U N I V E R S I T A ’
D E G L I
S T U D I
C O R S O D I L A U R E A I N A R C H I T E T T U R A
R P E D
D I
F E R R A R A
M A G I S T R A L E
I Q U A L I F I C A Z I O N E D E I A R A B O L O I D I N E L L ' A R E A X A G R I M O N T C O M P L E S S I I P O R T O M A R G H E R A
Relatore
Prof. Emanuele Piaia Secondo Relatore
Prof. Giacomo Bizzarri Correlatori
Prof. Roberto Di Giulio Prof. Ettore Muneratti
Laureande
Eva Azzalin Sofia Dall’Aglio
Anno Accademico 2015/2016
Il progetto descritto in questa Tesi nell’area Ex Agrimont Complessi di Porto Marghera comprende un masterplan preliminare che interessa l’intero lotto, un progetto definitivo a scala architettonica ed un progetto esecutivo del Paraboloide oggetto di studio. Si tratta di un’area di interesse grazie ai nuovi complessi che si stanno via via formando nell’intorno: il campus scientifico dell’Università di Venezia, il parco scientifico tecnologico Vega e il padiglione Expo Venice, inaugurato nel 2015, stanno promuovendo tale comparto di Porto Marghera. Si stanno considerando anche opere di collegamento infrastrutturale che possano capillarizzare l’ingresso alla cosiddetta Zona Industriale Nord. In tale zona molti sono i capannoni dismessi e degradati, anche se non mancano realtà produttive consolidate come Fincantieri. Gli scenari sono diversi e molteplici e gli spunti per un progetto sono stati le nuove dinamiche di utilizzo della zona, la necessità di sostituire alcuni edifici o di sfruttarne alcuni ancora utilizzabili. Uno dei profili più riconoscibili di via delle Industrie è quella appunto dell’area Ex Agrimont Complessi, dove si sono prodotti fertilizzanti dagli anni ’20 fino al 1993, anno della sua chiusura definitiva. La struttura dei Paraboloidi è ciò che rimane degli edifici dalla copertura a volta parabolica, che con la loro sezione si prestavano ad adattarsi alla disposizione naturale dei cumuli di prodotto immagazzinato al loro interno. Nell’area di Tesi ci sono due Paraboloidi in discrete condizioni, uno sul fronte strada contrapposto al Vega e l’altro invece più arretrato. Il Paraboloide più grande è stato ripensato come Museo delle Imbarcazioni dove la nuova utenza, che si presta a frequentare l’area, possa trovare un luogo evoluto dal punto di vista tecnologico ma che rievochi tutta la tradizione lagunare delle imbarcazioni in legno. L’ambiente di interconnessione Vega - Expo Venice - Ex Complessi punta ad un’innovazione non più a sfondo industriale ma bensì culturale ed aggregativo.
I N D I C E
P A S S A T O MARGHERA _ 1836 – 1900, COLLEGAMENTI _ 1900 – 1916, PRIMA INDUSTRIA VENEZIANA _ 1917 – 1921, NASCITA E COSTRUZIONE _ 1922 – 1945, SECONDA GUERRA MONDIALE _ 1946 – 1970, SECONDO DOPOGUERRA _ 1971 – OGGI, CRISI E RICONVERSIONE
20 22 24 26 30 32
PORTO INDUSTRIALE _ STRUTTURA DELL’AREA _ PRIMA ZONA NORD _ PRIMA ZONA OVEST _ PORTO PETROLI _ SECONDA ZONA _ TERZ A ZONA
38 40 42 44 46 48
AREA COMPLESSI _ 1924 – 1993, STORIA
52
PARABOLOIDI _ CEMENTO ARMATO _ EVOLUZIONE _ CARATTERISTICHE _ CL ASSIFICA ZIONE _ PRODOTTI E PROCESSI
64 66 70 74 80
P R E S E N T E MARGHERA _ INTERESSE STRATEGICO _ MARGHERA OGGI _ SITI D’INTERESSE NA ZIONALE _ SITI D’INTERESSE REGIONALE
92 94 96 98
_ SIN DI PORTO MARGHERA
100
INQUINAMENTO _ ACQUA _ SUOLO
110 112
_ ARIA
114
BONIFICHE _ STATO DI FATTO _ CONTERMINA ZIONI _ TEMPI E TECNOLOGIE _ INVESTIMENTI
120 122 124 128
_ PRIMA AREA NORD
130
ANALISI URBANA _ IN RINNOVO _ IN DEGRADO _ ANALISI COSTRUITO _ ANALISI ACQUA E VERDE _ PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO
136 138 140 144 148
AREA COMPLESSI _ PAL A ZZINA DI DIREZIONE _ OFFICINE _ CAPANNONE AD ARCONI PICCOLO _ CAPANNONE A FALDE _ CAPANNONE AD ARCONI GRANDE _ SILO “L A CATTEDRALE” _ SILOS _ EDIFICIO EX SOLFORICO
158 160 162 164 166 168 170 172
F U T U R O AREA COMPLESSI _ UTENZE _ RICONNETTERE _ RIORGANIZZ ARE _ RICONVERTIRE _ MASTERPL AN _ PROFILI _ AREA 1 _ AREA 2 _ EDIFICI
178 182 184 186 190 196 202 203 204
MUSEO _ IMBARCA ZIONI _ SPA ZI _ VOLUMI _ ARCHITETTONICO _ INSTALL A ZIONI
214 216 218 224 236
TECNOLOGIA _ SRUDIO SOL ARE _ STRUTTURA _ MATERIALI _ DETTAGLI
ENERGIA _ VERITAS _ COGENERA ZIONE _ TRIGENERA ZIONE
250 256 258 264
276 278 282
_ IMPIANTO A PANNELLI RADIANTI _ CENTRALE A BIOMASSE _ SHORT ROTATION FORESTRY _ ORC _ TURBODEN _ CALCOLI ENERGETICI _ ZONE RISCALDATE _ ZONE FILTRO
284 286 290 292 296 300 304 305
TAVOLE _ PORTO MARGHERA _ ANALISI URBANA _ STATO DI FATTO _ STRATEGIA _ MASTERPL AN _ MASTERPL AN _ CONCEPT _ MUSEO _ MUSEO _ MUSEO _ MATERIALI _ MATERIALI _ RENDER _ ENERGIA
314 316 318 320 322 324 326 328 330 332 334 336 338 340
P A S S A T O
M A R G H E R A
18 36-190 0
C O L L E G A M E N T I
A.N.A.S. Venezia - Ponte della LibertĂ visto dallo scalo merci Comune di venezia. Archivio della Comunicazione. Foto Reale Fotografia Giacomelli (per gentile concessione)
Lo sviluppo di Porto Marghera è un percorso tortuoso, articolato e pieno di contraddizioni, che affonda radici lontane nel secolo scorso e lungo tutto l’arco dell’Ottocento. Il processo iniziò con la costruzione del ponte ferroviario, il primo collegamento fisico tra Venezia e la terraferma, e della ferrovia Milano - Venezia (18361857). Già dal 1846 Venezia era quindi raggiungibile col treno: l’11 gennaio di quell’anno venne inaugurato il ponte translagunare, lungo 3’600 m, con il proposito di allacciare la città alla terraferma. L’arrivo della ferrovia determinò per riflesso una sconvolgente trasformazione dell’assetto economico della città, trasformazione che si concretizzò in un cambiamento d’indirizzo all’interno dei settori produttivi veneziani. Venne infatti reso possibile un rapido collegamento tra il suo porto ed il centro della manifattura industriale italiana, situato nel cuore della pianura padana. Tuttavia la città necessitava sia di un approdo per le materie prime, che prendevano la via dell’Adriatico, sia di un luogo dove i materiali poveri ed ingombranti potessero subire una prima trasformazione attraverso il lavoro di un’abbondante manodopera poco qualificata e a basso costo. La nuova Stazione Marittima, creata nel 1880 a Santa Marta - collegata alla ferrovia e dotata di moderne banchine e moli artificiali - era riuscita a rispondere, solo temporaneamente, al traffico delle merci che si estendeva oltre al Veneto anche al Trentino, all’Emilia, alla Lombardia. La città di Venezia in particolare si era consolidata nel settore del vetro, della cantieristica, della lavorazione del tabacco e del cotone arrivando a contare più di cento insediamenti produttivi con almeno una decina di occupati ciascuno (l’Arsenale, la Manifattura Tabacchi, il Cotonificio veneziano).
P O R T O I N D U S T R I A L E
S T R U T T U R A D E L L ’ A R E A
Po rt o petrol i Pr ima zona n or d Pr ima zona o vest Second a zona Terz a zona
P R I M A Z O N A O V E S T
Nell’insula Ovest circondata dai canali industriali, oltre al porto si insediarono importanti stabilimenti quali l’Emporio Sali e Tabacchi, la Società cantieri navali e acciaierie di Venezia del gruppo Volpi poi assorbita da Ilva, la Società anonima per la lavorazione delle Leghe leggere, la Vetrocoke A zotati che utilizzava i gas della cokeria per la produzione di fertilizzanti a base di azoto di proprietà prima della famiglia Agnelli passata poi sotto controllo Montedison. A partire dagli anni ‘20, nell’area tra via Fratelli Bandiera e il Cavalcavia di Mestre, si stabilirono invece impianti industriali di modeste dimensioni. Quest’area pertanto si caratterizzò per un’estrema eterogeneità di produzioni e di impianti medio-piccoli: officine meccaniche ed elettriche, impianti per materiali edili, cementifici, industrie alimentari (Chiari e Forti, Riseria Italiana oggi Grandi Molini), le Officine Fratelli Berengo, la Galileo per la produzione di strumenti ottici di precisione, il Feltrificio veneto, il saponificio Vidal. Nella porzione meridionale dell’area ovest, prospiciente il Petrolchimico, si installò la parte più importante del porto industriale: la S.A.D.E., centrale termoelettrica di Giuseppe Volpi costruita nel 1926, la Società elettrometallurgica San Marco per la produzione di ghisa e silicio e, soprattutto la Società allumina veneta anonima (Sava) di proprietà di un gruppo di industriali veneti associati alla svizzera Alusuisse, forse uno dei maggiori insediamenti del porto industriale, chiuso negli anni ’90.
Porto Marghera, Vego, sacchi di concimi complessi Comune di venezia. Archivio della Comunicazione. Foto Reale Fotografia Giacomelli (per gentile concessione)
A R E A C O M P L E S S I
1924-19 93
S T O R I A
La Società Veneta Fertilizzanti e Prodotti Chimici, emanazione della Montecatini, industria mineraria italiana, decise di sviluppare delle produzioni a valle utilizzando i minerali estratti. Nel 1924 inaugurò quindi un grandioso stabilimento di perfosfato minerale e acido solforico nella prima zona nord del nascente polo industriale di Porto Marghera. La fabbrica copriva da sola circa il 10% della produzione di fertilizzanti fosfatici della Montecatini, che in questo settore gestiva, nel 1930, oltre ottanta stabilimenti. Dopo il 1960 lo stabilimento venne radicalmente trasformato: la Montecatini destinò infatti gran parte delle nuove produzioni di fertilizzanti complessi bilanciati proprio a Porto Marghera. Dell’insediamento iniziale venne risparmiata solo la vecchia palazzina della direzione, mentre fervevano i lavori per la costruzione dei nuovi impianti e soprattutto dei nuovi magazzini a copertura parabolica. Il primo sorse nel 1962 lungo via delle Industrie: si tratta di un paraboloide a copertura continua con tamponamenti in pannelli ondulati di fibrocemento, lungo 123 metri e ampio 37,5 metri, con 21 archi elevati in chiave fino a 17 metri. La novità, rispetto a quanto costruito fino a quel momento, si ritrovava chiaramente nella prefabbricazione dei moduli che andavano a formare l’arco parabolico, tecnica successivamente utilizzata in tutte le grandi realizzazioni Montecatini (e poi Montedison) relative al settore dei fertilizzanti complessi. Un secondo, più imponente, silos parabolico sorse vicino al fabbricato a travi e pilastri degli anni Quaranta, nel 1967 in sostituzione di uno dei vecchi magazzini a capriate degli anni Venti. Con una base di 143,5 metri di lunghezza per 53 di ampiezza e un’elevazione dell’arco fino a 26,5 metri, rappresentò, all’epoca di costruzione, il più grande paraboloide
italiano, record battuto solo dieci anni dopo. Anche quest’ultimo, naturalmente, presentava copertura continua con strutture prefabbricate e tamponamenti in pannelli ondulati. Si deve ricordare che nel periodo di attività reparti, magazzini, stoccaggi e stazioni erano collegati da un sistema di gallerie in quota entro le quali venivano spostati i prodotti solidi mediante nastri mobili.
P A R A B O L O I D I
La tipologia di industrie presenti a Marghera, nonchÊ l’imponente concentrazione di impianti e stabilimenti, favorisce la realizzazione di numerosi silos parabolici. Nel decennio compreso tra il 1960 e il 1970 nell’area portuale-industriale se ne erigono ben 12, alcuni di dimensioni veramente notevoli. Gran parte di questi manufatti rientrano nella tipologia del paraboloide a copertura continua, ampiamente sviluppata e diffusa dopo il 1960 anche in altri contesti chimici e petrolchimici. A Marghera, in particolare, si sperimenta con successo la costruzione di paraboloidi in moduli prefabbricati, che consente di raggiungere dimensioni dell’arco (ampiezza ed elevazione) difficilmente immaginabili anche solo qualche anno prima.
C E M E N T O A R M A T O
A partire dai primi anni del Novecento in Italia, l’uso del cemento armato permise di realizzare non solo manufatti industriali sempre più imponenti, funzionali e geometricamente perfetti, ma anche di sperimentare soluzioni ambiziose in cui l’architettura, insieme all’ingegneria, potesse rinnovare la propria natura artistico-espressiva. Fu proprio in questo scenario che prese av vio il fenomeno dei magazzini, o padiglioni, con copertura a volta parabolica, denominati all’epoca “hangar parabolici in cemento armato”, “silos parabolici” o più brevemente, in modo non corretto ma ormai comune all’uso, “paraboloidi”.
“L’elemento strutturale più indicato per i manufatti in cemento armato è però sempre l’arco, sia perché più conveniente e più adatto alla natura ed al comportamento elastico del materiale, sia perché e anche l’elemento strutturale che meglio si presta per realizzare un effetto estetico soddisfacente” (Ing. Luigi Santarella, L’architettura nei ponti italiani in cemento armato, in “Annali dei Lavori Pubblici”, aprile 1930) Con l’av vento del cemento armato divenne possibile la realizzazione di coperture di dimensioni considerevoli senza appoggi intermedi sfruttando le proprietà del nuovo materiale, che si prestava flessibilmente, economicamente e durevolmente alle applicazioni più disparate: hangar, teatri, piscine, edifici religiosi e molto altro. Questi magazzini, oggi diffusi in ogni angolo della Penisola, vennero costruiti tra gli anni ‘20 e gli anni ‘70 del XX secolo, cioè nel periodo di massimo sviluppo industriale dell’Italia, fatta eccezione per gli anni di guerra. Soprav vissuti alle vicissitudini aziendali e alla dismissione industriale, gli 85 silos parabolici attualmente esistenti rappresentano un patrimonio culturale di straordinaria importanza. L’equilibrio tra estetica e funzionalismo che caratterizza questi manufatti venne riconosciuto già durante la loro epoca da numerosi esperti internazionali. Proprio per questo numerosi paesi europei importarono i paraboloidi italiani, sfruttandone l’idea in svariati impianti industriali. “Le grandi costruzioni in cemento armato per fabbricati, edifici industriali, manufatti ecc. partecipano, da una parte della maestosità e dell’imponenza delle costruzioni in muratura ed in pietra da taglio, e dall’altra della snellezza delle ardite strutture in ferro” (ibid.).
P R E S E N T E
M A R G H E R A
Il contesto territoriale di riferimento è costituito dalla laguna di Venezia, sito di particolare rilievo nazionale e internazionale anche in virtù della sovrapposizione tra attività produttive a grande impatto ambientale e caratteristiche dell’ecosistema: il polo industriale del Petrolchimico di Porto Marghera è infatti uno dei più manifesti esempi di crescita produttiva in Italia, ma anche uno dei poli più critici “creatori” di inquinamento, tra l’altro in un’area di elevatissimo valore paesaggistico-ambientale.
M A R G H E R A O G G I
Porto Marghera è oggi un insieme di realtà diverse e contrastanti: a scheletri di vecchie industrie si affiancano moderne strutture destinate al terziario e alla ricerca, come ad esempio il VEGA (VEnice GAteway for Science and Technology), a grandi spazi destinati alla logistica e alla collocazione di grandi container si accostano aziende ancora attive. Per risolvere questi problemi sono stati messi in atto strumenti, l’ultimo dei quali è l’Accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito d’interesse nazionale (SIN) di Venezia e Porto Marghera del 2012. Il fine è quello di semplificare e accelerare le procedure e abbattere i costi per la realizzazione di progetti di bonifica, individuare modalità e tecnologie per la bonifica e prevedere agevolazioni per le imprese che intendano av viare nuove iniziative imprenditoriali o riconvertire i loro impianti. L’attuale orientamento della amministrazione pubblica, e in particolare quella del Comune, è quello di conservare la vocazione produttiva a Porto Marghera soprattutto per salvaguardarne l’occupazione ed evitarne la speculazione qualora fosse modificata la destinazione d’uso. Il Piano di assetto del Territorio (PAT) approvato all’inizio del 2013 ha confermato la funzione produttiva-industriale di Porto Marghera, definendo le destinazioni d’uso e le funzioni da sviluppare nel polo industriale. _ Un’area di poco più di 2’000 ettari _ 18 km di canali portuali _ 40 km di strade interne _ 135 km di binari ferroviari _ 690 aziende ancora attive, circa 14’000 persone occupate, di cui il 40 % è attualmente impiegato nel settore industriale, il 60 % è occupato in altri settori.
1965
2000
2012
Altro Chimico
Ceramica, vetro
Metallurgico
Acqua, gas, elettricità
Petrolifero
Meccanico
I N Q U I N A M E N T O
Per un’efficace lettura dello stato dell’inquinamento è necessario definire per prima cosa il quadro ambientale che lo caratterizza. Il SIN di Porto Marghera è molto complesso, essendo per sua natura caratterizzato dalla simultanea presenza di ambiente terrestre e ambiente lagunare. Per definire il quadro ambientale è necessario fare una prima distinzione tra elementi naturali e antropici. Gli elementi antropici sono legati principalmente all’attività industriale e alla produzione di energia e si concretizzano nelle azioni inquinanti di emissione e deposizione in atmosfera di scarichi idrici inquinanti, di incidenti e riversamenti accidentali di sostanze tossiche. Gli elementi naturali fondamentali sono: precipitazioni, vento, maree e la composizione del sottosuolo. Nello specifico l’area industriale di Porto Marghera si compone di un sottosuolo definito da strati sovrapposti: _ Strato superficiale limo-argilloso definito Caranto (interposto tra l’acquifero superficiale e di prima falda); _ Acquifero di seconda falda composto prevalentemente da sabbia; _ Strato impermeabile intermedio posto alla base della prima falda; _ Strato profondo acquifero di seconda falda. La diffusione delle sostanze inquinanti av viene prevalentemente attraverso il sottosuolo: il carico inquinante può essere trasportato superficialmente mediante un’azione di ruscellamento superficiale, oppure diffondersi nel sottosuolo mediante processi di dilavamento e percolazione. La diffusione e il trasporto av viene poi attraverso il primo e secondo acquifero, gli inquinanti si depositano così nei canali e nella laguna. La contaminazione dell’area industriale è quindi
espressa dall’alterazione delle tre principali matrici ambientali: acque sotterranee di prima falda, suolo e aria. Da qui la scelta di analizzare separatamente i livelli di inquinamento. I dati rappresentati si riferiscono alle indagini piezometriche condotte e riportate all’interno del Masterplan delle bonifiche del 2004. Le singole sostanze inquinanti sono raggruppate in famiglie; la loro concentrazione viene rappresentata e valutata in base al limite industriale previsto dal DMA 471/99.
A N A L I S I U R B A N A
A N A L I S I S T R U I T O
C O -
Si può percepire immediatamente come il tessuto di Marghera, centro cittadino formatosi come appendice di Mestre, sia composto da edifici con dimensioni ridotta e disposizione tipicamente urbana. Tuttavia, avanzando lungo via della Libertà, si lascia spazio ad un’organizzazione del tutto differente, tipica di un insediamento industriale, fatta di grandi capannoni, torri ed edifici che non seguono più la scala umana, ma quella della produzione. A primo impatto quindi si rende evidente quanto i grandi edifici da trattare necessitino di una rielaborazione architettonica che vada a densificare, creando ambienti sottomultipli dei più grandi “contenitori”.
A R E A C O M P L E S S I
La compagine urbana in cui si inserisce l’area ex Complessi è fortemente legata al passaggio della linea ferroviaria e della rete stradale verso Venezia. Ciò è contemporaneamente punto di forza, per il collegamento, e di debolezza, in quanto si crea una forte cesura tra la parte settentrionale di Mestre, Forte Marghera, Parco S. Giuliano e il nuovo campus di Cà Foscari in Via Torino, rispetto a quella meridionale di nostro interesse. Al fine di integrare le due zone è già stato predisposto un appalto per costruire una rotatoria, perno per il traffico che permette un accesso diretto all’area provenendo da qualsiasi direzione. Il progetto è finanziato con dai fondi MISE (Ministero dello sviluppo economico) e dall’accordo di programma per Porto Marghera. L’Accordo di Programma, in particolare, prevede l’attuazione di 23 interventi, individuati tra quelli nella più avanzata fase di avanzamento
progettuale, con dichiarati obiettivi di cantierabilità, per il raggiungimento degli obiettivi di riconversione e riqualificazione industriale dell’Area di Crisi Industriale Complessa di Porto Marghera, tra cui appunto anche quella in esame. Nello specifico, tuttavia, l’area si trova in una posizione favorevole in quanto risulta servita a nord da via delle Industrie e a sud dal canale Industriale Nord. Ogni tipo di accesso è pertanto garantito. Oltre ai problemi d’inquinamento generali relativi all’intera Porto Marghera, l’area presenta un’accumulo di silos tossici nella zona sud vicino la banchina, mentre tutta la zona non costruita è area di messa in sicurezza. Risulta quindi imprescindibile un’azione di bonifica. Inoltre il sito ex Complessi è attualmente diviso in due proprietà: Immobiliare Complessi s.r.l., a nord, e Fincantieri s.p.a., a sud.
S U P E R F I C I E T O T A L E : 108’250 m 2
C O N F I N E N O R D : VEGA
S U P E R F I C I E E D I F I C A T A : 24’500 m 2
C O N F I N E S U D : Canale Industriale Nord
V O L U M E E D I F I C A T O : 337’200 m 3
C O N F I N E E S T : Pilkington
D E N S I T À : 0,32 m 2 /m 3
C O N F I N E O V E S T : Saipem; Berengo
C A P A N N O N E A D A R C O N I G R A N D E _ A L T E Z Z A : 26 m (1 piano) _ S U P E R F I C I E : 7’100 m 2 _ V O L U M E : 116’000 m 3 _ S T R U T T U R A P O R T A N T E : Travi a volte in calcestruzzo armato. _ C H I U S U R A V E R T I C A L E : Nessuna. _ C O P E R T U R A : Nessuna. _ V I N C O L I : Nessuno. _ D A T A C O S T R U Z I O N E : 1960. _ D A T A U L T I M O U T I L I Z Z O : 1993. _ D E S T I N A Z I O N E : Magazzino. _ S T A T O M A N U T E N T I V O : Conservata solo la struttura portante. _ D E S C R I Z I O N E : Si tratta di uno dei due ex magazzini adibiti alla conservazione dei prodotti. La struttura portante è costituita da arconi preformati in cemento armato e le dimensioni sono notevoli.
F U T U R O
A R E A C O M P L E S S I
U T E N Z E
Per individuare e classificare secondo le vocazioni degli edifici la giusta rifunzionalizzazione del compartimento ex Complessi si sono valutate le diverse utenze: oltre ai pendolari degli uffici della Unioncamere del Veneto, Confindustria e di tutti i lavoratori del Parco Scientifico Tecnologico, si tengono in considerazione anche gli addetti nelle stesse aziende adiacenti, gli abitanti di Marghera, tutte le persone impegnate nelle associazioni della zona, nonché coloro che si recano al Pala Expo Venice (il nuovo spazio polifunzionale di Venezia, sede deputata ad ospitare fiere, mostre, congressi, eventi musicali e sportivi, creato in occasione dell’EXPO 2015). L’interesse per nuove destinazioni nella area di progetto deve considerare tutte queste necessità di spazi e di funzioni differenziate. Partendo quindi dai dati riportati nei grafici, si sono identificate le nuove funzioni: spazi ricreativi per pendolari e turisti, parcheggi, servizi di ristorazione, bar, self-service, velostazione (appoggiata al programma di bike-sharing del VEGA) per lavoratori addetti e tutti coloro che potrebbero usufruire del nuovo polo Expo - VEGA - ex Complessi. Infine sono inseriti spazi polifunzionali o per eventi temporanei, per le associazioni e i cittadini.
R I C O N N E T T E R E
PERMEABILITÀ
AREA PEDONALE
PARCHEGGI IN STRUTTURA
Il primo punto si focalizza sul consolidamento del circuito creatosi tra i diversi nuclei di recente costruzione: il VEGA Park, il Campus Cà Foscari, il Pala Expo, i più consolidati centri di Mestre e Marghera e le aree verdi a Nord di via della Libertà. In particolare l’interconnessione del polo VEGA - Pala Expo - Ex Complessi influenza la gestione dell’intera area. Si vuole puntare ad una più idonea permeabilità della zona dai suoi vari fronti, principalmente dai versanti strada e canale. I parcheggi, tra quelli già presenti e quelli previsti nell’area oggetto di studio, servono la zona in numero sufficiente in modo da lasciare l’area totalmente pedonale.
R I O R G A N I Z Z A R E
PIENI - VUOTI
COLLEGAMENTI
Si è deciso di mantenere l’attuale rapporto di pieni e vuoti presenti nell’area, in modo che spazi aperti e aree verdi bilanciassero il grande volume edificato. La vecchia entrata principale è stata mantenuta come accesso pedonale nella piazza creatasi di fronte alla palazzina di direzione, mentre l’accesso carrabile è stato posizionato sul lato opposto del fronte. I percorsi principali che da qui si snodano, proseguono verso la banchina sul Canale Industriale Nord e servono tutte le parti dell’intera area con direttrici ben evidenti che seguono la forma e la posizione degli edifici e conducono ai luoghi di sviluppo del progetto.
R I C O N V E R T I R E
CONNESSIONE
MEMORIA
MULTIFUNZIONALITÀ
Si pone infine attenzione alla necessitĂ di riconvertire grandi volumi con altezze elevate tenendo conto del loro ruolo di testimonianza industriale, valutando quindi scelte che densifichino la disposizione architettonica degli spazi al loro interno. Alcuni edifici aumentano i piani in altezza, altri hanno volumi al loro interno dimensionati in modo da ospitare le funzioni a loro destinate. Sono infine inseriti due nuovi edifici per sopperire alla demolizione degli esistenti.
A R E A
1
La prima area posta sul fronte strada in via delle Industrie è attualmente proprietà di Immobiliare Complessi; data la sua posizione strategica è necessariamente destinata ad ospitare tutti i servizi di cui possono usufruire gli utenti, sia dell’area oggetto di studio che delle limitrofe; può essere quindi una sezione indipendente rispetto alla posteriore, anche se le sue destinazioni sono direttamente correlate allo sviluppo della seconda area.
A R E A
2
Attualmente proprietà della Fincantieri, possiede gli edifici con maggiore disponibilità di spazi costruiti e anche zone filtro all’aperto di notevoli dimensioni; si configura come il luogo ospitante le funzioni caratterizzanti dell’intera area di progetto quali un museo, officine e laboratori con il tema principale delle imbarcazioni tradizionali.
E D I F I C I
Il masterplan completo tiene conto di tutte le funzioni studiate, definendo le aree d’ambito di ogni edificio mantenuto. Grazie alla demolizione dei due edifici più compromessi è stato possibile studiare in due parti parallele l’area: il fronte principale rimane occupato dal paraboloide piccolo, mentre il resto viene suddiviso in modo netto tra il verde del parco dove i percorsi sono orientati lungo una linea spezzata e la fascia del costruito che confina con la banchina a Sud e la strada a Nord. Le officine e i laboratori delle imbarcazioni saranno raggiungibili dalla zona della banchina carrabile arrivando dalla zona di Fincantieri, oppure potranno essere issate come già detto direttamente dalla gru sulla banchina; i piazzali sui fronti dei capannoni aiutano le manovre. Il ristorante, il bar e la direzione possono godere di spazi ben gestiti sia all’interno che all’esterno, poiché le zone antistanti possono essere sfruttate nelle stagioni più calde. La velostazione può, come le attività pubbliche disposte linearmente in questa zona, avere accesso diretto per servizi o trasporti, nonché per i dipendenti, dalla strada chiusa disposta sul retro. I silos costituiscono un blocco a sé stante nel verde del parco e vengono completati nella struttura da solai intermedi. Il museo rimane il fulcro dell’attività dell’area, per cui sarà oggetto di ulteriore approfondimento con il progetto definito.
PARCHEGGIO MULTIPIANO
VELOSTAZIONE
Area 1
Area 1 14’500 m 2
300 m 2
Il primo paraboloide visibile dal fronte strada viene recuperato come parcheggio in struttura per coprire l’esigenza dell’area, facilitando l’accesso stradale dalla rotatoria posizionata a lato dell’edificio, in collegamento anche con il Padiglione ExpoVenice.
Uno dei due nuovi blocchi inseriti a fianco della Palazzina è dedicato ai servizi di velostazione e bar per gli utenti. Sono raggiungibili anche dal retro dell’edificio tramite il percorso carrabile per agevolare il carico e scarico di merci o attrezzature.
_ Posti auto: 446 _ Rampa carrabile: 540 m 2 _ Vano scale: 200 m 2 _ Servizi igienici: 100 m 2
_ _ _ _ _ _ _
Riferimento: Nieto Sobejano Arquitectos, Embarcadero centro civico e culturale; Cáceres, Spagna.
Ufficio: 30 m 2 Officina: 120 m 2 Servizi igienici: 3 m 2 Deposito: 20 m 2 Bar: 80 m 2 Servizi igienici: 13 m 2 Deposito: 20 m 2
PAL AZZINA DI DIREZIONE
RISTORANTE
Area 1
Area 1 800 m 2
450 m 2
La palazzina come tesimonianza del passato utilizzo dell’ex Complessi viene lasciata alla sua funzione originaria, ospitando dunque luoghi di direzione, segreteria, info-point con relative sale riunioni e sale conferenze. Il corpo centrale viene gestito con un ingresso comune dove sono collocati servizi e postazioni di reception.
Data la capienza dell’area e il numero di lavortori che tutti i giorni frequentano la zona si è deciso di dotare gli spazi di servizi di ristorazione. L’edificio, creato ex-novo, viene pensato all’esterno come prosecuzione della palazzina a fianco, con aperture ad arconi e murature in laterizio.
_ Reception: 210 m 2 _ Deposito: 20 m 2 _ Servizi igienici: 20 m 2 _ Collegamenti: 60 m 2 _ Uffici personale: 200 m 2 _ Sala riunioni: 80 m 2 _ Sala conferenze: 110 m 2
_ Sala: 370 m 2 _ Cucina: 40 m 2 _ Deposito: 20 m 2 _ Servizi igienici: 20 m 2
Riferimento: Michele Carmassi, Ricostruzione di San Michele in Borgo; Pisa, Italia.
CAPANNONE A FALDE
MUSEO DELLE IMBARCAZIONI
Area 2
Area 2 6’800 m 2
6’350 m 2
Il capannone è riformulato al suo interno per ospitare il ricovero di imbarcazioni in legno che necessitano di manutenzione. Inoltre la posizione affiancata al paraboloide ha reso utile gli spazi per la collocazione della centrale a biomassa.
Il paraboloide più grande, al centro dell’area, ospita la funzione principale. Oggetto di studio nella fase tecnologica, viene contonrato da piazze nei due prospetti a nord e a sud. Ai lati invece è collegato al parco e all’edificio a falde.
_ Cantieri: 3’190 m 2 _ Centrale a biomasse: 1’600 m 2 _ Servizi igienici e spogliatoi: 40 m 2 _ Deposito: 45 m 2 _ Area relax: 90 m 2 _ Garage: 60 m 2 _ Ricovero imbarcazioni: 1’180 m 2
_ Accessi: 320 m 2 _ Zona accoglienza: 460 m 2 _ Servizi e collegamenti: 540 m 2 _ Padiglioni espositivi: 2’600 m 2
SILO “L A CATTEDRALE”
SILOS
Area 2
Area 2 2’090 m 2
Adibito all’utilizzo per eventi temporanei il silo più grande viene integrato da un solaio intermedio che funge anche da piano di collegamento con gli 11 silos a fianco, anche questi da recuperare per mostre o spazi espositivi.
1’720 m 2
Anche questi 11 fabbricati di notevole altezza e con sono rivalutati per un utilizzo legato sia all’attività di museo sia per altre funzioni ad esso correlate.
M U S E O
I M B A R C A Z I O N I
L’analisi del contesto di Porto Marghera e di Venezia in generale ha permesso di individuare la Prima Zona Nord come luogo adatto a ospitare una rifunzionalizzazione completa. Si è già detto che una parte dell’ex Complessi sia attualmente di proprietà di Fincantieri, inoltre è opportuno sottolineare come in tempi recenti siano state proposte attività produttive relative a yatch e imbarcazioni di medie dimensioni, a testimonianza del fatto che l’area sia di particolare interesse in ambito cantieristico e navale in genere. A Forte Marghera risulta attivo il Museo delle Imbarcazioni Tradizionali (MIT), tuttavia il capannone di per sé non ha dato la giusta importanza all’esposizione presente, basata su molte imbarcazioni fornite da Arzanà. Da qui nasce l’idea di ricollocare l’intero complesso museale ormai chiuso per conferirgli una nuova importanza in un polo culturale e di maggior affluenza. “Arzanà è il nome antico dell’Arsenale di stato Veneziano tramandato da Dante nella Divina Commedia. Arzanà è anche un’associazione non-profit che ha come fine statutario lo studio, il restauro e la conservazione delle imbarcazioni tradizionali della laguna di Venezia.” Le barche acquisite dell’ Associazione Arzanà sono in tutto 55, di cui 15 sono stabilmente tenute in acqua, a disposizione di soci e simpatizzanti. Nel presente inventario figurano anche le 22 barche ubicate all’aperto alle Terre Perse del Lido a causa dello sfratto dalla Scuola Grande della Misericordia.
S P A Z I
A parità di superficie occupata, procedendo in altezza, si ha una progressiva diminuzione degli spazi chiusi a favore di un aumento delle terrazze, che fungono da belvedere su tutti gli ambienti del museo. Procedendo lungo il percorso principale del museo i primi ambienti che s’incontrano, dopo i servizi generici di biglietteria e infopoint, sono quelli relativi all’accoglienza. Si tratta di due sale, una per riunioni e proiezioni, l’altra rivolta ad attività didattiche, con la possibilità di allestimento di aree per i più piccoli. Questa disposizione rende possibile l’apertura dell’edificio anche in orari serali e a dimensioni ridotte per eventi collaterali, presentazioni o altre attività. Per quanto riguarda invece i padiglioni espositivi veri e propri, risultano essere suddivisi in due parti antisimmetriche. Al piano terra si collocano a destra quelli riguardanti il più generico tema della laguna e di Venezia, a sinistra i primi padiglioni sulle imbarcazioni e il loro ambiente. I percorsi sono pensati per un approfondimento sempre più specifico del tema, andando a includere sempre di più i cinque sensi e portando il visitatore ad immergersi completamente.
8 % Ingresso e uscita 324 m 2 1 2 % Accoglienza 458 m 2 1 3 % Servizi e collegamenti 539 m 2 6 7 % Padiglioni espositivi 2’605 m 2
V O L U M I
La forma dei paraboloidi era pensata per rispondere al meglio all’esigenza di accatastamento dei materiali in essi contenuti. Allo stesso modo la disposizione dei volumi interni av viene secondo una sezione piramidale che ricorda appunto l’utilizzo di questi edifici nel passato. La scelta architettonica di collocare le esposizioni in blocchi modulari è inoltre anche dalle possibilità di adeguamento e flessibilità che questi offrono. Il percorso principale “scava” il sistema di moduli all’interno del grande contenitore. per rendere collegamenti e accessi efficienti. L’edificio recuperato e i volumi aggiunti si contrappongono sia dal punto di vista della forma che da quello dei materiali. La struttura originale è caratterizzata infatti dalla grande superficie di copertura curva in metallo, mentre i blocchi espositivi sono in legno, per richiamare anche il tema delle imbarcazioni tradizionali.
PIANO TERRA
PROSPETTO
SEZIONE
T E C N O L O G I A
S T R U T T U R A
Ciò che rimane della copertura ad arconi del paraboloide sono i travetti a sezione a T che sostenevano i fogli ondulati con curvatura in Eternit poi eliminati. Altre sporgenze nella struttura erano utilizzate come corridoi di collegamento da una facciata all’altra dell’edificio. Una problematica legata a tali strutture degli anni ’60 è sicuramente legata alle possibili infiltrazioni di umidità che tolgono aderenza alle armature. Si rende quindi necessario l’utilizzo di vernici protettive in aiuto alla struttura. Molte delle sporgenze in appoggio agli arconi, sia sul lato est che sul lato ovest, sia internamente nella sommità, vengono eliminate per lasciare una forma il più possibile pulita e uniforme del paraboloide. Altri elementi vengono mantenuti come i collegamenti ad X tra gli arconi, utili come controventamento, ma che verranno integrati da controventi posti a 3 m di altezza dell’edificio e visibili ai lati dello stesso. Su ogni arcone è posizionato un elemento in acciaio composto da 4 tubi di diametro 10 cm collegati al centro del “quadrato” con una piastra imbullonata e agli spigoli da piastre chiodate al calcestruzzo. Per quanto riguarda la sezione trasversale dell’arcone stesso il restringimento che si può notare è determinato dal fatto che come una trave IPE in acciaio questa in corrispondenza dell’asse neutro diminuisce la sezione necessaria a rispondere agli sforzi su essa generati. L’intera copertura sarà rivista con l’inserimento in sostituzione delle travi a T di rettangolari scatolari cavi e una copertura metallica pensata come pedonabile per eventuali manutenzioni. Il calcolo di seguito riportato s’intende esclusivamente come predimensionamento.
Analisi dei carichi: Lamiera esterna: 7’800 kg/m 3 . 0,001 m = 7,8 kg/m 2 Lana di roccia: 30 kg/m 3 . 0,1 m = 3 kg/m 2 Lamiera interna: 7’800 kg/m 3 . 0,001 m = 7,8 kg/m 2 Carico della neve: 100 kg/m 2 Totale: 120kg/m 2 Considerando tale risultato abbiamo: q = 120 kg/m 2 . 1,3 m = 156 kg/m (si tiene come interasse la dimensione di un pannello di isolante). Da qui si calcola il momento flettente: M = (ql 2 )/8 = (156 kg/m . 25 m 2 )/8 = 487,5 kg . m Si prende in considerazione l’utilizzo di un S275 come acciaio. σ = 1’750 kg/cm 2 Visto che σ = M/ W W MIN = M/σ = 48’750 kg . cm / 1’750 kg/cm 2 = 27,85 cm 3 In conclusione le dimensioni scelte per il profilo rettangolare, in base a tale momento d’inerzia, saranno: 120 x 80 mm con uno spessore di 2,5 mm.
5m ql2/8
b = 120 mm
a = 80 mm
E S T E R N O V E C C H I O C O N T E N I T O R E
ACCIAO L’acciaio viene utilizzato come rivestimento della copertura esterna non solo per ricollegare l’architettura attuale a quella di un passato meccanico ed industriale, ma pure per ricordare e riprendere le antiche coperture dell’area Ex Complessi.
CEMENTO Materiale grezzo e volutamente nudo che compone lo scheletro in arconi portanti lasciati a vista ad uno spettatore esterno. Anche in questo caso si vuole evidenziare il collegamento storico con il passato della struttura e ricollegarsi all’ambiente industriale.
I N T E R N O N U O V O C O N T E N U T O
VETRO Simbolo di modernità , viene utilizzato in abbinamento con il legno per creare ed evidenziare la dicotomia tra passato e futuro. Viene utilizzato principalmente sui due fronti corti in modo tale da sottolineare e mostrare allo spettatore le principali prospettive dell’area.
LEGNO Il legno viene usato esclusivamente nelle strutture interne creando spazi accoglienti e atmosfere calde, apparentemente molto distanti da quelle anticipate dall’involucro circostante, ma, proprio grazie alla loro lontananza, in completa sintonia con queste.
D E T T A G L I
Certificazione energetica: Trasmittanze calcolate con software CasaClima. Classe: Efficienza invernale involucro Classe G (>939 kWh/m 2 a) Classe F (<939 kWh/m 2 a) Classe E (<704 kWh/m 2 a) Classe D (<528 kWh/m 2 a) Classe C (<411 kWh/m 2 a) Classe B (<293 kWh/m 2 a) Classe A (<176 kWh/m 2 a) Classe Gold (<58 kWh/m 2 a)
CHIUSURA ORIZZONTALE INFERIORE Pavimentazione in gres porcellanato effetto cemento posata su sabbia; dimensioni piastrella 90 x 90, spessore 2 cm. Sabbia silicea, granulometria 1/6 mm; spessore 50 mm. Ghiaia per sottofondo, granulometria 5-20 mm; spessore 8 cm. Guaina impermeabilizzante in membrana bituminosa autoadesiva armata con un film in polietilene ad alta densità HDPE; dimensione rotoli 150 x 100 cm, spessore 0,2 cm; resistenza al passaggio vapore acqueo μ = 20’000. Platea di fondazione preesistente; spessore 100 cm.
Scala 1 : 10
CHIUSURA ORIZZONTALE INTERNA Parquet a 3 strati intrecciati e incollati in rovere bugnato incollato allo strato sottostante tramite adesivo; spessore 1,6 cm; conducibilità termica λ = 0,13 W/mK. Massetto calcestruzzo alleggerito per impianti, a base di argilla espansa e leganti specifici; spessore 9 cm. Tubo del sistema radiante; diametro esterno 2 cm; interasse 10 cm. Foglio in polietilene per contenimento del getto del massetto; spessore 0,1 cm. Sistema radiante, composto da un pannello isolante in fibra di legno, conducibilità termica dichiarata λ = 0.038 W/mK, protetto superiormente e inferiormente da carta rivestita di polietilene, prevista nella parte superiore una lastra in fibra di legno ad alta densità per l’aggancio delle clips di ancoraggio; spessore 4 cm. Pannello rigido in lana di roccia non rivestito ad alta densità per isolamento acustico anticalpestio; spessore 2 cm; classe di reazione al fuoco A1; conduttività termica dichiarata λ = 0,036 W/mK; resistenza al vapore acqueo μ = 1; densità 100 kg/m 3 . Pannello portante in X-lam, composto da sette strati incrociati in legno lamellare (8 + 4 + 4 + 4 + 8 cm), tipo legname: abete bianco; spessore 28 cm; incollaggio tramite colla PUR senza formaldeide; pressione di incollaggio almeno 0,6 N/mm²; umidità del legno 12%; dimensioni massime 165 x 29,5 cm; conduttività termica λ = 0,13 W/mK; resistenza al vapore acqueo μ = 25 ÷ 50. Pannello semiridigo in lana di roccia non rivestito a media densità, per l’isolamento termico dell’intradosso; spessore 5 cm. Intelaiatura in legno di supporto del controsoffitto con elementi in materiale resiliente per evitare la trasmissione di vibrazioni. Lastra in gessofibra con stuccatura del giunto; spessore 1,25 cm. Tinteggiatura dei pannelli con idropittura.
Scala 1 : 10 U = 0,24 W/(m 2 /K)
CHIUSURA ORIZZONTALE ESTERNA Lastre in acciaio zincato preverniciato fissate con staffe in poliammide rinforzato al profilo sottostante; dimensioni 50 x 7,5 cm, spessore 0,78 mm. Guaina impermeabilizzante in membrana bituminosa autoadesiva armata con un film in polietilene ad alta densità HDPE; dimensione rotoli 150 x 100 cm, spessore 0,2 cm; resitenza al passaggio vapore acqueo μ = 20’000. Strato feltro in lana di roccia a bassa densità per isolamento termico, rivestito su un lato da un foglio di carta politenata con funzione di freno vapore; dimensioni rotolo 120 x 50 cm, spessore 12 cm; classe di reazione al fuoco F; conduttività termica dichiarata λ = 0,040 W/mK; resistenza al vapore acqueo μ = 1; densità 26 kg/m 3 . Profilo rettangolare in acciaio con piastra per aggancio all’arcone soprastante in c.a. tramite tassello con ancorante chimico; dimensioni 12 x 8 cm, spessore 0,3 cm. Rivestimento interno in acciaio zincato fissato ai profili.
Scala 1 : 10 U = 0,32 W/(m 2 K)
E N E R G I A
C O G E N E R A Z I O N E
Col termine cogenerazione si indica la produzione contemporanea di diverse forme di energia secondaria (energia elettrica ed energia termica) partendo da unâ&#x20AC;&#x2122;unica fonte (sia fossile sia rinnovabile) attuata in un unico sistema integrato. La cogenerazione, nota anche come CHP (Combined Heat and Power) utilizzando il medesimo combustibile per due utilizzi differenti, mira ad un piĂš efficiente utilizzo dellâ&#x20AC;&#x2122;energia primaria, con relativi risparmi economici soprattutto nei processi produttivi laddove esista una forte contemporaneitĂ tra prelievi elettrici e prelievi termici.
Gli elementi di un impianto (cogeneratore) sono quattro: il motore, l’alternatore, il sistema di recupero del calore e il quadro di comando e controllo. Il combustibile alimenta il motore, il motore a sua volta aziona l’alternatore che converte l’energia meccanica fornita dal motore primo in energia elettrica. Contemporaneamente, l’energia termica (calore) prodotta dal motore e dai tubi di scarico viene recuperata e distribuita alle utenze tramite il sistema di recupero. Il pannello di controllo a bordo macchina permette di controllare e regolare le prestazioni. Lo sfruttamento di calore e pressione non comporta un aumento dei consumi poiché sono “scarti” del processo di conversione da energia chimica ad energia cinetica attuato dal motore. Il loro sfruttamento consente a parità di energia immessa (combustibile) una maggiore quantità di energia sfruttata (calore, movimento).
PRODUZIONE IN COGENERAZIONE
La cogenerazione viene realizzata in centrali termoelettriche dove un motore viene alimentato a combustibile fossile (gas naturale, olio combustibile, etc.) o da combustibili organici non fossili (biomasse, biogas, gas di sintesi) e dove si recuperano l’acqua calda o il vapore di processi e/o fumi prodotti. Le centrali tradizionali elettrica e termica della produzione separata hanno un elevato dispendio di energia, il quale si riduce notevolmente con tale sistema di cogenerazione. Rispetto alle centrali elettriche, la cogenerazione ha natura distribuita e si realizza mediante piccoli impianti che sono in grado di generare calore ed elettricità per grandi strutture (ad esempio ospedali, alberghi, etc.) o piccoli centri urbani. La combustione nelle piccole centrali a cogenerazione raggiunge risparmi fino al 40% nell’utilizzo delle fonti primarie di energia.
PRODUZIONE IN COGENERAZIONE ORC Efficienza energetica totale 97 - 98 % con 100 unità energetiche
CLASSICO con 100 unità energetiche
C E N T R A L E B I O M A S S E
A
Una centrale a biomasse è una tipologia di centrale elettrica che utilizza l’energia rinnovabile ricavabile dalle biomasse estraendola attraverso diverse tecniche: l’energia può essere ottenuta sia per combustione diretta delle biomasse, mediante particolari procedimenti tendenti a migliorare l’efficienza, sia mediante pirolisi (processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto attraverso l’applicazione di calore e in completa assenza di un agente ossidante come l’ossigeno), sia mediante estrazione di gas di sintesi (syngas) tramite gassificazione. Il termine biomassa definisce qualsiasi materia organica (cioè derivata dal processo di fotosintesi clorofilliana) con esclusione dei combustibili fossili e delle plastiche di origine petrolchimica. La biomassa utilizzabile ai fini energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili ov vero trasformati in combustibili solidi, liquidi o gassosi. Questa definizione raggruppa una varietà estremamente eterogenea di materiali: può trattarsi, ad esempio, di cascami dell’industria, di residui di lavorazioni agricole e forestali, di legname da ardere, di scarti dell’industria agroalimentare, di sterco e reflui degli allevamenti, di oli vegetali, rifiuti urbani (prodotti organici dall’attività biologica dell’uomo), ma anche specie vegetali coltivate allo scopo, come il pioppo, il miscanto, o altre essenze e specie a crescita rapida e di facile coltivazione, adatte allo scopo. Uno dei pregi delle centrali da biomasse è costituito dalla possibilità di rivolgersi a materie prime e a risorse di scarto comunemente disponibili in ogni territorio a livello globale, senza dover far affidamento su coltivazioni specializzate e senza sottrarre quindi estensioni utili all’agricoltura di base, potendo av vantaggiarsi invece dell’uso di terreni incolti o di
superfici agrarie di scarso valore produttivo.La brevità del periodo di ripristino fa sì che le biomasse rientrino tra le fonti energetiche rinnovabili, in quanto il tempo di sfruttamento della sostanza è paragonabile a quello di rigenerazione. Poiché nel concetto di rinnovabilità di una fonte energetica è insita anche la sostenibilità ambientale, sarà necessario che le biomasse, con particolare riferimento a quelle di origine forestale, provengano da pratiche aventi impatto ambientale trascurabile o nullo (es. le operazioni di manutenzione boschiva o scarti delle segherie). Quando le biomasse vengono bruciate (ad esempio la legna), estraendone l’energia immagazzinata nei componenti chimici, l’ossigeno presente nell’atmosfera si combina con il carbonio delle piante e produce, tra l’altro, anidride carbonica, uno dei principali gas responsabile dell’effetto serra. Tuttavia, la stessa quantità di anidride carbonica viene assorbita dall’atmosfera durante la crescita delle biomasse. Il processo è ciclico.
Z O N E R I S C A L D A T E
_ V O L U M E : 10’672 m 3 _ SORGENTE DI CALORE: Olio diatermico in circuito chiuso _ T NOMINALE DELL’OLIO (ingresso/uscita): 300 / 250° C _ POTENZ A TERMICA CEDUTA DALL’OLIO: 3500 kW _ T ACQUA CALDA (ingresso/uscita): 60 / 80° C _ POTENZ A TERMICA AL CIRCUITO DI RAFFREDDAMENTO DELL’ACQUA: 2800 kW _ POTENZ A ELETTRICA ATTIVA NETTA: 600 kW _ DIMENSIONI TOTALI: 13 . 2,5 . 3 m
Z O N E F I L T R O
_ V O L U M E : 79â&#x20AC;&#x2122;112 m 3 _ Isolante in fibra di legno _ Sistema di fissaggio _ Pannello con bassa rigiditĂ dinamica impiegabile con carichi al pavimento superiori a 500 kg/m