PEOPLE by SOUL RUNNING - Num. 30 Dicembre 2017

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NUMERO 30 - DICEMBRE 2017

SOUL RUNNING PEOPLE - numero 30 – DICEMBRE 2017 – Euro 5,00

Fernanda Maciel, Hansjörg Auer, Paolo Cognetti, Federico Chierico, Anton Krupicka, Adam Ondra, Simone Origone

SOUL RUNNING

THE SOUL PEOPLE gente di montagna ––––– ––––––––––

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Adam Ondra Paolo Cognetti Anton Krupicka Federico Chierico Simone Origone Hansjörg Auer Fernanda Maciel


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SOUL RUNNING


Photos by Damiano Levati, Storyteller Lab Photos by Fred Marmsater

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ANTON KRUPICKA

È una ricerca costante. Correre, scalare, attraversare: si tratta di esplorare ciò di cui siamo fatti. Ciò per cui siamo nati. Guardare avanti, sempre.

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E D I T O R I A L E Uno scrittore, una e un ultra runner, un agricoltore, l’uomo più veloce di sempre sugli sci e due climber. In comune hanno almeno due cose: aver fatto qualcosa di veramente unico durante il 2017, ma soprattutto un’infinita passione per la montagna. Forse la parola passione non definisce a fondo il loro rapporto con l’ambiente montano. C’è di più. Un vero feeling, un’alchimia che li porta a creare e a cercare la loro stessa essenza in montagna. Ognuno di loro lo ha fatto e lo continua a fare esprimendo questo sentimento attraverso le proprie inclinazioni, e il proprio talento. Fernanda, tra le altre cose, ha imposto il suo ritmo, assecondando i pendii che portano alla vetta più alta del continente africano, volando poi nuovamente alle sue mitiche “falde”, nella giungla. Il tutto in meno di 10 ore! Federico Chierico ha ricreato il passato e la cultura del rapporto simbiotico tra uomo e terra di montagna che da sempre ha segnato i ritmi e le tradizioni delle nostre Alpi. Ha, infatti, concepito un’agricoltura eroica di montagna che segue forzatamente le stagioni, non usa mezzi meccanici né tanto meno sostanze chimiche e soprattutto racconta le nostre origini recuperando ortaggi dimenticati dai sapori unici che rischiavamo di perdere. Ha aperto un nuovo orizzonte ai piedi del Monte Rosa nella magnifica Valle di Gressoney, lì ormai nessuno và più al supermercato! Sempre all’ombra del Rosa, ma nella Valle del Lys vive, lavora, vince e gode della sua montagna Simone Origone. Una leggenda. Un freccia rossa sui vertiginosi pendii bianchi che raggiunge i 252,632 kmh. La velocità fa parte del DNA di Simone da sempre e anche nell’alpinismo, ma il suo mestiere è fare la guida alpina, dove sa essere lento, paziente, prudente. Uno splendido dualismo dato dall’amore infinito per la montagna che il campione sa vivere in tutte le sue accezioni. Anton per la prima volta si è seduto al cinema e ha visto la sua storia. Già! Uno short movie l’ha visto come protagonista. Il giusto riconoscimento per un personaggio così iconico come lui. Un uomo che vive il limite con naturalezza. Anton in montagna, in ogni condizione, è a suo agio. Hansjörg Auer. Dieci anni fa è arrivato all’attacco della Via del Pesce. Sud della Marmolada. Passaggi di 7B+. Ha respirato, allacciato bene le scarpette da arrampicata ed è salito per 1000 metri. Solo. Dentro se stesso. A 23 anni. Hansjörg è un uomo speciale con un rapporto unico con la montagna. Nasce nella magnifica Otztal, cresce a lavora nella fattoria di famiglia. Le sue gambe, le sue mani, la sua testa ma soprattutto la sua anima sono state create per capire la montagna e viverla pienamente. Adam è l’uomo che ha cambiato la prospettiva dell’arrampicata sportiva. Il 2017 resterà per sempre per lui e per tutti i climber, come l’anno della svolta. L’anno in cui l’asticella si è inesorabilmente alzata e ora la visione è cambiata. In Norvegia a Flatanger Adam ha liberato il suo lavoro degli ultimi due anni: il primo 9C della storia, Silence. Paolo è uno scrittore. Il vincitore di tanti premi nel 2017, anno della sua consacrazione internazionale, tra cui, in Italia, il premio Strega. Lo ha vinto scrivendo di montagna, di amicizia, di esperienza, di forme di amore. “Le otto montagne”, questo il titolo, è ambientato dove Paolo ha restaurato il suo buen retiro: una baita in paradiso dove vive e gode dell’ambiente, del suo cane, dei suoi percorsi, dalla vista, alta, che regalano le cime, anche le più anonime, qualora ne esistano. Chiudo l’anno con loro, con i miei eroi, mi sono regalato una chiacchierata semplice, sulla montagna, il mio amore, con loro. La condivido con tutti voi.

di Davide Orlan #5


S O M M A R I O

ADAM ONDRA

ANTON KRUPICKA

FEDRICO CHIERICO

8-21

Portfolio la parola all’immagine

22-27

FERNANDA MACIEL

35-39

SIMONE ORIGONE

46-51

HANSJöRG AUER

58-63

PAOLO COGNETTI

28-33

40-45

52-57

DAL 2011 corriamo con voi… NB: le interviste ai protagonisti di Soul Running PEOPLE sono a cura di Davide Orlandi

64-65

#6


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#8


P O R T F O L I O 1

Fernanda Maciel, record Kilimangiaro 2017 by run. Ascensione e discesa 10h 6min! where: Tanzania click: ŠThe North Face

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––––– ––––––––––––––––– P O R T F O L I O 2

Adam Ondra, Norvegia 2017, crea il primo 9C della storia del climbing: Silence!

where: Norvegia click: ©Pavel Blazek

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––––– ––––––––––––––––– P O R T F O L I O 3 Simone Origone, la partenza dalla cima di Vars dove fa 0-200 in 5,5 secondi e teatro, nel 2015, del suo record del mondo: 252,632 km/h where: Francia click: ©Tam Tam Photo

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P O R T F O L I O 4 Anton Krupicka, l’icona del trail running! where: le montagne del mondo… click: ©Damiano Levati

#15


#16

––––– ––––––––––––––––– P O R T F O L I O 5


#17

Hansjörg Auer, free solo in Marmolada. Via del Pesce 7B+

where: Veneto click: ©The North Face


P O R T F O L I O 6

Federico Chierico …Intanto frequentavo la bellissima facoltà di Scienze e Cultura delle Alpi a cui mi ero iscritto nel 2009 e grazie ai contatti e agli spunti ricevuti dal mondo accademico ho scoperto il mondo delle Varietà antiche: un patrimonio immenso di saperi, sapori e varietà lasciatoci in eredità da un mondo rurale che si è congedato dalla storia fra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento. Ho capito che non ci sarebbe stato nulla di più bello, di più realizzante per me che occuparmi di quel mondo, di esplorarlo, di studiarlo, farlo mio e perché no, contribuire alla sua diffusione. Paysage a Manger.

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where: Valle d’Aosta - Gressoney click: ©Davide Orlandi

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P O R T F O L I O 7

Bruno aspettava quel giorno con la mia stessa trepidazione. Solo che io andavo e venivo, lui restava: credo tenesse d’occhio i tornanti da qualche suo punto di osservazione, perché veniva a chiamarmi nemmeno un’ora dopo il nostri arrivo. – Berio! –

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gridava dal cortile. Era il nome con cui mi aveva ribattezzato. – Esci, dài, diceva, senza salutarmi nè niente, come se ci fossimo visti solo il giorno prima. Ed era vero: gli ultimi mesi venivano cancellati di colpo, e la nostra amicizia sembrava vivere un’unica infinita estate. Da “Le Otto Montagne” di Paolo Cognetti, Vincitore Premio Strega 2017

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THE SOUL PEOPLE 1 –––––––––––––––––––––

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a d n a n r Fe l e i c a M #23


SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? FM Montagna per me significa sfida, rispetto e bellezza. Quando trascorro del tempo in montagna, mi fermo ad ascoltare il silenzio e mi sento in pace. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? FM Amo la natura.

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SR Stai girando tutto il mondo correndo sulle montagne. C’è un aspetto che le accumuna tutte? FM Il mio sport, il trail running. Sport e natura sono sempre connessi. SR Com’è la gente di montagna? FM È gente semplice, a cui piace scoprire nuovi percorsi e conoscere sempre meglio se stessi. SR Tu sei brasiliana ma ormai è quasi un limite


definirti così, sei una cittadina del mondo a tutti gli effetti. Nonostante questo ti senti una “montanara”, con tutto il rispetto dei concetti racchiusi in questo termine? FM Sì, mi sento davvero una “montanara”. Sono nata in una città in montagna e per tutta la mia vita mi è sempre piaciuto vivere a stretto contatto con la natura e le montagne. Oggi vivo nei Pirenei (montagne spagnole) e mi piace il mio stile di vita. Nel mio villaggio ci sono solo 40 persone.

SR La tua impresa targata 2017 è stata la conquista del record a/r del Kilimangiaro. Riesci a distanza di due mesi a raccontare con lucidità cosa ti ha lasciato dentro questa impresa? FM La mia esperienza sul Kilimangiaro è stata grande perché mi ha permesso di scoprire molto sulle persone africane e sul Kilimangiaro stesso. La gente africana è meravigliosa, felice e grata, sempre. La montagna è spettacolare, piena di

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foreste, rocce, ghiacciaio e terreno vulcanico. L’impresa è stata una grossa sfida per me; durante la salita sentivo un continuo mal di testa, ma sono stata bene quasi sempre. Ho fatto il mio meglio per correre, perché amo la corsa. SR 2018? Cosa ci dobbiamo aspettare nel seguirti? Qual’è il tuo goal? FM Spero di riuscire a correre la Transgrancanaria, la Madeira Ultra Trail, la Red Bull K3, la Eiger, l’UTMB e la Lavaredo. Spero anche di potermi godere tanti sentieri nuovi in piena salute e felicità.

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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). Fernanda Maciel è un’atleta brasiliana nata il 24 gennaio 1980 a Belo Horizonte. Specialista di ultra trail, ha vinto la Lavaredo Ultra Trail nel 2011 e la Transgrancanaria nel 2012 . Ha inoltre concluso al secondo posto l’Ultra Trail World Tour 2014 con 577 punti.

#27


THE SOUL PEOPLE 2 –––––––––––––––––––––

#28


#29


SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? AO Per me la montagna è un luogo meraviglioso in cui giocare. Ci sono così tante cose diverse con cui intrattenersi, se si è in grado di vederle e se si ha la passione. Il percorso stesso è una sfida e io voglio arrampicare. La linea che sale su, mi sprona ad affondare le mani nella magnesite e iniziare a salire. Ma non voglio conquistare il percorso, no; voglio piuttosto sentirmi parte della sua esistenza. Rispetto sempre il percorso. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? AO Non so dirlo, sento come se fossi nato per arrampicare. Non c’è un singolo aspetto che non mi piaccia dell’arrampicata. Mi piace tutto.

#30

Assolutamente. Arrampicare mi fa sentire felice e pieno di vita. Vivere senza la possibilità di trascorrere del tempo prezioso all’aperto è per me un concetto triste. SR Esprimi ora il tuo concetto di “sport estremo”. Cosa è e cosa rappresenta per te questo tipo di approccio? AO Ho bisogno di trovare una nuova sfida di volta in volta. Arrampicare solo su percorsi facili e godersi lo scenario è bellissimo, ma tutte queste vie difficili… sono in qualche modo più notevoli, più allettanti. Ed è per questo che voglio allenarmi duramente, per poter scalare quelle vie, per divertirmi di più, in un certo senso. Per me l’arrampicata estrema non ha solo a che fare con lo spingermi oltre i miei limiti, ma anche col


divertirmi il più possibile mentre mi arrampico al limite.

modi per migliorare. Il semplice allenamento fisico, per quanto duro, non è mai abbastanza.

SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? AO Sono naturalmente ambizioso e mi piace imparare nuove cose. Mentre stai arrampicando devi avere la mente aperta e andare sempre alla ricerca di

SR Sei l’uomo che ha raggiunto il più alto livello di difficoltà nell’arrampicata in montagna. Riesci a spiegare come si arriva alla fine di questa ricerca? AO Non avrei mai raggiunto il livello 9c senza questi 20 anni d’esperienza nell’arrampicata e senza infinite ore di allenamento. Inoltre, se l’avessi fatto solo per ottenere fama e per il mio orgoglio, non ci sarei riuscito e mi sarei sentito anche molto stupido. La mia passione per l’arrampicata è il dono più grande che mi sia stato fatto. Silence ha richiesto due anni di preparazione. Questo vuol dire allenarsi per 6 giorni a settimana, 2 volte al giorno fino a 5 ore al giorno. Con l’aggiunta di esercizi speciali basati sulla collaborazione con il mio fisioterapista Klaus Isele e la visualizzazione del progetto ogni singolo giorno. Forse ho provato il percorso più di 200 volte,

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anzi l’ho certamente fatto più di 1000 volte nella mia testa. Ma la cosa più difficile di tutte è stata credere per tutto questo tempo che fosse realmente fattibile, continuare a credere che valesse la pena fare tutto questo sforzo. SR Sai dirci cosa hai provato nella settimana prima della tua impresa? E nella settimana successiva? AO La settimana prima dell’impresa mi sentivo sicuro, più forte di prima, conoscevo così bene il percorso che sapevo di dover solo aspettare il mio momento. E questo momento è arrivato relativamente veloce. Il periodo più duro è stato il mese precedente, quando ho dovuto lottare e la salita mi sembrava ancora così difficile da portare a termine. La settimana successiva è stata piena di soddisfazione. Mi sono anche sentito un po’ vuoto - dopotutto quella via non era più un mio progetto, quasi come se non mi fosse più amica, ma allo stesso tempo mi sono sentito profondamente felice. SR Ti senti un “montanaro”, con tutto il rispetto dei concetti racchiusi in questo termine? AO Non penso di essere un montanaro vero, perché passo molto tempo in una palestra polverosa e in città, ma amo il mondo dell’outdoor e ho una personale relazione molto speciale con le montagne. Ho bisogno di sentire la libertà e questo mi riesce solo quando sono immerso nella fresca aria di montagna. SR Le tue imprese e la tua persona hanno fatto il giro del mondo insieme a te, fanno parte della tua storia. Riesci a distanza di tempo a raccontare con lucidità cosa ti hanno lasciato dentro queste imprese? AO L’arrampicata in generale mi ha dato davvero tanto. Mi ha insegnato ad essere severo con me stesso e anche molto onesto. Allo stesso tempo, so come divertirmi e ho imparato come una mentalità positiva possa influenzare qualsiasi cosa. L’arrampicata è integrata in me a tal punto che non so chi o cosa sarei se non fossi un climber. Immagino che sarei una persona molto diversa. SR 2018. Cosa ci dobbiamo aspettare nel seguirti? Qual è il tuo goal? AO Vorrei riuscire a completare un altro 9c e terminare con un buon risultato il Campionato del Mondo che si terrà a settembre ad Innsbruck.

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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). Adam Ondra (Brno, 5 febbraio 1993) è un arrampicatore ceco. Pratica le competizioni di difficoltà e boulder, oltre che l’arrampicata in falesia. Dati i suoi risultati straordinari in gara e su roccia è considerato uno degli arrampicatori sportivi più forti di tutti i tempi. Ha vinto il premio Salewa Rock Award per quattro volte: nel 2008, 2010, 2011 e 2013. Quest’ultimo rappresenta una sorta di “Oscar dell’arrampicata” come riconoscimento a colui o colei che ha segnato la stagione precedente per le performance su falesia o su boulder. La motivazione che ha accompagnato il premio di Ondra nel 2011 era la seguente: “Per la capacità di alzare continuamente il livello dell’arrampicata superando se stesso e facendo sognare tutti i climbers” Da settembre 2017 è l’unico uomo al mondo ad aver scalato un 9C.

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THE SOUL PEOPLE 3 –––––––––––––––––––––

Simone #34


Origone #35


SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? SO La montagna e la neve sono il mio ambiente naturale dove sono nato e cresciuto e difficilmente potrei viverne senza. Spesso quando sono in alta montagna ancora oggi mi fermo ad ammirare i paesaggi che mi regalano sempre belle emozioni e mi sento fortunato, poi la neve è l’elemento che amo più in natura. SR Esprimi ora il tuo concetto di Sport estremo, cosa è e cosa rappresenta per te questo tipo di approccio? SO La definizione di sport estremo è sempre difficile, ogni sportivo che fa una attività estrema alla fine si ritrova nella propria normalità. Per me è diventata una cosa normale come per un Valentino Rossi è normale guidare una moto a 350 km/h. Una volta mi sono ritrovato a parlare col Marco Simoncelli e lui mi diceva che io ero quel pazzo che

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andava a 250 km/h con gli sci e io dicevo che il pazzo era lui, poi chiaramente si è consapevoli dei rischi che si possono correre… In ogni caso il KL è meno pericoloso di quello che si possa pensare. SR Sei l’uomo più veloce in assoluto in montagna, se così si può dire, cosa vuol dire dover esprimere in pochi secondi un anno di allenamento? SO Per dieci anni sono stato lo sportivo senza un motore più veloce sul pianeta, ora sono diventato il secondo. La nostra è una specialità come tante altre nella quale devi esprimere tutto in pochi secondi e quindi ci si allena per cercare di arrivare ad avere degli automatismi perfetti, la minima sbavatura si paga e quindi bisogna essere il più precisi possibile. SR Quanto conta “la testa” in uno sport come il tuo? SO La testa è molto importante e può fare la differenza, il restare concentrato e tranquillo prima


di partire e riuscire a pensare a quello che devi fare nei pochi secondi mentre scendi. Per me la seconda parte è la più difficile, una volta partiti la foga agonistica ti fa perde la concentrazione necessaria a non commettere errori. SR Testa è l’elemento dominante in tutte le attività alpine, specie per una guida come te. Una guida per me è un mentore, non ti accompagna e basta, ti insegna. Nella scorsa estate si è dibattuto parecchio su questo argomento dopo la querelle tra Kilian e il sindaco di saint gervais. Come guida e come uomo di sport estremi come ti poni in merito? SO Il discorso tra Kilian e il sindaco di Saint Gervais-les-Bains è molto delicato. Posso però dire con certezza che esiste un problema che è quello dell’emulazione. Lui è un grande sportivo esperto e

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preparato, in pochi possono permettersi un approccio come il suo. Sempre più spesso quando sono in ghiacciaio coi mie clienti trovo gente in scarpe da ginnastica, slegate, con equipaggiamento super leggero, senza magari conoscere i luoghi in cui sono o intere famiglie che camminano slegate nelle ore più calde della giornata in mezzo ai crepacci. Nel secondo caso è un problema di cultura, sicuramente la gente non capisce il rischio che corre e il rischio che spesso corrono i soccorritori per andare poi magari a salvarli. Quando uno prova a dire qualche cosa nel 99% dei casi la risposta è di farsi i fatti propri… Gli incidenti in montagna possono capitare anche agli esperti ma molti potrebbero essere evitati. SR Ti senti un “montanaro”, con tutto il rispetto dei concetti racchiusi in questo termine? SO Per alcuni versi sono montanaro, per altri sono una persona di vedute aperte che ha avuto la fortuna di viaggiare molto e di vedere tante differenti realtà. SR Il tuo stile, le tue imprese e la tua persona hanno fatto il giro del mondo insieme a te, fanno parte della tua storia. SO Quello che ho fatto sicuramente ha lasciato un impronta ed un’opinione su di me. Io semplicemente ho seguito una grande passione trasmessa da mio papà e inseguito un sogno che ancora oggi rincorro. Da bambino sognavo di diventare un campione, una Guida Alpina e un Maestro di sci. Sicuramente avrei voluto diventare un campione di sci alpino ma alla fine posso ritenermi soddisfatto. SR 2018? Cosa ci dobbiamo aspettare nel seguirti? Qual è il tuo goal? SO In questo momento mi sto preparando per la prossima stagione. Mi piacerebbe vincere una decima coppa del mondo per poter chiudere il cerchio e magari fare un quarto record Mondiale. Per il resto potrete trovarmi a Champoluc tra piste di sci e Monte Rosa.

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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). Simone Origone Originario di Ayas, è fratello maggiore di Ivan Origone, a sua volta sciatore di velocità d’alto livello. Nel 2003 inizia a sperimentare lo sci di velocità (l’ex chilometro lanciato) sulla pista di Les Arcs: nella prima discesa, effettuata utilizzando materiali da sci alpino (e non quelli specifici per la velocità) raggiunge i 179 km/h. Il 6 marzo 2004, entrato a far parte della squadra nazionale italiana, esordisce in Coppa del Mondo sulla pista di Sun Peaks, chiudendo la gara al secondo posto, alle spalle dello svizzero Jonathan Moret. Quindici giorni dopo, a Breuil Cervinia, coglie la sua prima vittoria. Negli anni successivi conquista cinque ori e un argento mondiali ed otto Coppe del Mondo, con un incredibile ruolino di 55 podi conquistati nelle 63 gare disputate nel circuito di Coppa. Il 20 aprile 2006, sulla pista di Les Arcs, Simone Origone migliora per la prima volta il record del mondo, raggiungendo i 251,40 km/h. Alzerà ulteriormente il primato tra il 2014 e il 2015, portandolo prima a 252,454 km/h e poi, il 3 aprile 2015 a 252,632 km/h. Affianca all’attività agonistica quelle di guida alpina, maestro di sci, elisoccorritore ed alpinista; in particolare, il 7 settembre 2007 ha asceso le 20 vette oltre i 4 000 m della catena del Monte Rosa in 12 ore e 40 minuti, ed ha concluso l’impresa raggiungendo la cima del Cervino in 17 ore e 40 minuti.

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Anton Krupicka #41


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SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? AK La parola montagna indica semplicemente un ambiente selvaggio, in cui ci sono fattori al di fuori del proprio controllo. Le montagne ricordano agli umani quanto essi siano piccoli. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? AK Il desiderio di ricordare e sentire quanto sia piccolo, ma anche quanto sia in grado di confidare in me stesso e nel mio senso di responsabilità. Il desiderio di avventura. SR Esprimi ora il tuo concetto di “gara di corsa in montagna”. Cosa è e cosa rappresenta per te questo tipo di approccio? AK Tanto dislivello positivo e negativo. Appoggi tecnici. Fuori dai sentieri. Percorso libero preferibile, ma non necessario. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? AK Sempre il desiderio di avventura. Ma le gare sono di solito ambienti molto controllati, perciò il percorso diventa molto meno importante. A questo punto, la gara diventa una sfida contro te stesso, per cercare di dare il meglio di te, mentre sei in compagnia di altri. SR A vederti mentre corri le gare, sulle creste, su salite tecniche in Dolomiti come sulle Montagne Rocciose sembri molto rilassato, libero. Quanto è vera questa impressione? AK Non so dirlo. Amo la corsa, le gare e le montagne. Immagino che sia rilassato. Ma sono anche molto concentrato e lavoro intensamente se sto correndo una gara. SR Quali sono le reali sensazioni che domini? AK Uno dei maggiori motivi per cui vado tra le montagne è proprio perché voglio riuscire ad ottenere quel tipo di concentrazione. Quella che domina le emozioni!

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SR Ti senti un “montanaro”, con tutto il rispetto dei concetti racchiusi in questo termine? AK Amo le montagne, trascorro molto tempo all’aperto a correre, arrampicare, sciare e andare in bici. Ma vivo in un appartamento in città. Perciò non so quanto realmente possa sentirmi un “montanaro”. SR Le tue imprese e la tua persona, il tuo stile hanno fatto il giro del mondo insieme a te, fanno parte della tua storia. Riesci a distanza di tempo a raccontare con lucidità cosa ti hanno lasciato dentro queste imprese? AK Semplicemente gratitudine. La mia passione per la montagna mi ha concesso grandi opportunità di viaggiare, incontrare gente, sperimentare altre culture e, in ultimo, espandere la mia visione del mondo e del mio posto in esso. Di questo sono grato. SR 2018. Cosa ci dobbiamo aspettare nel seguirti? Qual è il tuo goal? AK Mi trascino ormai da un po’ un infortunio al tendine di Achille, quindi punto a rimettermi in salute e restarci il più possibile per poter correre, gareggiare e arrampicare.

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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). Anton Krupicka (nato il 2 agosto 1983) è un ultra-runner americano . Ha vinto il Leadville 100 due volte, il Miwok 100K, il Rocky Raccoon 100 Miler, il Collegiate Peaks 50 Miler, il White River 50 Miler due volte (Set 2010 CR 6:25:29), High Mountain 50k e la Maratona di Estes Park. È arrivato anche secondo nel Western Endurance Run nel 2010 in quello che sarebbe stato un tempo record di 15:13:53. Ha vinto nel 2014 la Lavaredo Ultra Trail. Il suo cognome si pronunciava come “crew-pitch-kuh”.

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THE SOUL PEOPLE 5 –––––––––––––––––––––

H a n s j ö r g

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A U E R


SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? HA Credo sia importante non dimenticare mai che la “montagna” è lì per tutti, non importa quanto siano forti, quanto vecchi e da quanto tempo hanno la passione per la montagna. Per cui, ognuno di noi può fare ciò che ama. L’unica cosa essenziale è che tutti siano onesti riguardo al modo in cui fanno ciò che a loro piace, perché ci sono solo poche regole da seguire, ma se non lo si fa, la cultura del vivere la montagna andrà persa. Ad esempio, ci approcciamo ad una scalata partendo dal fondo per arrivare in alto e non il contrario, partendo dalla cima. Per me la montagna è il luogo che più di tutti mi fa sentire a casa e sono felice di avere questo forte legame con l’essere lì su. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? HA Credo sia il mio desiderio di avventure intense e ad alta quota. Ho imparato molto dalle mie salite e disccese

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passate, molte cose che dovevo sperimentare. E una di queste cose è che conta molto di più con chi trascorri il tempo mentre arrampichi o pratichi alpinismo, rispetto a cosa, dove e quanto duro sia ciò che stai facendo. SR Esprimi ora il tuo concetto di “parete” di roccia. Cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? HA Dipende da dove sia la parete. La cosa che mi manca di più oggigiorno nelle Alpi è l’aspetto più puro delle scalate. Ormai la maggior parte delle pareti ha almeno una via su di esse. Quello che mi affascina molto, per esempio, del Karakorum è che ci sono ancora così tanti progetti puri, alcuni addirittura su delle montagne totalmente vergini. L’aspetto puristico di una scalata è la cosa più importante. Hai il punto di partenza, diciamo il campo base, e hai l’arrivo (la vetta); l’unica cosa da fare è trovare la via più semplice per connettere questi due punti. Se si tratta di una vera avventura, non avrai nessun altro tipo di informazioni o, al massimo, solo


un minimo di informazioni riguardo altri climber che hanno tentato il progetto. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? HA Il desiderio di esplorare, il mio fanatismo, la curiosità riguardo alle montagne, ma anche la storia dell’alpinismo, l’alto livello di rischio e, certamente, anche il mio egoismo. SR A vederti mentre “viaggi” sulla Marmolada sembri molto rilassato, libero. Quanto è vera questa impressione? HA Non so come mai, ma mi sento molto a mio agio sulla Marmolada. Ho una connessione molto speciale con il lato sud e semplicemente amo essere lì. Bisogna anche ammettere che non è tra le montagne “di casa mia”, riesco a vedere la Marmolada solo dalle vette più alte delle Ötztal Alps (Alpi Venoste), il luogo da cui provengo. Per cui, la distanza non fa che rendere ancora più forte questa sensazione. Chiaramente, ho avuto anche diverse delusioni sul lato sud. Ma alla fine, quando sono lì e parto con le prime prese per iniziare una scalata, sento che questo è per me il posto nelle Dolomiti, la regina delle pareti. SR Quali sono le reali sensazioni che domini? HA Spingermi ai miei limiti ed esplorare il più possibile. Quando arrampico una via di grado 4 o 5 sulla Marmolada, sono molto più contento di quanto non sia da nessun altra parte. Questo dimostra che la ricerca della reale difficoltà non è mai stata la ragione principale che mi ha spinto a trascorrere così tanto tempo lì. Inoltre, mi rende felice vedere giovani climber che vengono attratti da quella parete, che ha significato e significa tuttora moltissimo per me. SR Ti senti un “montanaro”, con tutto il rispetto dei concetti racchiusi in questo termine? HA Sì. Pratico più di una singola disciplina e le alterno in base alle stagioni dell’anno. Sono anche attratto dall’aria, come elemento, oltre a roccia e ghiaccio. Quando ho scoperto la mia passione (sicuramente inferiore rispetto all’arrampicata) per il parapendio, ho immediatamente compreso molto meglio il concetto stesso di montagna. SR La tue imprese di free solo hanno fatto il

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giro del mondo insieme a te, fanno parte della tua storia. Riesci a distanza di tempo a raccontare con lucidità cosa ti hanno lasciato dentro queste imprese? HA Mi hanno cambiato tanto. Da giovane ho sempre avuto la tendenza a spingere e realizzare imprese sempre più pazze delle precedenti. Negli ultimi anni ho capito che ogni avventura ha una storia a sé e non c’è nessun bisogno di paragonarla alle precedenti. Non sento il bisogno di essere il migliore nel Free Solo sulla via del Pesce. L’unica cosa da fare è aggiungere nuove avventure e scalare nuove pareti. Se la si vede in questo modo, raggiungere il successo e realizzare i propri sogni verranno poi da sé. Da giovane, molto spesso mi sono messo troppo sotto pressione. Mi ci è voluto parecchio per capirlo, riflettere ed imparare. SR 2018. Cosa ci dobbiamo aspettare nel seguirti? Qual è il tuo goal? HA Il progetto non è ancora completo al 100%, ma probabilmente tornerò in Alaska e poi finirò un progetto sulla Marmolada, iniziato quest’anno insieme a Much Mayr. Ho anche in mente un grande progetto nel Karakorum (Pakistan). Non il Masherbrum, qualcos’altro. Per me il Karakorum è il posto in cui sviluppare e spingere l’alpinismo; è più remoto, selvaggio e presenta condizioni più dure del Nepal. L’Himalaya è ormai fin troppo sviluppato, ad eccezione di alcuni angoli e aree, e i posti in cui acquistare Coca Cola, birra e patatine sono fin troppi e troppo in alto.

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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). HansjĂśrg Auer (Zams, 18 febbraio 1984) è un arrampicatore e alpinista austriaco. Ăˆ divenuto famoso per alcune salite in free solo, ovvero in arrampicata libera solitaria senza assicurazione, dove per la mancanza di ogni genere di protezione un qualsiasi errore si rivelerebbe fatale. In particolare nel 2007 ha suscitato scalpore la sua salita in free solo della celebre via Attraverso il Pesce sulla parete sud della Marmolada, via di 900 metri di grado fino al 7b+.

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Federico Chierico #52


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SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente? FC Per me la montagna è sempre stata “casa” anche quando la frequentavo solo da ospite stagionale o domenicale. Una casa dinamica, libera, mai uguale a se stessa che ogni giorno ti sa regalare colori, atmosfere e stati d’animo. Della montagna amo la natura forte, la neve, il freddo, le conifere, la grande dinamicità delle stagioni che rende l’ambiente unico ogni mattina. Penso che fossero queste le ragioni istintive che fin da bambino mi spingevano a stare in alto e a rattristarmi profondamente quando si doveva tornare in basso. Ho rivoluzionato la mia vita per far sì che la montagna diventasse “casa” ogni giorno dell’anno. Oggi oltre che casa la montagna è diventata anche luogo di lavoro. Crescendo ho imparato ad amare e studiare il modo ed i perchè l’uomo si è legato alla montagna. La ricerca dell’essenza del rapporto fra uomini e terre alte e dell’evoluzione di essa mi ha spinto verso la terra, verso la produzione di cibo e la cura del territorio. La montagna per me oggi rappresenta un grande incubatore di innovazione e di modelli di produzione di cibo sostenibili. SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? FC Considerare “Casa” un ambiente così bello ed affascinante quanto difficile e severo, è una scelta particolare. Ho sempre tollerato con estrema fatica schemi e imposizioni della società e del sistema; il mio lavoro e la montagna mi trasmettono moltissimo equilibrio perché impongono ritmi, tempi e consuetudini arcaici e viscerali che scandiscono la mia quotidianità e mi liberano da quell’ inquietudine che posso dire mi abbia sempre accompagnato fino a quando ho deciso di ascoltarmi e provare a fare ciò che avevo voglia di fare.

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SR Con il tuo lavoro, la tua opera stai ricreando un mondo che sembrava perduto. Raccontami come è nato tutto, quali gli obiettivi iniziali, come si è evoluto fino ad oggi e quali sono diventati gli obiettivi attuali? FC Io ed i miei soci Federico Rial ed Emanuele Panza abbiamo una piccola azienda agricola a Gressoney Saint Jean dove coltiviamo patate ed ortaggi senza alcun trattamento fitoterapico né uso di erbicidi, con particolare attenzione al grande patrimonio delle varietà antiche alpine. Siamo partiti quasi per gioco nel 2014 a Fontainemore. Io, laureatomi come fisioterapista nel 2006, ero dentro ad un lungo e difficoltoso percorso intrapreso nel 2009 con l’obiettivo di lasciare il lavoro per dedicarmi al 100% a ciò che amavo di più: la montagna. Nel 2012 lavoravo nel turismo gestendo il Centro Visitatori della Riserva Naturale del Mont Mars. Vivevo in un villaggio di Fontainemore e proprio in quegli anni era sbocciato in me il semino della passione per la terra


lasciatomi da mio padre che ha sempre tenuto la campagna nel biellese a margine di altre attività. Ho provato così a prendere in affitto pochi campi abbandonati per autoprodurre e provare a vendere le eccedenze vedendo che, da parte degli ospiti ma non solo, c’era un’attenzione ed un bisogno di prodotti locali davvero forte. Fra il 2012 ed il 2013 ho maturato la convinzione che c’era tantissimo da fare e molto margine di crescita. Intanto frequentavo la bellissima facoltà di Scienze e Cultura delle Alpi a cui mi ero iscritto nel 2009 e grazie ai contatti e agli spunti ricevuti dal mondo accademico ho scoperto il mondo delle Varietà Antiche: un patrimonio immenso di saperi, sapori e varietà lasciatoci in eredità da un mondo rurale che si è congedato dalla storia fra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento. Ho capito che non ci sarebbe stato nulla di più bello, di più realizzante per me, che occuparmi di quel mondo, di esplorarlo, di studiarlo, farlo mio e perché no, contribuire alla sua diffusione. Nel 2014 insieme a quattro amici partimmo con la nostra avventura agricola coltivando 15 varietà di patate su poche migliaia di metri di terra. Tutti noi avevamo altri lavori e l’azienda era un hobby. Fu un’esperienza difficile, faticosa ma fantastica. Le nostre patate suscitarono interesse che ci stimolò a ripetere l’esperienza nel 2015, con qualche migliaio di metri di terra in più. Andò bene nonostante le difficoltà dovute all’inesperienza. In quell’anno intensificammo i rapporti con Pro Specie Rara, Fondazione Svizzera di “Salvasemi” e iniziammo a coltivare a Gressoney suscitando l’interesse della comunità e dei suoi ospiti. In cuor mio da quando Paysage à Manger è nata, sognavo di fare solo questo di mestiere, ma per realizzare il sogno serviva più terra più manodopera. La grande svolta per la nostra avventura fu nel 2016, quando nella squadra entrò Federico Rial, ragazzo di Gressoney Saint Jean, studente di ingegneria, innamorato pazzamente della sua terra con il quale sbocciò immediatamente una sintonia potentissima. Federico entrò a far parte del progetto in maniera molto attiva, il nostro

incontro si tramutò presto in una fucina di idee. La più grande ed importante fu quella di coltivare un grande orto di 3000 metri a Gressoney Saint Jean e di aprire la vendita in campo durante l’estate. Iniziai così a fare l’agricoltore a tempo pieno. Il 2016 fu un anno intensissimo, pieno di difficoltà, ma di grande crescita professionale e personale anche grazie alla partecipazione di Federico al Campus di RestartAlp. Durante il 2017 abbiamo acquisito un po’ di terra in più da destinare alla nostra coltura più importante, le patate le cui varietà sono arrivate a 40; abbiamo aperto qualche orto ad Issime e Fontainemore che ci consentono di allungare le stagioni di coltivazione e vendita e abbiamo considerevolmente affinato le tecniche di coltivazione. Il 2017 è l’anno del raggiungimento della sostenibilità economica che speriamo di concretizzare con la vendita delle tante patate raccolte. Gli obiettivi per il futuro sono di consolidare e valorizzare il ruolo di produttori di cibo del territorio e per il territorio, radicandoci maggiormente; anche grazie all’apertura di campi antichi in quota e alla continua ricerca di antiche varietà di patate, ortaggi e legumi coltivati un tempo nelle colonie Walser a Nord e Sud del Monte Rosa. Vorremmo a tal proposito intensificare i rapporti e la collaborazione con Pro Specie Rara e diventare sempre più riferimento nella produzione di patate di montagna. Non so dove ci porterà quest’avventura, ma son felice ed orgoglioso di poterla vivere e raccontare! SR Quanto rispecchia te stesso il tuo lavoro? FC Il mio lavoro mi rispecchia pienamente. Credo fermamente in quello che faccio e mi sento carico ogni mattina perché so di contribuire alla costruzione di un pezzetino di qualcosa che sento mio e so di condividere questo sentimento con soci che la pensano esattamente come me. Amo ogni aspetto del mio lavoro: coltivare la terra soddisfa i miei bisogni di libertà, di vivere immerso nei ritmi della natura e

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di prendermi cura di ciò che vive e cresce. Comunicare e vendere i miei prodotti oltre dare un senso alle grandi fatiche che il lavoro agricolo comporta, realizza invece quella parte di me che ama la gente e desidera condividere e raccontare cosa facciamo e perché. SR Ti senti Montanaro? FC Mi sento profondamente legato alla montagna, direi in modo definitivo ed indissolubile. Senza montagne non so proprio stare. Pur non essendoci nato credo che la montagna sia di chi la vive e la rispetta. SR La tua più grande conquista del 2017? FC Nel 2017 abbiamo capito che azienda saremo nel futuro e per noi nati dal nulla, senza terra, con tantissime idee, poca esperienza e molto dislocati sul territorio della valle, direi che questo rappresenta il risultato più grande. Abbiamo scelto di caratterizzarci per la produzione di patate e per la ricerca di varietà antiche alpine. Con il nuovo progetto Walser Kartoffeln, il recupero e la valorizzazione dei campi d’alta quota e con la vendita in campo nel nostro orto di Gressoney Saint Jean, abbiamo iniziato un percorso di forte radicamento nell’alta valle del Lys intorno a cui ruota il nostro sviluppo dei prossimi anni. Altro grande risultato è l’ottenimento del marchio di qualità da parte di Pro Specie Rara, fondazione svizzera che da quarant’anni è un punto di riferimento in Europa nel campo della ricerca e tutela della varietà antiche. SR IL tuo Goal del 2018? FC Uno dei miei sogni nel cassetto è riuscire ad essere completamente autosufficienti nella produzione dei semi sia per le patate che per gli ortaggi, compito arduo soprattutto ad alte quote che richiede tantissimo lavoro e tanta tecnica. Il 2018 sarà un anno di sperimentazione ed esperienza in questo senso per puntare a diventare salva-semi e contribuire così attivamente alla diffusione e alla tutela di quel grande patrimonio che ci ha donato in eredità il mondo rurale.

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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). Paysage a Manger, i suoi prodotti, il contesto in cui si trova, i suo creatori e curatori, valgono il viaggio a Gressoney! Appuntamento da inserire in agenda alla fine della stagione invernale! www.paysageamanger.it/

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Paolo Cognetti #59


SR Esprimi il tuo concetto di Montagna, cosa è e cosa rappresenta per te questo ambiente. PC Da una parte è rapporto con la solitudine, dall’altra con la libertà. Si può anche andare in montagna con gli amici, e ogni tanto capita anche a me di godermi la compagnia, ma provo le sensazioni più intense quando sono solo. E la più intensa di tutte è quella di essere, in montagna, libero di vivere come voglio. Non sto parlando solo dei giorni in cui cammino per i sentieri ma anche dei lunghi mesi in cui vivo nella baita.

SR Qual è l’aspetto del tuo carattere che ti lega maggiormente a questo concetto? PC Sono sempre stato un solitario e un anticonformista, credo. Faccio fatica a stare in mezzo a tante persone e non sopporto l’autorità e il potere. Molto più che il successo, mi è sempre sembrato importante riuscire a vivere a modo mio. SR Stai girando tutto il mondo per raccontare la tua opera, te stesso. Come sono le persone che ti seguono? C’è un aspetto, una piccola luce, che le accumuna tutte? PC Mi piacerebbe rispondere di sì ma la verità è che, in questi mesi, ho visto migliaia di persone. Troppe per avere un rapporto con loro e anche perché siano tutte speciali. Sono altri gli incontri importanti, non appartengono alla mia vita pubblica. SR Com’è la gente di montagna? Quanto diversa e quanto uguale a loro? PC Non sono sicuro di sapere cosa sia la gente di montagna. Basta abitare sopra i 1000 metri per essere montanari? In realtà oggi l’abitante di un paese delle Alpi può vivere esattamente come uno di Milano, mangiare lo stesso cibo, guidare la stessa macchina, stare davanti allo stesso computer e impiegare il suo tempo nello stesso modo. Non è che siamo diversi solo perché sopra la testa abbiamo montagne oppure grattacieli. Credo che il montanaro sia uno la cui vita è strettamente legata al paesaggio di montagna, e di questi ne conosco pochi. Sono gente strana che mi affascina molto. Sento di avere tanto da imparare da loro. SR Mi ha impressionato sentirti a Milano in occasione della chiusura della mostra “New York, New York”, ti ho percepito come un uomo che abita il mondo in ogni suo ambiente con consapevolezza e spirito di osservazione invidiabile. Il tuo ultimo libro, per quelli che ti non ti conoscevano prima, ti ha invece

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connotato come un uomo di montagna. Quanto è vero? Ti senti “montanaro”, con tutto il rispetto dei concetti racchiusi in questo termine? Se è vera questa mia impressione, come convivono questi aspetti apparentemente differenti: newyorkese, milanese, torinese, uomo che parla alle donne, montanaro? PC Mi sento montanaro per i mesi all’anno in cui vivo a Estoul. In quel periodo cambio vita e credo di cambiare io stesso, uso pochissime cose, parlo poco, cammino molto, entro in sintonia con il bosco e con la montagna. La vita mi sembra diventare una cosa molto semplice e chiara, anche i pensieri si chiariscono ed è allora che nasce la scrittura. Il mio amico Rambo l’hanno scorso mi ha fatto uno dei più grandi complimenti che io abbia mai ricevuto, mi ha detto “volevi diventare un montanaro, e adesso ci sei riuscito”. Ma ci sono anche i mesi d’inverno in cui abito a Milano o parto per il mondo. A New York mi sento di casa, è una città bellissima, ma non è che a stare lì io diventi particolarmente socievole o notturno, cominci a frequentare le feste o prenda i taxi al volo da marciapiedi gremiti… Si può anche abitare a New York e coltivare la propria solitudine, andare in libreria, camminare per le vie del porto la mattina presto, sedersi in un bar a scrivere. Questa è la mia città, non tanto diversa dalla mia montagna. SR Le tue imprese targate 2017 sono state tante. Hai già avuto modo di riflettere, metabolizzare quanto accaduto alla tua vita di uomo e di scrittore, magari nel magnifico viaggio in Nepal? Ce ne puoi parlare? PC Penso di avere un buon rapporto con quel che mi è successo quest’anno. Non tutto è arrivato all’improvviso: visto da dentro, è frutto della fortuna ma anche di vent’anni di lavoro, e il fatto che un lungo lavoro porti frutti, dà grande soddisfazione, non l’esaltazione un po’ pericolosa di chi da giovane diventa di colpo ricco e famoso. La parte pubblica di tutto questo è stata la più faticosa per me, tanti viaggi, tante serate, tante mani da stringere e persone a cui sorridere. Così il Nepal era diventato un orizzonte di liberazione, e la speranza di una montagna in cui far respirare l’anima dopo che la vita in città l’aveva un po’ soffocata. È stato proprio questo. Non è facile raccontare un viaggio lungo e intenso, ci sto provando in un reportage che uscirà nei prossimi mesi.

SR Nel 2018? Cosa ci dobbiamo aspettare nel seguirti? PC Il reportage sul viaggio in Nepal. La seconda edizione del “Richiamo della foresta” in luglio (festival di arte, musica e libri che organizzo nei boschi di Estoul insieme ad alcuni amici). L’inizio dei lavori al rudere che ho comprato sempre a Estoul e che nei prossimi due anni, se tutto va bene, diventerà un rifugio. Un po’ meno apparizioni pubbliche perché ho un gran bisogno di starmene in montagna, a leggere, scrivere e coltivare l’amicizia. E poi chissà.

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(Biografia). Paolo Cognetti ha cominciato a scrivere verso i diciotto anni. Ha studiato matematica all’università e letteratura americana da autodidatta. Abbandonati gli studi accademici, nel 1999 si è diplomato alla Civica Scuola di Cinema di Milano. Nel decennio successivo si è dedicato alla realizzazione di documentari a carattere sociale, politico e letterario. Come narratore ha esordito nel 2003 con il racconto Fare ordine, vincitore del Premio Subway-Letteratura e l’anno successivo all’interno dell’antologia La qualità dell’aria, curata da Nicola Lagioia e Christian Raimo. Negli anni seguenti ha pubblicato le due raccolte di racconti Manuale per ragazze di successo (2004) e Una cosa piccola che sta per esplodere (2007) e il “romanzo di racconti” Sofia si veste sempre di nero (2012), tutti usciti per Minimum Fax, vincitori di numerosi premi. Dopo una serie di documentari sulla letteratura americana (Scrivere/New York, 2004) ha pubblicato nel 2010 New York è una finestra senza tende, seguito nel 2014 da Tutte le mie preghiere guardano verso ovest, due guide personali alla città di New York. Nel 2015 ha inoltre curato per Einaudi l’antologia New York Stories. L’altra passione di Cognetti è la montagna, dove trascorre in solitudine alcuni mesi all’anno. Da questi eremitaggi è nato un diario, Il ragazzo selvatico, del 2013. Nel 2014 è uscito per Minimum Fax A pesca nelle pozze più profonde, una meditazione sull’arte di scrivere racconti. Nel 2009 ha vinto il premio Lo Straniero, riconoscimento attribuito dalla rivista “Lo Straniero” diretta da Goffredo Fofi ad artisti, saggisti, operatori, iniziative culturali e sociali di particolare spessore e generosità, con la seguente motivazione: “Paolo Cognetti, milanese, è tra i giovani scrittori italiani (ha da poco superato i trent’anni) uno dei più attenti a sentire e narrare il disagio delle nuove generazioni e gli anni difficili dell’adolescenza di questi anni, di fronte a un contesto di incerta sostanza e di sicurezza precaria. È anche autore di documentari e inchieste sulla giovane letteratura statunitense, ma sono le sue raccolte di racconti ad aver convinto del suo talento e del suo rigore, e della sua moralità di scrittore vero”. L’8 novembre del 2016 è uscito per Einaudi il suo primo romanzo in senso stretto: Le otto montagne, venduto in 30 paesi ancor prima della pubblicazione, con il quale si è aggiudicato il Premio Strega 2017, il Prix Médicis étranger e l’English Pen Translates Award nel 2017.

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‌dal 2011 corriamo con voi! Follow us & keep on running!!! #65


C O L O P H O N Soul Running PEOPLE A cura di: S.P.M. Publishing srl SOCIETà A SOCIO UNICO Via F. Sforza 1 – 20122 Milano Direttore Responsabile Marcella Magliucci PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Mirko Mottin Redazione Davide Orlandi davide@soulrunning.it

Francesco di domenico francesco@soulrunning.it IVANA CARNEVALE IVANA.carnevale@spmpublishing.com

Stampato in Italia da TIPOLITOGRAFIA PAGANI Srl Via adua, 6 passirano – bs

Foto: Davide Orlandi, Francesco Di domenico, The North Face, Tam Tam Photo, Damiano Levati, Pavel Blazek, Heinz Zak, Luisa Raimondi, Roberto Cilenti

Registrazione tribunale Milano n. 530 del 25/10/2011

Advertising S.P.M. Publishing srl SOCIETà A SOCIO UNICO Via F. Sforza 1 – 20122 Milano davide@soulrunning.it

numero 30 - DICEMBRE 2017

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NUMERO 30 - DICEMBRE 2017

SOUL RUNNING PEOPLE - numero 30 – DICEMBRE 2017 – Euro 5,00

Fernanda Maciel, Hansjörg Auer, Paolo Cognetti, Federico Chierico, Anton Kurpicka, Adam Ondra, Simone Origone

SOUL RUNNING

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