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THROUGH THE EYES
from HUB STYLE VOL.3_2022
by Sport Press
DREAMMODEL
Anche in Madagascar sbarca il sogno per tante ragazze di sfilare sulle più importanti passerelle, diventando protagoniste della moda occidentale di Donatella Penati Murè
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Alcune immagini di modelle ad Antananarivo scattate da Carbamitù photo and video Milano
Grandi marchi sempre con maggior frequenza inviano i loro dress scout alla ricerca della bellezza nel continente africano. E così anche in questo anonimo hotel di Antananarivo, la poverissima capitale dell’ancora più povera e più grande isola dell’Africa, sono arrivate tante ragazze più o meno giovani, tutte speranzose di essere notate per poter realizzare un sogno. Spesso il loro desiderio, prima di tutto, è lasciare una condizione misera e avere una chance. Come raccontano le riviste patinate e Internet su quegli smartphone perennemente collegati a realtà lontane. Rincorrere le leggende del mondo della moda. Cambiare vita, andarsene da luoghi ricchi solo di povertà e frustrazioni, magari poter studiare e anche trovarsi un compagno lontano, motivano le ragazze. E questi sogni cominciano a dare i loro frutti. Infatti, negli ultimi anni, si stima che un quarto delle modelle che sfilano nei templi della moda, New York, Londra, Milano, Parigi, sono ragazze “di colore”. E oltretutto realizzano ottimi guadagni. Aumentano anche le agenzie in loco, che arruolano e insegnano l’arte dell’indossare. Anche per i maschi. La più quotata è a Dakar, l’ATM, del modello As Meussa Samb, che con rammarico rileva come all’incremento delle agenzie e degli aspiranti, in realtà i “defiles” in Africa siano diminuiti. Ma non è tutto meraviglioso il mondo che accoglie queste ragazze sempre più numerose e decise ad adeguarsi a un modello occidentale di bellezza, con taglie sempre più esili, pelle schiarita, nasini sottili e capelli lisciati. Canoni che ormai seducono non solo chi coltiva il sogno della passerella ma anche molto dell’universo femminile nero. Come, preoccupate, testimoniano esperte e strenue paladine della” beaute noire” autoctona. Tra queste la battagliera imprenditrice ghanese Grace Aneng Obeng, che nei suoi centri estetici sparsi in tutta l’Africa e anche in Gran Bretagna, mette in guardia e al bando le famigerate creme sbiancanti. Diventate ormai una tradizione familiare a queste latitudini, come testimonia un’altra paladina, Isabelle Mananga, dell’associazione La Bel Beaute Noire. Alle loro voci si aggiungono anche neonati movimenti che rivendicano l’autenticità della femminilità nera, come per esempio nella capigliatura. Vede la luce così Nappy che difende i capelli “crepu”, i ricci crespi delle donne africane. Ma le ragazze che sono qui oggi, un po’ traballanti su tacchi impossibili e che lasciano appena possono, tornando a camminare a piedi nudi, mi sembrano come gazzelle... indifese. Speriamo che nessun leone, come dice un vecchio proverbio africano, si sia alzato prima di loro e abbia incominciato a correre.




