2
Legenda occorrenze
rispondenza di fatto.”
Qui di seguito sono esposti i significati ed i collegamenti storico bibliografici propri di ogni etichetta presente nelle mappe di posizionamento qui a lato. Per le note metodologiche e l’analisi comparata dei diagrammi procedere oltre la presente. serva, mimesi, positiva esatta, effettiva
1859
Charles Baudleaire Il pubblico moderno e la fotografia “Bisogna dunque che essa ritorni al suo vero compito, che è d’esser la serva delle scienze e delle arti.” Citato da Beaumont Newhall, Storia della fotografia, Einaudi, Torino 1999 (1984), pp. 118 e 119.
1931-1936 Walter Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica lente
“Se è del tutto usuale che un uomo si renda conto, per esempio, dell’andatura della gente, sia pure all’ingrosso, egli di certo non sa nulla del loro contegno nel frammento di secondo in cui si allunga il passo. La fotografia, coi suoi mezzi ausiliari: con il rallentatore, con gli ingrandimenti, glielo mostra.” Citato da Roberta Valtorta, Elementi di linguaggio fotografico, in: Gabriella Guerci, Enzo Minervini, Roberta Valtorta (a cura), La catalogazione della fotografia/La documentazione fotografica dei beni culturali, Quaderni di Villa Ghirlanda n. 1, Museo di Fotografia contemporanea, Cinisello Balsamo-Milano 2003, pp. 3 e 4.
indice
1931-1958
Charles Sanders Peirce Collected Papers (1.558) “Gli indici sono dei segni la cui relazione con i loro oggetti consiste in una cor-
Citato da Philippe Dubois, L’atto fotografico, Quattro Venti, Urbino 1994, p. 63.
1931-1958
icona
Charles Sanders Peirce Collected Papers (2.247) “Un’icona è un segno che rinvia all’oggetto che denota solamente in virtù dei caratteri che possiede, indipendentemente dal fatto che l’oggetto esista realmente o no.” Idem, ibidem, p. 64.
simbolo
Charles Sanders Peirce Collected Papers (2.249)
1931-1958
“Un simbolo è un segno che rinvia all’oggetto che denota in virtù di una legge, di solito un’associazione di idee generali, che determina l’interpretazione del simbolo attraverso la referenza a questo oggetto.” Idem, ibidem, p. 65.
messaggio senza codice
Roland Barthes Il messaggio fotografico
1961
“Tra l’oggetto e la sua immagine, non è assolutamente necessario disporre un collegamento, cioè un codice”, “l’immagine fotografica: è un messaggio senza codice.” Idem, ibidem, cfr., pp. 37 e 38.
consacrazione, funzione familiare
1972 Pierre Bourdieu La fotografia. Usi e funzioni sociali di un’arte media “Le funzioni sociali più forti della fotografia sono quelle di solennizzare la festa e rafforzare il gruppo.” Citato da Roberta Valtorta, op. cit., p. 9.
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linguaggio senza codice né sintassi, sistema convenzionale
1972
Pierre Bourdieu La fotografia. Usi e funzioni sociali di un’arte media
vo grandangolo, onnicomprensivo e cieco a un tempo. La realtà umana non è nella fotografia [...] ma nell’intenzione del fotografo.” Idem, ibidem, pp. 5 e 6.
“La fotografia è un sistema convenzionale che esprime lo spazio secondo le leggi della prospettiva [...] e i volumi e i colori per mezzo di gradazioni dal bianco al nero. [...] essa si è proposta immediatamente con le apparenze di un “linguaggio senza codice né sintassi.”
documento
Idem, ibidem, p. 10.
Idem, ibidem, p. 6.
orma piede
Susan Sontag Sulla fotografia
1973
Idem, ibidem, p. 4.
Susan Sontag Sulla fotografia
1973
“Le fotografie forniscono testimonianze. [...] Una fotografia è considerata dimostrazione incontestabile che una data cosa è effettivamente accaduta. Può deformare, ma si presume che esista, o sia esistito, qualcosa che assomiglia a ciò che si vede nella foto.” Idem, ibidem, p. 5.
occhio ciclope
Franco Ferrarotti Dal documento alla testimonianza
1974
“La fotografia è l’occhio del Ciclope.[...] il suo occhio enorme è come un obietti4
“Per me la fotografia è prima di tutto un documento: di un avvenimento, di una situazione, di un’epoca.” inconscio tecnologico
1979
Franco Vaccari Fotografia e inconscio tecnologico
“Siamo sicuri che ciò che vediamo fotografato esista, quasi [...] fosse [...] una emanazione del soggetto [...]”, “come l’orma di un piede”, “Le immagini fotografate [...] non sembrano tanto rendiconti del mondo, ma pezzi di esso”. testimonianza
1974
Giséle Freund Fotografia e società
“[...] tutto avviene come se la macchina fosse un frammento di inconscio in attività.”, “L’immagine fotografica ha quindi sempre un senso anche e forse soprattutto in assenza di un soggetto cosciente.” Citazione di Franco Vaccari, Fotografia e inconscio tecnologico, Agorà, Torino 1994, pp. 11 e 19.
e ’ stato
Roland Barthes La camera chiara
1980
“La foto è letteralmente un’emanazione del referente”, “nella fotografia non posso mai negare che la cosa è stata lì.” Citato da Philippe Dubois, op. cit., Quattro Venti, Urbino 1994, pp. 52 e 61.
sorpresa, punctum
Roland Barthes La camera chiara
1980
“Il punctum di una fotografia è quella fatalità che, in essa, mi punge”, “ In latino, per designare questa ferita, questa puntura, questo segno provocato da uno stru-
mento aguzzo, esiste una parola; [...] essa rinvia all’idea di punteggiatura e in quanto le foto di cui parlo sono come punteggiate, talora addirittura maculate, di questi punti sensibili.” Citato da Roberta Valtorta, op. cit., p. 11.
atto
1983
Philippe Dubois L’atto fotografico “La fotografia non è solamente un’immagine prodotta da un atto, è anche, prima di tutto il resto, un vero atto iconico in sé, è consustanzialmente un’immagine-atto.” Citazione tratta da Philippe Dubois, op. cit., Quattro Venti, Urbino 1994, p. 59.
Linee metodologiche adottate Nell’esaminare il rapporto tra documento e realtà attraverso le diverse atmosfere culturali e nei differenti contesti storico-sociali, si è scelto di evidenziare, graficamente e concettualmente, ogni occorrenza significativa del pensiero al riguardo, attribuendo a tal proposito un’etichetta identificativa univoca a ciascun elemento. Queste occorrenze sono state successivamente esaminate soprattutto in virtù delle reciproche differenze e somiglianze, arrivando così a costruire alcuni diagrammi cartesiani ad opposte polarità. I criteri organizzativi più rilevanti riguardano dapprima la contrapposizione tra una visione della fotografia come pura “rappresentazione” ed il suo antipodo, ovvero la fotografia come atto di “interpretazione”. Sull’asse verticale si è scelto di esaminare il valore attribuito a tali operazioni, dunque accrescitivo piuttosto che diminutivo della realtà ontologica non mediata dal mezzo fotografico esperibile in maniera diretta da ciascun essere umano. Il secondo gruppo di polarità prevede la contrapposizione tra una visione della fotografia come puro analogon1, con accezione ulteriore spiccatamente meccanicistica, e l’opposto cartesiano di essa ovvero la fotografia come intervento artistico, che seleziona ed eleva alcuni aspetti della realtà concettualizzandoli ed esprimendo al contempo profonda intenzionalità e dipendenza dal contesto di generazione. Sull’asse verticale, invece, si indaga la proposta cognitiva e l’immaginario associato alla fotografia stessa. Da un lato vi è la riproposizione trasparente di ciò che i nostri occhi percepiscono, seppur guidati dalle inclinazioni peculiari della mente, dall’altro un mondo nuovo, caratteristico e conseguente dell’applicazione della macchina. 5
Successivamente si sono analizzate le relazioni temporali tra gli elementi considerati costruendo così un percorso orientato e sequenziale. E’ stata così generata una corrispondenza temporale, oltre che spaziale, all’interno dell’universo dei significati comprendente i concetti di fotografia, documento e realtà.
Considerazioni
spaziali di sintesi
Per semplicità verranno affrontate prima le questioni relative alla posizione delle occorrenze nello spazio cartesiano e solo successivamente la sintesi spaziotemporale. Per la prima fase non è necessario considerare il codice cromatico e l’andamento sequenziale suggerito dalla numerazione crescente. Per quanto concerne il posizionamento spaziale, attraverso i criteri di “rappresentazione” ed “interpretazione” uniti al valore riduttivo oppure accrescitivo, si osserva la formazione di due poli di accentramento con valenza rappresentativa-riduttiva ed intepretativa-ampliativa. Nel primo caso il dibattito tra valenza documentaria della fotografia si concentra sul tema dell’esistenza e della sua autenticazione. “Qualcuno ha visto il referente”, “La cosa è stata là” 2 . La fotografia, dunque, assume un carattere di conferma nei confronti dell’esistenza (seppur momentanea a legata al passato, vedi “E’ stato” 3) del referente. Si crea, in altre parole, una “connessione esistenziale” 4 che tuttavia nella totalità delle occorrenze esaminate ha un profondo senso riduttivo, anche se interpretato di volta in volta in maniera differente. Se per Barthes “senza dubbio l’immagine non è il reale” 5 e rappresenta un’inevitabile riduzione della realtà comunemente esperibile, per Ferrarotti l’occhio enorme del ciclope pur nella sua panoptica omnicomprensività gran6
dangolare risulta irrimediabilmente cieco “poichè la realtà umana è significato − concrezione, costruzione di significati rappresi” e dunque “essa non può trovarsi nella fotografia, ma nell’intenzione del fotografo” 6. La seconda area di concentrazione di valore interpetativo-ampliativo indaga la fotografia come mezzo intenzionale per esprimere “altro” rispetto alla nuda e sterile “perfezione analogica” 7. Se per Dubois “non ci è più possibile pensare all’immagine al di fuori dell’atto che l’ha creata” e dunque privarla del “giuoco che la anima” 8, per Susan Sontag “anche se, in un certo senso, la macchina fotografica coglie effettivamente la realtà, e non si limita a interpretarla, le fotografie sono un’interpretazione del mondo esattamente quanto i quadri ed i disegni” visto che i fotografi “anche quando si preoccupano soprattutto di rispecchiare la realtà, sono comunque tormentati dai taciti imperativi del gusto e della coscienza” 9. Per Giséle Freund, ancora, nonostante la fotografia appaia comunemente come “il procedimento di riproduzione più fedele, più imparziale della vita sociale” 10 e risulti dunque essere uno strumento di facilissima manipolazione atto a “plasmare le nostre idee e influire sul nostro comportamento”, essa risulta in ogni caso una potente espressione del contesto di generazione. Roberta Valtorta parlando di Susan Sontag afferma “Ogni fotografia è in ogni caso un documento: lo è la fotografia di architettura che rimanda a una certa pratica del costruire e dell’abitare; lo è la fotografia di moda che indica una pratica del vestire e dei modelli di comportamento [...]” 11. Per Bordieu, invece, l’aspetto interpretativo ed accrescitivo della fotografia si consuma innanzitutto nella sua funzione di “consacrazione” mirata a “solennizzare ed eternare i grandi momenti della vita familiare” 12 . L’immagine fotografica dunque non si limita a riprodurre i soggetti coinvolti con apparen-
te fedeltà assoluta, ma è anche espressione compiuta di una valenza simbolica e celebrativa che arde e trova forza nella mente di chi osserva. Proseguendo il suo pensiero Bordieu osserva come la fotografia appaia un “linguaggio naturale”, “senza codice né sintassi” 13, nononostante in effetti non esprima la realtà in sé stessa senza deformarla. L’autore dunque chiarifica questa determinante proprietà definendo la fotografia come un “sistema convenzionale” in cui l’efficacia e l’effetto “realistico” è garantito “perchè la selezione che (la fotografia) opera nel mondo visibile risulta totalmente conforme nella sua logica alla rappresentazione del mondo che si è imposta in Europa a partire dal Quattrocento” 14 . Selezione conforme alla cultura esistente, espressione del contesto, interpretazione del mondo, traccia degli imperativi etici ed estetici di chi fotografa ed imprescindibile documentazione contestuale: per tutti questi autori dunque la fotografia è traccia del pensiero e rappresentazione di un interessante arricchimento della pura realtà priva di interpretazione. I restanti punti notevoli della mappa riguadano le posizioni con valenza rappresentativa-ampliativa e tutte le casistiche che alloggiano direttamente sugli assi del sistema. Il primo polo citato si contrappone alla valenza rappresentativa-riduttiva descritta precedentemente. Mentre per i sostenitori dell’appena citato punto di vista ciò che la fotografia rappresenta è comunque sempre una selezione “sottrattiva” della realtà, per i fautori della posizione rappresentativa di valore accrescitivo, invece, è la macchina a permettere la rappresentazione di qualcosa in più che i nostri occhi da soli non coglierebbero. E’ il caso della metafora della lente di W. Benjamin per la quale la diffusione della fotografia permette “coi suoi mezzi ausiliari, col suo scendere
e salire, col suo interrompere e isolare, col suo ampliare e contrarre il processo, col suo ingrandire e ridurre” 15 “di allargare enormemente la visione umana” 16 . Come una protesi la fotografia sopperisce alle nostre carenze sensoriali permettendo di osservare dinamiche altrimenti totalmente insondabili: “se di solito ci si rende conto, sia pure approssimativamente, dell’andatura della gente, certamente non si sa nulla del suo comportamento nel frammento di secondo in cui affretta il passo”. E’ compito della fotografia, dunque, permettere di visualizzare queste realtà “non consce” come le “configurazioni strutturali, i tessuti cellulari, che la tecnica, la medicina sono abituate a considerare” e che appaiono più congeniali “alla fotografia che non un paesaggio sognante o un ritratto tutto spiritualizzato” 17. Per concludere e delinare propriamente il concetto di “inconscio ottico” 18 Benjamin afferma: “soltanto attraverso la fotografia egli (il fotografo) scopre questo inconscio ottico, come, attraverso la psicanalisi, l’inconscio istintivo” 19. Lo stesso pecorso mentale, che porta l’autore citato a considerare la macchina come un’estensione della percezione umana e quindi uno strumento di conoscenza autonomo, è proprio di Vaccari quando decide di focalizzare il punto di vista della sua ricerca proprio sulla macchina stessa, arrivando a teorizzare un nuovo tipo di inconscio, questa volta “tecnologico” 20, che “guida e determina l’immagine, anche al di là delle intenzioni del fotografo” 21 . Vaccari, infatti, afferma: “bisogna vedere nello strumento una capacità di azione autonoma [...] L’immagine fotografica ha quindi sempre un senso anche e forse soprattutto in assenza di un soggetto cosciente. Il che equivale a dire che non è importante che il fotografo sappia vedere, perchè la macchina fotografica vede per lui” 22. Lo strumento tecnico quindi diviene il vero protagonista e la guida verso un’esplorazione del reale ben più ricca ri7
spetto a quella condotta dall’uomo senza ausilio alcuno. Questa posizione, come si evince dal posizionamento nella mappa, è opposta a quella già citata di Giséle Freund che al contrario afferma “Dieci fotografi di fronte allo stesso soggetto producono dieci immagini diverse, perchè, se è vero che la fotografia traduce il reale, esso si rivela secondo l’occhio di chi guarda” 23. Entrambi gli autori citati, nonostante la notevole distanza, sono concordi nel considerare la fotografia come un mezzo che accresce la visione e la conoscenza della realtà seppur secondo regole e obiettivi differenti. Le occorrenze dislocate direttamente sugli assi, invece, possiedono evidentemente un valore nullo in una delle due opposizioni. Nel caso dell’icona peirceniana essa si colloca in questa posizione in quanto non fornisce una certificazione esistenziale così come le istanze spiccatamente rappresentative in alto a sinistra (tra cui l’indice di Charles Sanders Peirce), ma non costituisce neppure un’addizione di senso che caratterizza, ad esempio il simbolo peirceniano e tutte le occorrenze in basso a destra nella mappa. Allo stesso modo il punctum di Barthes nella sua inevitabile casualità ed imprevedibile esistenza non costituisce un’interpretazione nonostante esso venga certamente connotato da un senso accrescitivo. Così afferema Roberta Valtorta parafrasando Barthes: “in presenza di punctum, la realtà mi parla di più” ed arriva a coinvolgere “dei livelli che vanno oltre la conoscenza, il sapere” ed a richiamare dei “meccanismi anche inconsci” 24. “L’orma di un piede” 25 di Susan Sontag e la “serva” 26 “positiva” di Baudleaire, invece, sono concetti strettamente rappresentativi ma che non aggiungono né tolgono alcunché alla realtà di per sé. La mimesi così come la intendeva Baudleaire era la realtà senza carenze né aggiun8
te così come per la Sontag le fotografie appaiono “non tanto rendiconti del mondo, ma pezzi di esso” 27 e dunque, semplicemente, esse sono “la realtà”. Per quanto concerne il posizionamento analogico oppure artistico-contestuale associato alla relazione tra il linguaggiovisione naturale o propria della macchina si rilevano, in maniera ancora più spiccata rispetto alla prima mappa esaminata, concentrazioni fortemente delineate. Come si vedrà in seguito questa schematizzazione risulta un arricchimento della prima poichè chiarifica alcune conclusioni chiave già espresse precedentemente. In questa seconda mappa sono dunque rintracciabili tre addensamenti principali: l’area analogica-naturale, l’area contestuale-naturale e infine l’area analogicomeccanica. Comparando la mappa appena citata e quella precedentemente descritta si osserva una totale sovrapposizione tra l’area interpretativo-accrescitiva della prima mappa e l’area contestuale-naturale della presente in esame. Ciò non stupisce in quanto ciò che nella prima mappa era interpretazione ed arricchimento, in questa seconda mappa viene semplicemente specificato con più cura. A volte, come si è già detto, l’arricchimento risulta essere legato all’influenza percepibile del contesto (documento, atto, linguaggio senza codice né sintassi e sistema convenzionale), oppure appare connesso alla volontà di espressione di un concetto (testimonianza, consacrazione e funzione familiare). In questo ultimo caso l’autore agisce cercando di rendere visibile tutto e solo ciò che conta per l’espressione di tale idea. Susan Sontag infatti afferma: “Nel decidere quale aspetto dovrebbe avere una fotografia, nello scegliere una posa piuttosto che un’altra, i fotografi impongono sempre ai loro soggetti determinati criteri” 28 . Osservando l’area analogica-naturale della seconda mappa osserviamo una per-
fetta sovrapposizione con l’area rappresentativa-riduttiva del primo diagramma e lo spostamento di alcune delle occorrenze che prima giacevano sugli assi. Ciò che inizialmente era una definito come una semplice rappresentazione “per difetto” della realtà ora viene illustrato come un risultato meccanico che si avvale di una rappresentazione assolutamente conforme alla nostra visione naturale. L’orma di un piede di Susan Sontag e la serva “positiva” di Baudleaire trovano quindi accoglienza tra i concetti di rappresentazione meccanica della realtà, non essendo più vincolati alle interpretazioni accrescitive o riduttive. L’area analogico-meccanica della seconda mappa corrisponde perfettamente all’area rappresentativo-ampliativa della prima. Accostando le due schematizzazioni si comprende immediatamente come l’arricchimento della rappresentazione espresso dalla prima mappa corrisponda, come già si è detto, ad un’esaltazione del linguaggio della macchina ed ad una rappresentazione analogico-meccanica della realtà. L’icona di Peirce anche questa volta si colloca poco sopra l’origine del sistema cartesiano. Essa infatti sfugge quasi completamente ai criteri qui delineati avendo uno statuto più sfumato e complesso. Essa non è attestazione di esistenza, ma neppure attestazione interpretativa o contestuale e solitamente si avvale di una rappresentazione conforme al nostro abituale modo di vedere, senza sostenere particolari legami con il linguaggio e la visione propria della macchina. “Assomiglia al referente [..] indipendentemente dal fatto che l’oggetto esista realmente o meno. Esempi di icona sono un dipinto o un disegno. [..] per esempio la figura di un angelo, o di un mostro immaginario.” 29
Considerazioni
spazio-temporali
La seconda fase del lavoro ha visto sovrapporre una migrazione temporale a quella spaziale appena descritta. Così facendo si è delineato una sorta di “pellegrinaggio” spazio-temporale tra le varie polarità evidenziate. Dopo una prima, semplice collocazione sequenziale si è scelto di dotare la mappa di un codice cromatico che differenziasse in maniera evidente quattro periodizzazioni temporali. Eccetto la posizione di Baudleaire, cristallina espressione dell’iniziale attrito riscontrato nei confronti del nuovo mezzo tecnologico, si osserva immediatamente un’ampia riflessione su tutto ciò che tale strumento coinvolge. L’analisi del rapporto tra reale e output fotografico vede dapprima Barthes con il suo messaggio senza codice affiancarsi a Peirce, che immediatamente, a differenza del primo, scorge una molteplicità di ruoli e di funzioni ascrivibili alla fotografia stessa. Si procede dunque con Peirce dall’indice in alto a sinistra fino al simbolo, illustre estremo interpretativo e contestuale in basso a destra. Il terzo esempio di pensiero appartenente a questo filone storico si lega alla metafora della lente di W. Benjamin, esempio di rappresentazione della realtà amplificata grazie all’operato della macchina. Nel periodo storico successivo, accanto a qualche esempio legato ancora alla tematica dell’esistenza probata dal resoconto fotografico (inteso come espressione di una meccanicità analogica che si esprime con linguaggio naturale), si assiste alla proliferazione dei pensieri in senso interpretativo e contestuale. Appare sufficientemente naturale pensare che dopo un primo momento in cui l’indagine concettuale si era soffermata sul legame esistenziale con il referente ci si sia invece concentrati sul legame tra l’operatore ed il risultato, sul contesto di appartenenza 9
e sull’intenzionalità e la selettività a carico dell’autore. Con la comparsa dell’inconscio tecnologico di Vaccari, si assiste ad un nuovo momento di dibattito sui i concetti di documento e realtà che vede da un lato la voce maturata propria del pensiero di Barthes e dall’altro le ricerche e le conclusioni di Philippe Dubois. Il primo pur mantenendo il piano comunicativo della fotografia sulla linea rappresentazionale-naturale, finalmente associa a quest’ultima la possibilità di ergersi sopra la realtà stessa e generare un richiamo complesso ed “interattivo” peculiare definito punctum. Dubois, dopo aver approfonditamente ripercorso la storia di questo viaggio tra le posizioni di Peirce, Barthes ed altri, arriva a periodizzare tre fasi storiche cruciali, oltre che la sua personale interpretazione della dinamica fotografica intesa come un vero e proprio atto, da fruire attivamente apprezzando tutto ciò che nella fotografia non è scontato sia immediatamente visibile e che ne costituisce propriamente la base, senza la quale è impossibile procedere. E’ interessante notare, in aggiunta alle considerazioni appena espresse le dinamiche di “anticipazione” o di “completamento” presenti all’interno della rete di pensiero finora analizzata. L’inconscio tecnologico di Vaccari, ad esempio, trae le proprie radici dal concetto della lente di Benjamin. Ciò si evince non solo apprendendo la storia, ma anche nelle mappe proposte si osserva una “vicinanza” spaziale delle due posizioni. Differente è il caso del messaggio senza codice di Barthes seguito dal linguaggio senza codice né sintassi di Bordieu. Essi, in entrambe le mappe si pongono praticamente agli antipodi, anche se questo non deve stupire. Bordieu evidentemente ha ripeso il pensiero di Barthes nella sua sostanza, ma l’ha arricchito ed interpretato secon10
do quello che in quel momento storico diveniva rilevante, ovvero il rapporto con il contesto, l’interpretazione e la selettività dell’autore. Infine è possibile collegare l’atto di Dubois con le considerazioni di Peirce che fondano l’apparato preliminare del primo autore citato.
Note 1 Roland Barthes, Il messaggio fotografico (1961), in L’ovvio e l’ottuso. Saggi critici III, Einaudi, Torino, 1985, p. 7. 2 Roland Barthes, La camera chiara. Nota sulla fotografia, Torino, Einaudi 1980, p. 81 3
Idem ibidem, p. 82
4 Roberta Valtorta, Elementi di linguaggio fotografico, in: Gabriella Guerci, Enzo Minervini, Roberta Valtorta (a cura), La catalogazione della fotografia/La documentazione fotografica dei beni culturali, Quaderni di Villa Ghirlanda n. 1, Museo di Fotografia contemporanea, Cinisello BalsamoMilano 2003, p. 12 5 Roland Barthes, Il messaggio fotografico (1961), in L’ovvio e l’ottuso. Saggi critici III, Einaudi, Torino, 1985, p. 7 6 Franco Ferrarotti, Dal documento alla testimonianza. La fotografia nelle scienze sociali, Liguori, Napoli 1974, p. 30. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., pp. 5-6 7
Roland Barthes, op. cit, p. 7
8
Roland Barthes, op. cit., p. 7
9 Susan Sontag, Sulla fotografia, Einaudi, Torino 1978, pp. 5-6. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 5 10 Gisèle Freund, Fotografia e società, Einaudi, Torino 1976, pp. 4-5. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 6
11
Roberta Valtorta, op. cit., p. 6
12 Pierre Bourdieu, La fotografia. Usi e funzioni di un’arte media, Rimini, Guaraldi Editore 1972, p. 41. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 9 13 Idem, ibidem, pp. 123-124. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 10
Idem, ibidem, pp. 123-124. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 10 14
Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi 1966, p. 26. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., pp. 3 e 4 15
16
naudi 1992, pp. 169-175. Citatazione tratta da Beaumont Newhall, Storia della fotografia, Einaudi, Torino 1999 (1984), pp. 118 e 119. 27 Susan Sontag, op. cit., Einaudi, Torino 1978, pp. 4. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 4 28 Susan Sontag, op. cit., Einaudi, Torino 1978, pp. 5-6. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 5 29 Charles Sanders Peirce, Collecited Papers, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 8 volumi, 1931-1958. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 12
Roberta Valtorta, op. cit., p. 3
17 Walter Benjamin, op. cit., Torino, Einaudi 1966, pp. 62-63. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 4 18 Walter Benjamin, op. cit., Torino, Einaudi 1966, pp. 41-42. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 3 19 Idem, ibidem, pp. 41-42. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 3 20 Franco Vaccari, Fotografia e inconscio tecnologico, Punto e Virgola, Modena 1979, p. 11 21
Roberta Valtorta, op. cit., p. 4
22 Franco Vaccari, op. cit., Punto e Virgola, Modena 1979, pp. 19-20
Intervista a Gisèle Freund in: Angelo Schwarz, Trenta voci sulla fotografia, Torino, Gruppo Editoriale Forma 1983, p. 53. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 6 23
24
Roberta Valtorta, op. cit., p. 11
25 Susan Sontag, op. cit., Einaudi, Torino 1978, p. 133. Citazione tratta da Roberta Valtorta, op. cit., p. 4
Charles Baudelaire, Il pubblico moderno e la fotografia, inserito in Scritti sull’arte, Torino, Ei26
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