QMagazine Speciale Italia

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1° numero 2020 - Issue n° 23 -Travel & Lifestyle € 6,90

1° numero 2020 - Issue n° 23

Per lui, per lei, per te

INCLUSION

INTERVIEW

Il primo Sindaco trans d’Italia

Google, alleata della comunità LGBTQ+

TRAVEL Il rifugio di Oscar Wilde

ARTE L'amore e il mito di Ganimede




ABCDEFGHIJKLGBT+: Zurigo celebra la diversità. La vivace città sulle sponde della Limmat offre da anni una variegata gamma di eventi e feste, con manifestazioni di spicco quali il White Party, il festival cinematografico Pink Apple o lo Zurich Pride Festival.

zuerich.com/lgbt

#visitzurich

LGBT+, Zürich, Svizzera.


1° numero 2020 - Issue n° 23 -Travel & Lifestyle € 6,90

1° numero 2020 - Issue n° 23 -Travel & Lifestyle € 6,90

E D I T ORIALE T R AV E L Dall’arte al design i segreti arcobaleno della città Meneghina Q M A GAZINE PER V O I 12 STRAF - hotel&bar T R AV E L 14 Chiamami col tuo nome e la ribalta di Crema Q M A GAZINE PER V O I 18 Grand Hotel et de Milan***** Aqualux Hotel SPA Suite & Terme Bardolino T R AV E L 22 Gli amorazzi ‘tra ufficiali, re e dame: tutta un’altra storia’! La passione omoromantica di Thomas Mann a Venezia Sulle orme di Pier Paolo Pasolini La prima rivoluzione nella storia per i diritti LGBTQ I N C L U S IO N 36 Jack il cane sentinella TREND 40 Man beauty routine P H O T O S H O O TING 44 T R AV E L 24 I racconti silenti della città eterna A RT E 58 L’amore e il mito di Ganimede C ULT URA E ALIMENTAZIO NE 64 La cucina che educa: cibo alla base S F UM ATU RE DI G RIG IO 68 “La Ciociara” una bellezza senza tempo T R AV E L 72 L’omosessualità e la Sessualità in antichità Napoli, Pompei e Capri I N T E RVIEW 75 Fabio Vaccarono T R AV E L 76 Salento location LGBTQ+ a tante stelle La punta d’Italia tra due mari e la cultura dell’inclusività Il rifugio di Oscar Wilde e di numerosi artisti U N I ONI C IV ILI 84 M OD A E TENDENZE 88 Serravalle Designer Outlet Q M A GAZINE PER V O I 90 Armani Hotel Milano T R AV E L 92 Sardegna selvaggia e suggestiva, tra spiagge naturalistiche e mare cristallino I N C L U S IO N 96 Una rivoluzione gentile WH AT ’ S INN? 98 V I TA D A C RO S S DRES S ER 100 Verso un mondo migliore C ON T RO EDITO RIALE 102 Alessio Virgili Alessandro Cecchi Paone

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SO M M AR I O

Per lui, per lei, per te

S O M M A R I O

Per lui, per lei, per te

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INCLUSION

INTERVIEW

Il primo Sindaco trans d’Italia

Google, alleata della comunità LGBTQ+

TRAVEL Il rifugio di Oscar Wilde

ARTE L'amore e il mito di Ganimede

INCLUSION

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Il primo Sindaco trans d’Italia

Google, alleata della comunità LGBTQ+

TRAVEL Il rifugio di Oscar Wilde

ARTE L'amore e il mito di Ganimede

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Q M AGAZIN E DIRETTORE EDITORIALE: Andrea Cosimi DIRETTORE RESPONSABILE: Letizia Strambi GRAFICA E IMPAGINAZIONE: Monica Sotgiu ILLUSTRAZIONE DI COPERTINA: Marzia Fabiani IN REDAZIONE: Giovanna Ceccherini, Calogero Pirrera SEGRETERIA DI REDAZIONE: Teresa Dalessandri HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Francesca Galli, Valentina Arca, Mauro Fanfoni, Emanuela Nichetti Assessore Cultura, Turismo e Pari opportunità Comune di Crema, Giorgio Romano Arcuri, Carlo Lanna, Roseli Riva, Elisa Dal Bosco, Rossano De Cesaris, Dario Pennisi, Arnaldo Riccio, Andrea Fiorillo, Michela Calabrò, Emanuele Liotta, Antonia Monopoli, Giovanni Blasi. EDITORIALISTI: Alessandro Cecchi Paone, Stefano Ferri, Alessio Virgili FOTO CONCESSE DA: stock.adobe.com, alamy.it, dreamstime.com, unsplash.com, Friendly Piemonte e Associazione Quore di Torino FOTOLITO E STAMPA: Pixartprinting EDITORE: Sonders and Beach Italy s.r.l. Sede di Milano - Via San Gregorio, 27 - 20124 Iscrizione ROC Lombardia n. 21970 ADVERTISING: www.q-magazine.it marketing@sondersandbeach.com n° 01- 2020 semestrale primavera/estate Autorizzazione del Tribunale di Milano del 23.01.2019 n° 11/2019 Iscrizione R.O.C. Lombardia n. 21970

Aderisce a:

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© Matteo Carnevali \ Save the Children

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VIAG G I O IN ITA LI A

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e bandiere sono alle finestre. Il tricolore non ha nulla a che fare con il mondiale di calcio stavolta. Celebra una forza che emerge in Italia durante i periodi più bui e questo è senz’altro il peggiore per le ultime generazioni. Nulla sarà più come prima ci hanno detto e noi ci abbiamo creduto. Non possiamo però ritornare indietro a quando si viaggiava poco e in pochi, non possiamo credere che non ci sarà spazio per tutti quelli, come noi, in cerca continua di scoperte e vita. Quindi l’invito che vi facciamo, è quello al “Viaggio in Italia”, non come Goethe, con la sua meraviglia forse, ma anche con il rinnovato spirito di questo millennio, in un Paese migliore dal punto di vista umano. È l’occasione per scoprire tre quarti del Patrimonio Mondiale dell’Umanità in questa spettacolare Italia, per lasciare stare l’aereo a favore della meraviglia di un micromondo, quello che ci circonda. Abbiamo le montagne in ogni Regione, laghi, mare, città d’arte. La natura ci aspetta nella sua versione più gloriosa, dopo questa tregua che le abbiamo dato, che ci ha imposto. Guarderemo ai monumenti, alle chiese, alle fonta-

ne, alle piazze con altri occhi, quelli dell’attenzione. Non passeremo più davanti con passo affrettato, memori di quando siamo stati costretti a vedere tutto solo attraverso uno schermo digitale. Su questo numero di Qmagazine il nostro è un Viaggio in Italia da Nord a Sud, tra arte, design, moda, degustazioni, in cornici che solo noi promettiamo al mondo dalla nascita del turismo. La copertina, realizzata da Marzia Fabiani, vi racconta questa volta di un’Italia pronta a rialzarsi: un crepuscolo che si allunga tra i colori unici della nostra architettura, sembra di ascoltare in lontananza i vociare dei bambini in strada che si mischia al trillare delle rondini, alle campane di una chiesa, al mormorio delle onde del mare, mentre profumo del sugo si spande nell’aria tra i lampioni in ferro battuto e una balconata di marmo bianco, come ci sono nei quadri del Veronese, di Piero della Francesca. E giù per le scale, verso domani, due ragazze mano nella mano. Ci auguriamo per voi questa spensieratezza, immancabile per il viaggiatore LGBTQ+, persino nell’estate 2020, quella che passerà alla storia: siatene i protagonisti. Andrea Cosimi

E D I T O R I A L E

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DALL’ARTE AL DESIGN I SEGRETI ARCOBALENO

DELLA CITTÀ MENEGHINA Milano, la città del business, la metropoli che non dorme mai, la patria di culture diverse. di Francesca Galli

di Mauro Fanfoni

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Sala delle Asse, Leonardo Castello Sforzesco

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a città più inclusiva d’Italia, conosciuta come città della moda e del design, racchiude in sé un meraviglioso connubio di arte, cultura, storia e tradizione; un connubio che incontra pienamente le esigenze del viaggiatore gay. Partendo dalla straordinaria figura di Leonardo da Vinci, che visse per più di vent’anni nel capoluogo lombardo, è possibile ripercorre alcune tappe fondamentali della gay life milanese. Leonardo da Vinci, genio indiscusso del Rinascimento, scienziato, pittore, architetto, ingegnere, coreografo ed inventore dalla personalità eccentrica, grazie alla sua mente superiore, ha reso l’Italia il “paese della conoscenza e dell’arte”. Nato ad Anchiano (vicino a Vinci) nel 1452, ha vissuto a Firenze fino al 1482, anno in cui si traferì a Milano per mettersi al servizio di Ludovico Sforza, detto il Moro, che gli diede protezione e lavoro. Durante la sua permanenza a Milano, Leonardo fu perseguitato e condannato a causa del-

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Leonardo Da Vinci 3D

la sua omosessualità. Ciò nonostante ebbe diverse relazioni e si innamorò di uno dei suoi allievi, Gian Giacomo Caprotti, soprannominato da lui stesso “Salaì”. Salaì - il cui nome deriva da Salaino (“diavolo”) - era un giovane di bell’aspetto verso il quale

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San Giovanni Battista Leonardo da Vinci

Gioconda e Salaì

Leonardo provava una fortissima attrazione. Era un ribelle, un imbroglione, un ladro in grado di accettare la personalità stravagante, turbolenta e scontrosa dell’artista. Per questo motivo, probabilmente, pur essendo consapevole della natura travagliata del suo amante, Leonardo se lo portò con sé per quasi tutta la sua vita. Addirittura, si pensa che la figura del Salaì abbia influenzato alcune delle opere di Leonardo: il “San Giovanni Battista” per cui ha posato come modello e la “Gioconda” per cui ha funto da musa ispiratrice. Dal 1509 Leonardo da Vinci si legò particolar-

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mente ad un altro dei suoi studenti, Francesco Melzi, con cui visse gli ultimi due anni della sua vita (1517-1519). A lui lasciò in eredità tutti i suoi beni mobili, le sue carte e i suoi disegni. Una delle maggiori testimonianze dello strabiliante lavoro del genio rinascimentale nella città meneghina è il Castello Sforzesco. In particolare, la vena creativa ed inimitabile di Leonardo da Vinci si rispecchia nella “Sala delle Asse”, nonché l’ambiente più celebre del Castello. Quest’ultimo comprende anche il “Museo della Pietà Rondanini” dove è

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possibile ammirare uno dei più grandi capolavori di Michelangelo, altro grande artista omosessuale. Per comprendere al meglio il genio e l’omosessualità di Leonardo da Vinci, Milano offre inoltre il “Museo delle Scienze”, la mostra “Leonardo da Vinci 3D” e la “Pinacoteca Ambrosiana” dove è conservato il ritratto al Salaì e il “Codice Atlantico”, ovvero la più grande raccolta di scritti e disegni dell’artista. Ancora, il “Museo del Cenacolo Vinciano” dove è possibile ammirare il murale più importante al mondo: “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci. Infine, è possibile visitare la “Vigna di Leonardo”, una vigna donatagli da Ludovico Sforza nel 1498 dove, ancora oggi, è possibile rivivere i segreti più intimi della vita dell’artista. Milano non è solo cultura, ma anche divertimento. Nel quartiere gay di Porta Venezia è possibile rilassarsi o scatenarsi in uno dei tantissimi locali LGBTQ+ friendly presenti nella zona. Dall’aperitivo fino a tarda notte tutta la comunità si riunisce per sorseggiare un cocktail, per una cena o semplicemente per due chiacchiere in buona compagnia. Tra i locali

Gay Pride, Milano

Pinacoteca di Brera

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Castello Sforzesco, Milano

più famosi del distretto rainbow sicuramente “Leccomilano – Un buco di bar”, “POP” e “Mono Bar”. Nel quartiere di Porta Venezia ogni anno, solitamente nel mese di giugno, si tiene il Gay Pride, evento divenuto ormai attesissimo in tutta Italia. Tanto che nel 2019 ha partecipato la cifra record di oltre 300.000 persone. Anche il quartiere Bohémien di Brera è uno fra i preferiti tra i turisti gay provenienti da tutto il mondo. Situato nel cuore della città, un tempo era luogo di perdizione per la comunità LGBTQ+ e non, ricco di bordelli e case chiuse. Oggi è un luogo elegante, ricco di artisti e studenti e punto di riferimento nazionale ed internazionale per il design. Qui si trovano la celebre Accademia delle Belle Arti, la Pinacoteca di Brera e la Biblioteca Nazionale Braidense. Brera è anche molto vicino al “Teatro alla scala”, luogo testimone di numerosi incontri segreti tra il XVIII e il XIX secolo.

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Navigli

RIVIVI QUESTA ESPERIENZA CON I TOUR DI:

untoldhistorytour.com

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HOTELS | RESTAURANTS | BARS | EVENTS mitown.it


ph. Meschina

UNCONVENTIONAL SPACE DAL CONCEPT INTELLETTUALE NEL CUORE DI MILANO STRAF HOTEL&BAR

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otel di design è ubicato nel centro della città, a pochi passi dal Duomo, dal Teatro alla Scala, dalla Galleria e Via Montenapoleone. Dispone di 64 camere incluse 2 Suites e 1 Executive Room, con terrazzini privati e vista sulle guglie del Duomo, 5 Wellbeing Rooms e 7 Relax Rooms. “Ho immaginato l’hotel STRAF quasi come un’istallazione, un concept da cui sono partito per la scelta dei materiali dai

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molteplici riferimenti a correnti artistiche contemporanee come l’Arte Povera, mentre il modo di trattarli appartiene a una metodologia progettuale profondamente legata all’etica/estetica che deriva dal riutilizzo e dalla ricollocazione in nuovi contesti, di oggetti e componenti di recupero.” commenta Vincenzo De Cotiis architetto, artista e designer che ha realizzato il progetto. La chiave dell’atmosfera particolare dello

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ph. Meschina ph. Meschina

ph. Meschina

STRAFhotel è proprio l’uso che il professionista ha fatto dei materiali. Individuati inizialmente per la loro pigmentazione naturale, sono stati trasformati attraverso interventi quasi esclusivamente manuali immaginando l’effetto finale che la luce avrebbe creato riflettendosi sulle superfici a seguito di manipolazioni e interventi, molti dei quali sperimentali. Così il cemento utilizzato per scale e pavimenti, l’ottone ossidato, l’ardesia tagliata a spacco, le garze invecchiate e strappate a mano, racchiuse tra lastre di vetro per creare elementi autoilluminanti, regalano un’atmosfera calda a dispetto dei materiali duri, spesso di provenienza industriale. Per il progetto dello STRAF, l’esigenza di svincolarsi dall’abituale serialità impersonale degli alberghi, ha portato a differenziare le tipologie delle stanze, creando seppur all’interno di spazi già predefiniti e compatti, ambienti caratterizzati da materiali combinati secondo due filoni principali: in ardesia oppure in cemento abbinato all’ottone brunito, con la presenza di pareti di specchio dall’aspetto volutamente usurato che moltiplicano virtualmente gli spazi. Lo STRAFhotel si identifica, quindi, come un luogo “per scelta”, una sorta di fuga dalla standardizzazione, che ha reso necessario il non utilizzo di arredi di produzione: dalla progettazione dei bagni allestiti con specchi graffiati e lavabi realizzati su disegno, prodotti in esclusiva per l’hotel, alle sedute progettate ad hoc, ai corpi illuminanti, tutto all’interno dello STRAF é stato ideato appositamente e rigorosamente su misura. All’interno lo STRAF bar è la finestra su strada dell’omonimo hotel, dal quale riprende i materiali base, un ambiente che vuole esprimere un concetto che richiama l’essenzialità, arte ed emozioni, dove il quotidiano si me-

scola e convive con il futuro. Lo spazio, sempre realizzato dall’architetto e designer Vincenzo De Cotiis, è una sovrascrittura della location attraverso un intervento iper decorativo: pezzi di recupero come il grande lampadario in plexiglass verde mela anni ’70, i pannelli sagomati in vetroresina riciclata con le lenti ottiche incastonate, gli sgabelli e il divano vintage in pelle marrone che convivono con altri elementi creati appositamente come le macro immagini serigrafate su metallo e il bancone, situato frontalmente rispetto all’ entrata, unico elemento di arredo realizzato ex novo.

STRAFHOTEL&BAR Via S. Raffaele 3, 20121 Milano Tel. +39 02 805081 Web www.straf.it Mail res@straf.it

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e la ribalta di

CREMA di Emanuela Nichetti Assessore Cultura, Turismo e Pari opportunitĂ Comune di Crema Fotografo: Gianluca Fiore Modelli: Barrett Pall e Teraj Allen

di Mauro Fanfoni

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UN FILM DI

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LUCA GUADAGNINO

Nomination Gotham Awards

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a città di Crema, piccolo centro urbano a poche decine di chilometri da Milano, rinomata per i famosi tortelli, è saltata alla ribalta del grande schermo grazie al film del regista Guadagnino “Chiamami con il tuo nome” vincitore dell’Oscar nel 2018. La storia d’amore che vede due giovani, Elio ed Oliver, coinvolti in una primordiale amicizia, poi attrazione reciproca e che è un tassel-

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Nomination Spirit Awards

lo essenziale nella loro crescita e maturazione, ha fatto il giro del mondo ed oggi Crema ed il suo circondario sono raccontati come i luoghi dell’amore autentico, della giovinezza spensierata, ma anche del disinganno e della solitudine, delle emozioni che costellano la crescita dell’individuo. Così Crema viene scoperta dal grande pubblico e diventa meta di escursioni e vacanze. La si scopre nella sua bellezza architettonica attraverso i luoghi che Elio ed Oliver frequentano durante le gite in bicicletta. Ed è così che si scoprono anche i sentieri sterrati che portano a Farinate ed a Ricengo, al ‘Laghetto dei Riflessi’, luogo incanto e magico che incorona il legame tra Elio ed Oliver; Moscazzano, dove si trova la villa dei genitori di Elio; Pandino e Montodine sempre a distanza di bicicletta da Crema. Ecco, anche la bicicletta è un elemento sempre presente in questa parte della Pianura Padana, dalla cultura agricola ed in cui ancora oggi numerose cascine sono collegate solo da strade sterrate. Tuttavia, è Crema a brillare per la sua ricchez-

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za architettonica e storica: iniziando dalla Piazza del Duomo, risalente ad epoca romana, poi fortificata durante l’annessione a Venezia. È il centro storico, attorno al quale si sviluppa la vita della città. È qui, in prossimità del Duomo e dei palazzi circostanti che Elio ed Oliver si scoprono reciprocamente. I portici del Municipio, la facciata rinascimentale del

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teatro San Domenico, il Convento di Sant’Agostino con il suo chiostro ed i due cortili che portano al Refettorio, la Basilica di Santa Maria della Croce, il Palazzo Terni-De Gregori e le mura che raccolgono l’intero centro storico, le Mura Veneziane, richiamano la tranquillità e la bellezza del piccolo centro italiano, in cui la vita rallenta i propri ritmi e concede tempo alla scoperta di luoghi e di sé stessi. Crema è il set di una delle più belle storie d’amore che siano mai state narrate. È la città che, per il suo autentico e puro stile italiano, tra bellezza architettonica e paesaggio, ha regalato al mondo la percezione di un Paese in cui tutto è speciale, anche una semplice storia tra due giovani amanti. RIVIVI QUESTA ESPERIENZA CON I TOUR DI:

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DOVE TUTTO SORPRENDE

ph. Silvia Rivoltella

GRAND HOTEL ET DE MILAN*****

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Milano, al civico 29 di via Alessandro Manzoni, splende il meraviglioso Grand Hotel et de Milan, che fin dal 1863 (tre anni dopo l’Unità d’Italia) è icona dell’autentica ospitalità meneghina. Il Grand Hotel et de Milan, fratello maggiore del moderno design hotel STRAF in Duomo, fu la prima struttura ricettiva costruita a Milano con un ‘plus’ importantissimo per l’epoca: la presenza in loco di un telegrafo. Fu proprio il telegrafo ad attrarre da subito le grandi personalità del tempo: da politici ad artisti, come Giuseppe Verdi, celeberrimo compositore d’opera (La Traviata, Nabucco, Aida…) che visse e compose qui per ben 27 anni, fino alla sua morte. Proprio a Verdi è dedicata la suite più bella, nella quale è possibile ancora trovare lo scrittoio sul quale venne composto il Nabucco ed il Falstaff. Gravemente danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale, il Grand Hotel et de Milan

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è rinato sotto la guida dell’architetto Giovanni Muzio, il padre dello ‘Stile Moderno’. Nel 1991 ha vissuto una ristrutturazione completa, in cui l’apporto tecnologico ha avuto un ruolo determinante. Tuttavia, lo splendore e l’elegante charme è rimasto inalterato. ‘Da qui è passata la storia d’Italia e del mondo’, ci raccontano Andrea Piantanida, General Manager e Silvia Fondrieschi, Communication & PR Manager. ‘Oggi siamo un punto di riferimento ben preciso per molti ospiti, che continuano a venirci a trovare da anni’. ‘La nostra è una Casa’ chiarisce Silvia ‘in cui riservatezza, privacy e tranquillità sono punti fermi. E non solo. Il Grand Hotel ed de Milan è scelto per la sua capacità di ispirazione che spesso gli artisti cercano e che qui trovano nelle suites dei grandi compositori, da Giuseppe Verdi a Lucio Dalla. I musicisti, anche i più innovativi e moderni, ci vengono a trovare perché sappiamo offrire il calore dell’ospitalità italiana con l’eleganza, il

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buon gusto ed il lusso mai chiassoso della Casa milanese.’ La sensazione che si prova al Grand Hotel et de Milan, fin dal momento in cui il doorman apre la porta d’ingresso, è quella di entrare in una realtà ‘altra’, ovattata, in cui tutto e tutti si adoperano affinchè ci si senta coccolati e riscaldati nel cuore. L’accoglienza nella piccola hall, elegantissima nei suoi arredi Deco’, la rastrelliera delle chiavi, ancora originale nel suo legno lucidissimo e certamente depositaria di innumerevoli storie e segreti, le persone, che vivono e lavorano nel Grand Hotel et de Milan, ecco, rendono l’accoglienza impeccabile. Negli arredi, originali, domina il Decò e l’Art Nouveau. I motivi floreali e bucolici che impreziosiscono mobili e sedute, i grandi specchi restituiscono un senso di leggerezza e di rinnovato fulgore, grazie anche ai restyling condotti negli ultimi anni, in cui la tecnologia ed il digitale hanno perfezionato e rinnovato l’offerta del Grand Hotel et de Milan. Il Grand Hotel et de Milan è proiettato nella vita milanese e ne è l’alfiere. Numerose sono le vetrine interne che espongono borse ed oggetti di design, gioielleria e profumi di grandi marche del gusto italiano. Restano inoltre testimonianze degli artisti che vi hanno soggiornato, da pittori celebri (De Chirico) a musicisti, a poeti e scrittori. Si racconta che Gabriele D’Annunzio, celebre poeta italiano di inizio XX° secolo fosse solito incontrare qui le sue numerose ammiratrici, mentre la celebre attrice e compagna Eleonora Duse, risiedeva al Vittoriale. L’opera editoriale e commemorativa del Grand Hotel et de Milan, disponibile in loco, è una miniera di storia: sul Libro d’Oro, tra ‘800 ed inizi ‘900 si annoverano ben 2900 personalità da tutto il mondo che hanno soggiornato qui, dal Re d’Italia al sultano di Persia e famiglie della nobiltà europea. Le 95 camere e suites sono titolate ai grandi nomi dell’arte che hanno lasciato traccia della loro presenza. Ognuna, diversa dall’altra, ricorda i personaggi più significativi che vi hanno soggiornato, anche con scenografie e materiali autentici a loro appartenuti. Tra queste, la Suite Giuseppe Verdi, la suite 306 dedicata ad Enrico Caruso (e ‘Caruso’ è una delle più belle canzoni scritte dal cantautore italiano Lucio Dalla, frequentatore del Grand Hotel ed al quale è stata dedicata una suite alla morte), la 405 alla pit-

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Grand Hotel et de Milan Ristorante Caruso

trice Tamara de Lempicka, la 303 ad Ernest Hemingway, la 112 a Rudolf Nureyev, la 114 a Maria Callas, allestita come la scenografia di un teatro, che lei adorava……Inoltre nello stesso libro si trova copia di un telegramma redatto da Giuseppe Verdi, proprio con intestazione ‘Grand Hotel et de Milan’. Scegliere il Grand Hotel et de Milan è una decisione consapevole per chi cerca pace, riservatezza e privacy. Per gli artisti e personaggi pubblici è il luogo dell’ispirazione e della ricerca. ‘Gli ospiti diventano parte di questa famiglia, perchè noi siamo un hotel di famiglia’, racconta Piantanida. L’ ospitalità è calda accoglienza, intesa come dono rivolto a tutti, senza pregiudizi, né remore. Oggi si parla molto di inclusività, di pari opportunità: qui si ha la percezione che spontaneamente e professionalmente questi non siano mai stati considerati problemi da risolvere. Una grande armonia nel lavoro, tra persone, e che si riflette sulle interrelazioni con gli ospiti. Tutti sono accolti, senza pregiudizi, davanti e dietro la reception, perché Grand Hotel et de Milan è la residenza milanese per eccellenza. Perché questa è autentica ospitalità italiana.

GRAND HOTEL ET DE MILAN Via Alessandro Manzoni 29 20121 Milano Tel. +39 02 723141 Web www.grandhoteletdemilan.it Mail reservations@grandhoteletdemilan.it

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AQUALUX HOTEL SPA SUITE & TERME BARDOLINO

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QUALUX Hotel SPA Suite & Terme Bardolino, rappresenta la destinazione ideale per trascorrere momenti di assoluto relax in un contesto di design dall’anima green. Primo hotel lgbt friendly del Garda , si trova in una delle località più belle della sponda orientale del lago, circondato da acque trasparenti, ulivi e vigneti. Immersi in una tale magia si potrà godere di quello che può essere definito uno dei fiori all’occhiello di questa incantevole struttura, l’AquaSPA & Wellness: uno spazio di 1000 mq dedicati al benessere e alla bellezza con cabine per trattamenti, saune, bagni a vapore,

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sere sarà totale e potranno essere creati anche percorsi di coppia personalizzati. Tra i vari rituali vale la pena lasciarsi coinvolgere da AQUASPA DREAM, oltre cento minuti di suggestione da vivere con il partner tra massaggi scelti in base alle proprie esigenze, saune rigeneranti, frutta fresca e due calici di Prosecco per rendere ancora più sfizioso questo momento. La medesima piacevole sensazione di benessere e relax potrà esserereplicata a casa grazie all’utilizzo dei prodotti della linea cosmetica Aquoleux - Aquoleux Acqua di Olive anti aging Spray e Aquoleux anti-aging Bath - creati in esclusiva dalla innovativa combinazione tra l’acqua del centro termale AQUALUXThermae e l’acqua di olive proveniente dal frantoio “Olio Viola”- azienda della medesima proprietà dell’hotel - che utilizza le migliori olive frante subito dopo la raccolta. una fontana di ghiaccio, un calidarium e un solarium, e un’area riservata esclusivamente alle donne con sauna divano e bagno al vapore. In questo contesto troviamo una vera e propria oasi di esclusiva privacy, la Private SPA, dedicata a chi desidera assaporare, non solo la piacevolezza di imperdibili trattamenti, ma vivere un’indimenticabile esperienza emozionale. Il coinvolgimento in una dimensione di benes-

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AQUALUX HOTEL SPA SUITE & TERME BARDOLINO Via Europa Unita, 24/B 37011 Bardolino (VR) - Italy Tel.: +39 045-6229999 Fax: +39 045-6229900 info@aqualuxhotel.com www.aqualuxhotel.com

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© Friendly Piemonte e Associazione Quore

GLI AMORAZZI

‘TRA UFFICIALI, RE E DAME: TUTTA UN’ALTRA STORIA’! ‘Torino è la capitale della scoperta. Il primo posto in cui io sono possibile’ - F. Nietsche di Giovanna Ceccherini di Mauro Fanfoni

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egione a nord ovest dell’Italia, il Piemonte offre dalle Alpi innevate ai laghi cristallini, dalle colline verdeggianti dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato (UNESCO), ai castelli e piccoli borghi che li costellano, al barocco piemontese di Torino e di altri centri minori. Una regione da scoprire, magari lentamente, in bicicletta e che sorprende per il profondo senso

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di accoglienza verso ogni turista. In particolare, la città di Torino, capoluogo di regione e storica capitale d’Italia nel XIX secolo con la famiglia regnante dei Savoia, è oggi guida nell’impegno verso la salvaguardia dei diritti LGBTQ+, tanto da avviare, nel 2018, un corso universitario sulla storia dell’omosessualità. In Piemonte il tempo si ferma, la vita rallenta i suoi ritmi affinchè il visitatore possa godere

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Torino

appieno dell’ottima cucina (il tartufo bianco di Alba, le nocciole, alla base della Nutella e dei cioccolatini Giaduiotti, il ‘bicerin’, caffè con cioccolato e panna fresca, vere godurie per palati golosi…) e degli ottimi vini che lo identificano: dalla merenda sinoira (una sorta di merenda rinforzata e sostanziosa, composta da ricette contadine e tradizionali) ai vini eccelsi di fama internazionale, come il Barolo ed il Barbaresco prodotti nelle Langhe (Cantine della Morra), a quelli più nostrani come il Barbera, il Grignolino, il Freisa, il Dolcetto, che identificano il Monferrato e che hanno vinto numerosi riconoscimenti nazionali . Qui, da citare i vini delle Cantine Marco Botto, di Sala Monferrato, prodotti da azienda familiare legata alla vitivinicoltura tradizionale da oltre 100 anni. Marco ed Angela Botto producono secondo criteri di sostenibilità ambientale e credono nei valori di quella sociale: per questo, le Cantine Marco Botto partecipano come sponsors all’evento di apertura della Convention Globale IGLTA 2020 a Milano con un’of-

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ferta di vini dedicati in produzione imitata. Il Lago Maggiore ed il Lago d’Orta, con le loro dimore d’epoca e ville di pregio, sono destinazioni sempre più ambite, in particolare come wedding destinations per le unioni civili: le isolette che punteggiano i laghi (Orta San Giulio sul Lago d’Orta; l’Isola Madre e dei Pescatori sul Lago Maggiore…) sono luoghi fermi nel tempo, magici, ideali per una fuga romantica o per godere del silenzio che ne caratterizza i verdeggianti litorali. Arona e Stresa sono cittadine ricche di vita, che offrono ospitalità in hotel lungolago dall’architettura Deco. L’occhio spazia all’orizzonte fino alle cime montane del Monte Rosa e del Parco Nazionale del Gran Paradiso, da cui nasce il fiume più lungo d’Italia, il Po. Qui, le Alpi innevate hanno accolto le Olimpiadi Invernali del 2006 e sono meta privilegiata per amanti della montagna e sciatori: da Pragelato a Limone Piemonte ed oltre. Tuttavia, è Torino che sorprende per la sua

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bellezza e regale austerità: la sua struttura urbana di origine romana (castrum romano) la rende facile da girare e da conoscere. Capitale d’Italia nel XIX secolo grazie alla famiglia regnante dei Savoia, ha mantenuto nel suo Palazzo Reale, nella Reggia di Venaria, nel parco della Mandria, le vestigia originali di quel gusto antico di puro barocco piemontese. Proprio l’ultimo Re D’Italia e Principe di Piemonte, Re Umberto, viene ricordato per i suoi ‘amorazzi’ omosessuali che lo resero particolarmente vulnerabile agli occhi del crescente regime fascista guidato da Benito Mussolini. Il futuro dittatore entrò in possesso di carteggi amorosi tra Re Umberto ed alcuni suoi ufficiali, che furono utilizzati a scopo ricattatorio contro ‘La stellassa’ (nomignolo usato in corte per riferirsi, in tono ironico al re e con significato di ‘stella’). Ancora, da visitare la Mole Antonelliana, oggi sede del Museo del Cinema, (il festival del cinema omosessuale ‘Lovers Film Festival da Sodoma ad Hollywood’ nasce proprio a Torino) ed il Museo Egizio (secondo nel mondo dopo quello del Cairo). Molto attiva nella tutela dei diritti sociali, To-

rino è oggi riconosciuta come una delle più importanti destinazioni LGBTQ in Italia, grazie alle numerose associazioni ed istituzioni (Friendly Piemonte, Quore, Arcigay…) che si mobilitano con case-famiglia, centri di ascolto e di aiuto sanitario per supportare i giovani della comunità LGBTQ+ in difficoltà. A Torino nasce nel 2001 il primo servizio lgbt comunale per il superamento delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere e dal 2006 ospita uno dei più frequentati Pride nazionali, che ha portato in piazza migliaia di cittadini torinesi. Per far conoscere la cultura LGBTQ+ sono stati creati percorsi dedicati, sotto il nome ‘Tuttaltrastoria’ che con guide gay/gay-friendly fanno conoscere le vicende piemontesi meno conosciute e nascoste. La Gay life è unica e molto attiva. Conosciutissima in città è la libreria Luxemburg, un book store con una vastissima scelta di libri a tematica LGBT*. I locali da segnare in agenda sono: Aperitivo Portafortuna e RhumMore, immancabile una serata al Centralino, Qimanji e Queever.

Torino

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LA PASSIONE OMOROMANTICA DI THOMAS MANN A VENEZIA

Tutto sul capolavoro “La morte a Venezia” di Thomas Mann e sulla sua rappresentazione al cinema da parte del regista Luchino Visconti di Giorgio Romano Arcuri

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ulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo… Tra loro si forma un fluido d’inquietudine e di curiosità esacerbata, un isterico bisogno, inappagato o innaturalmente represso, di conoscenza e di mutuo scambio, e soprattutto, infine, una sorta di ansioso riguardo: poiché l’uomo ama l’uomo e lo onora finché non è in grado di giudicarlo; e dall’incompleto conoscersi nasce il desiderio.”

di Mauro Fanfoni

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Queste parole, tratte dal romanzo breve “La Morte a Venezia” (titolo originale “Der Tod in Venedig”) del 1913 di Thomas Mann, riassumono la relazione tra i due protagonisti del libro, attorno alla quale ruota l’intera storia. È una relazione fatta soltanto di sguardi silenziosi quella tra Gustav Von Aschenbach, un famoso autore cinquantenne, desideroso di viaggiare e di riprendersi dai suoi problemi di salute, ed il giovane Tadzio, un adolescente in soggiorno al Lido di Venezia, al Grand Hotel des

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Morte a Venezia

Bains con la sua nobile famiglia polacca; una relazione che provoca in Aschenbach un “intimo turbamento”, un vero e proprio amore, vissuto interiormente ed in maniera esclusivamente platonica, nei confronti del ragazzo dal “volto pallido e gentilmente assorto, incorniciato dai capelli biondo miele”, dall’ “espressione soave e divina di gravità”, che ricorda quella delle “sculture greche di epoca aurea”. Questo classico della letteratura omosessuale, dichiaratamente autobiografico, è un piccolo capolavoro, facilmente leggibile, che pone al centro la bellezza non soltanto dei personaggi, ma anche dei suoi luoghi, ovvero quelli di una Venezia remota che, seppur nel racconto sia descritta come una città cupa, decadente, avvolta dalla nebbia, affetta da aria pestilenziale e da “un’afa repugnante” che pesa sulle calle, risulta al contempo splendida, sempre in grado di suscitare fascino per via dei suoi colori tremolanti, dei ponticelli e delle viuzze, che sembrano immergersi in uno “smemorato incantesimo”. Nel romanzo breve Mann si sofferma spesso sulle attrattive peculiari della città. Oltre allo storico Hotel Des Bains, descritto in ogni particolare da parte del protagonista, sono menzionati molti altri luoghi suggestivi e simboli di Venezia: la chiesa di San Marco, nella quale Aschenbach entra per pedinare il giovane amato e nel cui interno dorato e semioscuro scorge

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Luchino Visconti

”l’oggetto delle sue ansie in atto devoto su inginocchiatoio” fermandosi nel fondo, “sullo sbocconcellato pavimento a mosaico”; la “mirabile campata marmorea” del ponte di Rialto, che osserva dopo aver “oltrepassato i giardini pubblici e la grazia principesca della piazzetta”; la gondola, che suscita nel protagonista un “senso segreto di disagio ed avversione”, in quanto lo strano legno “nero come nere al mondo sono soltanto le bare” evoca alla mente un corteo funebre, “il silenzio dell’ultimo viaggio”. Da questo classico è stato tratto un film culto, entrato nella storia del cinema: “Morte a Venezia” (1971) di Luchino Visconti, anch’egli dichiaratamente omosessuale ed il cui orientamento trova riferimento in un’ampia fetta della sua filmografia. Sono poche le differenze del film rispetto al romanzo breve di Thomas Mann: ad esempio, nel film, Aschenbach (interpretato da Dirk Bogarde) è compositore, invece di scrittore, ma è una scelta mirata in quanto Thomas Mann si era ispirato a Gustav Mahler, il celebre musicista, per creare questo personaggio, le cui composizioni fanno anche da colonna sonora. Per il resto, il film è davvero fedele al libro nella rappresentazione

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Luchino Visconti e Bjorn Andresen

sia dei personaggi sia dei luoghi e la tematica omosessuale ancora più evidente, seppur non sia il fulcro della rappresentazione. Il film non parla in alcun modo di sessualità, ma la rappresenta come mero espediente narrativo. Visconti si approccia al capolavoro di Mann in maniera puramente letteraria. Ancora più dello scrittore, il regista fa leva sulle problematiche relative all’arte e al raggiungimento della bellezza, dell’amore assoluto: essi possono essere risolti soltanto con la malattia e la morte dell’artista. Colui che accompagna il protagonista verso questa risoluzione sarà appunto Tadzio (l’attore sedicenne Bjorn Andresen) che alla fine del film, come nell’opera di Mann, si trasforma in angelo della morte: “a lui parve che il pallido e gentile psicagogo laggiù gli sorridesse, gli accennasse, staccando la mano dall’anca a indicare un punto lontano, lo precedesse a volo verso benefiche immensità. E come già tante volte aveva fatto, si dispose a seguirlo”. Ad ogni modo è proprio la bellezza efebica del giovane aristocratico Tadzio ad ossessionare Aschenbach, a farlo sentire fortemente in colpa tanto da minacciare a sé stesso più volte di lasciare la città, ma a spingerlo allo stesso tempo a seguire ogni movimento del ragazzo, persino a pedinarlo mentre il giovane passeggia con la madre (interpretata da Silvana Mangano), le sorelle e la badante tra le calle veneziane. Aschenbach rimane colpito e smarrito di fronte ad una bellezza così pura quando Tadzio gioca col cugino Jashu (interpretato dal bellissimo Sergio Garfagnoli, dal fascino mediterraneo), quando, ad esempio, una volta viene da questi baciato sulla guancia, mentre i due si incammi-

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nano lungo la riva “cingendosi le spalle”. L’aver dato rilievo all’omosessualità del protagonista (tenendo a mente che il film è stato realizzato negli ani ’70, dove questa tematica era ancora piuttosto un tabù), il non aver dato importanza ai dialoghi, così come l’aver accompagnato gran parte del film con l’Adagietto della V Sinfonia di Mahler, malinconico e lento, rendono il film decisamente molto vicino ad un capolavoro. Un film commovente che, per essere maggiormente compreso, ha necessariamente bisogno, prima della visione, di una lettura del racconto lungo di Thomas Mann. Ma nella Venezia contemporanea c’è ancora spazio per potersi innamorare e vivere un sentimento così intenso come quello rappresentato nelle opere di Mann e Luchino Visconti? O semplicemente c’è la possibilità di trascorrere serate di divertimento dedicate alla comunità LGBT? La città conosciuta in tutto il mondo per la sua bellezza presenta diversi locali friendly dove poter mangiare e bere in compagnia o dove divertirsi per il dopo cena. Per l’aperitivo segnaliamo il winebar Te Amo (in Rio Terà de la Mandola, n.3795). Per una serata in discoteca ti consigliamo di tenere d’occhio su Facebook le serate “Trash&Chic” del sabato sera, molto partecipate ed animate da drag queen, dj ed ospiti internazionali. RIVIVI QUESTA ESPERIENZA CON I TOUR DI:

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SULLE ORME DI PIER PAOLO PASOLINI Cultura, buon cibo e vita LGBT: anche in passato il centro Italia è stato la culla della comunità arcobaleno di Carlo Lanna

Bologna

L’

Emilia Romagna è una terra florida, intrisa di tradizioni e di cultura. Pulsa di vita propria, capace di mixare antico e moderno, storia e mito, passato e presente. Ha preservato il suo fascino e, nel corso del tempo, è diventata anche la capitale del turismo italiano, aprendo le sue porte alla comunità LGBT. È stata la terra natia di alcuni tra gli artisti più celebri della nostra contemporanei-

di Mauro Fanfoni

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tà. Capaci inoltre di raccontare, con estrema lucidità, gli usi e costumi che si respirano in questo luogo fascinoso e di rara bellezza. Tra i tanti c’è Pier Paolo Pasolini. Celebre regista, dichiaratamente omosessuale, prima di sbarcare a Roma e consacrarsi in un’arte ancora oggi molto ambita, è proprio nella città di Bologna che si è “fatto le ossa” ed è cresciuto cibandosi con pensieri liberali e di grande comunione.

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terra in cui è cresciuto. Oggi per la comunità LGBT, Bologna e tutta la regione, è la “roccaforte” arcobaleno per eccellenza, in cui nelle università, nelle scuole e nella vita notturna, si professano ancora ideali di uguaglianza e di unità, e dove si professa un amore senza barriere e senza restrizioni. Complice una linea politica tendenzialmente di sinistra, l’Emilia Romagna è stata e sarà ancora per molto tempo il cuore pulsante della cultura e dell’arte in genere, aperta all’integrazione.

Pier Paolo Pasolini Bologna

Bologna

LOCALI QUEER E FRIENDLY: ECCO LA BOLOGNA ARCOBALENO

Nato nel marzo nel 1922, primogenito di una grande famiglia, ha vissuto la sua infanzia nella zona universitaria, in un’abitazione di Via Borgonuovo 4. Grande amante della lettura fin da quando era un bambino, grazie alla passione che la madre gli ha trasmesso, Pasolini è sempre stato stimolato intellettualmente e ha vissuto gli anni più belli di un’Italia che era ancora capace di vivere e di sorridere alle avversità. Si è trasferito poi a Parma, altra perla dell’Emilia Romagna, per arrivare persino in Fruili-Venezia Giulia dove ha frequentato le elementari. Il periodo bolognese è rimasto impresso dentro di lui come un marchio indelebile, tanto da tornare piuttosto spesso in quell’isola felice in cui ha vissuto per un lungo periodo di tempo. È del 1942 la sua prima pubblicazione. Le ‘Poesie a Casarsa’ infatti sono state stampate proprio da una tipografia di Bologna. Un periodo breve in cui la sua cultura è stata nutrita dagli ambienti fervidi del capoluogo, tanto è vero che Pier Paolo Pasolini non ha mai dimenticato le sue origini, omaggiando sempre e comunque la

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Città giovane e universitaria, da sempre è caratterizzata per la libertà di pensiero e per uno stile di vita molto liberale. Tanti i luoghi di ritrovo per la comunità LGBT. Barattolo Bar, sito nel centro storico di Bologna. È un locale in puro stile bolognese e una clientela fluida. Aperto tutte le sere, si festeggia alla grande durante il week-end. Il venerdì è conosciuto per le sue serata a tema. Il Cassero, discoteca gay. Situato in via Don Minzoni, il locale non è solo una discoteca. Questo è anche e soprattutto il centro della cultura gay bolognese. Dal mercoledì alla domenica si balla fino a tarda notte. Chalet dei Giardini Marchini, luogo di incontri e di serate gay all’aperto. Frequentato soprattutto in estate, è celebre perchè ospita feste a tema frequentate soprattutto dalla gioventù di Bologna. La musica è dedicata alle grandi icone della musica queer.

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LA PRIMA RIVOLUZIONE

NELLA STORIA PER I DIRITTI LGBTQ di Roseli Riva

Firenze, Panoramica

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Fontana di Nettuno in Piazza della Signoria in Firenze

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a mia storia di vita e lavorativa è oggi legata alla mia città, Firenze! Quando ho deciso di diventare una Wedding Planner, ho voluto abbracciare tutte le coppie perché l’AMORE è un concetto universale: l’Amore non ha frontiere e l’Amore non è sempre legato ad una relazione tra un uomo ed una donna. Sono etero e pertanto ho voluto seguire una formazione professionale per diventare una Equality Marriage Planner. Ero inoltre certa che la mia Firenze, ritenuta già prima del Rinascimento, una città aperta e tollerante, avesse anche lei rivolto, da lunga data, la sua attenzione verso l’Amore equalitario. Così, ho intrapreso delle ricerche che non hanno tradito le mie aspettative. Mi appresto quindi a condividere con i lettori di questo articolo, un’interessante pagina di storia. È noto a tutti che lo splendore di Firenze affonda le sue radici tra i suoi mercanti e banchieri aprendo le porte della prosperità nella città del Rinascimento. La dinastia dei Medici apporterà un plusvalore dinamico in ambi-

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to sociale e culturale promuovendo anche un alto livello di tolleranza in campo artistico e scientifico tale da attirare, da ogni dove, artisti, scienziati, architetti, filosofi e scrittori. Dal 1469, con l’ascesa di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, Firenze, già città di ampie vedute, diverrà la naturale dimora dei grandi artisti e scrittori dell’epoca - alcuni presumibilmente gay - quali Michelangelo, Leonardo da Vinci, Benvenuto Cellini, Botticelli, Pico della Mirandola, Machiavelli, Pontormo. Complice la sua grande bellezza artistica e architettonica, l’immagine di Firenze percepita al di fuori dei suoi confini fu quella di una terra che, avendo ritrovando le sue origini classiche, favoriva un ritorno alla natura e al completo abbandono dei sensi. Firenze divenne nota in tutta Europa per i suoi costumi liberali ma anche la pratica diffusa dell’eros tra persone dello stesso sesso al punto di diventare la città sinonima dell’omosessualità: i paesi di lingua tedesca erano soliti chiamare “Fiorentini” (Florenzer) gli omosessuali mentre i francesi definivano la sodomia “il vizio fiorentino” (le vice florentin). Il tutto accadeva in un’epoca in cui l’omosessualità veniva quasi sempre punita con la pena capitale. I Medici invece, andando controcorrente, chiusero di buon grado un occhio davanti

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alle inclinazioni sessuali dei loro cittadini in particolare modo quando si trattava di artisti, scrittori oppure filosofi. Persino “gli Ufficiali della Notte” - un corpo speciale di guardie fondato sempre a Firenze contestualmente al Tribunale dei Sodomiti, allo scopo di occuparsi di reati omosessuali – iniziarono ben presto a dimostrare tolleranza nei confronti dell’omosessualità. All’epoca, Firenze contava circa 40.000 abitanti e sembra incredibile pensare che circa 12.000 tra loro fossero stati incriminati, almeno una volta, per il loro orientamento sessuale. Mentre solo alcuni furono condannati al carcere oppure all’esilio, la maggior parte ottenne un’assoluzione piena a seguito del pagamento di una modesta multa. Nel 1494, dopo il suo insediamento a Firenze, il frate domenicano Girolamo Savonarola iniziò la sua nota “campagna di purificazione” contro la famiglia de’ Medici e la sodomia. Il frate riuscì a convincere i fiorentini, dopo la morte del Magnifico, a cacciare la famiglia de’ Medici da Firenze, diventando in seguito la mente ispiratrice della nascita di una nuova Repubblica. Savonarola che mostrava un atteggiamento indipendente rispetto alla rigida casta religiosa dell’epoca, ottenne prima la scomunica e successivamente, accusato dai fiorentini di eresia, fu impiccato e messo sul rogo, nel 1498, in

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Piazza della Signoria. La tolleranza ritornò a Firenze quando la mattina del 13 agosto 1512, la città diventò testimone della prima rivoluzione gay della storia: “i Compagnacci”, un gruppo di circa una trentina di aristocratici, irrompendo nel Palazzo del Governo fiorentino, pretesero che le autorità mettessero fine a qualsiasi forma punitiva - quale esilio, perdita del lavoro, confisca dei beni - nei confronti della comunità omosessuale. Un mese dopo tale rivolta, i Medici, con l’appoggio degli spagnoli, fecero ritorno a Firenze e decisero di approvare le richieste promosse dai Compagnacci la cui rivolta potrebbe oggi essere vista come antesignana rispetto alla più contemporanea Rivolta di Stonewall avvenuta nel 1969 a New York al punto che il World Pride, svoltosi a Firenze nel 2012, si propose anche di ricordare la lontana protesta fiorentina. Più avanti nel tempo e precisamente in data 30 novembre 1787, Il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo I di Asburgo-Lorena, fratello della Regina di Francia, Maria Antonietta, pose fine alla pena capitale e ad ogni forma di tortura, regalando, questa volta, alla Toscana tutta, il primato mondiale di una tale decisione che vedeva la luce due anni prima della Rivoluzione

francese durante la quale purtroppo, caddero molte teste tra cui quella della sfortunata sorella Maria Antonietta. Tale data viene ricordata, ogni anno, come “La Festa della Toscana”. Da suo canto invece, Leopoldo II, penultimo Granduca di Toscana, ottenne un altro primato, depenalizzando nel 1853 l’omosessualità (Codice Penale preunitario Libro II, tit VI, Capo III “Dei delitti contro il pudore”). Gli eventi sopra riportati ci spingono a dedurre che il rispetto per l’essere umano unito alla pubblica felicità siano stati tra i concetti prioritari che hanno guidato, nei secoli, Firenze e la Toscana.

Firenze, Panoramica

Perseo con la testa di Medusa scultura di Benvenuto Cellini, Firenze

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Elisa e Jack

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JACK IL CANE SENTINELLA

Come convivere con il Diabete tipo 1 e con un alert dog. di Elisa Dal Bosco

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ack è un cane di due anni e mezzo, nato a Roma da mamma Labrador e papà Golden retriever. In altri termini un cane meticcio, un mix, di una dolcezza incredibile e molto sensibile. E sta studiando per diventare un cane sentinella, un alert dog. Non tutti i cani sono adatti a percorrere questo addestramento, ma Jack e molti altri suoi colleghi sì. Elisa è una libera professionista e diabetica di tipo 1, insulino-dipendente, da quando aveva 8 anni e mezzo. Entrambi vivono in un apparta-

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mento a Milano, si occupano anche di pet-therapy per adulti. Ma cosa li rende speciali? Jack sta studiando da cane allertadiabete, grazie a Progetto Serena Onlus ed Elisa è stata letteralmente salvata da Jack per ben due volte, mentre lui era ancora un cucciolo. Elisa ha così scoperto, grazie alla sua veterinaria e alla sua diabetologa, dell’esistenza di Progetto Serena, una onlus fondata da Roberto Zampieri, un cinofilo ed un papà, con molto interesse per la medicina.

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Ogni settimana Jack ed Elisa frequentano una lezione con Patrick, il docente per Cani, inviato per preparare il cane ad allertare sulle variazioni importanti di glicemia. Non è fantascienza. è Scienza. “La preparazione dura due anni ed ora Jack è a metà percorso. Non tutti i cani sono adatti a percorrere questo addestramento, ma grazie all’aiuto di Roberto Zampieri e dei suoi docenti siamo riusciti a capire che Jack aveva le doti giuste.” Cosi ci racconta Elisa parlando emozionata dei primi passi di Jack come cane speciale. “Ci sono stati, prima di iniziare il nostro percorso, due episodi in cui Jack mi ha salvato la vita ed evitato il coma da ipoglicemia. La prima volta aveva quattro mesi e la seconda, più grave, ne aveva circa dieci. Io lavoro da casa, il mio ufficio è il divano o il tavolo da cucina. Era tarda mattina in entrambi i casi, e stavo scrivendo un report ed una presentazione per alcuni clienti. Mi è sfuggito l’orario e, data la stanchezza e forse la troppa insulina, rispetto ad una colazione forse non troppo abbondante, ho rischiato di addormentarmi e non svegliarmi. Jack mi ha leccato, ha abbaiato, mi ha mordicchiato gli occhiali... mi sono svegliata grazie al

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Jack

Elisa e Jack

suo profumo e alla sua piccola lingua ruvida sul viso. Ho bene impresso il suo profumo e devo dire che grazie a questo ho evitato per un soffio l’inevitabile. Vivo da sola da moltissimi anni, e lo stress di certo non aiuta la mia patologia. per i miei occhiali ho trovato rimedio subito, per le capacità di Jack ho avuto bisogno del supporto di Progetto Serena Onlus”. Progetto Serena http://www.progettoserenaonlus.it è una Onlus e la prima in Italia come riconoscimenti che si occupa di preparare i cani sentinella, per l’allerta nel diabete. Sono cani ed amici a 4 zampe che rilevano le variazioni glicemiche nel proprietario o in un componente della famiglia in cui vengono inseriti. L’importanza di un cane allertadiabete è legato al prevenire possibili pericoli causati dalla variazioni degli zuccheri nel sangue e ne trae beneficio anche l’emoglobina glicata. E’ nata dall’amore di un papà per la sua bimba. A fine 2012 Roberto Zampieri, viene contattato da una persona diabetica e da AGD Verona (Associazione Giovani Diabetici) per verificare la possibilità di proporre questo intervento assistito con gli animali. Nel settembre del 2014, si è deciso di adottare il primo cane da un rifugio per affiancarlo ad una persona diabetica, Red, e con lui Progetto Serena ha ufficialmente preso il via. Tutti i pazienti diabetici di tipo 1 o 2 insulinodipendenti, che abbiano un cane o che vogliano adottarlo o comprarlo vi possono aderire o chiedere informazioni. Per saperne di più potete

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scrivere a info@progettoserenaonlus.it Sono stati pubblicati anche vari libri sull’argomento, in particolare l’ultimo, parla anche di Jack ed Elisa: Un Cuore con la Coda, un libro che parla di cani, pubblicato a Marzo 2019. I cani allerta diabete di cui parla questo bel libro sono uno degli esempi più sbalorditivi, forse il più sbalorditivo, della collaborazione tra uomo e cane. Un esempio non abbastanza conosciuto: quattro zampe affettuosi e giocherelloni come tutti gli altri, ma con le “competenze” necessarie per individuare nel paziente diabetico, crisi iper ed ipo-glicemiche, potenzialmente molto pericolose, addirittura fatali, perché possono verificarsi anche durante il sonno. La relazione che si instaura tra paziente e animale, grazie al protocollo originale messo a punto da “Progetto Serena onlus”, rispettoso del benessere di entrambi i partner, non ha soltanto una straordinaria valenza diagnostica - com’è evidente a tutti - ma diventa una vera e propria simbiosi, in una reciproca corrente di affetto che il cane esprime vegliando costantemente sull’amico umano. Jack ed Elisa lavorano anche come “squadra” in ambito di pet therapy ed IAA in Italia, con pazienti adulti. Per prenotare il libro e scoprire Progetto Serena Onlus http://www.progettoserenaonlus.it Per conoscere Jack ed Elisa https://elisadalbosco.com

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a project by


Modelli: Andrei k. @ak_buddyboy | Raphael Say @raphael_say Fotografo: Roberto Chiovitti @robertochiovittiphotography Makeup artist: Rossano De Cesaris @rossanodecesarismakeup 40

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MAN BEAUTY ROUTINE

La cosmesi maschile nell’antica Roma. di Rossano De Cesaris

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omo e cosmesi: potrebbe sembrare un benefit dei giorni nostri, e invece si perde nei secoli della nostra storia. Quando si pensa alla cosmesi maschile nella Roma antica il primo luogo che ci viene in mente sono le terme. E proprio alle “thermae romae” luogo frequentatissimo da ogni ceto sociale, che gli antichi romani si detergevano il corpo tramite l’ausilio di una spugna, massaggiandovi sopra vari prodotti, tra cui l’argilla, un preparato a base di radice di pianta saponaria, o utilizzando un impasto di olio e sabbia, dopodiché si praticava un peeling tramite uno strigile, una sorta di raschietto in metallo, usato anche da-

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gli atleti dopo le competizioni sportive per eliminare l’eccesso di sudore, polvere e olio. Secondo una superstizione, la polvere e il sudore raschiati dai corpi degli stessi atleti, dovevano essere raccolti e confezionati, creandone un unguento chiamato rhypos (termine greco che significa sudiciume), capace di trasmettere vigore ed energia a chi lo applicava sulla propria pelle. Terminata l’igiene, ci si concentrava sulla rimozione dei peli superflui: la depilazione maschile era ampiamente praticata, tanto derisa quanto diffusa. Cesare e Augusto, ad esempio, si depilavano le gambe con gusci di noci incandescenti, convinti che in tal modo i peli sarebbero ricresciuti più morbidi. Alcuni uomini ricorrevano anche all’uso di cere naturali e successivamente venivano applicate sostanze caustiche (vegetali o animali), in grado di inibire la ricrescita del pelo. L’uomo ricco, il dominus, era solito farsi radere al mattino dai propri schiavi personali addetti all’operazione (tonsores), e a seguire tramite delle pinzette (volsellae) si faceva estirpare i peli superflui ai lati delle sopracciglia, sul collo e sulla nuca, uno ad uno! Per quanto riguarda la capigliatura, anche gli uomini seguirono le varie mode succedutesi attraverso le epoche: per tutta l’età repubblicana i capelli venivano portati corti e pettinati in avanti, ma già dalla tarda età augustea si diffuse l’abitudine di acconciarli e tramite il calamistrum, arricciarli rendendoli più voluminosi. Per quanto riguarda la barba, fino all’età adrianea gli uomini si radevano completamente, ma successivamente si affermò la moda di esibire invece una barba lunga arricciata, che perdurò fino al III secolo d.C. Per quanto riguarda l’arrivo della brizzolatura alcuni antichi romani tentavano di nascondere i capelli bianchi usando il nero della pece. Gli uomini invece afflitti dal problema della calvizie ricorrevano spesso a pettinature col riporto (ad esempio Giulio Cesare). Per simulare una chioma più fitta si applicava talvolta del nero fumo (o mallo di noce) sulla cute, colorando la pelle e dando l’impressione che la capigliatura fosse più folta. In alternativa molti uomini ricorrevano all’uso di parrucchini e toupet, che già all’epoca esistevano in varie gradazioni di colore. Le lozioni per la ricrescita “miracolosa” dei capelli esistevano già a quel tempo, ma erano ovviamente del tutto inefficaci. Quaesitum semper vanitas! (vanità impera sempre)

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I RACCONTI SILENTI

DELLA CITTÀ ETERNA

Dario Pennisi, guida professionale in Roma ed appartenente alla comunità gay, racconta i segreti della capitale della cristianità. Una narrazione che svela verità celate della città che ha fatto la storia della civiltà occidentale. di Dario Pennisi

di Mauro Fanfoni

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Michelangelo, Cappella Sistina

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a prima volta che ho visto Roma avevo 10 anni e da piccolo archeologo ne rimasi affascinato. Ora che vivo in questa città caotica, mi accorgo che dietro la magnificenza dei monumenti spesso si celano piccole storie, dettagli da non confondere con le storie, spesso inventate che le guide turistiche di una volta raccontano ai loro clienti iniziando così a creare le leggende metropolitane. Per quanto bizzarro possa apparire, sono i Musei Vaticani a fornire testimonianze importanti riguardo alla vita ed alle opere di artisti omosessuali o presunti tali. Durante la visita dei Musei Vaticani, si vuole ammirare alcune delle opere più conosciute di un genio come Michelangelo Buonarroti. Tutti conoscono la sua omosessualità e tutti vogliono identificare e relazionare l’aspetto molto androgino delle bellissime Sibille,

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nella Cappella Sistina, con la sua sessualità. A me piace, invece, pensare che la fortissima devozione michelangiolesca nella fede, lo abbia portato a dipingere corpi femminili un po’ androgini solo perché si poteva rappresentare la bellezza della creazione. Ovvero solo attraverso la contemplazione di un corpo meraviglioso si ha la percezione della bellezza della Natura e quindi del più bel dono che il Dio Padre ci ha dato; la vita. Inoltre, siamo in un momento in cui, con la ricostruzione di una nuova Roma rinascimentale, vi era la scoperta delle antichità romane (e greco romane) con statue i cui corpi, nella loro nudità eroica, dovevano rappresentare non solo il potere supremo ma anche la bellezza della Natura. Ammirando il grande affresco del Giudizio Universale, nell’angolo sovrastante la piccola porta di ingresso, vi è una figura collocata all’inferno,

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rappresentante Minosse, giudice infernale. Lasciando il racconto che possa essere il ritratto di una Cardinale, Biagio da Cesena, condannato all’inferno per aver criticato l’opera michelangiolesca, sembrerebbe piuttosto che questo ritratto sia quello di uno dei figli, cardinale, del Papa Paolo III che aveva commissionato l’opera a Michelangelo. Si racconta che egli si fosse invaghito del Vescovo di Fano, una piccola città nel centro Italia, la cui bellezza e la giovane età avevano lasciato infranti molti cuori. Dopo l’ennesimo rifiuto alle richieste intime del Cardinale, quest’ultimo ordinò il suo rapimento e l’incarcerazione in una fortezza. Più volte violentato, morirà giorni dopo. Tale fu lo scandalo a Roma ma in particolar modo nella corte papale, che il Cardinale verrà esiliato dal padre Papa e verrà rappresentato nell’affresco all’inferno con orecchie d’asino, simbolo della stupidità umana ed un serpente attorcigliato, simbolo dei peccatori, che morde le parti anatomiche del Cardinale usate per il suo piacere. Rimanendo in ambito religioso, la nostra comunità riconosce San Sebastiano, come santo protettore. Il suo culto deriva dal fatto che a partire dal 1500, egli venisse rappresentato di giovani fattezze, bel corpo in atteggiamento molto amorevole. Non tutti sanno, invece, che proprio la agiografia cristiana cita di due santi, Sergio e Bacco, che dovrebbero essere i veri santi patroni per la comunità. Questi due soldati

Stanze di Raffaello

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Musei Vaticani

romani furono martirizzati per essersi rifiutati di compiere sacrifici a Zeus. Nella loro storia, infatti, è scritto che Sergio era “il dolce compagno ed amante” dove il temine ‘amante’ è tradotto come amante adulto, forse attivo o dominante. Fino dai primi del VI sec, tutte le chiese sono dedicate ad entrambi e spesso vengono rappresentati con le aureole unite ed intrecciate di fiori, oppure con le mani destre giunte, tipico esempio di “unione civile” dei giorni nostri. Il racconto del loro martirio narra che prima di essere uccisi, furono condannati a sfilare vestiti da donna. Una ulteriore punizione al dileggio generale. Ma non dimentichiamo un’altra coppia di soldati romani, uniti non da fratellanza ma da effetto. Sono Poliuto o Poliecto e Nearco. Scarse sono le informazioni su di loro ma forse, potrebbero essere la vera prima coppia unita per la vita eterna. Nell’ambito femminile, ricordiamo le sante Felicita e Perpetua. Molti pensano che non siano mai esistite e la loro storia sia più una invenzione postuma. Altri, invece, pensano che più

Michelangelo, Giudizio Universale

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T R A V E L


che raccontare un amore al femminile, sia un diario di un gruppo di cristiani condannati a morte e che, nel periodo antecedente il martirio, assistono una di esse, Felicita, che era incinta e prossima al parto. E’ sorprendete trovare, sempre nei Musei Vaticani il monumento funebre di Cristina di Svezia, controversa figura della Roma barocca di metà 1600. Cristina era nata per stupire, a cominciare dai primi istanti di vita quando venne presa per maschio perché affetta da ipertrofia clitoridea: le levatrici, in un primo tempo, la dichiarano maschio, primo segno di un’ambiguità che condizionerà tutta la sua vita e ne farà una figura originale e chiacchierata. Si veste da uomo, si converte alla religione cattolica ed ebbe una lunga storia d’amore con Ebba Sparre, bellissima dama di corte. Ancora nelle ‘Stanze di Raffaello’ si evidenzia la rappresentazione di Saffo, come dea della poesia. Saffo, viveva sull’isola di Lesbo era sposata ed aveva una figlia, tuttavia dedica le sue liriche ad un gruppetto di ragazze di cui era educatrice nello studio delle arti, della musica e nella preparazione al matrimonio. Saffo ripiange le belle giovani, descritte nella loro sessualità, quando lasceranno la scuola per avviarsi alla vita coniugale. Saffo, la poetessa di Lesbo fu quindi la prima a cantare ed

Piazza San Pietro

a dare importanza all’amore omosessuale, una sorta di femminismo ante litteram, non solo per il fatto di essere stata a capo di una comunità che si occupava della buona educazione, anche sessuale, delle ragazze, ma anche per la velata polemica contro le regole imposte dal vincolo matrimoniale in una società che senza dubbio si fondava sul patriarcato e in cui le donne contavano molto poco. RIVIVI QUESTA ESPERIENZA CON I TOUR DI:

untoldhistorytour.com

Fontana di Trevi

T R A V E L

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Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Ratto di Ganimede, 1635, Dresda, Staatliche Kunstsammlu

L’AMORE E IL MITO DI GANIMEDE

Michelangelo Buonarroti e il suo Ganimede per Tommaso Cavalieri. di Calogero Pirrera

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Tizio, stampa da Michelangelo di Nicolas Beatrizet, 1540 ca., Los Angeles County Museum of Art

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animede, secondo la mitologia greca, era il bellissimo figlio di un principe troiano che, rapito da Zeus sotto forma di aquila, fu fatto diventare il coppiere degli dei, oltre che suo amante. A parlarne per primo è Omero nell’Iliade (5, 640) e troviamo il tema diffuso nell’arte dell’Atene del V sec. a. C. come a Roma, dove è presente in un bassorilievo in stucco della Basilica Sotterranea di Porta Maggiore (I secolo d. C.). È comunque Ovidio, nelle Metamorfosi (10, 155 – 161), a ribadire la natura sessuale di quel rapimento nella cultura romana. Nel Medioevo, quando le favole di Ovidio saranno moralizzate, il tema sarà spiritualizzato, cristianizzato e sarà

A R T E

associato principalmente all’innalzamento di un’anima verso Dio, così come anche Dante cita questo mito nel Purgatorio (IX, 19-24). A questo ultimo significato si può infatti pensare osservando un dipinto fiorentino del ‘400 facente parte della decorazione di un cassone (Boston, Museum of Fine Arts), mentre Michelangelo (1475 – 1564), trattando il tema, si rifarà invece alla tradizionale lettura del mito che risale all’antichità. L’artista, che da Firenze si spostò a Roma per lavorare per diversi pontefici, non fu mai denunciato per sodomia (quello che invece accadde a Leonardo da Vinci, Benvenuto Cellini e, in par-

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Ganimede, 1465 ca., Marco del Buono di Marco (?), Boston, Museum of Fine Arts

Michelangelo, Il ratto di Ganimede, 1532, Cambridge (Massachusset), Fogg Art Museum, Harvard University Art Museum

te, Sandro Botticelli), ma le testimonianze che ci ha lasciato ci suggeriscono proprio che amò gli uomini, anche se ufficialmente si parlò sempre di amore spirituale. L’artista crebbe e si formò nel clima neoplatonico mediceo dell’Accademia di Marsilio Ficino, dove si dava all’amore tra uomini una dimensione tutta spirituale e filosofica desunta dagli scritti di Platone. Michelangelo fu influenzato da questo ambiente (dove si parlò di “amore socratico”), ma anche dalle prediche di Girolamo Savonarola, il frate domenicano che arrivò a Firenze e che cercò di attuare una dura riforma dei costumi negli ultimi anni del ‘400. In quei tempi Firenze e l’Italia non erano ancora state scosse dalle tesi di Lutero, ma si avvertiva, soprattutto a livello delle istituzioni religiose, il bisogno di un ritorno alla purezza del messaggio del Cristianesimo delle origini, oltre che di costumi meno scandalosi e oltraggiosi. Savonarola, inoltre, si scagliava direttamente contro i sodomiti, e Firenze aveva la nomea di esserne la patria. Nell’arte di Michelangelo convivono l’ideale pagano e quello cristiano. Il conflitto per l’artista è risolto grazie al Phoedrus di Platone, in cui si

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Michelangelo, La punizione di Tizio, 1532, Londra, Windsor Castle, Royal Library

esalta un amore tra uomini puramente spirituale. Secondo il ragionamento adottato da Michelangelo, gli amanti dovevano rispettare il celibato, un po’ come quello degli ecclesiastici, i rapporti sessuali erano banditi. Questo è quello che si evince dalla sua biografia scritta dal fedelissimo discepolo Ascanio Condivi (pubblicata nel 1553, con il pittore ancora in vita), che presenta il suo maestro come un grande amante de: “la bellezza del corpo, come quello che otimamente la conosce, et di tal guisa amata, che appo certi huomini carnali et che non sanno intendere amor di bellezza se non lascivo et dishonesto, ha porto cagione di pensare et di dir male di lui”. Specificando in questo modo le dovute precauzioni da prendere in merito al rapporto di Michelangelo con la bellezza del corpo maschile, e forse cercando di mettere a tacere alcune voci che già denigravano l’artista. Gli scritti (lettere e poesie) e i disegni di Mi-

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Ganimede, stampa da Michelangelo di Philippe Thomassin, Cambridge (Massachusset), Fogg Art Museum, Harvard University Art Museum

chelangelo ci portano a supporre altro, soprattutto quelli indirizzati al giovane patrizio romano Tommaso Cavalieri, che il cinquantasettenne pittore incontrò quando di anni il romano ne aveva ventitré. Il rapporto tra i due e i relativi disegni che l’artista donò al Cavalieri sono ricordati tra gli altri da Giorgio Vasari nelle sue Vite, che ci narra anche di un’amicizia di Michelangelo con un giovane di nome Gherardo Perini (altri pupilli ricordati dalle fonti: Febo Dal Poggio e Cecchino Bracci). Nelle lettere indirizzate al Cavalieri, pur sapendo che il “grandissimo, anzi smisurato amore” dell’artista (lettera del 28 luglio 1533) è da vedere come spirituale, non possiamo non avvertire una certa sensualità e una non celata ambiguità. Ciò è esplicitato nel disegno raffigurante Ganimede e l’aquila che Michelangelo realizzò per l’amato poco dopo averlo conosciuto nel 1532 (aveva trattato già il tema in un disegno oggi agli Uffizi). Qui il messaggio, soprattutto se letto attraverso il mito che si è scelto di utilizzare, assume delle chiare connotazioni erotiche nel rapporto tra le due figure. Ganimede è come in estasi in un abbandono che non solo non si oppone al dio rapitore, ma che sembra trasmettere una sensuale rilassatezza. Il grande uccello vola

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tra le nuvole con le ali spiegate, mentre con i suoi artigli afferra i polpacci del giovane, il quale stende le sue braccia sopra le ali dell’aquila in una sorta di più che metaforica penetrazione. Non pochi critici hanno sostenuto quanto ciò sia molto evidente, soprattutto se si mette in relazione questo disegno con una lettera che l’arista scrisse al giovane dopo averglielo spedito (1 gennaio 1533), in cui alla fine esprime molto chiaramente i suoi sentimenti in una quartina: “Sarebbe lecito dare il nome|delle cose che l’uomo dona,|a chi le riceve: ma per buon|rispecto non si fa in questa”. Erwin Panofsky, tra i maggiori teorici degli studi iconologici, ha insistito sul significato neoplatonico di amore gioioso e ideale (da Marsilio Ficino) del giovane coppiere degli dei disegnato da Michelangelo; così come La punizione di Tizio (Windsor Castle, Royal Library), l’altro disegno che l’artista donò al Cavalieri nel dicembre del 1532 (e che come scrive Vasari raffigura l’eroe mentre “l’avvoltoio gli mangia il cuore”), viene invece interpretato come il simbolo delle pene dell’amore. Le due facce della medaglia. Negli stessi anni Michelangelo stava realizzando una scultura (probabilmente per il complesso della Tomba di Giulio II) nota come il Genio della Vittoria (oggi a Firenze, Palazzo Vecchio). Raffigura un giovane che appoggia un suo gi-

Michelangelo, Il ratto di Ganimede, 1504 ca., Firenze, Galleria degli Uffizi

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Michelangelo, Genio della Vittoria, 1532 1534, Firenze, Palazzo Vecchio, particolare

Michelangelo, Genio della Vittoria, 1532 1534, Firenze, Palazzo Vecchio

nocchio sopra un uomo rannicchiato ai suoi piedi in atteggiamento di sottomissione. Dominique Fernandez, saggista e romanziere francese che si occupa da tempo del rapporto tra arte e omosessualità, ha visto la logica di potere tra le due figure come il riflesso dell’anziano Michelangelo vinto e soggiogato dalla bellezza e dall’amore del giovane Tommaso, tanto più che l’uomo accovacciato ha di certo le sembianze dello stesso artista. Forse non proprio a caso Michelangelo conclude un sonetto dedicato al giovane con questa terzina: “Se vinto e preso io debbo esser beato,|maraviglia non è se, nudo e solo,|resto prigion d’un cavalier armato”. Nulla sappiamo sulla vera natura della relazione tra il pittore e il giovane amico, se non che il 18 febbraio 1564, giorno della morte di Michelangelo, il Cavalieri (che si era sposato qualche anno dopo aver conosciuto l’artista) sarà ancora al suo capezzale nella casa di via Macel de’ Corvi a Roma.

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Quando successivamente Michelangelo Buonarroti il Giovane, il nipote del pittore, si preoccuperà di pubblicarne le poesie, quelle per il Cavalieri (e per altri giovani) saranno “corrette”: dove il soggetto dell’amato era maschile fu trasformato in femminile, forse per evitare che le malelingue continuassero a parlare. Il disegno di Michelangelo ebbe un grande successo e ne furono tratte numerose stampe che diffusero questa interpretazione del tema mitologico con un carattere fortemente omoerotico. Un’interpretazione ambigua, quanto esplicita, di una tema della letteratura antica ancora possibile prima che iniziasse il Concilio di Trento, prima che tutto cambiasse e che la chiesa cominciasse a censurare più sistematicamente l’arte cattolica per allontanare e scongiurare ogni accusa di vanità che le si potesse attribuire (come fu censurato Il Giudizio Universale della Cappella Sistina dell’artista, di cui furono coperte le nudità). Ma il clamore delle stampe di Michelangelo fu tale che travalicò i confini italiani e arrivò in tutta Europa. Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 – 1669), genio olandese della pittura del ‘600, diede del tema un’interpretazione ironica, ma moralistica. Egli, figlio di un mugnaio appartenente alla Chiesa riformata olandese, preferì correggerne il tono italiano, tanto che Ganimede, che nel suo dipinto è un bambino e non un fanciullo, piange dalla paura e non pare per niente felice di essere stato rapito dall’aquila. Il pittore olandese ha in questo modo cancellato ogni riferimento all’eros, il piccolo Ganimede è così impaurito che non riesce a trattenere la minzione.

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LA CUCINA CHE EDUCA

CIBO ALLA BASE LA GESTIONE DEL CIBO COME ESPRESSIONE DI POTERE L’ACCESSO AL CIBO COME ESPRESSIONE DI PACE

Ecologia integrale attraverso la Dieta Mediterranea

di Giovanna Ceccherini

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l cibo è controllo: una constatazione forse banale, ma non troppo, se si considerano sia gli innumerevoli significati individuali sia le globali implicazioni politiche di cui esso è vettore. Il cibo è essenziale alla sopravvivenza: come tale, il poter esercitare controllo e gestione su di esso significa determinare il percorso ed il futuro dell’umanità. Analizzando quindi l’approccio che quotidianamente si origina verso il cibo, è possibile affer-

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mare che i due livelli sui quali esso influisce (individuale e globale) siano assolutamente inscindibili. In breve, il modo con cui ‘usiamo’ il cibo (non inteso solo come consumo, bensì osservandolo dalla sua origine e seguendo tutta la filiera di produzione e trasformazione) esprime chiaramente il nostro ‘stare al mondo’: le scelte che operiamo determinano gli orientamenti di mercato ed impattano pesantemente sulla Terra.

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CARNE BOVINA

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PESCE

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BURRO

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MARGARINA

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FORMAGGIO

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CARNE SUINA

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OLIO

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CARNE AVICOLA

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FRUTTA SECCA

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LEGUMI

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UOVA

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DOLCI CEREALI DA COLAZIONE

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YOGURT

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PASTA

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BISCOTTI

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RISO

Legenda

valore medio + cottura

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LATTE 5

Impronta ecologica degli alimenti m2 globali per kg o litro di alimento

cottura

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min

max

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FRUTTA ORTAGGI DI STAGIONE

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Secondo il Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN), oggi è possibile notare come il sistema di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo sulla Terra generi fenomeni paradossali. Si parla infatti di ‘tre paradossi alimentari’.

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to in Paesi poveri o oggetto di colonizzazione e sfruttamento economici. Ma non solo lì: larghe fasce di popolazione nel mondo occidentale sono lasciate ai margini della società, accedono al cibo con difficoltà e possono permettersene solo di molto economico, di scarso valore nutritivo. Anche in Italia questo fenomeno è presente, in particolare nel Sud, nelle famiglie con reddito ridotto e con madri poco istruite. Paradosso 2 - Persone, animali e auto: solo il 47% delle risorse agricole è dedicato all’alimentazione; il restante 53% si incanala

I PARADOSSI ALIMENTARI Paradosso 1 - Fame e Obesità: a fronte di circa due miliardi di persone obese al mondo, corrispondono più di ottocento milioni di persone denutrite o malnutrite, localizzate soprattut-

I TRE PARADOSSI GLOBALI DEL CIBO MORIRE PER FAME O PER OBESITÀ?

NUTRIRE PERSONE, ANIMALI O AUTO?

Oltre

820 milioni

il

SPRECARE CIBO O NUTRIRE CHI HA FAME?

1,3 miliardi

47%

di tonnellate

della produzione mondiale di cereali è destinato all’alimentazione umana

di persone soffrono la fame

40

2,1

il % è destinato all’alimentazione animale e alla produzione di biocarburanti

miliardi di persone sono obese o in sovrappeso

C U L T U R A

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di cibo sono sprecate ogni anno nel mondo

4 volte

il fabbisogno di cibo per nutrire gli oltre 820 milioni di persone che soffrono la fame

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tra produzione di biocarburanti ed alimenti per bestiame. La questione assume una rilevanza essenziale, se pensiamo che nel 2050 si avranno circa 9 miliardi di bocche da sfamare. Urge una strategia per garantire cibo per tutti, senza annientare il Pianeta. Paradosso 3 - Perdite e sprechi alimentari: un miliardo e trecento milioni di tonnellate di cibo commestibile viene sprecato nel mondo ogni anno. Esattamente quattro volte la quantità che potrebbe alimentare gli 800 milioni di persone denutrite.

re; conviene verificare l’origine del cibo per la propria salute; conviene essere sobri e frugali per evitare sprechi (anche di denaro) e per smettere di produrre rifiuti a tonnellate; conviene favorire un’agricoltura intensiva e biodiversificata, piuttosto che estensiva, in quanto sebbene le monoculture sia meno costose, queste impoveriscono la terra, a lungo andare. Come si inserisce qui la Dieta Mediterranea? Per Dieta Mediterranea s’intende una tradizione alimentare: le consuetudini praticate intorno alla metà del secolo scorso delle popolazioni dei territori mediterranei, i cui effetti salutari e benefici sono stati dimostrati da una ricerca scientifica condotta dal nutrizionista americano Ancel Keys - Seven Countries Study. Infatti, come ha evidenziato la ricerca, rispetto alle altre diete esaminate, quella diffusa in Ita-

LA RAGIONE VS IL PARADOSSO: LA CONVENIENZA DEL BUONSENSO Saper ‘risolvere’ i tre paradossi, significa imparare la ‘convenienza del buonsenso’. Conviene condividere il cibo per evitare guer-

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PIRAMIDE AMBIENTALE

BASSO

ALTO

Dolci Carne bovina

Carne bovina

Pesce Formaggio

Formaggio Uova Carne avicola Pesce Biscotti

PA TT OA MB

IEN

TA LE

SU GG ER ITO

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Latte Yogurt

Carne suina Olio Carne avicola Frutta secca Legumi Uova

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Dolci Yogurt Pasta Biscotti Riso Latte Pane

Olio Frutta secca Pane, Pasta, Patate, Riso Legumi

Frutta Ortaggi

Patate Frutta Ortaggi

ALTO

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PIRAMIDE ALIMENTARE

FONDAZIONE BCFN © 2015

lia, Spagna e Yugoslavia – perciò definita Dieta Mediterranea – consisteva in un complesso di pratiche per la produzione e abitudini per la preparazione del cibo e anche di usanze precetti religiosi, tradizioni civili, consuetudini familiari – che regolavano varietà e proporzioni dell’assunzione degli alimenti, ovvero qualità e quantità dei consumi. Soprattutto, erano comprese tutte le tipologie di prodotti alimentari, con prevalenza di alcuni: legumi, cereali, ortaggi, frutta fresca e secca, prodotti della pesca, olio d’oliva. Ancel Keys con le rilevazioni statistiche raccolte e gli esami clinici effettuati, dimostrò che la Dieta Mediterranea era un regime alimentare idoneo a: 1.

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fornire nutrienti e componenti alimentari dotati di elevati proprietà antiossidanti, ovvero con effetti protettivi e preventivi da molte malattie; prevenire le inadeguatezze nutrizionali provocate da eccessi o difetti alimentari.

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‘Scoperta’ dagli scienziati americani nella seconda metà del XX secolo, la Dieta Mediterranea oggi salvaguardata da UNESCO è un modello alimentare che rispecchia principi di ecologia integrale, dei cui criteri è una concreta applicazione. Basti pensare che la sua adozione permettere di ridurre: consumi di acqua (meno il 90%); emissione di CO2 (meno il 59%); impoverimento di suolo utilizzato (meno il 54%). Attuare il regime alimentare della Dieta Mediterranea, significa contribuire alla conservazione della Terra, come bene comune ed attivare un sistema virtuoso di mantenimento di biodiversità alimentare che sta alla base della sopravvivenza umana. Come ben spiega la doppia piramide alimentare della Fondazione Barilla. (Infografiche Barilla Center For Food and Nutrition Foundation 2016” )

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“LA CIOCIARA”

UNA BELLEZZA SENZA TEMPO di Arnaldo Riccio

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a sua casa è Ginevra, da quando sono nati i suoi figli; è l’attrice italiana più premiata e presente nelle famose copertine internazionali: di chi stiamo parlando? Di Lei, l’Unica e insostituibile: Sofia, Costanza Brigida Villani, Scicolone in arte Sofia Loren. La celebre diva italiana, nata a Roma il 20 settembre 1934 ma cresciuta a Pozzuoli vicino a Napoli, prima di sfondare nel mondo del cinema ha intrapreso tutte le strade classiche di chi tenta la scalata al successo: quello che non arriva subito, frutto di sacrificio e difficili prove da affrontare in una città come Roma, dove si reca quando non è ancora quindicenne per tentare di strappare una parte in Quo Vadis, dopo aver vinto un concorso di bellezza a Napoli. Sono gli anni ‘50 e nella capitale Sofia Loren partecipa ad altri concorsi di bellezza, tra cui quello di Miss Italia dove riesce a conquistare la fascia di Miss Elegan-

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za. E proprio in un concorso di bellezza, dove la Loren si reca come ospite in compagnia di un gruppo di amici, a darle l’opportunità tanto attesa: l’incontro con Carlo Ponti, figura fondamentale nella sua vita e per la sua carriera suo produttore e poi marito, una storia d’amore durata fino all’ultimo, terminata nel

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2007 con la scomparsa del produttore. Da quel fatidico incontro inizia così una carriera cinematografica che la vede recitare, all’inizio, in parti di popolana, come ad esempio in “Carosello napoletano” del 1953 di Ettore Giannini, “L’oro di Napoli” del 1954 di Vittorio De Sica e “La bella mugnaia” del 1955 di Mario Camerini, e poi a Hollywood al fianco di star come Cary Grant, Marlon Brando, William Holden, Clark Gable e registi del calibro di Charlie Chaplin, Sidney Lumet, George Cukor, Michael Curtiz. La sua bravura di fronte la macchina da presa è incontestata e incontestabile: è la prima attrice a vincere un premio Oscar in un film in lingua non inglese per “La Ciociara” e l’unica a riceverne altre due di candidature. Sofia Loren ha vinto in pratica ogni premio desiderabile: Golden Globe, Grammy Award, BAFTA e Laurel

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Award. Se l’attrice è un’icona della recitazione, lo è anche per la sua vita privata, mai al centro di scandali o drammi dell’epoca: un unico, lungo e duraturo amore con Carlo Ponti l’uomo che le promise di portarla a vivere nella “casa più bella del mondo”, una promessa che mantenne in pieno andando a vivere a Villa Sara, nel Comune di Marino, vicino la capitale, dal 1960 al 1977, anno in cui la famiglia si trasferì in California. Di quel lungo periodo rimangono alla storia delle splendide immagini. All’interno delle cinquanta stanze della villa cinquecentesca la Loren e Ponti condussero un’esistenza invidiata da tutti gli italiani, ma anche da quanti amavano in maniera “platonica” l’irraggiungibile star. Tra splendidi giardini, piscine e verde a perdita d’occhio, si può riconoscere la residenza come quella che fu un elemento fondamentale del riconoscimento all’estero della Dolce Vita Made in Italy, gli anni in cui l’Italia

era ricca, Roma viveva il suo periodo d’oro, Via Veneto era il salotto del mondo, Cinecittà era la “Hollywood sul Tevere” e tutte le star del cinema americano in quegli anni passavano per Roma. E così mentre Via Veneto è in pratica svanita da decenni, l’indubitabile bravura di Sofia Loren non è mai tramontata, ricevendo nel 1991 in un colpo solo l’Oscar, il César alla carriera e la Legion d’Onore. La sua discrezione continua ad essere un must: Sofia Loren non è attiva sui social, non ha un account su Instagram né tanto meno su Facebook o Twitter. Ci tiene molto alla sua privacy e non ama condividere foto e video che riguardano la sua quotidianità. Nel 2007 la Diva ha posato a Santa Monica, in California, per il calendario Pirelli insieme con altre famose attrici: questo photoshooting rimarrà per sempre un vero tributo alla sua bellezza senza tempo, tutta Made in Italy!

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L’OMOSESSUALITÀ E LA SESSUALITÀ IN ANTICHITÀ NAPOLI, POMPEI E CAPRI Un regalo degli Dei da godersi fino in fondo. di Andrea Fiorillo

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Affresco nella casa del Priapo

di Mauro Fanfoni

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isitare Pompei è come fare un salto indietro nel tempo di duemila anni, un salto che fa riscoprire il modo di vivere degli antichi romani. Dalle case, ai negozi, alle strade, alla coltre di materiale vulcanico, tutto è rimasto fermo al 79 d.C., anno in cui il Vesuvio eruttò e distrusse la città. Camminare in quei luoghi è come rivivere quei momenti: le decorazioni, gli affreschi, i graffiti… tutto è ancora lì per raccontare la vita, la tradizione e la cultura pompeiana. E ancora, la sessualità antica, considerata un regalo degli dei da godersi fino in fondo, è completamente percepibile. Il sesso, per la maggior parte dei romani, era indubbiamente un elemento gratificante della propria vita ma anche un dovere. Gli uomini erano felici di mettere in mostra la loro virilità e la loro abilità sessuale; le donne invece, erano obbligate a farlo per procreare e per aiutare l’Impero a crescere. Per le donne di quell’epoca il sesso significava essere completamente passive e sottostare alla volontà dell’uomo, come se fosse un loro dovere. Così, gli uomini che si sottomettevano erano considerati privi di ogni virtù, venivano oltraggiati e denunciati per la loro effeminatezza. Come confermato da svariate fonti letterarie, l’omosessualità a quei tempi era frequente e non suscitava alcuno scandalo se soggetta a regole. Queste regole venivano stabilite dalla “morale comune” e la mancata osservanza poteva portare a conseguenze quali, nel peggiore dei casi, la perdita di alcuni diritti ci-

T R A V E L


Pompei

vili fondamentali. Il cittadino romano poteva tranquillamente essere omosessuale ma veniva rispettato solo se il proprio compagno era di un rango inferiore. Gli antichi romani erano lontanissimi da ciò che oggi viene definito “distinzione di genere” o “discriminazioni in base all’orientamento sessuale”. Il rapporto fra persone dello stesso sesso era percepito come assolutamente normale e naturale, sempre nel limite di alcuni parametri sociali. Le pratiche omosessuali erano molto frequenti anche fra gli uomini di potere: Giulio Cesare è forse il più famoso bisessuale della storia. Veniva chiamato scherzosamente da Cicerone “marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti” e “regina di Bitinia”, a causa della lunga relazione intrattenuta con il re di Bitinia Nicomede IV. Tiberio, a Capri, per la sua dissolutezza si vestiva da donna; Caligola a volte si presentava ai banchetti vestito da Venere. Nerone, pieno di rimorsi dopo aver ucciso con un calcio al ventre la moglie incinta Poppaea Sabina, cercò un surrogato che le somigliasse, trovò Sporus, un giovane eunuco con cui volle unirsi in matrimonio. Il popolo di Nerone lo castrò e la

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Napoli

coppia si sposò. Ma è sicuramente quella fra Adriano e Antinoo la storia più interessante dell’antichità: l’imperatore ebbe una relazione lunga anni con il giovane liberto che molto probabilmente andava al di là della semplice attrazione sessuale. Dopo la morte di Antinoo, Adriano diffuse un vero e proprio culto religioso per celebrare il

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Pompei - Casa del Fauno

Museo Archeologico - Napoli

Pompei

compagno defunto: fondò una città in suo onore e fece in modo che venisse venerato come un dio. Tornando a Pompei, ancora oggi, è percepibile la forte sessualità del tempo che si rispecchia chiaramente in alcuni specifici luoghi. La Casa dei Vetti, una domus al cui ingresso si trova un affresco di Priapo: qui, il figlio di Afrodite e Dioniso, è rappresentato appoggiato ad una parete con il suo gigantesco fallo posato sul piatto di una bilancia. Sull’altro piatto,

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una borsa di denari. Chiara diventa quindi la funzione apotropaica che i romani annettevano al fallo, simbolo di prosperità ed abbondanza. Il fallo è riccamente conservato nel Gabinetto segreto presso il Museo Archeologico di Napoli. Negli anni si è trasformato nel corno portafortuna tipico della città partenopea. Nell’antichità, le Case “del piacere”, erano riccamente decorate alle pareti con affreschi che rappresentano atti sessuali di ogni tipo: gay, etero e anche di gruppo. Si pensa che gli affreschi indicassero i servizi che si potevano richiedere nel bordello, il che autorizzava alla libertà del gusto e del consumo. Altro luogo percepito come “omoerotico” a Pompei è la Casa del Criptoportico dove è conservato il calco degli amanti. Per molto tempo si è pensato fosse un abbraccio tra una madre e una figlia, ma dopo aver effettuato una TAC e l’analisi del DNA si è scoperto essere quello di due uomini adulti abbracciati. Anche se non si può affermare che fossero una coppia gay, la posizione e l’età di entrambi lascia immaginare che i due uomini potessero stare insieme e che si siano abbracciati prima di morire. A Pompei, come in tutta la Campania, si respirava una libertà ancora sconosciuta nel resto d’Europa: Capri fu il rifugio dell’incredibile Oscar Wilde mentre, la magnifica Costiera Amalfitana dell’imprenditore tedesco Krupp. Oggi tutti questi luoghi sono uno dei punti focali del turismo LGBTQ+ friendly italiano.

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ALLEATA DELLA

COMUNITÀ

LGBTQ+ Fabio Vaccarono

Intervista a Fabio Vaccarono - Managing Director di Google Italia, sui temi di Diversity & Inclusion in abito LGBTQ+ In che modo Google è alleata della comunità LGBT+ ? Google opera da sempre su due livelli paralleli: da una parte ha cercato di sviluppare un ambiente di lavoro in cui ogni googler possa sentirsi libero di essere ed esprimere se stesso. Un ambiente che garantisce a persone di qualsiasi orientamento - sessuale e di genere - gli stessi identici diritti. Dall’altra parte, crediamo che le aziende abbiano una grande responsabilità verso la società e la comunità in cui operano: hanno il compito di incoraggiare rispetto e inclusione, aiutare a proteggere questi valori e tutelare i diritti che le comunità LGBT+ hanno acquisito negli anni. Quali sono le ragioni che portano un’azienda ad abbracciare temi di Diversity & Inclusion?

Le differenze portano scambio che genera innovazione. Inoltre, come diciamo sempre in Google, i diritti acquisiti non sono come diamanti, non durano per sempre, anzi possono essere persi da un momento all’altro: le aziende hanno il dovere di farsi portavoce in questo dibattito e di farsi alleati. Cosa significa dunque essere “alleati”, in particolare in ambito LGBT+? Significa, innanzi tutto, lavorare insieme per creare le condizioni per favorire la “visibilità”: ancora oggi, esistono persone della comunità LGBT+ che hanno paura di uscire “fuori dall’armadio”, e molti di loro lavorano in una realtà aziendale. È dunque cruciale che anche le aziende contribuiscano a creare le condizioni per un coming out - almeno nel lavoro - sicuro e sereno.

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SALENTO LOCATION LGBTQ+ A TANTE STELLE di Mauro Fanfoni

Gallipoli

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alento destinazione conosciuta in tutto il mondo. Non solo per le sue splendide spiagge di sabbia bianca, ma anche per i suoi affascinanti borghi e paesi singolari. Spesso si pensa al Salento, come Lecce e le spiagge, senza considerare che, invece è una vera e propria “regione nella regione”: il posto in Italia in cui c’è il maggior numero di comuni, quasi tutti costituiti da piccoli paesi, tutti antichi custodi della propria festa patronale, prodotto tipico, e

di Mauro Fanfoni

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del dialetto. Si può affermare con certezza che la destinazione non è mai banale, capace di offrire mare mozzafiato, a pochi passi da meravigliose città d’arte. Tanto da fare del Salento una delle mete preferite dalle celebrities nazionali e internazionali che decidono di trascorrere le loro vacanze in Italia. Qualche nome? Kate Moss, Naomi Watts, Richard Madden, Brandon Flynn, Paul Wesley, Giorgio Forattini, Gianni Morandi, Macron, Ivanka Trump, Madonna, Tom Hanks, Da-

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vid e Victoria Beckham. C’è chi invece ha deciso di mettere radici in questo posto fantastico. Chi? Hellen Mirren e il marito regista Taylor Hackford che hanno restaurato e riportato agli antichi splendori una vecchia Masseria. Anche una delle più note star di Hollywood Meryl Streep ha acquistato casa nel Salento così come Francis Ford Coppola e Gerard Depardieu, rimasto folgorato dalla pace e dal relax di questo estremo lembo di terra. Quindi aver girato il Salento significa aver visitato oltre a Lecce, almeno Otranto, Gallipoli, Santa Maria di Leuca, e le spiagge più belle, che vanno da Leuca a Porto Cesareo. Lecce e il suo centro storico Città unica e affascinante per gli edifici e le chiese in stile barocco dal colore inconfondibile. Due must: l’anfiteatro e il teatro d’epoca romana, entrambi costruiti sotto l’imperatore Augusto. Otranto e il Castello Incastonata in un paesaggio incantevole la parte vecchia della città è circondata da un muro possente e dominata dall’imponente Castello Asburgo. Lungo la strada che conduce a Otranto, un must è la visita della famosa grotta Zinzulusa e Santa Cesarea Terme, nota per le sue cure idroterapeutiche e la fangoterapia. La città di Gallipoli Il suo nome deriva dal greco Kale Polis, città bella, un nome più che meritato. La città si trova alla fine di quella che sembra essere una penisola inespugnabile e rocciosa che si distende verso il mare, godendo di una fantastica vista da Nord al Sud. La città ha molte chiese, vicoli e musei interessanti: basta lasciarsi andare e camminare. Santa Maria di Leuca lo spartiacque È il punto più meridionale del Salento e al tempo stesso lo spartiacque fra Mar Ionio e Adriatico. La città è famosa nel mondo per la sua chiesa e i pellegrinaggi che la visitano, ma anche per

Gallipoli

le molte splendide ville dalle caratteristiche architetture volute da eccentrici proprietari amanti del mare. Le spiagge più belle Il Salento si è guadagnato l’appellativo nel mondo delle “Maldive d’Italia” per il suo mare spettacolare e le sue favolose spiagge bianche come il talco, che nulla invidiano alle località balneari tropicali. Iniziamo dalla spiaggia di Pescoluse considerata una delle più belle di tutta la Puglia. La spiaggia è lunga circa 4 chilometri. Proseguiamo con Punta della Suina nota per il suo mare caraibico e per la bellissima pineta che la circonda. I fondali bassi rendono questo mare una vera e propria piscina dove rinfrescarsi e rilassarsi. Parte di un parco naturale, Porto selvaggio è situata tra Gallipoli e Porto Cesareo: la sua spiaggia è di ciottoli e scogli e il mare è di colore blu carico. Per concludere troviamo una delle più belle spiagge al mondo, quella di Punta Prosciutto è circondata da dune e verde vegetazione: selvaggia, ha conservato il suo fascino naturale.

DESTINAZIONE LGBTQ Le bellissime località del Salento come Gallipoli e della sua costa ionica come la Baia Verde, Mancaversa e Punta della Suina si collocano pari merito a Mykonos, la Costa Azzurra e le spiagge gay friendly della Spagna. I turisti LGBTQ che fanno le vacanze a Gallipoli, oltre che godersi di giorno le incantevoli spiagge del “gioiello” nel Salento per la sera hanno a disposizione molte alternative: un must è il Picador, una discoteca lungo il litorale sud nei pressi di Punta della Suina, qui è stata girata la celebre scena del balletto in mare del film “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpetek.

Teatro Antico romano, Lecce

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LA PUNTA D’ITALIA TRA DUE MARI E LA CULTURA DELL’INCLUSIVITÀ L’ ph. Tommaso Caruso

di Michela Calabrò

Arena dello Stretto

‘La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca’ Cesare Pavese

Vista di Scilla

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estremo sud dell’Italia peninsulare ricorda la punta di uno stivale che si appoggia tra due mari: il Tirreno e lo Ionio. Si tratta della Calabria, culla della cultura greca e, si dice, delle prime popolazioni italiche. Si tratta di una delle regioni d’Italia più belle, in cui è possibile trovare luoghi incantevoli dalla montagna al mare: Dal Monte Elia, vicino alla cittadina di Palmi lo sguardo arriva fino a Messina; dalla spettacolare Scilla (borgo marinaro, il cui nome ricorda quello di una delle sirene che cercarono di ammaliare Ulisse, come racconta l’Odissea) è invece possibile assistere all’eccezionale evento naturale della ‘Fata Morgana’. La Calabria vanta solide tradizioni di ospitalità ed accoglienza e presta un’attenzione crescente alla cultura gay e lesbian: ad Isola Capo Rizzuto fu creato il primo resort nudista della Calabria (quasi casualmente da un gruppo di giovani gay che negli anni ‘70 non riuscirono ad imbarcarsi da Crotone per raggiungere la Grecia), Così come sulla costa tirrenica, la spiaggia delle Formicole presso Santa Domenica di Ricadi è considerata spiaggia gay. Nei capoluoghi di provincia, durante il mese di luglio, si tengono pride, sempre più affollati. In particolare, quello di Reggio Calabria, grazie all’associazione Arcigay I Due Mari, catalizza l’attenzione di comuni minori sia sui temi dei diritti civili che su quelli dell’accoglienza. L’associazione nasce nel 2009 e da quel momento in avanti l’attivismo per la rivendicazione dei diritti civili in favore della comunità LGBTQ+ non si ferma più. Alcuni quartieri, attorno a Via Giudecca ed alla Chiesa Valdese erano e sono luoghi di incontro, che hanno però generato, negli anni, eventi culturali e spettacoli . I giovanissimi sono particolarmente convolti e condividono la

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ph. Bruno Giordano

Calabria Pride

realizzazione di svariati progetti sul territorio dall’Osservatorio Provinciale contro la discriminazione alle iniziative di sensibilizzazione per le scuole e convegni formativi. Dal 2014, i pride si sono estesi da Reggio a Tropea, rinomata località balneare. Il successo si è raggiunto nel 2019, con la celebrazione dei moti di Stonewall, quando numerose associazioni e realtà calabresi hanno aderito al Pride di Reggio Calabria sotto il Gonfalone della Regione, il logo del pride ritrae in versione stilizzata l’arena dello Stretto uno dei luoghi più suggestivi della città. Doretta Drag Queen è stata la madrina dell’evento insieme al suo gruppo ‘Le Portinaie Drag Queen Show’. I suoi spettacoli hanno superato le barriere del divisionismo e riunito tutta la cittadinanza ed oltre, per far arrivare forte il suo messaggio anti-discriminazione. Nel 2020, il comitato locale Arcigay I Due Mari ha dato inizio ad un nuovo progetto di lotta alla solitudine involontaria, per favorire il dialogo intergenerazionale tra comunità over e giovani. L’iniziativa denominata Silver Rainbow Kitchen invita i membri della comunità a cucinare e a cenare insieme presso il B&B Casa Canale. Per chiudere, un ultimo e doveroso cenno storico. Reggio Calabria, il cui lungomare è stato definito ‘il più bel kilometro d’Italia’ è anche il luogo nel quale sono oggi conservati i ‘Bronzi di Riace’, presso il Museo Archeologico Nazionale. I Bronzi di Riace sono due statue di bronzo di provenienza greca o magnogreca databili al V secolo a.C., pervenute in eccezionale stato di conservazione. Esse furono rinvenute nel mare di Riace Marina nel 1972, casualmente, da un

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subacqueo. Il loro corpo è l’espressione della perfezione fisica, la celebrazione del gusto greco per il corpo maschile, nella tensione muscolare che li vede come pronti al combattimento. Sull’identità dei due guerrieri si sono alimentate numerose congetture: sono fratelli? Amici? Amanti? La mascolinità nel mondo greco non negava l’omosessualità, né era in contrasto essere padri di famiglia e amanti di giovani belli e rigogliosi: questione di civiltà. Così, se gli storici antichi scrivono che il futuro Re dell’Epiro Alessandro amava Filippo II il Macedone e che Alessandro Magno per tutta la sua vita ha amato l’amico d’infanzia Efestione, questo non diffama certamente il loro valore umano, militare e filosofico. Nel 2014, l’artista Gerard Bruneau trasformò i due Bronzi in icone gay, grazie ad una serie di scatti che li vide ritratti con veli bianchi, perizomi e boa colorati. Una provocazione volta a sottolineare un aspetto trasgressivo, quasi transgender della mascolinità. Tropea, Santa Maria dell’Isola

EFFETTO FATA MORGANA Il nome della fata appartiene alla mitologia celtica che come vuole la leggenda aveva stabilito la sua dimora tra l’Etna e lo Stretto e in questo tratto di mare, facendo comparire immagini di uomini e città, confondeva i naviganti che convinti di aver raggiunto la costa, naufragavano. E’ un gioco di rifrazione solare tra acqua ed aria, che dà l’impressione di vedere persone e case della città di Messina riflesse nell’acqua dello Stretto.

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IL RIFUGIO DI

OSCAR WILDE

E DI NUMEROSI ARTISTI

Un’isola di tolleranza, sensibilità e ospitalità. di Emanuele Liotta

di Mauro Fanfoni

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Catania

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L’Isola delle Femmine, Palermo

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n luogo di incontaminata natura, dove ogni corpo si sposa con il sole e il mare: questa è la Sicilia. Per i siciliani, concetti come sensibilità, tolleranza e ospitalità sono da sempre inerenti alla propria anima: Oscar Wilde fuggì dall’Inghilterra puritana per rifugiarsi sull’isola, il barone Von Gloeden si trasferì a Taormina per fotografare quelli che, secondo lui, erano i giovani più belli del mondo; un passaparola che, nel corso degli anni, ha portato le persone LGBT+ a eleggere la Sicilia come destinazione privilegiata per il turismo gay-friendly. Taormina è meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo e continua a esercitare un fascino mistico su ogni anima che si imbatte nelle sue antiche pietre: soprattutto in agosto, quando molti uomini omosessuali decidono di incontrarsi proprio nei vicoli di questa città in gran parte

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medievale, o intorno all’antico teatro. Lo stesso si può dire di Siracusa, dove la modernità si intreccia con la libera, irreprensibile e affascinante tradizione greca. Le oasi LGBT+ a volte sono spiagge difficili da raggiungere rispetto ad altre, ma – una volta arrivati - offrono suggestioni ed emozioni non comuni: ce ne sono nelle vicinanze di Palermo, Trapani, Siracusa, Noto, Messina e Catania. Sabbia fine e mare cristallino; oltre gli arbusti, la spiaggia si apre libera e incontaminata. La fresca ombra degli eucalipti dona riposo e privacy, e un tuffo dal sole al mare cristallino è il modo migliore per coniugare l’estasi offerta dalla vista di paesaggi e tramonti mozzafiato. Catania, una delle città più importanti della Sicilia, è sempre stata famosa anche per la sua vita LGBT+. Nel secolo scorso, in realtà, la scena gay a Catania era composta principal-

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Basilica Minore di San Nicolò in Noto

mente da uomini (a causa della scarsa visibilità data in generale alle donne lesbiche): erano chiamati - in dialetto siciliano - arrusi nel caso dei passivi, mentre gli attivi godevano del titolo più virile di masculi, maschi. Fino al 1939, tutti gli uomini gay e bisessuali della città si incontravano in una delle prime sale da ballo italiane per soli uomini: un ele-

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mento che distingueva Catania da altre città. Altra particolarità di Catania era l’antico quartiere di San Berillo: uno spazio sicuro per la comunità LGBT+, in cui omosessuali, bisessuali e transessuali erano liberi di praticare il sex work o rimorchiare. Vicino San Berillo si trova l’ultimo monumento alla storia LGBT+ di Catania: l’arvulu rossu; in dialetto, il “grande albero”. Era un luogo d’incontro per gli arrusi, che la sera camminavano sul marciapiede con il favore del buio e alla ricerca di amori furtivi - fino a quando il fascismo e la guerra non fermarono tutto. Fortunatamente, la vita LGBT+ della città è rinata in tutto il suo splendore: associazioni - il comitato locale della più grande associazione LGBT+ italiana, Arcigay, ha sede in città -, pub, discoteche, feste e club LGBT+ animano la comunità e ogni persona LGBT+ qui è libera di esprimersi, nella città che celebra che siamo nati così.

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ph. Giulia Freni

Ceramiche siciliane


LE UNIONI CIVILI

a tre anni dalla eroica conquista italiana Per non dimenticare quello che fu la lotta, i protagonisti, e quello che ci attende. di Letizia Strambi

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sistere per il mio Paese, esistere con sé stessi, esistere per nascere con questa legge, esistere senza pensare di aver fatto un torto alla mia famiglia, esistere senza nulla sottrarre a tutte le altre famiglie italiane”. Questo significavano le unioni civili per Monica Cirinnà. “Gli italiani sanno che il contrario della discriminazione è uguaglianza e dove c’è un diritto riconosciuto ad alcuni e negato ad altri c’è discriminazione” disse in Parlamento ricordando altre battaglie di Nilde Iotti, Lina Merlin e il profondo rispetto che aveva per il raggiungimento di diritti che sembravano inarrivabili, quali l’uguaglianza tra coniugi e tra

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figli. “La Costituzione è un processo di liberazione della persona umana, inconcluso, scritta anche per gli assenti, e orientata al futuro” disse Cirinnà ai suoi colleghi. Era l’ultimo atto di una lotta immane, iniziata in Italia nel 1986 con la “Interparlamentare donne Comuniste” con Ersilia Salvato, Romana Bianchi, Angela Bottari. Fu in seguito, Agata Alma Cappiello, socialista, a presentare una prima proposta di legge. Seguì quella di Nichi Vendola, e altre che non arrivarono nemmeno ad essere discusse. Franco Grillini portò avanti la battaglia con i PACS; nel 2007 fu la volta dei DICO. Poi arrivò la prima proposta, nel 2014, di Monica Cirinnà, la seconda, la terza. Infine l’ultima (il cosiddetto “canguro”) trovò l’opposizione del Movimento 5 Stelle. A quel punto il Governo

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Renzi, trovato l’accordo politico all’interno della maggioranza, il 23 febbraio 2016 presentò un maxi emendamento che recepiva il DDL Cirinnà per l’istituzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, qualificate come “formazione sociale specifica” con esplicito riferimento all’articolo 2 della Costituzione. Il testo ebbe un avallo istituzionale senza precedenti perché il Governo pose la fiducia sull’approvazione. Noi ancora ricordiamo quella sera. Un fiume arcobaleno ha attraversato l’Italia. Eravamo con un gruppo di turisti LGBT in un press tour a Milano. Tutti festeggiavano. La Conferenza Episcopale Italiana criticò il ricorso al voto di fiducia, ma senza appoggio di Papa Francesco. Gli organizzatori del Family Day con alcuni politici di destra annunciarono l’avvio della

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raccolta firme per un referendum abrogativo. La legge è entrata in vigore il 5 giugno 2016, e i banchetti della raccolta firme per il referendum erano deserti. È bene ricordarla questa storia, perché come disse Monica Cirinnà in Parlamento il giorno dell’approvazione: “Fra 30 anni, quando i vostri figli e nipoti leggeremo i verbali di questa seduta, voi da che parte vorrete trovarvi?”. Le parti erano due: quella che favoriva la spinta al suicidio, alla negazione, dicendo che l’omosessualità è una malattia, quella che costringeva a fuggire dall’Italia se si voleva ufficializzare la propria unione, e l’altra, la nostra, che voleva di più, ma ha capito che rischiava di non ottenere niente se avesse insistito. Per fortuna vincemmo, iniziando una nuova battaglia il giorno dopo.

I NUMERI Grandi festeggiamenti e un’ondata di matrimoni nel 2017, in seguito, essendo divenuta una situazione normale, le unioni civili hanno avuto un calo nel 2018, anno dell’ultimo rilevamento dell’ISTAT. Nel 2017 le unioni civili erano state 4.376 – di cui 2.962 coppie composte da soli uomini – nel 2018 sono state complessivamente 2.808, di cui 1.802 tra due uomini. Si tratta di una progressiva normalizzazione del fenomeno. Sono tuttavia sempre di più le coppie formate da uomini (64%) rispetto alle donne, concentrate al Centro Nord e nelle grandi aree urbane. Quasi il 20% tra è Roma e Milano, dove l’incidenza sul totale della popolazione è rispettivamente di 10,1 e 18,7 ogni 100mila abitanti. Al Sud, soltanto Napoli e Palermo fanno segnare invece valori superiori all’1 per 100mila abitanti. E poi nel 2016 furono coppie molto grandi di età a unirsi civilmente, persone che avevano aspettato una vita il riconoscimento di questo diritto. Oggi, per fortuna è divenuta consuetudine per tutti.

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SERRAVALLE DESIGNER OUTLET

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erravalle Designer Outlet è il più grande outlet del lusso in Europa, la destinazione da sogno per tutti gli amanti della moda e dello shopping. Serravalle Outlet offre ai suoi consumatori una eccezionale selezione di oltre 230 negozi dei più importanti marchi del fashion nazionali ed internazionali, tra i quali Armani, Furla, Etro, Iceberg, Dsquared, Sergio Rossi e molti altri, con prezzi ridotti tutto l’anno fino 70 percento in meno. Raggiungere Serravalle Outlet è davvero facilissimo grazie ai 9 collegamenti giornalieri in shuttle bus che partono da Milano centro città (Piazza Duomo, Cairoli, Stazione Centrale e corso Buenos Aires). Il Centro McArthurGlen di Serravalle rappresenta una destinazione d’eccellenza per i turisti

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di tutto il mondo, grazie alla cura per l’ospitalità, ai servizi per i turisti (Guest Service per informazioni, wi-fi in tutto il centro, ufficio di cambio valute e tax-refund, personale multilingue) e all’accoglienza che riserva ai propri ospiti dall’arrivo, allo shopping nelle boutique, alla ristorazione con 11 esclusivi punti food.

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Armani Hotel Milano - Exterior

ARMANI HOTEL MILANO L’OSPITALITÀ PERFETTA DELL’ESTETICA ARMANI

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arte dell’ospitalità e l’armonia dell’estetica di lusso: l’intuizione geniale dello stilista Giorgio Armani è quanto distingue Armani Hotel Milano, in Via Manzoni 31, da qualsiasi altra realtà ricettiva meneghina. Secondo per nascita dopo l’omologo a Dubai, esso nasce dalla collaborazione con Emaar Properties PJSC e si colloca all’interno di uno storico palazzo cittadino dall’architettura razionalista risalente al 1937. Il concept Armani Hotels si concretizza nell’ar-

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monia tra lusso, calma, bellezza, ed in particolare nella minuziosa attenzione alle esigenze dell’ospite, tanto da anticiparne i desideri e sorprenderli grazie ad ‘una precisa visione dell’estetica ed un’idea precisa di comfort’ (Giorgio Armani). Il ‘cappello di vetro’ racchiude gli spazi comuni al settimo e ottavo piano: dall’Armani/Ristorante, alfiere della ricca tradizione gastronomica italiana all’Armani/Bamboo Bar che si affaccia su una spettacolare vista di Milano, a cui si ag-

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Armani Hotel Milano - Lounge Armani Hotel Milano - Welcome Area

Armani Hotel Milano - Reception

giungono un elegante lounge, l’area congressi e la spa con palestra. Le 95 camere sono testimoni del concetto di lifestyle Armani: nelle diverse tipologie, sono tutte caratterizzate da ordine e spaziosità e variano dai 45 ai 200 metri quadrati. Tutto nell’hotel è concepito per soddisfare le esigenze di lavoro, relax e piacere, secondo quell’ideale di eleganza e semplicità che contraddistingue lo stile Armani. “Stay with Armani” non è soltanto uno slogan, ma la filosofia profonda di questo hotel. Tutta l’architettura ha tratteggiato una grande ‘A’, visibile solo dall’alto. Tuttavia, quanto veramente contraddistingue l’Armani Hotel Milano è piuttosto un concetto unico di servizi, che prevede la presenza di un reparto lifestyle. I lifestyle manager seguono l’ospite dal suo arrivo al momento della partenza con un’assistenza continua e discreta volta a soddisfare ogni desiderio. All’armonia architettonica e spaziale, al lusso ed al lifestyle, l’Armani Hotel di Milano unisce il senso di ospitalità italiano, portato alla sua più alta espressione di benessere per l’ospite. L’apertura verso culture, orientamenti e stili di vita differenti è un ‘must’ qui: la percezione è quella di trovarsi in una realtà ovattata e sicura, in cui ognuno è coccolato senza pregiudizi al fine di

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creare un’esperienza di soggiorno unica ed indimenticabile. Dopo una giornata di shopping, tornare all’Armani Hotel, posizionato nel cuore del Quadrilatero della Moda (la fermata metropolitana è proprio Montenapoleone), essere accolti tra i suoi caldi colori e le luci soffuse, poter accedere alla palestra o alla sauna o al bagno turco è un piacere che arricchisce e completa la giornata. Il brand Armani, in tutte le sue declinazioni, dalla moda all’hotellerie, interpreta il lusso come stile e come pensiero, come espressione di valori che inglobano il bello, il buono ed il ben fatto dell’’italianità, includendo in questa il senso di ospitalità che tanto caratterizza la cultura mediterranea. Da febbraio 2020, Armani Hotel ha arricchito l’offerta del suo Bamboo Bar, con una proposta innovativa: ‘Crudo’ nato dalla collaborazione con lo chef giapponese Niimori Nobuya . Ogni ingrediente, sARMANI HOTEL MILANOorizzato per far vivere all’ospite un’esperienza che si distingue per l’eccellenza delle materie prime. Una proposta quella di “Crudo”, che si ispira a un’idea di cucina sana e leggera, sempre più in linea con le esigenze di un pubblico che ha poco tempo a disposizione ma che non vuole rinunciare al piacere della tavola. L’ospite inoltre può abbinare alla portata un drink scelto dalla lista “Capsule Collection”, la carta cocktail dedicata al mondo di Giorgio Armani nelle sue molteplici espressioni creative. Food e drink si uniscono per esaltare il valore dell’esperienza gustativa e aprire nuove strade che, anche in questo caso, seguono la stagionalità delle materie, la contrapposizione dei sapori o la loro similitudine. Armonie di gusti diversi, che stuzzicano e regalano sfumature che non ti aspetti.

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Sardegna SELVAGGIA E SUGGESTIVA,

TRA SPIAGGE NATURALISTICHE

E MARE CRISTALLINO di Valentina Arca

di Mauro Fanfoni

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Isola Maddalena

Golfo Grande Pevero, Costa Smeralda

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Alghero

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elvaggia e suggestiva, la Sardegna è una delle mete più apprezzate dal turismo LGBTQ+. Il suo profumo, aromatico, inebriante, simbolo di una natura incontaminata, rimarrà nei ricordi del viaggiatore come un vero e proprio ancoraggio a questa terra. Tra concerti di cicale e fioriture gialle di ginestra si possono raggiungere insenature scenografiche, calette di sabbia bianca e acqua così limpida da aver l’impressione di nuotare in una piscina. Si naviga per arrivare in luoghi segreti raggiungibili solo dal mare, dalle prime ore del giorno fino al tramonto, accompagnati, se si è fortunati, dalle danze dei delfini e si ormeggia in spiagge solitarie. La Sardegna offre molte spiagge gay-friendly ed il naturismo è pratica autorizzata in molte zone della costa. Nel nord della Sardegna, sicuramente Liscia Ruja in Costa Smeralda, è uno storico punto d’incontro per la comunità LGBTQ+ sarda. Nel Parco Nazionale della Maddalena nell’isola di Caprera ci sono spiagge naturiste, dei veri e propri spot caraibici: spiagge bianche incastonate nel granito e mare cristallino. Nella zona tra Nuoro ed Olbia, tra i muretti a secco e casolari in pietra, si possono raggiungere Capo Comino e La Cinta, le grandi dune di

Costume tipico Sardo

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sabbia sono molto frequentate da gay e naturisti. Cagliari è la città più gay-friendly della Sardegna dove si concentra la maggior parte della comunità omosessuale ed i maggiori bar e club per la comunità. Una città ricca di storia, eventi in spiaggia ed in città, con un’entusiasmante movida per un pubblico sia omosessuale che etero. Ogni anno si tiene “USN|expo Sardinia Queer Short Film Festival”, la rassegna cinematografica organizzata dall’ARC, l’associazione LGBTQ+ di Cagliari, a tematica lesbica, gay, bisessuale, trans e queer della Sardegna. Una delle spiagge gay-friendly vicino Cagliari più conosciute è Mari Pintau, uno spot naturista immerso nella macchia mediterranea. Un altro luogo ideale è Cala Regina, a circa 30 minuti di auto da Cagliari. Vicino a Sassari, la spiaggia di Platamona è molto popolare. A pochi minuti da Alghero si trova Porto Ferro, una lunga spiaggia friendly e naturista. Qua i romantici, non devono perdere la passeggiata lungo la spiaggia dorata durante il tramonto quando il sole accende il mare. La notte si conclude nel chiosco sulla spiaggia tra musica, la birra locale “ichnusa”, mirto o filu’e ferro. Incantanti dal suo mare, il rischio è tornare a

Corsa alla stella della Sartiglia di Oristano

casa da un viaggio in Sardegna senza il qualcosa in più rispetto a quello che sapevi già quando sei partito. Per penetrare l’essenza della Sardegna, è necessario varcare la barriera virtuale delle spiagge alla moda ed entrare in contatto con una terra di antiche tradizioni e con un popolo famoso per il suo carattere impervio e ruvido ma anche famoso per la loro più antica e sacra virtù, l’ospitalità.” È la terra “tourismfriendly” in cui chiunque si sente a proprio agio e libero di mostrare i propri sentimenti, condannando ogni tipo di discriminazione.

Chiesa di Santa Lucia - Arzachena, Sassari

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Gianmarco Negri

UNA RIVOLUZIONE GENTILE Il primo Sindaco trans d’Italia, l’avvocato Gianmarco Negri, si racconta all’amica Antonia Monopoli. di Antonia Monopoli

Gianmarco Negri e Antonia Monopoli

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ono passati circa 12 mesi dalla tua elezione a sindaco, innanzitutto vorrei chiederti come stai? Ciao Antonia sto bene, grazie. Sono passati solo pochi mesi ma, soprattutto questi ultimi due, sono stati molto impegnativi e pesanti alle prese con un’emergenza che, da neoeletto Sindaco, mai avrei immaginato di dover fronteggiare. Questo, però, mi ha consentito di avere la conferma di essere parte di una squadra di persone meravigliose e mi auguro che i cittadini possano essere orgogliosi di noi. Partiamo dagli inizi, quando e come hai scoperto la tua identità di genere? È stata la mia identità di genere a scoprire me nel senso che ha reclamato di emergere in contrapposizione a quella biologica già dai primi anni della mia vita. Crescendo mi sono scontrato con la dura e triste realtà di un corpo che andava in una direzione che mi faceva soffrire e mi spiazza-

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va. Poi a 14 anni circa è iniziato il tunnel dell’anoressia che, a ritroso, posso identificare come una strategia per non crescere. Come ha reagito la tua famiglia? Più o meno quando avevo 20 anni mamma ha scoperto che quella che io avevo presentato come un’amica in realtà era la mia fidanzata. La mia spiegazione è stata semplicissima “non sono lesbica, sono un ragazzo aiutatemi”. Mamma ha reagito malissimo e dopo anni di lotte, all’età di 35 anni, mi sono nuovamente aperto con lei trovando un’alleata e una colonna portante. In che modo hai messo la tua professione di avvocato a servizio dell’attivismo TLGB? Diciamo che qui ci sono piani che vanno ad intrecciarsi ma che io cerco di tenere, per quanto ciò sia possibile, separati. La mia professione di avvocato è stata negli anni modulata più che altro per quanto attiene le tematiche di difesa dei

Gianmarco Negri insieme a sua mamma Iolanda

La giunta comunale

diritti in sede civile ed in sede penale a favore della famiglia lgbtqia e questo mi ha portato ad avvicinarmi all’attivismo e al volontariato. Quali sono le domande da non fare mai ad un uomo transgender? Non credo che esistano domande che si possano fare o non si possano fare. Credo tutto dipenda da come viene posta la domanda, dal contesto in cui viene posta e dal rapporto che esiste tra i due o più interlocutori. Un messaggio di speranza per chi leggerà questa intervista: Credo che quello che è successo a Tromello, che mi ha dimostrato tanta fiducia eleggendomi Sindaco, possa succedere in ogni parte nel mondo ma, perché ciò diventi possibile, è necessario che ognuna e ognuno di noi riconosca in sé il valore che ha.

Antonia Monopoli è una donna e attivista transgender nata a Bisceglie provincia di BAT (Barletta, Andria, Trani). Nel ‘94 si trasferisce a Milano per intraprendere quello che, in ambito medico scientifico, viene definito percorso di transizione o adeguamento di genere. Dal 2002 milita e lotta attivamente contro la transfobia e la discriminazione nei confronti di persone transgender esponendosi sempre in prima linea; diviene, così, una delle principali esponenti dell’attivismo trangender in Italia. Dal 2009 assume il ruolo di responsabile all’interno dello Sportello Trans di ALA Milano ed inoltre lavora come Peer Educator, in quanto transgender ed ex sex worker, per progetti sulla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale e per progetti di coesione e inclusione sociale nell’ambito della prostituzione.

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Collabora, inoltre, a ricerche sullo sfruttamento sessuale e nel 2017 per un anno è stata coinvolta in un progetto all’interno della sezione trasgender in carcere a Como. Ha contribuito alla realizzazione di quattro documentari sulla realtà transgender: “Crisalidi 5 racconti di vita trans” di Federico Tinelli; “O sei uomo o sei donna.. chiaro?!” di Enrico Vanni; “Antonia” di Dimitri Singenberger; “Atopos Generi Teatranti” di Alberto Amoretti. Inoltre, ha contribuito alla realizzazione di tre libri come “Diurna” di Monica Romano (Costa & Nolan Editore); “Le cose cambiano” (Corriere della Sera - Isbm Edizioni); “Doppia Pena” – Il carcere delle donne (Mimesis Editore) e nel 2019 ha effettuato un’autopubblicazione su Amazon, la sua autobiografia “La Forza di Antonia – Storia di una persona transgender”.

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What s INN a cura di Giovanni Blasi FARO CAPO SPARTIVENTO

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oluto da Re Vittorio Emanuele di Savoia, Faro Capo Spartivento è stato costruito nel 1854 dalla Marina Militare Italiana. Dal 2006 questa struttura è un hotel, unico faro italiano destinato all’accoglienza e splendido esempio di stile mediterraneo minimale. L’arredo interno è ricco di oggetti antichi proveniente da tutti gli angoli della terra. Questi manufatti unici si affiancano a oggetti di design come i lampadari rossi in cristallo di Murano o le sedute in pelle bianca stile Luigi XIV che arricchiscono il salone La luce del Faro si accende incessantemente ogni sera da oltre 160 anni. L’hotel offre un servizio unico che gli è valso le 5 stelle. Faro Capo Spartivento è situato nell’estremità meridionale della Sardegna sulle spiagge di Chia.

Faro Capo Spartivento

Faro Capo Spartivento

TRULLI HOLIDAY RESORT

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Trulli Holiday Resort

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ivere un’esperienza unica che riporta lo spirito e il corpo all’antichità. I trulli sono una costruzione in pietra tradizionale della Puglia centro-meridionale. Risalenti al XVII sono un perfezionamento del modello preistorico della thòlos, presente in varie zone d’Italia e del Mediterraneo. Dal 1996 sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO e continuano ad essere ancora oggi oggetto di ricerche e dibattiti. Il Trulli Holiday Resort permette di soggiornare all’interno di trulli posizionati nella zona di Alberobello. Sono disponibili sei tipologie. Dal trullo romantico per la coppia, al trullo “big” per le famiglie più numerose o gruppi di amici. Ogni soluzione offre accessori e servizi per il massimo del comfort.

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BYBLOS ART HOTEL VILLA AMISTÀ

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erona è la città dell’amore, della passione e della tragedia. La città è stata resa nota dal drammaturgo e poeta inglese William Shakespeare che ambientò nella Verona medievale Romeo e Giulietta, la storia d’amore più famosa al mondo. L’hotel Byblos Art Hotel Villa Amistà è situato all’interno di Villa Amistà. Sia fuori che all’interno questa struttura è un vero capolavoro. In questa struttura risalente al quattrocento la storia si fonde con la contemporaneità degli arredi interni, frutto della creatività del designer Alessandro Mendini. Le sale interne sono impreziosite da numerose opere di artisti di fama internazionale che fanno di questo hotel un vero e proprio museo.

Byblos Art Hotel Villa Amistà

Byblos Art Hotel Villa Amistà

Byblos Art Hotel Villa Amistà

HOTEL SEXTANTIO

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atera chiamata anche “Città dei Sassi” per via degli storici rioni, considerati tra i nuclei abitativi più antichi al mondo, è stata nel 2019 la capitale europea della cultura. I Sassi nel 1993 sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. I Sassi di Matera sono due quartieri di Matera, il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano, formati da edifici e architetture rupestri scavati nella roccia della Murgia materana e abitati fin dalla preistoria. Il progetto dell’Albergo Diffuso Sextantio “Le Grotte della Civita” è costituito da 18 grotte ed uno spazio comune in un’antica chiesa rupestre. Tutto il complesso è collocato nella parte più antica dei Sassi, la Civita, a strapiombo sul torrente Gravina, di fronte alla scenografia costituita dal Parco della Murgia e dalle sue chiese Rupestri.

Hotel Sextantio

Hotel Sextantio

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VERSO UN MONDO

migliore

di Stefano Ferri

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entre scrivo sono in quarantena, come tutti. Le previsioni dicono che quando mi leggerete saremo appena usciti dalla prima fase d’emergenza e staremo gradualmente riprendendo in mano vite che comunque non saranno più come prima. Per ora vi confesso che non riesco a non dare al mio articolo un’impronta diversa, perché di colpo tutti i temi legati ai diritti civili, al crossdressing ecc mi paiono quasi inezia. E sapete per quale motivo? Perché mi sembra che da quando il virus ha colpito le libertà di tutti nessuno abbia più voglia di mettere il becco sulle libertà altrui. Dell’omosessualità non si parla più, come se fosse – e lo è, vivaddio – una cosa normalissima. Nessuno ha più da ridire sulle nozze gay, salvo le pochissime voci fanatico religiose che, facciamocene una ragione, non si spegneranno mai (ma sono appunto pochissime, no?). Prima che le strette governative si facessero più severe uscivo tutti i giorni, con un motivo serio ovviamente, per andare da mio padre, e i rari passanti che incontravo passavano oltre, come se imbattersi in un crossdresser non fosse

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V I T A

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lo scandalo da prima pagina che sino a ieri era ritenuto. Nel 2005, quando visitai l’isola di Langkawi, in Malesia il crossdressing era reato penale. Dal 2014 non lo è più, per cui dovessi tornarci di sicuro non rischierei di imbattermi nel poliziotto che quindici anni fa mi chiese conto del mio vestito, né di dovergli la ridicola risposta che gli diedi («Sir, it’s a male skirt») per scampare il carcere. Però qualcosa mi dice che, a questo punto, il rischio non l’avrei corso nemmeno senza la benedetta legge di depenalizzazione. Così come nei miei frequenti viaggi a Roma ormai da tempo non prendevo sfottò alla stazione Termini, né – ne sono certo – più li prenderò. Anzi, lasciatemi sognare che tutto il mondo, in futuro, divenga bello, grande e cosmopolita come New York, la città delle città, l’avanguardia internazionale alla lotta contro le discriminazioni di genere. Non so quando potremo riprendere a viaggiare. So solo che, quando lo faremo, ci divertiremo di più. E, per dirla con Virgilio, forsan et haec olim meminisse iuvabit, forse un giorno gioverà ricordare anche queste cose.

C R O S S D R E S S E R


supporta il turismo LGBTQ+ diventa Superainbow

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COME S AR À S OGGIORNAR E

in hotel dopo l’emergenza

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l viaggiatore del post emergenza Covid-19 non si accontenterà di sentirsi dire che “viaggiare o soggiornare in una struttura ricettiva è sicuro”, ma vorrà vedere attuati cambiamenti “fisici e ben visibili” che rendano davvero viaggiare più sicuro. Questo è quanto ha dichiarato Adam Blake, professore di economia e capo delle ricerche del dipartimento del turismo alla Bournemouth University in Inghilterra. Oltre all’esigenze di rispondere alle richieste di rassicurazione del viaggiatore ci sono poi delle esigenze reali di tutela della salute che questa emergenza ci ha dimostrato essere fondamentali. Molte strutture ricettive, anche case vacanze, inizieranno a porre maggiore attenzione ad una corretta pulizia e sanificazione dei locali. A tal proposito dovranno cambiare le modalità di monitoraggio e pulizia degli stessi. Sarà per questo necessario, al fine di agevolare la cosiddetta “fase 2”, che gli alberghi elaborino degli specifici protocolli di sicurezza che regolamentino l’ingresso e la vita all’interno della struttura di personale, fornitori e ospiti. Inoltre, sarà importante che gli alberghi diano evidenza delle azioni adottate per tutelare la salute

delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro. Secondo Jan Freitag, vicepresidente di Lodging Insights, società di analisi dell’ospitalità, ritiene che sarà necessario mostrare come e quanto le strutture vengono pulite. Che questo possa significare disinfettanti per le mani ovunque o disinfettare regolarmente le superfici, sarà necessario comunicare apertamente ai clienti “ecco cosa stiamo facendo per tenerti al sicuro”. Si renderà necessario ripensare ad alcuni servizi come li avevamo organizzati fino a qualche settimana fa. Potrebbe essere necessario sostituire i servizi a buffet con i servizi a la carte o prevedere l’ingresso contingentato nei locali accessori come centro benessere o sala fitness. Personalmente auspico che, rispetto al passato, si inverta la tendenza di molte strutture ricettive di voler risparmiare sui costi di pulizia degli ambienti visto che con questa emergenza abbiamo compreso come non si tratti solo di una questione di igiene e pulizia delle camere ma di poter garantire appieno la salute propria e dei propri ospiti attraverso una vera e propria attività di sanificazione. Alessio Virgili

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C O N T R O E D I T O R I A L E


Be relax, be you... be Aqualux

The first gay friendly hotel at the Garda’s lake Via Europa Unita, 24B - BARDOLINO (VR) ITALY - T. +39 045 6229999 - www.aqualuxhotel.com - info@aqualuxhotel.com


L’ITALIA

c’è ancora

C

ome l’avete sempre sognata se non l’avete ancora vista tutta o in parte, o come ve la ricordate se già la conoscete bene. A differenza di una guerra convenzionale, quella contro il virus ha lasciato dietro di sé terribili lutti e sofferenze, e distruzione di ricchezza economica e finanziaria; ma ci ha lasciato intatte case, borghi, città e monumenti, chiese e musei. Sono ancora tutti lì boschi, montagne, coste, laghi, fiumi. Addirittura riportati all’antico splendore per visibilità, trasparenza dell’aria, pulizia delle acque, ritorno di animali e rigoglio di piante e fiori. Protetti dal silenzio e dalla solitudine. Finché è durato, è stato il risultato agrodolce di una vicenda terribile, almeno utile se ci ha restituito consapevolezza del tesoro che

abitiamo e custodiamo per il mondo intero. E ci ha insegnato a rispettarlo di più e meglio, ricostruendo un turismo più misurato e dolce. Stanno tornando gli italiani, meravigliosi eroi che sempre risorgono e con i loro caratteri fanno meravigliosa la nostra Italia. Resistenti e generosi, indomabili e gentili. Ripopolano di vita il Paese dove tutti vorrebbero vivere. Dove tutti gli stranieri vorranno tornare in visita, per vacanza o per lavoro dopo un forzato abbandono temporaneo che è sembrato lungo un secolo. Sappiano che troveranno nuove cicatrici sul volto e nel cuore di chi li accoglierà con una dolcezza e una allegria più consapevole di prima, ma anche per questo una ospitalità matura più di prima senza paragoni al mondo. Alessandro Cecchi Paone

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C O N T R O E D I T O R I A L E


Pensi di sapere tutto? Ti porteremo in un viaggio per scoprire la veritĂ nascosta untoldhistorytour.com

Gli Untold History Tours sono il risultato di una cultura specifica che nella maggior parte dei tour tradizionali non viene raccontata. I tour sono senza censura, con temi di interesse per i viaggiatori LGBTQ+, spesso taciuti ed omessi.



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