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I Zagabria in Croazia
from Running Mag 07 2021
by Sport Press
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Per le strade di Zagabria
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Correndo nel centro storico dell’accogliente capitale croata. In compagnia di Nico Valsesia e del figlio Felipe, giovane runner di belle speranze
_ testo e foto di Dino Bonelli
Quello che una volta sembrava un viaggio facile, almeno sulla carta, oggi, in tempo di pandemia, non lo è. Fatti i bagagli e riempita la nostra capiente Subaru Outback 4x4 di tutto il necessario, andiamo a fare i tamponi, sia i rapidi per l’espatrio immediato, che i molecolari, richiesti in alcuni Paesi più remoti. Poi, finalmente, si parte. Destinazione monte Ararat (5.137 metri), in fondo alla Turchia, sul confine con l’Armenia, oltre 4.000 km da fare in quattro giorni.
PRIMA TAPPA: ZAGABRIA
La prima meta del lungo viaggio è Zagabria, piacevole capitale della Croazia. Ero stato da queste parti già un paio di volte e quindi, usufruendo delle passate esperienze turistiche, consiglio agli altri membri della “spedizione” un hotel nel centro. Prima di prendere alloggio, però, facciamo un giretto in macchina a perlustrare proprio quella zona. Un giro che ci porta di fronte alla bella cattedrale neogotica di inizio XII secolo che con le sue due guglie slanciate è l’edificio più alto dell’intera città. Con me ci sono Nico Valsesia, che sull’Ararat proverà un’ascensione rapida partendo in bici dalle coste del Mar Nero e continuando poi di corsa-camminata verso la vetta, il figlio Felipe, giovane runner di belle speranze e il filmaker Alessandro Beltrame.
SENZA META E CRONOMETRO
La mattina successiva, per sgranchire le gambe prima della seconda lunga tappa d’avvicinamento, rannicchiati in un’auto strapiena di tutto e di più, decidiamo di fare una corsetta per le strade ancora assonnate e deserte del centro. Il clima è quello perfetto, quel fresco che appena ti metti in moto è l’ideale per una corsa senza meta e assolutamente senza cronometro. Un paio di viali asfaltati ci portano nel centro storico dove una grossa rotatoria quadrata abbraccia col suo verde il padiglione Mestrovic, dedicato a uno dei più grandi scultori croati. Una costruzione bianca e circolare, circondata da un porticato di alte colonne squadrate, sede della Croatian Society of Fine Artists, la società croata degli artisti raffinati. Una tortuosa viuzza lastricata ci immette poi in una piazzetta dove i negoziati e i locali di vario tipo sono ancora chiusi e l’unico rumore che si sente, oltre al ticchettio dei nostri passi, è il fruscio di una fontana che zampilla su uno specchio d’acqua. I due campanili appuntiti della facciata della cattedrale, di cui uno imbrigliato da un’impalcatura di ristrutturazione, in estensione sopra i tetti rossi delle case del centro, ci attirano ancora una volta e, tramite una salitella in pavé, ci riportiamo a ridosso della bella cattedrale visitata la sera prima. Un paio di foto ricordo e poi via verso un rientro più mirato e veloce. Per poter rispettare una tabella di marcia leggermente forzata. In tutti i casi, questo non voleva essere un allenamento ma solo un muovere le gambe e, perché no, un’ulteriore visita a una città che avevo già etichettato come veramente bella e accogliente. Sul prossimo numero andremo a visitare Belgrado, la capitale della vicina Serbia
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