L’India dei Ra¯jpu¯t
L’India dei Ra¯jpu¯t Miniature dalla Collezione Ducrot
Per i nomi geografici e di persone nella sezione delle schede si è seguita la trascrizione corrente priva di segni diacritici. Pur seguendo questa impostazione si è preferito tuttavia sostituire correttamente la lettera “w” con la “v” nei termini Mewar, Marwar ecc., seguendo l’esatta traslitterazione dalle lingue indiane anche se priva di segni diacritici. Allo stesso modo il termine Punjab, d’origine anglosassone, è stato reso in Panjab, come viene scritto e pronunciato nella lingua d’origine.
Sommario
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I Ra¯jpu¯t e la pittura di corte Claudia Ramasso
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Il panorama storico-culturale Stefano Piano
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Ideali e immaginario Ra¯jpu¯t: analisi di alcuni capolavori della collezione Ducrot Isabella Nardi
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Marga-sam · gı¯ta, la via della musica In margine alle R¯agam¯al¯a, “le ghirlande di ra¯ga” Roberto Perinu
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Catalogo
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Miniature del Mevar Miniature del Marvar Miniature di Kishangarh Miniature di Bikaner Miniature di Jaipur Miniature di Bundi e Kota Miniature dell’India centrale Miniature paha¯r·¯ı Miniature Mugal e deccanı¯
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Bibliografia Glossario
Catalogo
M IN IAT U R E DEL M EVAR
L
a regione del Mevar occupa la parte meridionale del Rajasthan. In quest’area si affermò la dinastia dei GuhilotSisodiya¯, una delle stirpi Ra¯jpu¯t più antiche: le prime notazioni protostoriche del casato risalgono all’VIII secolo, quando il leggendario sovrano Bappa Raval stabilì la capitale del regno nella roccaforte di Chittorgarh. La fortezza fu assediata tre volte dalle milizie islamiche: il terzo e decisivo attacco venne sferrato dal grande imperatore Mugal Akbar nel 1567. La presa di Chittorghar tuttavia non segnò la resa definitiva dei sovrani del Mevar, che avvenne solo nel 1615: nel 1559 il sovrano Udai Singh aveva fondato una nuova capitale, Udaipur, presso il lago artificiale Pichola. Ultimi fra i clan Ra¯jpu¯t ad arrendersi all’esercito Mugal, i sovrani del Mevar evitarono la frequentazione della corte imperiale e mantennero per lo più un atteggiamento di chiusura rispetto all’influenza culturale di Delhi: la scuola del Mevar, fra le più antiche del Rajasthan, è quella che meno risentì dell’influenza Mugal.
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1 La ¯lita ¯ ra ¯gin · ¯ı Mevar, 1610-1620 21 x 17,5 cm (con cornice gialla); 19 x 15,5 cm (senza cornice) Questo dipinto proviene senza dubbio da un Ra ¯gama ¯la ¯ dipinto a Chavand o Udaipur tra il 1610 e il 1620, poco tempo dopo il famoso Ra ¯gama ¯la ¯ miniato a Chavand nel 1605 dal pittore Nasiruddin, primo tra i cicli
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prodotti nel Mevar dopo la perdita di Chittorgarh. Il cielo, le figure e i colori sono molto simili. La ¯lita ¯ ra ¯gin · ¯ı è un modo musicale mattutino dell’inizio della primavera. La maggior parte dei dipinti che illustrano questo modo musicale mostrano l’eroe che lascia l’eroina dopo una notte di passione, ma in Ebeling (1973, p. 187) l’eroina è mostrata mentre attende l’amante con le sue ancelle. Il dipinto
presenta una scena nella sala di un palazzo; l’eroina, sontuosamente vestita, giace a letto con gli occhi aperti e un fiore nella mano destra. Un’ancella agita un ventaglio di piume di pavone. Un gradino sotto, un musico suona uno strumento a corde, mentre un’altra ancella infila una ghirlanda di fiori bianchi. Le quattro figure portano un grain de beauté nero in faccia.
2 Cortigiano rende omaggio a un ra ¯ja ¯ Mevar, inizio del XVII secolo? Frammento 12,5 x 12,5 cm Un cortigiano rende omaggio a un sovrano seduto a gambe incrociate su un basso trono. Il testo della miniatura, in lingua meva ¯·r¯,ı è gravemente corrotto. La parte destra del frammento reca solo le iniziali di alcune parole. Nella parte sottostante è possibile leggere parte del testo, che recita: “… egli che vince le tenebre”.
3 Kr·s·n · a balla con le gopı¯ Mevar, 1660-1680 circa Pagina di un ciclo pittorico che illustra il Bha ¯gavata Pura ¯n ·a 17,5 x 34,3 cm La danza di Kr·s·n·a con le gopı¯ prende il nome di Ra ¯saman · d·ala. Per usare le parole di Edward Binney III (1968, p. 62) “ogni donna percepisce la presenza pervasiva di Kr·s·n·a in maniera così assoluta da avere la sensazione che lui stia ballando soltanto con lei”. In primo piano, un ruscello gira attorno al dipinto. Sulle sponde, dove crescono fiori e banani, quattro donne suonano strumenti musicali. Kr·s·n·a compare quattro volte mentre balla con quattro mandriane diverse, formando così una ruota. Al centro della ruota compare di nuovo Kr·s·n·a che suona il flauto e danza con Ra ¯dha ¯.
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4 Dhanas´rı¯ ra ¯gin · ¯ı Mevar, 1670-1680 circa Tavola n. 9 di una serie Ra ¯gama ¯la ¯ 20,8 x 17,2 cm In alto, le quattro righe di testo in braj descrivono la ra ¯gin · ¯ı mentre attende che Madho (Kr·s·n·a), il suo amore, venga da lei, ora che è arrivata la primavera, il giardino è ricco di fiori e di nuova vegetazione.
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La ra ¯gin · ¯ı siede in un padiglione a cupola in un giardino fiorito, con banani, manghi, alberi di as´oka. In primo piano, un laghetto con loti in fiore. La ra ¯gin · ¯ı sta osservando una danzatrice, accompagnata da una figura femminile che suona un tamburo, mentre due ancelle stanno a guardare. In alto a destra, un eremita in una grotta. La tavola proviene dalla collezione G.K. Kanoria, Patna
ed è pubblicata nel catalogo dell’esposizione “Miniatures de l’Inde” alla galleria J. Soustiel (Parigi, maggio-luglio 1974).
5 Acrobati si esibiscono di fronte a Kr·s·n ·a Mevar, 1720-1730 circa 23 x 26,5 cm (con cornice rossa); 20,5 x 23,8 cm (senza cornice) Siamo nel cortile di un palazzo: Ra ¯dha ¯ appare, prima mentre sale, poi mentre scende una scalinata. Kr·s·n·a, sulla sinistra, la chiama con un cenno. Un giocoliere di esibisce con
quattro palline, mentre altri acrobati aspettano il segnale per iniziare lo spettacolo. Sulla destra, quattro ragazze, una delle quali porta in braccio un lattante. Sullo sfondo, giardino con alberi in fiore. Il testo sul bordo superiore recita: “Nel cortile del palazzo divertimento e clamore. Oh Signore, il Glorioso [Kr·s·n·a] ordinò un piacevole svago, il gioiello fra le donne [Ra ¯dha ¯] fermò l’esercizio dell’acrobata”.
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6 Brahma ¯ narra il Bha ¯gavata Pura ¯n a · Mevar, 1680-1690 circa Pagina n. 10 di un ciclo Bha ¯gavata Pura ¯n ·a 24,5 x 41 cm A destra, il dio Brahma ¯ narra il Bha ¯gavata Pura ¯n a a due · sacerdoti (bra ¯hman · a). A sinistra, gli stessi bra ¯hman · a leggono il testo a un uomo, poi, sotto, eseguono l’offerta rituale al fuoco. Al centro del dipinto si trovano il re Yudhis·t·hira e il dio Indra che conversano. Sul bordo rosso superiore, una riga di testo; un’altra sul retro del dipinto. Il testo sul retro riporta: “Pagina 10, primo capitolo, Bha ¯gavata Pura ¯n · a”. Il testo sul verso recita: “Il re Yudhis·t·hira discute con il Signore degli dei (Indra) a proposito del Signore che allontana l’illusione (Kr·s·n·a).” 7 Alcuni devoti omaggiano Vis·n·u, ´iva Laks·mı¯ e S Mevar, 1680-1690 27 x 42,5 cm Nella parte superiore, da sinistra a destra: un bra ¯hman · a s’inchina a Vis·n·u e Laks·mı¯, seduti su di un fiore di loto bianco e rosso; un re ´iva. Più in rende omaggio a S basso, da sinistra a destra: un principe e un bra ¯hman ·a ascoltano un saggio che legge una sacra scrittura; una figura maschile e un principe pregano di fronte a Vis·n·u. In primo piano, un fiume. Il testo sulla parte superiore recita: “Il testo della ghirlanda dei gioielli della devozione. Laks·mı¯ dice: ‘Chiunque adori i tuoi piedi di loto non accusa l’influsso dell’età kali, nonché è libero da ogni impedimento. Che io possa servire Na ¯ra ¯yan·a (Vis·n·u), colui che è misericordioso con i miseri. Coloro che ripetono il suo nome ottengono ogni genere di ricchezza. Ecco è arrivato il giorno per servire e adorare il Signore dell’universo’. Maha ¯deva (S´iva) dice a Varun·a: ‘Egli è colui che libera l’anima individuale dalle tre qualità della materia; adora Na ¯ra ¯yan·a, canta a lui delle lodi. Colui che adora Na ¯ra ¯yan·a, adora anche me. Chiunque sia devoto al Signore diviene simile al Signore stesso. Questi mi è caro’”.
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8 Una donna asceta insegna a due nobildonne; un asceta insegna a un ragazzo Mevar, 1698-1710 Inchiostro nero, acquerello, oro su carta beige, puntinismo 22 x 17 cm (senza bordo) Sullo sfondo ci sono degli alberi. Una donna asceta insegna ad altre due donne riccamente vestite che siedono di fronte a lei. Alle spalle delle donne, un uomo con un manoscritto sta ad ascoltare. Al centro: un saggio insegna a un ragazzo mentre si avvicina un secondo giovane; un montone osserva la scena. In primo piano: un laghetto con fiori di loto. Una donna con un rosario di perline fa il bagno. Un cammello guarda impassibile. I baffi dell’uomo sono tipici del regno di Amar Singh II (r. 1698-1710). Anche il puntinismo corrisponde a questa datazione.
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9 Ra ¯ma va a incontrare il re Das´aratha Mevar, 1710-1720 circa Foglio n. 5 del II libro (Ayodhya ¯ ka ¯n ¯ma ¯yan · d·a) del Ra ·a 26,5 x 41,3 cm In alto due righe di testo su fondo giallo. A destra è dipinto Ra ¯ma che parla a Sı¯ta ¯ in un padiglione; due saggi e un ministro lo chiamano. Al centro: Ra ¯ma e i due saggi procedono in carrozza verso il palazzo del re Das´aratha, preceduti da una scorta armata. In alto a sinistra: alcuni cortigiani li omaggiano. 10 Re Das´aratha si consulta con i saggi; Ra ¯ma riceve i saggi nel suo palazzo Mevar, 1710-1720 circa Foglio n. 25 del II libro (Ayodhya ¯ ka ¯n ¯ma ¯yan · d·a) del Ra ·a 26,5 x 41,3 cm In alto, due righe di testo su sfondo giallo. La notte prima dell’incoronazione di Ra ¯ma come suo successore, il re Das´aratha ha avuto dei sogni di cattivo presagio. Sulla sinistra il re è dipinto mentre discute i sogni con Vasis·t·ha e altri saggi. Al centro due saggi sono stati portati in calesse al palazzo di Ra ¯ma, che li riceve, parla con loro, poi celebra una cerimonia religiosa di fronte al fuoco sacro. Tra i due palazzi, un albero di mallika ¯ in fiore.
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11 Ra ¯ma, Sı¯ta ¯ e Laks·man ·a raggiungono l’eremo di Bharadva ¯ja Mevar, 1710-1720 circa Foglio n. 79 del II libro (Ayodhya ¯ ka ¯n ¯ma ¯yan · d·a) del Ra ·a 26,5 x 40 cm In alto, breve testo su sfondo zafferano: “Non appena il sole fu tramontato Ra ¯ma, Sı¯ta ¯ e Laks·man·a andarono a letto. Il mattino Ra ¯ma fece le abluzioni e completò i riti del sorgere del sole. Poi essi giunsero all’eremo di Bharadva ¯ja”. Da destra a sinistra: Ra ¯ma, Sı¯ta ¯ e Laks·man·a dormono in una casa; mangiano insieme, poi vanno a trovare il saggio Bharadva ¯ja nella sua capanna, vicino alla quale antilopi e gazzelle vivono in pace (per un dipinto dello stesso ciclo, si veda Pal 1978, p. 100, tav. 27). 12 Ra ¯ma, Sı¯ta ¯ e Laks·man ·a attraversano il fiume Kalindı¯ Mevar, 1710-1720 circa Foglio n. 83 del II libro (Ayodhya ¯ ka ¯n · d·a) di un Ra ¯ma ¯yan a dell’epoca di Sangram · Singh II 26,5 x 42,5 cm Dopo aver lasciato l’eremitaggio del saggio Bharadva ¯ja, raffigurato in alto a sinistra, Ra ¯ma, Sı¯ta ¯ e Laks·man·a arrivano presso la sponda del fiume Kalindı¯. Costruiscono una zattera di tronchi e di bambù e attraversano il fiume. Sbarcati sull’altra riva, raggiungono un grande albero di ficus che era stato descritto da Bharadva ¯ja. Sotto l’albero, Sı¯ta ¯ prega: “Concedi, o albero sacro, che Ra ¯ma riesca a completare il suo voto!”. In alto, due righe di testo su sfondo giallo che recitano: “In seguito Bharadva ¯ja mostrò la via per raggiungere Citraku ¯t·a. Poi Ra ¯ma fissò la barca con un robusto stelo di loto e scese. Allora essi giunsero presso il banano imperituro e, in seguito, Sı¯ta ¯ rese omaggio al fiume e all’albero immortale”.
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13 ´atrughna I principi Bharata e S partono alla ricerca di Ra ¯ma Mevar, 1710-1720 circa Foglio n. 133 del II libro (Ayodhya ¯ ka ¯n · d·a) di un Ra ¯ma ¯yan · a dell’epoca di Sangram Singh II 26,5 x 42,5 cm In alto, due righe di testo su sfondo giallo. Due dei fratelli di Ra ¯ma, Bharata e S´atrughna, lasciano Ayodhya ¯ per andare alla ricerca di Ra ¯ma. Viaggiano con le mogli del re Das´aratha (portantine in alto), con il saggio Vasis·t·ha e il ministro Sumantra (carrozza in basso a destra), una scorta armata, elefanti. Alcuni inservienti liberano la strada con dei picconi. 14 Laks·man · a osserva il corteo ´atrughna di Bharata e S Mevar, 1710-1720 circa Foglio n. 153 del II libro (Ayodhya ¯ ka ¯n · d·a) di un Ra ¯ma ¯yan a dell’epoca di Sangram · Singh II 26,5 x 42,5 cm In alto, le due righe di testo su sfondo giallo recitano: “Laks·man·a si arrampicò su un albero di sa ¯la e vide l’esercito a oriente. Poi disse a Ra ¯ma: ‘nascondi Sı¯ta ¯ e tendi l’arco’”. Al centro, Laks·man · a sente il frastuono provocato dall’avvicinarsi del corteo di Bharata e S´atrughna. Sale su un albero e lo vede arrivare. Scende dall’albero e va ad avvisare Ra ¯ma e Sı¯ta ¯, seduti di fronte alla loro capanna.
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15 Kr·s·n · a invia una messaggera a Ra ¯dha ¯ Mevar, 1714 Dipinto n. 109 di un ciclo Gı¯tagovinda datato 1714 26,2 x 43,2 cm Le prime due righe del testo in nero sono in hindı¯, mentre la linea del testo in rosso è sanscrito. Il testo in hindı¯ recita: “Io sono qui – Kr·s·n·a dice a un’ancella – tu, dopo essere
andata da Ra ¯dha ¯, parlale con umiltà e conducila da me. Dille che io l’ho chiamata”. Il testo in sanscrito riporta: “‘Io starò qui. Vai, parla a Ra ¯dha ¯ con rispetto e conducila qui’. Così la mandriana inviata dal nemico del demone Madhu (Kr·s·n·a), dopo essersi recata da Ra ¯dha ¯, parlò nuovamente con lei”. Kr·s·n·a (a sinistra) impartisce ordini a un’ancella. Ai suoi piedi giace morto un piccolo demone. Una
donna attraversa un boschetto di alberi e raggiunge Ra ¯dha ¯ sotto un pergolato per comunicarle il messaggio di Kr·s·n·a. In primo piano, una piscina con fiori di loto. Presso il Central Government Museum di Udaipur si trovano 244 pagine di questa serie. Per i dipinti conservati al Central Government Museum di Udaipur si veda: Singh 2004a, tavv. 39 e 40; Poster et al. 1994, pp. 166167; Bautze 1991, nn. 82-83.
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16 Il saggio Kapila incenerisce i figli del re Sagara Mevar, 1712-1714 circa 26,5 x 39,7 cm Il testo riporta: “Scavando giunsero nelle regioni ctonie (pa ¯ta ¯la). Allora lì videro il cavallo legato dietro il veggente Kapila. Presero allora le zappe e gridando ‘Ladro, Ladro!’ corsero per colpirlo”. I figli di Sagara scavano la terra e arrivano a una collina
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dove riposano un capro e una capretta. Ancora più in basso, sono arrivati nel fondo del mare; vedono il cavallo e il saggio e si precipitano su Kapila. Questi lancia un’occhiata fulminante che li incenerisce. Questo dipinto appartiene a un manoscritto illustrato dell’epoca del maha ¯ra ¯n · ¯a Sangram Singh II (r. 1710-1734), e rappresenta la parte iniziale del mito “La discesa della Gan·ga ¯ celeste sulla Terra”.
Il mito è narrato in diversi Pura ¯n ·a (le storie antiche) e Itiha ¯sa (poemi epici). Secondo il mito, il re Sagara si preparava a celebrare il sacrificio del cavallo, ma il dio Indra (o, secondo altre fonti, il demone Vasava) rubò il cavallo e lo nascose nell’oceano, che a quel tempo era privo d’acqua. Sagara inviò i suoi 60.000 figli per mari e per monti a cercare il cavallo. Questi, non trovandolo sulla
superficie della terra, scavarono cunicoli che arrivavano agli inferi; la Terra, ferita, cominciò a gemere e a lamentarsi. Gli dei, commossi, si recarono da Brahma ¯ e gli chiesero cosa fare. Brahma ¯ sentenziò: “la Terra è consorte di Va ¯sudeva (Kr·s·n·a, manifestazione di Vis·n·u), che la protegge sotto le sembianze del saggio Kapila: egli ucciderà i figli di Sagara”. I 60.000 figli di Sagara, scavando, giunsero nelle
profondità dell’oceano e videro il cavallo sacrificale e il saggio Kapila. Si avvicinarono minacciosi a questi, che con un semplice sguardo li incenerì. In seguito Bhagı¯rata, il saggio discendente di Sagara, attraverso una dura ascesi, conquistò il favore di S´iva che permise alla Gan·ga ¯ celeste di fluire dal cielo alla terra, in modo da purificare le ceneri dei 60.000 figli del re.
Ritratti di elefanti Gli elefanti erano importantissimi per i maha ¯ra ¯n · ¯a: simboleggiavano la potenza militare ed erano i principali elementi scenografici per le cerimonie e le processioni di corte. Venivano esibiti nelle lotte di elefanti e in combattimento contro altri animali; accompagnavano i ra ¯n · ¯a durante la caccia ed erano occasionalmente impiegati per eseguire sentenze capitali. Gli elefanti continuarono a essere un elemento caratteristico della corte dei ra ¯n · ¯a. Avevano una grande qualità, a parte la loro efficacia e affidabilità in battaglia: vivevano molto più a lungo dei maha ¯ra ¯n · ¯a, diventando elemento di continuità da una generazione all’altra. 17 L’elefante Gajana ¯yak Ga ¯mera ¯v Mevar, 1715-1730 circa 29,2 x 46,5 cm (con bordo rosso); 26,5 x 43 cm (senza bordo) Una riga di testo: “L’elefante Gajana ¯yak Ga ¯mera ¯v, usato come cavalcatura dal maha ¯ra ¯n · ¯a S´rı¯ Sangra ¯m Singhjı¯”. L’elefante avanza da sinistra verso destra, porta un peso d’oro con la proboscide. È slegato, anche se ha delle catene alle caviglie. Il mahaut (conduttore) è vestito con un ja ¯ma ¯ bianco e tiene in mano un pungolo di metallo (an·kus´a). Due stallieri aprono la strada correndo davanti all’elefante. 18 L’elefante Gan·ga ¯jal Mevar, 1720-1724 circa 28,5 x 47 cm (con bordo); 25,8 x 43 cm (senza bordo) In alto, una riga di testo: “L’elefante Gan·ga ¯jal, dal regno di maha ¯ra ¯n · ¯a Sangram Singh II”. L’elefante avanza da destra verso sinistra. Il mahaut (conduttore) è vestito con un ja ¯ma ¯ giallo, porta un berretto nero ed è scalzo. Nella mano sinistra tiene un pungolo dorato (an·kus´a). Due stallieri aprono la strada. L’elefante ha le catene alle caviglie, ma sono sciolte.
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19 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Jagat Singh II riceve il primo ministro (dı¯va ¯n) Bhim Singh e gli offre un jigha Mevar, 1745-1750 circa 28,5 x 22 cm (con bordo rosso); 24,5 x 18,5 cm (senza bordo) Sul retro, una riga di testo: “Dı¯va ¯njı¯ S´rı¯ Bhim Singhjı¯”. Il maha ¯ra ¯n ¯ma ¯ · ¯a indossa un ja bianco trasparente sopra ampi pantaloni rossi, una fascia dorata alla vita, un copricapo ingioiellato. Ai suoi piedi si trovano una scimitarra e uno scudo. Jagat Singh tiene il bocchino di una pipa ad acqua (h · uqqa) con la mano destra, mentre con la sinistra offre un jigha (gioiello a forma di piuma usato come ornamento per turbanti) a un nobile elegantemente vestito che gli rende omaggio.
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20-29 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Jagat Singh II venera le divinità dinastiche Mevar, 1740-1745 13 x 13 cm (20, 24, 26); 13 x 9 cm (21, 22, 23, 25, 27, 28, 29) Un libretto di dodici pagine che mostra il maha ¯ra ¯n · ¯a Jagat Singh II (nato nel 1709; r. 1734-1751) in preghiera dinnanzi al pantheon di divinità dinastiche. I Sisodiya ¯
del Mevar sostengono di discendere da Su ¯rya, il dio sole, e da Ra ¯ma, il settimo avata ¯ra di Vis·n·u, ma il tempio dinastico della famiglia, a Eklinji, ventuno chilometri a nord di Udaipur, fondato dall’eroe leggendario Bappa Raval, è un tempio dedicato a S´iva, quindi la famiglia regale è di fede mista vais·n · ava e ´saiva.
20 Gan·es´a, il dio dalla testa di elefante, siede su un tappeto finemente decorato da un motivo floreale. Nelle mani tiene un pungolo per elefanti, un rosario e una ciotola per le elemosine piena di dolcetti (lad·d·u). La sua cavalcatura, il topo, lo guarda. Gan·es´a fu generato da Pa ¯rvatı¯: la dea mescolò gli unguenti con frammenti della sua pelle e diede
forma a un figlio. Gan·es´a è una divinità molto popolare, poiché è gentile, calmo, propizio e dispensa ricchezze e prosperità.
21 Jagat Singh II è scalzo e il suo stato regale non è evidenziato dall’aureola. Ha le mani giunte in segno di omaggio e preghiera. Dimostra fra i trentacinque e i quarant’anni, quindi il ritratto potrebbe essere datato fra il 1740 e il 1745.
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22 Vis·n·u e la consorte Laks·mı¯ siedono su un fiore di loto. La cavalcatura di Vis·n·u, Garud·a, creatura per metà uomo e per metà uccello, rende omaggio alle due divinità.
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23 La trimu ¯rti. Brahma ¯, il dio che manifesta l’universo, è raffigurato sulla parte sinistra con quattro teste; tiene un testo scritto nella mano sinistra. Vis·n·u, al centro, di colore blu, è colui che preserva la manifestazione dalle forze disgregatrici. S´iva, raffigurato
come un asceta sulla parte destra, è la divinità preposta alla distruzione dell’universo. Le consorti degli dei siedono ai loro piedi; le loro cavalcature sono mostrate in primo piano.
24 Su ¯rya, il dio sole, siede su un carro tirato da Uccaih·´s ravas, il cavallo dalle sette teste, e tiene un fiore di loto in mano, elemento caratteristico dell’iconografia della divinità. Su ¯rya è considerato essere il capostipite divino della razza solare (su ¯ryavam · ´sa), stirpe a cui appartiene la famiglia dei Sisodiya ¯ del Mevar.
25 La famiglia di Ra ¯ma, re di Ayodhya ¯, e settimo avata ¯ra di Vis·n·u. La famiglia sovrana del Mevar ritiene che Ra ¯ma sia un antenato mitico della loro stirpe. Su un elegante tappeto, un trono dorato; sul trono siedono Ra ¯ma e la consorte Sı¯ta ¯. Alla loro sinistra Laks·man·a, fratello di Ra ¯ma, offre dei frutti, mentre Hanumat, il dio scimmia, rende omaggio. I due
giovani uomini a sinistra, con i loro scacciamosche, potrebbero essere i figli gemelli di Ra ¯ma, Kus´a e Lava, o gli altri suoi fratelli, S´atrughna e Bharata.
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26 Ardhana ¯rı¯s´vara, l’aspetto androgino di S´iva, rappresenta l’unione inscindibile fra il dio, l’essenza, e la sua controparte femminile, la potenza (s´akti). Nelle raffigurazioni la divinità è rappresentata con la metà sinistra del corpo femminile e quella destra maschile. Il toro Nandin e la tigre ai piedi del trono sono le due cavalcature di S´iva e Pa ¯rvatı¯.
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27 Harihara, è un dio composito, e rappresenta Vis·n·u (metà destra del corpo) e S´iva (metà sinistra del corpo) riuniti in un’unica divinità. La consorte di Vis·n·u, Laks·mı¯, e quella di S´iva, Pa ¯rvatı¯, rendono omaggio alla divinità, come anche le loro cavalcature, Nandin e Garud·a.
28 È una rappresentazione della “sacra famiglia” di S´iva, dove il dio compare nella forma a cinque volti (Sada ¯´s iva). Pa ¯rvatı¯, la consorte, è inginocchiata ai suoi piedi, mentre i figli Ka ¯rttikeya, il dio della guerra a sei volti, e Gan·es´a, il dio dalla testa
d’elefante simbolo di saggezza e prosperità, compaiono rispettivamente alla sua sinistra e alla sua destra. Il toro Nandin e la tigre alla base della composizione sono le due cavalcature di S´iva e Pa ¯rvatı¯. Sullo sfondo, il monte Kaila ¯sa, dimora di S´iva.
29 Questo dipinto mostra Pa ¯rvatı¯ che adora S´iva, le cui cinque teste si rivolgono alla moglie. In primo piano, di nuovo Nandin, il toro e la tigre. La forma di S´iva a cinque volti (Sada ¯´s iva o Pañca ¯nana) raffigura l’intera manifestazione, con le quattro
direzioni o i quattro elementi grossolani, e lo zenit, elemento etereo che indica la possibilità di emancipazione dal ciclo del divenire.
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30 Ra ¯o Ram Chand di Bedla con le sue concubine Mevar, 1750 circa 33 x 22 cm A partire dall’epoca del maha ¯ra ¯n · ¯a Jagat Singh II (r. 1734-1751) alla corte del Mevar venne prodotto un numero crescente di ritratti di nobili. Questo dipinto probabilmente raffigura ra ¯o Ram Chand di Bedla (villaggio a circa dieci chilometri a nord di Udaipur), un cortigiano la cui figlia andò in sposa al maha ¯ra ¯n · ¯a Raj Singh II nel 1754-1755 (si veda Topsfield 2001, p. 196). In questo dipinto Ram Chand fuma un h · uqqa a forma di uomo in un padiglione riccamente decorato, in compagnia delle sue concubine. In primo piano, un laghetto con fiori di loto. Un ritratto del ra ¯o, identificato da Topsfield (2001, p. 188, e nota 43, p. 210) si può vedere in Welch (1973, fig. 91). La composizione complessiva, la vegetazione lussureggiante, il tappeto, il baldacchino decorato di disegni floreali, gli abiti delle donne ricordano il dipinto pubblicato da Welch e contrastano con la raffigurazione elementare del cielo.
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31 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Sangram Singh II a caccia di cinghiali Mevar, 1725-1730 61,8 x 72 cm Questa tavola di grandi dimensioni narra le varie tappe di una battuta di caccia del maha ¯ra ¯n · ¯a. Il sovrano, accompagnato dalla scorta, è ritratto prima quando giunge in una radura ove un cinghiale sta nutrendosi, poi quando lo trafigge
con arco e freccia, infine mentre riceve le congratulazioni dei cortigiani. Tra le colline con la foschia dell’imbrunire si notano tre postazioni di caccia. Un’iscrizione sul retro identifica l’evento in dettaglio, nomina i cortigiani e i ministri del seguito e identifica il cavallo. È interessante paragonare questo dipinto a quello intitolato Il maha ¯ra ¯n · ¯a Shambhu Singh a caccia di cinghiali (cat. 38), posteriore
di centocinquanta anni. L’apparato della caccia si è ingigantito, come se tutti i soldati e gli elefanti del maha ¯ra ¯n · ¯a fossero necessari per stanare un singolo cinghiale: durante la “pax britannica” gli stati Ra ¯ jpu ¯t non si facevano più guerra e armi e soldati avevano solo funzione cerimoniale.
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32 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Ari Singh spara a due cinghiali Mevar, 1762 23,2 x 38,5 cm (con bordo); 23,5 x 34,5 cm (senza bordo) Questo ritratto di Ari Singh, anche se essenziale nella composizione, mostra alcuni elementi descrittivi: il paesaggio è visibile, come anche il sorgere del sole in cielo; uno stalliere con uno scacciamosche corre al fianco del suo signore, che sta per superare con un salto uno stagno argentato, dove galleggiano dei fiori di loto e due anatre. Lo stallone marrone scuro ha i garretti tinti di henné. Questo dipinto è illustrato in Topsfield (2001, p. 201, tav. 182). 33 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Ari Singh caccia le gru con un falcone Mevar, 1762-1764 circa 27,5 x 45 cm (con bordo); 22 x 40 cm (senza bordo) Questo dipinto è alquanto elaborato: i volti sono ritratti di persone vere e c’è una specie di sequenza cinematografica, in cui il falcone spicca il volo, attacca una gru e la uccide, mentre gli altri due uccelli volano via. Il maha ¯ra ¯n · ¯a Ari Singh ha la mano sinistra protetta da un guanto da falconiere. Tre scudieri lo seguono correndo con in mano lo stendardo Sisodiya ¯; un altro corre avanti e sta per cadere in un corso d’acqua. La parte inferiore del cavallo è tinta con l’henné; i garretti sono disegnati con la tecnica del puntinismo.
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34 Darba ¯r del ravat Ragho Das di Deogarh e Gopal Das di Karera Deogarh, 1776 circa 58 x 43,5 cm (con bordo rosso); 47,5 x 35 cm (senza bordo) L’autore è Bagta. A sinistra, il ravat Ragho Das e i suoi figli e nipoti (compreso un neonato sulle ginocchia del ravat); sulla destra, il fratello Gopal Das di Karera e i suoi figli e nipoti.
Il dipinto dovrebbe essere del 1776, quando Ragho Das divenne ravat della città fortificata di Deogarh, un centinaio di chilometri a nord di Udaipur. Il pittore Bagta cominciò la sua carriera a Udaipur nel 1761, come attestano le firme su dipinti con scene di caccia e darba ¯r. Lasciò Udaipur per andare a Deogarh nel 1769, a causa della difficile situazione politica,
e continuò a dipingere lì almeno fino al 1814. Questo dipinto è descritto dettagliatamente in Beach (2005, Rawat Nahar Singh II). 35 Ravat Nahar Singh I con tre cortigiane Deogarh, 1825-1830 circa 33,8 x 23 cm (con bordo rosso decorato con fiori dorati);
25 x 17,5 cm (senza bordo) Nessuna scritta sul retro del dipinto perché è incollato su cartoncino. Il ravat Nahar Singh I di Deogarh (r. 1821-1847), vestito con un abito blu, tiene una sciabola nella mano sinistra mentre accarezza la mano di una cortigiana. Un’altra donna regge una torcia, mentre una terza tiene una bottiglia in una mano
e un bicchiere nell’altra. Questo dipinto è attribuito a Baijnath, che fu attivo a Deogarh dal 1822 al 1850. Apparteneva alla terza generazione di grandi pittori di Deogarh dopo suo nonno Bagta e suo padre Chokha.
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36 La dea Durga ¯ si batte contro il daityara ¯ja ¯ Mevar, 1800 circa Foglio n. 6 da un manoscritto illustrato 29,2 x 43,5 cm In alto, iscrizione di due righe su fondo giallo. Sul rovescio, timbro da collezione cancellato, e firma di Kumar Sangram Singh di Navalgarh. A destra: Durga ¯, sulla sua
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cavalcatura, la tigre, sta combattendo contro il re dei demoni (daityara ¯ja ¯) di giorno tra banani e alberi di mango. A sinistra, in alto: il combattimento prosegue durante la notte. I daitya sono demoni generati da Diti, la dea che rappresenta la limitazione spaziale in contrapposizione a “Colei che è priva di limitazioni” (Aditi). Il loro dharma li vede bellicosi, aggressivi e seguaci di S´iva.
37 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Javan Singh a cavallo Mevar, prima metà del XIX secolo 48 x 32,5 cm (con bordo); 42 x 25 cm (senza bordo) Il maha ¯ra ¯n · ¯a Javan Singh cavalca uno stallone color castagna. Ha l’aureola, fuma lo h · uqqa e indossa un ja ¯ma ¯ bianco coi bordi blu. Due scudieri camminano davanti a lui, altri due sventolano degli scacciamosche. Dietro di loro un portatore di h · uqqa e un servitore tengono un parasole. Cielo monsonico con nuvole di pioggia, fulmini. Javan Singh fu l’unico dei cento figli di Bhim Singh a essere ancora vivo nel 1828, anno della morte del padre, quindi nessuno contestò la sua successione al trono. Prima di diventare ra ¯n · ¯a era stato una persona sobria e seria: quando ascese al potere divenne presto un debosciato e un ubriacone. Fra il 1833 e il 1835 ebbe un breve periodo di fervore religioso e visitò molti santuari, ma alla lunga ricadde nell’alcolismo. Morì nel 1838, a trentasette anni.
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38 Il maha ¯ra ¯n · ¯a Shambhu Singh a caccia di cinghiali Mevar, seconda metà del XIX secolo 33,8 x 50,8 cm (con bordo); 30 x 47 cm (senza bordo) Il maha ¯ra ¯n · ¯a Shambhu Singh è seduto con un cortigiano su un grande elefante. I nobili (sarda ¯r) lo seguono su cinque elefanti.
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Il sovrano ha colpito con il suo fucile due cinghiali, mentre altri scappano nella giungla. Soldati vestiti di blu e verde aprono la strada nella macchia. Un muro di contenimento sulla destra impedisce che i cinghiali fuggano. Gli alberi sembrano dipinti con una spugnetta. Shambhu Singh nacque nel
1848. Fu incoronato nel 1862, all’età di quattordici anni, e morì nel 1874, all’età di ventisei. Si abbandonò a eccessi fino al raggiungimento della maggiore età, nel 1865, e da quel momento in poi fu un ottimo sovrano. Dal momento che non era malato si pensa che sia morto avvelenato.
39 Ritratto equestre del maha ¯ra ¯n · ¯a Fateh Singh Mevar, fine del XIX - inizio del XX secolo 53 x 42 cm (senza bordo) Sul retro, due righe di testo in devana ¯garı¯ con il nome del “maha ¯ra ¯n · ¯a Fateh Singh”; il nome del cavallo “Sovan Rup”; la data, “mese di Sa ¯van (luglio-agosto) 1956 (per noi il 1899)”; il nome dell’artista, “Liladhar”. Liladhar era nipote e seguace di S´ivalal, pittore di corte fino al 1894, e il cui meraviglioso dipinto “Maha ¯ra ¯n · ¯a Fateh Singh e compagni che attraversano un fiume in piena nella pioggia” è esposto al City Palace Museum di Udaipur. Fateh Singh, con l’aureola, sfila in sella al suo cavallo Sovan Rup. Ai lati due cortigiani tengono degli scacciamosche: dietro e davanti a lui alcuni servitori sorreggono un parasole e delle insegne solari. Fateh Singh non era l’erede diretto di Sajjan Singh, che morì nel 1884, a venticinque anni, per un attacco epilettico, senza figli. Il trono passò a Fateh Singh, lontano cugino che apparteneva alla stirpe reale, dato che discendeva direttamente da Sangram Singh II (r. 17101734). Egli era molto conservatore, favorì i pittori di corte, sostenne la superiorità del Mevar sugli altri stati Ra ¯ jpu ¯t e fu costantemente in rotta con gli inglesi (non presenziò ai darba ¯r imperiali del 1903 e del 1911, non mandò truppe Mevar in Europa durante la prima guerra mondiale – solo duecento cammelli). Nel 1921 gli inglesi lo mandarono in pensione e misero sul trono suo figlio Bhupal Singh. Fateh Singh morì nel 1930 a settantanove anni. Per un altro ritratto di Fateh Singh, opera di Liladhar si veda Topsfield (2001, p. 292, tav. 263).
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