Vedova DE AMERICA

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De America


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De America a cura di Germano Celant


In copertina De America ’76 - 14, 1976 (part.), AFV 2453 Vedova, New York, 1973 (part.). Foto Kathryn Bigelow Alle pagine 2-3 Vedova nello studio di Venezia, anni settanta. Foto Paolo Gasparini Design Marcello Francone Coordinamento redazionale Emma Cavazzini Vincenza Russo Redazione Domenico Pertocoli Virginia Lazzari Rosalia Virga Impaginazione Sara Salvi Elaborazione delle immagini Graphic & Digital Project srl, Milano

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore © Germano Celant, Milano, per il suo testo © 2018 Galleria dello Scudo, Verona, per il testo di Laura Lorenzoni e per gli apparati © 2018 Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia, per le immagini e le relative didascalie, per i testi di Emilio Vedova, gli apparati e la trascrizione dei documenti ivi conservati © 2018 Skira editore, Milano © Afro Basaldella, Arman, Roger Chastel, Giorgio de Chirico, Jean Dubuffet, Max Ernst, Jean Fautrier, Helen Frankenthaler, George Grosz, Renato Guttuso, Hans Hartung, Hans Hofmann, Franz Kline, Alberto Magnelli, Piero Manzoni, Georges Mathieu, Barnett Newman, Kurt Schwitters, George Segal, Ben Shahn, Clyfford Still by SIAE 2018 © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by SIAE 2018 © Dedalus Foundation, Inc. / Licensed, by SIAE 2018 © Succession Yves Klein, by SIAE 2018 © The Willem de Kooning Foundation, New York, by SIAE 2018 © Succession Picasso, by SIAE 2018 © Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York, by SIAE 2018 © Robert Rauschenberg Foundation, by SIAE 2018 © 1998 Kate Rothko Prizel & Christopher Rothko / ARS, New York, by SIAE 2018 © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc., by SIAE 2018 Fondazione Palazzo Albizzini-Collezione Burri, Città di Castello ©, by SIAE 2018 Tutti i diritti riservati ISBN: 978-88-572-3328-4 Finito di stampare nel mese di ???? 2018 a cura di Skira editore, Milano Printed in Italy www.skira.net

Progetto e realizzazione Galleria dello Scudo in collaborazione con Fondazione Emilio e Annabianca Vedova


De America

Curatore Germano Celant Curatore associato e ricerca scientifica Laura Lorenzoni Ricerca scientifica, documentaria e iconografica presso Fondazione Emilio e Annabianca Vedova Fabrizio Gazzarri in collaborazione con Clelia Caldesi Valeri Sonia Osetta Elena Oyelami Bianchini Maddalena Pugliese Bruno Zanon Coordinamento Galleria dello Scudo Giulia Ambrosini Elena Dalla Costa Filippo Di Carlo Studio Celant Elena Bottinelli Laura Conconi Maria Corti Marcella Ferrari


De America

Quando Fabrizio Gazzarri, direttore dell’Archivio e Collezione della Fondazione Vedova, richiamò l’attenzione di Massimo Di Carlo, alla guida della Galleria dello Scudo, sul ciclo De America (una quarantina di opere di dimensioni diverse, realizzate da Emilio Vedova nel 1976-77), questi ne fu quasi folgorato. Ne promosse il restauro e organizzò nella sua galleria veronese (era il dicembre 2013) una mostra che ebbe un considerevole successo. Fu quasi naturale pensare a una brochure che testimoniasse il percorso espositivo. Ne è nato questo volume di quasi 700 pagine, ora edito da Skira, coprodotto da Galleria dello Scudo e da Fondazione Vedova: il testo doveva concentrarsi sul ciclo De America, ma ne è risultata una monografia del periodo vedoviano dal 1935 al 1978. È stato un lungo e appassionato lavoro, connotato da una grande ed efficace collaborazione che ha coinvolto Galleria dello Scudo, Fondazione Vedova e Studio Celant. Coeditor è stata Laura Lorenzoni, socia della Galleria dello Scudo, sensibile studiosa dell’arte contemporanea, a cui Massimo Di Carlo ha dato l’appoggio organizzativo e il contributo della sua ben nota competenza ed esperienza sui temi dell’arte, non solo italiana, del Novecento. La Fondazione Vedova ha fornito l’insostituibile e indispensabile apporto di una ricerca scientifica e documentaria sui plurimi e complessi profili del percorso creativo dell’artista nei decenni oggetto di questo volume grazie all’impegno dei componenti del suo gruppo organizzativo e di studio: Fabrizio Gazzarri con Sonia Osetta, Clelia Caldesi Valeri, Maddalena Pugliese, Bruno Zanon ed Elena Oyelami. Germano Celant, l’editor, ha disegnato autorevolmente il percorso artistico di Emilio Vedova dal 1935 alla fine degli anni settanta, guidando il suo team composto

da Elena Bottinelli, Laura Conconi, Maria Corti e Marcella Ferrari. De America! Perché un titolo latino per un ciclo pittorico “americano”? Penso di non sbagliarmi nel ricordare che sia stata la moglie Annabianca a suggerirlo, probabilmente ispirata dal suo background culturale classico. Ma credo che in questo titolo vada letto qualcosa di più, cioè l’espressione di un atteggiamento abbastanza diffuso di quegli anni sessanta e settanta, di un certo mondo europeo che incontrava o si scontrava con l’America. Se un certo mondo americano (intendo dire nord-americano) incominciò, dagli anni cinquanta, a visitare l’Europa per scoprirne storia e tradizioni, quasi per rivivere le suggestioni delle antiche pietre di un passato in fondo sconosciuto, così un certo mondo europeo, negli stessi anni, si recava negli Stati Uniti per “scoprire l’America”, restandone a volte rapito – per lo meno nei primi impatti –, a volte affascinato e quasi travolto. Epperò vi si affacciava con il peso di vecchi canoni e di arcaiche misure, di tradizionali linguaggi per catturare, quasi imprigionare e a volte addirittura esorcizzare il flusso emotivo determinato da territori immensi, da città senza tracce di passato, da informali e inusuali costumi e modelli, vuoi sociali, vuoi economici e persino urbanistici assolutamente distanti da quelli europei. I viaggi americani di Emilio e Annabianca avvennero a più riprese negli anni sessanta e settanta. Furono visite attente, in lungo e in largo, a bordo di una vettura guidata da Annabianca, ricche di incontri con artisti, intellettuali, direttori di musei e gallerie, con lectures di Emilio in prestigiose università, ma ci furono anche incontri con tante genti del Nord e del Sud, e queste visite lasciarono il segno: certamente grafico nel ciclo


De America, ma anche qualcosa di più. Ha ragione Germano Celant quando dice che avvia un nuovo periodo artistico di Vedova con una “funzione fondante e rigenerativa”, che apre la strada “alle trasfigurazioni pittoriche successive, nel periodo dal 1978 al 2006”; ma è anche vero che questa rigenerazione fu prima umana e poi artistica, anche se bisogna dire che in Vedova l’uomo e l’artista erano coesistenziali. Forse è comune per tutti gli artisti una tale coesistenza, ma in Vedova era una sorta di compenetrazione: un incastro, come diceva lui. Vedova nasce nel 1919 in una piccola isola, Venezia, scandita da una forma urbis con il destino dell’immutabilità, povera allora e imprigionata in una decadenza che in quegli anni Thomas Mann definiva “morte”. La sua famiglia era poverissima, la sua scuola durò pochi anni. Le sue vie di fuga furono, prima, Tintoretto che egli elesse suo silenzioso maestro nella veneziana Scuola di San Rocco, poi la Resistenza nelle colline venete dove fu iniziato alla cultura di sinistra, sin da allora antiamericana. Certo, l’incontro con Annabianca fu per Emilio determinante per un’impressionante, rapida crescita culturale; certo il suo allontanarsi, alla fine degli anni quaranta, da preconcetti radicalismi della cultura di sinistra, certo tutto ciò, ma è anche certo che l’artista che toccò il suolo americano era un Vedova che credeva fermamente che l’impegno nell’arte dovesse essere eticopolitico, per cui l’America gli appariva comunque la capitale del capitalismo, anche se patria dei diritti e della libertà. Fu dunque traumatico l’incontro, per certi versi scontro, con il mondo americano: nel linguaggio vedoviano era frequente il riferimento allo “scontro di situazioni”; qui lo scontro fu esistenziale e per di più accentuato dal contrasto fra un orizzonte artistico, il suo, che voleva e doveva essere impegnato,

e le nuove correnti artistiche, per così dire “disimpegnate”, che si stavano affermando negli Stati Uniti. Non è un caso se De America non scaturì immediatamente, ma ebbe un tempo di meditata elaborazione. Rientrati Emilio e Annabianca dall’ultimo viaggio americano, lunghi e molti furono i dialoghi, i discorsi, i racconti, gli aneddoti… A un certo punto, in uno dei tanti dialoghi, si parlò persino di Giandomenico Tiepolo a proposito del famoso Mondo nuovo, con quei gentiluomini e popolani, rappresentati di spalle, intenti a guardare un invisibile orizzonte lontano e imprendibile: ma Vedova quel nuovo mondo lo vide, lo scoprì e infine lo apprezzò con travagliato superamento di vecchi pregiudizi. È certo, comunque, che con il ciclo De America Vedova ci ha consegnato un unicum ben distinto dai segni e dai percorsi che lo avevano preceduto, ma anche dai segni e dai percorsi che lo hanno seguito. Ma di questi ultimi si parlerà in una prossima pubblicazione che registrerà il periodo dal 1978 al 2006, anche se di questa fase nel volume De America vi sono già importanti anticipazioni. Alfredo Bianchini Presidente Fondazione Emilio e Annabianca Vedova



Ringraziamenti

Per inquadrare compiutamente il contributo di Emilio Vedova alla storia dell’arte moderna e contemporanea è necessario ripercorrerne le vicende dal 1935 al 2006 al fine di apprezzare pienamente un’avventura così unica e intensa. Considerata la complessità del suo lavoro nel corso del tempo, se ne sono tentate letture diverse per documentare le varie fasi del suo multiforme impegno nella pittura e nella scultura. In questa pubblicazione il tema principale è il rapporto di Vedova con il mondo della cultura americano, vissuto attraverso esposizioni e viaggi, nonché la sua visione, intrisa di segni aggressivi e materiali cupi, esplicitata nella serie De America. Ne è scaturito un racconto ricco di documenti e informazioni spesso inedite che evocano la forza rigeneratrice dell’artista dinanzi a un nuovo mondo e a un diverso modo di vivere oltreoceano. Per portare a compimento questa impresa ho potuto contare sulla fondamentale disponibilità operativa e passione scientifica di Massimo Di Carlo il quale, condividendo con me sia l’interesse per l’artista, sia il metodo di storicizzazione, ha profuso energie e strumenti di ricerca, sostenendo il progetto fino alla sua concretizzazione: lo ringrazio vivamente per la sua generosità. Un sincero apprezzamento per l’enorme sforzo di ricerca, che ha permesso la realizzazione di una fondante e ineguagliabile cronologia, merita Laura Lorenzoni: la sua sensibile attenzione su documenti e immagini ha consentito di ricostruire, contestualizzandola, l’avventura americana di Vedova. All’interno della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova a Venezia – che ha fornito corrispondenza inedita, immagini e assistenza nella verifica dei dati – i più vivi ringraziamenti vanno al Presidente Alfredo Bianchini, al Direttore Archivio e Collezione Fabrizio Gazzarri e a tutti i Consiglieri, nonché a Elena Oyelami Bianchini, Clelia Caldesi Valeri, Sonia Osetta, Bruno Zanon e a Maddalena Pugliese. Sono inoltre grato a coloro che, all’interno della Galleria dello Scudo, hanno contribuito al reperimento di dati e alla rielaborazione delle immagini, ovvero a Elena Dalla Costa, Filippo Di Carlo e a Giulia Ambrosini. Il risultato di questo lavoro è dovuto anche alla collaborazione prestata da istituzioni e musei che hanno messo a disposizione informazioni e materiali. Un sentito ringraziamento a: Luca Massimo Barbero,

Direttore, Istituto di Storia dell’Arte, Fondazione Giorgio Cini, Venezia; Gabriella Belli, Direttore, Fondazione Musei Civici di Venezia, Venezia; Milton Najm Bernardi, Direttore, Casa da Cultura, Araraquara (San Paolo del Brasile); Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore, e Riccardo Passoni, Vicedirettore, Fondazione Torino Musei - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino; Rosaria Del Balzo Ruiti, Presidente, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata Museo Palazzo Ricci, Macerata; Blanka Dostalova, Direttore, Národní Galerie, Praga; Susanna Gregorat, Direttore, Civico Museo Revoltella - Galleria d’Arte Moderna, Trieste; Gianfranco Maraniello, Direttore, MART - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto; Alessandro Mazzucco, Presidente, Fondazione Cariverona, Verona; Piergiorgio Re, Presidente, Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, Torino; Francesca Rossi, Direttore, Musei d’Arte e Monumenti, Verona; Timothy Rub, Direttore, Philadelphia Museum of Art, Filadelfia; Karole Vail, Direttore, Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Alberto Zanchetta, Direttore, MAC - Museo d’Arte Contemporanea, Lissone; Emma Zanella, Direttore, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Silvio Zanella”, Gallarate. Inoltre un grazie a: Eleonora Acerbi, Conservatore, CAMeC - Centro Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia; Eva Balaštiková, Direttore, Department of Records, Administration and Preservation of the Collections, Národní Galerie, Praga; Chiara Barbieri, Direttore, Publications and Special Projects, Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Elisabetta Barisoni, Responsabile di sede, Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Venezia; Maria Bracaloni, Responsabile, Divisione Patrimonio Artistico della Banca d’Italia, Roma; Sally Brazil, Direttore, Archives and Records Management, The Frick Collection and Frick Art Reference Library, New York; Kimberly Bush, Direttore, Department of Licensing and Traveling Exhibitions, Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Paula Casajús, Responsabile, Documentación y Registro, Museo Nacional de Bellas Artes, Buenos Aires; Agostino Contò, Responsabile, Biblioteca Civica, Verona; Werner Esser, Curatore, Stiftung Domnick, Nürtingen; Megan Fontanella, Curatore, Modern Art


and Provenance, Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Danka Giacon, Conservatore, Museo del Novecento, Milano; Vania Gransinigh, Conservatore, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Casa Cavazzini, Udine; Laura Feliciotti, Responsabile, Coordinamento Tutela e Valorizzazione Patrimonio Artistico, Intesa Sanpaolo, Milano; Patricia Hickson, Curatore, Contemporary Art, The Emily Hall Tremaine, Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford (Connecticut); Joseph Holbach, Direttore, Special Initiatives, The Phillips Collection, Washington D.C.; Erin Kinhart, Responsabile della Collezione, Archives of American Art, Smithsonian Institution, Washington D.C.; Gloria Manghetti, Direttore, Gabinetto Scientifico-Letterario G.P. Vieusseux, Firenze; Ana Mattos, Coordinatore, Arquivo Histórico Wanda Svevo, Fundação Bienal de São Paulo, San Paolo del Brasile; Anna Mecugni, Curatore, Academic Programming, Newcomb Art Museum, Tulane University, New Orleans (Louisiana); Tom Norris, Curatore Associato, Norton Simon Museum, Pasadena (California); Patrizia Nuzzo, Responsabile Direzione Artistica, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona; Debora Rossi, Responsabile, Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Fondazione La Biennale di Venezia, Venezia; Nuria Schoenberg Nono, Presidente, Fondazione Archivio Luigi Nono Onlus, Venezia; Alessandra Sfrappini, Direttore, Istituzione Macerata Cultura Biblioteca e Musei, Macerata; Kristin Spangenberg, Curatore, Print and Drawings Collection, Cincinnati Art Museum, Cincinnati (Ohio); Stefano Valeri, Responsabile, Archivio Lionello Venturi, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo, Università La Sapienza, Roma; Maurizio Tarantino, Direttore, e Linda Kniffitz, Curatore Collezione Mosaici Contemporanei e Responsabile Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico, Museo d’Arte della Città, Ravenna. Prezioso è stato l’intervento di: Emily Braun, Professore emerito di Storia dell’Arte, Hunter College and The Graduate Center, Columbia University, New York; Jörn Merkert, già Direttore, Berlinische Galerie, Berlino; Philip Rylands, già Direttore, Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Peter Selz, già Professore emerito di Storia dell’Arte, University of California, Berkeley (California).

Per aver reso possibile il reperimento di informazioni utili alla completezza della ricerca sono grato a: Valentino Barbierato, Georg Baselitz, Alessandro Benetton, Luigi e Cristina Carlon, Aurelio e Rosanna Cazzaniga, Italo Festa, Mirella Fontana, Giuliano Gori, Stefan e Sylveli Hemmerle, Fred Lachotzki e Maria Meyer, Francesco Mezzadri Majani, Roberto e Tiziana Pizzini, Alberto e Anna Righini, Alessandro Rosada, Alessandro Salem, Pietro Valsecchi e Camilla Nesbitt. Nonché a Viviana Birolli, Piero Cavellini e agli eredi di Giuseppe Panza di Biumo. La consultazione di materiale documentario di primario rilievo presso archivi pubblici statunitensi si deve a: Raffaele Bedarida (The Museum of Modern Art, New York); Casie Nichole Kesterson (The Getty Institute Research, Los Angeles); Rosemary Ramsey Stuart (Smithsonian Institution, Washington D.C.). Molte altre persone hanno contribuito al successo di questa impresa, tra cui ringrazio: Caroline Ala, Pierluigi Bagatin, Bruno Bani, Attilio Begher, Lucía Bello Fariñas, Donatello Bellomo, Paola Bonani, Maria Bonomi, Corrado Bosi, Marília Bovo Lopes, Elena Buchmann, Massimiliano Cadamuro, Marcellino Caloi, Alessandra Cappella, Laura Carrù, Gilberto Caurla, Elena Cazzaro, Camilla Cecchi, Angelo Cereda, Rosaria Cicarilli, Oriana Codispoti, Maria Grazia Conti, Arianna Dal Bosco, Ernesto Damiani, Fabrizio D’Amico, Valentina Da Tos, Fernanda Curi, Margherita de Pilati, Fabio Desideri, Giampaolo De Tuoni, Katerina Druenne, Elisabeth Dutz, Geoff Edwards, Barbara Feltre, Paola Fenini, Flavio Fergonzi, Eva Francioli, Maurizio Gabaglio, Federica Gallina, Afro e Mario Graziani, Valentina Greggio, Detlev Gretenkort, Gloria Guidolini, Marilyn Holt, Laura Iamurri, Francesca Iannone, Kendall Larson, Chiara Malzanini, Miranda MacPhail, Giuseppina Mariconti, Monica Maroni, Marco Mattioli, Suz Massen, Maria Messina, Manuela Momentè, Elisa Mori, Marilyn Nazar, Paola Oldani, Ilaria Ortolina, Elena Oselladore, Marina Paglieri, Francesco Pandian, Giuliana Pascucci, Giovanni Pasini, Giorgio Persano, Paola Pettenella, Fernando Piola, Susi Piovanelli, Roberto e Tiziana Pizzini, Carlo Prosser, Ayana Reed, Laura Ribul, Alessandro Rizzi, Giusy Rovella, Silvio Ruffert Veronese, Petra Ruppert, Abigail Sadler, Antonella Sanfilippo, Luigi Sansone, Stefano Scala, Adriana Scalise,

Richard B. Sieber, Clive Simmonds, Stacey Stachow, Christian Tagger, Francesco Tedeschi, Valeria Valerio, Gabriele e Laura Vedova, Rosalia Virga, Tiziano Volpin, Nanci A. Young, Elizabeth Willson Christopher, Karla Železnik. Per la compilazione del volume sono state determinanti le ricerche effettuate presso gli archivi pubblici e privati stranieri: Archive Georg Baselitz, Monaco di Baviera; Archivo Colección de Arte Abanca, A Coruña; Art Gallery of Ontario, The Edward P. Taylor Library & Archives, Toronto; Berlinische Galerie, Landesmuseum für Moderne Kunst, Berlino; Casa da Cultura Luís Antonio Martínez, Araraquara (San Paolo del Brasile); Cleveland Public Library, Cleveland (Ohio); Boston Public Library, Boston (Massachusetts); Cambridge University Library, Cambridge; Carnegie Library of Pittsburgh, Pittsburgh (Pennsylvania); Casa da Cultura, Araraquara (San Paolo del Brasile); Chicago Public Library, Chicago; Cincinnati Art Museum, Mary R. Schiff Library & Archives, Cincinnati (Ohio); DC Public Library, Washington; Detroit Institute of Arts Museum, Research Library & Archives, Detroit; Documenta Archiv, Kassel; The Frick Collection and Frick Art Reference Library, New York; Fundação Bienal de São Paulo, Arquivo Histórico Wanda Svevo, San Paolo del Brasile; Fundación Espigas, Buenos Aires; Mednarodni Grafični Likovni Center / International Centre of Graphic Arts, Lubiana; Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo, Seção de Catalogação/Documentação, San Paolo del Brasile; Museo Nacional de Bellas Artes, Departamento de Documentación y Registro, Buenos Aires; Národní Galerie, Department of Records, Administration and Preservation of the Collections, Praga; Norton Simon Museum Archives, Pasadena; Peter Selz Archives, Berkeley (California); Philadelphia Museum of Art, Library & Archives, Filadelfia; Pinacoteca Municipal “Mario Ybarra de Almeida”, Araraquara (San Paolo del Brasile); Sammlung Essl Privatstiftung, Bibliothek, Vienna; Smith College Archives, Northampton (Massachusetts); Smithsonian Institution, Archives of American Art, Washington (American Federation of Arts Records; Catherine Viviano Gallery Records; Howard Wise Gallery Records; Institute


of Contemporary Arts Records); Solomon R. Guggenheim Museum, Department of Licensing and Traveling Exhibitions, New York; Staatliche Museen zu Berlin, Kunstbibliothek, Berlino; The Getty Research Institute, Research Library, Los Angeles (Galleria dell’Ariete Records; Giuseppe Panza di Biumo Records); The Museum of Fine Arts Archives, Houston; The Museum of Modern Art Archives, New York; The Newberry Library, Chicago; The New York Public Library, New York; The Phillips Collection Archives, Washington; University of Michigan, Bentley Historical Library, Ann Arbor (Michigan); University of Pittsburgh, Latin American Studies Association, Pittsburgh; Wadsworth Atheneum’s Archives, Museum of Art, Hartford (Connecticut); Winona County Historical Society, Winona (Minnesota); Winona State University, Krueger Library, Winona (Minnesota); Un grazie va inoltre agli archivi pubblici e privati italiani: AAB - Associazione Artisti Bresciani, Brescia; Archivio Accardi Sanfilippo, Roma; Archivio dell’Art Club di Michelangelo Conte, Roma; Archivio del CAMeC - Centro Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia; Archivio Collezione Intesa Sanpaolo, Milano; Archivio Achille Cavellini, Brescia; Archivio del Civico Museo Revoltella Galleria d’Arte Moderna, Trieste; Archivio Ernesto Damiani, Padova; Archivio della Fondazione Archivio Afro, Roma; Archivio della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata - Museo Palazzo Ricci, Macerata; Archivio della Fondazione Francesco Paolo Michetti, Francavilla al Mare; Archivio della Fondazione Toti Scialoja, Roma; Archivio della Fondazione Luigi Nono Onlus, Venezia; Archivio della Galleria Ala, Milano; Archivio della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona; Archivio della Galleria del Cavallino, Venezia; Archivio della Galleria dello Scudo, Verona; Archivio dei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, Macerata; Archivio del Museo Novecento, Firenze; ASAC - Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Fondazione La Biennale di Venezia, Venezia; Archivio Storico del Comune di Venezia, Venezia; Archivio Storico della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; Banca d’Italia, Dipartimento Immobili e Appalti, Servizio Immobili, Divisione Patrimonio Artistico e Arredi, Roma; Biblioteca

dell’Archivio Storico Capitolino, Roma; Biblioteca del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli; Biblioteca Civica, Verona; Biblioteca Civica Angelo Mai e Archivi Storici Comunali, Bergamo; Biblioteca Comunale Centrale “Palazzo Sormani”, Milano; Biblioteca Comunale “Gaetano Baccari”, Archivio Giuseppe Marchiori, Lendinara; Biblioteca Comunale Milano2, Segrate - Fondo Ada e Mario De Micheli; Biblioteca della Fondazione Cariverona, Verona; Biblioteca della Fondazione Carlo e Marise Bo, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Urbino; Biblioteca Gino Bianco, Fondazione Alfred Lewin, Forlì; Biblioteca Marucelliana, Firenze; Biblioteca del Museo Correr, Venezia; Biblioteca del Museo Morandi - Museo d’Arte Moderna, Bologna; Biblioteca del Museo Civico del Risorgimento, Bologna; Biblioteca della Fondazione Guido Lodovico Luzzatto, Milano; Biblioteca di Stato e Beni Librari, Dipartimento Cultura e Turismo, Repubblica di San Marino; Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze; Biblioteca Nazionale Centrale, Roma; Biblioteca Querini Stampalia, Venezia; Biblioteca Queriniana, Brescia; Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano; Biblioteca dell’Università IUAV, Venezia; Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico, Museo d’Arte della Città, Ravenna; Collezione Gori, Fattoria di Celle, Santomato di Pistoia; Collezione Peggy Guggenheim (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York), Archive, Library, Museum Records and Imaging Services, Venezia; Fondazione Giorgio Cini, Biblioteca e Centro Studi Teatro, Venezia; Fondazione La Triennale di Milano, Biblioteca del Progetto, Milano; Fondazione Musei Civici di Venezia, Biblioteca di Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Museo d’Arte Orientale, Venezia; Fondazione Torino Musei Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Biblioteca d’Arte e Archivio Fotografico, Torino; Gabinetto G.P. Vieusseux, Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti”, Firenze, Fondo Renato Birolli e Fondo Silvio Branzi; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Silvio Zanella”, Biblioteca Specialistica Museo MAGA, Gallarate; Gallerie degli Uffizi, Gabinetto Fotografico, Firenze; Istituzione Biblioteca Classense, Ravenna; MART - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Archivio Storico, Rovereto; Museo

d’Arte Contemporanea, Archivio Documenti del Premio Lissone, Lissone; Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Casa Cavazzini, Archivi Fotografici e Collezioni Grafiche, Udine; Museo d’Arte Moderna “Mario Rimoldi”, Cortina d’Ampezzo; Museo di Castelvecchio, Biblioteca d’Arte, Verona; Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Archivio Piero Bottoni, Milano; Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, U.O. Musei di Arte Moderna e Contemporanea, MACRO - Museo d’Arte Contemporanea Roma, CRDAV Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive, Roma; Università Ca’ Foscari, Biblioteca Area Umanistica - BAUM, Venezia; Università degli Studi di Catania, Biblioteca delle Scienze dell’Antichità, Filologicoletterarie e Storico-artistiche, Catania; Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali, Biblioteca di Storia dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo, Milano; Università degli Studi di Padova, Facoltà di Ingegneria, Biblioteca Centrale, Padova; Università La Sapienza, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo, Archivio di Lionello Venturi, Roma. Rivolgo, all’interno del mio studio a Milano, un grazie a Elena Bottinelli, Laura Conconi, Maria Corti e Marcella Ferrari che con costante impegno seguono il mio vagabondare teorico e pratico, per finire con un dolce ringraziamento a Paris e ad Argento che con la massima intensità continuano a essermi vicini nella mia avventura. Grazie a tutti Germano Celant


Nota al volume

Il volume è introdotto dal saggio storico-critico, seguito dalla cronologia che copre l’intero percorso biografico di Emilio Vedova, con particolare attenzione ai rapporti con il contesto d’oltreoceano tra il 1951, data della sua prima mostra personale a New York, e il 1976-1977, ossia gli anni del ciclo di dipinti De America. I testi sono corredati da riferimenti iconografici e da dichiarazioni dell’artista tratte da pubblicazioni e appunti di archivio. A tale complesso e ricco materiale fanno seguito, in chiusura, le note alla cronologia, gli elenchi delle immagini, delle tavole a colori e dei testi di Emilio Vedova citati nella cronologia, infine gli apparati con le esposizioni e la bibliografia. Tutte le informazioni presenti nel volume sono state aggiornate, completate e corrette rispetto a precedenti pubblicazioni sulla base dei dati che le ultime ricerche hanno permesso di reperire.


Sommario

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Vedova: scontri e incontri USA Germano Celant

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Una cronologia 1919-2006 Emilio Vedova tra Europa e America Laura Lorenzoni

46 63 197 373 507 573

1919-1950 1951-1957 1958-1965 1966-1975 1976-1977 1978-2006

601 607 631 637

Note alla cronologia Elenco delle immagini in cronologia Elenco delle tavole a colori Testi di Emilio Vedova in cronologia

643 657 683

Apparati Esposizioni Bibliografia Referenze fotografiche


VEDOVA: SCONTRI E INCONTRI USA Germano Celant


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Architettura veneziana San Salvatore, 1936, inchiostro su carta, 34 x 24 cm, Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia, AFV 273.

Autoritratto sullo specchio a terra - 1, 1937, olio su tela, 75 x 65 cm, Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia, AFV 1264.

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Un lungo viaggio L’insieme storico De America, prodotto da Emilio Vedova tra il 1976 e il 1977, è il risultato di un lungo viaggio iniziato nel 1935 all’interno di un’individualità che per essere conosciuta necessita di un’immersione nel tempo e nella storia. Significa ricomporre con fatica e con ingegno un percorso che è a sé stante, ma risente del procedere culturale, che transita gradualmente dal locale al nazionale e all’internazionale, e compone il territorio del suo esprimersi. In tale excursus, innanzitutto, si deve evitare di applicare all’opera dell’artista una prospettiva che si concentri sul valore di commodity contemporaneo – qual è diventato l’artefatto estetico esaltato in modo da aumentare le sue quotazioni economiche – ma interpretarlo in uno spazio temporale che oscilla tra il poetico e il teorico, tra l’emotivo e l’impegnato: mettere in sincronia il contributo di Vedova rispetto allo sviluppo non solo formale ma politico della storia dell’arte. Inserirlo in un territorio di un’evoluzione che non sia unilaterale, ma includa la pluralità combinata di eventi materialmente riscontrabili, quali radici dell’albero genealogico della sua ricerca e del suo contributo finale. I suoi inizi alla metà degli anni trenta, quando giovanissimo comincia a stendere su carta le sue visioni delle architetture classiche veneziane, sono segnati da una prospettiva visiva specifica, quella dell’imitazione delle apparenze. Preservano l’integrità della tradizione mimetica, seppure cerchino di scomporne i principi, attraverso un segno grafico morbido e nervoso, che porta alla frantumazione degli insiemi, rendendoli quasi indefiniti e irriconoscibili. L’investigazione si concentra sulla continuità della storia locale, di importanza universale, ponendo l’accento sulle vicende storiche e sulle situazioni ambientali e culturali, a Venezia, in cui l’artista si trova a operare. È una maniera di contestualizzarsi per evidenziare i temi culturali e i luoghi da cui ricavare le sue immaginazioni pittoriche: la definizione di un linguaggio che è inevitabilmente un episodio della storia dell’arte in Italia, da cui si svilupperà per dilatarsi all’Europa e al mondo. Al tempo stesso la fattura segnica e grafica delle immagini delle chiese veneziane, da Sant’Agnese a San Salvatore, è il primo tentativo, costruito su pattern e su griglie lineari, anche se caotiche e disordinate, di procurare un’alternativa visiva al realismo classico e tradizionale che aveva segnato la storia dal Rinascimento fino al ritorno all’ordine novecentesco. La ricerca di un’indeterminazione è cardine per arrivare alla formulazione di un linguaggio non istituzionalizzato dalle forze al potere nell’epoca. I disegni sono un misto tra immagine concettuale e memoria reale. Formano un ibrido in cui si annuncia l’intreccio tra percezione individuale – che inevitabilmente fonde l’approccio psicologico a quello politico e ideologico – e il sistema di eventi e di situazioni che definiscono il suo agire. L’osmosi tra esprimersi e narrare è caratteristica, seppure Vedova sia un autodidatta, della dialettica tra soggettivo e oggettivo che intride e feconda il modernismo: il tentativo di far convivere l’astrazione e il realismo per un transito continuo tra l’espressione del sé, isolata e autonoma dal mondo, e l’ancoraggio alla complessa e articolata totalità del contesto socio-culturale. Una convivenza contraddittoria che, nella situazione storica dell’Italia negli anni del fascismo, comporta la presa di coscienza, tra il 1935 e il 1942, della propria “posizione”. L’approccio iniziale concerne la necessità di riportare l’attenzione a una problematica visionaria che affonda le radici nell’antichità, in particolare in Tintoretto1. È un tentare di cogliere l’eredità della storia, contro un’estetica del potere reazionario e tradizionalista, per diventare partigiano di un linguaggio di rottura che prende linfa dal dinamismo del primo futurismo, sperimentale e non nazionalista. Il vortice, che arriva a costruire facciate e interni classici, dà forma a un immaginario dirompente e aperto, che non è promozione di un’ideologia, così da essere solo intriso di pathos e di energia personali. Lo stimolo è ritornare al centro del linguaggio, scalzando la strumentalizzazione del regime. Andare alla ricerca di una tensione interna che è stata rimossa, se non abolita, dalle ingiunzioni politiche per formare una lingua che potenzi l’individuo nella sua autonomia e autenticità. Scaturiscono da qui, durante un viaggio a Roma tra il 1936 e il 1937, i ritratti dei familiari (gli zii) con la rappresentazione degli interni casalinghi, e l’Autoritratto sullo specchio a terra - 1, 1937. Rannicchiandosi sul suo universo interno e interiore l’artista tende a isolarsi dalla situazione di consenso, guardando al linguaggio di Umberto Boccioni con la sua volontà di innovazione visiva. L’autoritratto è una presa di responsabilità dell’individuo che si guarda, dal basso in alto, in un “ambiente” che è un’arena del fare arte. La sua palette è attiva in uno spazio dell’esistenza privata, ma anche dell’azione


pubblica che ne rispecchia il contributo. Un’assunzione delle sue coordinate spazio-temporali che evita una coscienza alienata e servile: un habitat che vive di centralità e d’infinita espansione e si nutre di entità virtuali e reali. Sin dall’inizio Vedova assume il linguaggio rappresentativo di una cultura visuale storica quanto il rinnovamento che caratterizza le avanguardie storiche: da Tintoretto a Boccioni. Le vicende storiche dell’Italia non consentono di professare solo un linguaggio formale che sia intriso di tradizione e di rinnovamento, l’arte è destinata a comunicare una visione morale che non sia decorativa e propagandistica ma induca un’idea di un futuro: un’utopia. Così il ventenne Vedova intuisce che la situazione politica e culturale dell’Italia fascista, intrisa d’idealismo e di nazionalismo, non può sopravvivere soltanto d’immagini ordinate e composte, secondo canoni trecenteschi e quattrocenteschi. Va invece fatta esplodere e portata nella direzione di uno scontro che diventi politico e visivo. A Venezia, nel 1938, Vedova si fa portatore di una tensione visiva e tematica che riguarda il disegno e i soggetti, la povera gente. Tra il 1939-40 usa il disegno per “protestare”, rivela il trattamento inumano del sistema di potere militare e, per questa trattazione della sua esperienza, è considerato un disfattista2. Il processo di repressione e di dominazione sull’arte, dovuto al sistema totalitario, spinge inevitabilmente l’artista verso una clandestinità operativa e politica. La sopravvivenza di un’arte indipendente e genuina non ha chance di esistere, per cui la dissidenza visuale si traduce in un immaginario che, in parallelo alla Crocifissione, 1940-1941, di Renato Guttuso, presentata al Premio Bergamo fondato da Giuseppe Bottai nel 1939, tende a scardinare, dal 1942, la neutralità dell’arte tanto rispetto alle disgustose e aberranti leggi fasciste, quanto alla tragedia mondiale della guerra: la sua mostra di disegni, nel 1943, alla Galleria della Spiga e Corrente di Milano, è chiusa dall’OVRA, la polizia segreta del regime fascista. Dopo quest’azione brutale Vedova si unisce alla Resistenza partigiana e, alla fine della guerra, ritorna a Venezia per dedicarsi nuovamente all’arte, con la consapevolezza che la ricerca artistica ha un ruolo forte, quello di proporre un’identità di pensiero e d’azione in nome della libertà individuale. L’uscita dall’abisso e dalla voragine della guerra, che ha strangolato l’intensità liberatoria delle immagini, e creato carenze di contatti e di scambi internazionali, permette la ripresa di un respiro formale che oscilla tra materiale e spirituale. La pittura di riferimento per tale rigenerazione torna, dal 1945, a rifarsi alle avanguardie storiche, specialmente al cubismo che aiuta a costruire una realtà nuova, secondo una visione radicale sul piano del linguaggio dell’arte. Nelle ricerche italiane, che sono definite postcubiste, perché ispirate a Guernica, 1937, di Pablo Picasso, nel tragitto da Corrente al Fronte Nuovo delle Arti, dal 1938 al 1950 – a cui partecipano tutti i protagonisti dell’epoca, da Guttuso ad Armando Pizzinato, da Vedova a Renato Birolli, da Giulio Turcato ad Alberto Viani e a Ennio Morlotti – il duplice statuto dell’immagine, tra poetico e politico, conferma tanto l’ambivalenza di una tensione verso l’astrazione purificante, rispetto al conformismo figurale nazionalista, quanto il marchio del futuro tragitto che sarà strazio e passione verso una realtà, la cui dimensione larvale possa dare vita a un’altra società, più libera e democratica. Dopo la riunificazione e la liberazione dell’Italia da parte delle truppe alleate, il sistema dell’arte si rianima di rare presenze, che si muovono tra Milano, Roma e Venezia, e che sono i veri sopravvissuti a una cultura della morte. Nell’arco di un triennio il panorama si arricchisce3 di ritorni memorabili e riapparizioni sorprendenti. Nel 1945 lo storico dell’arte Lionello Venturi, che aveva scelto l’esilio piuttosto che sottoscrivere la fedeltà al regime fascista, ri-

Umberto Boccioni, Autoritratto, 1905-1906, retro di Autoritratto, 1908, olio su tela, 100 x 70 cm, Pinacoteca di Brera, Milano.

Renato Guttuso, Crocifissione, 1940-1941, olio su tela, 200 x 200 cm, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma.

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All’inaugurazione della mostra Arte astratta e concreta in Italia - 1951, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 3-28 febbraio 1951, promossa dall’Art Club: da sinistra, in primo piano, Consagra, Monachesi e Rotella; in seconda fila Mannucci, Guerrini, Dal Monte, Corpora, Prampolini, Accardi; sullo sfondo Sanfilippo, Nativi, Berti, Brunetti, Nuti, Perilli, Turcato, De Fusco, Franchina, Vedova, Scarpitta e Sterpini. Archivio Accardi Sanfilippo, Roma.

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entra in Italia e assume la cattedra di Storia dell’arte medievale e moderna all’Università di Roma, diventando il fulcro di una sprovincializzazione e di una diversa politicizzazione del sistema artistico. In contemporanea, nella capitale, nasce l’Art Club, patrocinato e gestito da Enrico Prampolini. Sono due figure, seppur provenienti da vicende ed esperienze contrastanti, contro e pro la cultura del ventennio, che si battono per un’internazionalizzazione dell’immaginario critico e artistico italiano. Su loro indicazione si muovono le generazioni in via di affermazione nell’ambito della storia dell’arte, da Giulio Carlo Argan a Palma Bucarelli, che sostengono, teoricamente e musealmente, l’attenzione all’arte francese da Paul Cézanne a Pablo Picasso, così da ridiscutere il ruolo formale e politico delle ricerche postfigurative. Oppure i giovani artisti, da Morlotti a Ernesto Treccani, interessati a un realismo impegnato e ideologicamente connotato, per arrivare dal 1952 fino al materismo di Alberto Burri e allo spazialismo di Lucio Fontana che, recuperando tanto il polimaterismo futurista quanto l’astrazione concreta, guardano alla realtà attraverso l’utilizzo dei materiali quotidiani o all’altra dimensione del percepire, verso una metafisica scientifica e tecnica. Ma prima di arrivare agli anni cinquanta il clima artistico è segnato da un proliferare di dispute e di polemiche feroci che producono fratture tra gruppi dalle ideologie simili ma dai linguaggi contrapposti, tra realismo e astrazione. In particolare, il lasso temporale tra il 1945 e il 1948 si caratterizza per una valanga di discussioni e di appassionate diatribe sul concetto di rinnovamento e d’impegno culturale e sociale. Pur professando la stessa concezione politica, di matrice marxista, si costituiscono argomentazioni contrastanti sull’idea di militanza artistica. Si scontrano diverse definizioni sul concetto di formalizzazione, che per alcuni diventa un racconto visivo dei soggetti bassi e popolari della società democratica, mentre per altri, al contrario, l’arte è una pratica che, nello scontro con il reale, deve istituire un ponte tra materia e spirito, per portare a una metamorfosi del sentire e di conseguenza dell’agire nel mondo, secondo un disordine liberatorio. In questi anni la violenza delle polemiche tra realisti e formalisti, tra Nord e Sud – dal Fronte Nuovo delle Arti, con Guttuso e Armando Pizzinato, a Forma 1, con Carla Accardi e Piero Dorazio, fino alla scomunica da parte di Palmiro Togliatti nel 1948 contro l’illeggibilità dei segni, pittorici e plastici, e delle narrazioni poetiche, che crea una lacerazione ideologica non ricomponibile tra figurativi e astratti – appare, sfortunatamente, come unica prova di vitalità dell’arte in Italia. Si creano gruppi e schieramenti che girano intorno, tra incomprensioni e settarismi, alla leadership estetica dell’unica forza politica, quella comunista, interessata a discutere il ruolo pubblico e ideologico dell’artista e ad avere un’identità intellettuale. Si tenta di stendere “l’ultima immagine”, quella che dovrebbe chiudere il discorso sul carattere rivoluzionario della cultura per immagini. Si formano squadroni contrapposti che tendono a rappresentare o gli operai o il verbo stalinista, improntato sulle direttive per un realismo socialista, così da svolgere una funzione attiva sulla società, oppure, in contrapposizione, la rappresentazione caotica e aperta, senza potere istituzionale né partitico degli intellettuali che, rifiutando i paradigmi delle strutture dominanti, da sinistra a destra, vogliono evitare una pratica visiva che sconfini nella propaganda. Si legano al discorso delle avanguardie storiche per anticipare un “contenuto” che sia rivolto al futuro, pur risultando strumento di sopravvivenza esistenziale: un’anticipazione paradossale del potere di una visione che, facendosi ipoteticamente critica, si fa individualista e aspirante al mercato4. Nel coltivare l’illusione di una libertà che da un lato si allea con la comunicazione ideologica verso le masse operaie, dall’altro aspira all’indipendenza legata a nuove forme di espressione, riconosciute dall’élite borghese, entrambe con lo sguardo rivolto al passato, dal realismo ottocentesco alle avanguardie del Novecento, i gruppi contrapposti tra figurazione e astrazione rimangono isolati e distaccati dal nuovo contesto sociale avviato, dopo la caduta della monarchia, alla democrazia. Nell’indeterminazione che si apre tra le due posizioni molti artisti cercano un’identità, che è incerta, inafferrabile, incompiuta e inquieta. Spesso si decide per una via di mezzo o per un rimanere ai margini, muovendosi ai confini tra una certezza e un’altra, capendo che esse possono vacillare.


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