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Alessandro Finozzi alla Sala d’Arte Rossoni

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Finozzi alla Sala d’Arte Rossoni

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I confini sono fiumi sui quali è possibile sempre gettare ponti, ci dice che i confini non sono barriere, sono occasioni per incontrare, dialogare, condividere

Dal 5 al 19 settembre presso la Sala d’Arte Rossoni, all’interno del Palazzo Hierschel, in Corso Italia 9 presso la Galleria Rossoni, il nostro socio Alessandro Finozzi ha nuovamente esposto le opere a Trieste.

Architetto per professione, pittore per vocazione. Alessandro Finozzi, discendente di famiglie triestine ed istriane, esercita a Milano la professione di architetto e alla Sala d’Arte Rossoni presenta invece una sintesi recente della sua espressività creativa che coniuga virtuosismo realizzativo e intensità di pensiero.

Riportiamo di seguito la presentazione che Franco Rosso ha fatto dell’artista.

Partiamo dall’esecuzione. Finozzi raccoglie sul Carso e in Istria terre e pietre, le lava e le seleziona, le polverizza a mortaio setacciandole fino a ridurle in pigmenti per poi comporre con essi su fondi di gesso delle composizioni astratto-informali. I pigmenti vengono assorbiti dal supporto come negli affreschi, uniformandosi in una superficie muraria, mentre i colori sovrapposti, una volta asciutti, dispiegano una sorprendente magia alchemica carsica. I quadri esposti testimoniano anche una evoluzione espressiva in corso: oltrepassata una certa impostazione disegnistica, Finozzi accosta liberamente le terre che così si inseguono sovrapponendosi, creando nuove cromie e nuove profondità. Non solo: l’artista utilizza negli ultimi lavori il pastello a cera che realizza personalmente mescolando la cera di arnie di Visogliano con polvere di carbone da lui stesso raccolto. Questo gli consente di integrare colori e segno grafico , generando una sorta di mappe immaginarie simili a carte geografiche. Ma la tecnica diventa pensiero: anzi, in Finozzi convivono felicemente e l’una invera l’altro e viceversa. La sovrapposizione delle terre usate come pigmento realizza contaminazioni impreviste che diventano la metafora del superamento del concetto del limite e del confine, oltre che la visualizzazione plastica di nuovi orizzonti e spazi da condividere.

Ma le terre-pigmento di Finozzi sono le autentiche terre carsiche e istriane, sono storie di ferite e di lacerazioni drammatiche: l’artista assemblandole le fa convivere, e in ogni suo quadro da vita ad un territorio condiviso pacificamente, nel quale ogni identità si manifesta e vive senza prevaricazioni. In questa dualità dell’espressività di Finozzi (tecnica e pensiero) c’è la dimostrazione del suo essere artista autenticamente contemporaneo, perché attraverso virtuosismo realizzativo e creatività non rincorre l’estetismo fine a se stesso ma comunica un messaggio che è -insieme- sociale, etico e storico.

Ci dice che i confini sono fiumi sui quali è possibile sempre gettare ponti, ci dice che i confini non sono barriere, sono occasioni per incontrare, dialogare, condividere.

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