Violenza biblioconsigli lettura

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“Ma Dove? In Biblioteca. Ottobre, un mese nelle biblioteche per dire NO alla violenza” Ma perché parlare di violenza nelle biblioteche? Le biblioteche sono luoghi democratici di cittadinanza e civilizzazione che offrono alle persone l'opportunità di apprendere le abilità cognitive, emotive e relazionali di base per poi operare con competenza sia sul piano individuale che sociale.

CONOSCENZA CONTRO VIOLENZA in biblioteca

Consigli di lettura Impossibile elencare tutti i libri che trattano delle varie forme di violenza… nelle prossime pagine solo una piccola scelta tra quelli del nostro catalogo


Il paradiso della crudeltà : dodici saggi sul lato oscuro dell'uomo di Wolfgang Sofsky Nel suo "Saggio sulla violenza", uscito presso Einaudi nel 1998, Sofsky avvalorava la tesi secondo cui la

Anatomia della distruttività umana di Erich Fromm Uno dei più grandi maestri contemporanei di scienze umane svolge in questo libro un'indagine globale, dall'età primitiva al Novecento, sull'innata tendenza dell'uomo alla

violenza

distruttiva.

Attraverso

un'analisi articolata e puntuale Fromm si propone di liberare il concetto di "distruttività" da quei fondamenti (naturali o sociali) che le principali scuole psicologiche contemporanee ritengono assoluti, mostrando così, invece, come siano fatti culturali, convenzionali, politici e più genericamente storico-sociali a condizionare i cosiddetti "istinti sadici" dell'uomo. Le pulsioni a controllare, sottomettere, torturare; il sadismo, la necrofilia, la guerra; le molteplici sembianze in cui si manifestano le tendenze distruttive dell'uomo: sono questi, in ultima analisi, i temi fondamentali di Anatomia della distruttività umana. Punto di riferimento in un dibattito sempre attuale, quest'opera è una guida per comprendere le radici, gli autentici caratteri e gli antidoti delle crisi di violenza che stravolgono le società contemporanee.

violenza

è connaturata

all'uomo; l'ordine civile, lungi dall'eliminarla, ne modifica semplicemente la forma. In questa nuova raccolta di saggi, l'autore si propone di approfondire il suo ragionamento a partire dall'osservazione sia dell'attualità e della violenza nel mondo di oggi (le stragi familiari, la questione palestinese, l'ex Jugoslavia), sia dell'arte e della cultura di ogni tempo, dai "Capricci" di Goya alle riflessioni di Montaigne. Qualunque sia il punto di partenza, però, la conclusione non cambia: la violenza non è legata ad alcun motivo particolare. Povertà, fanatismo, sfruttamento, follia, conflitti familiari, traumi, sono spiegazioni significative, ma al tempo stesso generiche. Nella maggior parte dei casi, la violenza è altro: la metamorfosi improvvisa di un mansueto cittadino in pluriomicida, un gruppo di persone "perbene" che incita al linciaggio di un presunto colpevole, la crudeltà con cui un commando di terroristi si accanisce sulle sue vittime. Tutte manifestazioni che, se possono avere un avvenimento contingente come detonatore, in realtà portano alla luce i lati più oscuri e immutabili della natura umana. Obiettivo di uno studio sulla violenza, dunque, non è quello di presumere cause, ma di descrivere in modo analitico il processo della violenza, i rituali che la preparano, il potere della "folla" sul suo scatenarsi, e anche il ruolo dell'immaginazione: facoltà che solo l'uomo possiede e che gli permette di escogitare forme di violenza sempre nuove e sempre più "inspiegabili".


Il secolo armato : interpretare le violenze del Novecento di Enzo Traverso Nel 1989, la caduta del Muro di Berlino ha messo fine al xx secolo. Ciò che sino al giorno prima era percepito come presente è diventato storia. Scossa da questa svolta, la storiografia ha dovuto rivedere i propri paradigmi, interrogarsi sui propri metodi, ridefinire i propri campi di ricerca. Le rigide partizioni della guerra fredda sono state sostituite da un mondo “liquido” e la nuova storia globale, al posto di un secolo diviso in blocchi, inizia a vedere una rete di scambi economici, di movimenti migratori, di ibridazioni culturali su scala planetaria. La storia fondata sulla “lunga durata” ha lasciato spazio alla riscoperta dell’avvenimento, imprevedibile, eruttivo e spesso enigmatico. Parallelamente, la memoria è divenuta un prisma privilegiato attraverso cui rileggere il passato. Una volta entrata nell’officina della storia, essa ha ridisegnato il profilo del xx secolo come tempo di violenza e di vittime. In questo libro, Enzo Traverso ricostruisce magistralmente il quadro d’insieme dei mutamenti che sono al centro dei grandi dibattiti storiografici attuali. Affronta le grandi categorie interpretative, sia classiche (come rivoluzione, fascismo) sia nuove (come biopotere), per mettere in luce tanto la fecondità quanto i limiti dei loro apporti o delle loro metamorfosi. Interroga il comparativismo storico, studiando dapprima gli usi della Shoah come paradigma dei genocidi, quindi mettendo a confronto l’esilio ebraico e la diaspora nera, due delle maggiori questioni della storia intellettuale. Analizza infine le interferenze tra storia e memoria, tra presa di distanza e sensibilità del vissuto, che sono al cuore di ogni narrazione del xx secolo.

Elogio della disobbedienza civile di Goffredo Fofi Da quando Thoreau rifiutò di pagare una tassa voluta dal governo americano per finanziare la guerra contro la Spagna, accettando bensì la condanna al carcere che ne risultò, la 'disobbedienza civile' è diventata un metodo di lotta. C'erano molti precedenti, basti pensare ad Antigone, ma fu Thoreau a chiarirne in termini moderni l'attualità, la necessità. Il suo breve saggio venne studiato da Tolstoj e da Gandhi, che lo mise in pratica su vasta scala per combattere con successo il colonialismo inglese. Con il fallimento delle rivoluzioni che hanno puntato sulla violenza producendo nuove oppressioni e con l'affermazione nel mondo detto democratico di un sistema unico di potere — quello finanziario — cui hanno risposto varie forme di fondamentalismo o di mafia e con i venti di guerra che spirano nuovamente sul pianeta, la disobbedienza civile torna a essere la risposta insieme più saggia e più radicale di rispondere alla

violenza diretta e indiretta

di chi

decide e comanda, manipola e offende. Raccontando le forme della disobbedienza civile elaborate in passato dal movimento operaio e dai movimenti nonviolenti, l’autore insiste su un concetto fondamentale: la disobbedienza civile può fare a meno della nonviolenza, ma la nonviolenza non può esistere senza la sua fondamentale componente politica, la disobbedienza.


La TV invadente : il reality del dolore da Vermicino ad Avetrana di Anna Bisogno

Davanti al dolore degli altri di Susan Sontag Sfogliando i quotidiani, guardando i telegiornali, assistiamo di continuo ad atrocità di ogni genere: distruzioni, bombardamenti, violenze su uomini e donne, vittime innocenti di guerre che non vogliono ma che subiscono passive e inermi. Nelle società contemporanee, in cui i mezzi di informazione hanno un ruolo sempre più centrale, il dolore degli altri è uno spettacolo all'ordine del giorno. Ma queste immagini ci fanno odiare la violenza o ne siamo incitati? Ci allarmiamo o diventiamo sempre più indifferenti? In queste pagine Susan Sontag si interroga sul modo in cui le immagini influenzano la nostra percezione di quanto accade, formano le opinioni comuni, inducono a contrastare i conflitti bellici o a sostenerli. La guerra civile spagnola, Dachau, Auschwitz, Cambogia, Bosnia, Rwanda, l'11 Settembre: Susan Sontag corre dal passato al presente, si sofferma sulle immagini che hanno assunto valore emblematico e mostra come hanno condizionato le nostre idee, le nostre credenze, le nostre passioni.

Trent’anni fa venne sdoganata in Italia la tv del dolore. Il 13 giugno del 1981 milioni di telespettatori italiani assistettero impotenti alla morte di Alfredino Rampi. Era la tragedia di Vermicino. La RAI trasmise in diretta e a reti unificate per ben 18 ore la lenta agonia del povero bambino in un pozzo artesiano lasciato aperto alle porte di Roma. Fu la prima vera commistione tra generi televisivi differenti, in particolare tra l’informazione e la fiction: una inedita commistione tra le istanze relative al conoscere, legate all’informazione, e quelle relative alla partecipazione emotiva e passionale tipiche della fiction. Era giusto o non era giusto puntare le telecamere su un bambino che stava sprofondando in un buco nero dove, di lì a poco, sarebbero sprofondate, con la pietà e la vergogna per la fine del povero Alfredino, tutte le concezioni sulla televisione, sul rapporto tra informazione e spettacolo? Il libro va alle origini della cosiddetta “televisione del dolore” ricostruendone le narrazioni che dilatano l’oggetto esplorato, abusa del diritto di cronaca, cerca nuovi ambiti di appeal e trasforma il dolore in reality.


supermarket e le piscine, la banca e la scuola materna - ora in stato di abbandono, per la verità - il grattacielo poteva offrire occasioni di scontro e violenza in abbondanza.

Il condominio di J.G. Ballard Un elegante condominio in una zona residenziale, costruito secondo le più avanzate tecnologie, è in grado di garantire l'isolamento ai suoi residenti ma si dimostrerà incapace di difenderli. Il grattacielo londinese di vetro e cemento, alto quaranta piani e dotato di mille appartamenti, è il teatro della generale ricaduta nella barbarie di un'intera classe sociale emergente. Viene a mancare l'elettricità ed è la fine della civiltà, la metamorfosi da paradiso a inferno, la nascita di clan rivali, il via libera a massacri e violenza. Il condominio, con i piani inferiori destinati alle classi inferiori, e dove via via che si sale in altezza si sale di gerarchia sociale, si trasforma in una prigione per i condomini che, costretti a lottare per sopravvivere, danno libero sfogo a un'incontenibile e primordiale ferocia. Era trascorso qualche tempo e, seduto sul balcone a mangiare il cane, il dottor Robert Laing rifletteva sui singolari avvenimenti verificatisi in quell'immenso condominio, nei tre mesi precedenti. Ora che tutto era tornato alla normalità, si rendeva conto con sorpresa che non c'era stato un inizio evidente, un momento al di là del quale le lor o vite erano entrate in una dimensione chiaramente più sinistra. Con i suoi quaranta piani e le migliaia di appartamenti, il

La caduta di Giovanni Cocco L'ira, la cecità, la catastrofe. La violenza dell'uomo e la collera della natura. Dal primo rintocco del terzo millennio fino al dolente epilogo delle colonne di profughi in marcia nella polvere, una tumultuosa trama di eventi un disordine scientifico e incontrollabile infrange l'illusione di pace dell'Occidente e ne annuncia la dissoluzione. Nel libro si susseguono alcuni dei più recenti avvenimenti epocali, come l’uragano Katrina a New Orleans, le rivolte delle banlieue di Parigi, la pericolosa e criminale gestione dei rifiuti in Campania, Anders Breivik e la strage di Oslo, il collasso finanziario, la crisi greca e spagnola, la primavera araba, gli attentati di Londra e la morte di Osama Bin Laden. Ognuno di questi eventi fa da cornice a singole storie più piccole, frutto della fantasia dell’autore, che insieme diventano gli ingredienti sapientemente intrecciati di un romanzo che ha per protagonista la civiltà contemporanea e il suo tramonto, in una sorta di Apocalisse moderna.


Puttane assassine di Roberto Bolaño "La violenza, la vera violenza, non si può fuggire, o almeno non possiamo farlo noi, nati in America latina negli anni Cinquanta, noi che avevamo una ventina d'anni quando morì Salvador Allende": fin dalla soglia del primo di questi tredici racconti, Bolaño mette le carte sul tavolo. In tutti si manifesta infatti una qualche forma di violenza, alla quale nessuno (che sia vittima o carnefice) potrà sottrarsi: né il nerboruto giovanotto che pagherà caro l'aver seguito una donna per concupiscenza o vanità; né il fotografo che cerca di salvare due bambini indiani rinchiusi in un bordello per omosessuali; né il padre di B. (trasparente controfigura dell'autore) che durante una vacanza ad Acapulco si siede a giocare a carte con la gente sbagliata; né quel Lalo Cura (lo ritroveremo in "2666") che da bambino viene portato dalla madre sui set dei film a luci rosse da lei interpretati; né il fantasma dell'uomo che assiste alla vendita del proprio cadavere a un necrofilo - né il narratore stesso, costretto alla crudele erranza dell'esilio. Giocando, come sempre, sui registri più vari - dal malinconico al grottesco, dal pornografico al fantastico, dall'ossessivo al comico -, Bolaño ci offre qui una sorta di sintesi della sua opera, trasformando ognuno di noi lettori in "un voyeur, avido di vite travagliate e di fantasmi".

Non luogo a procedere : romanzo di Claudio Magris In questo romanzo, l'autore Claudio Magris si confronta con l'ossessione della guerra di ogni tempo e paese, quasi indistinguibile dalla vita stessa: una guerra universale, rossa di sangue, nera come le stive delle navi negriere, blu come il mare che inghiotte tesori e destini, grigia come il fumo dei corpi bruciati, bianca come la calce che copre il sepolcro. Non luogo a procedere è la storia di un grottesco Museo della violenza, delle sue sale e delle sue armi ognuna delle quali racconta vicende d'amore e delirio, e dell'uomo che sacrifica la vita alla sua maniacale costruzione; è la storia di una donna erede dell'esilio ebraico e della schiavitù dei neri; è la storia del mistero di un delitto rimosso tra le mura del forno crematorio nazista della Risiera di San Sabba, a Trieste.


Terrorismo e terrorismi di Marco Fossati

Metamorfosi della paura di Roberto Escobar Come una sorta di città assediata, oggi l'Europa si sente minacciata, a sud e a est, da un'immigrazione che percepisce come una calata dei barbari. Roberto Escobar si è messo alla ricerca delle radici profonde di questa nuova paura. Inscindibile da quanto di misero e di grande è nell'uomo, la paura ne costituisce il fondo buio: la paura che costruisce confini, erige barricate, esplode in violenza contro gli "invasori". Finita l'appartenenza legata alle ideologie, si va diffondendo un'appartenenza etnica, minima, localistica; riemergono i meccanismi più arcaici e premorali che fondano e regolano il sentimento di identità, dei gruppi come dei singoli. Animali senza artigli, sprovvisti di strumenti istintuali adeguati per sopravvivere, gli uomini vivono sul margine del disordine. Per vincere questa precarietà, i gruppi si chiudono in confini, materiali ma anche e soprattutto rituali e simbolici, ed espellono la paura rovesciandola in odio per il nemico esterno o - che è lo stesso - lo straniero interno: immigrato, nero, zingaro.

Mai come oggi il terrorismo ha avuto tanti praticanti eppure nessuno è disposto a chiamare se stesso terrorista. Questo è il nome che si riserva al nemico. Anche in passato gesti analoghi sono stati giudicati imprese patriottiche, crimini terroristici o legittimi atti di autodifesa secondo chi fosse a compierli e chi a scriverne la storia. Ma, se un attacco terroristico è un crimine, se ne può dare una definizione che consenta di riconoscerlo indipendentemente dal soggetto che lo compie? Uno sguardo alla storia di questo fenomeno e alle riflessioni teoriche che ha prodotto, anche attraverso una ricca antologia di testi, è indispensabile per cercare una risposta.

Il terrorismo e le sue maschere : l'uso politico delle stragi Le Associazioni dei familiari delle vittime di alcune

stragi

della storia d'Italia (Italicus,

Treno 904, Stazione di Bologna, via dei Georgofili), hanno curato questo libro che vuole puntualizzare in modo preciso e argomentato le responsabilità della classe politica italiana e informare su quello che la giustizia ha prodotto fino ad oggi. Si ha l'impressione - scrive Norberto Bobbio - che sinora non siano state generalmente capite e comprese la gravità, l'estensione, la frequenza dei ricorrenti tentativi di sovvertimento delle nostre libere istituzioni. Eppure le connivenze politico-criminali non sono insondabili come in genere si crede: esiste una grande quantità di dati, documenti, sentenze che aiutano a capire.


Negri, froci, giudei & Co. : l'eterna guerra contro l'altro di Gian Antonio Stella L'inondazione di odio in Internet, i cori negli stadi contro i giocatori neri, il risveglio del demone antisemita, le spedizioni squadristiche contro gli omosessuali, i rimpianti di troppi politici per i metodi di Hitler, le avanzate in tutta Europa dei partiti xenofobi, le milizie in divisa para-nazista, i pestaggi di disabili, le rivolte veneziane contro gli zingari anche se sono veneziani da secoli e fanno di cognome Pavan, gli omicidi di clochard, gli inni immondi alla purezza del sangue... Come a volte capita nella storia, proprio negli anni in cui entrava alla Casa Bianca il primo nero è rifiorita la pianta maledetta del razzismo, della xenofobia, del disprezzo verso l'altro che pareva rinsecchita nella scia del senso di colpa collettivo per il colonialismo, per le leggi Jim Crow negli Stati Uniti, per l'apartheid in Sudafrica e soprattutto per l'Olocausto. Dal terrore dei barbari alle pulizie etniche tra africani, dalle guerre comunali italiane al peso delle religioni, fino alle piccole storie ignobili di questi giorni, Stella ricostruisce un ricchissimo e inquietante quadro d'insieme di ieri e di oggi del rapporto fra noi e gli altri. Perché la storia documenta una cosa inequivocabile: l'idea dell’altro non è affatto assoluta, definitiva, eterna. Al contrario, dipende da un mucchio di cose diverse e è del tutto relativa. Temporanea. Provvisoria.

Tra me e il mondo di Ta-Nehisi Coates "Tra me e il mondo" è una lettera che l'autore scrive al figlio Samori nel giorno del suo quindicesimo compleanno. Coates racconta: la storia della sua infanzia nella parte sbagliata di Baltimora, della paura delle strade e delle gang, della scuola, della violenza, della polizia. Vincere questa paura, la paura di perdere il proprio corpo, diventerà lo scopo della sua vita. Per la prima volta la ricostruzione della storia americana riparte da zero; e riparte proprio da Ground Zero - dove ben prima del crollo delle torri gemelle c'era la sede del mercato degli schiavi della città di New York - per arrivare alle continue uccisioni ingiustificate di neri da parte della polizia, una violenza che diventa in questo racconto la storia universale del razzismo.


Quando hanno aperto la cella : Stefano Cucchi e gli altri di Luigi Manconi, Valentina Calderone In carcere si muore. Si può morire nel reparto detentivo di un ospedale, come Stefano Cucchi; per strada, come Federico Aldrovandi; legati mani e piedi a un letto di contenzione, come Franco Mastrogiovanni. Si può morire anche durante un arresto, una manifestazione di piazza, un trattamento sanitario obbligatorio. Quando hanno aperto la cella porta alla luce le storie di persone che sono entrate in prigione, in caserma o in un reparto psichiatrico e ne sono uscite senza vita. Ricostruisce vicende processuali tormentate, in cui la tenacia di familiari e avvocati si è scontrata con opacità, omertà e, a volte, coperture istituzionali. Racconta di uno Stato che si ricorda di recludere, sorvegliare e punire, ma spesso dimentica di tutelare e rispettare gli individui che gli sono affidati. Prefazione di Gustavo Zagrebelsky.

Impìccati! : storie di morte nelle prigioni italiane di Luca Cardinalini La prigione è dolore, solitudine, lacrime, paura, pena, vergogna, rabbia. In carcere si muore, come fuori e per le stesse cause: malattia, suicidio, omicidio. Ciò che non dovrebbe accadere mai, però, è morire di carcere: per mano di chi ti ha in custodia o per negligenza di chi ti ha in cura. In questo libro sono narrate otto storie di persone che in carcere sono entrate vive e ne sono uscite solo per i loro funerali: Aldo Bianzino, Diana Blefari, Luigi Acquaviva, Sami Mbarka Ben Gargi, Stefano Frapporti, Camillo Valentini, Niki Aprile Gatti, Stefano Cucchi. Otto storie di persone diverse per età, cultura, appartenenza di classe, stile di vita. Otto storie tra le migliaia che continuano a

sbiadire in desolate udienze di solitari tribunali, dove sfilano familiari, testimoni, medici, agenti, direttori, assistenti, operatori, volontari... alla stanca e spesso vana ricerca di uno scampolo di verità. Otto tragedie esistenziali emblematiche della realtà giudiziaria e carceraria del nostro paese.

Acab : All Cops Are Bastards di Carlo Bonini "ACAB". All Cops Are Bastards. Il refrain di un celebre motivo skin anni ‘70 diventa richiamo universale alla guerra nelle città, nelle strade. Michelangelo, "Drago" e "lo Sciatto" sono tre "celerini bastardi". Sono odiati e hanno imparato a odiare. Basta leggere l'impressionante chat del loro reparto per capirlo. Cresciuti nel culto della destra fascista, si scoprono disillusi al termine di una parabola di violenza che è la loro "educazione sentimentale". Nella narrazione di Bonini si svela, attraverso l'occhio e il linguaggio degli "sbirri" e una lunga inchiesta sul campo, la trama occulta dei più sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi due anni. Che collega episodi accaduti in tempi e luoghi diversi come l'assalto militare degli ultras a una caserma di Roma e la caccia al romeno nelle periferie, i Cpt per immigrati clandestini e gli scontri della discarica di Pianura. La catena dell'odio e delle impunità.


Una stella incoronata di buio : storia di una strage impunita di Benedetta Tobagi Manlio lavora in fabbrica fin da ragazzo; Livia studia per diventare insegnante. Quando si incontrano e si innamorano, decidono di condividere tutto: leggono e studiano insieme, insieme discutono di politica, viaggiano, ridono, lottano. Anche la mattina del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia, sono insieme. Per puro caso, però, quando la bomba scoppia, Manlio sopravvive. Livia no. Livia muore con i loro migliori amici, Clem e Alberto, anche loro insegnanti, anche loro giovani impegnati in politica. Perdono la vita altre cinque persone, «non vittime, ma caduti consapevoli» che quella mattina di pioggia si ritrovano in piazza per il loro impegno antifascista. Da quel giorno, per Manlio Milani inizia una seconda vita tra aule di tribunali, aspettando una giustizia che non è mai arrivata, collezionando frammenti di una verità sempre incompleta. Benedetta Tobagi (il cui padre è stato ucciso il 28 maggio 1980, esattamente sei anni dopo la strage di Brescia) decide di sedersi accanto a Manlio, per provare, udienza dopo udienza, a raccontare la sua storia e quella di chi, come lui, ha vissuto quell'intensa stagione di lotte politiche e di risate, di discussioni estenuanti e di scioperi, di serate fra amici, di bombe e sotterranei tentativi di golpe. Di paura e speranze. E quando trentasei anni dopo

ascolta con Manlio l'ennesima sentenza di assoluzione: «Tutti assolti per non aver commesso il fatto», capisce cosa vuol dire provare rabbia e impotenza verso chi ha nascosto e manipolato la verità. Con sguardo lucido e partecipe, l'autrice compie un viaggio nei misteri recenti della storia italiana, rivisitando il capitolo rimosso della violenza neofascista, pronta, ancora una volta, a cercare di capire cosa furono quegli anni e a fare in modo che una strage non si riduca semplicemente a un luogo e una cifra: il numero dei morti. Una strage è l'incontro con il male. Necessario è dunque continuare a interrogarsi su come è possibile sopravvivere alla ferita

ingiustizia

dell'

che si somma alla

violenza, e al senso di colpa che tormenta, paradossalmente, i sopravvissuti ma non i carnefici.

Con il nome di mio figlio : dialoghi con Haidi Giuliani, a cura di Marco Rovelli In questo dialogo con Marco Rovelli, Haidi Giuliani racconta il suo percorso pubblico cominciato dopo il 20 luglio 2001, quando suo figlio Carlo venne ucciso a Genova durante le contestazioni al G8. Il ricordo della sua vita precedente di maestra trapassa nel presente di un’altra vita, quella iniziata appunto dopo il 20 luglio, dopo un tempo scardinato e imploso. In questa sua nuova vita Haidi attraversa molti luoghi, dai Social Forum ai centri sociali, e molte situazioni, come i mass media, gli stessi che hanno offerto un’immagine distorta di quegli eventi così decisivi nella sua vita. Haidi Giuliani racconta la compenetrazione tra privato e pubblico che ha segnato la sua seconda vita, una vita nel nome del figlio, col suo nome.


Bolzaneto : la mattanza della democrazia di Massimo Calandri

Una storia quasi soltanto mia di Licia Pinelli, Piero Scaramucci Questa è la storia che Licia Pinelli mi raccontò all'inizio degli anni ‘80. Era rimasta appartata, quasi silenziosa per una decina d'anni, da quell'inverno del 1969, quando la bomba fece strage alla Banca dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano, suo marito Pino, ferroviere anarchico, precipitò da una finestra della questura e l'Italia scoprì che la democrazia era sotto attacco. Licia si era tenuta lontana dai riflettori concentrandosi in una tenace battaglia per ottenere giustizia dalla Giustizia. Non la ottenne. Dopo dieci anni Licia fece forza sul suo severo riserbo e si decise a raccontare di sé e di quel che era successo. Scelse lei stessa di parlare e mi chiese di intervistarla. Non fu un percorso facile, per Licia fu come reimparare a parlare e a guardare dentro se stessa dopo anni di silenzio e autocensura. Oggi, a distanza di tanto tempo, questo racconto appare come un documento di rara verità, chi vorrà scrivere la storia di quegli anni durissimi non ne potrà prescindere. Piero Scaramucci

Genova, luglio 2001. In occasione delle manifestazioni che contestano il G8, 255 persone vengono fermate dalle forze dell'ordine e rinchiuse nella caserma di Bolzaneto, il centro di temporanea detenzione. Tre giorni e tre notti che solo la storia potrà restituirci. Grave compromissione dei diritti delle persone. Comportamenti inumani e degradanti. Una costante violazione delle libertà fondamentali. In una parola: tortura. Più in generale, uno stato di eccezione, cioè la sospensione delle garanzie democratiche sancite dalla nostra Costituzione. Tutto ciò denunciano i Pubblici ministeri Patrizia Petruzzielio e Vittorio Ranieri Miniati, chiedendo la condanna di 45 tra generali e funzionari di polizia, ufficiali dell'Arma e guardie carcerarie, agenti, militari, medici. Ben sapendo che da sette anni c'è chi gioca con i tempi e fa spallucce, contando sulla prescrizione. Violenze, abusi psicologici, minacce, privazioni, offese: tutte accompagnate da un costante richiamo fascista, con i detenuti costretti a urlare Viva il Duce!, esibendosi in umilianti sfilate con il braccio teso in un grottesco saluto romano, mentre un telefonino rimanda sinistra la musica di Faccetta nera. In questo libro Massimo Calandri, giornalista del quotidiano la Repubblica che dal primo giorno a oggi ha seguito le vicende di Bolzaneto, raccoglie le sconvolgenti testimonianze delle vittime, la vergogna dei carnefici.


Zona rossa di Roberto Satolli ; Gino Strada ; con la testimonianza di Fabrizio Pulvirenti Per qualche mese, nel 2014, tutto il mondo ha tremato di fronte a un minuscolo virus. Ebola è uscito dalle foreste dell’Africa e ha minacciato di spostarsi a bordo di navi e aerei, arrivando a lambire le cosiddette nazioni sviluppate. Per la prima volta, gli occidentali hanno guardato la catastrofe umanitaria con gli occhi di chi teme che possa bussare alle porte di casa sua. Come mai l’epidemia era così estesa? Come si poteva fermare? Emergency era arrivata in Sierra Leone sul finire della guerra civile che aveva insanguinato il paese per tutti gli anni novanta. Lavorava con le vittime delle mutilazioni, delle mine antiuomo, degli stupri – come sempre contro la violenza dell’uomo sull’uomo. Improvvisamente si è ritrovata in prima fila in un altro conflitto: una guerra scatenata da un virus, una guerra che finalmente valeva la pena combattere, con le armi della medicina, della scienza e dell’umanità. Gino Strada è volato in Africa, insieme a Roberto Satolli (medico e giornalista, amico di Gino dai banchi del liceo), Fabrizio Pulvirenti e decine di volontari le cui voci e racconti popolano questo libro. E ha scoperto che neanche questa guerra è

“giusta”: anche qui c’è chi racconta bugie, chi si arricchisce mettendo in pericolo i civili, chi si riempie la bocca di alti principi ma non pensa affatto di applicarli. In queste pagine la voce di Gino Strada torna a levarsi per denunciare l’ingiustizia di un mondo diviso tra chi può curarsi e chi può solo fare il favore di morire senza infettare nessun altro, tra chi gestisce l’emergenza stabilendo linee guida burocratiche e chi resta in mezzo ai malati spendendosi in prima persona, tra chi costruisce strade per sfruttare le miniere e chi le percorre portando con sé un virus perché a casa propria non ha fogne né acqua potabile. Cercare di offrire agli umili e indifesi le stesse cure a disposizione dei ricchi e degli occidentali è un gesto rivoluzionario.

Mondi al limite : 9 scrittori per medici senza frontiere Dalla Thailandia alla Cambogia, dalla Somalia alla Repubblica Democratica del Congo, dal Brasile alla Colombia, dal Pakistan all’Italia, nove scrittori italiani raccontano la realtà di alcune aree in cui Medici Senza Frontiere opera, per sensibilizzare sui temi della violenza urbana, della prostituzione, delle guerre, delle malattie e di tutte quelle crisi dimenticate che colpiscono le popolazioni indifese. Sono storie, ritratti, brevi affreschi dipinti a volte con toni accesi, altre volte con tinte lievi o addirittura leggere, ciascuno specchio di una diversa sensibilità. In comune, c'è la capacità di far rivivere l'impatto con situazioni estreme, impensabili, in cui è annichilita ogni dimensione umana e di giustizia. Situazioni che ci riguardano però in maniera diretta. E di cui non dovremmo più dimenticare l'esistenza, se non vogliamo diventare tutti un po' complici dei mali che affliggono il nostro tempo.


Lavoro a mano armata di Pierre Lemaitre Tutti i poveri devono morire di Giovanni Di Iacovo Più additiva di una sostanza stupefacente, più coinvolgente del gioco d'azzardo, più inebriante dell'amore e più esclusiva di un'automobile di lusso: la morte non è soltanto un destino ineluttabile ma un piacere a cui una particolare casta di assassini si abbandona con efferata crudeltà. Ne sono convinti i membri del Cenacolo di Caino: un'associazione fondata nella notte dei tempi per consentire agli uomini e alle donne di ceto elevato di operare al di sopra e al di fuori della legge, abbandonandosi a brutalità di ogni genere nella convinzione che tutto debba essere permesso a chi vanta un reddito superiore alla media. La perversione di questi criminali non conosce limiti. Dalla pedofilia alla tortura, tutto è concesso a chi, appartenendo al Cenacolo, si vota al rispetto di una e una sola regola: l'età o il sesso della persona da sacrificare al sadismo di chi uccide non hanno nessuna importanza se questa può essere considerata di umili origini. Il tutto finché, durante la convention annuale dei serial killer... Perché la povertà, in questo grottesco romanzo giallo, è un problema di igiene sociale da risolvere con modi e metodi in grado di rispecchiare una società in cui la vita umana non è altro che merce in balia dei capricci dei potenti e del loro mercato.

Alain Delambre ha cinquantasette anni, una moglie e due figlie ormai adulte. Una vita passata a lavorare come responsabile delle risorse umane. Poi la crisi, il licenziamento, la disoccupazione. Un lavoretto per tentare, con scarso successo, di far quadrare i conti. E all'orizzonte la seconda chance, quella che può ridare un senso a tutto. Un nuovo lavoro, che sembra ritagliato sul suo percorso professionale. Da non crederci, alla sua età. Alain però ci crede, vuole crederci. Ed è grazie a questo ritrovato ottimismo che Alain inizia a scivolare in una serie di situazioni poco chiare che inizialmente sottovaluta. L'uomo è pronto a tutto pur di riconquistare la vita che ha perso, pur di riuscire a tirare su la testa e a guardare di nuovo le figlie negli occhi. È pronto anche ad allontanarsi dall'amata moglie Nicole, quando lei inizia a porre troppe domande. Che Alain, come test da superare per essere assunto, partecipi a un finto sequestro di persona, organizzato per mettere alla prova i quadri di una grande azienda, per lei non è accettabile. Ma il signor Delambre è un uomo che non vuole diventare l'ennesima vittima della crisi, vuole lavorare, e il lavoro è pronto a prenderselo, se necessario, anche a mano armata. Pierre Lemaitre trae spunto da un fatto di cronaca per scrivere un noir in cui la realtà della disoccupazione diventa una storia di violenza, psicologica e fisica.


Il costo della vita : storia di una tragedia operaia di Angelo Ferracuti Porto di Ravenna, cantieri navali Mecnavi, 13 marzo del 1987. Mentre alcuni operai stanno ripulendo le stive della Elisabetta Montanari, nave adibita al trasporto di gpl, e altri colleghi tagliano e saldano lamiere con la canna ossidrica, una scintilla provoca un incendio. Le fiamme si propagano con una rapiditĂ inarrestabile. Ăˆ la tragedia. Tredici uomini muoiono asfissiati a causa delle esalazioni di acido cianidrico. I tredici uomini erano tutti picchettini, e si chiamavano Filippo Argnani, che all'epoca aveva quarant'anni, Marcello Cacciatori, che di anni ne aveva ventitre, Alessandro Centioni, ventuno, Gianni Cortini, diciannove, Massimo Foschi, ventisei, Marco Gaudenzi, diciotto, Domenico Lapolla, venticinque, Mohamed Mosad, trentasei, Vincenzo Padua, sessant'anni, che stava per andare in pensione e si trovava lĂŹ per puro caso chiamato all'ultimo momento per una sostituzione. Vincenzo era l'unico operaio veramente in regola assunto dalla Mecnavi. E ancora: Onofrio Piegari, ventinove anni, Massimo Romeo, ventiquattro, Antonio Sansovini, ventinove, e infine Paolo Seconi, ventiquattro. Tredici lavoratori morti come topi, come tredici era il giorno di quel mese, tutti asfissiati nel ventre della balena metallica. "Non credevo che esistessero ancora simili condizioni di lavoro, a Ravenna, alle soglie del Duemila", disse il procuratore capo della Repubblica Aldo Ricciuti che svolse le indagini. La tragedia poteva essere evitata? La giustizia ha poi "ripagato" le vittime e i famigliari?


"Di questa infamità vergognosa noi, spettatori spesso indifferenti, siamo del tutto colpevoli". Dario Fo, con Florina Cazacu, rimasta orfana di padre, racconta la storia di "Un uomo bruciato vivo", il piastrellista romeno Ion Cazacu; nel dialogo a due voci pubblicato da Chiarelettere si parla di

ingiustizia, soprusi e mafia nella "giungla dell'edilizia lombarda". C'è da non crederci, eppure è successo e continua a succedere. La storia di Ion Cazacu, vittima innocente della violenza cieca del suo datore di lavoro, non è isolata. È accaduto che altri due operai kosovari nelle Marche siano stati uccisi da un impresario locale: il loro torto e quello di Cazacu era quello di pretendere di essere pagati, che fossero rispettati i loro contratti. Dario Fo da anni voleva raccontare questa storia che tanto aveva colpito anche Franca Rame: ora, con l'aiuto della figlia dell'operaio romeno, Florina, riesce a riportare alla memoria fatti di una violenza così spietata che sembra impossibile possano verificarsi. E ripetersi. Anche il marito di Florina, piastrellista come Ion, è oggi minacciato, anche lui è vittima di violenze e soprusi. Nella giungla del mercato del lavoro, soprattutto quello edile, non ci sono regole, vince chi ha più potere. E la nostra giustizia, come dimostra Florina, non riesce sempre a imporre la verità e il diritto. Siamo nella Lombardia dei "masson" (i muratori degli antichi Comuni), la 'ndrangheta controlla il mercato del lavoro, il diritto è sospeso. La frode contributiva e fiscale è senza controlli. Chi ha la forza di opporsi alle mafie? Se la politica è assente, la tenacia e la caparbietà di Florina servono come modello per non rinunciare ad alzare la voce e a chiedere

giustizia e verità.

Un uomo bruciato vivo di Dario Fo e Florina Cazacu LA STORIA TRAGICA DI ION CAZACU, PIASTRELLISTA ROMENO, BRUCIATO VIVO DA UN IMPRESARIO EDILE DI GALLARATE. UNA STORIA DI VIOLENZA E DI SOPRUSI CHE SI RIPETE. DARIO FO LA RICOSTRUISCE CON LA FIGLIA DELLA VITTIMA.


Io, morto per dovere di Luca Ferrari, Nello Trocchia ; con Monika Dobrowolska Mancini Un uomo sapeva già tutto del disastro ambientale nella cosiddetta Terra dei fuochi. Vent'anni fa conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria. Aveva scritto un'informativa rimasta per anni chiusa in un cassetto e ritenuta non degna di approfondimenti, ha continuato il suo impegno depositando, nell'ultimo periodo della sua vita, un'altra informativa. Quest'uomo si chiamava Roberto Mancini, è morto il 30 aprile 2014, ucciso da un cancro. Sarà riconosciuto dal ministero dell'Interno come "vittima del dovere". Un giovane poliziotto cresciuto tra le fila della sinistra extraparlamentare negli anni della contestazione. Manifestazioni, picchetti, scontri di piazza, poi la scelta della divisa, per molti incomprensibile e spiazzante, per Mancini del tutto naturale. Una grande storia di passione, impegno e coraggio. Questo libro la racconta tessendo insieme le testimonianze dei colleghi e della famiglia (la moglie Monika, che ha collaborato alla stesura, la figlia Alessia, che aveva tredici anni quando il papà è morto), i documenti, oltre dieci anni di lavoro alla Criminalpol e la voce stessa di Mancini, che restituisce la sua verità e tutto il senso della sua battaglia umana e professionale. Una storia chiusa per anni nel silenzio e oggi riscoperta, oggetto di una fiction con Giuseppe Fiorello.

Petrolkiller di Gianfranco Bettin, Maurizio Dianese Il 2 novembre 2001 il Tribunale di Venezia ha pronunciato una sentenza di assoluzione per i ventotto imputati del processo sul Petrolchimico di Porto Marghera. Sul banco degli imputati c'erano i grandi gruppi della chimica italiana (Montedison, Enichem) accusati della morte per tumore di 157 operai e di altri 103 casi di malati, che erano addetti alla lavorazione del cloruro di vinile monomero (CVN) e del polivinile di cloruro (PVC) per la produzione di plastiche. Escono sconfitti gli operai e i cittadini che attendevano un verdetto che condannasse la volontaria utilizzazione da parte delle classi dirigenti di sostanze pericolose ed inquinanti. Ma i ricorsi in appello non si faranno attendere perché non si dimentichi un giudizio vergognoso.


Bandiera nera : le navi dei veleni di Andrea Palladino ; prefazione di Massimo Carlotto Una nave avvelenata che riappare sul fondo del Mediterraneo, come un fantasma che riprende corpo. Mappe, coordinate, rotte invisibili, registri navali ritoccati, per nascondere il peggiore traffico del nostro paese. E altre navi, la Zanoobia, la Karin B, la Jolly Rosso usate per riportare in Italia veleni gettati in Africa e in America Latina. Una lista di 140 grandi marche, il gotha della chimica e dell'industria farmaceutica, pronte ad usare broker senza scrupoli per disfarsi delle scorie tossiche e radioattive. Dietro la storia della Cunski, il relitto trovato e poi di nuovo sparito al largo di Cetraro, sulla costa della Calabria, si cela un network di mediatori con complicità ai più alti livelli, che per almeno un decennio ha garantito al sistema industriale europeo uno smaltimento economico - e criminale - dei rifiuti tossici. A distanza di anni il carico delle navi dei veleni inizia a riaffiorare. E le città delle coste calabresi contano - in silenzio - i morti per tumore, avvelenati dal Cesio 137, dai metalli pesanti e da tutte quelle scorie che 'ndrangheta, faccendieri e pezzi dello stato hanno nascosto per anni.

La terra bianca : marmo, chimica e altri disastri di Giulio Milani Mattina del 17 luglio del 1988. Esplode il serbatoio di un pesticida altamente nocivo nello stabilimento Montedison del polo industriale al confine tra Massa e Carrara. La stampa nazionale parla di una 'nuova Seveso'. Venticinque anni più tardi, uno scrittore entra per caso in contatto con un ex operaio e con suo fratello, che all'epoca aveva combattuto per la chiusura della fabbrica. Prende così avvio un'inchiesta molto particolare, scritta in prima persona, fatta di analisi delle fonti, verifica del racconto dei testimoni, momenti di confronto tra generazioni. Una storia esemplare che spiega perché nel nostro paese è considerato normale morire di lavoro; accettabile avvelenare l'aria e l'acqua; razionale distruggere un paesaggio e un territorio dalle potenzialità straordinarie.


Toubab or not toubab di Jean-Claude Derey Hondo, un ragazzino di dodici anni, ha perduto i cammelli che custodiva. Deve ritrovarli, e con loro la possibilità di sposare Yasmine, la figlia del proprietario degli animali. Il destino gli si accanisce contro, in un turbinio di avventure e vicissitudini fra trafficanti di organi, polizia, guerriglieri, spacciatori che allontanano sempre più la possibilità di recuperare i cammelli. Un romanzo tragico e picaresco, incalzante e incisivo che passa in rassegna tutta l'Africa nera, dalla Mauritania alla Costa d'Avorio, dalla Sierra Leone al Ruanda. Ovunque guerra e violenza, sopraffazione e miseria, un destino segnato per i ragazzi africani, bambini invecchiati prima di vivere.

Maggie: una ragazza di strada di Stephen Crane Bella come un fiore, Maggie cresce nel quartiere più sordido e miserabile di New York - il famigerato Bowery. Sua madre è alcolizzata e la ragazza cerca rifugio nell'amore di Pete, l'amico con cui è cresciuta e che sembra offrirle solidarietà. Ma in quel mondo crudele l'amore è un lusso: sopravvivere significa saper essere violenti, e cinici sempre. Di delusione in delusione, mortificata nei valori più essenziali della vita, Maggie finirà con l'incontrare, nel fango in cui è nata e a cui sembra per sempre destinata, l'avvilimento più spietato, la resa definitiva.

L'ultimo arrivato di Marco Balzano In un’epoca non troppo lontana ci si spostava dal Meridione al Nord in cerca di lavoro. E a lasciare case e famiglie non erano solo ragazzi e uomini pronti all’esperienza e alla vita, ma anche bambini, spesso di meno di dieci anni di età, che partivano da soli, senza genitori e fratelli. Questo romanzo è la storia di uno di loro, Ninetto detto Pelleossa, che da bambino abbandona la Sicilia e si reca a Milano. Come racconta lui stesso, “non è che un picciriddu piglia e parte in quattro e quattro otto. Prima mi hanno fatto venire a schifo tutte cose, ho collezionato litigate, digiuni, giornate di nervi, e solo dopo me ne sono andato via. Era la fine del ’59, avevo nove anni e uno a quell’età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi. Ma c’è un limite e quando la miseria ti sembra un cavallone che ti vuole ingoiare è meglio che fai la valigia e fuggi, punto e basta”. Ninetto a Milano scoprirà la vita, e se stesso, come può scoprire le cose un bambino che non capisce più se è “picciriddu” o adulto, e si trova lì nel mezzo, con gli occhi spalancati su un mondo nuovo e sorprendente e il cuore stretto dalla timidezza, dal timore, dall’emozione dell’ignoto.


Dal bambino minaccioso al bambino minacciato : gli abusi sui bambini e la violenza in famiglia : prevenzione, rilevamento e trattamento di Francesco Montecchi Un libro rivolto a chi vuole comprendere la complessa realtà degli abusi all’infanzia e ai professionisti per indicare le strategie di intervento clinico efficace, per prevenire che i bambini abusati diventino adulti psicopatologici, perversi e abusanti. Lotto 25 : chi ha ucciso Annarella Bracci? di Riccardo D'Anna L' infanzia rimossa : dal bambino maltrattato all'adulto distruttivo nel silenzio della società di Alice Miller Cecità, indifferenza, disattenzione rispetto alle esigenze affettive dei bambini sono comportamenti molto diffusi, i cui effetti di lunga durata sono spesso ignorati dai genitori. Attraverso la sua lunga attività terapeutica, Alice Miller ha maturato la convinzione che alla radice di quasi tutti i comportamenti violenti dell'uomo vi siano i traumi e le angoscie derivanti dalle mancate risposte affettive che i genitori hanno inflitto ai bambini. In questo libro l'autrice indaga le forme in cui si attua a le ragioni che determinano la sistematica disattenzione di molti genitori nei confronti dei figli; ci spiega inoltre come si innescano certi meccanismi perversi che trasformano progressivamente la sensazione del bambino di essere rifiutato in comportamenti aggressivi e violenti. Infine indica il cammino terapeutico da seguire affinché s'interrompa la costante rimozione della propria infanzia e possa riemergere in noi il bambino che era stato rifiutato e "rimosso" mediante l'educazione che ci è stata impartita.

"Storie dimenticate, rimosse: ferite sulla pelle di un Paese con tanti morti ammazzati, qualche capro espiatorio ma nessun colpevole. Ovunque si ascoltava la litania del benessere, un canto di sirena, col termometro infilato sotto al braccio: mentre saliva la febbre della disuguaglianza, dentro antichi retaggi della lotta di classe e rivolte imminenti, fino agli anni di Piombo." Il parco intitolato ad Anna Bracci è una spianata desolata, un rettangolo irregolare dove la polvere sembra voler soffocare i ciuffi d'erba, cresciuti qua e là senza una logica. Due file di panchine, una di fronte all'altra, sorvegliano un'altalena. Tutt'intorno muri butterati dal silenzio e dai graffiti, divorati dal sole: Primavalle. Non c'è persona che abiti qui che non conosca il primo grande caso di cronaca nera del secondo dopoguerra. La storia del "mostro di Primavalle" e di Annarella, la bambina gettata in fondo a un pozzo dopo un tentativo di violenza sessuale. Gli anziani del quartiere ne parlano ancora, abbassando la voce e togliendosi il cappello in segno di rispetto e scuotendo il capo, lentamente, perché dal 1950 ad oggi il caso è ancora sostanzialmente irrisolto, perché dal 1950 ad oggi Annarella non ha ancora conosciuto pace e giustizia.


Bambini vittime : violenze, abusi, dimenticanze, lavoro infantile, a cura di Ludovica Costantino Il libro indaga sulla violenza in danno di infanti e di bambini: un dramma antico come il mondo, al quale continuiamo ad assistere anche nelle società cosiddette evolute e che sovente recepiamo come in-comprensibile oppure in-credibile. Violenza come quella sottile che diventa manifesta all’improvviso, svelando una realtà psichica patologica che permette a un padre di famiglia, ineccepibile nel comportamento e nello stile di vita, di dimenticare in auto il proprio bimbo e causarne la morte. O come quella, innaturale, di una madre omicida. Dire che siamo di fronte a una malattia, di fronte all’ab-norme, ci costringe dunque a cercare una ‘cura’ che sia anche speranza di cambiamento: sperare in un mondo in cui l’infanzia non venga più attaccata e oppressa dalla malattia degli adulti.

In nome di mia sorella : l'orrore della pedofilia: una testimone racconta di Nabela Benaissa Nabela, 18 anni, sorella di Loubna, la piccola marocchina di nove anni violentata e uccisa in Belgio nel 1992 e ritrovata solo nel marzo 1997, racconta l'atroce vicenda vissuta dalla sua famiglia e l'incubo che ha sconvolto un'intera nazione. Loubna scompare un tranquillo mercoledì d'agosto, in pieno giorno, in un quartiere di Bruxelles. Benché molti dettagli indirizzino subito gli inquirenti verso il colpevole, l'inchiesta segna il passo e l'alibi dell'indiziato non viene messo in dubbio. Passano cinque anni e soltanto la tenacia di Nabela unita all'indignazione di tutto il Belgio consente di venire a capo della tragedia e di catturare l'omicida.

Viaggio nel silenzio di Vania Lucia Gaito Aiutiamo la Chiesa a eliminare questa terribile macchia. Non sono casi isolati, lo scandalo dei preti pedofili non riguarda solo gli Stati Uniti (5000 casi!). Sono migliaia in tutto il mondo, e molti in Italia. Un fenomeno taciuto per anni. E coperto dal Vaticano, pronto a solidarizzare anche con chi è stato condannato dalla giustizia. O, se proprio costretto, a risarcire la vittima comprandone il silenzio. Tu non parlare con nessuno: la Chiesa sembra offrire solo la promessa del perdono alle vittime e ai colpevoli, tutti allo stesso modo peccatori. Pesano molto l'elogio di Giovanni Paolo II al fondatore dei Legionari di Cristo, ritenuto colpevole di decine di abusi, i casi di don Cantini e don Gelmini, quest'ultimo tanto amico di illustri personaggi (Berlusconi, Gasparri, Fini). Adesso qualcosa sta cambiando. Questo libro raccoglie le voci di chi ha avuto il coraggio di denunciare e ribellarsi, raccontando anche che cos'è oggi la vita di un prete. Ci aspettiamo dalla Chiesa un gesto forte che la renda credibile agli occhi del mondo come ispiratrice di giustizia e verità.


Una morte sola non basta di Daniela Alibrandi

Mea maxima culpa : silenzio nella casa di Dio : documenti segreti e testimonianze in un'inchiesta shock sulla pedofilia nella Chiesa cattolica IL FILM: diretto dal Premio Oscar Alex Gibney, il film documenta alcuni dei più scioccanti casi di pedofilia che hanno coinvolto la Chiesa cattolica negli ultimi anni, partendo dalla testimonianza di quattro uomini sordi che, negli Stati Uniti, furono vittime degli abusi del direttore della loro scuola, padre Lawrence Murphy, e che solo da adulti hanno trovato la forza di denunciare l’accaduto. L’indagine su Murphy, accusato di abusi su oltre duecento studenti, ha portato alla luce le responsabilità del Vaticano, fino a coinvolgere la Curia Romana e lo stesso Benedetto XVI. Intrecciando i “fatti di Milwaukee” con analoghi episodi accaduti in Irlanda e in Italia, le interviste e i documenti inediti raccolti nel film compongono una sconvolgente requisitoria contro l’omertà nella Chiesa cattolica. IL LIBRO: Libera nos a malo a cura di Emilia Bandel. Materiali e approfondimenti su Mea Maxima Culpa con un’intervista al regista e produttore Alex Gibney. Chiesa e pedofilia: una ricostruzione degli anni recenti di Marco Politi. Una riflessione sul rapporto tra abusi sessuali e clericalismo del reverendo Thomas P. Doyle. Una storia italiana: il caso Provolo.

Un libro in cui narrativa, sociologia e storia si legano. L’autrice ci accompagna nelle complesse trame delle vite di Michela e Ilaria. Storie difficili, raccontate senza tralasciare i particolari. Ad entrambe le ragazze sono state tolte le gioie dell’infanzia e dell’adolescenza. Il contesto storico è quello che va dagli anni cinquanta ai settanta. Vent’anni in cui si succedono le speranze del boom economico e le disillusioni di un’emancipazione solo di facciata. A far da cornice al romanzo, Roma. Ilaria e Michela. Prima bambine oltraggiate nella loro purezza, poi adolescenti che riversano i propri traumi in comportamenti ambigui e misteriosi. Distrutte non dai propri genitori, ma dai parenti stretti: violenze domestiche e psicologiche, momenti raccontati con nitidezza come se l’autrice volesse distruggere in noi l’idea che in quegli anni tutto fosse casto, puro, eticamente perfetto. Il male invece è presente in ogni tempo. Cambiano le condizioni, gli accidenti, ma agisce sempre secondo le stesse modalità e anche le conseguenze sono le medesime. Gli unici elementi cangianti sono le contraddizioni e in quel periodo l’Italia ne stava vivendo parecchie. L’emancipazione della donna, il cambio repentino dei costumi, la fine del mondo rurale e l’inizio del consumismo. La lotta di classe, il divorzio, la società dello spettacolo, i traumi della guerra, la povertà che lasciava spazio all’abbondanza. La stoltezza di un’Italia poco coesa e di una politica che ancora non era riuscita a fare gli italiani. In tutto questo trambusto si annida il male, gli orchi escono dalle fiabe e diventano umani. Maschi o femmine, non importa il loro sesso, essi si alimentano di contraddizioni.


Prima di ucciderla : romanzo di Elizabeth George Un delitto inspiegabile si è compiuto nell'elegante quartiere di Belgravia a Londra: l'amata moglie dell'ispettore Lynley di New Scotland Yard è stata uccisa da un colpo di pistola sui gradini di casa. Le telecamere a circuito chiuso incastrano due ragazzi neri, uno dei quali minorenne. Il movente, però, rimane sconosciuto. Un evento scioccante, di una violenza apparentemente insensata, dietro il quale si cela invece una storia più appassionante e imprevedibile. Per ritrovarne il filo bisogna addentrarsi in un altro quartiere londinese, nella zona popolare e multirazziale di North Kensington, dove tre giovani fratelli disadattati, orfani di padre e con la madre rinchiusa in un ospedale psichiatrico, sono stati affidati alle cure di una zia. Ness, la sorella maggiore, è un'adolescente con un passato di soprusi e violenze che cerca di nascondere dietro atteggiamenti ribelli e trasgressivi. Toby, sette anni, è un bambino problematico che vive in un mondo tutto suo e ha difficoltà di apprendimento. Fra loro c'è Joel, undici anni all'inizio della storia, il quale cerca di affrontare come può le esigenze e le difficoltà dei diversi componenti della famiglia, le richieste degli adulti e le sfide di coetanei ben poco rassicuranti: spacciatori, delinquenti, bulli e ragazze disincantate. Ma a poco a poco i già fragili equilibri familiari si spezzano, e Joel forgia un patto pericoloso, destinato a mettere in moto una macchina criminale devastante.

L' ospite inquietante : il nichilismo e i giovani di Umberto Galimberti Il nichilismo, la negazione di ogni valore, è anche quello che Nietzsche chiama il più inquietante fra tutti gli ospiti. Si è nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l'età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l'età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell'esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non lavorano più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un noi motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai riti della crudeltà o della violenza (gli stadi, le corse in moto). C'è una via d'uscita? Si può mettere alla porta l'ospite inquietante?


Il male che si deve raccontare : per cancellare la violenza domestica di Simonetta Agnello Hornby

La parte oscura di noi stessi : una storia dei perversi di Elisabeth Roudinesco Dove comincia la perversione e chi sono i perversi? Il libro risponde a questa domanda combinando l'analisi della nozione di perversione con i ritratti delle figure più emblematiche dei perversi dall'età medievale ai nostri giorni. Nel corso di questa finora sconosciuta storia delle idee e dei comportamenti il lettore si imbatterà quindi in personaggi noti e in alcuni insospettabili: da Gilles de Rais - compagno d'armi di Giovanna d'Arco - il più grande pervertito criminale del Medioevo ai flagellanti; da alcune sante e mistiche famose come Caterina da Siena e Margherita Maria Alacoque al marchese de Sade; da Rudolf Hòss, moralista e massacratore di ebrei, al medico Josef Mengele, stupratore di bambini, esibizionista, voyeur e autore di macabri esperimenti sui prigionieri dei lager nazisti.

Con un programma semplice ed efficace – che ha coinvolto le donne potenzialmente esposte a violenza e le aziende in cui lavorano –, la Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence (Edv) creata da Patricia Scotland ha contribuito a contenere sensibilmente il fenomeno della violenza domestica in Inghilterra. Questo piccolo libro ha lo specifico obiettivo di creare una Edv italiana per applicarne il metodo nel nostro paese. Simonetta Agnello Hornby ha scritto racconti che, attraverso vicende affioranti dalla sua memoria e ancor più attraverso casi affrontati in veste di avvocato, danno una vividissima e articolata rappresentazione del segreto che a volte si nasconde dentro le pareti domestiche. Con la sapienza narrativa che le è propria, evoca l’esibizione del teatro della violenza in Sicilia, i silenzi comprati da un marito abusante, il dolore dei figli abusati, la complicità fra vittima e carnefice. Marina Calloni, docente alla Bicocca, traduce la consapevolezza secondo la quale viviamo in città in cui “si uccidono le donne” in una visione sintetica e in una stringente serie di dati. Il male che si deve raccontare è insieme un atto di denuncia – il male che si deve strappare al silenzio – e uno strumento a disposizione delle associazioni che, anche in Italia, lottano da tempo contro questa violenza, offrendo aiuto, mezzi e protezione alle vittime. I proventi di questo libro contribuiscono alla creazione della sezione italiana di Edv e alle attività che, attraverso la Fondazione, hanno come obiettivo l’eliminazione della violenza domestica.


Nessuna più : quaranta scrittori contro il femminicidio Ogni anno oltre cento donne vengono uccise in Italia da uomini che conoscevano o con cui, nella maggioranza dei casi, avevano avuto una relazione affettiva. Il numero delle vittime aumenta in maniera allarmante, a riprova che il femminicidio non è solo un atto empio e feroce ma anche il frutto di una cultura del disprezzo nei confronti della femminilità, di una modalità distorta di vivere i rapporti umani, di una visione dell'amore come smania brutale di possesso. Davanti a un fenomeno tanto odioso, è difficile, se non impossibile, restare semplicemente a guardare. Quaranta autori italiani hanno reagito con le armi della scrittura, donando il proprio racconto per realizzare questa antologia.

Uomini che maltrattano le donne di Lundy Bancroft Perché tanti uomini sono convinti che sia normale e legittimo maltrattare mogli, compagne e fidanzate? Quali sono i meccanismi che mettono in atto per far sentire le donne stesse responsabili delle violenze subite? Uomini che maltrattano le donne è dedicato a tutte coloro che si trovano coinvolte in una storia di violenza fisica o psicologica, insegnando loro a riconoscerne le dinamiche e a trovare una via d’uscita.

Se questi sono gli uomini di Riccardo Iacona Quello che state per leggere è l'incredibile racconto di una tragedia nazionale, che macina lutti e sparge dolore come una vera e propria macchina da guerra. Una guerra che prima di finire sui giornali nasce nelle case, dentro le famiglie, nel posto che dovrebbe essere il più sicuro e il più protetto e invece diventa improvvisamente il più pericoloso. Solo a metà del 2012 sono più di 80 le donne uccise in Italia dai loro compagni. 137 nel 2011. Una ogni tre giorni. Riccardo lacona ha attraversato il paese inseguendo le storie dei tanti maltrattamenti e dei femminicidi. Finalmente la voce di chi subisce violenza possiamo ascoltarla, insieme alle parole degli uomini, quelli che sono stati denunciati: "Avevo paura di perderla. Gliele ho date così forte che è volata giù dal letto...". "Qual è allora l'Italia vera, quella dove l'amore è una scelta e le donne sono libere, o quella delle tante case prigione in cui siamo entrati?... Questa è una storia che ci riguarda da vicino, perché ci dice come siamo nel profondo" scrive lacona. È un fenomeno che non si può catalogare tra i fatti borderline. Sono decine i casi di violenza silenziosa e quotidiana che si consumano nelle nostre case. "La sera, appena sentivamo il rumore della macchina di lui, io e i bambini entravamo in agitazione; dicevo loro: 'Mettetevi subito davanti alla tv'." Così la vita diventa un inferno, se questi sono gli uomini.


L'ho uccisa perchè l'amavo (falso!) di Loredana Lipperini e Michela Murgia Li chiamano delitti passionali, raptus, incidenti. Chi li ha compiuti racconta che ha perso la testa, che è stato un attimo, che amava la donna che ha ucciso. Non è vero. Il numero di donne uccise dagli uomini ogni anno in questo paese parla chiaro: per quanto si cerchi ancora di rubricarli come casi singoli di follia circoscritta, i femminicidi appaiono sempre più chiaramente come un fenomeno culturale. In questo processo di minimizzazione le parole che usiamo per raccontare gli uomini, le donne e le loro relazioni hanno un peso enorme e ancora troppo poco considerato da chi pratica la parola pubblica e ha la responsabilità di renderne conto. Così negli ultimi anni è accaduto che si siano mobilitate associazioni contro la pubblicità sessista, che le donne si siano organizzate anche in piazza per chiedere maggiore rispetto dalle istituzioni e che si sia alzata la voce per pretendere maggiori investimenti verso i centri di accoglienza e supporto contro la violenza. Ma in questo moto evidente di sensibilizzazione è accaduto anche che i professionisti della parola – giornalisti e giornaliste, professionisti televisivi e opinionisti a tutti i livelli mediatici – poche volte abbiano sentito altrettanto forte il desiderio di riflettere sul linguaggio che racconta la relazione tra i sessi e sulle sue conseguenze. Questo libro vuole smontare i luoghi comuni più pervicaci a proposito del femminicidio. Partire dalle parole per rileggere e decostruire l’immaginario. Perché le parole cambino e magari cambino, soprattutto, i fatti.

Non volevo vedere di Avalon (Fernanda Flamigni), Tiziano Storai Trieste, marzo 1989. Due giovani universitari si incontrano durante l’occupazione della facoltà. Si innamorano, si fidanzano, si sposano… ma lui si rivela autoritario, instabile e dedito alla droga. Un rapporto progressivamente sempre più difficile e claustrofobico, stretto fra l’ostinata convinzione di poter cambiare il destino ed un crescendo di menzogne, minacce e violenza, fino al tragico epilogo. Tratto dalla vicenda autobiografica di uno degli autori, il libro si presenta come una testimonianza «autentica» del distorsivo rapporto uomo/donna che, con agghiacciante frequenza ai giorni nostri, trova sbocco nel dramma del «femminicidio».

Ad occhi chiusi di Gianrico Carofiglio Nelle giornate dell'avvocato Guerrieri, ogni tanto - ma sempre troppo spesso per il bene della sua carriera -, piomba una pratica, di quelle che non portano né soldi né gloria, ma solo nuovi nemici. Lui non riesce a rifiutarla, una specie di molla gli scatta dentro. La nuova pratica di Ad occhi chiusi gli prospetta una giovane donna vittima di maltrattamenti che ha avuto il coraggio di denunciare l'ex compagno suo persecutore: nessun avvocato vuol rappresentarla per timore delle persone potenti implicate. …


Ms Kalashnikov di Wu Ming 5 e Francesca Tosarelli

Ossa nel Rodriguez

deserto

di

Sergio

Gonzalez

Il delitto seriale perfetto, ci rivela questo libro, è possibile. Basta scegliere una città in cui violentare, torturare e uccidere donne – preferibilmente giovani, e immigrate dalle miserabili campagne circostanti – è consentito. Quindi occorre assicurarsi la complicità della polizia, che si occuperà di dirottare sistematicamente le indagini su alcuni presunti psicopatici. E infine bisogna muovere tutti i pezzi della scacchiera in modo tale che il governo non interferisca e le multinazionali per cui le vittime nella maggior parte dei casi lavorano non facciano domande. È possibile che una storia così concepita risulti troppo oliata e impeccabile per essere una finzione. E infatti è vera, fin nei minimi, e raccapriccianti, particolari. Ha avuto inizio più di dieci anni fa a Ciudad Juárez, nello Stato messicano del Chihuahua, e prosegue a un ritmo orrendo e implacabile. I giornali e le televisioni di tutto il mondo cercano da tempo di raccontarla, ma la prima ricostruzione attendibile, costata anni di indagini e innumerevoli rischi personali, è quella fornita dalla drammatica inchiesta di Sergio González Rodríguez, dove cifre, documenti e testimonianze di prima mano tracciano i contorni fin qui inimmaginabili di un orrore tuttora senza nome, ma da cui è impossibile distogliere lo sguardo.

Un libro sulle donne, per una volta non vittime ma combattenti, che hanno scelto un percorso di resistenza e non hanno smesso di vivere e di sognare. Una narrazione serrata, che concede molto poco alla fiction e che respira con il reale, con l’esperienza vissuta, toccata, percepita. "Ms Kalashnikov" è il racconto tutto in presa diretta di una giovane fotografa di guerra che esce dalla comfort zone del quotidiano e porta il suo corpo sul campo, in diversi angoli del pianeta, per ascoltare e darci la possibilità di ascoltare le voci di altre donne. Da Capo Verde al confine tra Libano e Siria, alla Repubblica democratica del Congo, il viaggio di F. finisce in un continente depredato prima dal colonialismo e ora dalla globalizzazione, nelle zone devastate dalla violenza della lotta civile o della guerriglia, nei luoghi del mondo che sfruttiamo ogni giorno mentre viviamo le nostre comodità mai in discussione. F. vuole vedere e scoprire con i suoi occhi un mondo altro, senza più tutti i filtri di una cultura dominante. Lo fa accompagnando in mare i pescatori capoverdiani che non hanno più niente a pescare; lo fa improvvisando passi di batuque con le raccoglitrici di sabbia dell’isola costrette, per sopravvivere, a devastare le spiagge ormai ridotte a ciottoli; lo fa incontrando le combattenti congolesi del gruppo ribelle Mai Mai Shetani. Storie toccanti, di donne che amano, sognano, ballano, si truccano, e al tempo stesso si ribellano, lottano, uccidono. (finalmente!)

BUONA LETTURA p.bernardini@comune.pisa.it


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