Costruire (Con)Senso

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UNIVERSITA’ ROMA TRE ARCHITETTURA TESI DI LAUREA IN PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA AA 2011-2012

COSTRUIRE (CON)SENSO Proposta per il nuovo Salon Comunal per la comunità di Qotowincho, Urubamba, Perù Studio di un metodo di intervento in una zona di cerniera tra la realtà rurale e la realtà urbana Stud. Alessandra Fasoli Rel. Prof. Arch. Andrea Vidotto Correlatori Arch. Stefan Pollak Prof. Ing . Julio Vargas Neumann Prof. Ing. Raquel Barrionuevo de Machicao


All’interno del recente dibattito architettonico sulla relazione uomo-ambiente, una delle correnti emerse fa riferimento allo slogan “architettura a chilometro zero” e alla volontà di abbattere il più possibile gli impatti ambientali dovuti all’edilizia grazie all’uso di risorse locali. Un tale approccio, tutt’altro che nuovo, porta con sé una diversità innata del risultato finale, declinato caso per caso e luogo per luogo. Nei paesi industrializzati la percezione dell’ambiente circostante come prima risorsa per la costruzione è praticamente scomparsa, mentre resta ancora piuttosto viva per più di un terzo della popolazione mondiale, per cui l’uso delle risorse reperibili sul luogo come materiali da costruzione rappresenta ancora oggi l’unica forma di abitare. A questo si contrappone una volontà diffusa degli abitanti di tali contesti di emulare, spesso in maniera erronea, modelli di vita occidentali. L’ambito di studio di questa tesi si inserisce in questa discussione con un tentativo di ribaltare la prospettiva: che architettura può emergere se il punto di partenza sono le risorse locali da una parte e lo studio accurato delle prestazioni ambientali dall’altro? In particolare si intende verificare un modello di lavoro in grado di coniugare le suddette risorse locali (materiali e di competenza) con un bagaglio di conoscenze più ampie, derivanti dall’interazione di molteplici fonti di informazione globalmente disponibili.

Materiali locali / Conoscenze globali


I materiali naturali rispetto ai classici materiali da costruzione si distinguono per le seguenti caratteristiche: sono direttamente reperibili in natura nell’originalità della loro struttura fisica (ossia non sono creati da processi chimici o industriali) sono difficili da classificare con gli strumenti dell’ingegneria classica, in quanto proprio la loro provenienza naturale conferisce loro proprietà diversificate, non lineari. Oltre ai materiali naturali, il concetto di architettura a chilometro zero può contemplare l’uso di elementi costruttivi provenienti da altre fonti, quali ad esempio scarti di lavorazione o materiale di riciclo. Terra cruda Per quanto concerne questa specifica tesi, i materiali presi in considerazione sono la terra cruda, il bambù e il legno. Per secoli l’uomo ha utilizzato la terra cruda per erigere edifici più o meno importanti: dalla propria casa a templi di dimensioni considerevoli. Di per sé, la terra è la prima risorsa che si trova in natura. E continua oggi, nei PVS, ad essere la prima risorsa per costruire la propria casa. Tecnicamente, dall’impasto di terra e acqua si ricava una sostanza plastica facilmente modellabile, che può essere messa in opera in più maniere. Tale impasto ha certe analogie con il calcestruzzo: non è un materiale omogeneo, lavora bene a compressione ed è soggetta a fenomeni di ritiro e fessurazione. Ha però nella sua capacità di essere reimpastato e rigenerato infinite volte una differenza fondamentale con il cemento che indurisce invece con un processo chimico non reversibile.

I Materiali Naturali


Il bambù è un tipo di erba alta e legnosa di cui esistono più di 1.200 specie, per la maggior parte diffuse nei paesi tropicali. Le prestazioni di resistenza e flessibilità del bambù, lo rendono particolarmente efficace per innumerevoli usi, tra cui quello edile. Esiste in diversi paesi una lunga tradizione di costruzione in bambù (dalla Cina alla Colombia), non solo per quanto riguarda l’edilizia abitativa, ma anche per infrastrutture e ponteggi. È un materiale con il quale è possibile realizzare geometrie anche molto complesse senza perdere (anzi spesso migliorandole) le caratteristiche di resistenza strutturale.

Il legno può essere considerato il materiale edile tradizionale per eccellenza, utilizzato fin dall’antichità e diffuso in tutto il mondo. In questo caso specifico verrà utilizzato principalmente per la realizzazione degli elementi strutturali (pilastri, travi, coperture).

Materiali Naturali


I materiali appena citati si prestano alla messa in opera tramite tecnologie semplici o appropriate. L’ONG britannica Practical Action, definisce tecnologie appropriate quelle soluzioni che: - hanno la possibilità di essere progettate, migliorate e gestite direttamente dalla popolazione del luogo; - sono accessibili economicamente; - usano al massimo le capacità ed i materiali del posto; - hanno un limitato impatto sull’ambiente. Uno degli aspetti su cui si vuole indagare maggiormente nella presente tesi è la possibilità di applicare dei miglioramenti alle tecnologie tradizionali al fine di aumentarne le prestazioni in termini di resistenza strutturale e ambientale. Nello specifico, le tecnologie in esame sono quella dell’adobe (mattoni di terra cruda essiccati al sole) e della quincha (telai in legno in cui vengono intrecciate canne di bambù o canne di fiume e poi ricoperti in terra cruda). Entrambi questi sistemi costruttivi sono molto diffusI in Perù, in particolare lungo la costa e in diverse località andine.

Tecnologie semplici


Lavorare con le comunità rurali, soprattutto nei PVS, è un’occasione per innescare un processo di sviluppo all’interno della comunità stessa. Principalmente nelle realtà più povere e vicine ai grandi centri abitati, quello che si può notare è l’enorme senso di inferiorità rispetto al mondo industrializzato in cui vivono le persone. Questa sfiducia li porta a considerare prive di valore le loro tradizioni (dall’artigianato allo stile di vita), creando un processo di imitazione del “mondo ricco” che, se mal interpretato sembra portare più problemi che benefici. L’interazione con altre realtà del mondo e lo scambio di conoscenze può forse restituire valore a tutte quelle risorse peculiari riscontrabili sul posto. In particolare, le conoscenze già presenti hanno così la possibilità di essere messe a servizio della stessa comunità anziché essere disperse.

Possibilità di sviluppo


Terzo Paese del Sud America per estensione del territorio (dopo Brasile e Argentina), che si trova nella sua interezza in un’area tropicale. È diviso in tre zone: striscia costiera, catena montuosa andina e selva foresta pluviale amazzonica. Procedendo da ovest verso est si distinguono tre regioni: la Costa, la Sierra e la Selva, differenti tra loro sia per le condizioni geomorfologiche che climatiche. La Costa è una zona arida e semidesertica che corre lungo il confine oceanico, raggiungendo la massima estensione nel deserto di Sechura (180 km). La Sierra è costituita dalla catena montuosa delle Ande, che corrono allineate in catene parallele: tre al nord, tre al centro e due al sud. Le vette più alte si trovano nella zona centrale, raggiungendo i 6768 mt nella vetta di Huascaran. La Selva è formata da un vastissimo bassopiano che è attraversato da grandi fiumi (Marañón, Ucayali) che danno origine al Rio delle Amazzoni; questa regione, dal clima caldo e umido, è ricoperta da un manto di foreste impenetrabili, ed è la zona meno abitata del Perù (1 abitante/kmq circa). Al confine con la Bolivia si trova il lago Titicaca, che è il secondo più vasto dell’America meridionale, nonché il più alto lago navigabile del mondo (3800 m s.l.m.). Il Perù si trova inoltre proprio all’incontro tra le placche tettoniche della Falda di Nazca e della Falda del Sudamerica, il che ne fa uno dei paesi a più alto rischio sismico. Nella zona meriodionale del paese si riscontra una notevole attività vulcanica.

Perù : Costa, Sierra, Selva


Le grandi differenze geomorfologiche di queste tre regioni hanno dato origine a tradizioni costruttive anche molto differenti tra loro, per rispondere meglio alle esigenze locali e al tipo di materiale disponibile. L’uso della terra cruda è un fattore comune, e le tecnologie più diffuse risultano essere quelle dell’adobe (mattone di terra essiccata) e il tapial (terra compressa). L’uso della quincha, telai in legno in cu vengono intrecciati legni o canne, poi riempiti di terra cruda, nasce nella costa, ma si sta diffondendo nella sierra soprattutto grazie alla nuova normativa sulle costruzioni in terra, che prescrive l’uso di questa tecnologia per tutti i piani superiori al piano terra.

Architettura locale


Malgrado la forte crescita economica che ha interessato il paese in questi ultimi anni, per buona parte della popolazione peruviana le condizioni di vita e abitative non hanno subito grandi cambiamenti. Il costo elevato dei materiali industriali fa si che i materiali naturali quali terra cruda e legno siano ancora oggi la risorsa principale delle comunitĂ rurali e per tutti quegli insediamenti informali che si trovano a ridosso dei centri urbani, ma che ancora non perdono alcune caratteristiche tipiche della vita campestre.

Cerniere: tra il rurale e l’urbano


Per ayni si intende un’antica forma di organizzazione delle società quechua e aymari, e si basa sul concetto di aiuto reciproco, per il quale l’aiuto offerto ad un familiare o un vicino verrà in un secondo momento ricompensato, in genere con un servizio simile a quello prestato. Ad ayni è strettamente legato il concetto di minka, o faena comunal, e consiste principalmente nell’offrire aiuto per lavori collettivi che interessano tutta la comunità. Anche minka si basa sulla reciprocità, ma non è detto che il lavoro svolto debba essere per forza ripagato con lo stesso tipo di servizio: spesso a chi offre minka lo si ripaga in cibo o alcol. Il sistema di reciprocità che regola l’organizzazione delle società andine va inteso come un sistema di prestazioni totali basato sull’intercambio di beni economici, favori, feste, riti, danze ecc. Ayni e Minka sono le filosofie base che regolano anche i rapporti che si instaurano nel fenomeno di Autocostruzione.

Ayni e Minka: le antiche filosofie che regolano la società andina


Nel contesto culturale andino l’autocostruzione deve considerarsi un processo socio-culturale durante il quale si stabiliscono delle relazioni sociali significative in accordo a dei valori profondi che strutturano il senso della vita degli individui di una comunità . Non è difficile pensare che la relazione tra un gruppo di individui e lo spazio in cui essi abitano produca una serie di fenomeni culturali, attraverso i quali l’essere umano tende a dominare l’ambiente in cui vive, secondo una serie di valori che vengono costantemente rielaborati nel corso del tempo. Nel caso specifico delle popolazioni andine, la costruzione di una casa coincide in generale con la nascita di una nuova famiglia, e in questo senso è vista come un’occasione di festa: la comunità collabora alla costruzione della casa offrendo al nuovo nucleo familiare un’abitazione base, utilizzando materiali da costruzione reperibili in loco. Il tipo di collaborazione e la quantità di gente coinvolta varia a seconda delle fasi della costruzione: preparazione del terreno, scavo, opera di fondazione, sollevamento delle pareti, posizionamento delle travi, copertura. Nelle prime due fasi partecipa principalmente il nucleo familiare e i parenti più stretti, mentre dalle fondazioni in poi inizia ad essere coinvolto anche il vicinato. Al completamento della copertura di solito fa seguito una festa, che corrisponde a rituali differenti secondo le tradizioni locali, per celebrare l’entrata della nuova famiglia all’interno della nuova edificazione. La cerimonia è inoltre spesso caratterizzata da una serie di riti in nome della Pachamama o Santa Tierra, per augurare buon auspicio e protezione alla nuova costruzione. Questa forma di relazionarsi con lo spazio circostante continua a essere molto forte nelle piccole comunità sparse lungo la cordigliera andina, ed è radicata all’interno della tradizione e della cultura degli individui che in qualche modo, seppur modificata in alcune sue parti, la ripropongono nei casi di occupazione dello spazio urbano. Nelle stesse barriadas l’autocostruzione e il lavoro comunitario rappresenta la forma più diffusa di stabilire un determinato tipo di relazioni sociali basate su un sistema di reciprocità, e l’ ayuda mutua, ossia il continuo scambio di servizi lavorativi e non, permette alla comunità stessa di organizzarsi per fare fronte alle difficoltà, non solo economiche, nelle quali gli immigranti si trovano coinvolti all’arrivo nella metropoli.

L’ Autocostruzione: fenomeno sociale e risorsa


L’insediamento abitativo di Qotowincho si trova a ridosso della città di Urubamba, , molto conosciuta da archeologi e turisti per essere lo snodo principale della via che conduce da Cusco alla cittadella di Macchu Picchu. La zona in questione risulta essere la più inospitale per morfologia territoriale e caratteristiche geologiche di tutta la Valle, poiché al contrario delle zone circostanti, il terreno di Qotowincho è particolarmente franabile e la forte presenza di gesso e calce ne rende impossibile l’uso agricolo. E’ qui che più di 500 famiglie si sono installate informalmente cercando accesso alla vita urbana. Il passaggio tra il rurale e l’urbano però non stato così drastico, e Qotowincho risulta essere un luogo di cerniera in cui si riscontrano caratteristiche tipiche della vita rurale (come l’allevamento di mucche, maiali ecc.) ma contaminata da alcuni aspetti della vita cittadina (la provenienza di molti beni di consumo da un altro luogo, l’educazione scolastica fino al ciclo superiore e servizi terziari).

URUBAMBA CUSCO URUBAMBA

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QOTOWINCHO

El Pueblo de Qotowincho


La zona di Qotowincho risulta essere un luogo particolarmente ostile alla costruzione data la sua morfologia piuttosto articolata, con dei rilievi formati da un terreno composto principalmente da gesso e calce, il che lo rende cedevole in caso di piogge e terremoti, e inoltre particolarmente inadatto a qualsiasi tipo di vegetazione. Gli edifici, per lo più abitazioni, sono quasi esclusivamente il risultato di un processo di autocostruzione, e la tecnologia più diffusa è quella di muri in adobes (mattoni di terra cruda). Le caratteristiche architettoniche rispecchiano le tradizioni andine di avere delle facciate piuttosto chiuse verso l’esterno, mentre le aperture principali si affacciano sulla corte interna, dove spesso vengono costruite piccole capanne di terra o di paglia per ospitare animali quali maiali, vacche, galline ecc. Buona parte dispone anche di una cucina, anche se la maggior parte delle volte è dotata di attrezzature minime. Le coperture degli edifici sono sempre a una falda per gli edifici di un solo piano, mentre per quelli a due piani si preferisce optare per un tetto a capriata. I tetti sono generalmente a struttura lignea su cui poi vengono intrecciate delle canne (quincha) ricoperte da uno strato di terra, su cui poi vengono disposte le tegole. Per le famiglie con più scarse risorse economiche, la scelta di copertura ricade su lastre di lamiera grecata, a volte mancanti anche della struttura lignea e direttamente appoggiate sui muri portanti dell’edificio.

Morfologia territoriale e modi di abitare


Proprio per queste caratteristiche, ma viste comunque le potenzialità della comunità, Qotowincho è stato scelto come protagonista di un progetto integrato di sviluppo, con il quale si intende avviare un processo di miglioramento della qualità di vita dei suoi abitanti non solo attraverso la costruzione di abitazioni, ma anche attraverso la realizzazione di centri di salute, di locali educativi, spazi ricreativi, strade fino alla riqualificazione e realizzazione della città in tutta la sua integrità. Un progetto di sviluppo integrato deve però rispondere ad altre due caratteristiche fondamentali: deve essere accessibile all’economia dei suoi utenti e deve essere il più possibile inserito in armonia con il contesto tradizionale e culturale in cui verrà realizzato. La prima fase del progetto prevedeva la realizzazione di una clinica, che su progetto dell’architetto Leonidas Machicao e dell’ingegnere Raquel Barrionuevo è stata ormai quasi terminata. Sia durante la fase di formazione che di cantiere la comunità stessa ha risposto con molto entusiasmo, e tuttora si dimostra molto soddisfatta del risultato ottenuto. Recentemente ha terminato anche una zona di ampliamento prevista in una fase successiva rispetto alla presentazione preliminare del progetto. La tesi qui presentata è una proposta per la fase successiva del piano integrato, e prevede la realizzazione di un Salon Comunal, un edificio pubblico in cui la comunità possa ritrovarsi e svolgere le sue attività amministrative, nonché organizzare laboratori educativi e/o ricreativi. Insieme all’edificio viene proposta una prima risistemazione della piazza antistante, in futuro pensata per diventare la Plaza Mayor del distretto.La richiesta della comunità stessa è stata dunque quella di demolire l’attuale salon comunal per sostituirlo con un centro civico di dimensioni più appropriate che possa accogliere al suo interno diversi ambienti con funzione educativa (piccola biblioteca o aule per avviamento alla professione) o amministrativa (un auditorium per le riunioni della comunità, una segreteria, una tesoreria ecc.)L’esperienza della costruzione della Clinica ha inoltre dato ottimi risultati in quanto la risposta della comunità è stata molto favorevole e la partecipazione ai laboratori di formazione e al processo di costruzione ha riscontrato un’affluenza notevole, e a distanza di 5 anni dal primo cantiere la gente locale si considera molto soddisfatta di quanto ottenuto e prosegue nella costruzione di alcuni locali a completare l’edificio secondo il disegno originario.Le tecnologie utilizzate nella clinica sono state adobe rinforzato con canne al piano terra e quincha al primo piano, migliorando il comportamento strutturale delle tecnologie locali tradizionali e seguendo quanto prescritto dalla normativa attuale per le costruzioni in terra.

Il “Progetto di Sviluppo Integrato”


SALON COMUNAL PLAZA MAYOR

SCUOLE CHIESA

CLINICA

Lavori in corso : la Clinica


L’idea base del progetto parte direttamente dalla sua costruzione : considerando il contesto in cui ci troviamo e le scarse risorse economiche disponibili, pur utilizzando materiali e tecnologie low-cost, è molto improbabile che venga realizzato in un solo ciclo: risulta dunque fondamentale che l’intervento venga concepito come un unicum pensato però come il risultato dell’unione di parti differenti che possano essere affrontate in fasi temporali diverse. Il Salon Comunal è quindi composto da due edifici uno dedicato a funzioni amministrative e a servizi di vario genere, mentre un secondo volume, più grande è pensato per accogliere una sala conferenze e una piccola emeroteca/ biblioteca. Ai due volumi si accede tramite una zona centrale pensata per essere un foyer e in cui il sistema di scale e ballatoi è lo spazio di distribuzione agli ambienti superiori. Le tradizioni costruttive locali tendono normalmente ad occupare tutto il perimetro del lotto, in questo caso però è solo la copertura ad avere la stessa area del lotto di progetto, mentre un porticato e la vetrata del foyer creano una zona di filtro tra la piazza antistante e gli ambienti interni, in un processo graduale di passaggio tra le zone pubbliche (aperte e estroverse) alle zone private (chiuse e introverse). La piazza è divisa in quattro zone principali divise dalle percorrenze interne che collegano gli edifici che la circondano. Le quattro zone pavimentate saranno caratterizzate da una serie di rilievi che ospiteranno piante e alberi, che non sarebbe possibile piantare nel suolo originale. Il dislivello di circa 7 metri che attualmente divide gli edifici scolastici dal resto dell’area verrà occupato da una serie di rampe e una scalinata in pietre che lo metteranno in connessione diretta con la vita pubblica del pueblo. L’ispirazione è data dalle grandi terrazze inca diffuse in tutta la provincia del Cusco, e le rampe sono caratterizzate da grandi aree che ospiteranno dei giochi per bambini.

A + B

Concept


La Proposta: Planimetria generale e Sezione longitudinale


L’edificio progettato si presenta con un primo piano in adobe e un secondo piano in quincha seguendo le direttive della normativa. Le fondazioni sono in cemento armato ed è presente un cordolo di 1 mt circa in pietra su cui poggeranno le mura di adobe.

TETTO IN QUINCHA

PILASTRI IN LEGNO SOLAIO IN LEGNO PANNELLI DI QUINCHA

MURO IN ADOBE PANNELLO QUINCHA “WAVE”

Tecnologia


Nel primo edificio si utilizzano adobe di dimensioni cm 40X40X8 e cm 20x40x8 , esattamente come quelli utilizzati per la clinica, scelta dovuta a due motivazioni principali: il loro facile apparecchio e la confidenza che la comunità ha già acquisito nel realizzarli e utilizzarli nelle costruzioni. Seguendo la norma, il muro verrà rinforzato con l’aggiunta di canne verticali e orizzontali, per dargli una maggiore resistenza soprattutto in caso di sisma. Le luci maggiori rispetto a quelle della vicina clinica hanno richiesto la presenza di contrafforti negli incontri tra i muri (esterni ed interni), per una maggiore stabilità, essendo i nodi tra i muri i punti più deboli della struttura in caso di terremoto. Il muro ha un’altezza complessiva di 3 mt, ed in cima è prevista, come suggerito dalla normativa, un cordolo (viga solera), costituito da due travi in legno con che corrono per tutto il perimetro della struttura. Queste due travi forniscono inoltre il vano d’appoggio per i pilastri del piano superiore e e per le travi del solaio. Alla viga solera si legano inoltre le canne verticali presenti all’interno del muro, per evitarne la fuoriuscita e rendere così collaboranti tutte le componenti strutturali. CORDOLO DETTAGLIO DEL CORDOLO

CANNE ORIZZONTALI

ADOBES CANNE VERTICALI BASAMENTO IN PIETRA FONDAZIONE IN C.A.

Tecnologie- Adobe rinforzato con canne


Il secondo edificio, sebbene in pianta rispetti le leggi di simmetria e regolarità consigliate per le costruzioni in adobe in zona sismica, ha una luce interna notevole per una struttura in terra cruda, data la sua natura funzionale. Questo richiede uno spessore murario importante, maggiore dell’usuale rapporto spessore:altezza di 1:4 (valore minimo di riferimento). Il muro perimetrale della grande sala ha uno spessore totale di 70 cm, e per realizzarlo si è deciso di usare adobes di dimensioni 44cmx22cmx8cm, disposti secondo l’”amarre americano”, in cui due adobes sono disposti di testa e il terzo accanto e di piatto, creando un modulo da 3 che viene poi ripetuto in forma alternata lungo il perimetro, e per un totale di 3 variazioni minime per ogni filare, onde evitare di avere giunti unici in altezza, che renderebbero il comportamento del muro discontinuo e sarebbero una grande aggravante in caso di collasso della struttura.

MAGLIA DI CHIUSURA CORDOLO

MAGLIA VERTICALE

INTONACO ADOBES MAGLIA DI COLLEGAMENTO CON LEFONDAZIONI BASAMENTO IN PIETRA FONDAZIONI IN C.A.

Tecnologie - Adobe rinforzato con geomalla


La quincha, che la normativa impone obbligatoria nei piani superiori al piano terra, è di solito usata come singolo pannello. In questo caso si è deciso di raddoppiarla e di inserirvi uno strato di isolante naturale, sulla base di alcune ricerche svolte in Italia dal Dipartimento di Progettazione e Studio dell’Architettura (DIPSA) dell’Università di Roma Tre, aventi lo scopo di migliorare le prestazioni energetiche dell’edificio. La ricerca era volta ad avvicinare questa tecnologia agli standard europei, ma visto il clima rigido andino – e Qotowincho non fa eccezione- e la mancanza di impianti di riscaldamento (che risulterebbero troppo costosi) all’interno dell’edificio, si è deciso di applicare lo stesso criterio in questo progetto. Il raddoppio del pannello ha permesso inoltre il trattamento della superficie esterna lasciando l’intreccio di canne a vista, trattandole con grassello di calce diluito per proteggerle dalle intemperie. Si ottiene così una facciata non più piatta bensì articolata e molto più vicina ad un linguaggio moderno dell’architettura.

PANNELLO ESTERNO TRATTATO A CALCE ISOLANTE NATURALE IN FIBRA DI LEGNO PANNELLO INTERNO RIEMPITO IN TERRA

Tecnologie- Doppio Pannello di quincha


Seguendo la strada del trattare la quincha come un sistema di facciata, “waving quincha” vuole essere una prima provocazione volta a far riflettere su come le stesse tecnologie tradizionali possano inserirsi in un campo di ricerca quale lo studio di superfici complesse in architettura. La deformazione data al pannello è dovuta allo slittamento fuori dal piano di uno dei vertici, ottenendo un telaio sghembo. Come nel pannello tradizionale, anche qui vengono intrecciate le canne, e la scelta è stata quella di trattarle a calce e lasciarle a vista. I pannelli vengono poi montati simmetricamente attraverso una serie di montanti verticali e orizzontali che vanno a comporre l’ossatura portante della facciata.

MONTANTE ORIZZONTALE MONTANTE VERTICALE PANNELLO “WAVE”

PANNELLO INTERNO RIEMPITO DI TERRA ISOLANTE NATURALE IN FIBRA DI LEGNO PANNELLO “WAVE” TRATTATO A CALCE

“Waving” Quincha


Gli intonaci di finitura sono anch’essi a base di terra, per coerenza progettuale ma soprattutto per la migliore compatibilità tra muro e finitura. Per quanto riguarda gli intonaci naturalli, quelli a base di terra presentano due problemi fondamentali: la scarsa impermeabilità e il fenomeno di fessurazione. Per quanto riguarda la resistenza all’acqua, si è scelto di usare intonaci stabilizzati, di 2 tipi principalmente: - Intonaco stabilizzato con estratto di cactus - Intonaco di terra e calce Il fenomeno di fessurazione può essere controllato garantendo una miscela priva di acqua in eccesso, ma facilmente stendibile. Sono previste inoltre almeno 2 fasi di intonacatura, dopo aver “verniciato” il muro con l’estratto di cactus, per migliorare l’aderenza della malta. Il primo strato di intonaco deve contenere anche inerti a grana grossa (mai in quantità esagerate che poi ne complicano la stesura), e viene lasciato seccare e fessurare, per accogliere poi il secondo strato di intonaco che invece non contiene componenti grossi e che viene steso e polito con una pietra liscia per rendere la superficie più lucida e omogenea.

Finiture : Intonaci Naturali


I tetti dell’edificio si rifanno volutamente al linguaggio tipico dell’architettura andina, caratterizzata dalla successione di falde inclinate rivestite di tegole. Le coperture sono a loro volta in quincha e presentano una struttura portante in legno su cui vengono disposte le canne, che fanno da base per lo strato di terra. Su questa poi vengono disposte le tegole. Il peso di questo tipo di copertura ha reso necessario strutture lignee molto ravvicinate tra loro per avere una maggior resistenza in caso di terremoto. TEGOLE RIEMPIMENTO IN TERRA SUPPORTO IN CANNE TRAVETTI IN LEGNO

CANALE DI GRONDA STRUTTURA PORTANTE IN LEGNO

Le Coperture


L’obiettivo di questa tesi era quello di presentare, attraverso la proposta di una nuova costruzione, un metodo progettuale dinamico, che va al di là del disegno su carta, e che vuole essere una guida generale applicabile anche ad altri contesti. Esso può essere riassunto nei seguenti passi: • • • • • •

Capire la realtà locale, non solo dal punto di vista architettonico-urbanistico, ma soprattutto cercando il più possibile di approfondire e comprendere tutti quegli aspetti socio-culturali ed economici che regolano e trutturano la comunità . Capire e ricercare quali sono le risorse e le potenzialità del luogo e della comunità, in termini architettonici, economici e ambientali Analizzare e studiare i limiti e i vantaggi delle tecnologie tradizionali già in uso, in termini strutturali, ambientali ed economici Migliorare , dove possibile, queste tecnologie, in termini di prestazioni dell’edificio, nonché di linguaggio estetico Lavorare a contatto con la comunità perché apprenda l’uso e l’applicazione di quueste tecnologie migliorate, pensando anche ad applicazioni future. Non fermarsi al singolo progetto: questa vuole essere soprattutto un’occasione di crescita , che si traduce come punto di partenza per altre esperienze simili .

Conclusioni



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