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Per le strade di Zagabria Correndo nel centro storico dell’accogliente capitale croata. In compagnia di Nico Valsesia e del figlio Felipe, giovane runner di belle speranze _ testo e foto di Dino Bonelli
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uello che una volta sembrava un viaggio facile, almeno sulla carta, oggi, in tempo di pandemia, non lo è. Fatti i bagagli e riempita la nostra capiente Subaru
Outback 4x4 di tutto il necessario, andiamo a fare i tamponi, sia i rapidi per l’espatrio immediato, che i molecolari, richiesti in alcuni Paesi più remoti. Poi, finalmente, si parte. Destinazione monte Ararat (5.137 metri), in fondo alla Turchia, sul confine con l’Armenia, oltre 4.000 km da fare in quattro giorni.
PRIMA TAPPA: ZAGABRIA La prima meta del lungo viaggio è Zagabria, piacevole capitale della Croazia. Ero stato da queste parti già un paio di volte e quindi, usufruendo delle passate esperienze turistiche, consiglio agli altri membri della “spedizione” un hotel nel centro. Prima di prendere alloggio, però, facciamo un giretto in macchina a perlustrare proprio quella zona. Un giro che ci porta di fronte alla bella cattedrale neogotica di inizio XII secolo che con le sue due guglie slanciate è l’edificio più alto dell’intera città. Con me ci sono Nico Valsesia, che sull’Ararat proverà un’ascensione rapida partendo in bici dalle coste del Mar Nero e continuando poi di corsa-camminata verso la vetta, il figlio Felipe, giovane runner di belle speranze e il filmaker
Una tortuosa viuzza lastricata ci immette poi in una piazzetta
Alessandro Beltrame.
dove i negoziati e i locali di vario tipo sono ancora chiusi e l’unico rumore che si sente, oltre al ticchettio dei nostri passi, è il
SENZA META E CRONOMETRO
fruscio di una fontana che zampilla su uno specchio d’acqua.
La mattina successiva, per sgranchire le gambe prima della
I due campanili appuntiti della facciata della cattedrale, di
seconda lunga tappa d’avvicinamento, rannicchiati in un’au-
cui uno imbrigliato da un’impalcatura di ristrutturazione, in
to strapiena di tutto e di più, decidiamo di fare una corsetta
estensione sopra i tetti rossi delle case del centro, ci attirano
per le strade ancora assonnate e deserte del centro. Il clima è
ancora una volta e, tramite una salitella in pavé, ci
quello perfetto, quel fresco che appena ti metti in moto è l’ide-
riportiamo a ridosso della bella cattedrale visitata
ale per una corsa senza meta e assolutamente senza crono-
la sera prima. Un paio di foto ricordo e poi via verso
metro. Un paio di viali asfaltati ci portano nel centro storico
un rientro più mirato e veloce. Per poter rispettare
num ero
dove una grossa rotatoria quadrata abbraccia col suo verde
una tabella di marcia leggermente forzata. In tutti i
il padiglione Mestrovic, dedicato a uno dei più grandi sculto-
casi, questo non voleva essere un allenamento ma
ri croati. Una costruzione bianca e circolare, circondata da
solo un muovere le gambe e, perché no, un’ulteriore
un porticato di alte colonne squadrate, sede della Croatian
visita a una città che avevo già etichettato come
andremo a visitare Belgrado, la capitale della vicina Serbia
Society of Fine Artists, la società croata degli artisti raffinati.
veramente bella e accogliente.
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