreparati esploratori a fughe rischiose all’arrivo di piene inaspettate, tante avventure e pericoli, come quella notte alla Sima Aonda, dove un’intera squadra era rimasta intrappolata in profondità senza via d’uscita. Gli Dei della montagna, che nella mitologia indigena Pemón abitano in grandi caverne sotterranee, quella volta ci avevano graziato. Forse avevano voluto metterci alla prova per vedere se eravamo già pronti ad accedere al loro mondo incantato. È il 4 marzo 2013. Ci sono voluti anni per entrare nelle grazie degli Dei, abbiamo dovuto guadagnare la loro fiducia con la perseveranza. Negli anni passati, cercando di entrare nella montagna, abbiamo visto elicotteri cadere, abbiamo sopportato le complicazioni imposte dalla burocrazia, abbiamo speso decine di migliaia di euro, abbiamo fallito e ci siamo risollevati, perché la convinzione di non aver ancora trovato la chiave per quella porta del tempo rimaneva troppo forte. Siamo così ancora sull’Auyan Tepui, l’elicottero ci ha lasciato di fronte a una voragine che da qualche anno stavamo corteggiando dalle foto satellitari. Il tempo di organizzare il materiale tecnico e ci caliamo lungo le pareti, smussate e modellate con forme che sembrano sculture e porticati di templi. Alla base del grande crollo (che poi gli indigeni chiameranno Iroma Den, la Porta del Vento) ci troviamo finalmente di fronte all’oscurità, a quell’ignoto che ci attrae come una calamita.

Francesco Sauro

Un progetto un premio: il Premio Rolex

Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. Come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. Fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate.

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Bastano pochi passi per entrare in una galleria immensa dalle pareti ricoperte di cristalli e speleotemi bizzarri. Un fiume sotterraneo scorre rumoroso verso valle mentre ai lati del condotto si aprono gallerie fossili che si perdono nel silenzio. Decine forse, centinaia di milioni di anni si possono respirare in ogni suono, in ogni silenzio, siamo nel grande tempio del tempo, Imawarì Yeuta, la Casa degli Dei. Guardo i miei compagni e vedo i loro occhi riempirsi di meraviglia mentre camminiamo leggeri cercando di non lasciare nessuna impronta del nostro passaggio. Siamo scienziati, moderni esploratori razionali, eppure la sensazione è che qui sia tutto sacro, qualcosa che va oltre le possibilità di comprensione dell’uomo. Le rocce che ci circondano, a forma di serpenti sinuosi, funghi, sfere giganti come uova di dinosauro, vele e concrezioni di opale, le percepiamo come esseri viventi. Un mondo minerale che si fonde con la vita: così doveva essere all’inizio della storia del nostro pianeta. Le forme sinuose, i colori forti e raggianti, danno un’idea di mostri pietrificati, il cui cuore di microscopici batteri forse batte ancora. Ci guardiamo senza parole. Le domande sono infinite, troppe per essere pronunciate. I giorni che seguono alla scoperta di Imawarì Yeuta sono stati una corsa esplorativa senza precedenti, svelando chilometri e chilometri di passaggi, luoghi che vanno oltre l’immaginazione, fino ad arrivare alla grande cascata di Ratò, il Dio dell’acqua e delle tempeste. Ratò è il grande scultore di queste terre della notte, ancestrale Michelangelo la cui opera si scorge in ogni angolo. Abbiamo compreso che questa scoperta segnerà la storia della conoscenza del mondo sotterraneo del nostro Pianeta Terra. Negli anni successivi a questa scoperta non mancheranno i riconoscimenti internazionali, dal secondo Rolex Award for Enterprise vinto dall’Associano La Venta, alla copertina del Time. Ma già in quei momenti ci rendevamo conto che la prospettiva di noi esseri umani sulle terre della notte sarebbe cambiata radicalmente. Attraverso i nostri occhi, attraverso le nostre emozioni, gli spiriti delle montagne ci stavano dando un immensa responsabilità: proteggere il cuore del pianeta, perché laggiù si potrebbe nascondere l’origine della vita. Quando, sazi da tanti giorni di esplorazione, usciamo nell’enorme collasso di Iroma Den passiamo dal buio del mondo sotterraneo al fascino della notte, al di sotto di un cielo sorretto da miliardi di stelle scintillanti. Poi ci distendiamo increduli sotto un masso a fare discorsi sul futuro, su cosa ci potrebbe essere “oltre” nel cuore di altri tepui che si innalzano verso l’Amazzonia brasiliana, ancora inesplorati. Domani dovremo scendere, perché anche questa spedizione volge al termine. Come tante altre volte, Raul passerà attraverso le nebbie col suo elicottero e ci verrà a prendere. La macchina del tempo si adagerà sulla nuda roccia. Uno sguardo e saliremo su, di nuovo in volo, di nuovo in viaggio attraverso tutte le quattro dimensioni, verso il mondo di oggi. Ma i nostri sogni rimarranno quassù, nascosti nel cuore del tepui, protetti dal buio di altri tempi. E presto torneremo a riprenderceli.

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Francesco Sauro Jo de Waele

Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la

costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non

Concrezioni viventi

Come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. Fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate.

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GIOVANNI BADINO. NOTTE IN AONDA ----------------------------------------E noi siamo di nuovo qui, dopo tante spedizioni, alla ricerca del cuore di queste montagne antichissime. Un viaggio nel tempo che è cominciato per La Venta nel 1993, con la prima spedizione sull’Auyan Tepui nella zona della Sima Aonda. Era evidente già allora che i tepui erano scolpiti dal proprio interno attraverso un processo di alterazione che trasforma questa roccia durissima in sabbia facilmente erodibile dai torrenti sotterranei. Le esplorazioni avevano portato a discendere quello che era il più profondo abisso del mondo nelle quarziti, il Sistema Auyan Tepui Noroeste, una serie di profondissimi baratri e altissimi canyon percorsi fino a -390 metri dalla superficie. In quegli ambienti incontaminati, vera protagonista rimaneva l’acqua che in questa zona del mondo cade talmente copiosa da superare i 5 metri annui. Pioggia che si trasforma in rivoli e torrenti, inghiottiti dalle fratture a formare enormi cascate e impetuosi fiumi sotterranei. La loro forza aveva costretto noi impreparati esploratori a fughe rischiose all’arrivo di piene inaspettate, tante avventure e pericoli, come quella notte alla Sima Aonda, dove un’intera squadra era rimasta intrappolata in profondità senza via d’uscita. Gli Dei della montagna, che nella mitologia indigena Pemón abitano in grandi caverne sotterranee, quella volta ci avevano graziato. Forse avevano voluto metterci alla prova per vedere se eravamo già pronti ad accedere al loro mondo incantato.

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Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la

costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non


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Antonio De Vivo. LUOGHI IRRAGGIUNGIBILI -------------------------------------------------Dopo tante spedizioni, alla ricerca del cuore di queste montagne antichissime. Un viaggio nel tempo che è cominciato per La Venta nel 1993, con la prima spedizione sull’Auyan Tepui nella zona della Sima Aonda. Era evidente già allora che i tepui erano scolpiti dal proprio interno attraverso un processo di alterazione che trasforma questa roccia durissima in sabbia facilmente erodibile dai torrenti sotterranei. Le esplorazioni avevano portato a discendere quello che era il più profondo abisso del mondo nelle quarziti, il Sistema Auyan Tepui Noroeste, una serie di profondissimi baratri e altissimi canyon percorsi fino a -390 metri dalla superficie. In quegli ambienti incontaminati, vera protagonista rimaneva l’acqua che in questa zona del mondo cade talmente copiosa da superare i 5 metri annui. Pioggia che si trasforma in rivoli e torrenti, inghiottiti dalle fratture a formare enormi cascate e impetuosi fiumi sotterranei. La loro forza aveva costretto noi impreparati esploratori a fughe rischiose all’arrivo di piene inaspettate, tante avventure e pericoli, come quella notte alla Sima Aonda, dove un’intera squadra era rimasta intrappolata in profondità senza via d’uscita. Gli Dei della montagna, che nella mitologia indigena Pemón abitano in grandi caverne sotterranee, quella volta ci avevano graziato. Forse avevano voluto metterci alla prova per vedere se eravamo già pronti ad accedere al loro mondo incantato.

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Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la gigantesca parete si avvicina; la

costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non


GROTTE DI CIELO: IL MONDO FLUTTUANTE 1985–2016

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Patagonia. Il mondo Fluttuante Giovanni Badino

Non fu facile convincermi ad andare nelle grotte di ghiaccio. Mario, compagno di esplorazioni in quelle di pietra, me ne decantava gli aspetti interessanti e il fatto che, esplorandole, saremmo usciti dai limiti del mondo delle montagne calcaree. L’idea mi lasciava perplesso. Aveva però convinto Leonardo: lui ne era stato così entusiasta che alla fine mi ero lasciato trascinare sul ghiacciaio del Gorner. Esplorammo il pozzo che avevano dedicato ad Agassiz. Negli anni successivi, via via che capivamo come funzionava il processo di formazione e che intanto il Gorner, assottigliandosi, rallentava, quel pozzo che lì si riformava ogni anno divenne il C1, sempre più marginale e modesto. Ma in quell’anno era straordinario, un fusoide di 90 metri di profondità che diventava una ripida forra sino ad entrare in una pozza d’acqua. La discesa era strabiliante, di bellezza indescrivibile. Finalmente capii di cosa parlavano, e passai dalla parte opposta, a convincere altri ad occuparsi del problema, con risultati modesti. Nei decenni successivi trascinammo molte persone su ghiacciai alpini e poi in ogni parte del mondo, dal Karakorum all’Islanda, dall’Antartide all’Artide, ma scoprimmo presto che chi partecipava era interessato a viaggi eccezionali, non alla forma dell’interno dei ghiacciai. Tornato a casa si dedicava ad altro. Avere la testa scavata dal flusso delle acque subglaciali è un privilegio -o una dannazione- di pochi speleologi. E non certo per le difficoltà tecniche, spesso estreme, le faticate, normalmente tremende, o i rischi, a volte davvero grandi. Il guaio delle grotte nei ghiacciai è la loro scala temporale. Le montagne fanno parte dei paesaggi che ci circondano in un modo tanto stabile che solo da meno di due secoli si è capito che anch’esse emergono e affondano, ma lo fanno con una scala temporale tanto più vasta di quella delle nostre svaporanti vite, che ci paiono stabili. In realtà le catene montane sono le gigantesche ondate di un oceano in gran tempesta, pietrificato dalla nostra istantanea visione, ed è proprio grazie alla nostra rapidità che riteniamo sensato

comperare terreni, conquistare territori, annettere paesi. Per un attimo... La speleologia condivide questa cultura umana di “possesso” di territori tribali e quindi spesso, quando pratica esplorazioni e avanzate nell’ignoto geografico, degenera nel desiderio della conquista territoriale. Quando iniziammo le esplorazioni, le grotte nel ghiaccio ci apparvero subito molto diverse. Erano strutture che si formavano lungo la stagione, cambiavano aspetto e profondità nel giro di settimane, quindi non erano un territorio da conquistare, perché ci svanivano fra le dita: non potevamo ramponare due volte lo stesso ghiaccio... Era così forte l’impressione di effimero che per anni ci curammo ben poco dei rilievi, che dovevamo limitarsi a documentare la profondità di penetrazione sotto la superficie. Fu solo dopo, quando pian piano cercammo di capire nel dettaglio come si formavano, che cominciammo a vederne non solo la meravigliosa forma, ma la loro essenza nascosta. La Fisica dei Buchi nell’Acqua, come la chiamammo, apriva le porte al mondo fluttuante delle grotte glaciali. Capimmo che erano sì effimere, ma si riformavano negli stessi punti del ghiacciaio, stagionalmente o sin più di frequente, se il ghiaccio scorreva in fretta, come in Patagonia. Ma le vedemmo anche paralizzarsi col ghiacciaio quando le vicissitudini climatiche lo arrestavano, come è avvenuto col Gorner negli ultimi decenni. Fiero di questa scoperta, in un articolo per Le Scienze scrissi: Badino G., “Il Carsismo Glaciale”, Le Scienze, 372, 1999

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Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate. Lentamente la

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gigantesca parete si avvicina; la costeggiamo a poche decine di metri di distanza, passando sotto a strapiombi giganteschi, sentendo la forza di gravità che ci tira giù verso i sedili. Troppa meraviglia in così pochi secondi. Questo elicottero sembra più una macchina del tempo che un semplice

mezzo aereo. È come se ci fiondasse in pochi minuti in luoghi che non dovrebbero esistere, a caccia di dinosauri, pterodattili e mostri che nella nostra fantasia vivono ancora nelle viscere di queste montagne sconfinate.


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