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Le persone non vanno in Toyota per lavorare, vanno in Toyota per pensare. Taiichi Ohno (Toyota Production System)
Il Lean La prima volta che Marialessandra sente il termine Lean risale circa a dieci anni fa. Si tratta di una formazione connessa con gli studi di analisi dei processi produttivi, rivolta agli ingegneri che si occupano di discipline meccaniche e gestionali. Il concetto Lean, strettamente collegato al manufacturing, riassume una filosofia che si concentra sull’abbattimento degli sprechi – elencati e descritti da Taiichi Ohno e Shigeo Shingo – e sulla costruzione di flussi produttivi continui. Da sempre affascinata dalle tematiche di organizzazione, logistica e ordine, intuisce in questo metodo qualcosa che va oltre ai singoli strumenti raccontati negli incontri di formazione, ed è entusiasta di approfondirne la conoscenza. Inizia, quindi, a studiare quelli che vengono presentati come gli strumenti lean e che però si sviluppano in metodo e metodologia, e infine diventano approccio e filosofia. Visita aziende, legge libri e articoli, incontra persone che lo applicano, si rende conto che ogni volta scopre qualcosa di nuovo. I concetti di Qualità Totale e Miglioramento Continuo – Kaizen – entrano così a far parte del vocabolario e delle metodologie utilizzate da Solea; il kit didattico prodotto da Lean Education diventa un ottimo supporto per tradurre i concetti lean all’interno delle discipline meccaniche e gestionali. La vera sfida per Solea sarà trovare il modo di utilizzare questi contenuti per i suoi lavori futuri. Come spesso succede la storia si muove su binari che non sempre si prevedono e spesso neppure si comprendono pienamente a posteriori,
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È la primavera del 2012, l’11 aprile, anniversario della nascita di Adriano Olivetti, quando Chiara e Marialessandra vanno a Forlì per seguire un seminario sul Lean Service, ovvero il principio Lean tradotto per le imprese che offrono servizi anziché produrre beni: il Lean applicato alla Pubblica Amministrazione. Questo evento si rivelerà importantissimo per una serie di motivi: innanzitutto Solea inizia ad investire sul Lean in termini di tempo, soldi e pensieri; per la prima volta Chiara viene coinvolta direttamente sui concetti Lean; strumenti e numeri presentati sono assolutamente impressionanti, i risultati eccezionali tanto da far maturare la convinzione che non solo è possibile ma assolutamente necessario un intervento in questo ambito; Solea incontra una persona speciale che diventerà un punto di riferimento nella propria formazione Lean, Giuseppe Negro. G. Negro, laureato in ingegneria meccanica presso il politecnico di Torino lavora sul Lean per la Pubblica Amministrazione dagli anni ottanta. Lo scambio con lui inizia prima su un piano teorico e diventa poi esperienziale quando nel 2013 Marialessandra lo accompagna spalla a spalla nell’intervento di una settimana Kaizen, chiamata Kaizen Week. La Settimana Kaizen Quella vissuta a fianco di G. Negro, si articolò in cinque giornate intense, iniziate la mattina presto a colazione parlando di cosa fare e come, per poi proseguire in un lavoro costante e intenso per tutto il giorno, sera compresa a parte le brevi pause per i pasti. Un vero e proprio tour de force che però ha dato modo di constatare con mano come strumenti adatti, applicati con la logica corretta e soprattutto con il coinvolgimento delle persone, riescano in così poco tempo a dare risultati straordinari. Il bel clima di lavoro creatosi durante la settimana, ha anche permesso di ribaltare le tensioni in energia di trasformazione positiva. Grazie a questa esperienza, già nel 2013, Solea inizia a proporre una lunga serie di settimane Kaizen, impegnative, intense e generatrici di cambiamenti. Da allora, applica i metodi Lean in svariati ambiti – organizzazioni no profit, pubblica amministrazione, imprese di mercato – sperimentando sempre la loro efficacia e capacità trasformativa.
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Significato e storia Lean è un termine che deriva dall’inglese e significa snello. Applicare il Lean vuol dire far fluire, rendere semplice e immediato, logico e chiaro, essenziale. Rendere le cose semplici necessita di uno sforzo di selezione che si basa su priorità non scritte, su tagli che sfidano mancanze, su rischi che generano tensioni. Affrontare il proprio lavoro e anche la propria vita secondo logiche Lean, richiede innanzitutto un grande
coraggio, un approccio curioso al cambiamento e una buona dose di autostima, di pensiero di possibilità. Detta così sembra una sfida improbabile, invece intraprendere il percorso verso il Lean è entusiasmante e infine liberante. Lo è per la singola persona, per i gruppi di lavoro e per le organizzazioni. Lean è un termine inglese che descrive un pensiero orientale, quello che i Giapponesi con il Toyota Production System hanno messo in pratica a partire dal secondo dopoguerra quando, sconfitti e tremendamente impoveriti, si sono trovati ad affrontare la ricostruzione del Paese. I risultati di questo processo sono stati evidenti quarant’anni dopo: la Toyota e altre aziende giapponesi hanno sorpreso il mondo con i loro successi. Come sia stato possibile, sembrava totalmente inspiegabile soprattutto agli Americani e per di più in un momento in cui la ripresa dell’economia giapponese coincideva con i primi segnali di crisi del mondo occidentale. Negli anni ’80 due ricercatori americani, P. Womack e D. T. Jones, iniziano una lunga indagine per scoprire il segreto di questo successo; il compito è arduo perché i giapponesi non sono persone che raccontano, teorizzano e scrivono, per cui vengono, raccolte indicazioni ma senza che il seme si schiuda. Esce comunque un libro rivoluzionario “La macchina che cambiò il mondo”, cui seguirà oltre 10 anni dopo un secondo volume, “Lean Thinking”, che effettua il passaggio fondamentale: dalla visione della produzione industriale a quella di un pensiero che coinvolge ogni processo aziendale. Gli americani hanno studiato, organizzato e teorizzato, definito i principi, descritto strumenti, costruito manuali, progettato percorsi di formazione, ma di fatto il mondo Lean è basato su una cultura così diversa e difficile da decifrare che la sua essenza va sentita e percepita più che studiata, come si scopre leggendo il volumetto “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo. Non esiste una letteratura giapponese sul Lean: la formazione passa attraverso la vicinanza con il maestro e attraverso l’esperienza/sperimentazione reale dei processi che si stanno studiando. I cinque principi Al di là di questo quadro generale e più discorsivo chiunque si avvicini al Lean sentirà parlare di quelli che sono i cinque principi su cui si fonda: valore percepito dal cliente – soddisfare il cliente è l’obiettivo primario dell’ azienda. Attenzione però, è un concetto molto più difficile da applicare che da comprendere; mappatura del processo – mappare in modo completo il processo esplicitando il flusso di valore è uno strumento fondamentale per evidenziare in modo rigoroso ogni passaggio e mostrare quali azioni porta-
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no valore al cliente e quali invece sono sprechi, in giapponese: MUDA. Solo sperimentandola si capisce l’utilità della visualzzazione, pratica che i giapponesi usano tantissimo; flusso continuo – il flusso come ricerca continua per far fluire al meglio il percorso di lavoro, snellendo i passaggi, semplificandoli, concentrandosi sul significato del processo stesso; produzione tirata – la produzione deve essere tirata, in inglese PULL e non spinta PUSH. Vuol dire prepararsi per soddisfare il cliente offrendogli cosa vuole, quando lo vuole e nella quantità che vuole, rispondendo in modo immediato e personalizzato, anticipando bisogni ed eventuali desideri; perfezione – ovvero tensione alla perfezione, una ricerca continua per migliorare il proprio lavoro e modo di lavorare, il Kaizen. Sono ormai tanti anni che Solea legge, studia e applica i cinque principi Lean, ma ogni volta scopre qualcosa in più, a volte qualcosa di diverso; un po’ come se fossero tanto comprensibili quanto inaccessibili, una sfida tutta orientale! Uno strumento Lean: le 5 S Fra i tantissimi strumenti Lean scegliamo qui di presentarne uno in particolare, non tanto perché sia il più utilizzato, ma in quanto meglio di altri trasmette in modo semplice alcuni concetti alla base dei nostri interventi. E questo l’abbiamo compreso in profondità solo nel 2014, dopo lo straordinario viaggio in Giappone. Le cinque S fanno riferimento a cinque parole giapponesi che descrivono le azioni da applicare in sequenza, utili a rendere il proprio luogo di lavoro organizzato: SEIRI – separare: ovvero separare ciò che serve da ciò che non è funzionale all’attività e quindi crea disturbo e disordine, spreco di tempo o di risorse, costruzione di un “magazzino” inutile; SEITON – riordinare: mettere a posto tutto quello che è utile, nel modo più razionale e funzionale possibile; SEISO – pulire: tenere l’ordine e la pulizia costantemente; un ambiente pulito e ordinato è un ambiente che “non nasconde” le inefficienze e i “guasti” e permette di applicare la Qualità Totale; SEIKETSU – sistematizzare o standardizzare: definire procedure costanti e continuare le attività di razionalizzazione delle risorse e degli spazi lavorativi; SHITSUKE – mantenere e sostenere: fare sì che pensare ed agire e non solo le azioni messe in campo, siano pervasivi di tutte le attività e i processi nel tempo.
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Tutto qui? Viene da chiedersi “Tutto qui?”, oppure ricordare alcune frasi ricorrenti nella nostra infanzia “mio padre diceva sempre: ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa!”. È proprio in questa “banalità” che si costruisce e agisce la distanza enorme che divide il nostro mondo dal mondo Toyota. In Toyota ciò che appare banale è fonte primaria di insegnamento, le cose semplici e le azioni che semplificano sono quelle a cui rivolgere i maggiori interessi e attenzioni. L’atteggiamento è umile, non sottomesso: ci si mette in ascolto e si cerca in profondità cosa un pensiero o un avvenimento insegna, non si da per scontato nulla e non ci si pone oltre le questioni ma ci si entra dentro con sensibilità per raccogliere elementi di miglioramento. Si vive la semplicità come un valore. Normalmente quando un formatore spiega le 5S si sofferma molto sugli ultimi due passaggi, sottolineando come noi occidentali siamo lontani dal modello giapponese perché non standardizziamo e soprattutto non manteniamo lo status di ordine. In parte è vero, ma con il tempo abbiamo maturato che non sono questi i passaggi fondamentali. Quando si parla di Seiketsu - Standardizzare, bisogna considerare che in Toyota standardizzano in continuazione, il che in qualche modo è per noi la negazione stessa dello standard. Creare uno standard significa condividere un modello per modificarlo, in quanto nel miglioramento continuo non può esistere una pratica che rimanga la stessa nel tempo, verrà trasformata non appena si sarà trovata una modalità migliore. Se seguissimo l’inerzia della nostra cultura “occidentale” diremmo: “perché standardizzare se poi dobbiamo di nuovo cambiare?” E invece standardizzare significa innanzitutto dialogare e discutere per trovare una situazione condivisa che diventi pratica comune, cosicché chiunque possa migliorarla. È l’espressione di un concetto dinamico. Riguardo il Shitsuke - Mantenere, il suo successo dipende molto dalla correttezza delle prime 3S, neppure i giapponesi sono in grado di mantenere un ordine perfetto quando i primi tre passaggi sono fatti in modo non corretto. Il carattere orientale, formato alla pazienza e alla cura, aiuta a mantenere oggetti e situazioni in buono stato; si curano le cose in modo che siano sempre funzionali, non le si trascura appena invecchiano. Anche qui esiste una cultura differente che rende più difficile da parte nostra il lavoro, ma non è nemmeno questa la S che fa la differenza. La seconda e terza S: Seiso - Pulire, Seiton - Ordinare, molto connesse tra loro, sottendono profonde differenze nel significato che diamo noi. La cultura della pulizia in Giappone è evidente e diffusa ovunque, se ne ha una sensazione immediata quando si arriva nel paese. Anche nel bar di maggior passaggio viene sempre offerta una salvietta in cotone, umida e calda, con cui pulirsi le mani prima di mangiare anche solo un panino. Ci
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sono innumerevoli “riti” alla base del concetto giapponese di pulizia; sono educati fin da piccoli ad essere i protagonisti delle loro azioni e pressoché tutti puliscono i propri ambienti, anche a scuola, dall’aula di studio alla mensa, alla palestra. Finita l’attività si pulisce, o meglio la pulizia fa parte dell’attività stessa. Sull’Ordine - Seiton, invece, esiste una profonda differenza con noi occidentali che studiamo tutti i modi possibili per ordinare al meglio, inventiamo migliaia di oggetti per il riordino, basta andare in un negozio per la casa, e troviamo idee per posizionare i nostri vestiti, per organizzare lo spazio per i calzini, quello per le cinture e per le cravatte, cassetti che si aprono su altri cassetti, contenitori che entrano dentro altri contenitori, così da poter sistemare in poco spazio tantissimi capi, e pure in ordine. È istintivo pensare di essere bravi, ingegnosi, di aver ottimizzato spazio e risorse. Ma un giapponese direbbe che questi strumenti di riordino sono controproducenti, perché portano ad avere più cose incastrate l’una all’altra: un armadio così strutturato è difficile da mantenere in ordine, e loro non ci provano neppure. Ma il vero segreto delle 5S sta nella prima S: Seiri - Separare: i giapponesi sono di certo bravi a ordinare, pulire, standardizzare e curare, ma soprattutto sono eccezionali nel separare. Hanno una capacità anche emotiva e affettiva che permette loro di “liberarsi” di ciò che non serve, di snellire i processi, di far respirare gli ambienti e i luoghi. Ed è qui la differenza sostanziale: se, ad esempio dovendo riordinare cento magliette in un armadio, quando le si separa, ottanta vengono tenute, bisognerà inventarsi un modo per suddividerle, così quaranta, le più usate, verranno posizionate nell’armadio in modo accessibile, altre venticinque, quelle utilizzate più di rado, riordinate in una scaffale alto dell’armadio e le ultime quindici, che non si mettono più ma a cui si è affezionati, sistemate in uno scatolone. In questo modo diventa quasi impossibile “mantenere” l’ordine. Ma se delle cento magliette se ne tengono solo dieci, quelle che veramente vengono usate e che piacciono, allora sarà difficile il contrario: ovvero non mantenere l’ordine. Infatti le dieci magliette non occuperanno tanto spazio, si sa sempre quali sono e dove sono e usarle sarà facile e piacevole. Viagg io in Giappone Andare in Giappone è un viaggio molto impegnativo, innanzitutto per la distanza, per noi dall’altra parte del pianeta, ma soprattutto perché una volta arrivati è immediata la percezione di un “diverso” da noi così esplicito da affascinare e intimorire allo stesso tempo. Non è questo il contesto dove raccontare il nostro vissuto in Giappone così intenso e complesso, ma per Solea il fatto di aver vissuto un’esperienza direttamente nel paese di origine del Lean è stato un passaggio fondamentale.
Proporre il Lean, dopo il viaggio in Giappone, è diventato insieme più semplice e più “vero”. I giapponesi ritengono che per lavorare bene, per costruire la Qualità Totale, sia indispensabile “andare a vedere”; loro lo chiamano Gemba e noi lo traduciamo con “Go and See”. Solo nel luogo in cui accadono le cose si possono comprendere cause ed effetti del proprio operare. Ci sono moltissime cose che rimangono impresse da un viaggio in Giappone, nel vissuto quotidiano e nelle visite aziendali; come “sfida” Lean, di massima sintesi, ne proponiamo una, lo Specchio. Oltre ad essere il simbolo di un libro bellissimo che cerca di spiegare il mondo giapponese e il loro modo di pensare e vivere, è anche un oggetto che si trova entrando nelle linee di produzione e negli uffici delle aziende. È stranissimo, eppure è così: all’ingresso della fabbrica ci si trova davanti ad uno specchio che permetta di visualizzare l’intera persona. A cosa servisse l’ha spiegato il Sensei – la traduttrice – che ci accompagnava: quando una persona arriva sul posto di lavoro è importante che veda come si presenta. Lo specchio, lontano da essere lo strumento per agghindarsi viene proposto per restituire lo “stato” fisico e psicologico con cui si affronta la giornata di lavoro. Se si arriva stanchi, assonnati, poco concentrati perché la sera precedente si è mangiato e bevuto troppo o dormito troppo poco, lo si vede subito! Non toccherà al capo o al collega dare dei rimandi perché si è consapevoli del proprio stato. Sappiamo bene che non è necessario guardarsi per conoscere come stiamo ma è altrettanto vero che il fatto di “scontrarsi” con la propria immagine toglie qualsiasi alibi o giustificazione. Lo specchio viene utilizzato come primo strumento nell’ambito della Sicurezza, tema sempre più centrale nel mondo del lavoro; i giapponesi, anziché inventare mille dispositivi di protezione individuale (D.P.I.), si concentrano su migliorare l’ambiente nel quale si lavora e responsabilizzare direttamente il lavoratore, che a quel punto saprà fare buon uso di qualsiasi dispositivo occorra. Il passaggio significativo che fanno in tutti i loro lavori è che la responsabilità prima è della persona, che può e sa gestire situazioni ed eventi perché, come dice T. Onho, innanzitutto, pensa. Cosa significa applicare il Lean Lean è un approccio, un modo di pensare – Lean Thinking –, che punta l’indicatore del miglioramento continuo, il Kaizen, verso sé stessi e verso la propria organizzazione, interrompendo il ricorso ad alibi e giustificazioni e ricercando la qualità totale. Lean è diventato un’area di lavoro a cui Solea dedica molto tempo ed energia soprattutto dopo aver toccato con mano i risultati sorprendenti che l’applicazione dei suoi strumenti consente di raggiungere, non solo in termini di profitto e efficienza, ma anche di benessere per le persone
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che ci lavorano. Solea infatti nasce con una forte spinta per il miglioramento della condizione di lavoro nelle organizzazioni, a partire dalle persone. I risultati di efficienza ed efficacia che derivano da un intervento Lean, vanno sempre tradotti nel benessere che i lavoratori ne traggono e non sono mai fini a se stessi. Per chiarire questo concetto riportiamo qui di seguito la testimonianza di due persone, figure dirigenziali, l’una di un ente pubblico, l’altra di un’organizzazione appartenente al privato sociale, che hanno avuto modo di conoscere Solea durante una settimana Kaizen e in generale per l’applicazione di strumenti Lean.
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Il sindaco di Rivalt a Torinese, Mauro Marinari Era il maggio 2012 quando mi sono insediato sulla poltrona di primo cittadino a Rivalta di Torino. Come un allenatore che cambia team, mi sono ritrovato a confrontarmi con una squadra di dipendenti comunali che non avevo potuto scegliere direttamente. Con la progressiva riduzione di unità lavorative, dovuta al blocco delle assunzioni e alla forte riduzione della mobilità esterna contemplata nel famigerato “patto di stabilità”, e nel contempo con la richiesta di ulteriori carichi di lavoro, gli uffici versavano in grande difficoltà ed era necessario trovare nuove forme di organizzazione e di pianificazione delle attività che dessero slancio ed entusiasmo ai lavoratori. Nel 2013 partecipai ad un seminario in modo un po’ casuale, più per curiosità che per interesse e venni a conoscenza dell’esperienza di formazione e di riorganizzazione che l’associazione Solea portava avanti con metodi innovativi. Fu così che scoprii la Lean Organization: l’organizzazione snella che punta alla massima efficienza ed efficacia, e che sembrava fatta a pennello per l’esigenza di rilanciare e ottimizzare il lavoro di alcuni servizi dell’amministrazione comunale. Attraverso incontri propedeutici, già a fine del 2013, cicli di formazione e settimane intensive siamo riusciti ad applicare questa metodologia in particolare negli uffici dell’Anagrafe, dei Demografici e dello Stato Civile. Il risultato è stato sorprendente: il personale ha ripreso entusiasmo, scoperto nuove motivazioni e imparato a lavorare in gruppo. Grazie a una programmazione degli adempimenti e del funzionamento degli uffici abbiamo liberato “tempi morti” e eliminato procedure farraginose; il livello di gradimento e soddisfazione dei cittadini è aumentato in modo vertiginoso grazie anche ai tempi di attesa dimezzati. Tutto questo grazie alle competenze messe in campo dalle formatrici di Solea che hanno seguito costantemente, per un lungo periodo, il personale degli uffici coinvolti, attraverso periodici monitoraggi e un
efficace ri-orientamento dell’organizzazione del lavoro. Dall’essere un servizio vissuto dai dipendenti come luogo di continua frustrazione, i Servizi Demografici hanno recuperato dignità e riconoscimento positivo da parte dell’utenza e il Sindaco, di riflesso, ha guadagnato punti nella classifica di gradimento dei propri con-cittadini. Mauro Marinari
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Il presidente di Etica nel Sole, Davide Curci Etica nel Sole è una cooperativa che opera nel campo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico. Siamo un gruppo di persone che ha costruito da sé la propria competenza e la propria organizzazione e questa è insieme la nostra forza ed il nostro limite. Personalmente conosco Marialessandra da molti anni e parlando con lei, proprio dei nostri limiti, cioè della tendenza a superare i problemi organizzativi aumentando in modo esponenziale l’energia e le risorse dedicate al lavoro pur di raggiungere il risultato, abbiamo iniziato a riflettere sull’opportunità che Solea ci supportasse per rendere più efficiente la nostra organizzazione. Mi sono lasciato affascinare dalla Lean Organization e da quanto potesse essere calzante applicarla ad una organizzazione come la nostra. Tutta la struttura è stata coinvolta in una prima formazione sul metodo Lean e sui possibili risultati. Abbiamo in seguito deciso di esplorare nel dettaglio il sistema di gestione delle nostre commesse concentrandoci su una delle nostre attività principali. Analizzando nel dettaglio le singole attività che compongono la gestione della commessa abbiamo evidenziato un gran numero di “passaggi” sui quali si possono fare dei miglioramenti riducendo gli sprechi di tempo, di energia e di risorse. Tutto ciò ha reso evidenti le enormi potenzialità della Lean e ci ha presentato un quadro illuminante della mancanza di efficienza del nostro modello organizzativo attuale. Grazie a Solea ci siamo immersi in un ambito mai sperimentato anche se teoricamente conosciuto. È stato solo un assaggio che ci ha permesso di constatare l’efficacia del metodo ma anche di comprendere che il reale successo lo si ottiene lavorando sulla cultura aziendale affinché la LEAN diventi un processo automatico messo in campo ogni volta che si affronta un progetto. Davide Curci
Concludiamo riprendendo come nella citazione a inizio capitolo una frase di Taiichi Ohno, ingegnere-capo Toyota, creatore del Toyota Production System, noto per la sua teoria sugli sprechi: “Le risorse umane sono qualcosa al di sopra di ogni misurazione. Le capacità di queste risorse possono estendersi illimitatamente quando ogni persona comincia a pensare”.
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Marialessandra incontra Giuseppe Negro Giuseppe Negro, laureato in ingegneria meccanica con indirizzo in tecnica aziendale presso il Politecnico di Torino nel 1978, è oggi responsabile dell’area consulenza per la Maggioli Spa, e nei suoi quasi quarant’anni di lavoro ha costruito un cv Lean infinito.
Giuseppe Negro è il nostro maestro “lean”, lo incontriamo la prima volta nel 2012, a Forlì. Tiene un seminario sul Lean applicato ai servizi della Pubblica Amministrazione, proprio ciò che Solea vuole sviluppare. Sentiamo che è una persona speciale, estremamente competente ma ci piace soprattutto per come parla delle persone, perché cita Adriano Olivetti, perché fa riferimento all’arte e nello specifico a Van Gogh. A conclusione del seminario, andiamo a parlargli e così scopriamo che vive vicino a Torino e che è disponibile a incontrarci. È l’estate del 2012 quando Marialessandra lo incontra a Porta Susa e da allora inizia una collaborazione che continua ancora oggi, lui ha 2 libri in mano che le regalerà, trattano del Lean applicato nella Scuola e del Capo Allenatore, temi entrambi cari a Solea. Esattamente quattro anni dopo, nell’estate del 2016 si rivedono a Porta Susa, questa volta è Marialessandra che ha un libro per lui, e una richiesta: del tempo da dedicare ad un’intervista.
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Quando hai incontrato il “Lean” e cosa ti ha colpito magg iormente? Ho incontrato la “Qualità Totale” nella seconda metà degli anni ’80, la parola Lean non era ancora stata coniata, ma l’interesse per i metodi che i giapponesi applicavano nel mondo del lavoro iniziava appunto in quel periodo. Sono rimasto affascinato innanzitutto dai maestri, i Sensei giapponesi con cui ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare in quegl’anni: R. Fuduka padre della qualtià totale e ideatore di strumenti causa-effetto e A. Parasuraman “Parsu” padre della Customer Satisfaction e ideatore di strumenti per la valutazione della soddisfazione dei clienti. Mi hanno conquistato i nuovi “Focus” che applicavano ai processi lavorativi: la Qualità Totale, ovvero un’attenzione diffusa a tutte le fasi del processo e a tutte le aree di un’azienda di ciò che viene definito come qualità; e quella che oggi si sente citare in continuazione, anche se non sempre seguita da una reale politica aziendale, il Customer Satisfaction, ovvero considerare la soddisfazione del cliente al centro del proprio lavoro. Ricordo che mi hanno subito convinto anche gli strumenti che utilizzavano già allora con molto Visual, e con una costante connessione fra effetti e
cause, in particolare il diagramma SEDAC e il metodo di valutazione. Nei primi anni ’90 ho lavorato per il Gruppo Galgano ed è lì che ho incontrato questi maestri con il mandato di “tradurre” per il Service i concetti Lean applicati da sempre nel Manufacturing. Nei primi anni del 2000 ho iniziato ad applicare gli strumenti e metodi Lean nell’ambito delle organizzazioni di servizio, assicurazioni, banche ma anche grandi imprese statali come l’Enel, e in generale le P.A.
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Qual è la Rivoluzione “Lean”? La vera rivoluzione della filosofia Lean, purtroppo in parte disattesa, è la relazione con le persone. Di fatto è questo che mi ha coinvolto da subito e che ancora oggi è il paradigma su cui baso i miei interventi di consulenza aziendale. Appena laureato, ho trascorso molto tempo sulle linee di lavoro, fra gli operai alle macchine utensili e ho ancora impresso il rumore delle presse, i gesti affaticati del lavoratore, il clima alienante della fabbrica; ricordo che già allora volevo fare qualcosa di significativo per modificare questa condizione. Il Lean si basa sul miglioramento continuo, sulla possibilità di migliorare processi e condizioni a piccoli passi, e questo miglioramento vede come protagonista dell’agire la persona stessa che lavora perché è quella che meglio di chiunque vive, vede, sente il suo lavoro e dunque può modificarlo in positivo. Riconsegnare al lavoratore la responsabilità del suo agire, riconoscere le sue capacità e potenzialità, attivare un percorso di dialogo e di elaborazione sono azioni fondamentali per costruire l’ambiente che rende vincente un’azienda, un ambiente in cui le persone lavorano volentieri, con volontà, consapevolezza e impegno.Il disagio maggiore che oggi vive il lavoratore è dovuto a due questioni principali: non sapere dove i capi lo stanno portando; non sapere cosa i capi stanno pensando di lui. Sono due interrogativi a cui i capi sono tenuti a rispondere in modo serio e professionale. Dare una risposta a queste domande permette alle persone di lavorare meglio e all’organizzazione di orientarsi e di aumentare il valore del suo operare. Come si concilia l’azione di “ascolt are” la personalavoratore e quella di “mettere”il cliente al centro? Effettivamente possono nascere dei conflitti tra le due azioni. Generalmente non penso che valgano solo dinamiche di comunicazione e decisione bottom up; è necessario che anche il managment si assuma le sue responsabilità e guidi in modo attento e consapevole l’impresa. Le organizzazioni più interessanti con le quali ho lavorato hanno sempre avuto una seria e forte “direzione per politiche”, ovvero l’esplicitazione –
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non solo comunicativa – delle politiche aziendali con la capacità di declinarle in sfide motivanti e in mete raggiungibili. Queste politiche vengono costruite mettendo al centro il cliente e poi vengono agite valorizzando al meglio le persone che lavorano nell’organizzazione. In tal modo il managment orienta e indirizza verso il deployment ma declinando e negoziando le azioni con i propri lavoratori. Non è facile, non esistono bacchette magiche, solo impegno, fatiche, prove, errori, esperimenti. Però è l’unica strada percorribile per avere un’organizzazione sana e delle persone coinvolte in modo positivo nel loro lavoro. Ci sono strumenti più efficaci di altri, o semplicemente alcuni a cui sei particolarmente affezionato? Ogni consulente ha nella sua cassetta degli attrezzi alcuni strumenti che usa più volentieri e che sa maneggiare in modo più efficace di altri, però prima di parlarne vorrei fare una premessa fondamentale. Lo strumento in sé può essere utile, a volte effettivamente rivoluzionario, ma deve essere utilizzato correttamente e questo significa che bisogna avere chiare due questioni essenziali: la prima l’abbiamo già citata e riguarda le persone, non ci si serve di strumenti per confermare proprie tesi o orientare decisioni altre, bisogna essere trasparenti e onesti con le persone con cui si lavora, inutile pensare che il capo sbagli a “catalogare” una persona se anche il consulente-formatore agisce secondo gli stessi parametri. La seconda nasce da un approccio rigoroso e profondo dell’agire, che possiamo sintetizzare con il Metodo Scientifico ovvero l’utilizzo di dati che sono stati raccolti in modo serio e completo, che vengono letti ed elaborati con le procedure e gli scambi necessari e che sono continuamente aggiornati con la logica del PDCA (Plan-Do-CheckAction). Non ci sono scorciatoie, ma i risultati possono essere sorprendenti: ho visto persone modestissime divenire Imprenditori Scienziati! Prima di intraprendere una consulenza Lean e poi durante e dopo, bisogna leggere e formarsi e fra le letture quella del Capo Allenatore è una delle più interessanti, perché costruisce la relazione corretta nell’intervento. Sempre prima di entrare in campo conviene “affiancare” un esperto, osservare attentamente, domandare. Per gli strumenti si aggiunge ancora un altro aspetto: il modo migliore per usarli è averli sperimentati direttamente prima. Solo dopo averli vissuti si è effettivamente in grado di declinarli rispetto ai risultati attesi e all’ambiente in cui ci si trova ad agire. Di seguito due degli strumenti che uso maggiormente, sono entrambi Visual perché permettono una comunicazione immediata e coinvolgono nello stesso tempo tutto il gruppo. Il già citato SEDAC (Sistem Effect Diagram with Additional Cards) che permette di lavorare su tre aspetti: 1. manifesta le possibili cause
e permette uno studio delle stesse approfondito e standardizzato attraverso il diagramma di ishikawa, noto anche come lisca di pesce; 2. esplicita graficamente gli effetti evidenziando con i dati quale è il risultato atteso; 3. evidenzia il percorso di lavoro delle singole persone strettamente connesso al lavoro di ricerca cause e proposta di soluzioni nella direzione della meta. Un altro strumento che uso sempre, anch’esso Visual, è il VSM (Value Stream Mapping) e si rifà al secondo principio Lean, la Mappatura che consente di declinare un processo di lavoro in tutte le azioni necessarie potendo così indagare sui tempi e modi delle singole fasi e in quello spazio generalmente non visibile fra una fase e l’altra. È un utilissimo strumento di analisi e permette di progettare interventi mirati ed efficaci.
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Perché applicare il Lean ogg i? Un consiglio per Solea? Il Lean è un metodo efficace che permette di eliminare, o cmq diminuire, gli sprechi e quindi, soprattutto oggi, periodo di forte crisi di risorse, risponde perfettamente ai bisogni delle organizzazioni. In particolare risponde a tre ordini di questioni: la competitività, anche nel pubblico; il recupero efficienza e produttività; il coinvolgimento delle persone. Ultimamente ho avuto modo di applicare il Lean nella sanità e mi rendo conto che sta dando grandissimi risultati, a partire dal pronto soccorso fino a coinvolgere blocchi completi e reparti interi. Il Lean riesce ad essere maggiormente visibile in situazioni dove esistono anche delle “macchine” e non solo procedure ma di fatto porta ugualmente dei miglioramenti. Come dicevo nella sanità è maggiormente visibile e la risposta del cliente è immediata e “appassionata”. Il consiglio per Solea e per chi si occupa di Consulenza Lean è quello di organizzare eventi, seminari o altro, nei quali spiegare e promuovere i concetti Lean, mostrare esempi e risultati, far testimoniare persone che lo hanno applicato, perché è un metodo insieme innovativo e snello, rivoluzionario e concreto che non può non coinvolgere e appassionare.
Ci salutiamo dopo un’acqua tonica per rinfrescare il clima caldo dell’estate e della chiacchierata. Alla prossima allora con nuove esperienze Lean!
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B I B L I O G R AF IA
LEAN THINKING – Womack, Jones – Guerini e Associati 1997 La traduzione esatta è “Pensiero Snello” perché prima di essere una serie di strumenti da utilizzare il Lean è una filosofia. Non un diverso programma manageriale ma un nuovo modo di ragionare, essere e agire per cambiare il mondo. IL SISTEMA TOYOTA PER LA P.A. – Alberto Calgano – Guerini e Associati 2006 È un libro breve, sintetico e altrettanto chiaro e efficace. Descrive gli strumenti, come utilizzarli e quale ricaduta producono. Interessante la prima parte sui “perché” la P.A. continua a riprodurre gli stessi errori. L’ARTE DI MIGLIORARE – Arnaldo Camuffo – Marsilio: i Grilli 2014 È un libro con molti esempi di eccellenza e di imprenditoria italiana. La prefazione è di J.P.Womack e ben introduce lo scritto che riesce a unire teoria ed esperienze reali. Rilancia il futuro Made in Lean Italy. LA QUALITÀ TOTALE – Alberto Galgano – Guerini Associati 2008 Libro molto interessante che spiega il successo della Toyota a partire dal Cliente, ovvero quando la soddisfazione percepita dal cliente è al centro di tutte le energie dell’azienda. LO SPIRITO TOYOTA – Taiichi Ohno – Einaudi 2004 Bellissima introduzione di Marco Revelli a uno dei pochi scritti da giapponesi sul “Lean”. Sguardo politico sociale e non solo tecnico che storicizza processi di trasformazione. MANAGER ALLENATORE – Giuseppe Negro – Il sole24ore 2001 Presentazione di Dino Zoff, a partire dalla sua esperienza propone la figura di coach anche nei ruoli managerali: appassionato e strategico, sente forti e chiari la meta e il desiderio di raggiungerla. IL MAGICO POTERE DEL RIORDINO – Marie Kondo – Vallardi 2011 Libro straordinario che mette in crisi e insieme libera la persona dalla relazione con gli oggetti, che siano vestiti o libri o oggetti cari.
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