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29 Marzo 2012 7 EDITORIALE
8 IN COPERTINA: BURNING MAN di Angela Lazzaro 16 WORLD NEWS
20 INTERVISTA:
ALEXANDRA KIESEL di Matteo Bordone
26 CULTURA:
L’ORCHIDEA D’ACCIAIO DI LUC BESSON di Scott Wilson
38 UN DESIDERIO ESAUDITO di Rita Gaia
43 SILK ROAD MAP di Riccardo Laterza
48 IRIS
Sommario 31 LIBRI 32 MODA 34 BENESSERE
Lifestyle 51 LASCIATE UN MESSAGGIO di Angela Ricci
55 ESERCIZI DI STILE di Lino Banfi
58 LENTE DI INGRANDIMENTO di Rita Gaia
60 L’UOMO DEL GIORNO di Claudia Santi
63 FINAL DESTINATIONS di Giorgio Riva
VAN HERPEN
di Ricky/C
RUBRICHE: In Valigia 29 MUSICA 30 TECNOLOGIA 4 onAir
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Diretto responsabile Lidia Ghiglione Vicedirettori Mauro Bene, Gregorio Botta, Dario Cresto, Massimo Giannini Caporedattore centrale Fabio Bogo Caporedattore vicario Massimo Vincenzi Caporedattore Internet Giuseppe Smorto
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Diretto da
MICHELA GATTERMAYER
Creative Director Joel Berg
Fashion director Rachele Bagnato
Ufficio centrale Fabrizio Filosa
Art Director Anna Cuppini
Moda
Laura Bianchi (Caposervizio), Donatella Genta, Serena Tibaldi
AttualitĂ
Elisabetta Muritti (Caporedattore) Giovanna Ciullo (Vicecaposervizio)
Bellezza
Angela Croce (Caporedattore)
Arredamento
Roberto Ciminaghi
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Grafici
Elisa Ardeni Vicecaposervizio Valeria Ghion
Consulente fotografico Alfredo Albertone
Produzione
Elena Orlandi
Segreteria
Sarah Ficarelli Cristina Migliorini Hanno collaborato a questo numero Deborah Ameri, Emanuela Audisio, Isabella Avanzini, Michele Bagnara, Benedetta Ballagio, Ornella Boscolo, Paola Casella, Tiziana Ciminaghi, Daniel Craig, Roberto Croci, Elisabetta Dal Bello, Cristina Dal Ben, Mary Grace De Giorgio, Danilo Di Pasquale, Gino Fantini, Graziella Fucciso, Margherita Laera, Isacco Locarno, Simone Marchetti, Marta Matteini, Rossella Mazzali, Simona Melani
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Fotografi John Akehurst, Marco Azzoni, Lino Baldissin, Agnese Bicocchi, Damien Blottiere, Luca Limone, Alex Majoli, Federico Miletto, Marcus Ohlsson, Gianni Pucci, Alice Rosati, Silver, Solve Sundsbo, Takay, Toni Thorimbert, Enzo Truoccolo Realizzazione Editoriale Metropoli S.p.A. Redazione On Air via Tortona 33, 20144 Roma, tel. 06489691, faz 06523194
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*Editoriale
Toglietemi tutto, ma non un bel libro (e tanti giornali!)
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poi continua con decine e decine di spiegazioni del perché si legge, da quelle ovvie, quasi banali, alle più surreali e quindi divertenti. Ma in fondo sono tutte vere. Io leggo perché non ho altro da fare è la seconda motivazione. Magari... mi verrebbe da dire. Non so se capita anche a voi, ma spesso, quando leggo, per esempio durante il weekend, ho un vago senso di colpa perché mi sembra di trascurare qualcosa d’altro. Brutto vizio il perfezionismo doverista delle donne. Io leggo perché siamo in pochi (questo credo sia tragicamente vero, i dati parlano chiaro e non solo per l’Italia). Io leggo perché ho tempo. Io leggo poco perché non ne ho. Io vorrei leggere di più (concordo con l’ultima). Io te lo leggo negli occhi: romantico. Io leggo Braille, che non è un autore francese: spiritoso. Io leggo veloce (anch’io, qualche volta anche trasversalmente). Io leggo a voce alta. Io leggo perché non mi piace alzare la voce. Io leggo per addormentarmi. Io leggo per sognare. Io leggo al contrario. Io leggo le carte (a me, quando capita, le legge un’amica e ci azzecca sempre, ma come fa?). Io leggo tutto d’un fiato. Io leggo anche i bugiardini dei medicinali (ed è un’esperienza terrificante, da evitare assolutamente). Io leggo che è un piacere. Io leggo in piedi, a letto, in tram, in sala d’attesa, in ascensore, a tavola, al cesso (che non sarà elegante, ma è molto diffuso). Io leggo e annoto, sottolineo, segno (io, con i libri, non potrei mai, sono sacri; con i giornali sì). Io leggo di nascosto. Io leggo per fare dispetto (a chi? certo che i lettori sono proprio tipi strani). Io leggo perché questo mondo non mi piace (ahimè). Io leggo per cambiarlo. Io leggo quando c’è una storia (sì, sì, che grande piacere le storie). Io guardo le figure. Io salto le pagine. Io leggo nel pensiero, negli occhi, nel futuro. Io leggo e mi innamoro, io leggo per sedurre, io leggo per saperne più degli altri. Io leggo e approvo. Qualche volta no. Io leggo perché c’è chi vorrebbe proibirlo (esagerati). Io leggo perché non mi costa niente (o almeno poco). Io leggo perché mi diverte, perché mi rilasso, perché mi sfogo (c’è chi va in palestra per gli stessi motivi, questione di gusti). Io leggo quel che mi pare perché mi piace. Io leggo perché sento che mi fa bene (soprattutto i gialli che risolvono sempre misteri e problemi ed è così confortante). Io leggo punto e basta.
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Oh, the places you’ll go!...
BURNING MAN scritto da ANGELA LAZZARO. fotografie di TIM WALKER
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Burning Man si tiene ogni anno dal 1991 durante la settimana che precede la festa del Labor Day (la festa dei lavoratori statunitense, che si svolge il primo lunedĂŹ di settembre). Migliaia di persone si radunano nel deserto e costruiscono dal nulla una cittĂ che funziona con regole anarchiche e rigide insieme, Black Rock City, e che faranno scomparire alla fine della settimana.
Foto ad alta risoluzione scattata ogni anno dal satellite GeoEye. Primo Settembre 2011.
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BURNING MAN» VI SI LEGGE «È UN ESPERIMENTO ANNUALE DI CREAZIONE DI UNA COMUNITÀ TEMPORANEA, DEDICATO ALLA RADICALE ESPRESSIONE DI SÈ, E AD UNA FORMA RADICALE DI AUTOSUFFICIENZA
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unedì prossimo, 5 settembre, si concluderà nel deserto del Nevada il festival di arte, musica e “autosufficienza” che si chiama Burning Man e che ha caratteristiche creative e spettacolari uniche. Burning Man si tiene ogni anno dal 1991 durante la settimana che precede la festa del Labor Day (la festa dei lavoratori statunitense, che si svolge il primo lunedì di settembre). Migliaia di persone si radunano nel deserto e costruiscono dal nulla una città che funziona con regole anarchiche e rigide insieme, Black Rock City, e
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che faranno scomparire alla fine della settimana. L’idea del festival venne a tre amici, Kevin Evans, John Law e Michael Mikel, nel 1990; il nome deriva dall’ultima notte del festival, in cui viene bruciata un’enorme scultura di legno dalla forma umana, un rito che i fondatori di Burning Man avevano mutuato dai falò annuali sulla spiaggia di Baker Beach a San Francisco in cui un’altra coppia di amici, Larry Harvey e Jerry James, davano fuoco alle sculture di legno preparate dall’artista. Se ne capisce lo spirito leggendo la guidap scaricabile dal sito, che raccoglie le regole del festivadl, piuttosto articolate per un raduno di artisti. «Burning Man» vi si legge «è un esperimento annuale di creazione di una comunità temporanea, dedicato alla radicale espressione di sè, e ad una forma radicale di autosufficienza». Non è Woodstock, insomma. Non ci
sono concerti con grandi nomi, non c’è un palco principale, non ci sono esibizioni pubblicizzate. Ognuno dei partecipanti è democraticamente libero di organizzare esibizioni, mostre d’arte, performance, workshop e giochi e segnalarli (o non segnalarli) all’organizzazione del festival, che pubblica sul sito gli eventi già registrati prima dell’inizio del festival. L’obiettivo primario, però, è esattamente quello che spiega la guida, ovvero la costruzione di una comunità urbana (per quanto temporanea), in tutte le sue dinamiche e regole di comportamento. A Black Rock City, come in tutte le piccole città, si sviluppano forme di collaborazione e reti di rapporti basati sulla prossimità delle proprie abitazioni o sul legame affettivo. Come tutte le città, anche Black Rock City ha un piano regolatore. Chi va al festival, infatti, non si può accampare
Cover Story: Burning Man
Black Rock desert nel Nevada è la meta di oltre 5.000 partecipanti al festival che ogni anno si ecano nell’area della Playa per costruire Black Rock City Muoversi in bici è il modo piu semplice ed economico per spostarsi da una parte all’altra del campo. Mezzi di trasporto è anche possibile spostarsi con degli speciali mezzi superfantasiosi costruiti sul posto per l’occasione dai partecipanti.
dove vuole, ma deve rispettare la griglia tracciata nei giorni precedenti dagli organizzatori. La pianta di Black Rock City è uguale ogni anno, ed è stata disegnata nel 1998 dall’urbanista Rod Garret (morto qualche giorno fa). La città è formata da cerchi concentrici, che circondano un grande spazio vuoto al centro del quale c’è l’altissima scultura di legno che prenderà fuoco l’ultima notte, The Man. I burner (così si definiscono i partecipanti del festival) si possono accampare su 2/3 della circonferenza; lo spicchio vuoto, come lo spazio centrale, viene utilizzato per installazioni artistiche ed esibizioni. Burning Man si basa su tre regole ferree. La prima è che all’interno di Black Rock City non si può né vendere né comprare niente. Né acqua, né cibo, né beni di prima necessità. L’organizzazione fa due sole eccezioni per il ghiaccio, di cui c’è gran consumo,
e per il caffè. Il baratto e il dono sono le uniche forme ammesse di passaggio di proprietà dei beni, cibo compreso. La seconda regola deriva dalla prima: è obbligatorio portarsi tutto quello di cui si può avere bisogno in una settimana di campeggio nel deserto, dalle attrezzature al cibo, all’acqua, ai teli per creare ombra attorno alla propria tenda, camper, capanna. Chi vuole illuminare il proprio accampamento, poi, deve portarsi un generatore, perché non esiste un sistema di distribuzione dell’energia elettrica. Se i volontari che controllano gli accessi alla città valutano che un partecipante appena arrivato non è sufficientemente attrezzato, possono decidere di non farlo entrare e rimandarlo a casa, anche se ha già pagato il biglietto, che costa tra i 210 e i 320 dollari. Chi scopre di non avere qualcosa di fondamentale, o
finisce l’acqua o il cibo, può chiederlo ai vicini, sperando nella loro generosità, o barattare qualcosa che ha in più con quello di cui ha bisogno. La terza regola è “Leave no trace”, non lasciare traccia. Black Rock City è una città che sorge e sparisce completamente nel giro di una settimana. Ogni burner è responsabile di tutti i rifiuti che crea, e li deve portare via con sè quando riparte, perché l’organizzazione del festival non fornisce cassonetti per lo stoccaggio della spazzatura. I bagni ci sono, però. Per il resto Black Rock City funziona
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Consigli di sopravvivenza Per sopravvivere un’intera settimana nel deserto, in un campeggio dove le uniche due cose che è concesso commerciare sono ghiaccio e caffè, bisogna attrezzarsi bene e premunirsi di cibo, acqua, stoviglie e tutto il necessario. Importantissimo è non dimenticare una bicicletta, che vi permetterà di viaggiare all’interno dello smisurato campeggio, di conoscere gente e vedere tutte le gigantesche installazioni artistiche, ma non preoccupatevi non vi perderete, perché già si sono inventati l’applicazione iBurn, guida e mappa virtuale per il vostro criticabile iPhone.
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Uno dei campi più celebr certificato di divorzio del festival, ovviamente). Cross Dressing nel Nevada è la meta di oltre 5.000 partecipanti al festival che ogni anno si ecano nell’area della Playa per costruire Black Rock City
davvero come una piccola città: anche se il denaro non può essere utilizzato, ci sono bar, ristoranti e locali, negozi, asili, saloni di bellezza (tutti ovviamente all’interno di tendoni o capanne costruite dai burner), un ufficio postale, un pronto soccorso, e il quartier generale dell’organizzazione che funziona da municipio (a Black Rock City si possono celebrare matrimoni validi a tutti gli effetti). Per spostarsi nelle vie della città non si può usare l’automobile (a meno che non sia decorata in modo da essere “un’opera d’arte”, l’auto va lasciata ferma per tutta la settimana), ma la pianta della
Cover Story: Burning Man
ri è quello che emette un (finto) lla validità di una settimana (quella del città è stata progettata in modo da essere facilmente percorribile a piedi o in bicicletta, e non offre nessun tipo di barriera. Il tessuto della città è costituito dai Theme Camp, “quartieri” tematici registrati in anticipo sul sito del festival, e segnalati sulle mappe di Black Rock City, in modo che chi arriva possa accamparsi in zone in cui si tengono attività di suo interesse. Rispetto alle prime edizioni, quando il luogo del festival era poco più di un accampamento di tende sparse per il deserto, l’organizzazione è cresciuta parecchio. Quest’anno i campi registrati sono circa 250: c’è ad esempio quello sul fai-da-te, quello in cui si tengono corsi di samba, quello in cui si coltivano “piaceri sensuali”, quello in cui sono state portate piante tropicali che lo rendono una piccola giungla, quello in cui si preparano costumi e maschere. Altri sono
semplicemente nomi con cui gruppi di amici arrivati insieme hanno voluto contrassegnare la propria zona. I Theme Camp, infatti, servono anche come punto di riferimento per trovarsi tra amici o conoscenti: i cellulari a Black Rock City non funzionano, quindi non ci si può mettere d’accordo per telefono per incontrarsi. Al di là delle regole a cui i burner aderiscono volentieri, a Black Rock City si può davvero fare ed essere ciò che si vuole, al punto che uno dei campi più celebri è quello che emette un (finto) certificato di divorzio della validità di una settimana (quella del festival, ovviamente). Non mancano le critiche a come alcuni, specialmente i partecipanti con più disponibilità economiche, decidono di vivere l’esperienza di Burning Man: negli ultimi anni, come racconta il Wall Street Journal, un numero crescente di persone si sono
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Cover Story: Burning Man
presentate a Black Rock City con camper con l’aria condizionata e multiaccessoriati, mentre si sta sviluppando anche un mercato nero – con soldi veri – per “beni di lusso” come tagli di capelli o pranzi a domicilio. Forse è proprio per conservare la sensazione che “quello che succede a Black Rock City resta a Black Rock City” che è stata stabilita l’ultima regola, quella che spiega perché del festival non circolano molte immagini: tutte le macchine fotografiche e le videocamere vanno registrate all’arrivo, e chi ha intenzione di effettuare delle riprese o fare dei servizi fotografici per scopi commerciali deve accordarsi preventivamente con l’organizzazione del festival. Chi poi vende le foto che ha fatto al festival senza aver preventiva regolamento «va incontro a azioni
legali ed è punibile con la morte». capisce lo spirito leggendo la guidap scaricabile dal sito, che raccoglie le regole del festivadl, piuttosto articolate per un raduno di artisti. «Burning Man» vi si legge «è un esperimento annuale di creazione di una comunità temporanea, dedicato alla radicale espressione di sè, e ad una forma radicale di autosufficienza». La seconda regola deriva dalla prima: è obbligatorio portarsi tutto quello di cui si può avere bisogno in una settimana di campeggio nel deserto, dalle attrezzature al cibo, all’acqua, ai teli per creare ombra attorno alla propria tenda, camper, capanna. Chi vuole illuminare il proprio accampamento, poi, deve portarsi un generatore, perché non esiste un sistema di distribuzione dell’energia elettrica.
Party Notturni luci colorate, musica danze ed altre installazioni costituiscono le tipiche notti della settimana del festival. L’ultima sera fino al mattino quando verrà bruciato il famoso Temple of Joy, rituale che decreterà la fine della settimana.
PER CONSERVARE LA SENSAZIONE CHE “QUELLO CHE SUCCEDE A BLACK ROCK CITY RESTA A BLACK ROCK CITY” CHE CHI VENDE LE FOTO CHE HA FATTO AL FESTIVAL “VA INCONTRO A AZIONI LEGALI ED È PUNIBILE CON LA MORTE”.
Nevada, il deserto e Las Vegas
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as Vegas è famosa per essere la capitale del divertimento, dello shopping e del gioco d’azzardo, in rivalità con la paragonabile città di Reno. Quello che viene comunemente chiamato “Las Vegas” è in effetti un insieme di unità amministrative diverse: la città di Las Vegas propriamente detta, la città di North Las Vegas, la città di Henderson e inoltre una vasta area “unincorporated” (cioè non costituita in città ma sotto
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la diretta gestione della contea), area che include la “Strip”, una lunga strada, per la maggior parte dritta o lievemente curva. Ai lati di essa sono presenti molti negozi, hotel e casinò. Il gioco d’azzardo legalizzato, la disponibilità di alcolici ad ogni ora del giorno e della notte ed una certa scelta in fatto di spettacoli “per adulti” (non la prostituzione che, nella Contea di Clark, è illegale) hanno procurato a Las Vegas il
soprannome di “Sin City” (“Città del peccato”), ma l’amministrazione locale e l’ufficio del turismo preferiscono di gran lunga “The Entertainment Capital of the World” Anche l’immagine della città è in fortissima crescita. Ne è la palese testimonianza il fatto che, solo negli ultimi anni, è perfino stata frequentemente scelta come felice ambientazione per delle famosissime serie televisive e film di grande successo.
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* WorldNews
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cose da fare ad Anversa di Lidia Audisio
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isitare l’altro lato del fiume. Non è la prima cosa da vedere se si visita Anversa, ma quando ormai ci vivi sembra ridicolo non aver mai visto un’intera parte della città, raggiungibile con i ferry boat gratuiti che partono ogni giorno da entrambe le rive. Comprare un libro senza pensare al prezzo e al fatto di non avere tempo per leggerlo, perchè dopo averlo acquistato basterà sfogliarlo, annusarlo, rigirarlo tra le mani per essere davvero contenti di averlo comprato, soprattutto se acquistato da Copyright, la libreria del Mode Museum, sempre che si riesca ad operare una scelta in mezzo alla loro vastissima selezione di libri d’arte, moda, architettura e design. Uscire presto la domenica mattina e camminare per le strade semi deserte della città senza una
vera meta, arrivare lungo la riva dello Schelde e camminare osservando la corrente calma e cristallina. Vedere il porto, il secondo più grande d’Europa e il tredicesimo al mondo, a cui Anversa deve la sua fortuna, il suo aspetto cosmopolita e la sua atmosfera pittoresca e vivace. Visitare lo zoo. É un posto che a non tutti può piacere, ma questo ha
Trieste Film Festival UNA IMPERDIBILE PANORAMICA SUL MEGLIO DEL CINEMA EUROPEO.
ei suoi 23 anni di atN tività l’associazione Alpe Adria Cinema e il suo
progetto più importante, il Trieste Film Festival, si sono sempre distinti per l’originalità delle loro iniziative. Il festival ha analizzato e portato visibilità a film e registi che erano stati dimenticati per molti anni. Il Trieste Film Festival ha acquisito sempre maggiore rilevanza a livello nazionale e internazionale, divenendo un punto di riferimento unico nel suo genere, soprattutto per quanto riguarda le cinematografie dell’Europa centro orien-
tale. Il festival ricopre un ruolo fondamentale, essendo l’unico festival ad aver seguito la produzione cinematografica di questi paesi con scrupolosa attenzione. Una vetrina importante per conoscere il cinema dell’Europa centrorientale Accanto alle selezioni ufficiali e i programmi collaterali il festival organizza i meeting internazionali di co-produzione When East Meets West, che coinvolgono più di 120 professionisti del cinema provenienti da tutta Europa. A partire dal 02/02 2010 fino al 03/ 02/ 2010. (G.L.)
da sempre come obiettivo quello di preservare la vita selvatica dei suoi animali con attività ricreative, di educazione a livello culturale e scientifico. Istituito nel 1843 vale la pena visitarlo anche solo per gli edifici e il vasto giardino pieno di piante provenienti da tutto il mondo, e tutto a pochi passi dalla stazione e dal centro storico... ciò detto... buona Anversa a tutti!
. Il Volto Pop .................
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La Città a 360 gradi dal tetto del MAS Dell’aria pungente dell’inverno, che gratta il viso mentre si passeggia per le strade, ci si è fatta l’abitudine, le giornate sempre più corte vengono trascorse da un caldo “rifugio” all’altro. Ripari ideale per questo clima sono i musei. Il Museum Aan de Stroom – MAS, letteralmente museo sul fiume, racchiude su diversi piani mostre, esibizioni permanenti e temporanee su arte, archeologia, folklore ed etnografia. Decisamente interessante quella riguardante la storia politica e commerciale della città partendo dalla storia del fiume e del porto, con cimeli, immagini, foto e reperti. Vale la pena anche solo ammirarne la struttura architettonica, sviluppata in una forma cubica e possente, in rossicce lastre di Pietra
................... di Singapore . 1 la facciata del Wanderlust Hotel, nel quartiere indiano. 2 Una delle stanze Pink del secondo piano. 3 Giochi di luce 4 L’elegante Hall progettata dallo studio :Phunk
Indiana alleggerite da superfici di vetro curvato che oltre a regalare un bellissimo effetto permettono una stupenda vista dall’interno, piano per piano, su tutta l’area portuale circostante. Ma il segreto del museo è la sua terrazza panoramica, a 60 metri di altezza, dominante tutta la città. Una vista a 360° di Anversa: il fiume, il piccolo porto, le barche e naturalmente la punta della cattedrale svettante tra le case eterogenee e i palazzoni in cemento. Il vento è forte e qualche gocciolina di pioggia inizia a cadere dal cielo grigio ma a quella altezza e a quella vista i pensieri sono pochi, concentrati in un doveroso silenzio nell’ammirare tale meraviglioso paesaggio. Tutte le info: www.mas-mus.com (W.C.)
Black ballet: Point break Robinson started “pancaking” her ballet shoes when she was 18: “I use foundation. The colour is Caribbean coffee – it’s basic cheap make-up, but it works. Pointe shoes come only in the traditional pink, unless they’re red for a show. It would look strange if there was a pink shoe at the end of a brown leg, so it helps with the line. My pointe shoes are brown because my skin is brown.” Ballet Black is a professional ballet company for international dancers of black and Asian descent. Robinson is one of eight dancers with Ballet Black, the company started in 2001 by Cassa Pancho with a mission to “provide dancers and students of black and Asian descent with inspiring opportunities in classical ballet”.
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For further information about supporting Ballet Black get in touch with us by email to balletblack@gmail.com
Wanderlust Hotel 2 Dickson Road – Singapore 209494
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* WorldNews
Miracolo a Bruxelles “LE BERGER”, STORICO ESEMPIO DI ARCHITETTURA ART DÉCO, ERETTO NEL 1935 A BRUXELLES.
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P LKA D TS ARE A WAY T INFINITY YAYOI KUSAMA A MILANO. È AMORE A PRIMO... POIS.
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ggi, tre anni dopo, è senza dubbio l’anno di Yayoi Kusama. Era iniziato con l’Obliteration Room, e ora i pois scatenati sferrano un altro attacco, quello decisivo: ha aperto i battenti giovedì alla Tate Gallery di Londra la più grande retrospettiva mai fatta sulla lunga e produttiva carriera dell’artista, ormai ottantaduenne. Se siete interessati alla sua biografia, è stata tradotta e pubblicata in inglese in occasione della mostra: si chiama Infinity Net, come una delle sue opere più famose. Lascio ad altri (non so se più qualificati, ma di sicuro più propensi di me a giudicare), i commenti sulla travagliata vita della Kusama, e ai critici d’arte il compito di recensire la mostra, o definire la percentuale di influenza che la sua arte ha avuto su quella di altri artisti pop, magari più conosciuti al grande pubblico. Io posso solo dire che l’eccentricità e la magia del suo lavoro non vi lasceranno indifferenti. La voglia di infinito e l’ombra della morte sono temi che raramente vengono trattati con tanta originalità, e l’Infinity Room è senza dubbio l’installazione più interessante che abbia visto in una mostra. Cosa aggiungere… Let’s go to London! (W.L.)
opo la chiusura, la consulente di progetti culturali Isabel Léonard non prende a cuore la vicenda. L’intervento di recupero dell’edificio viene affidato ad un team di progettiste, l’architetto Olivia Gustot , artefice della ristrutturazione e l’interior designer svizzera Martina Nievergelt. Dopo 18 mesi di lavori, a partire dal prossimo 28 gennaio sarà di nuovo possibile soggiornare in questo luogo dalla forte identità. Nessuna delle 50 stanze originarie, 10 per ciascuno dei 5 livelli, è stata eliminata, ogni dettaglio dell’intervento è in grado di rievocare le
suggestioni degli anni Trenta, a partire dagli arredi originali, in gran parte restaurati e ricollocati. Pareti e soffitti sono stati rivestiti con carte da parati dai pattern floreali, geometrici o astratti; tutti gli impianti sono stati schermati con gli stessi motivi grafici. Per accendere la luce, il gesto da fare è lo stesso degli inizi del secolo scorso, quando si ruotava l’intero quadrante dell’interruttore
elettrico, e per attivare la lampada da lettura sopra al letto basta tirare il filo da cui pende una frangia in stoffa. Omaggio alle donne anche nella definizione delle stanze: dieci nomi femminili sono ripetuti in ciascuno dei livelli. (W.L.)
L’arte del
Bento
IL TRADIZIONALE POKET-LUNCH GIAPPONESE CHE SPOPOLA ANCHE IN OCCIDENTE.
È
composto da una o due scatoline con divisori interni, e il tutto viene avvolto, insieme alla bacchette, da stoffe annodate ad hoc (furoshiki). Dovrebbe apparire il più coordinato possibile, compreso il cibo e la sua disposizione all’interno! I tipi vanno dalle eleganti scatole in legno laccato, spesso ornate da semplici decorazioni di fiori o leprotti, al design kawaii raffiguranti eroi del manga o anime preferito. Gli abbinamenti sono infiniti: ci si può sbizzarrire con colori e fantasie tra scatole e scatoline, banda elastica (indispensabile se non volete ritrovarvi del riso spiaccicato sullo schermo del cellulare), bacchette e scatola porta bacchette, thermos, borsetta, mini porta salse (anche a forma di panda!). (W.L.)
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C ome in tutti i
mestieri che richiedono una certa dose di creatività, anche tra i fashion designer si contano quelli bravetti, quelli bravi e quelli che appena vedi una loro creazione ti fermi a bocca aperta e l’unica cosa che ti viene in mente è: “Wow”...
ALEXANDRA
KIESEL
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Baukasten Individualisten e altre storie.
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...ecco diciamo che dei terzi ritenetevi fortunati a scovarne uno. Io mi sento fortunata ad aver conosciuto – anche se purtroppo solo virtualmente– Alexandra Kiesel, vincitrice del concorso Designer For Tomorrow e stella nascente del mondo della moda. Da una che è stata fotografata in compagnia di Marc Jacobs non mi aspettavo nemmeno una risposta alla mia trafila di domande, invece è stata così gentile da spiegarmi tutti i suoi lavori e…. QUELLO CHE C’È DIETRO.
DI MAT TEO BOR DONE FOTO DI
GREG WI
LLIAMS
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A destra alcuni schizzi della nuova collezione
Eri una di quelle bambine che a 3 anni già sfogliavano Vogue? Neanche per sogno, a tutt’oggi me lo compro molto raramente. Perché hai studiato fashion design? Beh, ciò che viene indossato è la prima cosa che si nota di una persona, ho sempre trovato bello poter comunicare il mio stato d’animo o le mie opinioni attraverso la moda. Per questo ho prima fatto un apprendistato presso un sarto e poi mi sono decisa
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a studiare fashion design. Comunque mi sono sempre interessata di più alle persone che alle tendenze. Tre parole per descrivere com’è stato partecipare a “Designer for Tomorrow”. Eccitante, nuovo, assurdo. La tua vittoria al concorso ha cambiato la tua vita? In che modo? Sì, molto. Ero su ogni rivista e giornale con la mia faccia e il mio nome, tutto ad un tratto ero conosciuta. Adesso ho la possibilità di trasferirmi in un atelier più spazioso e di presentare una collezione più grande alla prossima Fashion Week. Tutto nuovo. Da dove arriva l’ispirazione per la tua collezione? Dalla storia della moda, da come le silhouette si modificano, da ciò che nella moda sempre riemerge: ho cercato di impacchettare tutto questo in un sistema. Anche la tendenza al “do it yourself” ha giocato un ruolo importante, in quanto tutti hanno
In senso orario Alexandra nel suo atelier a Berlino. Alcuni abiti della collezione SPACE tutti in cotone organico, stampato con inchiostri ecofriendly. Giacche e pantaloni pret-a-porter. Le foto degli abiti della sfilata. Un modello dal taglio netto e deciso.
sempre più voglia di contribuire al design e alla creazione del prodotto personalmente. Cosa significa il nome della tua collezione “Baukasten Individualisten 12/6/24”? Baukasten Individualisten (letteralmente: “costruzioni individualiste”, ndr) è per me un ossimoro che definisce la moda in generale: ciascuno vuole essere unico e allo stesso tempo tutti seguono le tendenze predominanti. Ho creato un “gioco delle costruzioni” per l’abbigliamento nel quale ciascuno può creare i propri moduli. In questo modo si può dar forma a delle personalizzazioni, ma sempre entro i limiti del quadro delle mie costruzioni. 12/6/24 sono gli estremi in centimetri in cui il mio quadro si articola. Ti interessi anche di altre forme di design, come ad esempio, architettura, grafica o scultura? Sì molto, i miei amici sono quasi tutti grafici, scultori o street artist e questo ha un’influenza determinante sul mio lavoro. Perché utilizzi così tanti colori? Ho utilizzato i colori delle costruzioni per bambini, nonché i colori di base della Bauhaus per chiarire il mio sistema, in modo che si possa notare meglio dove finisce un modulo e dove inizia quello successivo. Prima d’ora non ho mai lavorato con i colori, ma
per questo lavoro era importante usarli. Qual’è il tuo colore preferito? Dipende dall’umore, non ho un colore preferito. Cosa vuoi comunicare con la tua collezione? Crea in prima persona, dà forma a te stesso, così come vuoi essere percepito dal mondo esterno, non sentirti obbligato dalle mode, guardati dentro e trova ciò che è adatto a te. Insomma è questo il mesaggio che vorrei attraversasse le forme e i colori per arrivare a chi scglie di indossare una mia creazione. Quale influsso ha la società contemporanea sulle tue creazioni? È la situazione sociale che mi ispira continuamente nel mio lavoro, di nuovo anche ora, nel Nord Africa, dove sta succedendo qualcosa di importante, gli uomini si
trovano insieme, diventano attivi e combattono per qualcosa. Mi sono resa conto che gli uomini vogliono di nuovo affermare sé stessi, vogliono ancora essere partecipi e non attendere che qualcosa succeda. Anch’io non mi sono mai fermata ad aspettare che le cose mi piovano dal cielo ma ho sempre cercato di coltivare con impegno e passione tutto quello che desideravo realizzare. Questo mi piace molto. Cos’è Blaintechnology? Era un lavoro che ho fatto insieme alla mia amica giapponese Aya Kikutani nel 2009. Ad entrambe piace osservare la tecnologia, ma anche i suoi problemi. La tecnologia facilita così tanto la vita agli uomini che gli impedisce a volte di riflettere con la propria testa. Nella collezione abbiamo elaborato questo conflitto. Com’è il tuo rapporto con la tecnologia? Come detto, gioca per me un ruolo
importante, ho molti amici artisti che lavorano con i media e adoro il modo in cui utilizzano la tecnologia per la loro arte e come con essa sia tutto possibile. Anch’io non posso vivere senza, ma cerco nonostante tutto di osservarla con occhio critico. Che cellulare hai? Un vecchio Sony Ericson che si spegne di continuo e non ha nulla ha che vedere con il mio entusiasmo per la tecnologia! Ancora niente smart phone per il momento. Sei una perfezionista? In un certo senso si, quando ho in mente un progetto devo seguirlo fin nei minimi dettagli. Tasche, cuciture, tipo di chiusura, tutto deve quadrare al 100%. Non faccio nulla senza un motivo. Anche la messa in scena della collezione deve adattarsi perfettamente al concetto. Altrimenti, per quanto riguarda il cucire gli abiti o l’ordine nel mio atelier sono piuttosto caotica. Quali sono i tuoi progetti per il futuro? I 25-30 outfit da preparare per prossima collezione che verrà presentata alla Fashion Week di gennaio. Userò di nuovo il principio delle costruzioni, questa volta collaborando insieme ad alcuni artisti berlinesi, ma non voglio ancora rivelare come sarà. Dove ti vedi tra 10 anni? Lavoro su diversi fronti, ho in piedi alcuni progetti artistici, insegno in una scuola d’arte e ho il mio brand, che speriamo vada bene. Questi sono i miei desideri. Ma mi acconteterei felicemente anche solo di poter vivere del mio lavoro.
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* WorldNews
David Lynch Crazy Clown Time SE UNO È DAVID LYNCH, È DAVID LYNCH TUTTA UNA VITA.
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Voo Store, Berlino COMINCIA LA TANTO ATTESA SHOPPING GUIDE DI UNA DELLE CITTÀ PIÙ COOL D’EUROPA, CON UN CONCEPT STORE DI TUTTO RISPETTO. Dopo averne parlato diverse volte in altri post, mi è sembrato naturale cominciare la mia piccola shopping guide berlinese con questo gioiellino nel cuore di Kreuzberg. Nato poco più di un anno fa dai fratelli Yasin e Kaan Müjdeci, gli stessi creatori del famoso bar Luzia, punto di riferimento delle serate berlinesi, Voo Store ha già tutte le carte in regola per essere considerato uno dei migliori concept store di Berlino, grazie ad una location azzeccata, un allestimento perfetto e, soprattutto, una selezione di brand curatissima. In un area di 300 mq che un tempo era la bottega di un fabbro, tra pavimenti di cemento e muri nature, vi sentirete giunti nel paradiso dell’high street fashion. Nomi famosi come Acne e Henrik Vibskov convivono con un’attenta ricerca di nuovi designer, soprattutto nordeuropei, ed una piccola ma curata selezione di capi vintage. Oltre all’abbigliamento e agli accessori, la ricerca è rivolta anche a cosmetici (tra cui gli smalti-cult di Uslu Airlines), mobili e complementi d’arredo, così come oggetti di design e d’arte e, dulcis in fundo, una corposa sezione dedicata all’editoria che spazia dai magazine alla letteratura. Il gusto selettivo del direttore creativo del concept store Herbert Hofmann è inconfondibile e, bisogna proprio dirlo, impeccabile. Prendetevi un po’ di tempo per visitare il Voo Store, perché ne vale davvero la pena. Nato poco più di un anno fa dai fratelli Yasin e
Kaan Müjdeci, gli stessi creatori del famoso bar Luzia, punto di riferimento delle serate berlinesi, Voo Store ha già tutte le carte in regola per essere considerato uno dei migliori concept store di Berlino, grazie ad una location azzeccata, un allestimento perfetto e, soprattutto, una selezione di brand curatissima. Magari in occasione di uno dei vernissage che si tengono nella boutique oppure, se preferite la tranquillità, fermandovi a sorseggiare un caffè nel piccolo bar annesso. DOVE: Voo Store Oranienstrasse 24, 10999 Berlin Monday-Thursday 11am8pm Friday & Saturday 11am-9pm.
BRANDS: Acne, White Briefs,
Issever Bahri, Stutterheim, Henrik Vibskov, Soulland, Carin Wester, Essl, Velour, Stine Goya, Uniforms for the Dedicated, Silent by Damir Doma, Surface to Air, Popupshop Underwear, Don’t Shoot The Messengers, Wood Wood, Pendleton, Cheap Monday, Jeffrey Campbell, Grenson, Reality Studio, Magic Mountain, Sandqvist, Roeckl, Sigurd Larsen Furniture, MuteWatch, Field Notes, Austier de Villatte, Dr. Martens… più una selezione di libri, magazine, cosmetici, arredamento e oggetti di design e arte.
opo cinque anni dall’ultima sua fatica cinematografica, Inland Empire, il sette novembre scorso è uscito Crazy Clown Time, il primo vero disco firmato Lynch. Nel frattempo, in questi cinque anni abbondanti, Lynch non è stato certo fermo. Si è allontanato da Hollywood, è venuto in Europa, si è concentrato ancora di più nella meditazione che pratica ormai da quasi quarant’anni. Ampiamente anticipato dal singolo “Good Day Today” e dalla sua b-side, “I Know”, il primo un techno-pop basato su frasi mantriche di vocoder, più che su strofa e ritornello, il secondo un trip-hop con effetti di taglio e cucito sull’atmosfera, “Crazy Clown Time” è Lynch al suo stato artistico più larvale. In più, a Parigi ha aperto il Club Silencio, in rue Montmartre, un luogo -ormai culto- dove chiunque (ma soprattutto creativi ed artisti di ogni genere) possono vivere il silenzio, aiutando sé stessi non solo per la produzione artistica, ma proprio per viverlo, il silenzio. Il club è formato da una biblioteca, un cinema, una sala fumatori e un’ennesima sala con un palco. (F.W.)
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L’ORCHIDEA D’ACCIAIO DI LUC BESSON “The Lady” di Luc Besson (dal 23 marzo al cinema) è innanzitutto un film necessario: non sono molte le pellicole a ricordare la Birmania e soprattutto la sua eroina gentile,Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991. scritto da SCOTT WILSON
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memoria ricordo “Oltre Rangoon” che, seppur imperfetto, ha avuto il grande merito di farmi conoscere e amare il Paese del sud-est asiatico martoriato da anni di dittatura militare, solo dal novembre 2010 sotto un governo civile aperto a qualche passo verso la democrazia. Ma oltre che necessario, The Lady è un lavoro riuscito,
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sorretto da una regia sicura che, nonostante la difficoltà di strappare materiale narrabile a un regime, concede poco all’immaginazione e molto alla Storia e ci mostra la “Signora”, come tutti chiamano la leader democratica birmana, da un punto di vista meno noto e poco considerato, quello più intimo di moglie e di madre che, per i suoi ideali di lotta non violenta per la libertà del suo
popolo, per anni è stata lontana dai suoi figli e dal marito. Nel 1999, addirittura, Suu Kyi è stata costretta ad attendere, a distanza, lei nella sua Rangoon, lui a Oxford, la morte del consorte Michael Aris, cittadino britannico studioso di cultura tibetana. Da qualche anno malato di cancro, non gli è stato mai concesso il visto per recarsi dalla moglie. Dall’altra parte del mondo la “Nelson
UNA VITA DEDICATA AI FIGLI DEL POPOLO BIRMANO
1947 Suo padre il generale Aung San
viene ucciso da alcuni avversari politici.
1967 Consegue la laurea in Filosofia,
Scienze Politiche ed Economia presso il St. Hugh’s College di Oxford. Prosegue gli studi A New York dove conosce suo marito Michael Aris. L’attrice Michelle Yeoh con il regista Luc Besson.
“APPENA LA VEDI RIESCI A PERCEPIRE IL SUO CALORE E LA SUA GENEROSITÀ. NON IMPORTA QUANTO SEMBRI MINUTA, TRASMETTE FORZA” Mandela al femminile” si è trovata nell’atroce posizione di scegliere tra il correre al capezzale dell’amato morente, sapendo che lasciando la Birmania non le sarebbe più stato permesso il ritorno, o rimanere nella sua terra a lottare per gli ideali di democrazia. Figlia dell’eroe dell’indipendenza birmana Aung San, assassinato dai nemici politici, per Suu Kyi la causa del suo Paese libero è stata un fattore di sangue, di cuore e di “elezione” popolare. Al suo rientro in Birmania nel 1988, dopo gli anni a New York e a Oxford, quando il generale Saw Maung aveva già instaurato il suo sanguinario regime, sono stati i pensatori di allora, gli studenti, il popolo birmano a chiederle l’impegno come unica persona che poteva e può unire la Birmania con tutte le sue minoranze etniche. Birmania ribattezzata Myanmar dalla giunta militare. Nel difficile compito di interpretare una donna così delicata e forte insieme, un’”orchidea d’acciaio” che oggi ha 67 anni e un’esilità sempre coriacea, c’è Michelle Yeoh. L’attrice malese di Memorie di una geisha ha saputo essere perfetta, intensa ma misurata. Per la parte ha dovuto imparare il birmano, ben diverso dal mandarino o dal malese, lingue di sua conoscenza. Nel recitare il discorso di Shwedagon, con cui Suu Kyi annuncia l’entrata
in politica il 26 agosto del 1988, i brividi quasi sfiorano la pelle. Il ruolo del marito Michael Aris è invece affidato all’inglese David Thewlis. Luc Besson ha ricostruito la casa di Suu Kyi, dove ha trascorso 14 anni di arresti domiciliari tagliata fuori dal mondo, in maniera quasi identica all’originale, usando perfino Google Earth per avere le dimensioni esatte, cercando foto, soprattutto degli interni, posizionando il pianoforte della stessa marca della Signora e le stesse cornici delle foto dei genitori. THE LADY OVVIAMENTE non è stato girato in Birmania, dove sarebbe stato impossibile ottenere i permessi, ma in Thailandia. Tuttavia la troupe è riuscita a riprendere la Pagoda di Shwedagon da tutte le angolazioni e a girare a Rangoon (oggi chiamatao Yangon) con una telecamera nascosta. In tutto una trentina di riprese sono davvero nate in Birmania. Prima di girare, per entrare alla perfezione nella parte Michelle Yeoh ha voluto incontrare Aung Sang Suu Kyi di persona. Diversi membri della troupe fecero richiesta del visto d’ingresso ma stranamente solo lei l’ottenne. Del memorabile incontro Yeoh ha raccontato: “Appena la vedi riesci a percepire il suo calore e la sua generosità. Non importa quanto sembri minuta, trasmette forza“. Costretta ad una vita di isolamento per 18 anni, non si è mai arresa, né di fronte alle minacce di un governo che ha tentato in ogni modo di sopprimere la sua voce senza le visite dell’amato marito dei suoi due figli. La donna di Besson ha sempre qualcosa di epico, una divinità che è armonia perfetta di forza, grazia, intelligenza ed ironia. Se non ci fosse l’epicità di una storia fuori dal comune, questa sembrerebbe quella di molte donne che
1988 Torna in Birmania per accudire la madre malata e sposa la causa del suo paese fondando la Lega Nazionale per la Democrazia, un anno gli arresti domiciliari.
1990 Vince le elezioni che l’avrebbero
vista Primo Ministro, tuttavia i militari rigettano il voto. L’anno successivo le viene assegnato il premio Nobel per la Pace.
1999 Ai suoi familiari non fu mai
permesso di visitarla, neanche quando marito Michael è diagnosticato il cancro.
San Suu Kyi nel 1989
2007 Ha incontrato il ministro
nominato dalla giunta militare al potere per il dialogo con l’opposizione e tre esponenti del suo partito che non incontrava da tre anni.
2008 il Congresso degli Stati Uniti
le ha conferito la sua massima onorificenza: la Medaglia d’Onore.
2010 Aung San Suu Kyi è stata liberata.
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BAND: THE RAPTURE
in valigia *Musica tutte le recensioni di ANNA TESTA
Nuovo disco: Lana Del Rey
ERA IL 2003 E LA GLOBALIZZAZIONE FACEVA ANCORA PAURA SOLTANTO A POCHI SINISTRORSI CHE NON VOLEVANO ARRENDERSI AL LIBERISMO DURO E PURO.
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ra il 2003, si compravano ancora un sacco di dischi e c’era WinMX. Mentre non mi capacitavo di questa tecnologia e non mi arrendevo al liberalismo duro e puro, ho scoperto i The Rapture. The house of jealous lovers, Echoes. Presto, dopo una compilation usa e getta da macchina, era il 2003 e in auto avevo un allora futuristico lettore cd, li ho abbandonati. Si fa così? Eh? Si fa così? Si prende un gruppo, si ascolta una canzone e poi li si dimentica? Chi sono i The Rapture? Umberto Balsamo? Con il secondo album, Pieces of the people we love, diciamo che un po’ mi avevano dato ragione. È il 2006, la Universal li mette sotto contratto, le magnifiche sorti e progressive sembravano essere a loro favore. Invece no. Reazioni timide di pubblico e critica, il bassista-cantante se ne va, l’ambiente disco-punk sembra involvere e dimenticare la voce stridula, quasi fastidiosa di Luke Jenner. Se cinque anni vi sembran pochi, non lo sono affatto. Si fa un sacco di roba in cinque anni. Si ritorna alla vecchia etichetta DFA Records, si ritorna a James Murphy. Alle origini, insomma. Si rimettono in piedi i The Rapture fondandoli soltanto su tre gambe, si ascolta cosa dice New York, gli si tasta il polso, si fa una capatina a Parigi per collaborare con Philippe Zdar (Cassius e Phoenix).
Il mondo della musica non ha le idee chiare su Lana Del Rey, cantautrice americana che vive in Scozia, salutata come nuovo «fenomeno» pop. Stati Uniti e Gran Bretagna ne subiscono il fascino già da qualche mese, alternando le lodi alle critiche. Nata Elizabeth Grant, 25 anni, è stata definita la «nuova Adele». Due anni fa si esibiva nei locali con il nome d’arte di Lizzy Grant: aria dimessa, capelli platinati, look acqua e sapone. Il suo primo album, Lana Del Ray, prodotto all’epoca dall’etichetta CAB è stato poco venduto... vedremo.
Nuovo disco: Kasabian
LO STATO SOCIALE TURISTI DELLA DEMOCRAZIA
MICHAEL KIWANUKA HOME AGAIN
PAUL WELLER SONIK KICKS
TYGA CARELESS WORLD
Questo è uno di quei dischi che all’inizio potrebbe non piacere molto, anzi. Se la scena indie la si segue da molto tempo allora un gruppo come Lo Stato Sociale, nel 2012, potrebbe non dirci niente di nuovo. Al di là che di cose da dire ne hanno eccome, e questo lo si scopre con piacere di canzone.
Dopo aver fatto il chitarrista in patria per un po’ di anni e aver pubblicato un paio di Ep solisti per la Communion Records, l’anno scorso ha firmato per la Polydor e ora dà alle stampe il suo disco d’esordio, “Home again”. Chiariamolo subito, Michael Kiwanuka ha grande talento.
Usando loop e tracce ritmiche come piattaforma di lancio di canzoni nate in studio, hanno lavorato alla sintesi di un disco avventuroso, ambizioso, impaziente: con melodie forti ma passeggere, un suono apparentemente molto sintetico e poco chitarristico con un taglio impressionista e un clima da happening.
Ad introdurci nel nuovo corso è la title track, dove lo smilzo e super tatuato Tyga rivela d’essersi reso conto di dover diventare padrone del suo destino. Una buona partenza questa con un’apertura verso il background che ha forgiato il rapper e una sorta di manifesto programmatico per il viaggio musicale.
La giovane band britannica è strafottente come vuole la tradizione inaugurata dai Rolling Stones passando per gli Oasis; sono letteralmente stufi del piattume generale che è la conseguenza di un pop di plastica che ha fagocitato ogni genere musicale! L’unica medicina per risalire la china è di nuovo produrre del rock di qualità, che sia rock senza compromessi però, e questo non vuol dire per forza proporre qualcosa di poco accessibile, ma qualcosa di assolutamente tuo, senza essere condizionati dai dettami delle case discografiche ma dalla sola volontà di scalare le classifiche! I Kasabian vanno per la loro strada e il loro ultimo album, “Velociraptor” continua a sorprendere.
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FOTO IN VOLO A 360º IL GINGILLO GEEK DELLA SETTIMANA È LA BALL CAMERA OVVERO UNA PALLA FOTOGRAFICA DAI MILLE OCCHI CHE FA FOTO PANORAMICHE DA UN NUOVO, GRANDIOSO PUNTO DI VISTA.
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a forma è sferica, sono state integrate nel corpo ben 36 ottiche fisse da 2 megapixel, la qualità quindi è quella che è, ma il divertimento è assicurato in ogni caso dal funzionamento della Ball Camera: infatti nel corpicino c’è anche un accelerometro, che serve a far capire alla macchina quando raggiungerà il punto più alto del lancio, e la farà scattare proprio in quel momento. Avrete quindi uno scatto a 360° sopra la vostra testa, che si compone automaticamente in digitale unendo le foto delle microcamere. E se per caso la vostra presa non è delle migliori, state (relativamente) tranquilli: è rivestita di spugna.
_ MASSIMO BANZI
SIG. SAMSONITE, È VERO CHE QUANDO HA PROGETTATO SMS PENSAVA AD UN MODO SEMPLICE E VELOCE PER RENDERCI MENO CAOTICA LA VITA?
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l caricabatterie, la crema per le mani, il libro per il tragitto in metro, il correttore per il ritocchino last minute, la penna... potrei andare avanti all’infinito. Ecco perché la SmS di Samsonite mi ha alleviato lo stress quotidiano: perché in un unico “astuccio” riesco a mettere TUTTO quello di cui ho bisogno ogni volta che sono fuori casa. Specialmente da quando devo portare con me, non solo le mie cose, ma anche pannolini, biberon e fasciatoio portatile! _ ISABELLA RICCI
GUANTI PER IL TOUCH SCREEN POTRESTE PENSARE AD UN ACCESSORIO INVERNALE PIÙ GEEK E UTILE?
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inalmente poter messaggiare, fare foto, tutto quello che ci pare con i nostri inseparabili smartphone senza togliersi i guanti e ritrovarsi dopo tre minuti con una mano tendente al blu e le dita rigide come bastoncini findus ancora congelati! Il segreto è nei sensori su pollice e indice che fanno da sostituti al calore delle nostre mani. Li vende il nostro caro, infallibile muji, e costano anche poco: 20€euro. Potete scegliere tra 6 colori che dovrebbero abbinarsi bene o male a tutto (antracite, nero, rosso, viola, marrone, beige). L’unico dramma sarà entrare da muji e riuscire a comprare solo quello! _ CRISTINA SPAGNOLI
in valigia *Libri
Monography Mika Rottenberg
Lo studio grafico ProjectProject (New York) ha realizzato una meravigliosa monografia che descrive cinque progetti dell’artista Mika Rottenberg. Si tratta di un delicato e complesso lavoro che fa della carta e dell’inchiostro il palcoscenico di progetti-video al limite dell’assurdo, in cui la materialità sembra quasi possa vincere la carta ed essere toccata, e l’azione sembra svolgersi realmente in sequenze di colori e fotografie. Schizzi, bozzetti, fotografie, installazioni, interviste e texture si susseguono impaginate in una serie di ambientazioni surreali, corpose e inusuali in cui i colori lignei contribuiscono a dare un aspetto concreto, fisico e pregnante ai progetti raccolti. Una fisicità dirompente, mai totalmente espressa, ma piuttosto rappresentata da toni, colori e parti del corpo, trattati con due metodi: da un lato la forza dell’assenza, dall’altro la concretezza e corposità del colore. _ CRISTINA LULLI
Racconti Andrea Camilleri di LUCA CAGLIA
Due filosofi in lotta per il Nobel, un partigiano tradito da un topolino, un ladro gentiluomo, un magistrato tratto in inganno dal giallo che sta leggendo, un monsignore alle prese col più impietoso dei lapsus, un bimbo che rischia di essere ucciso e un altro capace di sconvolgere un’intera comunità con le sue idee eretiche... E ancora: una ragazza che russa rumorosamente, un’altra alle prese con il tacco spezzato della sua scarpa, una segretaria troppo zelante, una moglie ricchissima e tante, tante donne che amano. 33 racconti di 3 pagine ciascuno: 333 e non 666, perché questo, come tutti sanno, è il numero della Bestia, e non si discute sul fatto che mezzo diavolo sia meglio di uno intero. In ogni racconto, il diavolo suggella la storia con il suo inequivocabile zampino: nel bene o nel male, a noi lettori l’ardua sentenza.
MARCELA SERRANO DIECI DONNE Dieci donne per me. Dieci vite intere. Leggo le loro storie a mezzanotte e m’ invadono i sogni. Ci sono dieci donne nel mio corpo e nessuna sono io. O forse tutte insieme come in un concerto facciamo un pacchetto di desideri e nevrosi niente male che si annullano come nelle somme di numeri negativi e positivi. NICOLAS BARREAU GLI INGREDIENTI SEGRETI DELL’AMORE Difficile non iniziare la lettura con un sentimento dolce e leggero con questo biglietto da visita, come quando si scarta un cioccolatino. Vi chiederete se questo è un libro di ricette. Ebbene è un libro di ricette e non lo è. E’ un libro che parla di cucina sì, ma è anche una storia d’amore che in fondo cerchiamo noi tutti. REM KOOLHAAS E HANS ULRICH OBRIST PROJECT JAPAN Questo è sicuramente un libro da comprare! Ripercorre storicamente tutto il periodo dal 1940 al 1985 in Giappone. Molto interessante, per chi è curioso, dare un occhio, magari sfogliarlo alla Feltrinelli questo fine settimana (tanto piove) e guardare cosa ci sta scritto. Occhio di riguardo per il design ben fatto. KEVIN CANN ANY DAY NOW il Duca Bianco ha compiuto 65 anni. Questo Libro raccoglie e indaga gli anni londinesi di David Bowie, quelli del Glam rock e dei capelli color carota, nel periodo che va dal 1947 al 1974.sbatte le lunghe ciglia ed è già Ziggy Stardust. Non si sfuggono i dettagli degli incantesimi che hanno fatto di Bowie quello che è.
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in valigia*Moda
WALKING IN MY SHOES Un giorno a PITTI IMMAGINE 81 di ANNABELLA FEDERICI
In senso orario dal basso: Fortezza da Basso uno spazio di quasi 60.000 metri quadrati che vedrà sfilare il meglio del fashion system. Herno Laminar in anteprima mondiale con il progetto Gore Tex. Jimmy Choo per la prima volta presenta le sue creazioni all’interno id un salone. Stand Oliviero Baldini ha curato l’allestimento nel piazzale della Fortezza da Basso.
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vissuto grazie anche alla suola in para naturale, una gomma del tutto naturale molto elastica, resistente all’acqua e all’abrasione. Il mio debole per Hudson non è un segreto. E’ per questo che sono stata più che felice di trovare esposta anche la HI NON C’È MAI STATO FORSE non collezione femminile per il prossimo può capire la quantità di col- Autunno/Inverno, caratterizzata dal ori, idee, materiali, parole, dis- sapore vissuto, invecchiato ed artigiaegni, loghi a cui sei sottoposto nale tipicamente Hudson. Mi piace vementre vaghi in modo disordinato dere che certe cose con il tempo non all’interno della Fortezza. fanno altro che migliorare. La mia missione personale era quella Non ne parlo solo perché la carinissima di concentrarmi sulle calzature, certo Licia mi ha detto “Ah sì, Cosebelle, lo io qui parlo di calzature femminili ed conosco!” ma anche perché lei ed il il Pitti è quasi esclusivamente dedi- compagno Francio Ferrari hanno avuto cato alla moda maschile, considerate un’idea bella ed utile, ideare e produrre però che la maggior parte dei marchi calzature unisex con taglie che vanno presenti al Pitti sviluppano anche col- dal 36 al 45 … e fin qui ok, ci hanno lezioni da donna e certe volte portano pensato anche altri prima di loro. Il a Firenze qualche anticipazione. Nello fatto è che le loro scarpe si notano, ci si spazio della Dogana dedicato a Pitti gira per guardarle. Proprio com’è capiW tra le varie presentazioni dedicate tato a me: stavo salendo al primo piano all’universo femminile ed il caldo trop- di Lyceum quando ho visto un ragazzo icale spiccavano le stravaganti proposte con questa brogue senza lacci, senza di Jeffrey Cambpell, tutte borchie rock linguetta e tricolore. Mi sembra fosse e zeppe altissime. rossa, gialla e verde. Ho anche pensato Da un piccolo spazio allestito al centro di seguirlo per chiedergli quale fosse il della sala della Dogana mi hanno col- marchio ma me lo sono lasciata scappita le Snow Clogs di Bagno Nettuno pare tra la folla. Per fortuna qualche ma soprattutto la loro versione del clas- gradino dopo mi attendeva la piacevole sico dei classici, il desert boot. Lo chia- sorpresa. La loro bella proposta per la mano Atacama Boot ed è un bel po- prossima stagione è un pellame chiamlacco morbido, dal sapore casual ma ato Black Board, dove potersi sbizzar rire con il gesso che usavamo a scuola e rendere unica ogni scarpa, tutte le volte che si vuole. Si chiamano L’F dall’unione delle loro iniziali, ne par lerò ancora e credo proprio saranno il mio prossimo acquisto.
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Quest’anno LE MIGLIORI TENDENZE
Le migliori tendenze di quest’anno come viste dai designer di tutto il mondo. Quello che ameremo e indosseremo questa primavera. 12
di LIDIA RICCI
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3 2 1
13 16
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6
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1 EL CAMPERO Nuovi low boot da uomo, i tronchetti di nuova concezione che sviluppano l’anima rock e artigianale Made in Italy legata al mondo militare e alla scena street più trasgressiva. 2 HARMONT&BLAINE Derby in camoscio blu liscio e fondo in gomma con logo ricamato a contrasto e bordino in gros grain bluette. Sull’estremità della linguetta il bordo è grigio e rosso. 3 PANTOFOLA D’ORO Vecchio modello da calcio del ’59, in vitello con suola cuoio riproposto, anche per il tempo libero, senza tacchetti. 4 A metà mocassino e polacchino, in pelle. 5 Sneaker alta con colori fluo dipinti sui dettagli. L’effetto “sporco” le dona un look used. 6 LA MARTINA SHOES sneaker stringata modello pedula in camoscio tortora con fondo in gomma, inserti in pelle e tomala con forature all’inglese. Logo in rilievo ed etichetta laterale personalizzata. 8 MORESCHI Moreschi Abbey Road – in omaggio ai beatles – è un beatle in vitello con puntina forata all’inglese, fondo in gomma ipermorbido e fodera in pelo di montone. 10 MOON BOOT Stivaletto alla caviglia, in pelle ingrassata e bordo in pelliccia eco, per un look cittadino sportivo e ricercato. 12 ONIZUKA TIGER Taglio alla caviglia e piglio robusto. In nero, marrome o grigio i raikan boot bandiscono gli eccessi e scelgono la sobrietà e il comfort tipico di una sarpa da lavoro. 13 SANTONI sneake in pelle di vitello blu avio dalla lavorazione artigianale ha il fondo le stringhe e il guardolo in cuoio. 14 SUTOR MANTELLASSI la collezione “anniversary” si rifà alla terra di origine del marchio: Firenze, ed è proprio alla tavolozza di un pittore che ritrae la campagna fiorentina che s’ispirano i colori. 15 SOREL Il Kitchener Caribou è caratterizzato da una tomala in pelle waterproof, il tipico guscio in gomma vulcanizzata e un caldo rivestimento interno in feltro per un completo isolamento termico. 16 T-SHOES Tre modelli: Strolling Sport Sd, la sneaker in pelle scamosciata, ispirata agli anni ’70. La Calgary Sd Gix, il polacchino allacciato in camoscio, color coffee, con membrana in goretex. E la Baltimora Sd dalle linee leggere in pelle.
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in valigia *Benessere Dormire bene è fondamentale per essere in forma. Ma ci sono periodi in cui prendere sonno diventa un’impresa ai confini della realtà. Nel caso, smettila di rotolarti nel letto contando le pecorelle e metti invece in atto questo infallibile piano suggerito dagli esperti di OnAir... Ore 22:30 Spegni il computer. Una ricerca pubblicata dal Journal of Applied Physiology dimostra che Internet eccita i neuroni e provoca spesso insonnia. Ore 22:35 Fatti cullare dalle onde. Mezz’ora prima di infilarti a letto, infilati nella vasca. Un bagno caldo (la doccia invece è stimolante) dilata pori e vasi sanguigni e attira il sangue verso la periferia del corpo: la temperatura interna cala e tutto l’organismo si rilassa. Ore 22:45 Bevi un bicchiere di latte caldo. Così fai il pieno di triptofano, che aumenta nel tuo organismo la produzione di serotonina, uno degli “ormoni” del sonno. Ore 22:55 Fai il buio in camera. Meno luce entra nella stanza, maggiore è la capacità del tuo organismo di produrre melatonina, l’ormone che ha un’importanza fondamentale nella regolazione ottimale del ciclo del sonno. Ore 23:00 Prendi posizione. Il consiglio degli esperti è di stendersi su un fianco con un cuscino alto quanto la spalla: metterti sulla schiena o sulla pancia favorisce invece il russamento, con improvvisi risvegli notturni che ti fanno tornare a... contare le pecorelle. Ore 23:15 Buona notte! Inutile dirti altro, visto che stai già dormendo. Enrica Brocardo
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MOOD FOOD: la classifica dei cibi contro lo stress da rientro
di DINO SCAMUGLIA
Inserite nella vostra dieta alimenti ricchi di selenio. Il selenio agisce sul corpo come potente antiossidante. Gli ossidanti ci aiutano a lottare contro lo stress ossidativo, responsabile della depressione stagionale. Una dose di 55 microgrammi è raccomandata per essere di buon umore! Dove si trova il selenio? E’ contenuto in fagioli e legumi, carni magre, latte e derivati, semi, noci e frutti di mare. Consumate regolarmente pesce, fonte di omega 3. “Esistono evidenze scientifiche che rivelano come la depressione sia in qualche modo collegata a bassi livelli circolanti di omega 3 , precisa Luca Piretta della Sisa (Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione), la supplementazione con omega 3 sembra migliorare l’umore nei pazienti con
gravi disturbi dell’umore e dell’ansia. Un altro potente anti stress è la vitamina D. Studi recenti hanno dimostrato il legame tra i disturbi dell’umore e la deficienza in vitamina D. Esistono pochi alimenti ricchi di vitamina D, quindi fino a quando ci sono delle giornate di sole uscite e approfittatene per fare il pieno! Potete comunque trovare la vitamina D nei seguenti cibi: pesci grassi, fegato di manzo, rosso d’uovo e formaggio. Infine, per dolce, cioccolata fondente! Grazie all’azione antidepressiva e tonica svolta da teobromina, caffeina e feniletilamina, è in grado di apportare rapidamente una sferzata di euforia, gratificazione e soddisfazione. Inoltre l’alto contenuto di triptofano, un precursore della serotonina anche detta ormone del benessere lo rendono
Pollo al curry “Bollywood”
Stufo del petto alla piastra? Datti alla cucina indiana e prepara un piatto tanto gustoso quanto utile alla salute del cuore e non solo... 01. metti a mollo in un po’ d’acqua l’uva passa. 02. Frulla insieme aglio, cumino, mandorle in scaglie, zenzero, coriandolo, cannella, paprika fieno greco, garam masala, curcuma, peperoncino e l’acqua fino a ottenere un composto omogeneo. 03. Disossa il pollo e fallo a pezzi di medie dimensioni. In una padella scalda 3 cucchiai d’olio e cuoci a fiamma media fino a dorarlo, quindi travasalo in un piatto, affetta le cipolle, tritura con un pestacarne cardamomo, chiodi di garofano e alloro, e cuoci a fiamma media. 04. Quando le cipolle sono dorate, aggiungi le spezie contenute nel frullatore e lo yogurt e mescola. Dopo 2 minuti aggiungi anche la panna, il brodo e l’uva passa e mescola per 2 o 3 minuti. 05. Versa nella padella il pollo, aggiungi miele, sale e pepe, copri con il coperchio e lascia cuocere a fiamma bassa.