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I L’arrampicata olimpica pensa (già) a Parigi 2024

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Da sinistra, Davide Battistella (presidente Fasi), Luca Giupponi (direttore tecnico Lead) e Davide Manzoni (direttore sportivo della Nazionale). Sotto, gli atleti Ludovico Fossali, Laura Rogora e Michael Piccolruaz

L’ARRAMPICATA OLIMPICA PENSA (GIÀ) A PARIGI 2024

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Intervista a Davide Battistella, presidente della Fasi che ha accompagnato gli azzurri alla manifestazione a cinque cerchi. Una lunga chiacchierata su presente e futuro della disciplina. E la speranza che la Fasi venga riconosciuta quanto prima dal Coni federazione nazionale

di Tatiana Bertera

Si è conclusa con gli ori di Alberto Ginés López (ESP) e Janja Garnbret (SLO) la prima volta dell’arrampicata sportiva alle Olimpiadi. Una data storica, così come alla storia passeranno in nomi degli atleti che hanno rappresentato le loro nazioni e la disciplina stessa in un contesto tanto importante. Per l’Italia sono stati Ludovico Fossali, Michael Piccolruaz e Laura Rogora, anche se nessuno dei tre, sfortunatamente, si è qualificato per le finali. L’inclusione dello sport climbing tra le discipline olimpiche rappresenta, come abbiamo già avuto di sottolineare in svariate occasioni, una spinta fortissima per lo sviluppo di una disciplina che ogni anno si evolve sempre di più coinvolgendo in una spirale virtuosa persone, aziende e realtà sportive, turistiche e ricreative.

Da Rock Master (era il 1985 e la competizione si svolgeva su roccia, a Bardonecchia prima e nella location “definitiva” di Arco Garda Trentino poi) fino ai Cinque Cerchi. In pochi anni l’arrampicata sportiva si è evoluta dalla dimensione di sport semi sconosciuto, pericoloso e “per pochi temerari” a sport di massa regolamentato e, soprattutto, olimpico.

Come descriveresti l’esperienza olimpica e come è stata vissuta dagli atleti? Un traguardo importantissimo per l’arrampicata in quanto sono tanti anni (una trentina) che si sta lavorando per raggiungere questo obiettivo. Da Bardonecchia 85/86 fino alla prima Olimpiade, un percorso che ho vissuto passo dopo passo. L’ingresso dell’arrampicata tra le discipline olimpiche segna una svolta e nuove possibilità di sviluppo sia per l’arrampicata, che ha così la possibilità di essere conosciuta a più livelli, sia per gli atleti che la vivono dal punto di vista agonistico. La formula della combinata olimpica è servita a mostrare le tre specialità dell’arrampicata al grande pubblico, ma ovviamente ha penalizzato gli specialisti. Gli atleti, non solo gli italiani, hanno vissuto questa prima Olimpiade in un misto di tensione ed emozione, gioia e preoccupazione ai massimi livelli, perché sapevano di essere i primi nella storia della disciplina ad avere questa possibilità, di rappresentare la nazione come mai prima e si sentivano sulle spalle una responsabilità enorme.

“L’obiettivo è arrivare a Los Angeles 2028 con tre medaglie di specialità e una combinata

Che grado di preparazione ha l’Italia rispetto alle altre nazioni? Siamo riusciti a qualificare tre atleti, cosa che non era poi così scontata, soprattutto per uno sport che non ha ancora, di fatto, una federazione nazionale riconosciuta dal Coni.

“La Fasi attende ancora, e speriamo dei prossimi mesi, che il Coni approvi il passaggio da disciplina sportiva associata a federazione nazionale, il che garantirebbe più possibilità sia per la federazione stessa che per i suoi atleti

Possibilità che questi ragazzi si meritano esattamente come gli atleti di tutte le altre discipline sportive. L’Italia ha dei ragazzi validi, così come le altre nazioni che stanno investendo sempre più sui loro arrampicatori. È importante che questo riconoscimento arrivi quanto prima, perché i Giochi di Parigi sono già dietro l’angolo.

Gli italiani non sono arrivati in finale. Quanto ha giocato l’emozione e quanto invece è dipeso da altri fattori? Sicuramente l’emozione e la tensione hanno giocato la loro parte. La formula della combinata non è andata a favore degli specialisti, ma questo vale un po’ per tutti gli atleti. I ragazzi hanno dato il massimo, la preparazione era buona e hanno fatto una grande esperienza, al di là del risultato finale. Le prossime Olimpiadi vedranno da un lato la speed e dall’altro la lead associata al boulder. Non credo sia ancora la formula perfetta, ma migliore rispetto a Tokyo 2020.

Quali sono le nazioni emergenti che dobbiamo maggiormente temere? Sui velocisti l’Indonesia ha tempi pazzeschi e stanno facendo un lavoro straordinario. Ci sono molte nazioni che, già più strutturate di noi, stanno lavorando in vista di Parigi. In primis la Francia, che ha ben tre centri federali dove i ragazzi possono stare insieme e allenarsi in maniera specifica, ma anche la Slovenia, il Giappone e gli USA.

Alla luce di quanto visto e di come sono andate le cose, se potessi domani tornare indietro e rifare tutto, cosa consiglieresti a Ludovico, Michael e Laura? Non ho molto da “rimporvevare” a questi ragazzi, che sono stati superlativi mettendoci anima e corpo. Il percorso fatto è stato il massimo che potevamo fare nel “poco” tempo che abbiamo avuto e con le problematiche (Covid compreso) degli ultimi due anni.

Davide Battistella, presidente della Fasi

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