La principessa che aveva fame d'amore

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Alfio e Rosa continuarono a cimentarsi nella produzione dei nuovi pani, consapevoli dell’importanza di questo nutrimento per la loro principessa, ma, con il passare dei giorni, i risultati cominciarono a venir meno e non ebbero più le forze per cercare quegli ingredienti così estranei al loro mondo e al loro cuore. Accadde inoltre che il piccolo bambino denutrito che viveva dentro Alfio, messo a tacere per il bene di Arabella, ricominciò a protestare violentemente. Arrabbiatissimo per essere stato di nuovo trascurato, reclamò con forza il cibo che gli mancava. Rosa si sentiva schiacciata, indaffarata com’era a nutrire due «bambini» avidi di pane: sua figlia e il piccolo Alfio, che ancora non era cresciuto a sufficienza per procacciarsi il pane da solo. 21

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In quella pesante atmosfera, la speranza di riuscire a placare la fame della loro principessa si spense lentamente nel cuore dei due genitori, e i rumori nella pancia di Arabella ricominciarono assordanti. Nuovamente i brontolii suggerivano alla bambina di farsi sentire e, poiché la piccola aveva da poco cominciato a parlare, la esortarono a chiedere a gran voce: «Voglio ancora pane!» Da qualche tempo, però, nessuno sembrava reagire più alle sue innumerevoli richieste. La mamma insisteva nel creare pani duri e sgradevoli al palato come il Pane dello Sforzo, della Rinuncia e della Privazione, convinta dei poteri nutritivi di questi cibi. Il papà non si era più avvicinato al forno e si limitava a sedersi a tavola accanto alla figlia in attesa di essere sfamato. Per qualche anno le cose non cambiarono. Arabella si sentiva disorientata e, non sapendo che cosa fare, si affidava ai consigli della pancia, che le suggeriva di chiedere con fiducia pietanze più piacevoli e saporite. Ma nulla sembrava smuovere i genitori. Un giorno, l’appetito della piccola fu così intenso da spingerla a strillare come mai aveva fatto in vita sua. La sua fragorosa protesta cadde nel vuoto degli sguardi stanchi della mamma, che la imploravano di non chiedere più nulla, e nelle grida rabbiose del papà, che le intimavano di restare in silenzio una volta per tutte. 22

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Infastidito dalle insistenti richieste della bambina, Alfio si rivolse a lei dicendole una cosa che Arabella non avrebbe mai dimenticato: «Tu non sei una vera principessa!» esclamò guardandola con disprezzo. Poi proseguì: «Le vere principesse non piangono e non disturbano in continuazione, fanno le brave e si accontentano del loro pane… per questo non ti chiamerò mai più così». La piccola rimase paralizzata per lo spavento delle sue stesse urla, ma soprattutto per le parole del papà che, in modo inequivocabile, le tolsero la speranza di poter ricevere da loro altro nutrimento. Arabella si rese conto di aver assaggiato per la prima volta il Pane della Verità, un pane dal sapore acre che tuttavia le aveva permesso di capire con chiarezza ciò che non avrebbe più dimenticato: i suoi genitori non riuscivano, non volevano o forse non erano in grado di produrre altri tipi di pane e, continuando a protestare, avrebbe rischiato di perdere anche quelle poche briciole che riuscivano a donarle. Quell’amara consapevolezza provocò in lei un’immensa disperazione e, con i morsi della fame che continuavano a tormentarla, corse nella sua cameretta alla ricerca di un luogo tranquillo in cui sfogarsi. Si nascose dentro l’armadio, il suo nascondiglio segreto, dove nessuno avrebbe potuto vederla né sentirla, 23

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e, con la testa appoggiata ai suoi morbidi vestitini, si abbandonò al pianto. Ma non era sola: qualcuno stava ascoltando le sue lacrime cadere dalle guance. Improvvisamente, tra un singhiozzo e l’altro, la bambina sentì provenire dal profondo della pancia una voce rassicurante che le diceva: «Arabella, sono qui con te». Uscì con un balzo dall’armadio con il cuore che palpitava per il terrore e si mise a correre verso il giardino, fermandosi tra le radici della quercia. Qui, mentre il visino si copriva di calde lacrime, inaspettatamente sentì la stessa voce: «Ovunque andrai io sarò sempre con te». La piccola non riusciva a comprendere che cosa le stesse accadendo. Pensò di fuggire da casa verso il bosco, convinta che nessuno l’avrebbe potuta seguire, ma, mentre si arrampicava sui rami di un possente pino, udì pronunciare queste parole: «Non scappare, Arabella, io sono venuta per aiutarti». Arabella comprese che era inutile nascondersi, perché la voce l’avrebbe comunque raggiunta e, sapendo di non avere scampo, mangiò tutto il Pane del Coraggio che aveva con sé e domandò: «Ma chi sei? E perché continui a perseguitarmi?» La voce allora rispose: «Cara Arabella, io sono sempre 24

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stata con te fin da quando sei nata. Ero io che brontolavo dentro la tua pancia e ti incoraggiavo a esprimere alla mamma e al papà il tuo bisogno di pane… io mormoravo esortandoti a chiedere con fiducia il nutrimento necessario per te». Con gli occhi spalancati, Arabella gridò: «Ma allora eri tu che di notte continuavi a borbottare nella mia pancia senza lasciarmi dormire?» La voce disse: «Sì, Arabella, ero io». Arabella incalzò: «E sei stata tu, oggi, a spingermi a gridare con violenza la mia fame?» E la voce di nuovo rispose: «Sì, sono stata io». Fuori di sé, Arabella domandò: «Ma perché mi tormenti e mi spingi a piangere e gridare in continuazione? Perché mi obblighi a chiedere pane ai miei genitori facendoli arrabbiare?» Con tono pacato, la voce replicò: «Non voglio farti del male, Arabella. Io ti sono stata donata per dare voce ai tuoi bisogni e aiutarti a chiedere quello che ti serve per diventare una donna forte e felice. Per questo motivo, quando la mamma e il papà non riescono a nutrirti a sufficienza, io ti spingo a esprimere il tuo enorme bisogno di pane». Arabella rimase in silenzio ad ascoltare. «Vedi, Arabella», continuò la voce, «le persone poco 25

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nutrite possono correre grandi pericoli. Capita spesso che senza il cibo giusto si indeboliscano e non abbiano forza a sufficienza per inseguire il Pane della Vita. Ci vuole forza per trovare il pane adatto. Chi rimane per troppo tempo a digiuno corre il rischio di accontentarsi e di nutrirsi di pani sbagliati pur di placare l’appetito.» Le parole della voce erano molto difficili da comprendere per Arabella, ma con il cuore la piccola sentiva che erano cose sagge. La voce proseguì: «Se mi ascolterai, io ti aiuterò a inseguire il Pane dei tuoi Desideri. Se ti rivolgerai a me, soprattutto nei momenti bui e difficili, io ti indicherò sempre la direzione per trovare il Buon Pane». Mentre ascoltava la voce, Arabella ripensò a una favola che spesso la mamma le raccontava prima di addormentarsi. Era la storia di un marinaio che aveva affrontato moltissimi viaggi pericolosi alla ricerca di pane per sfamarsi. Capitava che le tempeste lo trascinassero lontano dalle rive e spesso rischiava di perdere la rotta, ma ogni volta riusciva a salvarsi grazie a un oggetto misterioso, una bussola, che aveva il potere magico di indicargli sempre la giusta via per ritornare nelle isole dove si trovava il Buon Pane. Arabella pensò che la voce fosse molto simile a 26

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quell’oggetto prodigioso e che, proprio come accadeva al marinaio, anche lei avrebbe potuto utilizzarla per trovare la via del Pane Giusto. «Senti, voce», disse timidamente Arabella, «mi piacerebbe poterti dare un nome per chiamarti ogni volta che sentirò il bisogno di interpellarti.» Incuriosita, la voce chiese: «Hai già deciso come vorresti chiamarmi?» «Pensavo che ti starebbe molto bene il nome Bussola», esclamò Arabella. «Mi piace moltissimo», replicò la voce, «sarò la tua Bussola interiore e, ogni volta che avrai bisogno di rivolgerti a me, risponderò a questo nome!» Arabella era felice. Il dialogo con Bussola aveva cancellato ogni dolore dal cuore, poiché le aveva fatto capire di non essere più sola. Aveva trovato un’amica, una guida, qualcuno che si sarebbe occupato di lei e l’avrebbe aiutata a placare la fame.

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